I Lituani... Romani

di Alessio Mammarella

Bandiera della Valacchia

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Secondo una leggenda diffusa nei secoli passati, il popolo lituano sarebbe disceso dagli antichi romani. Non ci sono elementi storici e scientifici a sostegno di tale tesi, ma al contrario si pensa che tale tesi sia nata solo perché l'aristocrazia lituana ammirava profondamente la cultura italiana e intendeva "nobilitare" le proprie origini rispetto a quelle polacca e russa. Ma se i lituani avessero avuto davvero radici romane?

Ia ipotesi:
Mettiamo il caso che durante un periodo di espansione imperiale in Europa centrale (al tempo delle guerre marcomanniche, ad esempio) qualche legione fosse riuscita ad avventurarsi nel bacino della Vistola e a stabilire contatti con le popolazioni baltiche. Alcuni mercanti romani avrebbero potuto stabilirsi in quei paesi e in seguito, dopo che le crisi romane avevano costretto l'Impero ad arretrare il suo limes, i loro discendenti avrebbero potuto continuare a latinizzare la popolazione locale in modo indipendente da Roma. I lituani, un po' come i romeni, sarebbero rimasti un'isola di latina (almeno parzialmente tale) in mezzo ai popoli circostanti. Nel periodo di grande espansione dello stato lituano (XIII-XVI secolo) i suoi condottieri avrebbero combattuto ispirandosi ai grandi generali romani e magari si sarebbero fatti promotori di un progetto di restaurazione dell'Impero Romano. Uno Jagellone di nome Cesare o Augusto, accumulato nelle sue mani un notevole gruppo di regni (Polonia, Boemia, Ungheria...) avrebbe potuto contestare la legittimità del titolo imperiale "occidentale"?

IIa ipotesi:
Mettiamo che i latini e gli altri italici appartenenti allo stesso ceppo fossero originari dell'area baltica. Gli studiosi del XVIII e XIX secolo, basandosi sull'archeologia e sulla linguistica, potrebbero aver scoperto che con alta probabilità i latini non erano altro che lituani, e che le apparenti differenze tra le due popolazioni sono spiegabili semplicemente col fatto che quelli giunti nell'attuale Italia avevano arricchito la loro cultura grazie al contatto con altri popoli come etruschi, greci e punici. Come sarebbero cambiati i rapporti tra l'Italia e i paesi dell'Europa orientale sapendo di questo ancestrale legame con i lituani?

IIIa ipotesi
Variante delle precedenti, con gli eventi del 1918-1921 che vanno diversamente, determinando una situazione in cui la Lituania indipendente non esiste perché è stata annessa alla Polonia oppure alla repubblica sovietica "lituano-bielorussa". E se una buona metà dei lituani, per sfuggire alla prospettiva dell'oppressione e dell'etnocidio, avesse deciso di fuggire e rifugiarsi in Italia? Che impatto avrebbe potuto avere l'arrivo di centinaia di migliaia di lituani in anni così delicati per la storia italiana? E, superata questa fase, quali "italiani famosi" di origini lituane avremmo potuto conoscere?

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Gli replica Dario Carcano:

Procedo con quello che secondo me è lo scenario più conservativo, ma anche secondo me più probabile, per avere una Lituania "romana" (ossia di lingua romanza e di religione cattolica).
Un gruppo di monaci cattolici provenienti dall'Italia nel V secolo sbarca in quella che oggi è la Lituania, sperando che convertire le popolazioni del Baltico sia più semplice che convertire le popolazioni germaniche; nonostante le difficoltà iniziali, la predicazione dei monaci attecchisce, e le tribù lituane iniziano una dopo l'altra a convertirsi alla nuova fede.
Una conversione dei baltici in un epoca così precoce avrebbe un importante effetto sul piano linguistico: storicamente le lingue baltiche sono diventate lingue scritte molto tardi, le prime attestazioni scritte risalgono al XIV secolo; una conversione dei lituani al cattolicesimo nel V secolo vorrebbe dire che il lituano, trovandosi di fronte una lingua non solo scritta, ma anche molto più prestigiosa perché associata alla nuova fede cristiana, sarebbe spazzato via assieme al paganesimo.
Ciò vorrebbe dire che la diffusione di una lingua romanza del Baltico coinciderebbe con la diffusione della religione cattolica romana: dove i baltici si convertono, le lingue baltiche spariscono e sono sostituite dal latino, dove invece resistono i culti pagani resiste anche la lingua baltica.
Immaginando che il cattolicesimo, e quindi anche il latino, si diffondano grosso modo entro i confini della moderna Lituania, cosa cambierebbe?
Innanzitutto è probabile che non si parlerebbe di Lituania, che è un termine della lingua baltica, ma piuttosto di Valacchia Baltica o Settentrionale, perché gli slavi userebbero il termine "vlach" per riferirsi anche ai baltici convertiti al cattolicesimo e latinizzati, oltre che ai rumeni e alle altre popolazioni romanze dei Balcani.
Un effetto più importante sarebbe che probabilmente non ci saranno le Crociate del Nord contro i baltici pagani: se la guerra contro i pagani sarà condotta dalla Valacchia Baltica (come del resto è probabile), la cristianizzazione del Baltico avverrà con secoli di anticipo, e non ci sarà bisogno che nel Baltico arrivino i cavalieri portaspada e - soprattutto - i teutonici. Quindi niente Deutschordenstaat (e niente Prussia, con tutte le conseguenze che ne derivano sulla storia della Germania) e niente battaglia del lago ghiacciato tra Aleksandr Nevskij e i cavalieri teutonici (e quindi anche la storia della Russia potrebbe essere diversa).
In terzo luogo, probabilmente la Valacchia Baltica oggi sarebbe molto più grande della Lituania, perché potrebbe includere Prussia Orientale, Lituania, Lettonia ed Estonia, riunite in un unico stato di lingua romanza e religione cattolica.

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Alessio riprende il filo del discorso:

Non avevo considerato la questione dell'Ordine Teutonico. A questo punto i cavalieri teutonici potrebbero dedicarsi a nuovi tentativi di crociate nel Levante oppure partecipare alla Reconquista spagnola. Nel primo caso, il loro ruolo storico potrebbe risultare ridimensionato (magari solo un effimero prolungamento dell'esistenza del Regno di Gerusalemme prima del definitivo trionfo musulmano). Nel secondo, potrebbero contribuire a velocizzare la liquidazione dei mori e chissà, magari l'Ordine potrebbe avere anche un ruolo nella scoperta dell'America e nella colonizzazione del Nuovo Mondo.

Per quanto riguarda la storia della Germania, non saprei dire molto sulle dinamiche storiche da rivedere alla luce di una maggiore debolezza degli Hohenzollern, forse però potremmo considerare che la Svezia e la Polonia-Valacchia avrebbero avuto più chances di restare tra le potenze europee principali. A proposito, mi spingo anche ad azzardare che i valacchi, a differenza dei cavalieri teutonici, la battaglia del lago ghiacciato l'avrebbero magari vinta, determinando la conquista di Novgorod e maggiori prospettive di penetrazione in area russa. Non penso che i valacchi avrebbero conquistato Mosca e formato quindi una grande Russia "latina", ma forse le parti più settentrionali (Carelia, Novgorod) e occidentali (Bielorussia) sarebbero state parte del regno valacco prima e valacco-polacco poi.

Provando a tirare le somme, senza il Regno di Prussia e con una Russia meno estesa e forte (tra l'altro è possibile che i russi non avrebbero avuto accesso al Baltico e non avrebbero costruito Pietrogrado/Leningrado/San Pietroburgo) possiamo pensare che le spartizioni della Polonia-Valacchia non ci sarebbero state. Resta comunque da valutare l'impatto che la Polonia-Valacchia avrebbe potuto avere sulle grandi guerre combattute come la Guerra dei Trent'Anni, la Guerra di Successione Spagnola e quella Austriaca.

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E Dario replica:

Personalmente penso che l'Ordine Teutonico, senza le Crociate del Nord e l'Ordenstaat, avrebbe visto uno sviluppo simile a quello degli ospitalieri, e quindi sarebbe rimasto attivo in Terrasanta, per poi impiantarsi su qualche isola del Mediterraneo Orientale sarà poi espugnata dagli ottomani.

Invece sulla Germania, senza la Prussia non si formerà mai un polo brandeburghese-protestante capace di strappare la guida delle nazioni tedesche al polo austriaco-cattolico guidato dagli Asburgo. Quindi l'Austria e gli Asburgo manterranno il loro ruolo egemone in Germania, e gli stati tedeschi protestanti guarderanno alla Svezia quando avranno bisogno di protezione; tuttavia la Svezia dovrà fare i conti anche con la Polonia-Valacchia, che sarà molto più forte della Polonia-Lituania della nostra TL. Di conseguenza, viene da sé che gli Asburgo e la Polonia-Valacchia in questa TL svilupperanno una forte alleanza in funzione anti-svedese, alleanza che magari - dopo molti matrimoni tra le case regnanti di Polonia e Austria - potrebbe portare un Asburgo sul trono polacco-valacco, unendo sotto un'unica corona Sacro Romano Impero, Polonia e Valacchia.

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Invece William Riker propone:

IVa ipotesi
C'è Druso al posto di Tiberio sul trono imperiale, la disfatta di Teutoburgo viene evitata oppure si sfrutta meglio la vittoria di Idistaviso, prosegue l'espansione romana verso il cuore dell'Europa, la Britannia e i Parti vengono totalmente ignorati, e si arriva ad una Provincia Romana di Suebia lungo il Mar Suebico (il Mar Baltico). I Romani controllano il commercio dell'ambra, la esportano in Estremo Oriente, evitano il collasso economico e l'Impero sopravvive. I Lituani (Suebi, a questo punto) sono completamente romanizzati e poi cattolicizzati, e rappresenteranno il bastione contro le invasioni dell'Impero Romano (Seconda Repubblica Romana dal 1789 d.C./2542 aUc, Secondo Impero Romano dal 1804 d.C./2557 aUc, Terza Repubblica Romana dal 1815 d.C./2568 aUc, Terzo Impero Romano dal 1852 d.C./2605 aUc, Quarta Repubblica Romana dal 1871 d.C./2624 aUc ad oggi) da parte di Unni, Mongoli e Russi (forse la Rus assorbirà la Pars Orientis e sposterà la capitale a Costantinopoli/Kostantingrad).

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Ed ecco il dotto parere in merito di Bhrghowidhon:

Questa ucronia ha già quattro versioni (“ipotesi”), tutte e quattro diverse dalle almeno quattro varianti della Leggenda dei Palemonidi (o Polemonidi) da cui trae spunto (a seconda dell’epoca e della provenienza: cinquecento famiglie nobili romane con Polemone II. del Ponto al tempo di Nerone nel I. sec. d.C. o da Aquileia al tempo di Attila nel V. sec. d.C., altrimenti nel X. sec., dalla Repubblica di Venezia o dai Colonna). Fra la prima e la seconda variante si collocano la I. (al tempo delle Guerre Marcomanniche, fine del II. sec. d.C.) e la IV. ipotesi (al tempo delle Guerre Germaniche della prima metà del I. sec. d.C.).

La seconda ipotesi è forse troppo remota: se teniamo conto che la differenziazioen fra Celti e Liguri da un lato e Venetici, Italici e Latini dall’altro è avvenuta nelle sedi storiche, l’ipotetica popolazione baltica da cui avrebbero avuto origine i Latini risulterebbe più diversa che i Celti da questi ultimi, per cui in pratica la differenza sarebbe quasi come quella attuale fra Neolatini e Lituani, dunque l’ucronia sarebbe pressoché indistinguibile dalla Storia reale (e in effetti è stato davvero ipotizzato uno speciale rapporto fra Balti e Latino-Italici). In modo complementare, è probabile che i Piceni Settentrionali (quelli delle Stele di Novilara) fossero Balti Orientali (particolarmente prossimi ai Lituani), eppure non ne è rimasta alcuna differenza (anche a causa del ripopolamento dell’area in epoca repubblicana) rispetto a tutti i Neolatini circostanti.

La terza ipotesi è la più distante di tutte e ha poco in comune con le altre, dato che il Punto di Divergenza si colloca nel 1918 o poco dopo e quindi investe solo il XX. secolo (dopodiché, a un secolo di distanza e senza una continuità di distinzione linguistica – in quanto poco verosimile – o almeno religiosa, l’elemento lituano in Italia risulterebbe con ogni verosimiglianza del tutto riassorbito, a parte forse circa una metà dei cognomi); presumibilmente, potrebbe comportare un maggior sostegno elettorale a partiti e idee di orientamento antirusso e/o antisovietico...

La quarta ipotesi, di fatto, annulla sia i Lituani come lingua (così come la prima ipotesi, che in pratica pone una sorta di Romanìa sul Baltica) sia la differenza rispetto ad altre parti della Romània, sfociando o nella persistenza di un Impero Romano (d’Occidente?) – eventualmente senza la facciata atlantica, che senza i Federati germanici secederebbe dall’Impero ricostituendosi in Repubbliche celtiche o vasconiche – oppure in varie Nazioni neolatine fra le quali la “Svevia” non sarebbe più romana di quanto lo siano state nella Storia reale la Spagna o la Francia.

Nella prima ipotesi, come espressamente indicato, la Lituania rappresenterebbe un caso simile alla Romanìa (e quindi implicherebbe sei secoli di città latinofone sul Baltico come quelle sul Basso Danubio, oltre a un Regno Romano-“Barbarico” come i Bulgari del Danubio per portare a compimento la Romanizzazione), ma paradossalmente non sembra alterare le genealogie reali, per esempio degli Jagielloni, che quindi riproporrebbero le vicende dinastiche della Storia reale (con tutte le relative varianti). Casomai, potrebbe essere più pronunciata la tendenza a una (ri)unificazione col resto dell’Impero (quindi anzitutto col Sacro Romano Impero).

La Leggenda dei Palemonidi/Polemonidi, invece, in quanto parte da sole cinquecento famiglie, si vincola a uno dei due esiti, fra la Storia reale così com’è (per la quale in effetti è stata pensata) – dato che, quanto più antica fosse la migrazione, tanto maggiore sarebbe l’assimilazione presso la maggioranza locale lituana – e un modello “ashkenazitico” nel quale gli Immigrati mantengono la propria lingua e molte tradizioni, ma al prezzo di non influire sul resto della Storia e della Cultura dei Lituani.

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La palla torna all'ideatore di questa ucronia:

Ho provato a immaginare una successione dei sovrani di Valacchia un po' sul modello degli Imperatori Romani di Britannia.
Ho scelto come nome "Valacchia" seguendo il suggerimento di Dario, anche se non ne sono così sicuro perché in questo scenario, a causa dell'espansione precoce della Valacchia gli slavi occidentali ne vengono assimilati, quindi lingue come il polacco ed il ceco si perdono nel nulla. A proposito, che cosa è la Valacchia che esce fuori da questa storia? Un paese che parte dall'area dell'attuale Lituania e che si estende a una buona parte dell'Europa Nordorientale. Si espande prima di tutto verso ovest e verso sud (perché i suoi sovrani si sentono romani e vogliono chiudere lo spazio che li separa dall'Impero) ma poi inevitabilmente anche verso nord e verso est come la Polonia-Lituania storica. Poiché la storia di questo paese comincia molto presto (VII secolo) la presenza della Valacchia e le sue strategie politiche turbano fortemente il corso degli eventi. Ve lo dico subito, questa non è una ucronia pensata per essere logica e realistica (parte da troppo lontano, tocca troppe variabili) ed ne ho anzi approfittato per introdurre un gran numero di spunti che potrebbero magari diventare ucronie nuove e diverse. In questa ucronia leggerete infatti di paesi che assumono confini o impostazioni istituzionali diverse rispetto a quelle consuete, leggerete di alcune dinastie che hanno un ruolo più o meno importante, che si estinguono precocemente oppure sopravvivono inaspettatamente. Ecco, ci tengo a premettere che non si è trattato di scelte calcolate per ottenere uno specifico scenario finale (poi come vedrete l'ucronia non arriva neppure a oggi, si ferma con la fine della monarchia) ho solo lasciato spazio alla fantasia e cercato, dove possibile, di introdurre elementi originali. Spero che lo troviate interessante, buona lettura!

Lista dei sovrani di Valacchia
da San Gedimino a oggi

Duchi dei Valacchi (semileggendari)
Gedimino I Il Santo (636-660), figlio di un capo della tribù dei nadruviani, ciò che sappiamo su di lui è in buona parte leggendario.
Secondo le antiche cronache, giunse presso la corte di Samo per portare ambra in dono dalla sua terra. Vedendo un uomo imprigionato e maltrattato, decise di acquistarlo come schiavo per salvargli la vita. Si trattava di San Gallo, un monaco cristiano che era stato catturato alcuni mesi prima, quando era al seguito delle truppe del re d'Austrasia, Dagoberto. Secondo la leggenda, Gallo inizialmente rifiutò l'aiuto del giovane, affermando che avrebbe preferito il martirio anche per espiare la sua colpa, quella di aver tradito il suo maestro (San Colombano) pur di restare alla corte del re franco. Gedimino però gli rispose che evidentemente il suo Signore voleva diversamente e Gallo capì allora che lo scopo della sua vita era in realtà seguire quel giovane nella sua lontana terra portando la buona novella.
Quando Gedimino tornò tra la sua gente, apprese che suo padre era morto, e che lo aveva designato come successore. Gedimino iniziò quindi a governare la sua gente favorendo l'attività missionaria di Gallo, che fondò la prima comunità cristiana della Valacchia.

Pietro I Il Savio (660-700), ricevette questo nome perché suo padre, San Gedimino I, voleva che il figlio si distinguesse in mezzo ai principi delle tribù vicine, e che fosse chiara la sua adesione alla nuova religione cristiana, senza alcuna devozione verso gli antenati e le divinità tradizionali.
Anche su questo personaggio le conoscenze sono frammentarie, e gli storici in particolare sono perplessi per la lunga durata del suo regno, quarant'anni. Pietro secondo le cronache fu un governante pio e pacifico. Continuò l'opera di suo padre stabilendo il calendario dei cristiani e inviando dei messi in occidente per comprendere i costumi dei popoli romani.

Flavio I Il Conquistatore (700-733), figlio di Pietro I, da adolescente visitò Ravenna e Roma, innamorandosi delle storie sulle vite di Augusto e Costantino. Succeduto al padre, si trovò a fronteggiare la ribellione di un cugino rimasto fedele agli antichi dèi. Dopo averlo sconfitto, penetrò nella foresta sacra distruggendo l'albero presso cui molti sciamani locali compivano i loro rituali. Così facendo scatenò un aspro conflitto con tutti i popoli circostanti. Dopo anni di combattimenti sconfisse tutti i nemici affermando la superiorità del Signore dei cristiani e provocando un'ondata di adesioni al cristianesimo.

Duchi dei Valacchi (storicamente accertati)
Costantino I Il Romano (733-750), figlio di Flavio I, è il primo sovrano sul quale abbiamo notizie certe. Dopo le vittorie del padre si trovò a governare su ben dodici tribù e dall'alto della sua nuova autorità, stabilì rapporti ufficiali con il Papa a Roma e l'Imperatore a Costantinopoli. Sposò una nobile romana, Severa, e una delle loro figlie fu data in sposa ad Astolfo, Re dei Longobardi.

Flavio II L'Evangelizzatore (750-762), figlio di Costantino I, trascorse tutta la durata del suo regno combattendo contro gli avari e gli slavi. Riuscì a convincere il re dei longobardi, dopo molte insistenze, a rimandare i suoi progetti contro i bizantini ed il Papa per lottare insieme contro il nemico comune. In seguito alle campagne condotte dai due sovrani, i valacchi cominciarono a sottomettere e cristianizzare i popoli slavi dei masovi e dei polani, mentre i longobardi estesero il ducato del Friuli verso nord e verso est, cancellando la Carantania.

Pietro II Il Martello (762-799), figlio di Flavio II, continuò le lotte di suo padre rinnovando l'alleanza con i longobardi, nel frattempo guidati dal nuovo re Desiderio e anzi allargando il patto a Carlo il Grande, Re dei Franchi. Nelle loro campagne coordinate, le popolazioni pagane furono sconfitte su tutti i fronti. Il longobardo Desiderio sconfisse Porga, capo dei croati, e riunì la Dalmazia al regno italico, come al tempo di Teodorico. Carlo sconfisse a più riprese i sassoni e impose loro la conversione al cristianesimo. Pietro da parte sua iniziò la sottomissione e la conversione di obodriti, veleti e sorabi. Morì avvelenato, probabilmente da suo fratello Secondo.

Secondo Il Crudele (777-799), fratello di Pietro II, salì al trono dopo averlo fatto probabilmente avvelenare. Dopo la sconfitta degli avari e la sottomissione dei popoli slavi ad essi precedentemente assoggettati, franchi, valacchi e longobardi avevano raggiunto un confine comune, ed era quindi inevitabile che due re si sarebbero alleati contro il terzo. Pietro aveva scelto, anche dietro consiglio del Papa, di allearsi con il franco Carlo contro il longobardo Adelchi, Secondo era invece a capo di una fazione che voleva fare la scelta contraria. Carlo fece comunque un tentativo di oltrepassare le Alpi, ma fu respinto dalle forze congiunte di Adelchi e Secondo.

Costantino II Il Costruttore (808-833), figlio di Secondo, fu un duca giusto e pacifico. Volendo espiare il peccato compiuto da suo padre, decise di dare nome "Petropoli" alla sua nuova capitale, che cominciò a costruire sul Mar Baltico, in una posizione molto felice per la navigazione. Dal punto di vista delle alleanze, egli si impegnò a far riavvicinare franchi e longobardi. Fece sposare suo figlio Pietro con Iltrude, figlia dell'erede al trono franco Lotario.

Pietro III Il Giustiziere (833-853), figlio di Costantino II, continuò la sua opera di costruzione della capitale. Avendo sposato Iltrude, figlia di Lotario, Pietro partecipò alla guerra di quest'ultimo contro i ribelli Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, aiutandolo a sconfiggerli. Ludovico il Germanico, ridimensionato e privato di molte terre, cercò in seguito di mettersi a capo degli slavi di Boemia, assassinando il capo locale Hostivit. Pietro colse l'occasione per intervenire, lo sconfisse e si fece eleggere sovrano dai boemi con la stratagemma di non poter altrimenti condannare a morte Ludovico.

Granduchi dei Valacchi
Michele I Il Duca Grande (853-883), figlio di Pietro III e Imiltrude, completò la sottomissione della Moravia. Fatte battezzare le figlie dell'ultimo duca dei moravi, Rzepka e Biagota (mutò i loro nomi in "Maria" e "Benedetta") le inviò come spose al Re dei Franchi, Ugo I, e Basilio I, Imperatore a Costantinopoli. Le vittorie ottenute e l'amicizia con i due potenti sovrani gli consentirono di fregiarsi del titolo di "Granduca".

Costantino III Il Saggio (883-898), figlio di Michele I, intervenne come paciere dopo l'ennesima guerra tra franchi e longobardi. Il problema tra i due regni era che l'ampliamento dei confini del regno longobardo e il rafforzamento del controllo regio sui suoi ducati, suscitavano allarme nel Papa, che non voleva sentirsi ospitato sul territorio di alcun re. Costantino riuscì a trovare la soluzione disegnando i confini dello Stato Pontificio in modo da comprendere il Lazio e l'importante regione della Tuscia, ma nessun territorio al di là degli Appennini, in modo da non dividere il regno longobardo in due metà separate.

Flavio III Il Disarcionato (898-911), figlio di Costantino III, per tutto il suo regno fu impegnato contro le scorrerie dei pirati vichinghi e dei cavalieri ungari.
I vichinghi in particolare, sconfissero la sua flotta e dopo averla assediata conquistarono la capitale. Per tutti gli anni in cui fu occupata dai vichinghi la città si chiamò "Kungsberg". Flavio rifiutò l'idea di rassegnarsi alla perdita e di costruire una nuova capitale, e lottò incessantemente per riprendere la città agli invasori. Morì, purtroppo, senza riuscire nell'intento.

Carlo I Lo Sfortunato (911-939), figlio minore di Flavio III, la sua ascesa al trono non era prevista, ma la morte dei fratelli maggiori lo costrinse ad abbracciare l'arduo compito. Nella lotta contro i vichinghi non fu fortunato, e i domini vichinghi vicino a Kungsberg si ampliarono. Non potendo allearsi con il regno dei franchi, che era in subbuglio (il legittimo sovrano, Carlo II, era stato detronizzato e il regno di era diviso in due metà dove erano stati eletti dai nobili due re diversi) provò ad allearsi con il principe di Kyiv, Igor. L'alleanza fu tuttavia improduttiva.

Costantino IV Il Disperso (939-941), figlio di Carlo I, ricostruì la flotta e tentò di contrattaccare, portando la guerra nelle terre dei vichinghi. Dopo essere sbarcato su una grande isola (gli storici ipotizzano Gotland, ma gli svedesi dichiarano che non ci siano prove che ciò sia realmente accaduto) ed averla messa a sacco, fu travolto da una tempesta sulla via del ritorno e scomparve in mare, alimentando svariate leggende.

Michele II Il Combattente (941-980), fratello di Costantino IV, contribuì alla sconfitta definitiva degli ungari insieme ai re franchi Ugo II e Ottone I (rispettivamente re dei franchi occidentali ed orientali) e al Re d'Italia Pandolfo. In seguito Michele assediò Kungsberg, ma non riuscì ad espugnarla a causa del sostegno congiunto di danesi e svedesi. Nonostante la distruzione della fortezza danese di Jomsborg (non ancora localizzata con esattezza, forse sull'isola di Rugen), il dominio scandinavo rimase saldo.

Flavio IV Il Protettore (980-1003), figlio di Michele II, attaccò l'Ungheria sconfiggendo il suo sovrano, Geza, e ottenendo che il ducato di Nitra diventasse vassallo del Granducato di Valacchia. Successivamente, poiché Geza era stato indebolito dalla guerra, il suo rivale pagano Koppany riuscì a salire al trono, al posto dell'erede legittimo, suo figlio Stefano. Lo spietato Koppany eliminò tutti i possibili rivali ma due nipoti di Geza erano a Nitra e Flavio assicurò la loro protezione.

Pietro IV Il Buono (1003-1047), figlio di Flavio IV, continuò a interessarsi dell'Ungheria. Dopo la morte di Koppany, il potere era passato a Samuele, del clan degli Aba, che si vantava di discendere direttamente da Attila. Il Re di Germania, Enrico III il Nero e il Re d'Italia, Guaimario IV si accordarono per sostenere contro di lui un veneziano, Pietro Orseolo, lontano discendente di Geza. In un primo tempo, la fortuna arrise alla coalizione degli invasori, ma il nuovo sovrano da loro imposto si rivelò alquanto incapace, con il risultato che gli ungheresi si ribellarono al suo potere. Pietro IV a questo punto lasciò ad Andrea di Nitra, suo vassallo, il permesso di tornare nel suo paese per mettersi a capo della ribellione contro Pietro. Una volta diventato Re d'Ungheria, Andrea fu riconoscente a Pietro e gli concesse di annettere definitivamente il principato di Nitra alla Valacchia.

Gedimino II Il Fortunato (1047-1081), figlio di Pietro IV, dovette fronteggiare l'ira dei sovrani d'Italia e di Germania, che non avevano affatto gradito l'avvento di Andrea I come Re d'Ungheria. I due re riunirono i loro eserciti nel ducato d'Austria, e intrapresero una spedizione punitiva all'interno della Valacchia. Gedimino per alcuni mesi evitò scontri diretti, e rafforzò il suo esercito con cavalieri dall'Ungheria e dalla Rus. Per sua fortuna, le basi del Regno d'Italia erano più fragili del previsto: l'ambizioso normanno Roberto il Guiscardo, al servizio di Guaimario, lo tradì e lo depose, proclamandosi Re al suo posto. Nella confusione che seguì, Roberto affrontò lo stesso Enrico III infliggendogli una severa sconfitta e a quel punto rientrò in Italia per consolidare il suo potere.

Re dei Valacchi
Flavio V Il Crociato (1081-1099), figlio di Gedimino II, colse l'occasione della grande rivolta sassone, che mise fine al regno di Enrico IV facendo ascendere al trono Rodolfo I, per stringere un'alleanza con la nuova dinastia. In seguito, Flavio V fu il primo sovrano a rispondere all'appello del Papa per partecipare alla crociata, e partì insieme ai propri cavalieri. In cambio, ottenne dal Pontefice il riconoscimento del titolo regio. In Terrasanta, il re trovò la morte anche se non gloriosamente, durante una battaglia, ma a causa del morso di un serpente velenoso.

Costantino V Il Pio (1099-1113), figlio di Flavio V, condusse una vigorosa campagna militare contro i peceneghi e altri predoni nomadi che imperversavano ai confini del regno. Dopo la campagna, fondò i cavalieri dell'Ordine di S. Gedimino, una congregazione di monaci guerrieri con la missione di diffondere il cristianesimo presso i popoli ancora pagani e anche di contribuire alle crociate in Terrasanta.

Michele III Il Liberatore (1113-1134), figlio di Costantino V, l'obiettivo del suo regno fu la riconquista di Kungsberg/Petropoli. Approfittando delle tensioni dinastiche presenti sia in Svezia sia in Danimarca, Michele strinse d'assedio la città per ben tre anni, finché i vichinghi stremati scelsero di uscire dalle mura e cercare una morte onorevole in battaglia. Michele, entrato in città dopo averli sconfitti la fece battezzare e benedire come Petropoli e dispose che fosse ricostruita completamente, non lasciando nessuna traccia del passaggio dei vichinghi.

Pietro V Il Gaudente (1134-1155), figlio di Michele III, partecipò alla seconda crociata con risultati controversi. Egli infatti non era fisicamente prestante, e neppure particolarmente versato nell'arte militare. Partecipò comunque alla crociata per mantenere buoni rapporti con il Papato e per non dimostrarsi debole rispetto agli altri sovrani del tempo. Durante il suo soggiorno a Gerusalemme divenne protettore di Brancaleone da Norcia, cavaliere italiano scacciato dai suoi perché considerato vile ed incapace, e che invece al comando di Pietro compì numerose imprese cavalleresche.

Gedimino III Il Popolano (1155-1182), figlio di Pietro V nato a Gerusalemme, scampò all'epidemia infantile che fece morire i suoi fratelli maggiori nati prima della crociata e rimasti nella madrepatria. Dopo il rientro in Valacchia, suo padre il re lo fece educare lontano dai fasti della corte. Michele, infatti, proprio per i suoi vizi, era convinto di dover educare il figlio diversamente da lui. Gedimino, infatti fu un sovrano sensibile ed attento ai bisogni dei suoi sudditi, in particolare del nascente ceto mercantile.

Flavio VI Il Valoroso (1182-1222), figlio di Gedimino III, fu un sovrano combattente. Partecipò alla terza crociata insieme al Re d'Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone, al Re di Francia, Filippo II, al Re di Germania, Enrico il Leone. Avrebbe dovuto partecipare alla crociata anche il Re d'Italia, Guglielmo II, ma la morte lo aveva colto proprio durante i preparativi, nonostante la giovane età. Dopo pochi mesi, la spedizione militare fu rovinata dagli intrighi: inglesi e francesi non riuscivano a mascherare la loro rivalità, mentre Enrico VIII il Leone, rimasto vedovo, meditava di liberare e sposare Costanza d'Altavilla, erede potenziale al trono italiano, che era stata momentaneamente estromessa ed imprigionata da Tancredi di Lecce.

Costantino VI Il Magnifico (1222-1254), figlio di Flavio VI, appoggiò le ambizioni di Guelfo, figlio di Enrico VII il Leone e di Costanza d'Altavilla, per ottenere la corona d'Italia. Guelfo peraltro si rivelò un sovrano illuminato, tanto da essere soprannominato "stupor mundi" grazie a lui i commerci tra l'Italia e la Valacchia fiorirono particolarmente. In particolare prese il nome di "Via Aurea" quella che univa Petropoli, sul Baltico e Venezia, sull'Adriatico (anche se Venezia non era parte del Regno d'Italia ne era strettamente legata).

Pietro VI Il Difensore (1254-1270), figlio di Costantino VI, appoggiò Corrado, figlio di Guelfo d'Italia contro il tentativo di usurpazione del trono a opera di Carlo d'Angiò, fratello minore del Re di Francia. Corrado attendeva il suo nemico nei dintorni di Asti, per scontrarsi con lui dopo il passaggio delle Alpi. Carlo d'Angiò, con una manovra astuta, attraversò invece il mare approdando in territorio pontificio, e da lì intendeva attaccare e sconfiggere le truppe che Corrado aveva lasciato in riserva al sud, e poi risalire la penisola per la battaglia decisiva. Corrado, non appena saputo dello sbarco nemico si spostò verso sud e alla fine i due eserciti si scontrarono nei pressi di Tagliacozzo. Corrado vinse e Carlo fu costretto a rinunciare al suo sogno. Nella battaglia, peraltro, Carlo perse il suo giovane figlio, che portava lo stesso nome.

Costantino VII L'Innominabile (1270-1302), fratello di Pietro VI, fu un crudele tiranno, al punto che dopo di lui nessuno più avrebbe voluto portare quel nome.
Si sospetta che sia stato lui a tentare di far rapire Agnese di Brienne, per impedire il matrimonio con il Re d'Italia Corrado I e ricomporre la storica frattura tra guelfi e normanni. Si sospetta anche che fu lui a far assassinare Guglielmo di Brunswick, figlio minore del Re di Germania Alberto I, che intendeva presentarsi come candidato al trono ungherese. Oltre a questi fatti clamorosi, fece eliminare numerosi nobili e plebei sospettati di cospirare contro di lui o semplicemente di ostacolare i suoi progetti.,

Gedimino IV L'Architetto (1302-1316), figlio di Costantino VII, si dedicò soprattutto ad accrescere la prosperità e la bellezza del suo regno, destinando le risorse all'ampliamento ed all'abbellimento di Petropoli. Durante il suo regno fu iniziata, grazie al contributo di architetti francesi, la costruzione della cattedrale gotica (non la più antica costruita in città, ma la più antica arrivata indenne fino ai giorni nostri). Dante Alighieri, poeta della corte italiana di Pavia, nominò Gedimino nella Divina Commedia, collocandolo nel suo Paradiso mentre ovviamente a suo padre aveva riservato un posto nell'Inferno.

Michele IV L'Assediato (1316-1331), figlio di Gedimino IV, affrontò in guerra Uz Bek, Khan dell'Orda d'Oro, che dopo aver sottomesso i vari stati russi non disdegnava tentativi di sottomettere altri stati posti ancora più a occidente. Michele decise di giocare d'anticipo, e strinse un'alleanza segreta sia con Michele di Tver, nobile russo ostile ai mongoli, sia con l'Ilkhanato, lo stato mongolo persiano appena attaccato da Uz Bek. Il mongolo arrivò con il suo esercito ad assediare Petropoli, ma la solidità delle mura e le rivolte russe aizzate da Michele di Tver lo scoraggiarono dal portare l'assedio fino in fondo.

Filippo I Il Riformatore (1331-1344), fratello di Michele IV, subentrò a Michele poiché quest'ultimo, morto relativamente giovane, non aveva avuto figli maschi in grado di succedergli. Filippo promosse varie riforme: tra le altre cose creò un'anagrafe civile e un sistema catastale simile a quelli moderni. Per quanto riguarda l'agricoltura, promosse la creazione di canali di irrigazione e fece ripulire il corso dei fiumi per evitare le alluvioni. Soprattutto, creò il Senato, concedendo ai nobili di partecipare alle sue decisioni in cambio della rinuncia a certi privilegi personali e fiscali che risalivano ai tempi antichi, e che Filippo considerava anacronistici.

Pietro VII L'Infausto (1344-1352), figlio di Filippo I, fu il sovrano che regnò sulla Valacchia durante la grande epidemia di peste. Anche per questo motivo, dopo di lui nessuno volle più regnare con il nome di "Pietro" considerato infausto nonostante ci fossero stati, prima di Pietro VII, sovrani famosi e associati a memorie di gloria e prosperità.

Flavio VII Il Pio (1352-1377), figlio di Pietro VII, si ammalò di peste ma, diversamente da suo padre, riuscì a guarire dal morbo. Fu un sovrano molto devoto, si diceva che non toccasse mai sua moglie per timore dell'impurità (di fatto non ebbe figli né dalla regina, né da altre donne) ma soprattutto disposto a devolvere ingenti beni del regno a enti religiosi. Da questo derivò un diffuso malcontento verso i religiosi, che preparò peraltro la strada alla predicazione di Giovanni Iusso. I nobili, temendo una rivolta popolare, deposero Flavio e misero al suo posto il fratello Augusto, valente cavaliere.

Augusto I Il Vittorioso (1377-1389), fratello di Flavio VII, salì al trono dopo la rimozione incruenta di quest'ultimo (si trasferì a vivere in un monastero, senza esservi particolarmente forzato). Augusto diede in sposa sua figlia Flavia a Giovanni I, il nuovo Re d'Italia e Aragona (figlio di Pietro IV d'Aragona e di Eleonora d'Italia). Dopo aver stretto l'alleanza con Giovanni e con la Serbia, in funzione anti-turca, il sovrano valacco partecipò alla celebre battaglia della Piana dei Merli, nella quale italiani e serbi schiantarono l'esercito del sultano turco Murad arrestando l'avanzata turca. Rimasto gravemente ferito in battaglia, subì invano l'amputazione di un braccio nel tentativo di salvargli la vita.

Enrico I Il Cadetto (1389-1400), cugino di Augusto I, salì al trono dopo la morte di quest'ultimo. Inizialmente, i nobili avevano chiesto a Flavio VII, che era ancora vivo, di abbandonare la vita contemplativa per tornare a regnare. Il rifiuto di quest'ultimo aprì le porte a Enrico, che aveva già avuto importanti incarichi civili e militari sotto suo cugino.
Enrico diede in sposa sua figlia Costanza a Luigi d'Ungheria (nato Luigi di Valois, fratello minore del Re di Francia) che fu scelto dai nobili ungheresi come nuovo sovrano, dopo l'estinzione della dinastia precedente. La coppia gli diede due nipoti, di cui un maschio destinato a regnare sull'Ungheria con il nome di Stefano VI.

Michele V Il Nero (1400-1443), figlio di Enrico I, dovette vedersela con Giovanni Iusso. Il predicatore attaccava Michele accusandolo di aver avuto per nutrice una strega chiamata Biruté. Si era diffusa infatti la leggenda che nel nord del regno, in mezzo alla foresta, ci fosse un villaggio volontariamente risparmiato dalla cristianizzazione, e che da tale villaggio i regnanti facessero venire streghe ed astrologi dei quali servirsi. -Michele non voleva fare del predicatore un martire, ma infine lasciò che fosse condotto a Roma, dove lo processarono per le sue idee e, trovatolo eretico, lo condannarono a morte. Michele dopo questo episodio regnò ancora a lungo e fu un sovrano equilibrato e magnanimo.

Gedimino V Il Rosso (1443-1467), figlio di Michele V, partecipò con il cugino Stefano VI d'Ungheria alla sfortunata battaglia di Varna, nella quale gli eserciti cristiani furono inaspettatamente battuti dai turchi. Il suo nomignolo "il rosso" deriva dal fatto che fu visto, dopo la battaglia, completamente sporco di sangue.
Gedimino diede in sposa sua figlia Elisabetta al Re d'Italia Giovanni II, della dinastia di Lorena (nel 1412, alla morte di Re Martino, era stato scelto come suo successore Luigi, zio di Giovanni).
Nel frattempo il Re del Portogallo, Alfonso V, sposava la giovanissima Isabella di Castiglia, determinando l'unione tra i due regni.

Enrico II Il Paladino (1467-1490), figlio di Gedimino V, intervenne in Italia dopo la breve guerra civile nella quale trovarono la morte Nicola I e il suo cugino rivale, Riccardo di Vaudemont. Enrico riuscì, con la sua presenza, a garantire a sua sorella Elisabetta (madre di Nicola e moglie del suo predecessore Giovanni), di continuare a regnare fino alla morte, evitando di dare subito inizio a una nuova guerra civile per la successione.
In seguito, Enrico riuscì a far fidanzare suo figlio Filippo con Maria, l'ultima delle figlie di Alfonso V del Portogallo e Isabella di Castiglia, i fondatori del Regno d'Iberia. Il matrimonio dei due giovani principi fu celebrato subito dopo il matrimonio della sorella maggiore di Maria, Giovanna, con il nobile pontificio Pietro di Firenze, figlio del celebre Lorenzo il Magnifico.

Filippo II L'Emigrato (1490-1535) figlio di Enrico II e di Maria d'Iberia, si trasferì per alcuni anni con la moglie in Iberia per fungere da reggente al nipote Carlo, dopo la tragedia della regina pazza (Giovanna I, che non era mai riuscita a superare la morte del marito, un giorno aveva assassinato il figlio più giovane, Ferdinando, e si era suicidata). In seguito, dovette vedersela con l'inizio della riforma protestante e con il sacco di Roma voluto dal Re di Germania, Enrico XI, contro l'intransigente Papa Bonifacio X.
Filippo aderì al fronte cattolico che costrinse Enrico ad abbandonare l'Italia favorendo il ritorno del Papa a Roma. Morì pochi anni dopo, per un incidente durante una battuta di caccia.

Michele VI Il Perdente (1535-1555), fratello di Filippo II, appoggiò il Re d'Ungheria Stefano VII contro i turchi ottomani. Il sovrano, che dopo la battaglia di Mohacs era stato preso prigioniero fino alla firma di un trattato che sanciva la sottomissione del suo paese al sultano, aveva poi rinnegato l'accordo e ripreso la lotta. Dopo la definitiva sconfitta dell'Ungheria, gli ottomani condussero una puntata offensiva verso nord, invadendo anche il territorio della Germania e devastando le città di Vienna e Salisburgo. Michele tentò invano di fermare gli invasori, ma si rivelò militarmente poco capace e fu umiliato in battaglia dai turchi.

Augusto II Il Cattolico (1557-1566) , figlio di Michele VI, appoggiò il nuovo sovrano tedesco cattolico, Ottone VIII, in guerra con i suoi cugini protestanti (Guerra del Cuore Crociato, denominata così perché quello era il simbolo dei protestanti che seguivano le idee di Lutero).
Alla fine del suo regno Augusto fu impegnato anche a combattere contro la Russia di Ivan il Terribile, alla ricerca di uno sbocco al mare. Augusto, forte del sostegno di danesi e svedesi, convinse l'invasore a ritirarsi.

Enrico III Il Beneamato (1566-1587), figlio di Augusto II, vide il suo regno iniziare sotto cattivi auspici. Alcuni magnati, forse corrotti dal Ivan il Terribile, sobillarono il Senato e invece di acclamare subito l'erede al trono Enrico come Re, scrissero un documento secondo cui stabilirono che il Senato avrebbe eletto fra più candidati quello più degno di regnare, indipendentemente dal legame di sangue col defunto monarca. Enrico reagì con nervi saldi e scaltrezza: invece che tentare di forzare i senatori come avrebbe fatto un tiranno, si presentò nella piazza principale della capitale, in mezzo ai sudditi plebei, e lasciò che fossero loro a salutarlo come Re. A questo punto i magnati ebbero paura a contraddire il popolo e, adducendo la mancanza di altri candidati, tornarono sui loro passi riconoscendo Enrico come legittimo sovrano. Negli anni successivi, le principali famiglie nobili, temendo di essere cadute in disgrazia, fecero del loro meglio per assicurarsi la benevolenza del sovrano. Nel frattempo Ivan il Terribile, che aveva cercato di approfittare di una eventuale crisi interna valacca per attaccare di nuovo, fu sconfitto a più riprese e frustrato nelle sue velleità di conquista.

Augusto III Testa di Ferro (1587–1600), figlio di Enrico III, fu coinvolto nella cosiddetta Lunga Guerra, al fianco di ungheresi ed italiani contro l'Impero Ottomano. La Convenzione Venezia, firmata da Michele con il Re d'Italia, stabilì un'alleanza perpetua tra i due regni per la lotta contro i turchi. La campagna militare contro i turchi fu in effetti un successo: l'esercito ottomano fu sconfitto a più riprese e i confini si spostarono a favore del mondo cristiano per centinaia di km.
Augusto fu anche il terzo sovrano valacco a confrontarsi con Ivan il Terribile e anche lui riuscì a sconfiggerlo.

Michele VII L'Ungherese (1600–1635), figlio di Augusto III, fu occupato a gestire il problema dell'Ungheria. Dopo la morte dell'ancora giovane e privo di eredi Andrea V, i nobili ungheresi avevano scelto Sigismondo Bathory che però fu assassinato su istigazione del sultano turco. La nobiltà ungherese reagì dichiarando precipitosamente guerra ai turchi, senza attendere i propri alleati. Il risultato fu una rapida vittoria turca. Con la nobiltà ungherese quasi sterminata in battaglia, gli ottomani cancellarono il Regno d'Ungheria e le sue istituzioni, dividendo il paese in province, e confiscando i maggiori latifondi. La Convenzione di Praga, che sostituì la precedente alleanza tra Valacchia, Ungheria e Italia, stabilì che Italia e Valacchia avrebbero considerato il corso del Danubio come loro confine quando avrebbero sconfitto i turchi e annesso ai loro regni i territori già appartenenti a quello d'Ungheria.

Filippo III Il Mercante (1635–1654), figlio di Michele VII, sotto il suo regno si conclusero le aspre lotte che avevano sconvolto l'Europa a causa della riforma protestante. La Francia aveva definitivamente scelto la fede riformata, che fruttava ai suoi sovrani il supporto delle ricche città mercantili della Svizzera e dell'Olanda, mentre anche in Germania l'ultimo portabandiera del cattolicesimo nella famiglia reale, Guglielmo di Hartburg, si era arreso al protestante Augusto il Giovane. In Italia, dove dopo Elisabetta si erano succeduti sovrani elettivi, nessuna dinastia riuscì a prevalere.
Filippo, nonostante la differente fede, promosse la nascita della Compagnia Baltica delle Indie insieme ai sovrani di Danimarca e Svezia, per condurre commerci oceanici senza soccombere all'aggressività delle compagnie dei paesi più forti come l'Inghilterra, la Francia e l'Iberia.

Enrico IV Il Severo (1654-1670), figlio di Filippo III, lottò aspramente contro la Russia. Tutto iniziò con una rivolta nell'estrema regione orientale del paese. Lì vivevano soprattutto contadini ortodossi, ma i latifondisti per cui lavoravano erano nobili valacchi cattolici. La frustrazione per lo sfruttamento si sommò all'intolleranza confessionale, e i contadini si diedero spontaneamente alla violenza contro i loro signori. I governatori locali non riuscirono a ristabilire la calma e di questo approfittò lo Zar dei russi, che si accordò con i capi della rivolta garantendo loro protezione.
Enrico IV scese quindi in guerra con la Russia e dopo una lunga campagna riuscì a sconfiggere i ribelli, al costo però di immensi massacri.

Gedimino VI Il Dacico (1670-1695), figlio di Enrico IV, fu impegnato nella grande guerra contro i turchi. Ancora una volta italiani e valacchi riuscirono a combattere bene assieme, e furono ottenuti grandi successi, dei quali tuttavia Re Gedimino non poté vedere i frutti, anche se, al momento della sua morte, la vittoria della coalizione cristiana contro i turchi era già assolutamente certa.
La guerra fu molto importante per la tradizione militare valacca: i più antichi reggimenti permanenti dell'esercito risalgono al regno di Gedimino VI e la loro tradizione e simbologia discende da quella guerra.

Filippo IV Il Magnanimo (1695-1740), figlio di Gedimino VI. Sotto il suo lunghissimo regno si verificò la Guerra di Successione Britannica, tra Giorgio Ludovico di Hannover e Filippo di Francia. La guerra oltre che per stabilire quale paese vicino avrebbe avuto un rapporto privilegiato con la Gran Bretagna, fu anche l'occasione per riaccendere rivendicazioni reciproche sui territori della Valle del Reno. Filippo riuscì a convincere i sovrani di Danimarca e Svezia, suoi soci nei commerci coloniali, a restare neutrali. Un analogo accordo fu siglato con la Spagna, anche perché il suo sovrano Carlo II, che aveva sposato come seconda moglie una delle figlie di Filippo ed aveva avuto da lei il sospirato erede, teneva in grande considerazione il parere del suocero. La guerra si concluse con un accordo salomonico: Giorgio divenne Re di Gran Bretagna, mentre Filippo, molto gradito ai nobili italiani, si convertì al cattolicesimo, sposò una giovane nobile italiana (Elisabetta Farnese) e fu eletto Re d'Italia.
La pace nella parte orientale del continente fu invece turbata a causa del rivoluzionario Zar Pietro. Dopo un viaggio in Europa occidentale, Pietro si era convinto della superiorità di quella società e cultura rispetto alla sua. Aveva deciso pertanto di aderire alla riforma protestante, stravolgendo il suo paese. Fu così che le guerre di religione, spente in occidente, si riaccesero in oriente. Filippo concesse asilo al figlio dello Zar per salvargli la vita.

Augusto IV Il Filelleno (1740-1755), figlio di Filippo IV, fu a sua volta coinvolto dalla guerra dinastica e religiosa russa. Dopo l'eliminazione del fratellastro Pietro dalla linea ereditaria, il potere fu conteso dalle due sorelle Anna ed Elisabetta. Anna aveva seguito la scelta religiosa di suo padre, diventando protestante e sposando un nobile appartenente a un ramo cadetto della dinastia reale tedesca; Elisabetta era invece tornata all'ortodossia, aveva sposato un ufficiale russo, e si faceva portabandiera della fazione politica nazionalista. Filippo appoggiò Elisabetta, ma comunque nessuna delle due riuscì a prevalere, ma nel frattempo la divisione religiosa del paese si trasformò in divisione territoriale: al nord aveva prevalso la riforma protestante, al sud era rimasta prevalente l'ortodossia. Si formarono infine due stati: a nord, regnavano Anna e suo figlio Ivan, che avevano mantenuto il controllo di Mosca e si consideravano i legittimi sovrani; a sud Elisabetta, che aveva scelto come sua capitale Kiev e che fece della sua parte di Russia il bastione dell'ortodossia.

Filippo V L'Illuminato (1755-1782), figlio di Augusto IV, riformò l'esercito (creando reggimenti d'elite come quelli di granatieri, cacciatori e ussari) si adoperò per fortificare maggiormente i confini orientali, e si interessò persino delle uniformi e delle marce da parata. Questa passione lo accomunava al suo amico Pietro di Russia, che dopo la morte di Elisabetta fu chiamato dal Patriarca di tutte le Russie a raggiungerlo a Kiev per salvare il paese dai protestanti del nord che intendevano annetterlo. Mentre preparava la campagna, tuttavia, Pietro fu assassinato dall'amante della sua intrigante moglie Caterina. Sfumò così la possibilità di un pretendente al trono che intervenisse nella guerra russa.
La rivolta ortodossa continuò allora sotto la guida del cosacco Pugachev, che fondò la Repubblica d'Ucraina e diede filo da torcere ai generali di Mosca fino a che Ivan VI non decise di rinunciare alla riconquista di Kiev ed alla conversione del sud.
Colpito dalla nascita di una repubblica, nonché dalle letture dei saggi illuministi, Filippo agì per riformare il Senato. Egli ridusse il numero dei nobili, prima membri esclusivi dell'assemblea, a solo un quarto dei membri, mentre un quarto stabilì che fosse formato da ecclesiastici, un quarto da giudici, funzionari e professori delle università, un ultimo quarto da rappresentanti delle città, quindi borghesi membri delle corporazioni mercantili e artigianali.

Enrico V Il Giusto (1782-1795), figlio di Filippo V, rimaneggiò le riforme istituzionali già intraprese dal padre. Sua iniziativa fu la formazione del Consiglio Generale, assemblea composta di rappresentanti borghesi diversi da quelli presenti in Senato, poiché scelti come rappresentanti dei loro territori, e non delle corporazioni. Al Consiglio Generale furono affidati molti dei compiti precedentemente affidati al Senato, che tuttavia continuò a funzionare. Tra le altre riforme, Enrico decise di adottare il Sistema Metrico Decimale, di creare una banca centrale e di abolire la pena di morte. Decisiva fu, per queste riforme, la sua visita a Versailles, ospite di Luigi XVI e di sua moglie Augusta di Brunswick. Alla corte francese, infatti, Enrico vide i segni di una decadenza e di una corruzione che aumentò in Enrico il desiderio di organizzare il suo regno secondo ordine ed efficienza.

Gedimino VII L'Afflitto (1795-1811), figlio di Filippo V, fu coinvolto nelle guerre napoleoniche e fu probabilmente il primo sovrano valacco a soffrire di depressione. Durante il suo regno, il militare Napoleone Buonaparte, al servizio del Re d'Italia, dapprima si coprì di gloria in una campagna militare contro l'Iberia (gli iberici avevano sempre rivendicato l'Aragona, unita alla corona d'Italia sin dal XIV secolo) e successivamente si ribellò al suo sovrano. Dopo averlo deposto, tornò in Iberia, che riteneva migliore come base di partenza per cercare di costruirsi un impero. "Un novello Cesare è apparso nel Mondo" disse Gedimino VII nel commentare l'avvenimento. Buonaparte vari interventi internazionali fino a che una poderosa coalizione giunse a occupare per alcuni anni l'Iberia e il meridione d'Italia, dove i buonapartisti condussero una durissima guerriglia.

Augusto V Il Conciliante (1811-1828), figlio di Filippo V, partecipò al Congresso di Francoforte, dove i sovrani europei si consultarono su come fare fronte alla fuga di Buonaparte nel Nuovo Mondo e sulle insurrezioni da lui provocate in tutte le Americhe. Fu deciso di inviare un corpo di spedizione nelle Americhe per cercare di sconfiggere l'Impero Americano di Napoleone I e dei suoi successori (Agostino I e Simone I). L'esito delle spedizioni fu tuttavia disastroso e la Valacchia decise di sfilarsi dalla coalizione e normalizzare i rapporti con gli stati del nuovo ordine americano.
Nel frattempo il filosofo tedesco Fichte, osservando le sconfitte degli eserciti francesi e tedeschi contro i buonapartisti, si era convinto che la divisione del regno che fu di Carlo il Grande aveva causato solo miserie, e aveva scritto nella sua opera più nota (Discorsi alla nazione tedesca e gallesca) della necessità di riunire Francia Occidentalis e Francia Orientalis. In Francia e Germania queste idee avevano avuto vasta eco.

Filippo VI Il Moderno (1828-1850), figlio di Augusto V, fu il primo sovrano valacco a patrocinare la costruzione di ferrovie. Oltre alla linea che fiancheggiava l'antica via commerciale tra il Baltico e le Alpi, Francesco fece iniziare la costruzione diretta verso i Carpazi ed il basso corso del Danubio, dove si trovava il Principato della Piccola Valacchia. Si trattava di uno stato ancora indipendente, ma Francesco puntava decisamente ad integrarlo nel regno valacco.
Nel frattempo, tra Spagna e Italia ci fu il matrimonio dinastico tra Isabella d'Italia e Carlo III d'Iberia. I liberali, oppositori di Isabella e soprattutto dell'unione con l'Iberia, tentarono di impadronirsi del potere. Tra le loro file, divenne popolare Giuseppe Garibaldi, che aveva combattuto per anni nelle guerre americane. La Valacchia si schierò a favore della pace, cercando di mediare tra le istituzioni del paese amico e i ribelli e momentaneamente la guerra ebbe termine.

Enrico VI Il Liberale (1850-1877), figlio di Filippo VI, fu il sovrano sotto il quale la Valacchia iniziò la sua Rivoluzione Industriale. Furono completate le principali tratte ferroviarie e la disponibilità di carbone consentì la nascita di fabbriche di acciaio. Il progresso portò con sé anche dei problemi, ad esempio la sempre maggiore consapevolezza dei lavoratori delle condizioni di sfruttamento e la richiesta di maggiori diritti politici. Sotto il regno di Enrico fu emanata la prima Costituzione scritta ed ampliato il diritto di voto (pur senza concedere il suffragio universale richiesto da molti).
Nel frattempo, l'Italia si separò definitivamente dall'Iberia e dall'Aragona proprio sotto la guida del ribelle Garibaldi. La nuova Repubblica Italiana scelse come capitale Roma, occupando anche lo Stato Pontificio e mettendo fine alla sua millenaria esistenza. Enrico VI, pur essendo contrario alla soppressione dello Stato Pontificio, non poté far nulla per interferire con gli eventi italiani, visto che nel frattempo al confine occidentale valacco, era nato il potente Impero della nazione tedesca e gallesca. L'ultimo Re di Germania non era sposato ed era privo di eredi, quindi Bismarck agevolò un colpo di stato incruento per consegnare la corona di Germania a suo cugino Carlo, già re di Francia. Il nuovo regno scelse come capitale Strasburgo.

Augusto VI L'Orgoglioso (1877-1896), figlio di Enrico VI, si trovò a far fronte a una situazione europea completamente mutata. Il nuovo impero franco-tedesco rivendicava una posizione di potenza nel mondo e al Congresso di Strasburgo si preoccupò soprattutto di assicurarsi grandi parti dell'Africa. Ciò aumentò la tensione con la Gran Bretagna, nonostante i relativi sovrani fossero imparentati tra loro. La Valacchia si astenne dal partecipare alla corsa alle colonie, ma inevitabilmente partecipò a quella agli armamenti, considerando la potenza crescente dei suoi confinanti. Augusto volle che il suo esercito si dotasse di armamenti come le mitragliatrici, e fece costruire una moderna classe di navi con scafo in acciaio, propulsione a vapore e cannoni di tipo moderno. I cantieri navali di Petropoli cominciarono anche a costruire i primi rudimentali sommergibili del paese.

Filippo VII Il Pacifico (1896-1921), figlio di Augusto VI. La prima sfida del suo regno fu certamente la rivoluzione nella vicina Russia: nel 1905, in seguito alla sconfitta contro il Giappone, lo Zar Alessio III fu costretto ad abdicare per evitare che il paese andasse completamente fuori controllo. Al suo posto fu chiamato a Mosca il principe Nicola, discendente di quel Pietro che non era riuscito a contrastare il cugino Ivan VI. Nicola, considerando le modalità che lo condussero sul trono e la sua scarsa esperienza come statista, compì rapidi passi verso una democrazia parlamentare, in modo da ridurre al minimo le sue responsabilità politiche. Ad ogni modo, poiché Nicola era nato e cresciuto in Valacchia, i rapporti tra i due paesi, tradizionalmente difficili, arrivarono a una distensione.
Il regno di Filippo VII coincise soprattutto però con la Grande Guerra, scoppiata per i contrasti tra britannici e franco-tedeschi sull'Africa. La Valacchia rimase neutrale e durante il conflitto si arricchì producendo beni di consumo per i paesi belligeranti. Il conflitto si concluse a favore della Gran Bretagna, che ottenne il sostegno dell'Italia, dell'Impero Americano e del Giappone. L'Impero Franco-Tedesco fu travolto dalla Rivoluzione, trasformandosi in Unione Sovietica (il termine russo "soviet" fu introdotto dal russo Lenin, affermatosi ben presto a capo dei rivoluzionari per il suo carisma).

Enrico VII Il Tiranno (1921-1947), figlio di Filippo VII, cominciò a regnare durante il periodo della grave crisi economica seguita alla guerra e alla famigerata epidemia di influenza spagnola. Il governo della Valacchia, vantava molti crediti verso quella che era diventata Unione Sovietica, e la politica valacca si divise ben presto tra coloro che volevano cooperare con il nuovo regime e coloro che intendevano combatterlo. Ben presto furono i secondi a prevalere, soprattutto dopo che l'influenza politica sovietica stimolò guerre civili in Iberia, Italia, Grecia, che portarono alla nascita delle democrazie popolari. Enrico commise il grave errore di affidarsi al generale Antonescu, che sospese la Costituzione ed iniziò una repressione violenta. Il nuovo dittatore del paese non perseguitò solo i socialisti, ma anche minoranze come gli ungheresi (che rivendicavano quantomeno l'autogoverno locale e l'uso della loro lingua) i rom e gli ebrei. Dopo l'assassinio di Antonescu, il re, ormai consapevole di quanto fosse sbagliata la strada intrapresa, riprese il controllo del paese e ripristinò la Costituzione. A quel punto abdicò, lasciando a suo figlio Augusto, non compromesso con il passato regime, di risollevare le sorti della monarchia.

Augusto VII Il Cittadino (1947-1948), figlio di Enrico VII, divenne re poco prima delle elezioni generali che sancirono il trionfo del Fronte Popolare. Il nuovo governo a guida socialista lo costrinse a ratificare l'adesione alla CAEM (Conseil d'Assistance Économique Mutuelle) e al Patto di Roma, le organizzazioni che legavano tra loro le nazioni socialiste rispettivamente per i rapporti economici e quelli militari. Nonostante l'adesione acritica alle scelte del governo, Augusto non riuscì a salvare la monarchia. Un referendum stabilì infatti che il popolo desiderava passare a un regime di tipo repubblicano, e il governo si sentì autorizzato a decretare l'esilio per la famiglia reale, non prima di averne preventivamente confiscato tutti i beni. Augusto si rassegnò pertanto a lasciare il paese.

Alessio Mammarella

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Bhrghowidhon commenta:

Inferisco che il Punto di Divergenza sia la Variante I. nella sua pura formulazione originaria.
Le ucronie sono descrizioni abbastanza accurate delle convinzioni dei loro Autori sulla (Filosofia o anche Teologia della) Storia; però alcuni particolari mi sfuggono:

- chi è il Carlo di cui si parla durante il regno di Flavio III.;
- se il marito di Costanza d’Altavilla sia Enrico VIII. o VII.;
- se il Filippo di cui si parla durante il regno di Augusto IV. sia Filippo IV. o Filippo V.

Gli sceneggiatori dell’"Armata Brancaleone" credevano all’etimologia popolare del nome Brancaleone e quindi non si sono resi conto che a Norcia non era concepibile...

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Anche feder dice la sua:

A me i lavori di Alessio piacciono proprio perché, essendo immaginifici, riescono indubitamente a evadere i cliché del genere, risultando piacevoli alla lettura. Lo scrittore ha anche disseminato nel testo una serie di piccoli riferimenti popolari, che non mancano di fare sorridere.

Recensita a grandi termini l'opera, vorrei permettermi di svolgere una piccola riflessione. Nel lavoro di Alessio, non assistiamo mai alla c.d. 'convergenza imperiale' di almeno due dei tre regni europei, su cui si fondava l'equilibrio economico, militare e sociale del tempo (Lombardia, Baviera, Francia - Italia, Germania, Francia). La mancanza di un imperatore in Occidente è sicuramente funzionale allo svolgimento dell'ucronia (resta sotteso come l'instaurazione di un regime 'romanista' in Valacchia non sarebbe stata possibile, se quel ruolo fosse già stato ricoperto da un altro, grande sovrano), ma avrebbe avuto enormi ripercussioni non soltanto sulla composizione geopolitica del Continente (analisi questa, svolta egregiamente dal nostro amico), ma anche sulla cultura e sul sentire comune degli europei.

Per esempio: a un certo punto l'autore menziona Dante (Alighieri?), quale (sommo?) poeta italiano. Non ci resta che dedurne l'equivalente esistenza di una Commedia in questa linea temporale. Ma senza la presenza di un imperatore (romano) a governare congiuntamente su Germania e Italia (e in prospettiva l'intero mondo cristiano), il messaggio politico dell'opera dantesca sarebbe completamente diverso. Addio all'ideale dell'universalismo monarchico, così stoltamente perseguito da tanti sovrani. Al suo posto, lo scenario cui assistiamo qui, incarnato da tanti re il cui dominio non estende la portata regionale, sembra anticipare il sistema acefalo-multipolare moderno così come delineato, già in epoca medievale, prima alla corte di Ludovico il Bavaro, poi nelle parole di Giorgio di Poděbrady, e infine affermatosi con la fine della guerra dei trent'anni. In questo senso diventa peculiare notare come l'ordine delle nazioni, saldamente stabilito nel corso dei secoli dell'ucronia tramite diversi interventi chirurgici, volti a prevenire l'unione di diversi regni (Germania-Italia, Francia-Italia, Iberia-Italia), venga infine improvvisamente stravolto dal sorgere di un nuovo impero, la c.d. Unione Sovietica (qui consiglio decisamente di cercare un altro nome; il russo stona), che repentinamente provvede a correggere l'indirizzo politico storico del Continente, disponendone l'unificazione.

Cos'altro aggiungere? Bravo, hai i miei complimenti. Sarei curioso di leggere un prosieguo, se volessi scriverlo.

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Ed ecco la puntuale replica di Alessio:

Per prima cosa, grazie a tutti. Io a dire il vero sono sempre un po' preoccupato dalle ucronie che partono da lontano, quindi i vostri complimenti mi sollevano dal dubbio di aver fatto un pasticcio. Procedo a rispondere alle domande ed alle osservazioni di ciascuno di voi.

Per Tommaso: lo ammetto, ti ho fatto un bello scherzetto! C'è però una logica: se ci fai caso, tutti i sovrani menzionati in questa lista non arrivano mai oltre al VII. Non so perché ho scelto proprio questo numero, ma ho pensato che ripetere sette volte ciascun nome fosse il massimo. Quindi, quando tutti sono arrivati al settimo, mi sono fermato. Certo, l'ultimo sovrano poteva durare mezzo secolo invece che un anno: tuttavia, non essendoci in questo scenario la Seconda Guerra Mondiale ed avendo lasciato in sospesa la questione del Nuovo Mondo (l'ho sempre menzionato come Impero Americano, per lasciare intendere che l'esperienza napoleonica avesse attecchito pienamente oltreoceano). Diciamo che la seconda metà del XX secolo i nodi sarebbero dovuti arrivare al pettine, e sarei dovuto andare a guardare al mondo intero e non solo all'Europa, come fatto per tutta l'ucronia.

Per Bhrghowidhon:

1) "Carlo" era. Nello scrivere l'ucronia a volte ho modificato il nome dei vari sovrani, e in questo caso devo essermi dimenticato di sostituire a quel "Carlo" il Re Flavio III. Per il resto, spero si capisca, tramite il riferimento a "Kungsberg" che la capitale costruita dai primi sovrani valacchi è l'attuale Kaliningrad. Mi sembrava una posizione ideale, per molti secoli quasi perfettamente baricentrica rispetto al paese.

2) Il marito di Costanza d'Altavilla è Enrico il Leone (con i numeri potrebbero esserci incomprensioni perché Enrico IV anni prima è stato battuto da Rodolfo di Sassonia e non ha mai trasmesso la corona di Germania a suo figlio). La mia idea era determinare due diverse dinastie da Enrico il Leone, una tedesca, dalle sue mogli precedenti, e una italiana, da Costanza. E infatti Costanza avrà un figlio che ha lo stesso profilo storico di Federico II. Chiaramente si tratta di una dinastia completamente inventata, e per questo ho cercato prima possibile di riagganciarla a una dinastia storica, in modo dare un minimo ancoraggio storico ai passaggi dinastici.

3) Non so se ho capito bene la domanda. Se ti riferisci a quello che ho indicato come "Filippo di Francia" è certamente quello che conosciamo come Filippo V di Spagna. In questo caso, poiché la Francia è protestante, i Borbone hanno chance di ambire al trono inglese analogamente ai Guelfi. Solo che a seguito della guerra (sui cui esiti militari glisso) si trova un accordo per cui Filippo si converte al cattolicesimo e (come in HL) sposa una nobile italiana, venendo poi scelto dai nobili italiani come sovrano. I Borbone sono quindi sul trono tanto in Francia quanto in Italia, ma le due dinastie devono però restare separate visto che uno dei due paesi è cattolico, l'altro è protestante.

Per feder: sull'unione tra Francia e Germania vorrei approfondire, perché in effetti l'accelerazione sull'integrazione tra paesi, dopo secoli di relativo pluralismo ed equilibrio, merita certamente delle spiegazioni. Uno degli interventi che hai definito chirurgici è stato quello che ha portato, in Germania, all'affermazione della dinastia Guelfa. La scelta dei guelfi non è stata per una questione di simpatia, bensì per assicurare una continuità dinastica paragonabile a quella dei Capetingi in Francia (in HL la vittoria dei Ghibellini non ha prodotto altrettanta stabilità). Tuttavia, il ramo principale dei Guelfi si estingue nel 1884, determinando una situazione in cui avrebbe dovuto esserci o un Re "britannico" oppure l'avvento di una nuova dinastia. In questo scenario si infila l'idea perorata (in questa TL) dal filosofo Fichte. In un mondo in cui non ha senso inventare il nazionalismo tedesco (perché la Germania esiste come stato unitario da secoli e secoli) ho messo nelle mani di Fichte il concetto di "Nazione tedesca e gallesca" ispirato non all'unione di Germania e Italia del nord (che in questa TL non sono mai state unite) ma di Germania e Francia (che invece sono state unite nel Regno dei Franchi prima della sua divisione) che sono accomunate dal fatto di essere nazioni protestanti e probabilmente da una maggiore vicinanza. Non sfugga un particolare: in questa TL Lotario sconfigge Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, quindi in questo mondo non è esistita la Lotaringia. Certamente Francia e Germania hanno lottato per secoli sui confini, ma il loro legame è stato molto più diretto perché probabilmente stati "cuscinetto" come i Paesi Bassi e la Borgogna non sono esistiti. Ecco perché l'idea di riunire le antiche Francia Occidentalis ed Orientalis non dovrebbe essere così strana.

Dal punto di vista geopolitico, l'unificazione di Francia e Germania viene a essere una mossa antibritannica, ed è per questo che tutto il periodo successivo è tutto all'insegna del braccio di ferro tra il nuovo gigante franco-tedesco e i britannici. La Grande Guerra è un confronto frontale tra queste due potenze, visto che in questo scenario:

- L'Austria-Ungheria non esiste;
- La Russia è meno importante (ricacciata più a est dalla presenza della Valacchia e priva di sbocco sul Mar Nero perché l'Ucraina è indipendente);
- La Valacchia è (per scelta dell'autore) un paese che preferisce stare fuori dalla mischia.

Dopo la Grande Guerra si passa alla Rivoluzione. In questo caso non può coinvolgere la Russia (sia perché la Russia non ha partecipato alla guerra, sia perché già nel 1905 ha conosciuto la sua rivoluzione, di indirizzo liberale) ma può coinvolgere la Francia-Germania sconfitta nella guerra. Il fatto che la Rivoluzione irrompa sul Reno rende ancora più semplice il "contagio" dell'Iberia e dell'Italia, e quindi rispetto alla storia reale si crea uno scenario piuttosto diverso: il "blocco socialista" si trova in Europa Occidentale (Gran Bretagna a parte, almeno al punto in cui la storia si è fermata), mentre i paesi orientali (Russia e Ucraina) non sono coinvolti. La Guerra Fredda quindi sarebbe geograficamente a parti invertite. In effetti, questo strano blocco socialista sembra poter rivestire un ruolo simile a quello dell'Unione Europea, ma non ho ancora studiato bene la questione.

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Per finire, William Riker ci ha posto questa domanda:

Sogno di un'ucronia di mezza estate. Quali modifiche ucroniche occorre apportare alla nostra Timeline, affinché oggi la Polonia sia un paese a stragrande maggioranza ortodossa, con una chiesa minoritaria uniate tornata in comunione con Roma in seguito all'unione di Brest, e solo esigue minoranze cattoliche di rito latino? E quali conseguenze porterà nei secoli questa circostanza?

Icona del Patriarca di Cracovia San Stanislao Paolo II Magno, al secolo Karol Józef Wojtyła (1920-2005), in carica dal 13 gennaio 1964 al 2 aprile 2005 (creata con openart.ai)

Icona del Patriarca di Cracovia San Stanislao Paolo II Magno, al secolo Karol Józef
Wojtyła (1920-2005), in carica dal 13 gennaio 1964 al 2 aprile 2005 (creata con openart.ai)

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Gli ha risposto feder:

Basta che la russificazione intentata dagli zar vada a buon fine, no? Ergo, Nicola II e i suoi discendenti devono mantenere il trono.

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Ma Tommaso Mazzoni ha obiettato:

Troppo recente e già fallita ai tempi di Nicola II. Devi farli diventare Ortodossi da prima.

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Ed ecco il dotto parere in merito di Bhrghowidhon:

La via più realistica sarebbe che la Missione Cirillo-Metodiana in Grande Moravia rimanesse più legata al Patriarcato di Costantinopoli che a Roma; di qui la Chiesa Boema e, con Dubravka e Miecislao I., polacca, dopodiché Boleslao l’Intrepido erediterebbe anche sul piano confessionale l’operato di Vladimiro il Santo. Ne conseguirebbe che Ladislao II. si convertirebbe all’Ortodossia; però il ruolo di Edvige d’Angiò si complicherebbe.

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