Alessandro Shi Huangdi, l'unificatore della Cina

di Perchè No?

Alessandro, il conquistatore della Cina (immagine creata con openart.ai)

Alessandro, il conquistatore della Cina (immagine creata con openart.ai)

Nel 326 Alessandro é pronto per penetrare nel cuore dell'India, però le sue truppe, allo stremo e stanche di questa Marcia senza scopo si ammutinano e chiedono di tornare verso Ovest. Alessandro é scosso da questo ultimatum e capisce che se prosegue nel suo sogno la ribellione potrebbe diventare incontrollabile. Il re, dopo tre giorni trascorsi a pensarci, sta per ordinare la ritirata verso Babilonia, ma fa un sogno straordinario dove si vede sotto forma di un'aquila che vola verso Est, da solo, eccezion fatta di suo padre Zeus. Quando si sveglia fa convocare il suo fedele Efestione e gli racconta il suo sogno; l'amico vede in esso la sua stanchezza di condurre un esercito ostile ma anche la sua sete non soddisfatta di esplorazione. Dopo un altro giorno di discussioni Alessandro decide di abbandonare l'esercito che non lo merita! Nel più assoluto segreto, con Efestione riunisce i più fedeli tra i fedeli, mezzi, cavalli e cibo. Prende anche contatto con re Poro per informarlo e in cambio della sua protezione in India lo riconosce re di tutto l'Est della Persia. Una mattina gelida scappa dal campo con Efestione e un centinaio di cavalieri e servitori, rinforzati più tardi da mille soldati datigli da Poro.

Nel campo greco la fuga del re viene scoperta: i generali Tolomeo, Seleuco, Nearco, Cassandro e altri si riuniscono impauriti di rimanere soli in questa terra di barbari. Decidono di nascondere la verità per salvare l'armata greca. Proclamano all'esercito che Alessandro ha finalmente deciso di tornare in Grecia e fanno costruire dodici altari agli dei con l'iscrizione « Qui i Greci si sono fermati », iscrizione che dimentica Alessandro perché nessuno sa cosa é avvenuto di lui. Proclamano anche che il re, di stirpe divina, rifiuta ormai di essere visto dai suoi soldati. La ritirata é durissima ma il segreto é conservato. Arrivati a Babilonia i generali aspettano un po' prima di svelare la verità: Alessandro é sparito, senza dubbio rapito dagli déi per essere a sua volta un dio, questa leggenda diventa la versione ufficiale e tutti i Diadochi sviluppano il culto di Alessandro sempre vivo. Però i mesi del viaggio di ritorno non hanno permesso ai Diadochi di mettersi d'accordo sulla successione, iniziano dunque a lottare tra loro e l'impero d'Alessandro crollerà nelle guerre di successione.

Dal canto suo, Alessandro e i suoi compagni attraversano discretamente in tre anni tutta l'India, viaggiando verso Est. Alessandro approfitta delle ricchezze portate con lui e attacca i mercanti isolati con i suoi uomini, esplorando e studiando questo mondo sconosciuto. Nel 323 attacca un gruppo di mercanti dalla pelle gialla: uno tra loro, Zhao Tao, é risparmiato per soddisfare la curiosità del re. Il mercante si rivela essere un lontano cugino del sovrano di un regno più a Nord, il regno Yue, distrutto dieci anni prima dal potente regno Chu. Zhao Tao racconta senza fare complimenti la storia millenaria del suo paese, antico impero sotto la guida degli Zhou oggi fantocci dei regni rivali tra quali il Chu sta per vincere tutti gli altri. Alessandro si mostra affascinato di questo nuovo mondo così antico, in lui rinasce la stessa impressione nei primi anni del suo viaggio quando é penetrato in Egitto, il mistero e la grandezza, e lo riprende la speranza di imprese eroiche. Eccitato chiede a Zautos (come chiama Zhao Tao) di condurlo in questo paese che vuole scoprire.

Così Alessandro con Efestione a destra e Zhao Tao a sinistra risale verso Nord con un viaggio di un anno attraverso un paese fertilissimo e totalmente nuovo per i Greci, Persiani e Indiani del basileos. Durante il viaggio sono però attaccati più volte da diversi signori della guerra ostili a questa compagnia di mille stranieri di tutti i colori. In quest'occasione Alessandro dimostra a Zhao Tao la potenza della tattica greca, convincendo quest'ultimo che con Alessandro ha trovato il modo di vendicarsi del Chu. La compagnia riesce ad arricchirsi con il bottino dei signori della guerra e aumenta grazie all'apporto di volontari locali dalla pelle gialla che Alessandro accetta sempre. Cosi Alessandro arriva con una truppa di 2000 uomini nella valle d' Wei, terra del regno di Ts'in.

Ts'in é stato scelto su consiglio di Zhao perchè é il più potente regno rivale di Chu e dieci anni anni prima ha conosciuto una serie di grandi riforme da parte del ministro Shan Yang, il quale ha fondato il legalismo, cioè la dittatura della legge: ciò ha permesso la nascita di uno Stato militarista, potente e ben organizzato, ma senza grandi capi dopo la morte di Shan Yang (defunto per non avere rispettato le proprie leggi). Alessandro si mostra interessato a queste idee, sono coerenti con il suo gusto per l'autoritarismo già espresso in Persia. L'ambizione riprende possesso del cuore di Alessandro.

Accolto alla corte del re (Wang) di Ts'in, Alessandro é presentato da Zhao come il signore della guerra Yalin Shan Da (maniera di pronunciare Alessandro in questo paese), eroe venuto dall'Occidente per mettersi al suo servizio. Alessandro é nominato marchese con un feudo di 10 città presso le terre barbariche dei Rong. Il basileos accetta questo titolo con l'idea ovvia di elevarsi alle sommità degna di un dio.

Nel 320 Alessandro é nominato generalissimo delle armate Ts'in, che egli in due anni addestra alla tattica della falange, ma migliorando la sua tattica grazie a reparti della cavalleria Rong e suoi arcieri. Inoltre Zhao, erede delle tecniche yue di produzione della ghisa, permette ad Alessandro di avere le migliori armi della sua epoca.

Le conquiste di Alessandro Shi Huangdi e l'unificazione della Cina

Nel 315 Alessandro, maestro dell'esercito e vincitore degli Han e dei Wei, annientati dopo spedizioni rapide dalle falangi sino-macedoniche, prende ufficialmente il potere, deponendo il Wang di Ts'in. Si fa proclamare lui stesso Wang e si fa riconoscere dagli Zhou. Chu, scandalizzato dal golpe di questo barbaro che esce non si sa da dove, decide di creare un vasta alleanza con i potenti regni di Zhao e di Qi, che portano con loro la maggioranza degli altri regni. Alessandro ha dalla sua parte un esercito potente, ben organizzato con armi moderne come le nuove arbalete. Inoltre é riuscito a far passare dalla sua parte la maggior parte degli eserciti di Wei e di Han. Questo é stato possibile solo con la rivoluzione portata da Alessandro, che promette ai piccoli signori di diventare ricchissimi, promette al popolo la pace sotto un unico scettro, promette l'unione e la fine della segregazione contro i « barbari » come gli Yue.

Nel 313 Alessandro attacca, lasciando la difesa del regno Ts'in al fedele Zhao Tao, diventato premier del nuovo re. Accompagnato di Efestione e dai suoi fedeli venuti con lui da Occidente (e ormai tutti grandi signori), decide di prendere l'iniziativa e di conservare la possibilità di muoversi. Attacca per primo il regno di Zhao quando l'attacco era atteso verso Chu, il suo principale nemico. La falange annienta i reggimenti di cavalleria di re Wuling di Zhao nella battaglia di Changping. Catturato, il re Wuling si vede offrire da Alessandro la libertà e persino il suo trono se si dichiarerà suo vassallo. Zhao passa dunque dalla parte di Alessandro che sposa una delle figlie di Wulin e si vede offrire numerosi territori e vari reggimenti di arcieri a cavallo. 

Il secondo obiettivo é il regno di Qi, ma lì una sorpresa lo aspetta: il paese si trova sotto il regno della dinastia Tian, usurpatrice del trono e particolarmente crudele. La notizia dell'entrata di Alessandro nel regno provoca una ribellione contro la dinastia e, dopo uno rapido assedio, la capitale Linzi si arrende e il regno passa sotto controllo di Ts'in. Di conseguenza i regni del Nord come Yan e Lu fanno la stessa fine.

Nel 310 Chu si trova isolato e attacca nel paese di Song, dove incontra l'armata eterogenea del Macedone, ormai composta da più di 500 000 uomini. Alessandro deve affrontare i terribili carri di guerra di Chu e anche dei reggimenti armati di rapide arbalete. La battaglia decisiva si combatte preso Tengzhou: il terribile scontro dura tutta la giornata ma vede lo stesso la falange avanzare contro le linee nemiche, e le sarisse distruggere i carri. Una carica decisiva di Alessandro permette di uccidere il generale nemico e i suoi migliori alleati. Prima del tramonto l'armata Chu si arrende e Alessandro ordina di massacrarla, facendo più di 400.000 vittime.

Però Alessandro deve ancora conquistare il Chu, un territorio grande come tutte le terre già conquistate. Per questo segue i consigli dei suoi generali Ts'in e fa costruire una grande flotta destinata a attaccare il Chu attraverso i suoi numerosi fiumi navigabili, grande vie verso le sue più grandi città. Alessandro conquista questo territorio nei cinque anni seguenti, provocando un vero massacro fino alla battaglia finale, la presa della capitale, Yingdu: la città e il palazzo sono interamente distrutti.

Alessandro, chiamato dai Cinesi Yàli Shan Dà, é ormai il sovrano di uno vasto impero. A partire da quando é stato accolto dal Wang di Ts'in, Alessandro si é vestito come un Cinese, ha imparato la lingua e ha anche avuto figli. Ormai capisce questa società e la sua organizzazione, e si accorge che ha conquistato un potere più grande di tutto ciò che poteva sognare ai tempi di Aristotele in Macedonia. Però é deciso anche a rivoluzionare questo paese. Così, al contrario della tradizione, decide di annettere il territorio dell'imperatore fantoccio Zhou, di rovesciarlo e di insediare une nuova dinastia imperiale. Il suo potere é tale che nessuno protesta. Alessandro si proclama primo imperatore della Cina con il nome di Shi Huangdi.

La conquista della Cina da parte del Macedone é stata raccontata anni dopo dallo storico Sima Qian. Questo famoso storico cinese parla anche delle altre imprese dell'imperatore occidentale, la conquista e il massacro dei popoli del Sud della Cina, la ribellione di Zhao Tao e degli Yue, domata nel sangue, le diverse ribellioni contadine che non accettavano la sua dittatura personale. Parla anche della distruzione ordinata da Alessandro dei libri di Confucio a vantaggio delle opere di Aristotele che aveva portato con sé e della sapienza di Platone che conosceva bene. Alessandro ha fatto anche tradurre in Cinese l'Iliade e l'Odissea, instaurando il culto degli déi e degli eroi greci, tra i quali Achille e Alessandro stesso.

Alessandro Shi HuangdiAlessandro é stato anche un grande costruttore, ha unificato le diverse muraglie dei regni rivali in una grande muraglia cinese per difendere le frontiere del Nord dagli Unni, contro cui ha lanciato spedizioni fino a un'età avanzata. È stato dietro suo ordine che numerose città sono state fondate e ricostruite come Alessandria della Wei (Xianyang), la sua capitale, ornata da un bel tempio a Zeus con un colonnato di pietra che riprende secondo i testimoni oculari una forma puramente ionica (secondo le ipotesi più accettate, il tempio é stato cancellato dalla ribellione Han tre secoli più tardi, ma il culto di Zeus é sopravissuto fino alla rivoluzione cinese del 1912). Alessandro ha anche unificato la lingua, le misure, le monete, fatto costruire delle strade, portato la pace malgrado il suo regime autoritario.

Però Alessandro non é mai riuscito a riprendere contatto con il suo primo impero in Occidente, malgrado una decina di spedizioni e ambasciate. Di fatto le sue vicende orientali sono andate perse, e le leggende cinese sulle origini del primo imperatore erano considerate come storie per bambini e per turisti fino a una scoperta straordinaria. Nel 1974, presso Xi'an, é stata ritrovata la sua tomba, custodita da una grande armata di terracotta. Questo esercito funerario é armato alla macedonica con sarisse ed è disposto in formazione a falange. I soldati hanno tutti degli aspetti diversi, si trovano in maggior parte dei Cinesi Han ma anche delle minoranze e dei Greci e Persiani dai grandi occhi. La tomba stessa era un tumulo di 115 metri: all'origine alla sommità di esso era costruito un piccolo tempio tondo con colonne ioniche. Questa prova indiscutibile ha riportato in luce la parte più straordinaria dell'avventura del Macedone, andata persa durante i secoli, perchè il culto di Alessandro rapito in cielo dagli déi si era mantenuto fino alla cristianizzazione ed era stato cristianizzato in uno mito del ritorno come per Carlo Magno e re Artù.

Perchè No?

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Così gli risponde Dorian Gray:

Molto fantasiosa: credo che nemmeno Valerio Massimo Manfredi, nelle sue ardite rivisitazioni storico-fantasy-ufologiche, avrebbe accostato le due figure di Alessandro Magno e del mitico primo imperatore della Cina, Chin Shi-Huangdi. Però devo ammettere che è molto affascinante, e che Alessandro Magno, già di suo, aveva realizzato un impero che nessuno avrebbe mai immaginato ai tempi di suo padre Filippo.

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E Toxon:

Non c'è che dire... un'ucronia estremamente affascinante, forse una delle migliori che si possano immaginare su Alessandro Magno. Dispiace solo che Shi Huangdi, pur con tutto il suo potere, non riesca a stabilire un contatto, fosse anche flebile, con l'impero persiano-macedone a ovest. Si potrebbe allora immaginare un'Eurasia molto più unita dal punto di vista culturale, in cui si studia il greco in Cina e il cinese a Roma, in cui Seneca parla di Confucio, Plinio della scienza cinese e, magari, qualcuno propone di scrivere il cinese con un alfabeto fonetico ispirato a quello greco...

Posso proporre un finale alternativo, per un'ucronia di impostazione meno "conservatrice" rispetto alla nostra Timeline? Alessandro manda degli emissari ad ovest per farsi riconoscere come re dei Macedoni e imperatore persiano, ma i diadochi (che si sono affezionati al potere) non gli credono e Alessandro (che è impegnato dagli affari interni in Cina) non riesce a mandargli contro un esercito per vendicarsi. Saranno i discendenti di Shi Huangdi e i sovrani ellenistici a riallacciare i contatti fra Oriente e Occidente. Secondo te è troppo fantasiosa?

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Quindi Perchè No? aggiunge:

Infatti ho esitato sulla fine e ho deciso di mantenere i due mondi separati perchè mi piaceva l'aspetto leggendario, l'idea della riscoperta di questa avventura, e poi mi sembrava di dare un gusto più storico (quante cose sono state dimenticate!). I contatti erano possibili, anche se come nella nostra storia per colpa della distanza erano pochissimi: secondo me non avrebbero cambiato niente... Seneca conosce il nome di Confucio? OK, e allora?

Si potrebbe scrivere un secondo episodio di questa ucronia con l'arrivo di avventurieri cinesi nel Mediterraneo (qualcuno aveva parlato di Gao Zu) o di Mediterranei in Cina. Ma ho dubbi per il commercio, le relazioni diplomatiche o culturali.

Quest'ucronia tuttavia é libera: cambiala o riscrivila a tuo piacere.

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Toxon avanza nuove ipotesi:

Ti comprendo: forse mi sono spinto un po' troppo in là nell'immaginare un'Eurasia unita culturalmente, e sicuramente ha molto fascino anche la tua ipotesi della "riscoperta" moderna dell'identità di Alessandro-Shi Huangdi. Comunque l'argomento si potrebbe sviluppare, magari in senso più "eucronico".

Grazie mille della disponibilità a usare la tua idea, magari proverò a scrivere qualcosa che punti in questa direzione.

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Federico Sangalli aggiunge:

Mi è venuta in mente una cosa. Il maestro di Alessandro Magno fu Aristotele, e c'è un curioso parallelismo tra Aristotele e Confucio, per il fatto che intorno al loro pensiero è stato creato un sistema etico filosofico che si è imposto come dominante. In effetti quando studiavo la Cina si poneva molto, o almeno i cinesi ponevano molto, l’accento su quanto la Cina fosse confuciana laddove l’Occidente era aristotelico. Secondo questa interpretazione le differenze di mentalità tra i due mondi potevano essere ricondotte a queste radici filosofiche: l’Occidente si muoverebbe secondo il famoso aut aut aristotelico, un principio erede della logica greca che vede nell’identificazione delle definizioni, ben distinte le une dalle altre, la base di ogni ragionamento; l’Oriente sulla ricerca invece di un equilibrio segnato non da principi religiosi o idealistici bensì dalla pratica dell’esperienza per individuare ciò che, in quel momento, in quel contesto, in quel luogo, può risultare più adatto. Da cui la tendenza occidentale al manicheismo (o bianco o nero, o bene o male, ostai di la o stai di qua) e all’universalismo (i nostri valori vanno bene ovunque, in qualunque epoca e per chiunque, anzi hanno esportati a chi ancora non li conosce) e quella cinese al paziente adattamento pragmatico (ciò che serve, dove serve, quando serve) e allo scarso appetito verso l’esportazione globale dei propri modelli culturali. Secondo il testo da me letto allora, tali atteggiamenti si possono riscontrare in quasi ogni campo, dalla dottrina politico-economica ai giudizi storici. Per esempio, oggi i cinesi non vedono nulla di contraddittorio nel fatto che il Partito Comunista al governo si dia al capitalismo: secondo quanto stabilito dallo stesso Deng infatti, il ricorso al capitalismo è una fase transitoria necessaria per modernizzare la Cina e dotarla di quella ricchezza e di quelle tecnologie necessarie a non essere sopraffatta dalle ostili potenze straniere, che verrà messa da parte una volta che non sarà più utile. Ma lo stesso ibrido capitalismo/socialismo cinese, il “socialismo con caratteristiche cinesi” (vedete già da voi come tale definizione si adatti poco a essere esportata in altri paesi), non trova riscontro nella dottrina politica occidentale che da due secoli si basa su una dicotomia bipolare tra socialismo (controllo statale dell’economia) e libero mercato, che si affanna di volta in volta nel classificare e riclassificare l’ideologia di stato cinese quando questa adotta le politiche che gli appaiono più indicate (prima coccolando gli imprenditori quando la crescita economica era necessaria, poi purgando i miliardari quando il loro peso era divenuto troppo forte). Oppure, per fare un altro esempio, un giudizio storico come quello riservato a Mao (“Settanta per cento bene, trenta per centro male”) è impensabile in Occidente dove leader, fazioni ed eventi del passato devono essere incasellati o tra i buoni o tra i cattivi (pensiamo al dibattito su Churchill, un eroe indomabile che ha salvato la libertà del mondo per alcuni, un imperialista razzista, fascista e autore di genocidio per altri, e tutto il conseguente psicodramma sulle statue)...

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Diamo ora la parola ad Inuyasha Han'yō: le due Cine nell'antichità!

Negli anni '30 del III secolo a.C. il re del regno di Qin, Yin Zheng (passato alla storia come Qin Shi Huangdi), iniziò una serie di spietate guerre di conquista ai danni degli altri 6 regni in cui era balcanizzata la Cina all'epoca (Chu, Han, Wei, Zhao, Yan e Qi), annettendoli e fondando l'impero cinese nel 221 a.C. L'unico in grado di opporgli una seria resistenza fu il regno di Chu, che respinse un primo tentativo di invasione, salvo poi dover successivamente capitolare alle armate Qin. E se invece fosse riuscito a mantenersi indipendente?

E se il film "Alessandro" fosse stato girato da John Woo e non Oliver Stone? (grazie a Perchè No?)

E se il film "Alessandro" fosse stato girato da John Woo e non da Oliver Stone?

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Mi è venuta poi un'altra idea. Nel 238 a.C. Ying Zheng, il ventunenne re di Qin destinato a diventare primo imperatore della Cina col titolo di Qin Shi Huangdi, rischiò di cadere vittima di un colpo di stato, ordito dalla sua stessa madre, Zhao Ji, dal suo amante Lao Ai (da cui aveva avuto due figli) e dal primo ministro Lu Buwei. Il golpe venne però represso: Lao e i suoi figli vennero messi a morte, Lu Buwei costretto al suicidio e Zhao fu la più fortunata, in quanto se la cavò con gli arresti domiciliari a vita. Ma se i congiurati preparano meglio il piano e Ying Zheng viene assassinato? Questo atto, oltre a posticipare l’unificazione cinese, fa in modo che né l’esercito di terracotta, né la grande muraglia vengano costruiti, e ciò esporrà sempre le terre cinesi alle scorrerie dei barbari del nord...

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Lord Wilmore però non è d'accordo:

Per sempre? Per me la Cina sarà unificata comunque da Gao Zu, fondatore della dinastia Han, e la Grande Muraglia la costruirà lui. C'è da discutere però quale effetto avranno 50 anni in più di devastanti scorrerie degli Unni in territorio cinese.

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E Perchè No? aggiunge:

Era un affare strano e non é mai stato chiarito. Da quanto le diverse storie raccontano (e sono state raccontate in diversi modi per secoli e secoli) Lao Ai é stato presentato per le sue qualità di amante (più precisamente le sue "qualità" erano di dimensioni leggendarie) da Lu Buwei alla regina-madre allo scopo di farne un'alleata (altri dicono che Lu Buwei si era stancato della regina, sua ex amante durante la sua gioventù). La coppia ha due figli in segreto ma non tenta di rovesciare il re, tenta di creare uno Stato tutto loro su una parte del territorio di Qin. Nella breve guerra che ne risulta il fratello del re, comandante delle sue truppe (benché l'abbia tradito prima per tentare di rovesciarlo), muore in circostanze non chiare.

Siamo attorno all'epoca della presa di potere di Ying Zheng alla fine ufficiale della sua minore età e di conseguenza alla fine del potere di Lu Buwei, sospettato di voler rovesciare il re per suo conto. Lu Buwei, il mercante diventato cancelliere, é lui stesso uno personaggio da romanzo, certi dicono che era il vero padre di Ying Zheng ma era probabilmente falso (altri dicono che Lu Buwei stesso ha fatto propagare questa leggenda per indebolire la dinastia legitima e darsi maggior prestigio).

Ma insomma Ying Zheng non era Alessandro o Cesare, non ha conquistato la Cina per le sue qualità e il suo carisma, é l'erede della potenza militare Qin che dall'epoca del nonno di Ying Zheng era già una macchina da guerra lanciata con l'obiettivo dell'unificazione (che avrebbe potuto avvenire 50 anni prima). Infatti Ying Zheng é meno il primo imperatore che l'ultimo re di Qin. La sua tirannia ha rovinato le conquiste delle sue armate e creato le condizioni per il rovesciamento da parte di Gao Zu. Forse un regno di Qin sotto Lu Buwei, il fratello di Ying Zheng, o Lao Ai avrebbe lo stesso unificato la Cina e sarebbe durato di più. La Grande Muraglia esisteva già sotto forma di diverse muraglie regionali costruire dai regni locali. E le incursioni Xiongnu sono già state difficili a respingere nella nostra Timeline (Gao Zu stesso muore in una campagna militare nel Nord).

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Passiamo ora alla grande proposta di Dario Carcano:

Teodoro il Conquistatore
Storia del Re greco che conquistò il Giappone

Questa è una storia difficile da raccontare.

Come succede spesso nella Storia le fonti sono poche, e soprattutto imprecise o contraddittorie. Non sappiamo nemmeno con certezza quando questa storia inizia.

Però sappiamo dove inizia.

E questa storia inizia in India, circa un secolo prima dell’anno 0, tra i discendenti dei macedoni e dei greci che avevano seguito Alessandro il Grande alla conquista del Mondo, e poi erano rimasti lì, greci in mezzo ai barbari.

Ma ciò non vuol dire che fossero isolati dal luogo in cui vivevano, anzi, al contrario: i regni indo-greci sono stati uno straordinario esempio di sincretismo in cui culture lontane si sono influenzate a vicenda. Ad esempio, dopo il regno di Menandro il Salvatore tra i greci dell’India aveva iniziato a diffondersi il buddismo, però con elementi ellenistici: furono infatti i greci i primi a dare una rappresentazione umana del Buddha, che prima era raffigurato attraverso dei simboli (un trono vuoto, l'albero Bodhi, l'impronta del Buddha, il dharmacakra, ecc.).

All’epoca in cui inizia la nostra storia i regni greco-indiani erano sulla strada del declino, dopo aver raggiunto l’apice con il già citato Menandro il Salvatore.

È in questo periodo che alcuni mercanti greci partendo dall’India sulle loro navi arrivano in Cina, a Panyu, la moderna Canton. Qui i mercanti greci, chiamati dai cinesi Dayuan, stabilirono delle basi commerciali stabili, e in breve la comunità greca, col beneplacito delle autorità cinesi, si organizzò in un proprio quartiere all’interno della città.

Il commercio coi cinesi era redditizio, la comunità Dayuan a Panyu divenne nel giro di pochi decenni relativamente numerosa, abbastanza da impensierire le autorità cinesi che non sapevano come gestire quegli stranieri.

Ma torniamo un attimo in India. I greci stavano affrontando le incursioni dei popoli nomadi che avrebbero provocato, nel giro di alcuni decenni, la fine della presenza greca in India; è qui che entra in scena il protagonista della nostra storia, Teodoro, un generale, o forse un re.

Non sappiamo cosa lo spinse a lasciare l’India per muoversi verso est. Anassarco di Alessandria, la nostra principale fonte di questa storia, scrive che era nativo di Alessandria del Caucaso, e che era un nobile al seguito dei sovrani greci, da cui si distaccò – scrive Anassarco – quando in sogno gli apparve Alessandro il Grande, che gli disse di raccogliere con sé quante più persone possibile, scendere verso il mare, armare una flotta e fare vela verso est.

Come vedete Anassarco raffigura Teodoro quasi come un profeta, spinto ad agire direttamente dagli Dei (e su questo punto ci torneremo dopo), ma è abbastanza improbabile sia andata così. Lo scenario più probabile è che, analogamente a Erik il Rosso, Teodoro si sia macchiato di un crimine per cui fu allontanato dalla sua madrepatria.

Ma ciò che è certo è che Teodoro assieme ai suoi seguaci fece vela verso est. Verso dove? Verso Panyu ovviamente, dove Teodoro sapeva della presenza di una numerosa comunità greca, presso cui sperava di trovare rifugio.

Ora, noi fin qui abbiamo sempre detto ‘greci’, ma solo una parte di quei ‘greci’ erano realmente elleni. La maggior parte di loro erano macedoni, sogdiani, battriani, persiani o addirittura indiani ellenizzati; lo stesso Teodoro era macedone, e si vantava di essere discendente di uno degli hetâiroi di Alessandro il Grande.

Teodoro arrivò a Panyu attorno all’anno 0, e ci rimase per circa un anno. Le autorità cinesi guardavano con sospetto e crescente preoccupazione quell’assembramento di Dayuan, di cui oltretutto non capivano le intenzioni. Finché si era trattato di mercanti li avevano sopportati, ma Teodoro, stando a quanto dice Anassarco, aveva portato con sé un piccolo esercito di almeno cinquecento soldati, abbastanza per impensierire i cinesi.

Alla fine, consultati i superiori, e atteso il parere dell’Imperatore, i cinesi riuscirono a togliersi dai piedi quegli stranieri mandandoli “nella terra dei Wa”, ossia il Giappone. All’epoca il Giappone era diviso in molti regni, in guerra l’uno contro l’altro, e formalmente era un vassallo della Cina, a cui mandava dei regolari tributi; se Teodoro e i suoi Dayuan si fossero proclamati vassalli dell’Imperatore e avessero continuato a mandare quei tributi che arrivavano dai Wa, allora i greci – in nome e per conto dell’Imperatore – erano autorizzati a prendere possesso dell’arcipelago.

Con grande sollievo dei cinesi, Teodoro e i greci accettarono l’offerta, e partirono verso il Giappone.

Sia chiaro, Anassarco non fa cenno al fatto che Teodoro aveva accettato di essere vassallo dell’Imperatore cinese, lo sappiamo dalle (poche) fonti cinesi sulla permanenza dei Dayuan a Panyu. Ma da questo punto in poi, Anassarco torna a essere la nostra principale (se non unica) fonte.

Teodoro sbarcò in Giappone sull’isola di Kyūshū, vicino alla moderna Nagasaki. Il primo contatto coi giapponesi avvenne pochi giorni dopo; una schermaglia in cui i nativi ebbero la peggio.

Kyūshū fu conquistata abbastanza rapidamente, e Teodoro vi fondò una città che chiamò Teodoropoli. Da lì, Teodoro e i greci partirono alla conquista di Honshū, dove i regni locali si erano coalizzati contro gli stranieri, gli Yoni. La coalizione era guidata dal più potente dei regni dell’isola, il regno Yamatai.

Dunque la conquista di Honshū fu lunga e difficile: i greci avevano la superiorità tecnologica e militare, ma i giapponesi erano di più e giocavano in casa. La battaglia decisiva avvenne nel secondo anno di guerra; una battaglia importantissima di cui sappiamo pochissimo. Non sappiamo nemmeno dove si sia combattuta, infatti Anassarco fornisce solo una vaga descrizione del campo di battaglia: una valle a imbuto, circondata ai lati dalle montagne. Anassarco non riporta nemmeno il nome giapponese, scrive solo “i locali lo chiamavano con un nome che per le persone dotate di lógos è impronunciabile”.

Sappiamo pochissimo anche dello svolgimento della battaglia, e sempre per colpa di Anassarco, che più che un libro di storia sembra scrivere un agiografia. Per farvi capire il tono della fonte, cito alla lettera un passo in cui narra della battaglia:

“I barbari superavano in numero i greci di venti volte, ma Teodoro, il più grande dei generali, anzi, tre volte grande, consapevole del valore delle genti greche e del favore degli Dei di cui godeva la sua missione, non mostrò paura e infuse coraggio ai suoi uomini. […] E nel momento in cui i barbari vennero a contatto con le picche, e per un momento i greci sembravano prossimi alla fuga, Teodoro parlò, e immediatamente dal cielo scese un esercito di cavalieri celesti, guidati da Alessandro il Grande in persona, che si scagliarono sul nemico mettendolo in fuga, e Teodoro ringraziò gli Dei, anche se un generale tanto grande avrebbe vinto anche senza quell’aiuto.”

Ecco, questo è il tono della nostra principale fonte.

Dopo quella grande vittoria, Teodoro, tornato sulla costa, fondò una città che chiamò Nicopoli (secondo alcuni storici la moderna Tokyo, ma non vi sono prove in merito), a memoria del suo grande trionfo, e proseguì la guerra contro gli indigeni che ancora resistevano al dominio degli Yoni.

La guerra non fu facile, e durò ancora molti anni. A portarla avanti fu soprattutto il figlio di Teodoro, Demetrio. Teodoro dovette infatti dedicarsi all’integrazione e all’ellenizzazione degli indigeni. I greci arrivati in Giappone assieme a Teodoro erano infatti solo poche migliaia, non era pensabile governare e fare la guerra basandosi solo su di loro.

Già la conquista di Honshū vide l’impiego di indigeni di Kyūshū tra le fila greche; man mano che anche Honshū veniva pacificata, gli indigeni venivano inseriti nei ranghi greci.

Se possibile si cercava la collaborazione dei locali, altrimenti i reclutamenti avvenivano a forza.

Così i giapponesi furono addestrati a combattere in falange, a eseguire gli ordini in greco, e gli fu insegnato a leggere l’alfabeto greco.

Teodoro il Conquistatore morì attorno al 30 d.C.

Cosa resta della sua conquista del Giappone? Gli Yoni avrebbero continuato a governare il Giappone per due secoli (come Basileion, senza mai deporre il Tenno), fino a quando non sarebbero stati deposti dalla semileggendaria regina Himiko; eppure l’influenza degli Yoni sul Giappone è stata molto forte.

A cominciare dall’alfabeto: l’alfabeto giapponese è l’adattamento dell’alfabeto greco alla lingua giapponese, e rappresenta un unicum rispetto al dominio culturale cinese nell’estremo Oriente.

Altro esempio è la religione: il buddismo giapponese non deriva dal buddismo cinese (da cui pure nel corso dei secoli è stato influenzato), ma dal buddismo indo-greco praticato dagli Yoni.

Grazie agli Yoni c’è stato un enorme balzo tecnologico avvenuto grazie alle conoscenze metallurgiche e agricole portate nell’arcipelago dai greci, e un altrettanto grande balzo culturale avvenuto grazie all’arrivo in Giappone del teatro greco e del pensiero dei filosofi ellenici, su cui i dotti giapponesi studieranno per secoli.

E poi, ultimo aspetto ma non meno importante, la falange e le conoscenze militari greche, che per secoli saranno la base di ogni esercito giapponese.

Insomma, senza l’invasione del Giappone da parte di un manipolo di avventurieri greci, oggi il Giappone sarebbe molto diverso.

Dario Carcano

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Perchè No?, che abita in Giappone, ha commentato:

I greci come potrebbero chiamare il Giappone? "Anatolia" ha praticamente lo stesso significato del cantonese 日本, jitpun (mandarino Riben) da cui deriva sia "Nippon"/"Nihon" (dalla pronuncia giapponese dei due caratteri), sia Giappone (attraverso la forma Cipangu), e significano rispettivamente "sorgere del sole" e "origine del sole". Il nome cinese più antico del Giappone è "Wa", ma i Giapponesi, pur conservando il suono, lo scrivono con il kanji (letteralmente i "segni degli Han") dell'armonia : 和 (come nella parola heiwa, pace). Si ritrova in tutte le parole che si riferiscono alla tradizione giapponese: washitsu per la camera con i tatami, washôku per la gastronomia giapponese, wafû per dire "alla giapponese", ecc. Chiamano l'alfabeto il romaji ("segni dei Romani") allora l'alfabeto greco potrebbe essere il yonaji se conserviamo per comodità i suoni del giapponese OTL. Potremo dunque scegliere la parola ἁρμονία, "armonia", perché non sappiamo se c'era una parola indigena più antica per designare il paese. Il nome Nihon fu inventato assai più tardi, durante il VII secolo, dal principe Shôtoku Taishi (il Costantino giapponese come lo chiamo io, per il suo ruolo nella diffusione del buddhismo nel paese), ma ha senso solo in rapporto con la Cina.

Invece io ho tentato il piccolo gioco seguente: Plutarco in Giappone! In altre parole immaginare, basandosi sulla lista di Plutarco, il parallelo tra Romani e Giapponesi. È una lista interamente personale ed é fortemente criticabile. Non ho potuto conservare l’evoluzione cronologica, dunque potrebbe essere una lista un po' confusa.

Romolo : imperatore Jimmu (mitico primo imperatore)

Numa Pompilio : Shôtoku Taishi (che prima ho chiamato il Costantino giapponese, ma Costantino non fa parte della lista)

P. Valerio Publicola : Nakatomi no Kamatari (con lui gli imperatori passano sotto il controllo dell’aristocrazia)

M. Furio Camillo : imperatore Kammu (come fondatore di Kyôto e dell’epoca Heian)

Q. Fabio Massimo Cunctator : Kusunoki Masashige (il generale che proteggeva l’imperatore Go-Daigo in una lotta impari contro gli Ashikaga, ho esitato a cambiarlo con Yoshitsune)

C. Marcio Coriolano : Ashikaga Takauji (perché ha prima difeso Go-Daigo per tradirlo in seguito)

L. Emilio Paolo : Hôjô Soûn (per la carriera militare)

M. Claudio Marcello : Hôjô Tokimune (politico particolarmente abile e difensore del Giappone contro i Mongoli, ma non un grande guerriero, dunque ho esitato)

M Porcio Catone il Censore : imperatore Go-Shirakawa (uno degli ultimi grandi imperatori prima dell’era dei guerrieri)

T. Quinzio Flaminino : Môri Motonari (per la carriera militare)

C. Mario : Taira no Kiyomori (primo guerriero a raggiungere un potere personale senza contrasti)

L. Cornelio Silla : Minamoto no Yoritomo (ha sconfitto Kiyomori per diventare un vero autocrate, primo shogun)

L. Licinio Lucullo : Uesugi Kenshin (per la carriera militare)

M. Licinio Crasso : Imagawa Yoshimoto (molto potente e orgoglioso, morto per questo)

Q. Sertorio : Minamoto no Yoshitsune (si é opposto a suo fratello Yoritomo e ha tentato di ribellarsi, specialista delle tattica di guerriglia, ragione per la quale esitavo con l’identificazione con Fabio Massimo ma c’era in più il destino tragico)

Gn. Pompeo Magno : Takeda Shingen (il più famoso ed esperto signore della Guerra nella storia delle guerre civili)

C. Giulio Cesare : Oda Nobunaga (il rivoluzionario, il tiranno)

Catone l'Uticense : imperatore Go-Daigo (come ultimo imperatore ad aver tentato di restaurare le antiche virtù)

i Gracchi : Rennyô e Kennyô (Ikkô-Ikki, non Fratelli ma dello stesso ordine anche se separati da quasi 50 anni, scelti per il loro ruolo di contestazione sociale dell'ordine Ikkô)

M. Tullio Cicerone : Sen no Rikyû (non un uomo politico ma un importantissimo consigliere dei signori del suo tempo, e ha avuto un ruolo durevole nell’anima giapponese come fondatore della cerimonia del tè)

Marco Antonio : Toyotomi Hideyoshi (brutale, megalomane, lussurioso)

M. Giunio Bruto : Akechi Mitsuhide (il traditore)

Si potrebbe tentare un parallelo anche con le biografie singole perdute di Plutarco (Scipione l'Africano, Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, Galba, Otone e Vitellio):

Augusto : Tokugawa Ieyasu (per la creazione di un sistema politico originale che pretende di ritornare alla tradizione, e la pace da lui instaurata)

Tiberio : Tokugawa Iemitsu (terzo shôgun, come successore forte e forse assassinato)

Per gli altri diventa più difficile. Il più simile ad un sovrano pazzo sarebbe Ashikaga Yoshinori, ma era più tirannico che pazzo, e potrebbe fare il parallelo con Caligola. Nerone potrebbe essere Ashikaga Yoshimasa, conosciuto per il suo gusto delle arti e il suo disinteresse totale par la gestione del paese in piena guerra civile e carestia. Claudio sarebbe forse Tokugawa Tsunayoshi.

Per Scipione Africano é difficile, sopratutto perché il Giappone non ha mai conosciuto un Annibale: Date Masamune? Per Galba potrebbe funzionare il parallelo con Maeda Toshiie (grande generale, avrebbe potuto prendere il potere al suo tempo, però non fu ucciso, morì nel suo letto, una morte strana per quell'epoca!) Per Otone direi Ishida Mitsunari (luogotenente di Hideyoshi che ha provato a prendere il suo posto dopo la morte del suo padrone). Per Vitellio propongo Ashikaga Yoshiaki (ultimo shôgun degli Ashikaga) per l'incompetenza. Ma diventa più difficile accettarli perché questi ultimi tre dovrebbero essere messi insieme.

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