Lo Stato della Città di Avignone

di Perchè No?

Stemma dello Stato della Città di Avignone

Sul numero 77 di "Focus Storia" del marzo 2013, è stato pubblicato uno speciale dedicato alle storie alternative, da Giulio Cesare che si salva dalle famose Idi, alla vittoria di Napoleone a Waterloo. Gli autori di "Focus Storia" ci hanno chiesto di partecipare alla stesura di quello speciale, dedicando un articolo all'ucronia nella quale i Papi restano ad Avignone. E chi meglio del nostro amico francese Perché No? poteva riuscire in questo intento? Ecco il testo da lui elaborato, che poi è stato rimaneggiato e pubblicato sul suddetto numero.

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Clemente VI, al secolo Pierre Roger de Rosiers-d'Égletons, Papa dal 7 maggio 1342 al 6 dicembre 1352, dichiarò: « Avignone è preferibile a qualunque altra capitale della Terra! », ed infatti comprò la città provenzale dalla regina Giovanna I di Napoli per la bella cifra di 80.000 fiorini. I suoi successori però la pensavano diversamente: il Pontefice appariva sempre di più come il Cappellano personale del Re di Francia, il Papato stava perdendo il controllo dello Stato della Chiesa, ormai in preda all'anarchia, e la piccola Avignone era diventata un ricettacolo di banchieri, artisti e parassiti gravitanti attorno alla sede papale, tanto da far sbottare allo scandalizzato Petrarca: « De l'empia Babilonia, ond'è fuggita / ogni vergogna, ond'ogni bene è fori, / albergo di dolor, madre d'errori, / son fuggito io per allungar la vita » (Canzoniere 114, 1-4). Dall'analogia petrarchesca tra Babilonia ed Avignone derivò proprio il termine di « cattività avignonese ».

Ma che sarebbe accaduto, se Papa Gregorio XI (1370-1378), che del "romanofobo" Clemente VI era il nipote, avesse seguito le orme dello zio? I motivi non mancavano, visto che Avignone era una piccola e tranquilla cittadina, al confronto della caotica Roma del Trecento, continuamente in preda ai disordini, e che proprio la pace della Provenza aveva permesso ai Papi avignonesi di mettere mano a una profonda riorganizzazione dell'apparato pontificio, introducendo ad esempio il Tribunale della Sacra Rota e l'obbligo dei Vescovi di risiedere nelle Diocesi loro affidate. Dopotutto, il capo della Cattolicità coincideva con il Vescovo di Roma perché, all'epoca della prima espansione del Cristianesimo in Europa, Roma era la capitale del più vasto impero di quel tempo, e quindi era più facile espandersi partendo da lì che da altri posti, fosse pure dalla Città Santa di Gerusalemme; visto che la Francia nel Trecento era uno dei regni più potenti e popolosi del continente, non è azzardato immaginare che Gregorio XI pensasse a rendere definitivo il trasferimento.

Supponiamo dunque che Santa Caterina da Siena, la principale sponsor del rientro del Papa sui "colli fatali di Roma", sia in tutt'altre faccende affaccendata, e che l'Urbe appaia ormai troppo decaduta perché Gregorio XI possa pensare di riportarla allo sfarzo di una grande capitale. Che accade?

Il trasferimento della sede pontificia in Provenza aveva inasprito i rapporti con il Sacro Romano Impero, ma Papa Gregorio, che aveva il fiuto del diplomatico, avrebbe potuto riconquistarsi i favori dell'Imperatore Carlo IV di Lussemburgo barattando lo Stato Pontificio per la Provenza e alcuni territori limitrofi. Nel corso dei secoli la città di Avignone sarebbe divenuta in tutto e per tutto il centro della cristianità, tanto che la cattedrale di San Pietro sarebbe stata costruita proprio ad Avignone da architetti francesi, anche se non è escluso che qualche grande artista italiano, forse proprio Michelangelo Buonarroti, fosse chiamato comunque ad affrescarla. Intanto Cola di Rienzo, o qualche altro "Tribuno della Plebe" suo corifeo, avrebbe cercato di stabilizzare a Roma le istituzioni repubblicane; ci sarebbe riuscito, facendosi riconoscere dalla Chiesa e dal Sacro Romano Impero? Se sì, si sarebbe potuta formare una "Repubblica Romana" con grande anticipo su quella di Mazzini, Saffi e Armellini; se no, sarebbe probabilmente stata bandita una Crociata contro la Repubblica, vituperata con toni apocalittici, analogamente a quella contro gli Albigesi, e Roma sarebbe stata affidata a qualche signorotto; forse sarebbe entrata a far parte dell'Impero di Carlo V d'Asburgo, quello su cui "non tramontava mai il sole".

In un quadro storico del genere, avrebbe potuto avere delle chances anche Ladislao di Durazzo, detto il Magnanimo, Re di Napoli e ultimo discendente maschio del ramo principale della dinastia degli Angioini, e quindi gradito alla Francia; tra l'altro fu lui il primo ad adottare il motto "Aut Caesar Aut Nihil", ben prima di Cesare Borgia. Dopo aver occupato gli stati pontifici e messo sotto assedio Firenze, nel 1414 egli era pronto ad invadere la pianura padana, e solo la morte improvvisa a 38 anni, forse per avvelenamento, lo costrinse a fermarsi. Di fatto, tra tutti i pretendenti al Trono d'Italia nella nostra Timeline egli fu il più vicino a raggiungere l'obiettivo prima del Risorgimento ottocentesco, anche grazie al vuoto di potere nel Nord all'epoca; non è escluso che, con i Papi stabilmente ad Avignone, il suo sogno avrebbe potuto diventare realtà, realizzando un'incredibile unificazione dell'Italia... al contrario, partendo da Sud.

Se fin qui siamo tutti d'accordo, però, a questo punto le opinioni divergono. Il nostro amico MattoMatteo pensa che, sotto la protezione francese, il Papato si sarebbe rinforzato ed avrebbe dato il via ad una seria opera di moralizzazione, evitando la Riforma Protestante (e quindi anche lo scisma anglicano, che sarebbe rientrato dopo la morte di Enrico VIII e di suo figlio Edoardo VI). Secondo altri invece la Riforma sarebbe stata addirittura accelerata, perché le ingenti spese dovute alla creazione ex novo di strutture per la Corte Pontificia in terra di Francia causarono già nella nostra Timeline il crollo delle entrate pontificie, e per ovviare a questi problemi economici i Pontefici appesantirono l'esazione dei tributi, tanto che tutto divenne motivo per reperire fondi (comprese le tanto vituperate indulgenze); l'eccessiva fiscalità dei Papi rimasti ad Avignone avrebbe dato l'impressione che la Chiesa fosse diventata più un centro finanziario che spirituale, spianando la strada a Lutero e a Calvino.

In questa seconda situazione, alcuni pensano che l'Italia, o almeno l'Italia del Nord, avrebbe aderito alla Riforma, in particolare nella sua versione calvinista, vista la vicinanza con Ginevra; in particolare avrebbe potuto avvantaggiarsene la Repubblica di Venezia, scegliendo di convertirsi al Protestantesimo in funzione antispagnola ed antiaustriaca. MattoMatteo però non si mostra d'accordo con questo scenario: « Anche se la Riforma avesse avuto luogo, Avignone è abbastanza vicina all'Italia da rendere poco credibile l'attecchimento del protestantesimo nella penisola, anche perché il Mezzogiorno era legato a Francia e Spagna, entrambe irriducibilmente cattoliche ».

In ogni caso, se la Riforma avesse avuto luogo le guerre di religione in Francia sarebbero state più violente ma il Papato ne sarebbe uscito più tollerante, e il Concilio – che non si sarebbe tenuto a Trento, ma ad Avignone o a Nantes – avrebbe rafforzato la tolleranza religiosa e i matrimoni misti. Richelieu, ministro di Luigi XIII reso famoso da Alexandre Dumas, sarebbe certamente stato eletto Papa. Durante la Rivoluzione Francese le ali estremiste (Giacobini e Montagnardi) avrebbero alzato più forte la voce, e probabilmente il Papa avrebbe trovato rifugio da qualche parte in Europa, forse proprio a Roma! Dopo la sconfitta di Napoleone, il congresso di Vienna avrebbe creato uno Stato Pontificio esteso a gran parte della Provenza.

In Italia l'assenza del Papa avrebbe certamente facilitato l'unificazione nazionale; se non ci fosse riuscito Ladislao di Durazzo, avrebbe potuto riprovarci qualcuno nel Cinquecento, profittando delle guerre tra Francia e Spagna. O, nel caso più pessimista, il Risorgimento si sarebbe realizzato compiutamente già nel 1848. Un'Italia unita in anticipo avrebbe potuto avere ben altro peso nelle vicende mondiali, non escluso entrare nei vari sistemi di alleanze europee ed avviare in anticipo una politica coloniale propria. Naturalmente la Questione Romana non sarebbe esistita, e un Partito Democratico Cristiano avrebbe partecipato fin dall'inizio alla vita politica italiana, verosimilmente in opposizione ai nascenti movimenti socialisti. Al contrario, la Francia sarebbe stata lacerata tra i cattolici, legati al Papa presumibilmente loro connazionale, e gli anticlericali, desiderosi di recuperare la Provenza nel clima generalizzato degli accesi nazionalismi ottocenteschi, con il rischio che il Risorgimento, o meglio la « Renaissance », avesse come teatro la Francia, non l'Italia!

Da qui in poi, gli scenari sono aperti a qualunque evoluzione. Possiamo immaginare, con una certa licenza poetica, che se Parigi fosse riuscita a riconquistare la Provenza in un momento qualsiasi compreso tra il 1848 e il 1939, un eventuale Concordato volto alla rappacificazione con il Papato avrebbe avuto come risultato l'instaurazione di uno « Stato della Città di Avignone », lo stato più piccolo del mondo, e che la guerra di liberazione in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale avrebbe visto in prima linea folte schiere di partigiani cattolici, con Paul Claudel eletto Presidente della Quarta Repubblica Francese nell'immediato dopoguerra, mentre il Fronte Popolare avrebbe potuto farcela a vincere le elezioni politiche italiane del 18 aprile 1948. E il polacco Giovanni Paolo II avrebbe potuto essere il primo non francese a salire sul trono pontificio dopo molti secoli...

Perchè No?

Il Palazzo dei Papi nello Stato della Città di Avignone

Il Palazzo dei Papi nello Stato della Città di Avignone

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Elenco dei Papi Avignonesi dal 1592 in poi

NOME

Al secolo

Nascita

Elezione

Fine Pontificato

CLEMENTE VIII

Arnaud d'Ossat

20 luglio 1537

30 gennaio 1592 3 marzo 1605
LEONE XI

Charles de Lorraine

1 luglio 1567

1 aprile 1605

27 aprile 1605

PAOLO V

Anne de Perusse d'Escars de Giury

29 marzo 1546

16 maggio 1605

28 gennaio 1621

GREGORIO XV

Jacques Davy du Perron

25 novembre 1556

9 febbraio 1621

8 luglio 1623

URBANO VIII

Armand-Jean du Plessis de Richelieu

9 settembre 1585 6 agosto 1623 29 luglio 1644
INNOCENZO X

Louis de Nogaret de La Valette d'Épernon

8 febbraio 1593

15 settembre 1644

7 gennaio 1655

ALESSANDRO VII

Alphonse-Louis du Plessis de Richelieu

23 marzo 1582

7 aprile 1655

22 maggio 1667

CLEMENTE IX

Louis de Vendôme

1 ottobre 1612

20 giugno 1667

9 dicembre 1669

CLEMENTE X

Jean-François Paul de Gondi

20 settembre 1613

29 aprile 1670

22 luglio 1676

INNOCENZO XI

Nicolas François de Vaudémont

6 dicembre 1609

21 settembre 1676

12 agosto 1689

ALESSANDRO VIII

Toussaint de Forbin-Janson

1 ottobre 1630

6 ottobre 1689

1 febbraio 1691

INNOCENZO XII

César d'Estrées

5 febbraio 1628

12 luglio 1691

27 settembre 1700

CLEMENTE XI

François de Mailly

4 marzo 1658

23 novembre 1700

19 marzo 1721

INNOCENZO XIII

Guillaume Dubois

6 settembre 1656

8 maggio 1721

7 marzo 1724

BENEDETTO XIII

André-Hercule de Fleury

22 giugno 1653

29 maggio 1724

23 febbraio 1730

CLEMENTE XII

Melchior de Polignac

11 ottobre 1661

12 luglio 1730

6 febbraio 1740

BENEDETTO XIV

Henri-Osvald de la Tour d'Auvergne de Bouillon

5 novembre 1671

17 agosto 1740

 3 maggio 1758

CLEMENTE XIII

François Armand Auguste de Rohan-Soubise-Ventadour

1 dicembre 1717

6 luglio 1758

2 febbraio 1769

CLEMENTE XIV

Louis-César-Constantin de Rohan-Guémené-Montbazon

24 marzo 1697

19 maggio 1769

22 settembre 1774

PIO VI

Dominique de La Rochefoucauld

26 settembre 1713

15 febbraio 1775

29 agosto 1799

PIO VII

Alexandre-Angélique de Talleyrand-Périgord

18 ottobre 1736

14 marzo 1800

20 agosto 1923

LEONE XII

Jean-Siffrein Maury

28 giugno 1746

28 settembre 1823

10 febbraio 1829

PIO VIII

Jean-Baptist-Marie de Latil

6 marzo 1761

31 marzo 1829

30 novembre 1830

GREGORIO XVI

Gustave-M.-Juste de Croÿ-Solre

12 settembre 1773

2 febbraio 1831

 1 giugno 1846

PIO IX

Godefroy Brossais-Saint-Marc

5 febbraio 1803

16 giugno 1846

 7 febbraio 1878

LEONE XIII

Georges Darboy

16 dicembre 1813

20 febbraio 1878

20 luglio 1903

PIO X

Adolphe-Louis-Albert Perraud

7 febbraio 1828

4 agosto 1903

20 agosto 1914

BENEDETTO XV

Stanislas-Arthur-Xavier Touchet

15 novembre 1848

3 settembre 1914

22 gennaio 1922

PIO XI

Jean Verdier

19 febbraio 1864

6 febbraio 1922

10 febbraio 1939

PIO XII

Jules-Géraud Saliège

24 febbraio 1870

2 marzo 1939

9 ottobre 1958

GREGORIO XVII

Grégoire-Pierre Agagianian

18 settembre 1895

28 ottobre 1958

3 giugno 1963

PAOLO VI

Jean Marie Villot

11 ottobre 1905

21 giugno 1963

6 agosto 1978

GREGORIO PAOLO I

Jean Guenolé Marie Daniélou

14 maggio 1905

26 agosto 1978

28 settembre 1978

GREGORIO PAOLO II

Karol Józef Wojtyla

18 maggio 1920

22 ottobre 1978

2 aprile 2005

BENEDETTO XVI

Joseph Aloisius Ratzinger

16 aprile 1927

19 aprile 2005

28 febbraio 2013

FRANCESCO

Marc Ouellet

8 giugno 1944

13 marzo 2013

regnante

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Ecco come il nostro Lord Wilmore ha provato ad immaginare alcuni dei Papati degli ultimi due secoli, "trasferiti" ad Avignone. Come noterete, in questa sintesi l'Italia è stata effettivamente unificata da Sud, come proposto da Perché No?, e si è fatta un suo impero coloniale; la Repubblica di Venezia è rimasta indipendente come stato cuscinetto tra Italia ed Austria fino alla Prima Guerra Mondiale; e la Francia è molto meno laica di quanto non lo è nella nostra Timeline. Buona lettura.

Indice: Pio VIPio VII Leone XIIPio VIIIGregorio XVIPio IXLeone XIIIPio XBenedetto XVPio XIPio XIIGregorio XVIIPaolo VIGregorio Paolo IGregorio Paolo IIBenedetto XVIFrancesco I

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Dominique de La Rochefoucauld (Saint-Chély-d'Apcher, 26 settembre 1713 – Valence-sur-Rhône, 29 agosto 1799), Papa dal 15 febbraio 1775 con il nome di PIO VI

Era figlio di Jean-Antoine de La Rochefoucauld, signore di Saint-Ilpize de Cusson e Rochegonde, e di Marie-Madeleine de la Champ. Proveniente da un ramo minore del casato dei La Rochefoucauld, ottenne la protezione del cardinale Frédéric-Jérôme de La Rochefoucauld, per intercessione del vescovo di Mende, Gabriel-Florent de Choiseul-Beaupré, che lo incontrò nel villaggio di Saint-Hilaire. Studiò presso il seminario di Clermont e poi presso quello di Saint-Sulpice, ove ottenne un diploma in teologia. Fu ordinato prete a Parigi. Il cardinale La Rochefoucauld lo nominò vicario generale dell'arcidiocesi di Bourges.
Il 1 maggio 1747 il re di Francia Luigi XV lo nominò arcivescovo di Albi. Divenne membro dell'Assemblea del Clero dal 1750 al 1755. Nel 1757 fu eletto abate commendatario dell'Abbazia di Cluny, succedendo al suo cardinale protettore. Il 2 giugno 1759 fu nominato arcivescovo di Rouen. il 22 settembre 1766 venne nominato Tesoriere della Camera apostolica di Avignone, dove acquisì una notevole fortuna e molti contatti importanti. Il 26 aprile 1773 Clemente XIV lo nominò cardinale, nomina fortemente voluta da Luigi XV, che tenevano in grande considerazione il prelato.
Nel conclave durato ben quattro mesi che seguì alla morte di Clemente XIV, Italia, Spagna e Portogallo tolsero una dopo l’altra il proprio veto all'elezione del cardinale Dominique de La Rochefoucauld, che, pur essendo amico dei Gesuiti, aveva preso le distanze da tutte le controversie politico-religiose. Egli fu così eletto il 15 febbraio 1775 e prese il nome di Pio VI. La domenica successiva egli aprì ufficialmente la Porta Santa, dando inizio all'anno giubilare 1775. I suoi primi provvedimenti fecero sperare in un governo liberale capace di riformare la carente amministrazione dello Stato di Avignone. Costrinse alle dimissioni il governatore di Avignone per non essere riuscito a reprimere i moti popolari che avevano funestato i quattro mesi di vacanza della sede papale, nominò un consiglio cardinalizio per porre rimedio allo stato delle finanze e ridurre il peso dell'imposizione fiscale, ridusse le uscite annuali sopprimendo l'erogazione di molte pensioni vitalizie e adottò il metodo degli incentivi per incoraggiare lo sviluppo dell'agricoltura.
Tuttavia egli aveva ricevuto l'appoggio dei ministri della Corona e del partito anti-Gesuiti con il tacito accordo che avrebbe proseguito l'azione del predecessore Clemente XIV, il cui editto “Dominus ac Redemptor” del 1773 aveva decretato lo scioglimento della Compagnia di Gesù. I rappresentanti dell'ala più conservatrice, che lo ritenevano invece favorevole ai Gesuiti, si aspettavano da lui misure in riparazione dei presunti torti ricevuti nel corso del precedente pontificato. Il risultato di queste complicazioni fu una serie di mezze misure che finirono per scontentare entrambi gli schieramenti, e questo nonostante fosse proprio per merito di Pio VI che l'ordine riuscì a sopravvivere nella Russia Bianca e in Slesia. Ad un certo punto sembrò addirittura che egli pensasse seriamente di ripristinarlo in tutto il mondo, in funzione di baluardo contro le idee illuministiche che si stavano diffondendo in Francia e in Italia.
Il nome di Pio VI è legato ai molti impopolari tentativi di far rivivere i fasti e lo splendore del regno di Leone X nell'opera di promozione delle arti e delle opere pubbliche. L’Anno Santo 1775 ebbe un carattere festaiolo, distaccandosi molto dal tradizionale clima penitenziale con le luminarie artificiali accese sul Palazzo dei Papi. Per abbellire Avignone, Pio VI spese ingenti somme di denaro, e il suo papato non fu immune da episodi di nepotismo: tra il 1787 ed il 1795 il nipote del Papa fece costruire ad Avignone un maestoso edificio in stile neoclassico, noto come Palazzo de la Rochefoucauld, come residenza privata di papa Pio VI. Tuttavia Pio VI inaugurò anche i Musei Pontifici, ancor oggi visitatissimi, e tentò di far bonificare le paludi della Camargue. Inoltre è ricordato per numerose opere di beneficenza.
Nell'Impero d’Austria le riforme in campo sociale e religioso intraprese da Giuseppe II e dal suo ministro Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg (1711-1794) scontentarono Pio VI, il quale prese la straordinaria decisione di visitare personalmente Vienna. Egli partì da Avignone il 27 febbraio 1782 ma, sebbene fosse ricevuto con tutti gli onori dall'imperatore, alla fine la sua missione si risolse in un nulla di fatto. Nonostante ciò, qualche anno più tardi, al congresso di Ems riuscì ad arginare il desiderio di autonomia espresso da alcuni arcivescovi tedeschi.
Nel Regno d’Italia il ministro degli esteri Bernardo Tanucci (1698-1783), noto massone, sollevò delle obiezioni circa i diritti feudali e nel 1776 tentò di abolire i privilegi della Chiesa; Pio VI riuscì però a conquistare l’amicizia del Re Ferdinando IV di Borbone, che comunque fu il primo sovrano del mondo ad abolire la pena di morte e la tortura, influenzato dal “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria.
Allo scoppio della Rivoluzione francese, Pio VI vide la soppressione dell'antico rito gallicano, la confisca di tutti i possedimenti ecclesiastici in Francia e dovette subire l'onta di vedere il proprio stesso ritratto dato alle fiamme dalla folla nel Palazzo Reale. Il 10 marzo 1791 condannò con il breve “Quod aliquantum” la Costituzione Civile del Clero, approvata dall'Assemblea nazionale francese nel luglio del 1790. I rivoluzionari, per rappresaglia, marciarono su Avignone. Il Papa fuggì a Nizza, e da qui a Roma, sotto la protezione di Re Ferdinando IV d’Italia: dopo quasi cinque secoli, seppure per breve tempo, “grazie” a Robespierre e soci, il Papa faceva ritorno nel Palazzo del Laterano. Avignone fu espugnata e annessa alla Francia con tutto il suo contado; una sessantina di avignonesi fedeli al Pontefice furono condannati sommariamente a morte e barbaramente massacrati in una delle torri del Palazzo dei Papi, tragici eventi ricordati come i « massacri della ghiacciaia » (Massacres de la Glacière).
Pio VI condannò la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino, provocando in Francia una spaccatura nel clero fra i sacerdoti costituzionalisti, capeggiati dal famoso abbé Grégoire, e quelli fedeli al Papa (i cosiddetti “preti refrattari”). L'assaBonapartessinio del nuovo sindaco repubblicano francese di Avignone, Nicolas-Jean Hugou di Basseville avvenuto nelle strade della città il 13 gennaio 1793 peggiorò ulteriormente la situazione: il Papa fu accusato dalla Convenzione Nazionale di essere il mandante dell’omicidio. Il poeta François-Auguste Parseval-Grandmaison (1759-1834) dedicò all’evento il poemetto “La Bassevilliana”.
Nel 1796 Napoleone invase l'Italia e costrinse Re Ferdinando IV all’armistizio di Bologna, con cui il Borbone dovette cedere Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia alla Francia, versare 21 milioni di lire e consegnare numerose opere d’arte. L'esercito italiano fu nuovamente sconfitto il 10 febbraio 1797, e il 18 febbraio i francesi saccheggiarono il Santuario di Loreto. Re Ferdinando fu perciò costretto a siglare il Trattato di Tolentino del 19 febbraio 1797, che al Regno d’Italia costò altri 25 milioni di lire.
La situazione, già di per sé grave, subì un ulteriore peggioramento il 28 dicembre dello stesso anno 1797 quando, nel corso di un tumulto provocato da alcuni rivoluzionari italiani e francesi, il generale Léonard Duphot fu ucciso, e ciò fornì il pretesto per l'occupazione di Roma. Il generale Berthier marciò sulla città, occupandola senza incontrare resistenza e dandosi poi al saccheggio dei tesori d’arte della Città Eterna. Papa Pio VI rifiutò di lasciare l’Urbe, nonostante le suppliche del re Ferdinando, e fu fatto prigioniero. Il 20 febbraio venne scortato da uomini armati a Siena, dove rimase tre mesi, e quindi alla Certosa di Firenze, dove fu segregato. Nel marzo del 1799 si decise di trasferirlo nuovamente, in seguito alla nuova dichiarazione di guerra della Francia repubblicana al Regno d’Italia. Si decise di portarlo a Bologna, credendola città anticlericale, ma quando i francesi lo esposero al popolo, Pio VI, invece di essere ingiuriato, venne acclamato dalla folla, e si decise allora di riportarla in Francia. Il Papa, quasi ottantaduenne, venne internato prima a Grenoble, poi il 19 luglio fu rinchiuso nella fortezza di Valence, capoluogo della Drôme. Fiaccato dai patimenti fisici e morali, Pio VI si spense in prigionia il 29 agosto dello stesso anno, e le sue ultime parole furono: « Signore, perdonali ». Mancavano solo sei mesi al 25° anniversario della sua elezione; ciò sembrò confermare la leggenda secondo cui nessun Papa avrebbe potuto superare i 25 anni, essendo ritenuta questa la durata del mandato di San Pietro (la leggenda fu poi sfatata dai lunghissimi pontificati di Pio IX, Leone XIII e Gregorio Paolo II). I rivoluzionari francesi esultarono: “È morto l’ultimo Papa!” Il 29 gennaio 1800 Dominique de La Rochefoucauld venne sepolto nel cimitero locale di Valence, in una cassa comune; la salma venne poi riportata ad Avignone, dove ebbe esequie ufficiali il 10 febbraio 1802, presiedute dal successore Pio VII. L’esistenza di quest’ultimo successore dimostra che, grazie a Dio, i giacobini si sbagliavano.

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Alexandre-Angélique de Talleyrand-Périgord (Parigi, 18 ottobre 1736 – Avignone, 20 agosto 1823), Papa dal 14 marzo 1800 con il nome di PIO VII

Alexandre-Angélique de Talleyrand-Périgord era il quarto degli otto figli di Daniel de Talleyrand-Périgord, marchese di Talleyrand, e della sua seconda moglie, Marie-Elisabeth Chamillart de La Suze. Frequentò in gioventù il Collège de La Flèche di Parigi e il seminario di Saint-Sulpice, ove ottenne la licenza in teologia. Frequentando l'Università di Avignone, vi conseguì la laurea in utroque iure.
Ordinato sacerdote nel 1761, divenne vicario generale della diocesi di Verdun dal 1761, rimanendo in carica sino al 1766. Fu nominato arcivescovo coadiutore di Reims e consacrato vescovo il 27 dicembre 1766 nella cappella del seminario di Saint-Sulpice a Parigi per mano di Charles-Antoine de la Roche-Aymon, arcivescovo di Reims. Succedette a quest'ultimo nella sede metropolitana di Reims il 27 ottobre 1777, fu membro dell'Assemblea del Clero dal 1780 al 1788 e venne eletto deputato agli Stati Generali del 1789. Egli avviò alla carriera ecclesiastica suo nipote, Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, il quale era zoppo a causa di una malformazione congenita e non avrebbe potuto accedere alla carriera militare; ma il giovane Charles si mostrò inadatto alla vita sacerdotale, e si distinse per la sua parlantina accattivante e per la sua vita libertina, continuamente richiamato all'ordine dallo zio. Nonostante avesse più di un figlio illegittimo, Charles Maurice venne nominato Vescovo di Autun grazie all'influenza dello zio.
Scoppiata la Rivoluzione Francese con la presa della Bastiglia, il vescovo di Autun partecipò agli Stati Generali ed elaborò la Costituzione Civile del Clero, che prevedeva fra le altre cose il giuramento di fedeltà allo Stato da parte di vescovi e sacerdoti, e consacrò dei vescovi "costituzionalisti" senza il permesso della Santa Sede; per questo venne scomunicato da Papa Pio VI. Lo zio Alexandre-Angélique, furente contro il nipote che considerava un traditore, rifiutò di giurare fedeltà alla Costituzione Civile del Clero, e per questo si recò in esilio volontario in Italia, dapprima a Torino, poi a Parma ed infine nell'Abbazia di Montecassino.
Dopo l'arresto e la morte in prigionia di Papa Pio VI, la città di Avignone venne annessa alla Repubblica Francese, e i Rivoluzionari tentarono di impedire la convocazione di un nuovo Conclave, ma il Sacro Romano Imperatore Francesco d'Asburgo fece riunire 35 cardinali a Vienna, onde fare uno sgarbo al governo rivoluzionario francese, e grazie all'appoggio del vescovo di Imola Barnaba Chiaramonti
e del cardinale francese Jean-Siffrein Maury proprio Alexandre-Angélique de Talleyrand-Périgord fu eletto Papa con il nome di Pio VII, un evidente schiaffo al nipote ex vescovo di Autun. Nella sua omelia di inizio del pontificato egli fece quasi scandalo sostenendo la conciliabilità del Vangelo con la democrazia: « Siate cristiani tutti d'un pezzo e sarete anche dei buoni democratici! »; nella sua biblioteca inoltre possedeva una copia dell'Enciclopedia di d'Alembert e Diderot.
Questa presa di posizione permise al nuovo Papa di entrare nelle grazie di Napoleone Bonaparte, nuovo padrone dello stato francese, che gli permise di rientrare ad Avignone, nonostante la contrarietà dell'Imperatore d'Austria. Il 1 luglio 1802
fece finalmente il suo ingresso trionfale ad Avignone, accolto dalla nobiltà e dal popolo in tripudio, dove trovò le casse vuote, depredate dai rivoluzionari. Subito si occupò dello stato di anarchia in cui versava la Chiesa francese, travagliata dallo scisma causato dalla Costituzione Civile del Clero: gran parte delle chiese era stata chiusa, alcune diocesi erano prive di vescovo, mentre altre ne avevano addirittura più di uno. Incoraggiato dal desiderio del Bonaparte di ristabilire il prestigio della Chiesa Cattolica in Francia, Pio VII negoziò il Concordato del 1803, sottoscritto a Parigi il 15 luglio e successivamente ratificato il 14 agosto dello stesso anno. La Francia ritrovò così la libertà di culto che la rivoluzione aveva soppresso. Napoleone intanto sconfisse il Re d'Italia Ferdinando IV di Borbone e lo costrinse a cedergli Piemonte, Liguria, il territorio di Milano e la Toscana.
Nel 1804 Napoleone pretese che Pio VII presenziasse alla propria formale investitura come imperatore nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, anche se il parvenu corso si incoronò da solo. Ciò nonostante, le acclamazioni entusiastiche del popolo francese verso il Papa, ovunque egli passasse, erano tante e tali che Napoleone se ne infastidì moltissimo, e Pio VII capì che la fede, in Francia, stava rinascendo davvero. Il nipote Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, oggi ricordato come incarnazione vivente del trasformismo politico, divenne Ministro degli Esteri di Napoleone, e contribuì alla riconciliazione di quest'ultimo con lo zio. Il celebre poeta romanesco Pasquino allora commentò, facendo il confronto tra Pio VI e Pio VII: « Per mantener la fede / un Pio perdé la Sede; / per mantener la Sede, / un Pio perdé la fede! »
Nonostante ciò, lo scetticismo prese il sopravvento quando Napoleone cominciò a non rispettare il Concordato del 1803, arrivando al punto di pronunciare d'autorità l'annullamento del matrimonio del fratello Girolamo con la moglie. L'attrito fra la Francia ed il Papa montò così in fretta che il 2 febbraio 1808 Avignone fu occupata dal generale Miollis, lo Stato Pontificio fu soppresso e Papa Pio VII fu deportato a
Grenoble. Qui giunto, egli si rifiutò con fermezza di convalidare l'investitura dei vescovi nominati da Napoleone, e di sciogliere il matrimonio dell'Imperatore con Joséphine de Beauharnais, colpevole di non potergli dare un erede, e per questo fu ulteriormente deportato a Fontainebleau, vicino a Parigi. Nonostante l'età avanzata rifiutò ogni compromesso, rifiutò un nuovo Concordato e sfidò apertamente, l'imperatore dichiarando nulli tutti gli atti ufficiali compiuti dei vescovi francesi da lui nominati. Si dice che ogni sera il Corso mandasse nel suo appartamento un barone per chiedergli se fosse disposto ad annullare il matrimonio con Joséphine, ma il Papa lo intratteneva parlando d'altro finché egli, stufo, non se ne andava.
Il Re d'Italia Ferdinando IV di Borbone propugnò con l'appoggio del Regno Unito una "Crociata" per liberare il Papa e riportarlo ad Avignone (e per riprendersi i territori settentrionali perduti), ma dopo la straordinaria vittoria napoleonica nella Battaglia di Austerlitz il generale francese André Masséna entrò a Roma e poi a Napoli: Ferdinando IV fuggì a Palermo sotto protezione inglese, restando Re della sola Sicilia, e Napoleone incoronò Re d'Italia al suo posto il fratello Giuseppe Bonaparte; quando questi diventò Re di Spagna, il 1 agosto 1808 il parvenu corso lo sostituì con il cognato e Maresciallo dell'Impero Gioacchino Murat, amato dalla popolazione napoletana che ne apprezzava la bella presenza, il carattere sanguigno e alcuni tentativi di porre riparo alla sua miseria, ma detestato dal clero.
Dopo la sconfitta di Lipsia del 19 ottobre 1813, l'ingresso in territorio francese degli eserciti della Sesta coalizione e l'abdicazione di Napoleone il 17 marzo 1814, Pio VII fu liberato e ritornò ad Avignone il 24 maggio, accolto da una folla esultante. Suo nipote Charles Maurice, definito da Napoleone "il Diavolo Zoppo", voltò gabbana, si accordò con gli alleati e preparò il ritorno dei Borbone sul trono di Francia nella persona del fratello del ghigliottinato Luigi XVI, conte di Aquitania, che regnò con il nome di Luigi XVIII. Anche Gioacchino Murat fu rovesciato e fucilato, simbolo delle folgoranti carriere (e della loro tragica conclusione) durante l'epopea napoleonica, e a Napoli tornò sul trono d'Italia Ferdinando IV di Borbone. Pio VII si mostrò magnanimo, ospitando ad Avignone la madre e le sorelle di Napoleone, che tutti si rifiutavano di accogliere, e perdonò anche il camaleontico nipote, che divenne Primo Ministro di Luigi XVIII.
Il 7 agosto 1814, con la bolla "Sollicitudo Omnium Ecclesiarum", Papa Pio VII ricostituì la Compagnia di Gesù, mentre il Segretario di Stato Joachim-Jean-Xavier d' Isoard (1766-1839) al Congresso di Vienna si assicurava la restituzione di tutti i territori sottratti allo Stato della Chiesa, e la concessione al Papa dei territori dell'intera Provenza; da qui in poi perciò lo Stato della Chiesa fu conosciuto anche come Stato di Provenza. Ma la battaglia più importante vinta da Pio VII fu di aver ottenuto dal Congresso di Vienna l'abolizione della schiavitù.
Pio VII introdusse in Provenza un'amministrazione più snella ed altamente centralizzata; le novità più rilevanti riguardavano il sistema catastale e la nuova ripartizione territoriale dello Stato, suddiviso in tredici municipalità. Inoltre Pio VII e il suo Segretario di Stato Joachim-Jean-Xavier d' Isoard stipulò tutta una serie di concordati a condizioni particolarmente vantaggiose con tutti gli Stati di religione cattolica. Pio VII fu anche mecenate di artisti e scienziati; tra gli altri, lavorò ad Avignone lo scultore danese Bertel Thorvaldsen, di religione protestante, che costruì lo splendido mausoleo in cui furono deposte le spoglie del Pontefice.
La notte del 15 luglio 1823 la Basilica di San Didier ad Avignone andò distrutta da un furioso incendio, forse appiccato dalla candela di alcuni operai addetti al restauro, ma a Pio VII non fu detto nulla poiché si trovava già sul suo letto di morte. Il Papa che aveva osato prendersi gioco di Napoleone spirò il 20 agosto 1823, all'età di ottantasei anni. Suo nipote Charles Maurice, uomo davvero per tutte le stagioni, sarà protagonista perfino della deposizione dei Borboni di Francia e dell'avvio della Monarchia di Luglio nel 1830, prima di morire con i Sacramenti il 17 maggio 1838, all'età di ottantaquattro anni. "Egli ha ingannato la Terra e il Cielo", disse di lui lo scrittore Victor Hugo.

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Jean-Siffrein Maury (Valréas, 28 giugno 1746 – Avignone, 10 febbraio 1829), Papa dal 28 settembre 1823 con il nome di LEONE XII

Uomo di curia avignonese, Papa Pio VI lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 21 febbraio 1794. Nel fervore della Rivoluzione, inizialmente era apertamente schierato dalla parte monarchica, e nel 1801 Napoleone Bonaparte lo esiliò da Avignone per il suo atteggiamento contrario alla negoziazione del Concordato; Pio VII lo nominò allora vescovo di Montefiascone e Corneto, in Italia. Il suo passaggio nelle file bonapartiste fu segnato dalla lettera di felicitazioni che indirizzò all'imperatore il 22 agosto 1804. Nell'aprile dell'anno successivo incontrò Napoleone a Genova. Ottenne quindi nomine importanti da parte dell'imperatore e fu nominato arcivescovo di Parigi, ma rinunciò dopo un'amareggiata lettera di papa Pio VII che lo invitava a rinunziare, per salvaguardare la libertà della Chiesa. Napoleone, furente, lo imprigionò per quattro mesi. Nel 1814, mutati i tempi, cambiò di nuovo bandiera e fu nominato Arcivescovo di Parigi, stavolta a buon diritto, avvicinandosi a Luigi XVIII del quale divenne consigliere. Nel conclave del 1823 l'appoggio di Luigi XVIII gli consentì di essere eletto e prese il nome di Leone XII. Pare che la sua elezione sia stata facilitata dal fatto che si pensava avesse ormai poco da vivere; tuttavia, nonostante l'età e le precarie condizioni di salute, il suo pontificato durò 6 anni.
Il settembre 1824 morì il Re di Francia Luigi XVIII e gli succedette il fratello Carlo X. Invece il 4 gennaio 1825 morì il Re d'Italia Ferdinando IV di Borbone, e gli succedette il figlio Francesco I, che aveva già 48 anni ed era considerato un liberale; il suo regno fu invece dominato dal chiodo fisso del mantenimento dello status quo. Pare che egli vivesse circondato da soldati, con la paura costante di venire assassinato. I suoi sei anni di Regno furono comunque caratterizzati da notevoli progressi in campo economico e tecnologico.
Leone XII riuscì a ridurre le imposte e a reperire le risorse per l'esecuzione di alcuni importanti lavori pubblici. Si impegnò alla riforma dell'amministrazione avignonese, portando a termine la riforma tributaria. Stabilì che tutti i parroci dovessero percepire la stessa congrua. Questo Papa è inoltre ricordato per l'opposizione alla Massoneria e a tutte le società segrete ad essa legate, come la Carboneria italiana. Influenzato dai Gesuiti, riorganizzò tutto il sistema scolastico, pubblicò il codice "Reformatio Tribunalium" e rivide il cosiddetto "indice dei libri proibiti", facendo togliere le opere di Galileo Galilei. Inoltre convocò il Giubileo del 1825, che Giubileo riscosse un notevole successo e registrò una imprevista partecipazione. Papa Maury inoltre delegò la condotta della politica estera all'accorto cardinale Joseph Bernet, che riuscì a stipulare diversi accordi e trattati particolarmente favorevoli allo Stato Provenzale. Invece, è solo una leggenda messa in giro dalla Massoneria il fatto che egli abbia vietato in Provenza la vaccinazione antivaiolosa, credendola pericolosa per la salute.
Pare che Leone XII abbia ricevuto in vita sua il Sacramento dell'Estrema Unzione ben diciassette volte, una delle quali dopo gli strapazzi dell'incoronazione. Essendo però di carattere forte e determinato, Jean-Siffrein Maury continuò a lavorare fino all'ultimo, nonostante la malferma salute. Morì il 10 febbraio 1829, e una mano anonima scrisse su un muro del Palazzo dei Papi questo finto epitaffio: "Papa Leone qui giace, per sua e per nostra pace".

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Jean-Baptist-Marie-Anne-Antoine de Latil (Isola di Santa Margherita, 6 marzo 1761 – Avignone, 30 novembre 1830), Papa dal 31 marzo 1829 con il nome di PIO VIII

Nacque nell'Isola di Santa Margherita, famosa per essere stata la prigione della Maschera di Ferro, figlio di Antoine de Latil e di Gabrielle-Thérèse de Magny. Indirizzato alla carriera ecclesiastica, frequentò il seminario di Saint-Sulpice a Parigi e venne ordinato sacerdote nel 1784, svolgendo la propria prima attività pastorale nella parrocchia di Saint-Sulpice. Vicario generale della diocesi di Vencem, rifiutò di prestare giuramento alla Costituzione civile del clero del 1791 e lasciò pertanto la Francia in esilio volontario. Ritornò nel 1792, ma venne arrestato e imprigionato a Montfort-l'Amaury; liberato, venne inviato a Düsseldorf, in Germania, ove poté continuare la propria attività pastorale, e fu poi in Inghilterra. Nel 1805 venne nominato elemosiniere ordinario del principe Carlo Filippo di Francia, conte di Artois e futuro re Carlo X, divenendo grande elemosiniere nel 1814.
Eletto vescovo titolare di Amicle dall'8 marzo 1816, venne trasferito alla sede di Chartres dal 1 ottobre 1817 e poi alla sede metropolitana di Reims dal 12 luglio 1824, anno in cui ottenne anche il titolo di duca. Consigliere di Stato, dal 12 maggio 1825 fu commendatore dell'Ordine dello Spirito Santo e il 29 maggio incoronò re Carlo X nella cattedrale di Reims. Creato cardinale presbitero nel Concistoro del 13 marzo 1826, nel 1829 fu eletto Papa con il nome di Pio VIII, per l'alto ruolo ricoperto nel Regno di Francia, ma anche perché la sua salute non buona faceva pensare a un breve pontificato di transizione. Nel corso del suo pontificato comunque si preoccupò di combattere il nepotismo e le società segrete. Di idee relativamente aperte e liberali, dovette affrontare la Rivoluzione di Luglio in Francia, e decise di benedire il "Re Borghese" Luigi Filippo d'Orléans. Si batté per promuovere la libertà di culto dei cattolici in Inghilterra e dimostrò moderazione nell'affrontare il problema dei matrimoni misti in Germania. Anche nella politica interna dello Stato di Provenza il suo breve pontificato lanciò alcuni segnali di apertura, concedendo subito dopo l'elezione un'amnistia e adottando alcune valide misure economiche. Malato da tempo di gotta, morì la sera del 30 novembre 1830. Secondo alcune teorie complottiste, egli fu avvelenato, ma non si è mai trovato un movente convincente per il suo presunto assassinio.
L'8 novembre, tre settimane prima del Papa, era morto anche il Re d'Italia Francesco I di Borbone, odiato dai liberali perchè aveva mandato il marchese Del Carretto, un ex liberale, a reprimere nel sangue i moti del 1830. Gli era succeduto il figlio Ferdinando V, il quale sintetizzò il suo programma politico in tre F: feste per i nobili, farina per il popolo e forche per gli oppositori. Contro di lui combatté a più riprese Giuseppe Garibaldi.

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Gustave-Maximilien-Juste de Croÿ-Solre (Vieux-Condé, 12 settembre 1773 – 1 giugno 1846), Papa dal 2 febbraio 1831 con il nome di GREGORIO XVI

Nato nel castello de l'Ermitage a Condé-sur-l'Escaut, era figlio di Anne Emmanuel Ferdinand François, VIII duca di Croÿ, e di sua moglie, Augusta Federica Guglielmina di Salm-Kyrburg. Iniziò ancora giovane la carriera ecclesiastica, divenendo canonico della cattedrale di Strasburgo dal 1789 e trovando rifugio poi in Austria durante gli anni della Rivoluzione francese. Il 3 novembre 1797 venne ordinato sacerdote a Vienna.
L'8 agosto 1817 venne nominato vescovo di Strasburgo su proposta di Luigi XVIII, e venne poi confermato a questa funzione da papa Pio VII il 23 agosto 1819. Grand'Elemosiniere di Francia dal 1821 al 1830, il 17 novembre 1823 venne promosso arcivescovo di Rouen e nel 1824 celebrò le solenni esequie per la morte di Luigi XVIII a Saint-Denis. Il 21 marzo 1825 venne elevato al rango di cardinale durante il concistoro tenutosi in tale data da papa Leone XII. Ricevette la berretta cardinalizia il 18 maggio 1829 unitamente al titolo di cardinale presbitero del titolo di Santa Sabina il 21 maggio di quell'anno. Fu eletto Papa in un conclave lunghissimo, dal 14 dicembre 1830 al 2 febbraio 1831.
Uomo colto (era un orientalista e un teologo), era però un tenace conservatore: respinse qualsiasi progetto di ammodernamento delle strutture del suo Stato, seguendo una linea di intransigenza antiliberale che accrebbe le opposizioni al potere temporale dei Papi in Avignone, e causò una serie di torbidi in Provenza nel 1843 e nel 1845. Con l'Enciclica "Mirari vos" (1832) egli condannò il cattolicesimo liberale dell'abate Hugues-Félicité Robert de Lamennais (1782-1854), e ruppe le relazioni diplomatiche con Spagna e Portogallo per le legislazioni anticlericali dei governi di Maria Cristina e Maria da Gloria, e con la Russia che mirava a riportare all'ortodossia la chiesa rutena greco-uniate. Gregorio XVI diede impulso all'azione missionaria cattolica nell'America del Nord e in Inghilterra. Ricostruì la Basilica di San Didier, ed istituì il Museo Gallico e una Scuola di Agricoltura.

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Godefroy Brossais-Saint-Marc (Rennes, 5 febbraio 1803 – 7 febbraio 1878), Papa dal 16 giugno 1846 con il nome di PIO IX

Era figlio di Godefroy Brossais-Saint-Marc e di Aimie Couarde. Da ragazzo soffriva di attacchi epilettici, ma essi cessarono dopo un pellegrinaggio a Loreto. Compì i suoi studi prima a Rennes e poi nel seminario di Saint-Sulpice a Parigi; il 2 aprile 1831 fu ordinato sacerdote. Il 12 luglio 1841 divenne vescovo di Rennes, e Gregorio XVI lo innalzò al cardinalato. Il cardinal Brossais-Saint-Marc era considerato un liberale, per avere sostenuto vari cambiamenti amministrativi negli anni passati alla guida della diocesi di Rennes; per questo nel 1846 il Re di Francia Luigi Filippo aveva mandato ad Avignone l'arcivescovo di Parigi, il cardinal Denis-Auguste Affre, per porre il veto all'elezione di Brossais-Saint-Marc, ma egli arrivò troppo tardi, quando l'arcivescovo di Rennes era già stato proclamato Papa.
L'Europa liberale applaudì alla sua elezione, ed infatti il primo provvedimento che prese fu la concessione dell'amnistia per i reati politici nello Stato di Provenza. Lo governò lo Stato Pontificio con progressive aperture alle richieste liberali della popolazione: la Consulta di Stato, istituita il 19 aprile 1847, la libertà agli Ebrei, la Guardia Civica, la libertà di circolazione dei giornali, l'inizio della costruzione di ferrovie e la costituzione del Municipio di Avignone. Ma la crisi economica del 1846-1848 portò all'estendersi alla Francia e alla Provenza dei moti rivoluzionari che nel 1848 avevano investito tutta l'Europa. Papa Pio IX concesse la costituzione e permise la costituzione di un esercito di volontari che si recasse nel Regno d'Italia per rovesciare la monarchia assoluta di Ferdinando V di Borbone (detto "il Re Bomba"), con la scusa di proteggere i confini con l'Italia. Ma Il 29 aprile Pio IX cambiò idea, dichiarando al Concistoro che il Papa, in quanto capo della Chiesa universale, non poteva mettersi in guerra contro un regno cattolico. Avignone allora insorse, il primo ministro Joseph Eugène Poncet venne assassinato e il 24 novembre 1848, Pio IX fuggì da Avignone travestito da prete, rifugiandosi a Genova, proprio nel territorio del Re Bomba. La Repubblica di Provenza, proclamata da Adolphe Thiers, ebbe breve vita: Re Ferdinando V di Borbone inviò un corpo di spedizione di 7.000 soldati al comando del generale Carlo Filangieri, principe di Satriano, che riconquistarono Avignone il 30 giugno 1849. Il Papa fece ritorno in cittò il 12 aprile 1850 e abrogò la Costituzione concessa nel marzo di due anni prima.
Nonostante ciò, Pio IX continuò la politica: il 14 agosto 1850 stabilì disposizioni per tutto lo Stato di Provenza per la tutela dei sordomuti, mentre il 12 settembre 1850 con un motu proprio riordinò il Consiglio di Stato. L'8 dicembre 1854 pose fine a dispute secolari proclamando il dogma dell'Immacolata Concezione con la bolla "Ineffabilis Deus"; tale proclama fu "approvato" quattro anni dopo dal Cielo mediante le apparizioni di Lourdes, subito riconosciute da lui come autentiche. Il 14 luglio 1856 inaugurò la ferrovia Avignone-Marsiglia. Intanto, il 2 dicembre 1852 Luigi Napoleone si era fatto proclamare Imperatore dei francesi con il nome di Napoleone III, e contestava l'indipendenza della Provenza, garantita invece dal Regno d'Italia. Numerose negli anni furono le insurrezioni, sempre represse anche grazie agli eserciti italiani. L'8 dicembre 1864 papa Pio IX pubblicò l'enciclica "Quanta cura" e il "Sillabo", una raccolta di ottanta proposizioni appartenenti alla modernità e giudicate erronee, mentre nel 1865 aprì il Primo Concilio di Avignone, con il quale al Papa venne riconosciuta l'infallibilità in questioni di fede (costituzione dogmatica "Pastor Aeternus"). Ciò approfondì il solco che lo divideva dai cattolici liberali, e portò allo scisma tra la Chiesa cattolica e i vetero-cattolici.
Sopravvissuto a un tentativo di assassinio l'8 dicembre 1856 da parte del mazziniano Agesilao Milano, e ad un altro l'11 maggio 1859 ad opera del garibaldino Nino Bixio, Ferdinando V di Borbone si spense il 22 maggio 1866 a soli 56 anni, a causa della gotta, e così Pio IX perse il suo principale protettore, essendo il figlio Francesco II (detto spregiativamente "Franceschiello" dai liberali) uomo irresoluto e di poco polso.
Nello stesso anno 1866 Francesco di Borbone, che aveva sposato Maria Carolina di Wittelsbach, cognata dell'Imperatore d'Austria Francesco II, si lasciò convincere ad aderire a una coalizione antiprussiana con lo scopo di impedire l'ascesa di quella nazione, ma il 3 luglio la coalizione subì una devastante sconfitta a Sadowa; l'Arciduca d'Austria Carlo Ludovico, fratello di Francesco Giuseppe, riuscì a sganciarsi e a trincerarsi a Vienna, ma Francesco di Borbone fu catturato da Helmuth Von Moltke e costretto ad abdicare. Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi ne approfittarono per proclamare a Roma la Repubblica Italiana, con il primo come Presidente (Garibaldi distrusse la Comune di Roma, primo esempio di "socialismo reale" ante litteram), mentre Guglielmo I di Prussia e Otto Von Bismarck assediavano Vienna. Alla fine Francesco Giuseppe fu costretto a chiedere la pace; restò sul trono, ma dovette concedere l'autonomia agli ungheresi, dando vita all'Impero Austro-Ungarico. Nel Castello di Schönbrunn invece Bismarck proclamò la nascita dell'Impero Germanico, guidato dalla Prussia. Napoleone III ne approfittò per invadere la Provenza con la scusa che avrebbe difeso lui il Papa, da quel momento in avanti. Il 20 settembre 1866 Avignone fu occupata dalle truppe imperiali francesi, ponendo fine al potere temporale dei Papi. Pio IX si ritirò nel Palazzo dei Papi, rifiutando di riconoscere il nuovo Stato e dichiarandosi prigioniero politico Fino alla sua morte il Papa continuò a definirsi « prigioniero dello Stato italiano ». Le residue speranze di recuperare il suo stato andarono perse quando Napoleone III morì il 9 gennaio 1873 a causa di un cancro alla prostata, e alla sua morte il Parlamento di Parigi rifiutò la successione del figlio Napoleone IV, restaurando invece la Repubblica, guidata anche in questo caso dagli anticlericali. Pio IX, in data 10 settembre 1874, promulgò il "Non expedit" con il quale veniva palesemente proibita la partecipazione di ecclesiastici e cattolici alla vita politica delle nuove repubbliche italiana e francese.
Godefroy Brossais-Saint-Marc fu il primo Papa dopo San Pietro a superare i 25 anni di regno, e si spense il 7 febbraio 1878 dopo 31 anni, 7 mesi e 23 giorni di pontificato, record finora non superato. Anche dopo la sua morte, Pio IX rimase pomo della discordia fra clericali e liberali in Francia e in Italia; fu infine beatificato da Gregorio Paolo II il 3 settembre 2000.

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Georges Darboy (Fayl-Billot, 16 dicembre 1813 – Avignone, 20 luglio 1903), Papa dal 20 febbraio 1878 con il nome di LEONE XIII

Ordinato sacerdote nel 1836, fu per breve tempo vicario di Notre-Dame a Saint-Dizier e professore al seminario maggiore di Langres; nel 1845 fu promosso canonico alla Cattedrale di Notre-Dame, a vicario generale e arcidiacono di Saint-Denis, prima di essere nominato protonotario apostolico. Repubblicano convinto, Darboy accolse con entusiasmo la Seconda Repubblica nel 1848. Nel 1859 fu eletto vescovo di Nancy, grazie all'appoggio degli ambienti gallicani, dove, durante i tre anni in cui ebbe la responsabilità della diocesi, s'interessò specialmente alle questioni dell'istruzione, istituì la scuola San Leopoldo, ampliò il seminario maggiore e scrisse una celebre lettera Sulla necessità dello studio.
Trasferito il 10 gennaio 1863 all'arcidiocesi di Parigi, vacante per la morte del cardinal Morlot, nonostante l'opposizione dell'Impero (viste le sue simpatie repubblicane), consacrò quello stesso anno la Cattedrale di Notre-Dame, completamente restaurata. Si dice che Napoleone III abbia detto di lui: "Prima o poi troverò un motivo per farlo fucilare, quell'arcivescovo!" Dopo la morte di Pio IX fu eletto Papa in un momento di fortissima tensione tra la Terza Repubblica Francese e la Chiesa Cattolica, e prese il nome di Leone XIII perché ammirava molto Leone XII e voleva dare un taglio netto con la politica dei predecessori. Egli seppe fare opera di mediazione tra le istanze legate alla modernità e la posizione intransigente presa dal suo predecessore Pio IX, anche se proseguì la ferma opposizione alle repubbliche italiana e francese, mantenendo il "Non expedit" anche dopo che l'elezione alla Presidenza della Repubblica di Agostino Depretis, fiero anticlericale, avrebbe consigliato la partecipazione dei cattolici italiani alla vita politica del nuovo Stato. Nel 1888 ad Avignone venne eretto un monumento a Giordano Bruno, intellettuale bruciato sul rogo nel 1600 per le sue prese di posizione ereticali, e Leone XIII il 30 giugno pronunciò una solenne allocuzione nella quale denunciava la "lotta a oltranza contro la religione cattolica" da parte di un mondo moderno ostile alla Chiesa e a Dio.
Intanto in Germania Georges Darboy dovette opporsi al Kulturkampf di Bismarck, operazione nella quale ebbe successo con una serie di concessioni al "Cancelliere di Ferro". Leone XIII ricostruì la gerarchia cattolica in Inghillterra e in Scozia, e promosse le missioni nominando Daniele Comboni primo Vescovo del Sudan.
Nella sua enciclica "Immortale Dei" del 1885, Papa Leone affrontò il problema del ruolo dei cattolici negli stati moderni, nell'"Aeterni Patris" del 1879 negò l'inconciliabilità tra scienza e religione, e con la "Rerum Novarum" del 1891 fondò la moderna dottrina sociale cristiana, affrontando il problema dei diritti e dei doveri del capitale e del lavoro, e suggerendo una "terza via" tra le posizioni del socialismo rivoluzionario e quelle del liberismo economico capitalista. Fondò università cattoliche a Lovanio e a Washington, ed aprì agli studiosi parte degli archivi segreti del Vaticano. Nel 1896 i fratelli Auguste e Louis Lumière furono autorizzati ad entrare nel Palazzo di Avignone e realizzarono il primo filmato in cui compare un Papa. Nel 1898 operò come mediatore nella guerra ispano-americana, meritandosi le lodi del presidente degli Stati Uniti William McKinley, e nel 1899 aperse il Giubileo, 75 anni dopo l'ultimo, quello del 1825 (Pio IX non aveva celebrato i Giubilei del 1850 e del 1875 a causa delle traversie politiche del suo pontificato). Georges Darboy fu insigne latinista ed autore di eleganti versi nella lingua di Virgilio. Nonostante l'avanzare dell'età, la sua mente si conservò sempre lucidissima, aveva una vista eccezionale, e né per leggere né per scrivere usava gli occhiali. La morte lo colse a poco meno di novant'anni, facendo di lui il Papa più longevo dei tempi moderni.

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Adolphe-Louis-Albert Perraud (Lione, 7 febbraio 1828 – Avignone, 21 agosto 1914), Papa dal 4 agosto 1903 con il nome di PIO X

Studiò a Lione, e dal 1850 al 1852 fu professore di storia al liceo di Angers. Nel 1852 entrò a far parte della Confederazione dell'Oratorio di San Filippo Neri. Completò gli studi alla Sorbona di Parigi, dove si laureò in teologia nel 1865, e divenne professore di storia della Chiesa nella stessa università dal 1866 al 1874. Nel 1870 fu anche membro del Consiglio superiore dell'istruzione e cappellano dell'esercito di Mac-Mahon. Il 4 maggio 1874 fu nominato vescovo di Autun e fu consacrato vescovo il 29 giugno dello stesso anno dal cardinale Joseph Hippolyte Guibert, arcivescovo di Parigi. L'8 giugno 1882 fu eletto membro dell'Académie française. Dal 1884 al 1901 fu superiore generale della Confederazione dell'Oratorio; brillante predicatore, ebbe fama di conservatore ma non di reazionario.
Alla morte di Leone XIII, il candidato più probabile al soglio di Pietro era considerato il Segretario di Stato Guillaume-Marie-Joseph Labouré (1841-1906), ma all'apertura del conclave il 1 agosto 1903, a sorpresa il cardinale Pierre-Hector Coullié (1829-1912), arcivescovo di Lione, si alzò ed annunciò che il Presidente della Terza Repubblica Francese Émile Loubet, in virtù di un antico privilegio in quanto capo di stato di un paese di antica tradizione cattolica, poneva il veto all'elezione del cardinale Labouré, considerato troppo filoitaliano e filo austriaco, oltre che troppo progressista nel campo della dottrina sociale della Chiesa. I cardinali, indignati, protestarono a gran voce, ma Guillaume-Marie-Joseph Labouré ritirò la sua candidatura, e il 4 agosto i voti conversero su Adolphe-Louis-Albert Perraud, che prese il nome di Pio X, scelse come motto del suo pontificato "Instaurare omnia in Christo" e lo attuò con coraggio e fermezza. Una delle sue prime decisioni fu proprio l'abolizione sotto pena di scomunica, con la costituzione apostolica "Commissum nobis", del diritto di veto in Conclave, a causa del quale egli era divenuto Pontefice.
Il nuovo Papa, che si sentiva spaesato nell'immenso Palazzo dei Papi, visse parcamente, assistito dalla sorella, in un semplice appartamento fatto allestire appositamente. Consapevole di non avere alcuna esperienza diplomatica né politica, seppe scegliere dei collaboratori competenti come il giovane cardinale spagnolo Rafael Merry del Val y Zulueta (1865-1930), di soli 38 anni, poliglotta e direttore della Pontificia Accademia Ecclesiastica, che fu nominato Segretario di Stato ed ebbe campo libero nella conduzione della diplomazia avignonese.
Egli è ricordato soprattutto per la lotta ingaggiata contro il Modernismo, condannato con l'enciclica "Pascendi Dominici Gregis", e da lui considerato un'emanazione dello scientismo francese di fine '800. Egli però avviò anche la riforma del Diritto Canonico, e pubblicò il diffusissimo Catechismo che porta il suo nome. Fu lui a unificare i redditi dell'Obolo di San Pietro e quelli del Patrimonio Avignonese, riformò la Curia di Avignone con la costituzione "Sapienti Consilio" del 29 giugno 1908, sopprimendo vari dicasteri divenuti inutili, e pubblicò un documento relativo alle condizioni di liceità dell'esercizio del diritto di sciopero.
Nel frattempo, la Francia era governata da maggioranze vieppiù radicali e anticlericali, che avviarono un programma di progressiva secolarizzazione delle istituzioni, a iniziare dal settore scolastico. Tale evoluzione sfociò il 9 dicembre 1905 nell'abolizione del Concordato e nella rigida separazione fra Stato e Chiesa, voluta dal governo di Émile Combes. Pio X allora si rese conto che il "non expedit" di Pio IX era diventato ormai controproducente per la Chiesa in Francia, e con l'enciclica "Gravissimo Officii Munere" abolì il divieto per tutti i cattolici francesi di partecipare alla vita politica, soprattutto per arginare i consensi verso le forze socialiste. I cattolici erano invitati a perseguire la seria attività "già lodevolmente spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale alla vita amministrativa dei Comuni e dei Dipartimenti", così da favorire e promuovere "quelle istituzioni che si propongono di ben disciplinare le moltitudini contro l'invadenza predominante del socialismo". Ebbe così vita l'"Action Catholique", molto simile al Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo. Analoghe tensioni si registrarono con il Portogallo, dopo l'avvento in quel Paese nel 1910 della repubblica guidata da gruppi di potere anticlericali e massonici. In Italia invece era Presidente il Liberale Giovanni Giolitti (1842-1928), che pur essendo di religione calvinista (è nato a Mondovì) governava appoggiandosi al Partito Cattolico guidato da Vincenzo Ottorino Gentiloni (1865-1916) e ai socialisti moderati, in opposizione al Partito Socialista Italiano di Filippo Turati (1857-1932).
Intanto Francia, Italia e Impero Russo firmavano (1906) il Trattato della Triplice Intesa, in opposizione alla Triplice Alleanza formata da Impero Tedesco, Impero Austro-Ungarico e Impero Ottomano, mentre il Regno Unito di David Lloyd George portava avanti la politica di "Splendido Isolamento", e gli Stati Uniti guidati dal tenace Theodore Roosevelt diventavano la prima potenza industriale del pianeta. Gli accesi nazionalismi, le rivalità coloniali, il desiderio del Kaiser Guglielmo II di conquistare Alsazia e Lorena (rimaste alla Francia ma considerate parte integranti del Reich), la volontà di supremazia sull'Europa e sul mondo facevano capire che la resa dei conti era vicina, e che la "Belle Epoque" avrebbe conosciuto una fine tragica e luttuosa. Inutilmente Papa Perraud tentò di scongiurare il conflitto inviando messaggi ed esortazioni ai vari governi, che puntualmente li ignorarono. Nel 1912 l'aggressione italiana alla Turchia per conquistare la Libia rischiò di precipitare il mondo in guerra per via dell'ultimatum lanciato a Giolitti da Guglielmo II, ma il Regno Unito fece da mediatore e la pace fu preservata, anche se la Turchia perse la Libia e quasi tutti i possedimenti in Europa, spartiti tra gli stati balcanici. Ma il 28 giugno 1914 l'assassinio a Sarajevo dell'Arciduca d'Austria ed erede al trono Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia ad opera dello studente nazionalista serbo Gavrilo Princip fu il pretesto per una crisi senza precedenti, che pose fine a un secolo di pace in Europa, iniziato con il Congresso di Vienna del 1815. L'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia; la Russia, protettrice della Serbia, dichiarò guerra all'Austria-Ungheria; la Germania e la Turchia dichiararono guerra alla Russia per via del Trattato della Triplice Alleanza; Italia e Francia dichiararono guerra a Germania ed Austria-Ungheria per via del Trattato della Triplice Intesa; in un secondo tempo entrarono nel conflitto il Regno Unito, che garantiva la neutralità del Belgio, invaso dai prussiani per cercare di conquistare in fretta Parigi; la Repubblica di Venezia, tradizionale alleata degli Austriaci; il Giappone; la Cina; gli Stati Uniti d'America. Per Pio X, già affetto da pericardite, il colpo fu troppo duro: il mite Adolphe Louis Albert Perraud si spense il 21 agosto 1914 alle ore 01.15, lasciando in tutti un grande ripianto. Pio X fu beatificato il 3 giugno 1951 e canonizzato il 29 maggio 1954 durante il pontificato di Pio XII. Si dice che qualche giorno prima della morte egli abbia profetizzato il futuro ritorno dei Papi da Avignone a Roma, profezia però ancora non realizzatasi.

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Stanislas-Arthur-Xavier Touchet (Soliers, 15 novembre 1848 – Avignone, 22 gennaio 1922), Papa dal 3 settembre 1914 con il nome di BENEDETTO XV

Su pressione del padre, il quale si era opposto al desiderio del figlio di entrare quanto prima nel seminario diocesano, egli si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza della Sorbona di Parigi, dove si laureò dottore in legge nel 1869. Solo allora il padre acconsentì a fargli intraprendere la carriera ecclesiastica; impose tuttavia al figlio di proseguire gli studi presso la Pontificia Università Gregoriana di Avignone. Stanislas-Arthur-Xavier Touchet fu ordinato sacerdote il 13 giugno 1872. Il 15 luglio 1894 fu consacrato vescovo di Orléans . Egli è noto per essere stato un fiero oppositore della legge di separazione tra Chiesa e Stato del 1905, ma soprattutto per essersi battuto a spada tratta per la causa di canonizzazione di Giovanna d'Arco: nel 1909 riuscì a farla beatificare ds Papa Pio X, e nel 1920 egli stesso la canonizzò, proclamazione copatrona di Francia. Per questo egli è noto come "il Papa di Giovanna d'Arco".
Egli fu creato cardinale di Santa Romana Chiesa da Pio X solo il 25 maggio 1914, quando dopo molti tentativi non riusciti il Segretario di Stato Merry del Val riuscì a convincere il Santo Padre ad imporgli la berretta. Non passarono che pochi mesi ed egli, il 3 settembre 1914, fu inaspettatamente eletto papa, nonostante l'opposizione dei cardinali più conservatori, assumendo il nome di Benedetto XV. Egli fu eletto Pontefice poche settimane dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e probabilmente la situazione bellica favorì la sua elezione, avendo egli lavorato per molti anni alla Segreteria di Stato Avignonese; egli fu il primo Papa dei tempi moderni ad essere eletto appena tre mesi dopo l'elevazione a cardinale. Consapevole della gravità del momento, decise che l'incoronazione si tenesse non nella basilica di San Pietro in Avignone ma, più modestamente nella vicina Cappella Sistina.
Egli spese la prima parte del suo pontificato cercando di porre fine alla Guerra Mondiale, elaborando diverse proposte di pace. Nella sua prima enciclica, "Ad Beatissimi Apostolorum" del 1 novembre 1914, si appellò ai governanti delle nazioni per far tacere le armi e lo spargimento di tanto sangue umano; il 1 agosto 1917 definì la guerra « inutile strage » e « suicidio dell'Europa civile ». Egli propose a tutti i contendenti di cessare le ostilità, restituire i territori occupati e rientrare nei reciproci confini, ma tutti respinsero la proposta, poiché tutti erano sicuri di vincere. Cercò anche di evitare il massacro degli armeni in Turchia nel 1915, ma invano. Nonostante ciò, durante tutto il conflitto egli non smise di inviare proclami per la pace e per la diplomazia, oltre ad aiuti concreti alle popolazioni civili colpite dalla guerra. Dovette però constatare amaramente l'adesione di fatto ad essa da parte dei cattolici e del clero di tutti i paesi; in Francia si era realizzata un'"union sacrée" contro i tedeschi con la piena partecipazione dei cattolici e del clero allo sforzo bellico, e in Italia la grande maggioranza dei cattolici e dei vescovi finì per aderire senza riserve alla guerra. A difendere la posizione del Pontefice restò solo lo scrittore irlandese George Bernard Shaw, il quale, di fronte al dramma dei cristiani che si uccidevano gli uni gli altri invocando lo stesso Dio, esclamò che sarebbe meglio chiudere le chiese, piuttosto che pregare in esse per l'annientamento del nemico!
Al termine del conflitto il Papa si adoperò per riorganizzare la Chiesa nel nuovo contesto mondiale, che vedeva la Germania umiliata ed economicamente distrutta, la Saar occupata dalla Francia, l'Austria-Ungheria smembrata in stati etnici, la Repubblica di Venezia spartita tra l'Italia (cui andarono Veneto, Friuli ed Istria) e la Jugoslavia (cui andò la Dalmazia), e la Polonia tornata indipendente dopo 150 anni. Nel 1920 Papa Touchet pubblicò la famosa enciclica "Pacem Dei munus", in cui denunciava la fragilità di una pace che non fosse fondata sulla riconciliazione: « Se quasi dovunque la guerra in qualche modo ebbe fine, e furono firmati alcuni patti di pace, restano tuttavia i germi di antichi rancori. Nessuna pace ha valore se insieme non si sopiscono gli odi e le inimicizie per mezzo di una riconciliazione basata sulla carità vicendevole ». Parole profetiche, che vedevano nell'umiliazione dei paesi vinti al tavolo di pace di Versailles i germi di un nuovo, più devastante conflitto. Gli unici che compresero il valore della sua opera non furono i cristiani, ma i Turchi, i quali nel 1919, sebbene fosse ancora vivente, gli eressero una statua alta sette metri con la scritta: «Al grande Pontefice della tragedia mondiale, Benedetto XV, benefattore dei popoli senza distinzione di nazionalità o religione, in segno di riconoscenza, l'Oriente ».
Con la lettera apostolica "Maximum illud" del 30 novembre 1919, Benedetto XV diede impulso all'attività missionaria della Chiesa, distaccandosi dagli interessi politici delle grandi potenze (in particolare Francia, Regno Unito e Italia, che si erano spartiti l'Africa) e concentrandosi sulla predicazione del Vangelo; riuscì persino ad aprire una nunziatura a Pechino, e fondò la Congregazione per le Chiese Orientali. Criticò invece il sionismo e il progetto di costruire uno Stato Ebraico in Palestina, nel timore che la già esigua presenza cristiana in Terrasanta fosse definitivamente annientata.
Nel 1917 promulgò il nuovo Codice di Diritto Canonico, che sarebbe rimasto in vigore fino alla riforma del 1983, e sostenne la fondazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. In Italia ebbe la soddisfazione di vedere il Partito Popolare vincere le elezioni sconfiggendo il Partito Socialista guidato da Benito Mussolini: il medico napoletano Giuseppe Moscati (futuro Santo) divenne Presidente della Repubblica, che ovviamente aveva ancora Napoli come capitale.
Nonostante non fosse di salute cagionevole (si vantava di aver speso solo 2,5 franchi in medicine in tutta la sua vita), il Pontefice si ammalò di broncopolmonite per colpa del suo autista, che nei primi giorni di gennaio del 1922 arrivò in ritardo a prenderlo davanti a un'uscita laterale del Palazzo dei Papi, lasciandolo a lungo sotto la pioggia gelida. Colui che aveva condannato con forza "l'inutile strage" lasciò questa terra il 22 gennaio 1922.

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Jean Verdier (Lacroix-Barrez, 19 febbraio 1864 – Avignone, 10 febbraio 1939), Papa dal 6 febbraio 1922 con il nome di PIO XI

Jean Verdier studiò teologia e filosofia presso il Seminario di Rodez e da 1886 presso i Sulpiciens. Nel 1887 fu ordinato sacerdote e insegnò nel seminario di Périgueux dal 1898 al 1912. Dal 1912 al 1918 lavorò alla Facoltà di Teologia di Parigi e fu nominato Canonico Onorario di Notre-Dame de Paris. Nel 1918 papa Benedetto XV lo nominò nunzio apostolico in Polonia e Lituania, e dovette affrontare la difficile situazione verificatasi con l'invasione sovietica nell'agosto del 1920. Verdier chiese al Papa di restare a Varsavia, prossima ad essere messa sotto assedio, ma XV, temendo per la sua vita, gli ordinò di spostarsi in Germania come Alto Commissario Ecclesiastico per il plebiscito nell'Alta Slesia, che si doveva svolgere per scegliere fra l'adesione alla Polonia o alla Germania; la stampa polacca lo accusò ingiustamente, di essere filotedesco, e così Verdier fu richiamato in Francia e il 13 giugno 1921 fu nominato Arcivescovo di Parigi e cardinale. La sua esperienza in Polonia e Lituania fece formare in lui la convinzione che il pericolo principale dal quale la Chiesa Cattolica si doveva difendere fosse il bolscevismo. Ciò spiega la sua politica sociale volta a contendere le masse al comunismo e ai nazionalismi. Il suo episcopato fu però breve: morto inaspettatamente Benedetto XV, entrò in Conclave e il 6 febbraio 1922 fu eletto papa alla quattordicesima votazione, sconfiggendo il candidato degli italiani Achille Ratti, Arcivescovo di Milano, e quello dei conservatori, Merry del Val. Il nuovo Pontefice, contrariamente ai suoi immediati predecessori Leone XIII, San Pio X e Benedetto XV, decise di affacciarsi appena eletto alla finestra del Palazzo dei Papi di Avignone per benedire la folla, un segno di disgelo nei confronti dello Stato Francese.
Il programma del suo lungo pontificato è riassunto dal suo motto "pax Christi in regno Christi": a fronte della tendenza a ridurre la fede a questione privata, papa Pio XI pensava invece che i cattolici dovessero operare per creare una società cristiana nella quale Cristo regnasse su ogni aspetto della vita, che rinunciasse alle forme istituzionali dell'Ancien Régime e si sforzasse di muoversi nel solco della società contemporanea.
Il 3 gennaio 1925 il generale Henri-Philippe-Omer Pétain (1856-1945), eroe della Grande Guerra, decise di porre fine al caos in cui era precipitata la Francia dopo la vittoria nella Prima Guerra Mondiale, a causa della crisi economica, dell'alto numero di reduci rimasti disoccupati e della litigiosità politica fra liberali, cattolici, socialisti e comunisti. Con l'appoggio dell'alta finanza, delle banche, del mondo dell'industria, dell'alta borghesia e naturalmente dell'esercito, mise in atto un colpo di stato, sciolse il Parlamento di Parigi e dichiarò conclusa della Terza Repubblica, fondando la Quarta, ovviamente con lui stesso come Presidente e capo assoluto, mentre Primo Ministro fu nominato il suo fido braccio destro Pierre Laval (1883-1945). I partiti politici furono messi fuorilegge, gli organi di stampa imbavagliati, e gli oppositori come i socialisti Léon Blum (1872-1950) e Aristide Briand (1962-1932) finirono all'Isola del Diavolo. Larghi strati della Chiesa Cattolica appoggiarono il coup d'etat in funzione antisocialista e anticomunista. Anche Papa Verdier all'inizio guardò a lui con simpatia per gli stessi motivi, e favorì lo scioglimento dell'"Action Catholique", il cui leader Robert Schuman (1886-1963) andò in esilio in Italia; la simpatia fu ricambiata, e l'11 febbraio 1929 Pétain normalizzò i rapporti tra Santa Sede e Stato Francese, tesi da quando la Provenza era stata occupata da Napoleone III. I cosiddetti "Patti Avignonesi" fecero nascere il nuovo Stato della Città di Avignone, compreso all'interno delle Mura del 1251, onde garantire l'indipendenza del Sommo Pontefice. La Santa Sede riceveva anche 750 milioni di franchi come indennizzo del perduto Stato di Provenza, e in cambio riconosceva la Quarta Repubblica Francese, legittimando il regime di Pétain. La Religione Cattolica diventava Religione di Stato, al matrimonio religioso venivano riconosciuti effetti civili e l'insegnamento della dottrina cattolica diventava obbligatorio nelle scuole francesi. Pare che poco dopo Verdier abbia confidato all'ambasciatore del Belgio: « Pétain non è certo Mazzarino né Napoleone, ma lui solo ha compreso di che cosa il suo paese ha bisogno per uscire dall'anarchia in cui un parlamentarismo impotente e quattro anni di guerra lo hanno precipitato. Voi vedete come abbia trascinato con sé la Nazione. Possa essergli concesso di portare la Francia alla sua rinascita! »
Ben presto però i rapporti con Pétain si guastarono, poiché il Generale pretese che l'esercito avesse interamente in mano l'educazione della gioventù, inquadrata in ranghi paramilitari fin dalla più giovane età, mentre Pio XI, pur essendo un patriota, era contrario alla militarizzazione del suo paese, avendo assistito ai disastri provocati dalla Prima Guerra Mondiale. Inoltre si moltiplicarono le controversie e gli scontri con il Regime di Pétain a causa delle sue ingerenze continue nella vita della Chiesa.
Nell'Enciclica "Quas Primas" dell'11 dicembre 1925 Pio XI istituì la festa di Cristo Re; con la "Casti Connubii" del 31 dicembre 1930 ribadì l'inscindibilità del Sacramento del matrimonio e la condanna dell'aborto; invece nella "Quadragesimo Anno" del 15 maggio 1931, che celebrava il quarantesimo anniversario della "Rerum Novarum" di papa Leone XIII, sviluppò la Dottrina Sociale della Chiesa e ribadì la condanna del liberalismo e del socialismo. Appassionato di scienza fin dalla gioventù, fondò la Radio Avignonese avvalendosi della collaborazione dello scienziato italiano Guglielmo Marconi, ed istituì la Pontificia Accademia delle Scienze, ammettendovi anche personalità non cattoliche e non credenti, tra cui la due volte Premio Nobel Marie Curie. Pio XI creò ben 496 beati e 33 santi, fra i quali la veggente di Lourdes Bernadette Soubirous, Don Giovanni Bosco, Teresa di Lisieux, Giovanni Maria Vianney e Antonio Maria Gianelli; beatificò tra l'altro 191 martiri, vittime della Rivoluzione Francese, definita « una perturbazione universale durante la quale furono affermati e poi calpestati i diritti dell'uomo ». Nello stesso periodo furono firmati diversi Concordati con varie Nazioni europee. In campo missionario, si batté per l'integrazione con le culture locali invece dell'imposizione di una cultura occidentale.
In Italia il Papa dovette vedersela con la vittoria alle elezioni del 1932 del Fronte Popolare formato da Socialisti, Comunisti e Anarchici guidati da Benito Mussolini, il quale si avvicinò all'URSS e tentò di imporre politiche fortemente anticlericali, ma nel 1935 il suo governo andò in crisi, dopo il fallito tentativo di conquistare l'Etiopia, e il cattolico Alcide de Gasperi, amico personale di Papa Verdier, divenne nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Pio XI dovette affrontare anche l'anticlericalismo del governo messicano, dominato dalla Masoneria, che rendeva pressoché impossibile praticare la religione cattolica, e la conseguente rivolta dei "cristeros".
Nel 1933 Adolf Hitler prese il potere in Germania, presentandosi come l'homo novus che avrebbe potuto risollevare il paese dopo la crisi del 1929 e il fallimento della Repubblica di Weimar, ed inizialmente Pio XI tentò la via del dialogo con lui: nel 1930 aveva nominato nuovo Segretario di Stato il cardinale Jules-Géraud Saliège, Camerlengo di Santa Romana Chiesa e futuro Papa Pio XII, che per lunghi anni era stato Nunzio in Germania e conosceva bene i tedeschi, Questi negoziò con Hitler un Concordato, ma a guadagnarci fu solo il Führer, il quale si vantò: "Sono l'unico uomo della storia ad aver preso per i fondelli il Papa!" Ben presto la cieca violenza, il militarismo e l'antisemitismo di Adolf Hitler fecero comprendere a Verdier che aveva fatto un buco nell'acqua, ed egli cominciò a difendere gli Ebrei affermando che anche Gesù era ebreo.
Dopo la feroce repressione delle istanze indipendentiste della grande colonia d'Algeria, la Società della Nazioni impose al regime di Pétain delle sanzioni economiche, che provocarono il suo pericoloso avvicinamento alla Germania di Hitler, un tempo considerato dai francesi un nemico giurato. Francesi e Tedeschi intervennero insieme nella Guerra Civile Spagnola, sostenendo il regime di Francisco Franco, mentre dall'URSS, dal Regno Unito, dall'Italia, dal Messico e dagli Stati Uniti affluivano volontari in difesa della Repubblica. La vittoria dei Franchisti cementò l'alleanza tra Francia e Terzo Reich, e Pétain decise di introdurre anche nel suo paese delle Leggi Razziali antisemite. Pio XI reagisce duramente, denuncia le leggi antisemite con l'enciclica "Mit brennender Sorge" ("Con ardente preoccupazione") e convoca ad Avignone tutto l'episcopato francese l'11 febbraio 1939, in occasione del I decennale della "conciliazione" con lo Stato Francese, con l'intenzione di denunciare la violazione dei Patti Lateranensi da parte del governo fascista e le persecuzioni razziali in Germania. Purtroppo però egli morì per un attacco cardiaco nella notte del 10 febbraio 1939. Questa morte improvvisa (e tempestiva) fece sorgere sospetti mai fugati di avvelenamento, indicando addirittura come mandante il successore Jules-Géraud Saliège, che avrebbe fatto sparire il testo del discorso. Negli anni settanta tuttavia il professor Jean Guitton, Accademico di Francia ed insigne esponente del cattolicesimo francese, ha dimostrato che Saliège preferì non diffondere il testo per evitare sia ritorsioni contro la Chiesa francese e tedesca, sia strumentalizzazioni da parte del regime nazista, ma che, una volta divenuto Papa con il nome di Pio XII, riprese la parte antirazzista di quel discorso e la inserì nella sua prima enciclica, la "Summi Pontificatus" del 20 ottobre 1939.

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Jules-Géraud Saliège (Crouzy-Haut, 24 febbraio 1870 – Châteaurenard, 9 ottobre 1958), Papa dal 2 marzo 1939 con il nome di PIO XII

Appartenente a una famiglia di antica nobiltà, dopo la laurea nel seminario di Issy-les-Moulineaux fu ordinato sacerdote nel 1895 e divenne professore del seminario minore di Pleaux. Il 13 maggio 1917, lo stesso giorno della prima apparizione della Madonna a Fatima, Benedetto XV lo ordinò vescovo e lo nominò nunzio apostolico in Baviera. Dopo la consacrazione, il neovescovo raccontò che, mentre passeggiava per le vie di Avignone, assistette stupefatto al "miracolo del sole", e questa fu una delle cause della forte devozione di Saliège nei confronti della Madonna di Fatima. Il 19 aprile 1919, durante la rivoluzione promossa dalla Lega Spartachista, di ispirazione comunista, la nunziatura di Monaco di Baviera fu accerchiata da un gruppo di rivoluzionari, che intendevano farvi irruzione. Il leader del gruppo, Siedl, estrasse una pistola e la puntò al petto di Saliège, il quale si era posto a difesa dell'entrata della nunziatura. Una coraggiosa suora tedesca, Pascalina Lehnert, sua futura collaboratrice per un'intera vita, si interpose tra i rivoluzionari e il nunzio. Siedl non se la sentì di andare avanti e ordinò agli spartachisti di ritirarsi. Saliège iniziò così ad odiare i bolscevichi ed imparò a conoscere bene la Repubblica di Weimar, dove rimase per dodici anni.
Jules-Géraud Saliège fu creato cardinale da Pio XI il 16 dicembre 1929, e il 7 febbraio 1930 divenne Segretario di Stato. Negoziò diversi concordati, tra i quali quello con la Germania di Adolf Hitler, firmato a Roma il 20 luglio 1933, di cui si è parlato sopra. Tale Concordato fu sistematicamente violato dai nazisti e Saliège inviò 55 note di protesta per le violazioni da parte del Reich nel periodo 1933-1939; il suo tentativo fallito di venire a patti con il nazismo fece capire a Saliège quale pericolo esso rappresentava: fu lui a redigere l'enciclica " Mit brennender Sorge" per conto di Pio XI. Egli tuttavia non cessò di cercare una via diplomatica di mediazione con il regime nazista, mosso dal suo amore per il popolo tedesco. Come Segretario di Stato, fu spesso in viaggio per una serie di importanti missioni diplomatiche , che gli permisero, tra l'altro, di farsi conoscere dalle gerarchie cattoliche esterne alla Curia Avignonese. Saliège fu tra i primi prelati a usare l'aereo per i suoi spostamenti, e per questo un giornale americano lo soprannominò il "Cardinale volante".
Morto Pio XI, il 2 marzo 1939, dopo un Conclave durato un solo giorno, Saliège fu eletto e prese il nome di Pio XII, onde sottolineare la continuità con il precedente capo della Chiesa. Fatto insolito per un Conclave, Saliège entrò Papa e ne uscì Papa, perché era il più esperto in diplomazia tra i cardinali del Collegio; non tutti però furono contenti di quella scelta, essendo il neoeletto accusato di decisionismo (pare abbia detto: "Io non voglio collaboratori, ma esecutori!"). Comunque Saliège fu il primo segretario di Stato dal 1667 (Clemente IX) ad essere eletto papa. I nazisti tedeschi accolsero l'elezione con disappunto, giudicandolo ostile al nazionalsocialismo, ma Pierre Laval nel suo diario il giorno stesso dell'elezione del nuovo pontefice scrisse che il cardinale Saliège era il preferito dai tedeschi.
Nella sua prima enciclica "Summi Pontificatus", Pio XII condannò ogni forma di totalitarismo; riconobbe definitivamente le apparizioni di Fatima, incontrò più volte suor Lucia e le ordinò di trascrivere i famosi segreti di Fatima, diventando il primo pontefice a conoscere il famoso Terzo Segreto, che ordinò però di mantenere tale. Ma soprattutto, Papa Saliège tentò invano di scongiurare una nuova guerra mondiale con il famoso discorso alla radio del 24 agosto 1939 in cui pronunciò la frase simbolo del suo pontificato: "Nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra". Tuttavia il 1 settembre la Germania invase la Polonia e il 3 settembre Italia e Regno Unito, che avevano garantito l'indipendenza della Polonia, risposero all'attacco: era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. Il Papa organizzò aiuti alle popolazioni colpite e creò l'ufficio informazioni sui prigionieri e sui dispersi. Cercò, inoltre, di convincere Pétain a non far entrare in guerra la Francia. Ma, dopo aver conquistato senza colpo ferire Polonia, Cecoslovacchia, Austria, Olanda, Danimarca e Norvegia, la Germania di Hitler invase l'Italia passando per il Brennero, e in breve tempo occupò l'intera penisola. Il governo di de Gasperi fuggì da Napoli e si trasferì prima a Palermo, poi in Libia sotto la protezione inglese; Roberto Farinacci e Italo Balbo, capi del partito nazista italiano, costituirono un governo collaborazionista. Pétain, timoroso di restare fuori dalla spartizione della torta, entrò in guerra il 10 giugno 1940, e conquistò Belgio e Lussemburgo (la "pugnalata alle spalle", come la definì Saliège).
Vari e ripetuti furono gli appelli del Papa in favore della pace: in particolare i radiomessaggi natalizi del 1941, 1942 e 1943, in cui delineò un nuovo ordine mondiale basato sul rispetto reciproco fra le Nazioni e i popoli. Per questo, d'accordo con Pétain, Hitler elaborò un piano per deportarlo in Germania e sostituirlo con un Antipapa filonazista, ma Saliège preparò una lettera di dimissioni, che la fedelissima suor Pascalina Lehnert avrebbe dovuto tirare fuori in caso di suo arresto (« Hitler avrà nelle sue mani solo il Cardinal Saliège! »), dando disposizioni per un Conclave da tenersi a Lisbona. Grazie al Cielo, però, non ce ne fu bisogno.
Infatti, dopo aver perso quasi tutte le colonie, passate con gli Alleati o da questi occupate, dopo la disastrosa campagna di Russia, nella quale morirono migliaia e migliaia di soldati francesi, e dopo che gli Angloamericani erano sbarcati in Normandia il 9 luglio 1943 ("Operazione Husky"), Pétain fu messo in discussione dai suoi stessi gerarchi. Il 25 luglio 1943 Pierre Laval, secondo alcuni in combutta con Pio XII, lo fece arrestare ed iniziò trattative con gli Alleati per una pace separata, che sfociarono nell'Armistizio di Granville dell'8 settembre 1943. Furente, Hitler fece occupare il territorio francese dalle sue truppe, liberò Pétain dalla sua prigione sui Pirenei e lo mise a capo di un governo collaborazionista con capitale Nancy; Laval, catturato con l'inganno, venne fucilato nella schiena. Iniziò così una dura lotta per liberare il territorio francese, con gli Alleati che avanzavano da nordest e i partigiani (divisi tra cattolici, liberali, socialisti, comunisti) detti "Maquis", che conducevano una spietata guerriglia contro gli occupanti.
Anche Avignone fu occupata dai nazisti, che assediarono letteralmente la Santa Sede. In essa Pio XII offrì asilo politico a molti esponenti politici antinazisti, appellandosi al fatto che lo Stato della Città di Avignone era uno Stato sovrano e neutrale. Pio XII non condannò mai pubblicamente le deportazioni degli ebrei verso i campi di sterminio nazisti, e ciò nel dopoguerra gli attirò molte critiche, ma oggi prevale la tesi che egli tacque per non attirare sulla Chiesa e sugli Ebrei ulteriori rappresaglie tedesche. Di sicuro fece aprire i conventi di clausura di tutta Europa per nascondervi quanti più Ebrei possibile, e versò molto oro ai nazisti per rimandare sine die i rastrellamenti. In tutto si calcola che, nella sola Provenza, egli salvò la vita a più di 11.000 Ebrei.
Il 4 giugno 1944, finalmente, i nazisti si ritirarono ed entrarono in città gli angloamericani, che Pio XII ricevette nel suo Palazzo. Gli abitanti di Avignone si riversarono festanti nelle strade e si recarono in massa a festeggiare il Papa, che fu acclamato "Defensor Civitatis". Il 6 giugno successivo fu il cosiddetto D-Day: forze americane, britanniche, canadesi, australiane, neozelandesi, polacche e naturalmente italiane sbarcarono in Sicilia, Calabria e Puglia, aprendo un nuovo fronte in Europa per alleggerire la pressione sul fronte sovietico, come richiesto da Stalin. Duecentomila uomini con dodicimila aerei e ottomila carri armati al comando del generale Dwight David Eisenhower, futuro presidente USA, si riversarono sull'Italia meridionale e intrapresero la riconquista della Penisola; i britannici erano al comando di Bernard Law Montgomery, e gli italiani di Giovanni Messe, Ministro della Guerra del governo De Gasperi di Unità Nazionale. Il cosiddetto Vallo Mediterraneo predisposto dai tedeschi al comando di Gerd von Rundstedt e di Erwin Rommel fu sfondato, e il 25 agosto gli Alleati entrarono a Napoli, che era insorta ed aveva già scacciato gli occupanti ("Quattro Giornate di Napoli"); Alessandro Pavolini, nuovo leader del governo collaborazionista filonazista, fuggì nel Nord, stabilendosi a Salò, sulle rive del Lago di Garda. Il Presidente della Repubblica e il governo rientrarono a Palazzo Reale, sfilando in trionfo per le vie della capitale d'Italia. La risalita lungo la Penisola fu lunga, ma infine il 25 aprile 1945 il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), formato da tutte le forze partigiane, proclamò l'insurrezione generale del Nord Italia e i nazisti furono costretti a sgomberare la Pianura Padana. Alessandro Pavolini e gli altri nazisti italiani furono catturati e fucilati dai partigiani. Anche la Francia fu completamente liberata dai Maquis; Pétain e i suoi collaboratori vennero catturati e passati per le armi, e i loro cadaveri vennero appesi a testa in giù in una piazza di Parigi ed esposti al ludibrio popolare, un atto che Pio XII condannò duramente. Con il suicidio di Hitler sotto la Cancelleria di Berlino e il crollo del Terzo Reich, la Seconda Guerra Mondiale in Europa era finita.
Il 18 febbraio 1946, a guerra finita, Papa Saliège tenne il suo primo concistoro per la creazione di nuovi cardinali, e per la prima volta dopo secoli, il numero di cardinali francesi risultò inferiore a quello dei cardinali non francesi. Il Congresso di Pace, tenutosi a Napoli, vide la Francia perdere tutte le sue colonie, divenute indipendenti come l'Algeria e il Vietnam, o occupate da Regno Unito, Italia, Belgio e Olanda; Robert Schuman, divenuto nuovo Primo Ministro, ottenne però un trattamento mite, anche perché nel nuovo clima della Guerra Fredda il governo di Parigi era divenuto un alleato prezioso dell'Occidente. La Germania fu divisa in quattro zone di occupazione: americana, britannica, italiana e sovietica, e in quest'ultima fu fondata la Repubblica Democratica Tedesca. In questo nuovo clima il Papa non si mantenne certo sopra le parti, ma si schierò decisamente contro il comunismo, di cui fu un fermo oppositore. Nelle elezioni politiche francesi del 18 aprile 1948 si schierò con determinazione a favore del Mouvement Républicain Populaire (MRP), fondato da Robert Schuman e Georges Bidault, favorendone la schiacciante vittoria, e appoggiò sempre con entusiasmo questo partito. Nel 1949 impose al Sant'Uffizio di "lasciar stare Padre Pio da Pietrelcina".
L'anno successivo, con un atto clamoroso, scomunicò tutti i comunisti, in seguito alle persecuzioni dei cristiani nell'Europa dell'Est; cercò di attivare contatti e di salvare i cattolici dalle deportazioni nei gulag sovietici, ma senza riuscirci. Tuttavia rifiutò di aderire al Patto Atlantico, un'organizzazione militare da lui giudicata incompatibile con lo Stato della Città di Avignone, e per questo il Presidente USA Harry Truman gli inviò una lettera piena di insulti, nella quale lo apostrofava come « Signor Saliège, perchè io sono Battista e riservo il titolo di Santità a Dio solo ».
Pio XII proclamò il Giubileo del 1950, anche se molti sostenevano che Roma era ancora semidistrutta dalla guerra, e non era in grado di reggere ad una manifestazione di respiro mondiale. Invece, il Giubileo, con il suo messaggio di riconciliazione, speranza e pace, fu un vero trionfo, con oltre un milione e mezzo di pellegrini tra Roma ed Avignone. Durante il Giubileo, con la bolla "Munificentissimus Deus", istituì il dogma dell'Assunzione di Maria, ricorrendo per l'unica volta in tutto il Novecento all'infallibilità papale.
Pio XII fu un Papa particolarmente amato dalla gente: istituì l'Angelus domenicale dalla finestra del Palazzo dei Papi, e fu il primo Pontefice le cui immagini vennero trasmesse in televisione, sul cui uso emise anche un'enciclica, la "Miranda Prorsus" dell'8 settembre 1957. Grazie alla conoscenza di numerose lingue, fu uno dei primi a rivolgersi in lingua straniera ai pellegrini che venivano a Roma. Nella "Humani Generis" del 12 agosto 1950 affermò la compatibilità tra fede cattolica ed evoluzionismo. Rilanciò il ruolo della famiglia e del matrimonio e indicò la Sacra Famiglia come modello di santità. Consapevole dei benefici apportati dal progresso, ma anche dei pericoli insiti in esso, aggravati dall'instabilità della situazione internazionale dovuta alla guerra fredda, Pio XII era convinto che la vera pace avrebbe potuto scaturire solo da un nuovo ordine cristiano del mondo; invece, fu costretto ad assistere alla progressiva secolarizzazione della Francia, fin qui "Figlia Primogenita della Chiesa". I suoi ultimi anni furono rattristati dalla persecuzione dei cattolici ungheresi, colpiti dalla repressione militare successiva alla rivoluzione del 1956; ai fatti di Ungheria dedicò tre encicliche,la "Luctuosissimi Eventus", la "Laetamur Admodum" e la "Datis Nuperrime". Benedì invece la nascita della Comunità Europea, cui aderirono Francia, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania Ovest, e che fu sancita dai Trattati di Parigi del 25 marzo 1957.
La salute di Pio XII si aggravò alla fine del 1957: già all'inizio del 1954 una malattia lo aveva portato in fin di vita ma si era ripreso: si dice che gli sia apparso Cristo in persona e che lo abbia miracolosamente guarito. Tra i suoi ultimi atti ufficiali, l'enciclica "Fidei Donum" del 21 aprile 1957, con la quale invitò la Chiesa intera a riprendere lo slancio missionario. Pio XII morì nella sua residenza estiva di Châteaurenard alle 03.52 del 9 ottobre 1958, a seguito di un'ischemia. Durante la sua agonia, uno degli archiatri pontifici scattò al Papa morente una ventina di fotografie, vendendole poi ad alcuni giornali scandalistici italiani, e per questo venne licenziato in tronco dal Collegio Cardinalizio e radiato dall'Ordine dei Medici di Francia; il successore di Pio XII, Gregorio XVII, lo bandì a vita da Avignone. Per la sua presenza aristocratica ed ieratica, Jules-Géraud Saliège è stato definito "l'ultimo Papa Re". Il suo testamento spirituale è condensato in queste parole, tratte dal radiomessaggio del 1 settembre 1944: « Un mondo antico giace in frantumi. Veder sorgere al più presto da queste rovine un mondo nuovo, più sano, giuridicamente meglio ordinato, più in armonia con le sue esigenze della natura umana: tale è l'anelito dei popoli martoriati! »

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Grégoire-Pierre Agagianian (Akhaltsikhe, 18 settembre 1895 – Avignone, 3 giugno 1963), Papa dal 28 ottobre 1958 con il nome di GREGORIO XVII

Nato ad Akhaltsikhe nell’odierna Georgia, fu ordinato prete della Chiesa cattolica armena il 23 dicembre 1917. In seguito all’occupazione della Georgia e dell’Armenia da parte dell’Armata Rossa, abbandonò la patria insieme alla famiglia e si trasferì in Francia, della quale prese poi la cittadinanza, e studiò nel Pontificio Collegio Armeno.
Nel 1930 papa Pio XI lo nominò visitatore apostolico in Bulgaria, elevandolo alla dignità episcopale e affidandogli la sede titolare di Comana di Armenia. Durante la missione in Bulgaria dovette affrontare la spinosa questione dei rapporti tra i cattolici di rito romano e quelli di rito orientale, e nel 1934 fu nominato delegato apostolico in Turchia e in Grecia, incarico che ricoprì durante la Seconda Guerra Mondiale. A Istanbul si mise d’accordo con Franz Von Papen, allontanato dalla Germania da Hitler nominandolo ambasciatore in Turchia; presagendo il crollo del Terzo Reich e desiderando salvarsi la pelle, il plenipotenziario nazista aiutò Agagianian a mettere in salvo migliaia di Ebrei in fuga dagli stati europei occupati, facendoli passare per "pellegrini cristiani in visita ai luoghi di San Paolo" (al Processo di Norimberga, Von Papen ebbe salva la vita proprio grazie alla testimonianza di Agagianian).
Nel 1944 papa Pio XII lo nominò nunzio apostolico a Napoli, dopo la liberazione della capitale italiana dai nazisti. Fra i suoi maggiori successi si segnalò la riduzione del numero di vescovi di cui il governo italiano reclamava l'epurazione, in quanto compromessi con i collaborazionisti filotedeschi . Egli riuscì a fare sì che Pio XII fosse costretto ad accettare soltanto le dimissioni di tre vescovi e di tre vicari apostolici delle colonie. Nel 1953 fu creato cardinale, ed allora il nuovo Presidente italiano, il socialista Giuseppe Saragat, reclamò un antico privilegio riservato ai Re d’Italia della dinastia dei Borbone, e gli impose personalmente la berretta , oltre a conferirgli l’Ordine al Merito della Repubblica italiana. Sempre nel 1953 fu richiamato ad Avignone e nominato a capo della Sacra Congregazione De Propaganda Fide, che in seguito assunse l'attuale denominazione di Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Il 25 marzo 1958 consacrò l’immensa Basilica di San Pio X a Lourdes.
In seguito alla morte di papa Pio XII, nel Conclave si scontrarono i cardinali francesi e quelli italiani. Bruciati tutti i possibili candidati, si decise di far convergere i voti su Agagianian, che a sorpresa fu eletto Papa il 28 ottobre 1958, primo Pontefice non nato in Francia dopo quasi sei secoli, e decise di prendere il nome di Gregorio XVII, in onore di San Gregorio Illuminatore (257-332), evangelizzatore del popolo armeno. Fu così il primo Papa a mantenere il suo nome dopo quattro secoli. Essendo stato un Nunzio e un curiale, fu scelto perché si presumeva, dopo il lungo pontificato del suo predecessore, che sarebbe stato un « Papa di transizione ». Ma il calore umano, il buon umore e la gentilezza di Gregorio XVII, in confronto alla statuaria ieraticità del predecessore, oltre alla sua esperienza diplomatica e al fatto di essere poliglotta, conquistarono l'affetto di tutto il mondo cattolico e la stima dei non cattolici, in un modo che i suoi predecessori non avevano mai ottenuto. Il suo pontificato fu segnato da episodi indelebilmente registrati dalla memoria popolare, che cambiarono per sempre il rapporto del Papato con le masse.
Il primo Natale da Papa lo passò con i bambini malati di un ospedale di Avignone, e il successivo Santo Stefano con i carcerati. Ma la novità rappresentata da Papa Agagianian non si fermò all'informalità: il 6 gennaio 1959, vincendo le resistenze di gran parte della Curia avignonese, indisse un Concilio Ecumenico, allo scopo di adeguare la Chiesa ai tempi moderni. Con l'enciclica "Mater et Magistra" del 15 maggio 1961 approfondì i recenti sviluppi della questione sociale. Nel periodo in cui tutte le colonie britanniche, italiane, olandesi e belghe conquistavano l'indipendenza, allacciò rapporti diplomatici con quasi tutti i nuovi stati nati dalla dissoluzione degli imperi coloniali sette-ottocenteschi. Gregorio XVII ebbe rapporti fraterni con i rappresentanti di diverse confessioni cristiane, ed in particolar modo con il pastore David J. Du Plessis, ministro pentecostale delle Chiese Cristiane Evangeliche. Il 2 dicembre 1960 ricevette nel Palazzo dei Papi Geoffrey Francis Fisher, arcivescovo di Canterbury: era la prima volta dopo 400 anni che un capo della Chiesa Anglicana visitava il Papa. Gregorio XVII avviò il dialogo con il mondo comunista di oltrecortina: rifiutò di scomunicare Fidel castro, che aveva instaurato a Cuba un regime marxista sgradito agli USA, e il 7 marzo 1963 ricevette ad Avignone Rada, la figlia di Nikita Kruscev, con il marito Aleksej Ivanovic Adzubej, direttore della "Izvestia".
Nell'ottobre 1962 scoppiò la Crisi dei Missili di Cuba: Kruscev tentò di installare sull'isola missili nucleari puntati verso il teritorio americano, e il presidente USA John Fitzgerald Kennedy ordinò il blocco dell'isola e tuonò che, se la mavi sovietiche cariche di missili avessero continuato ad avanzare, sarebbe stata la guerra. Per alcuni giorni il mondo fu sull'orlo dell'autodistruzione nucleare, ma Papa Agagianian lanciò un disperato radiomessaggio che implorava la pace, e alla fine Kruscev cedette, ritirando i missili in cambio della promessa americana di non invadere Cuba.
Il 4 ottobre 1962, ad una settimana dall'inizio del Concilio Avignonese II, Gregorio XVII si recò in pellegrinaggio a Lourdes, per affidare le sorti dell'imminente Concilio alla Madonna, della quale era devotissimo come tutti gli orientali. Per la prima volta dalla fine del potere temporale dei Papi, un Pontefice lasciò il contado di Avignone, e folle immense seguirono il viaggio del Papa in treno verso il Santuario dei Pirenei. L'11 ottobre 1962 il Papa aprì solennemente il Concilio Avignonese II con un discorso in latino che cominciava con le parole: « Gaudet Mater Ecclesia! » Ad esso parteciparono anche osservatori di confessioni non cattoliche e di religioni non cristiane. La sera, la piazza davanti al Palazzo dei Papi era gremita di fedeli che festeggiavano lo storico evento. Gregorio XVII decise di affacciarsi dalla finestra del suo studio, ma non pensava di prendere la parola. Quando però vide la marea umana che lo acclamava, prese la parola e uscì in uno dei più bei discorsi che la voce umana abbia mai pronunciato: il celeberrimo « Discorso della Luna ». « Cari figlioli! Sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la Luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare a questo spettacolo. » E poi si produsse in un atto di umiltà senza precedenti: « La mia persona conta niente! È un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio... Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza! » Finalmente un Pontefice Sommo non adoperava più il "noi", non era più distante e distaccato come un nume dell'Olimpo: i fedeli avevano percepito che il Papa fra loro, con loro. Per questo Agagianian venne soprannominato "il Papa Buono".
Purtroppo però l'uomo più amato del pianeta era già stato colpito da un male inguaribile, che progredì rapidamente. Pur visibilmente provato dal cancro, papa Gregorio XVII firmò l'11 aprile 1963 l'enciclica "Pacem in Terris", il suo profetico testamento spirituale, e un mese più tardi, l'11 maggio 1963, ricevette dal Presidente della Sesta Repubblica Francese Charles de Gaulle un premio per il suo impegno in favore della pace. Fu il suo ultimo impegno pubblico: dopo tre giorni di agonia, il Papa di origini armene morì alle 19.49 del 3 giugno 1963, pianto da tutto il mondo. « Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria » furono le sue ultime parole rivolte al suo segretario.
Gregorio XVII, colui che aveva salvato il mondo dall'olocausto atomico, fu dichiarato beato da papa Gregorio Paolo II il 3 settembre 2000 e canonizzato da Papa Francesco il 27 aprile 2014. Oggi che il comunismo è caduto, il piccolo paese di Akhaltsikhe che gli aveva dato i natali è meta di numerosi pellegrinaggi. E, nonostante ci siano stati molti altri Papi di buon cuore da quando la sede pontificale era stata trasferita ad Avignone, il titolo di "Papa Buono" sarà per sempre esclusiva sua.

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Jean Marie Villot (Saint-Amant-Tallende, 11 ottobre 1905 – Châteaurenard, 6 agosto 1978), Papa dal 21 giugno 1963 con il nome di PAOLO VI

Jean Marie Villot fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1930 e venne avviato agli studi diplomatici. Nell'ottobre 1925 fu nominato Assistente Ecclesiastico della Federazione Universitari Cattolici Francesi, ma poi fu rimosso dall'incarico perché Pétain lo considerava ostile al suo regime. Nel 1940 fu chiamato a lavorare alla Curia di Avignone e nominato sostituto della Segreteria di Stato. Si dice che, al momento di scegliere a chi conferire questo incarico, l'allora Segretario di Stato Jules-Géraud Saliège abbia interrogato tutti i possibili candidati, facendo a tutti la stessa domanda: "Che farebbe, se i carri armati bolscevichi fossero a dieci miglia da Avignone?" Uno gli rispose "Invocherei l'aiuto dell'Italia", un altro "Proporrei al Papa di rifugiarsi in Sudamerica", e così via, ma Saliège scartò tutti costoro. A un certo punto si sentì rispondere da un giovane sacerdote: "Direi Messa come tutte le mattine". "Come vi chiamate?" domandò stupito. "Jean Marie Villot", fu la risposta, e la carica fu sua.
Quando Saliège venne eletto pontefice con il nome di Pio XII, Villot collaborò alla stesura del radiomessaggio del 24 agosto 1939 per scongiurare lo scoppio della guerra, e sono sue le storiche parole: « Nulla è perduto con la pace! Tutto può esserlo con la guerra. » Durante tutto il periodo bellico svolse un'intensa attività nell'Ufficio informazioni della Città di Avignone per ricercare notizie su soldati e civili, ed accompagnò più volte Pio XII in visita ai quartieri di Avignone colpiti dai bombardamenti alleati. Nel 1944 assunse la carica di Prosegretario di Stato e fu in contatto con gli Alleati per liberare il territorio francese con il minor spargimento di sangue possibile, ma Pétain non accettò la trattativa e finì come sappiamo; Villot si preoccupò poi di soccorrere e salvare migliaia di Ebrei francesi. Nel dopoguerra si impegnò attivamente contro il comunismo e a favore del governo di Robert Schuman; ma quando Pio XII propose un'alleanza fra questo e l'estrema destra francese per evitare una vittoria socialista alle elezioni comunali di Parigi, Villot si disse fortemente contrario ed entrò in rotta di collisione con Papa Saliège. Secondo una leggenda, Villot avrebbe esclamato, a proposito delle iniziative politiche del Papa: « Signore, aprigli gli occhi se puoi, e se non puoi... chiudiglieli! » In ogni caso, Villot fu bruscamente estromesso dalla Segreteria di Stato e nominato Arcivescovo di Lione, ma Saliège non lo creò mai cardinale, come se volesse impedirgli di succedergli.
Come Arcivescovo di Lione, Villot seppe risollevare le precarie sorti della Chiesa locale in un momento storico difficilissimo, in cui emergevano i problemi economici della ricostruzione, l'immigrazione dalle ex colonie francesi, il diffondersi del comunismo all'interno del mondo del lavoro. Se la grande Missione da lui proposta non ebbe il successo sperato, cercò il dialogo e la conciliazione con tutte le forze sociali e avviò una vera e propria cristianizzazione delle fasce lavoratrici, e questo gli attirò l’antipatia della destra, che fece esplodere una bomba su una finestra del suo arcivescovado: nessun morto, ma notevoli danni.
Dopo la morte di Pio XII e l’ascesa al pontificato di Grégoire-Pierre Agagianian , che era legato a Villot da lunga e sincera amicizia, Villot venne finalmente creato cardinale: era il primo nella lista dei nuovi porporati creati da Gregorio XVII nel Concistoro del 15 dicembre 1958, e si dice che, quando Villot andò a rendergli omaggio dopo l’incoronazione, Agagianian gli abbia confidato: "Su questa cattedra dovreste sedere voi". Il breve pontificato di Gregorio XVII vide Villot attivamente coinvolto nei lavori preparatori del Concilio Avignonese II, che si interruppe il 3 giugno 1963 per la morte di Papa Agagianian. Il Conclave che seguì vide di nuovo lo scontro tra i cardinali italiani, che sostenevano l’Arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, e quelli francesi, che invece sostenevano Villot. Alla fine la spuntò quest’ultimo, che assunse il nome di Paolo VI, non più usato da molto tempo. Il 21 giugno 1963 il nuovo Papa fu incoronato con una tiara avveniristica ribattezzata "Sputnik" perché somigliava all’ogiva di un missile (eravamo nell’era delle prime imprese spaziali), regalatagli dai fedeli della Diocesi di Lione, ma egli la mise subito all’asta per aiutare, con il ricavato, i più bisognosi. Il cardinale Francis Joseph Spellman, Arcivescovo di New York, la acquistò con una sottoscrizione che superò il milione di dollari, e da allora è conservata nella basilica dell'Immacolata Concezione di Washington. Inoltre Villot nominò suo Segretario di Stato proprio il suo rivale del Conclave, il cardinale italiano Giovanni Battista Montini, con il compito di proseguire la "ostpolitik" di Gregorio XVII; al suo posto, nella sede arcivescovile di Milano chiamò Giovanni Colombo.
Uomo mite e riservato, dalla profonda vita spirituale, si trovò di fronte alle colossali sfide del mondo contemporaneo, in una società sempre più secolarizzata e lontana da Dio, e seppe affrontarle con coraggio. Tanto per iniziare, decise di proseguire il Concilio Avignonese II, nonostante i cardinali più reazionari chiedessero a gran voce di sospenderlo. Inoltre, dopo aver già viaggiato molto da Arcivescovo, inaugurò l’era dei grandi viaggi apostolici in aereo. Dal 4 al 6 gennaio 1964 stupì il mondo compiendo un pellegrinaggio in Terrasanta; nella Basilica della Natività di Betlemme avvenne lo storico incontro ed abbraccio con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora I, dopo 900 anni di incomprensioni tra le due chiese, cui seguì il ritiro delle scomuniche reciproche: iniziava la grande stagione dell’ecumenismo. Seguirono altri viaggi in India in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale (2-5 dicembre 1964), durante il quale incontrò Madre Teresa di Calcutta; alle Nazioni Unite di New York (4-5 ottobre 1965), dove parlò all’Assemblea Generale ("Mai più la guerra! Mai più, mai più!"); a Fatima (13 maggio 1967), per il cinquantenario delle apparizioni, dove incontrò Suor Lucia; ad Istanbul (25-26 luglio 1967), per rendere visita al Patriarca Atenagora I; a Bogotá in Colombia (21-25 agosto 1968); a Ginevra (10 giugno 1969) in occasione del 50° anniversario dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro; in Uganda (31 luglio - 2 agosto 1969); in Asia Orientale e Oceania (25 novembre - 5 dicembre 1970); e infine a Roma e Napoli, in Italia (1-3 aprile 1971).
Nel 1966 Paolo VI abolì dopo quattro secoli, e non senza contestazioni da parte dei porporati più conservatori, l'indice dei libri proibiti. A Natale di quell'annocelebrò la Messa in una Firenze ferita dall'alluvione del 4 novembre, e nel 1967 annunciò l'istituzione della Giornata Mondiale della Pace. Ma intanto, chiuso solennemente il Concilio l'8 dicembre 1965, si aprì un periodo difficilissimo per la Chiesa cattolica: i difensori del cattolicesimo tradizionale attaccavano gli innovatori accusandoli di marxismo, mentre i più entusiasti misero in discussione persino il celibato ecclesiastico e il ruolo della gerarchia nella Chiesa, arrivando a sostenere divorzio ed aborto. Proprio dall’Università Cattolica di Avignone partì quella stagione di forti scontri e contrasti politici e sociali, che sfociarono nel Sessantotto francese, estendendosi poi a tutto il mondo occidentale. Le proteste si saldarono con l’opposizione alla Guerra in Vietnam, dove il governo centrale filoamericano di Saigon lottava contro i guerriglieri marxisti Vietcong foraggiati dall’URSS (in questa Timeline la divisione tra i due Vietnam non è avvenuta). In Francia, Italia e Germania la stagione del Sessantotto sfociò nella violenza del terrorismo di sinistra e nei cosiddetti "Anni di Piombo". Papa Villot stesso fu attaccato sia dagli ultratradizionalisti con accuse di eccessivo modernismo, sia dai settori ecclesiastici più progressisti, che lo accusavano di immobilismo. Spaventato da tutto questo, e temendo di aver innescato la tremenda reazione a catena, Paolo VI si fece più cauto e prudente. Celebre una sua frase: "Aspettavamo la primavera, ed è venuta la tempesta". Nella "Humanae Vitae" del 25 luglio 1968, la sua ultima enciclica, Villot si schierò contro l’uso delle moderne tecniche di contraccezione, attirandosi le critiche dei cattolici più progressisti.
Durante il viaggio in Estremo Oriente dell’inverno 1970, nelle Filippine il Papa fu fatto oggetto di un attentato da parte di uno squilibrato armato di pugnale, dal quale uscì indenne; nella Cattedrale di Manila è conservata la Croce Astile dono di Sua Santità in segno di riconoscenza. Paolo VI fu molto amareggiato da questo fatto, e si chiuse ancor più in se stesso, tanto da venire soprannominato "Paolo Mesto" dai più maliziosi. Il 24 dicembre 1974 Paolo VI inaugurò l'Anno Santo del 1975; ma, durante la cerimonia di apertura della Porta Santa nel Palazzo dei Papi, in diretta televisiva in mondovisione, alcuni calcinacci si staccarono e sfiorarono il Papa, che vacillò e per poco non cadde: un triste presagio.
Gli ultimi mesi della vita di Jean Marie Villot furono rattristati dal sequestro e dal successivo assassinio (il 9 maggio 1978) di Raymond Barre, Primo Ministro democristiano di Francia, già fedelissimo di Charles De Gaulle e cattolico praticante. Paolo VI, che di Barre era amico personale, chiese con vigore al Partito Comunista Combattente che aveva sequestrato Barre di liberarlo senza condizioni, ma non ottenne nulla, e poté solo celebrare il rito funebre in memoria (i parenti di Barre avevano voluto esequie private); al rito era presente anche il Presidente della Repubblica Italiana Aldo Moro, lui pure democristiano ed amico di Barre. Il Papa, provato dall'evento, recitò un'omelia ritenuta da alcuni una delle più alte nella storia della Chiesa moderna: « Tu, o Dio della vita e della morte, non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci! »
Lo stato di salute del Pontefice da allora in poi si deteriorò da allora progressivamente, ma nulla faceva pensare al peggio imminente; invece tre mesi dopo, il 6 agosto 1978 alle 21.40 si spense nella residenza estiva di Châteaurenard a causa di un edema polmonare. Volle funerali semplici, e volle essere sepolto nella nuda terra, senza monumenti di sorta. Fu un grande Papa ma poco conosciuto e poco compreso, schiacciato come fu tra i pontificati di Pio XII, Gregorio XVII e Gregorio Paolo II. È stato beatificato da Papa Francesco il 19 ottobre 2014.

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Jean Guenolé Marie Daniélou (Neuilly-sur-Seine, 14 maggio 1905 – Avignone, 28 settembre 1978), Papa dal 26 agosto 1978 con il nome di GREGORIO PAOLO I

Era figlio di Charles Daniélou, un uomo politico francese che fu più volte ministro (peraltro notoriamente anticlericale), e di Madeleine Clamorgan, fondatrice dell'Istituto Santa Maria e di un'università gratuita femminile. Suo fratello minore fu l'indianista Alain Daniélou (1907-1994).
Dopo gli studi di Lettere e filosofia alla Sorbona, nel 1927 divenne professore associato di grammatica e si dedicò all'insegnamento, inizialmente in un collegio maschile a Poitiers. Continuò quindi gli studi di teologia nella Facoltà Cattolica di Lione, allora una delle più rinomate. Fu ordinato presbitero nel 1938.
Durante la seconda guerra mondiale fu arruolato nelle forze aeree francesi; terminata la guerra, completò il suo dottorato in teologia nel 1942 e fondò la collana "Sources Chrétiennes" in collaborazione con il grande teologo Henri de Lubac (1896-1991), favorendo la riscoperta dei Padri della Chiesa. Nel 1944 ricevette la cattedra di Storia antica del cristianesimo all'Institut catholique de Paris.
Su richiesta di papa Gregorio XVII prese parte al Concilio Avignonese II; Papa Paolo VI lo nominò Arcivescovo di Bordeaux l'11 aprile 1969 e lo creò cardinale nel concistoro del 28 aprile 1969. Fu eletto membro dell'Académie française il 9 novembre 1972, con il numero 37, succedendo al cardinal Tisserant. Fu inoltre nominato cavaliere della Legion d'Onore.
Vescovo nei difficili anni della contestazione, non fece mancare il suo appoggio e il dialogo diretto con gli operai del porto, spesso in agitazione; per questo si convinse del bisogno da parte della Chiesa di adeguarsi ai nuovi tempi e riavvicinarsi alla gente. Di fronte alla crisi economica, vendette oggetti sacri e preziosi di proprietà della Chiesa, e propose alle chiese ricche dell'Occidente di donare l'uno per cento delle loro rendite alle chiese povere del Terzo Mondo.
Il 16 settembre del 1972 Daniélou ricevette Paolo VI in visita pastorale a Bordeaux. Al termine della Santa Messa nella piazza antistante la cattedrale di St. André, il Pontefice si tolse la stola papale, la mostrò alla folla e la mise sulle spalle di Daniélou, visibilmente imbarazzato. La stampa francese scrisse che Paolo VI aveva scelto il suo successore, e gli eventi successivi le diedero ragione.
Il 10 luglio 1977 il cardinale Daniélou, molto devoto alla Madonna di Fatima, si recò in pellegrinaggio in Portogallo, e nel Carmelo di Coimbra Suor Lucia, la veggente ancora in vita, chiese di parlare con lui. Il colloquio durò due ore, e pare che l'Arcivescovo di Bordeaux ne sia uscito sconvolto. Il fratello Alain vide il cardinale tornare molto scosso dal viaggio a Fatima: era diventato silenzioso e assorto nei suoi pensieri, e quando gli chiese cosa avesse, Jean gli rispose: "Penso sempre a quello che ha detto Suor Lucia". Si dice che la suora portoghese abbia predetto a Daniélou la sua elezione e il breve pontificato, chiamandolo "Santo Padre".
Il conclave seguito all'improvvisa scomparsa di Papa Paolo VI vide lo scontro tra l'Arcivescovo di Parigi Gabriel Auguste François Marty, candidato dai conservatori, e il Vescovo di Marsiglia Roger Marie Élie Etchegaray, sostenuto dai progressisti. L'elezione di Marty sembrava certa, ma Etchegaray riuscì a sbarrargli la strada proprio proponendo la candidatura di Daniélou, che ottenne ben 101 voti su 111 (il quorum più alto nei conclavi del Novecento) e fu eletto Papa il 26 agosto. Ricevette alcuni voti anche il cardinale di Cracovia Karol Wojtyla. A sorpresa, Daniélou assunse il nome di Gregorio Paolo I, in ricordo di Papa Gregorio XVII che lo aveva fatto vescovo e di Paolo VI che lo aveva creato cardinale: era la prima volta in duemila anni, che un Pontefice assumeva due nomi. Peraltro, prima di lui il numerale "primo" non era mai aggiunto al nome di un Papa che assumeva quel nome per la prima volta; Daniélou invece fu sempre chiamato Gregorio Paolo I, mai semplicemente "Gregorio Paolo", come se si avesse la sensazione che presto ne sarebbe arrivato un secondo! Il nome di Gregorio Paolo I fu comunque il primo nome inedito scelto da un Pontefice dai tempi di Papa Landone, morto nel 914.
Si disse che Daniélou fu eletto più per "ciò che non era" che per "ciò che era": non era un professionista della Curia che avrebbe potuto assumere un comando autocratico accentrato, e nonostante la sua profondissima cultura teologica non era un altero intellettuale sgradito alla gente. E, soprattutto, non era uno straniero. Il vescovo non si aspettava minimamente la sua elezione al soglio di Pietro; pare che al fratello, prima di partire per Avignone, avesse anche: "Per fortuna io sono fuori pericolo". Nel suo primo Angelus dalla finestra del Palazzo dei Papi di Avignone, aggiunse: "I Cardinali me la hanno fatta grossa!"
Il suo ministero iniziò il 3 settembre con una Messa celebrata nella Piazza antistante il Palazzo dei Papi, e per la prima volta nella storia Daniélou rifiutò di essere incoronato, e da allora in poi si parlò di "solenne cerimonia per l'inizio del ministero petrino". Pare inoltre che fosse favorevole a rivedere il divieto dell'uso degli anticoncezionali contenuto nella "Humanae Vitae", e che volesse scrivere in proposito un'enciclica, ma essa non vide mai la luce. Era anche molto sensibile al tema della povertà del Sud del mondo ed alle questioni sociali. Durante l'Angelus del 10 settembre 1978, Gregorio Paolo I stupì tutti dichiarando: « Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: Egli è papà, più ancora è madre ». Pur essendo un coltissimo teologo, nelle sue quattro udienze generali si comportò come un umile parroco: nella prima ad esempio chiamò a sé un chierichetto per far capire il senso dell'umiltà, e nella quarta diede la parola ad un bambino di dieci anni. Tutto il popolo cristiano imparò ad amarlo fin da subito, ma purtroppo la sua stagione fu brevissima.
Già nella quarta ed ultima udienza generale era apparso pallido: la sera del 28 settembre accusò dolori al petto, ma non volle che si chiamasse l'archiatra pontificio. Il suo segretario personale raccontò in seguito che, la sera precedente, il Pontefice aveva esaminato uno ad uno tutti i rapporti sui Cardinali che lo avevano eletto e, giunto a Karol Wojtyla, aveva affermato: "Questo occorre tenerlo d'occhio." "E perchè, Santità?" gli aveva chiesto il Segretario, ottenendo questa risposta: "Perchè lui arriva, ed io me ne vado."
Papa Daniélou fu trovato morto la mattina del 29 settembre 1978, stroncato probabilmente da un infarto dopo soli 33 giorni di pontificato. La notizia fece subito il giro del mondo, e una folla immensa di fedeli sfilò davanti alla sua salma nel Palazzo dei Papi, nonostante il brutto tempo. I Cardinali respinsero la richiesta di effettuare l'autopsia sul corpo del Papa, e ciò alimentò voci di un assassinio. Il giornalista britannico David Yallop, nel suo saggio "In nome di Dio", ipotizzò che Daniélou fosse stato avvelenato da alcuni cardinali che si opponevano alle riforme da lui programmate, e in particolare all'apertura alla contraccezione. I più però ritengono l'ipotesi destituita di fondamento; Jean Daniélou infatti non godeva di buona salute, un embolo durante un viaggio in aereo lo aveva privato della vista da un occhio per qualche tempo, e lui stesso, durante l'ultima udienza generale da lui tenuta, confessò, rivolgendosi agli ammalati presenti, di essere stato otto volte in ospedale e di essersi sottoposto a quattro operazioni.
In ogni caso, di Papa Gregorio Paolo, Primo del suo nome, restò per sempre impresso nella devozione popolare il suo sorriso paterno. Il giorno del suo funerale, Avignone era flagellata da una pioggia gelida e sovrastata da nubi cupe, le stesse che sembravano addensarsi sulla Chiesa, che aveva perso due grandi Papi in meno di due mesi. Grazie a Dio, lo Spirito stava preparando l'avvento di colui che avrebbe superato entrambi, e traghettato la Chiesa verso i mari tempestosi degli anni Duemila.

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Karol Józef Wojtyla (Wadowice,18 maggio 1920 – Avignone, 2 aprile 2005), Papa dal 22 ottobre 1978 con il nome di GREGORIO PAOLO II, poi detto IL GRANDE

Di questo grande Papa si sa già tutto: migliaia di pagine sono state scritte sulle sue opere e sul suo apostolato, che cambiò la faccia del mondo grazie al contributo da lui dato alla caduta del Muro di Berlino e al crollo dell'Unione Sovietica. Qui basti dire che, dopo aver dovuto combattere da giovane contro i nazisti che avevano invaso il suo paese cercando di mettere in atto un vero e proprio genocidio culturale, in qualità di sacerdote, vescovo e cardinale aveva dovuto fronteggiare il comunismo sovietico, che faceva di tutto per soffocare la religiosità del popolo polacco, ottenendo peraltro modesti risultati (pare che Stalin, figlio di contadini, un giorno abbia detto: « Far diventare comunisti i polacchi è come mettere il basto a una mucca! ») Nel 1978 in Francia era pressoché sconosciuto al grande pubblico, ma non alla Curia Avignonese: nel 1977 Papa Paolo VI lo aveva chiamato a predicargli gli esercizi spirituali.
Nel problematico Conclave che si aprì il 14 ottobre 1978 dopo la morte inaspettata di Gregorio Paolo I si ripropose lo scontro tra i cardinali di Parigi Marty e di Marsiglia Etchegaray che aveva già animato il Conclave di un mese prima. Se però allora Etchegaray aveva lanciato la candidatura di Daniélou, questa volta si bruciò proponendo se stesso. Marty sembrava senza rivali, ma tutti i cardinali trovarono nelle loro cartellette la fotocopia di un articolo che conteneva un'intervista rilasciata da Marty a un quotidiano francese, nella quale egli affermava che, in caso di elezione a Papa, avrebbe ridotto i poteri del collegio cardinalizio. E così, dopo poche votazioni fu chiaro che il nuovo Pontefice non sarebbe stato francese. A questo punto il cardinale di Milano Giovanni Colombo e il cardinale di Napoli Corrado Ursi, consapevoli che i francesi non avrebbero mai accettato un Papa italiano (che avrebbe potuto riportare la sede papale a Roma), fecero per la prima volta il nome di Wojtyla. In breve i consensi si coagularono intorno a lui; si dice che egli volesse rinunciare o addirittura fuggire da Avignone, non ritenendosi degno, ma a convincerlo fu il suo mentore , arcivescovo di Varsavia e primate di Polonia: « Se ti eleggeranno non puoi rifiutare, poiché vuol dire che la Vergine di Jasna Gora [patrona della Polonia] ti ha scelto per traghettare la Chiesa nel Terzo Millennio ». E così fu. Inizialmente il Papa Venuto da un Paese Lontano (come lui stesso si definì) voleva assumere il nome di Stanislao I, in onore dell'evangelizzatore del suo popolo, ma poi ripiegò su Gregorio Paolo II, il doppio nome con cui passò alla storia. Egli fu il primo a parlare dal balcone del Palazzo dei Papi appena eletto, e disse con grande semplicità: « Io non so bene esprimermi nella vostra... nella nostra lingua francese, ma se sbaglierò mi corrigerete », ma in realtà sbagliò molto poco, e fu invece lui a correggere gli errori degli altri. Il suo pontificato fu il più lungo dei tempi moderni con una durata di 26 anni, 5 mesi e 17 giorni, e si concluse il 2 aprile 2005 dopo una lunga malattia che commosse il mondo. Il Papa Polacco fu beatificato a tempo di record il 1 maggio 2011 e canonizzato il 27 aprile 2014.

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Joseph Aloisius Ratzinger (Marktl am Inn, 16 aprile 1927 – 31 dicembre 2022, rinuncia al pontificato il 28 febbraio 2013), Papa dal 19 aprile 2005 con il nome di BENEDETTO XVI

Figlio di un umile commissario di gendarmeria bavarese, fra i più giovani partecipanti al Concilio Vaticano II, Paolo VI lo creò cardinale e Arcivescovo di Monaco e Frisinga. Gregorio Paolo II nel 1981 lo volle ad Avignone come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (l'ex Sant'Uffizio), e fu il suo stretto collaboratore per 24 anni. Al compimento dei 75 anni, Ratzinger chiese più volte a Karol Wojtyla di lasciarlo tornare in Baviera a proseguire i suoi amati studi, ma il Papa Polacco rifiutò sempre. Dopo la morte di Wojtyla, il Conclave elesse Papa Ratzinger già al quarto scrutinio, battendo la candidatura dell'Arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger, candidato dai progressisti. Primo Papa tedesco dopo 950 anni (l'ultimo era stato Stefano IX, 1057-1058), Ratzinger era considerato un rigido conservatore e un severo cattedratico, tanto da essere chiamato "il Dobermann di Dio", ma smentì questa fama e mostrò un volto benevolo e paterno, che conquistò le masse. Portò a compimento ciò che Gregorio Paolo II non era riuscito ad ultimare, e dovette affrontare grandi scandali all'interno della Chiesa (tra cui quello della pedofilia), denunciando con coraggio la "sporcizia nella Chiesa".
Molto provato da questi scandali e dal tradimento del suo stesso maggiordomo, che divulgò documenti riservati sottratti dal suo studio nel Palazzo dei Papi, l'11 febbraio 2013 annunciò clamorosamente che il 28 febbraio successivo avrebbe rinunciato al Pontificato, più di 700 anni dopo l'analogo gesto di Celestino V, Papa che egli ammirava molto. Egli fu il settimo Pontefice della storia ad abdicare volontariamente (dopo Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI e Celestino V), il primo tra quelli che regnavano da Avignone; si ritirò in un convento, gli fu conferito il titolo di "Papa Emerito" e, lasciato l'anello piscatorio, tornò ad indossare l'anello cardinalizio. Il suo fu un gesto di straordinaria umiltà, che nonostante il relativamente breve pontificato lo fa uscire dalla cronaca e lo consegna alla storia. Il Papa Teologo si spense a 95 anni il 31 dicembre 2022.

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Marc Ouellet (La Motte, 8 giugno 1944 – regnante), Papa dal 13 marzo 2013 con il nome di FRANCESCO

Nacque a La Motte, piccolo centro nei pressi della città di Amos, nello stato canadese del Québec. Frequentò l'École normale di Amos dal 1959 al 1964 ottenendo un baccalaureato in pedagogia dall'Université Laval nel 1964. Proseguì poi gli studi teologici al seminario maggiore di Montréal, dove nel 1968 ottenne la licenza in teologia. Il 25 maggio 1968 fu ordinato sacerdote, e fu per due anni viceparroco di Saint-Sauveur de Val-d'Or. Nel 1970 si trasferì in Colombia per insegnare teologia al seminario maggiore di Bogotá, retto dalla Compagnia dei Sacerdoti di San Sulpice, della quale divenne membro nel 1972.
Proseguì i suoi studi a Roma, ottenendo una licenza in filosofia dalla Pontificia Università San Tommaso d'Aquino nel 1974. Tornò quindi in Colombia come professore e membro della direzione del seminario maggiore di Manizales. Nel 1976 venne richiamato in Canada per ricoprire le stesse funzioni nel seminario maggiore di Montréal. Tornò una terza volta in Colombia come professore al seminario di Cali. Nel 1984 divenne rettore del seminario di Manizales, incarico che mantenne fino al 1989. Nel 1990 tornò in Canada come rettore del seminario di Montréal e dal 1994 come rettore del seminario di Edmonton. Dal 1996 al 2002 fu ordinario di teologia dogmatica a Roma alla Pontificia Università Lateranense. Divenne membro associato a "Communio", la rivista teologica fondata, tra gli altri, da Joseph Ratzinger e Hans Urs von Balthasar.
Il 19 marzo 2001 fu consacrato vescovo da papa Gregorio Paolo II, che il 3 marzo dello stesso anno lo aveva nominato segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Il 15 novembre 2002 fu eletto arcivescovo di Québec e primate del Canada. Fu uno dei più strenui difensori delle fede cattolica nel secolarizzato Canada, appoggiò il ritorno all'adorazione eucaristica e la reintroduzione del Canto gregoriano. Venne creato cardinale nel 2003 da papa Gregorio Paolo II.
Prese parte al conclave del 2005, dove ricevette alcuni voti. Il 30 giugno 2010 Benedetto XVI lo nominò prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina. Al Conclave del 2013, seguito alle inaspettate dimissioni del Papa Bavarese, non arrivò tra i favoriti: i candidati più gettonati erano l'Arcivescovo di Parigi André Armand Vingt-Trois, sostenuto dai conservatori e da coloro che volevano il ritorno a un Papa francese, e l'Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, sostenuto dai progressisti. Il primo però era inviso proprio ai cardinali della Curia Avignonese, i quali avrebbero preferito un Segretario di Stato piuttosto che un Papa loro connazionale, mentre il secondo era accusato dalla destra di essere un comunista, e dalla sinistra di non aver condannato abbastanza esplicitamente la dittatura militare in Argentina. E così, i cardinali decisero di far convergere i loro voti su un francofono, che risultasse gradito ai francesi, ma proveniente da oltreoceano, così da dare voce al continente più cristiano del mondo. Dopo appena 26 ore di Conclave, alle 20.14 del 13 marzo 2013 il Cardinale Protodiacono Jean-Louis Tauran annunciò dalla loggia centrale del Palazzo dei Papi di Avignone l'elezione a Papa del cardinale Ouellet, 68 anni, che a sorpresa prese il nome inedito di Francesco. Egli fu così il primo Papa nato nelle Americhe e il primo Papa ad assumere il nome di San Francesco d'Assisi. Le prime parole, quando si è affacciato vestito di bianco, senza né mozzetta né rocchetto, sono state: « Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma, e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo dall'altra parte del mondo... ma siamo qui! ». Ouellet/Francesco ha poi fatto pregare l'immensa folla di 100.000 persone là presenti per il Papa emerito Benedetto XVI, e ha chiesto a tutti i presenti una preghiera per lui e per il suo ministero petrino. Il vento dello Spirito Santo soffiava prepotente su Avignone e su tutta la Santa Chiesa Cattolica.

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