L'Italia Viscontea

di Paolo Maltagliati

La bandiera dell'Italia Viscontea

Poniamo che, dopo gli screzi derivanti dalla dedizione di Genova a Giovanni di Calabria, il patto di famiglia Angioino-Visconteo si ristabilisca...

Al di là del fatto che questo vorrebbe dire, de facto, una neutralizzazione pressoché totale dei Savoia, Iolanda di Valois permettendo prima del 1478, praticamente certa dopo quella data.

E se ammettessimo che i diritti successori sulla Provenza fossero proprio ereditati dalla figlia Iolanda e dai figli da lei avuti nel testamento di Renato?

Avremmo il figlio di Filippo Maria come conte consorte di Provenza e re titolare di Gerusalemme(per cui i Visconti potrebbero fregiarsi anche di un titolo regio, per quanto fittizio). Non so invece se avrebbero tenuto la titolarità sul trono di Napoli. Il 1480 era un pessimo momento, diplomaticamente parlando, per un signore italiano per reclamare il regno del sud, visto il tentativo turco su Otranto.

Ma invece che un bastone, i Visconti avrebbero potuto usarlo come una carota, per spingere alla combinazione di un matrimonio dinastico con gli aragonesi...

Proviamo ora a tracciare una Timeline “conservativa”, ossia senza un impatto troppo deflagrante sulla storia che conosciamo.

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1445: Filippo Maria fa sposare suo figlio Galeazzo Maria Visconti con Iolanda, figlia di Renato d’Angiò. Alfonso il Magnanimo, che ha appena conquistato Napoli, va subito in allarme, ma Filippo Maria lo rassicura di non avere intenzioni ostili nei suoi confronti.

1447: Filippo Maria si spegne. Il suo corpo verrà poi traslato nel 1474 nella Certosa di Pavia, assieme a quello del padre, Gian Galeazzo. Nasce il piccolo Renato Maria. Venezia recluta Giovanni IV di Monferrato come condottiero. Galeazzo Maria non la prende bene.

1448: Ripresa delle ostilità con Venezia. Battaglie poco decisive tra Oglio e Adda. Il Monferrato, però, è occupato dai Milanesi, senza che i Savoia riescano a impedirlo.

1451: Nasce Bianca Maria, secondogenita di Galeazzo Maria. Francesco Sforza, Condottiero per la repubblica di Venezia, viene sconfitto e catturato da Jacopo Piccinino, che però fallisce la conquista di Bergamo, anche per merito del Colleoni. Per le sue gesta, al Piccinino viene affidata dal Visconti Crema e la Gera d’Adda come contea, sottratta ai Veneziani. Nuova pace tra la Serenissima ed il Ducato.

1453: Caduta di Costantinopoli: il papa spinge verso la creazione di una pace generale nella penisola e un’alleanza che riunisca gli stati italiani contro il pericolo turco. Milano nicchia. Alfonso invece accetta, inducendo anche Firenze e Venezia a fare altrettanto. Da ultimo tra i grandi, firma anche il Duca, ma alle proprie condizioni: in caso il suocero pretendesse il suo aiuto per eventi bellici non direttamente connessi all’Italia, egli sarebbe stato tenuto ad intervenire, anche se ciò avrebbe significato scontrarsi con un altro stato italiano come conseguenza, a meno di adeguate compensazioni diplomatiche su basi bilaterali con lo stato in questione. Un chiaro avviso agli aragonesi.

1458: morte di Amedeo di Savoia e torbidi nel ducato. Galeazzo Maria si avvicina a Carlo, figlio del duca di Borgogna, e al delfino di Francia Luigi. Galeazzo Maria spinge il suocero ad una riconciliazione pubblica con Filippo di Borgogna. Nel frattempo però , Giovanni di Calabria organizza un tentativo di riconquista del meridione. Commette però l’errore di inimicarsi Galeazzo Maria (con cui probabilmente non aveva buoni rapporti già in precedenza), chiedendo ai Genovesi la dedizione alla corona francese. Per questo motivo, il Visconti gli nega sostegno. Nasce Bona Iolanda Visconti.

1465: Guerra tra Giovanni di Calabria e Giovanni II d’Aragona. Guerra della lega del bene pubblico tra Carlo il Temerario e re Luigi XI. Galeazzo Maria rompe con la Borgogna e invia una condotta in sostegno di re Luigi sotto le armi angioine. Rilassamento della pressione milanese sulla Savoia. Dopo aver generato Francesco, Stefano, Iolanda è nel frattempo morta di parto dando alla luce Violante Maria nel 1462.

1469: Amedeo IX convoca gli stati generali del Piemonte e si ritira a Vercelli, lasciando la reggenza alla moglie Iolanda di Valois. Filippo di Bresse invoca l’aiuto milanese per ribellarsi alla reggenza della duchessa, troppo succube agli interessi francesi. Amedeo viene catturato da Filippo e viene portato a Milano come ostaggio. Iolanda intercede presso suo fratello che a sua volta chiede a Renato d’Angiò di convincere Galeazzo Maria a lasciare libero il prigioniero.

1470: Pace tra Filippo di Bresse e Iolanda di Valois. In cambio della resa di Amedeo, esausto e malato, oltre che della promessa di arruolare a proprie spese una condotta di svizzeri contro Carlo il Temerario da parte di Galeazzo Maria, Luigi XI accetta la cessione di Vercelli al ducato di Milano. Morte di Giovanni di Calabria. Per Renato d’Angiò è un bruttissimo colpo. Pace di Venezia con Maometto II dopo una lunga e perdente guerra. Riavvicinamento in senso antifiorentino tra Milano e Venezia.

1474: Renato d’Angiò stende il proprio testamento. Tra i suoi possedimenti, lascia la contea di Provenza, oltre che la sovranità titolare sul trono napoletano e ierosolimitano agli eredi di sua figlia. Luigi cerca di legare a sé Galeazzo Maria dando in sposa, con fortunato tempismo, Anna di Beaujeu (che doveva andare in sposa a Nicola di Lorena, morto improvvisamente nell’anno) a Renato Maria, rimasto vedovo dopo neanche un anno di matrimonio per la morte di parto di Eleonora d’Aragona, figlia di Ferdinando di Napoli, dopo aver dato alla luce Giovanni Maria.

1477: Voltafaccia di Galeazzo Maria nei confronti di Luigi XI e appoggio a Massimiliano d’Asburgo per la questione dell’eredità borgognona. Il re di Francia invia un piccolo esercito anche in Piemonte, ma viene fermato dall’esercito della “Lega Italica” (ossia una strana alleanza tra Venezia, Provenza e Napoli, desiderosa di rinsaldare i propri rapporti con Milano). L’anno seguente Federico di Napoli sposerà proprio Bianca Maria Visconti. Gli Aragonesi non riusciranno però a convincere i Visconti al trasferimento a Bianca Maria della titolarità angioina sul regno del sud. Affaccendato altrove, Luigi XI non darà ulteriore corso ad altre azioni. Morte dopo un lungo regno di Galeazzo Maria, tumulato di fianco a padre e nonno nella Certosa di Pavia. Nasce Filippo Maria, secondogenito di Renato Maria e primo figlio di Anna di Beaujeau.

1480: Morte di Renato d’Angiò. Renato Maria prende possesso della contea di Provenza, oltre che essere riconfermato come reggitore della superba repubblica di Genova. Tentativo di assassinio nei confronti di Giovanni Maria. Le malelingue, specialmente di marca aragonese, attribuiscono la responsabilità ad Anna (dato che in questo modo suo figlio sarebbe stato erede del conte-duca suo padre). Attacco di Maometto II a Otranto, Renato Maria invia una condotta a sostegno, ma troppo tardi perché sia di reale utilità. Nel frattempo, nasce Beatrice Visconti.

1483: Morte di Luigi XI di Francia. Sospiro di sollievo di molti signori d’Europa, che temevano la sua astuzia e i suoi intrighi. Anna di Beaujeau diventa reggente per il tredicenne Carlo VIII, assieme al marito. Politica di conciliazione con l’impero. Nasce Anna Isabella Visconti. Nel frattempo, nuovo aumento dell’ostilità con Venezia, in virtù della guerra del sale. Seconda occupazione del Monferrato da parte del ducato di Milano. Nonostante ciò, la Serenissima ha ragione del ducato estense e conquista il Polesine e Rovigo.

1485-1486: Il carisma di Anna e Renato sale quando, alla guida dei realisti, Renato si trova a contrastare un’alleanza di baroni ribelli, capeggiata da Luigi d’Orleans e Francesco di Bretagna. Renato, cresciuto al fianco di molti grandi condottieri italiani, pur in condizione di inferiorità numerica, riesce a contrastare efficacemente gli eserciti nemici, dando loro una sonora lezione. Tra i trattati di restituzione che impone ai nemici sconfitti, impone la consegna del dominio eminente su Asti da parte dell’Orleans e la rinuncia definitiva a qualsiasi diritto dinastico su Milano derivata dalla sua discendenza da Valentina.

1489: Papa Innocenzo VIII, a seguito di un conflitto con Ferdinando I di Napoli, chiede l’intervento di Renato Maria, in nome dei diritti dinastici reclamabili sul regno e, in più, in nome di suo figlio Giovanni Maria. Renato si balocca con l’idea di conquistare Napoli, ma ha bisogno del sostegno di un esercito più forte. Chiede pertanto il sostegno di Carlo VIII, di cui è stato reggente. Nel frattempo, però, cerca di assicurarsi anche la neutralità da parte dell’impero, perciò fa armare a sue spese una condotta per combattere contro Mattia Corvino. Nasce Luigi Galeazzo Visconti.

1490: Anna di Bretagna va in sposa a Carlo VIII, dopo l’invasione della Bretagna stessa da parte delle truppe francesi, per impedire il matrimonio tra la duchessa e l’imperatore Massimiliano.

1493-1494: Crisi dinastica a Napoli. Dopo la morte di Ferdinando, Alfonso, presentendo la bufera che si avvicina, invoca l’alleanza contro Milano. Venezia, Il Papa e Firenze saltano subito sul carro. Nel frattempo, Carlo VIII si prepara per scendere in Italia in aiuto dello zio. L’esercito Franco-Provenzal-Milanese cala come un rullo compressore sul regno di Napoli.

1494-1495: Alfonso abdica in favore del figlio Ferdinando II, che nel frattempo chiede aiuto anche agli spagnoli, che sono guidati dal grande generale Gonzalo Fernandez de Cordoba. Renato Maria lascia la condotta della guerra al sud per recarsi di gran carriera con dei rinforzi a Milano, per fronteggiare la mobilitazione veneziana. Grazie ai mercenari svizzeri riesce a sconfiggere i veneziani sull’Adda. Contrattacca e conquista addirittura Bergamo.

1495-1496: Carlo VIII viene sconfitto ripetutamente ed è costretto a tornare a nord. Viene ripristinato quasi del tutto lo statu quo ante, tranne la val Brembana, che viene ceduta a Milano. In cambio, Venezia ottiene Brindisi e Gallipoli. a mo’ di ulteriore pacificazione, grazie alla dispensa del papa, Giovanni Maria Visconti sposa Carlotta d’Aragona, figlia di Federico, fratello di Alfonso e salito al trono dopo la morte prematura di suo nipote senza eredi diretti.

1498: Carlo VIII muore, mentre sale al trono di Francia Luigi d’Orleans, con il nome di Luigi XII, nemico giurato di Renato Maria. Nuovo ribaltamento delle alleanze. Infatti l’Orleans senza porre tempo in mezzo, reclama l’illegittimità dell’usurpazione di Asti da parte di Renato Maria, oltre che affermare l’illegittimità del figlio di Filippo Maria I, Galeazzo Maria, il che renderebbe lui l’erede legittimo al ducato di Milano, in quanto erede di Valentina. Al di là della premessa dinastica campata in aria, la sua forza è reale. Renato Maria chiama in aiuto gli spagnoli e gli imperiali. Venezia, lasciandosi ingolosire dichiara invece il suo appoggio ai francesi allo scopo di riprendersi la val Brembana.

1500-1501: Luigi XII conquista Asti e Vercelli. Riesce a conquistare anche Milano, ma solo dopo un lungo ed estenuante assedio. L’imperatore cala da Rovereto su Venezia.

1501-1515: periodo confuso, segnato da continui cambi di fronte da un punto di vista diplomatico. I Visconti danno comunque impressione di avere nove vite, anche grazie al genio tattico del generale Gian Giacomo Trivulzio e all’astuzia diplomatica di Renato Maria. In questo periodo si mette particolarmente in luce Filippo Maria II, cui è affidato il controllo della Provenza e la sua difesa. Si copre di gloria anche per mare, con la sconfitta della flotta francese presso Genova. Nel 1507 Giovanni Maria muore, senza aver dato eredi maschi. Federico Maria, senza porre tempo in mezzo, sposa Carlotta, la moglie del fratello defunto (per alcuni avvelenato dallo stesso Filippo Maria II. Nel 2006, la riesumazione del corpo ha dato ragione alla teoria dell’avvelenamento da digitale, ma, ovviamente non si potrà mai determinare chi fosse veramente il mandante).

1509: muore anche Renato Maria, permettendo a Filippo Maria II di diventare duca. Nello stesso anno, i francesi vengono sconfitti e abbandonano Milano. il duca, approfittando delle difficoltà della Serenissima contro l’esercito imperiale, attacca Brescia e Bergamo, per poi lanciarsi anche contro Verona e Vicenza. Dando prova di grande resistenza, nonostante gravi sconfitte, la repubblica di Venezia regge l’urto, ma è costretta comunque a cedere Bergamo e Brescia a Milano.

1515: Filippo Maria II, sempre con l’aiuto di Gian Giacomo Trivulzio, riesce a sconfiggere un esercito svizzero avanzante da nord. Nel frattempo, nascono Gian Galeazzo e Ludovico Massimiliano (in onore dell’imperatore)

1518: Muore Gian Giacomo Trivulzio. il duca gli tributa grandi onori e decide di tumularlo nella Certosa di Pavia.

1525-1529: Nuovo attacco da parte del re di Francia, questa volta Francesco I, a Milano e Napoli. Filippo Maria II è in questo scacchiere ormai un fedelissimo alleato dell’impero asburgico e il ducato un suo stato satellite. Negli anni successivi, lo scontro tra Francia e Impero si sposterà decisamente nello scacchiere renano e fiammingo, ma Filippo Maria sarà spesso impegnato come condottiero al servizio delle armi imperiali. Si rifiuterà però sempre di abbandonare la moglie Carlotta (per quanto strano, tra i due fu vero amore), che lo seguirà nelle sue campagne, dando alla luce altri suoi figli.

1538: Filippo Maria muore. Gli succede Gian Galeazzo II, che nel 1534 aveva sposato Margherita Paleologa. Darà alla luce Gian Giacomo (1540), Giovanni (1545), Renato(1548) e Lodovica(1553).
Il suo regno sarà meno movimentato di quelli precedenti, e sarà noto soprattutto per il mecenatismo della corte, anche se non mancheranno momenti in cui il duca sarà costretto ad accompagnare l’imperatore e suo figlio su difficili campi di battaglia. Il Monferrato, grazie al matrimonio con Margherita entrerà, stavolta definitivamente, nei domini Viscontei.

1555: Gian Galeazzo II muore nelle Fiandre. E’ l’unico duca non tumulato nella Certosa di Pavia. Gli succede il giovane Gian Giacomo, con la reggenza della madre. Sposerà nel 1565 Barbara d’Asburgo, figlia dell’imperatore Ferdinando. Dalla coppia nasceranno, sopravvissuti in età adulta, Maria(1567), Eleonora (1570), Gian Filippo(1576). Il regno di Gian Giacomo si svolge sulla falsariga di quello paterno, per quanto Gian Giacomo vivesse con maggior sofferenza la sudditanza del ducato dall’Impero. La sua dimora preferita sarà comunque Aix en Provence, piuttosto che Milano. L’unico suo vero cruccio sarà che i domini milanesi mancavano di un accesso diretto al mare che non fosse mediato da Genova, comunque dipendente dalla Spagna. Per questo motivo brigherà per tutto il suo regno per l’acquisizione del marchesato di Finale, cosa che quasi scatenerà un conflitto intra familiare tra l’impero e gli spagnoli, su cui, alla fine, i primi riusciranno a spuntarla, permettendo a Milano di infeudare anche Finale.

1609: Regno di Gian Filippo. Di lui sono famose le aspirazioni coloniali, che porteranno ad un deciso ampliamento e riammodernamento dei porti provenzali (oltre che quello di Finale), oltre alla costruzione di una flotta moderna. Il risultato fu la prima colonizzazione delle coste del Nord America (Florida, Georgia, Caroline). Sposerà nel 1600 Maria Anna di Baviera, generano Galeazzo (1603), Guglielmo (1607), Francesca (1612). Non sarà un matrimonio particolarmente felice, in quanto lei troppo pia per gli interessi “profani” del marito (non solo quelli nautici, ma anche astrologia e alchimia, al pari del coevo imperatore Rodolfo. Alcuni suppongono che il personaggio di Prospero, nell’opera “La tempesta” di Shakespeare, sia ispirato proprio da lui).

Il regno di Gian Filippo viene prematuramente a termine nel 1615, quando il primogenito Galeazzo (poi detto il grande) ha solamente dieci anni. La sorella Maria Beatrice nascerà postuma. Si apre il conflitto tra due terribili donne per la reggenza. Da una parte Maria Anna di Baviera, la madre; dall’altra Eleonora Visconti, sposata a Carlo Emanuele Teodoro Trivulzio, comandante supremo dell’esercito milanese e condottiero a servizio degli spagnoli in Olanda. La duchessa madre si trova perdente e il controllo del ducato è assunto da Eleonora e suo Marito. Per quanto paradossale possa essere, ciò rappresenta uno spartiacque nella politica estera del ducato, visto che il Trivulzio inizierà una politica di netto riavvicinamento alla Francia, con cui del resto da un cinquantennio non si erano avuti grandi screzi (il ducato in fondo aveva più motivi di scontento con gli spagnoli, a cui era sottomessa la repubblica di Genova, e cui doveva concedere il passaggio delle truppe attraverso il “cammino spagnolo”, senza parlare del mai ufficialmente abbandonato titolo regio di Napoli). Questo riavvicinamento era anche dovuto al crescente fastidio, già sollevato persino dallo svagato Gian Filippo, dovuto alla mancanza di un passaggio sicuro tra la Contea di Provenza e il Ducato di Milano. Quello via mare, attraverso Finale era stato ottenuto solo di recente, alimentando la tensione con la monarchia iberica, ma quello via terra era controllato ancora e sempre da francesi e sabaudi (che comunque erano sottomessi a Parigi).

La temperie internazionale, comunque, si stava deteriorando. Il primo conflitto affrontato dall’energico reggente fu quello con i Savoia per la questione della successione nel ducato di Mantova. Francesco IV Gonzaga, che aveva sposato Margherita di Savoia, muore improvvisamente. il ducato è così dato al fratello Ferdinando, già cardinale di S.R. Chiesa. Carlo Emanuele, però, non ci sta, rivendicando il diritto della figlia di reggere Mantova, anche in virtù degli accordi matrimoniali presi con il padre di Francesco. Naturalmente, i milanesi colgono la palla al balzo, prendono le difese di Ferdinando e mobilitano le loro armate. Per una volta, però, la Francia sta a guardare. La reggente per Enrico IV, Maria de’ Medici, viene influenzata dalla promessa di un futuro matrimonio di Galeazzo con una delle principesse francesi ancora bambine (o Maria Cristina o Enrichetta Maria), oltre che, molto probabilmente, da una congrua dose di denaro. I due Carlo Emanuele, il Savoia ed il Trivulzio, si scontrano nei pressi di Alba. La vittoria arride al secondo. La vittoria più importante è però quella navale, dato che la flotta milanese blocca il porto di Nizza. il Trivulzio chiede proprio l’unico porto del ducato sabaudo come clausola per la pace, ma Carlo Emanuele rifiuta. Alternativamente, viene ceduta dal Savoia tutta la valle del Tanaro da Alba(già viscontea) a Ormea(cosa di cui la repubblica di Genova non sarà particolarmente felice, dato che era rimasta ormai una sola via di collegamento tra la riviera e l’entroterra che non fosse sotto il controllo visconteo, quella di Tenda). Clausola foriera di importanti conseguenze sarà l’imposizione a Carlo Emanuele del matrimonio di suo figlio Tommaso Francesco con Francesca Visconti, appena quest’ultima avesse raggiunto età da marito, nonostante i ben sedici anni di differenza tra lo sposo e la sposa.

1619: anno di importanti matrimoni dinastici intrecciati. Maria Cristina di Francia sposa Galeazzo Visconti, nonostante i due siano ancora tredicenni e non possano ancora consumare matrimonio. Anche per via della sua personalità solare ed esuberante, Maria Cristina porterà molto dello stile di corte francese a Milano ed Aix en Provence, tra balli, feste ed eventi mondani.
Nello stesso anno, Vittorio Amedeo di Savoia sposa Maria Anna d’Asburgo, figlia di Filippo III di Spagna. Le due coppie rimarranno famose nella storia della letteratura, grazie a molti feuilleton scritti sulla loro (per quanto i due matrimoni furono effettivamente molto felici, è da attribuirsi in tutto e per tutto all’invenzione di Alexandre Dumas la storia secondo cui l’uno si invaghì della sposa dell’altro) vita e sulla loro rivalità. Decurtata di tutto l’aspetto romantico, la vicenda è particolarmente indicativa per quanto riguarda la scelta delle alleanze portata a termine dai due stati in quel periodo. Nel frattempo Maria Gonzaga, figlia di Francesco IV Gonzaga e Margherita di Savoia è spedita in un convento, in attesa che lo zio decida a chi farla sposare tra i molti pretendenti (uno di questi è Guglielmo Visconti, mentre un altro era proprio Tommaso Francesco di Savoia).
[Mi è venuta voglia di scrivere davvero il romanzo feuilletonistico che ho attribuito a Dumas!]

1626-1627: Muoiono in successione Ferdinando e Vincenzo Gonzaga, senza eredi maschi legittimi. Oltre ad essere foriero di conseguenze da un punto di vista artistico, in quanto la Celeste Galleria verrà ceduta (e una sua parte finirà proprio a Milano), lo è soprattutto dal punto di vista politico.
In continuità con la linea filo-francese dettata dal Trivulzio, Galeazzo, che ora ha vent’anni ed è uscito dalla reggenza della sorella, appoggia la successione dei Nevers, mentre gli spagnoli appoggiano il ramo dei Gonzaga-Guastalla, inducendo anche l’imperatore ad assecondare la loro scelta.
Il conflitto scatena sul suolo italiano una “ricaduta” della guerra Franco-Ispanica e della guerra dei trent’anni.

1629: Battaglia di Avigliana: L’esercito francese sconfigge quello di Carlo Emanuele di Savoia. Nel frattempo Ambrogio Spinola, a capo delle armate spagnole sbarcate in forza a Genova, sconfigge presso Ovada l’esercito milanese. Truppe tedesche scendono in Valtellina. Nasce il primo figlio di Galeazzo e Maria Cristina, Filippo Maria.

1630: Il generale al servizio dei Milanesi, Rambaldo di Collalto, resiste all’assedio delle truppe spagnole e sabaude presso Alessandria. All’arrivo dei francesi, Gonzalez de Cordoba e Spinola levano l’assedio. A est le cose però vanno male. L’esercito milanese viene sconfitto nuovamente presso Goito, e gli imperiali assediano Mantova, in cui si è trincerato Carlo di Nevers.

1631: Saccheggio di Mantova da parte dell’esercito imperiale. Galeazzo, dopo la morte del Collalto, prende lui stesso le redini dell’esercito e sconfigge Gonzalez de Cordoba, dopo essere riuscito a manovrare per dividere le sue armate da quelle dello Spinola, il quale, all’approssimarsi di un nuovo esercito francese, oltre che un esercito provenzale proveniente dal colle della Maddalena, ritiene più prudente ritirarsi temporaneamente verso sud-ovest. Galeazzo comincia ad allarmarsi per la mole dei soldati francesi presenti in pianura padana. Questo, oltre che la notizia di un’imminente invasione Svedese, spinge Milano a chiedere la pace e all’imperatore di accettarla. Non solo: vengono celebrate le nozze tra la giovane Maria Beatrice Postuma e Ferdinando d’Asburgo e tra Tommaso Francesco di Savoia e Francesca Visconti come segno di riconciliazione duratura. L’imperatore si accorda con i Francesi per accettare la successione del Nevers sul ducato Mantovano, con Maria Gonzaga che sposa Carlo di Nevers.

1632: Nasce Lodovica, secondogenita di Galeazzo e Maria Cristina.

1635: Luigi XIII dichiara guerra alla Spagna. Riprendono le ostilità in Italia, con gli Estensi, Genova e i Savoia a fianco degli spagnoli, mentre i Visconti rimangono alleati dei francesi. Gli imperiali, tuttavia, intervennero poco in Italia. Solitamente si tende ad attribuire il fatto agli impegni contro gli svedesi, penetrati sino in Baviera. I romanzi, invece, danno la “colpa” di tale azione all’influenza di Maria Beatrice sull’imperatore (dal 1637 in poi) Ferdinando III.

1637: Muore Vittorio Amedeo, lasciando il piccolo Francesco Giacinto nelle mani della madre, che assume la reggenza. L’anno successivo muore anche Francesco Giacinto. Il trono passerebbe a Carlo Emanuele, di due anni. Francesco Tommaso si appella al cognato per contrastare l’energica Maria Anna d’Asburgo. E’ guerra civile nel ducato sabaudo. I due schieramenti sono detti “madamisti”(pro Maria Anna e filo-spagnoli) e “principisti” (pro Francesco Tommaso e filo-francesi). Nasce Francesco Ferdinando, terzogenito di Galeazzo e Maria Cristina. Maria Anna d’Asburgo accuserà Maria Cristina, attribuendo la sua paternità a Tommaso Francesco.

1639: doppia battaglia di Torino: la tenace resistenza di Maria Anna coglie di sorpresa Tommaso Francesco. i principisti riescono a conquistare, con l’aiuto visconteo Torino, ma l’arrivo di un’armata spagnola riesce a liberare la città, per quanto gran parte del Piemonte orientale sia in mano ai principisti. Dopo questo fatto d’arme, si iniziano a stipulare le bozze per un accordo di pace. Tommaso Francesco ottiene la luogotenenza di Nizza per sé e per i suoi eredi sotto l’autorità eminente del duca di Milano, che gli donerà, come conte di Provenza, anche Cagnes, Antibes, Cannes, Grasse e Fréjus, con il nome di Marchese di Costa Azzurra. Invece, sotto l’autorità eminente della regina reggente, diverrà luogotenente di Ivrea e Biella. Grande e fastosa cerimonia di riconciliazione pubblica tra Galeazzo e Maria Anna d’Asburgo, voluta dallo stesso Visconti in Alessandria, coronata da manifestazioni di affetto reciproco tra i due. Maria Cristina non sarà presente.

1640: Nascita di Bianca Isabella e Bianca Eleonora, quarta e quintogenita di Maria Cristina e Galeazzo. Uno dei rarissimi parti gemellari condotti con successo senza morte dei neonati o della puerpera di tutta la storia antica, medievale e moderna. Per il miracolo si terrà una settimana di festeggiamenti (naturalmente organizzati da Maria Cristina, nonostante la sua condizione).

1640-1648: Con gli eserciti francese, spagnolo e imperiale in altre faccende affaccendati, Galeazzo si muoverà per la resa dei conti con gli Estensi che, approfittando degli impegni in Piemonte del duca, erano passati all’offensiva nel Parmense. Nel 1643-1644 Galeazzo parteciperà assieme all’esercito di Turenne a diverse battaglie come generale delle armate francesi, lasciando il governo del paese alla moglie. Nel 1646, in seguito al ritorno in patria del marito nasce la sestogenita, Maria Giovanna. Nel 1647, dopo essere stato nominato Gran Maestro di Francia, Galeazzo tenta di attaccare Napoli via mare con una flotta mista franco-provenzale, ma fallisce nell’intento.
Al ritorno fa vela verso il porto di Nizza, dove si trovava in quel momento Maria Anna d’Asburgo, in visita presso Tommaso Francesco. Leggenda narra che alla notizia, Maria Cristina prenderà il primo cavallo disponibile nelle scuderie del palazzo ducale e cavalcherà da sola fino a Nizza, uccidendo persino il cavallo per sfiancamento.

1649: matrimonio tra Luisa Anna (Hl: Luisa Cristina) di Savoia e Filippo Maria, a Chivasso. Il matrimonio fu un evento particolarmente fastoso e grandioso (naturalmente organizzato dall’inarrestabile Maria Cristina). Apparente riappacificazione tra Maria Anna e Maria Cristina. Quest’ultima, nonostante Luisa Anna sia figlia della sua storica “rivale”, prende a ben volere la moglie del figlio.

1655: Arriva a Milano Cristina, regina in esilio di Svezia. Fa professione di fede cattolica proprio nel Duomo di Milano. Rimarrà nella capitale ducale per due anni, per poi trasferirsi a Roma. Le malelingue sostengono su cortese invito di Maria Cristina, timorosa che l’avvenente e anticonformista principessa svedese avesse fatto un po’ troppo breccia nel cuore del figlio (o addirittura del marito).
Francesco Ferdinando Visconti, secondogenito di Galeazzo, sposa Nicoletta Piccinino, unica erede di Gian Giacomo IV conte di Crema, diventando acquisendo così a suo volta il titolo comitale, nonostante le proteste di Francesco d’Este duca di Modena, che era in accordo per il matrimonio di suo figlio Alfonso con Nicoletta. In questo caso, però, non si arriva alla guerra: l’impero infatti da’ ragione al Visconti e la Spagna è troppo impegnata nel conflitto nelle Fiandre per poter mandare una forza ingente in Italia, per quanto, per tramite del viceré di Napoli, pretenda che Galeazzo corrisponda una congrua riparazione in denaro al duca di Modena, cosa che il duca si impegnerà a fare, a rate, fino al 1659 (dopo aver versato non più del 30% dell’importo), quando, in seguito alla pace dei Pirenei, non si sentirà più in dovere di ottemperare.
Nasce Anna Maria Cristina, figlia di Filippo Maria e Luisa Anna (il primo figlio Giovanni Lodovico era nato tre anni prima, ma non aveva superato l’anno).

1656: Galeazzo, dopo aver trascurato il problema fino a quel momento, fa organizzare nuovamente una larga spedizione per l’America. dei quattro forti fatti erigere fino a quel momento, due erano stati bruciati dagli spagnoli durante la guerra tra il 1629 e il 1635, mentre resistevano, nonostante il conflitto con la tribù nativa dei Cusabo, solo quelli situati alla foce del fiume Edisto, grazie anche e soprattutto alle alleanze strategiche con la tribù dei Sewee e la potente confederazione dei Muskogee. Vengono costruiti altri due forti, il più grande dei quali verrà chiamato “Forte dell’Anguifera”, dotato anche di alcuni pezzi d’artiglieria. Inoltre, farà costruire a Tolone e Finale due “case” della “Ducale compagnia delle Indie”, sul modello degli altri stati europei, cercando di convincere anche armatori e commercianti privati ad entrare nel progetto. Nei successivi vent’anni sarà organizzato un traffico quasi regolare tra le colonie e la madrepatria; nel frattempo, i Cusabo verranno sconfitti e scacciati dalle loro terre. Ma più che il commercio di pellicce, sarà la pirateria a fare la fortuna della colonia ducale, vista la concessione di (più o meno discreta a seconda della contingenza) protezione garantita a olandesi, francesi e inglesi nel porto di Anguifera (da cui deriverà poi il nome dell’intera regione, ossia Anguiferia).

1657: Con il rinnovato interesse di Galeazzo nei confronti della marineria commerciale e militare del ducato, venne anche un ulteriore spesa per la costruzione di un arsenale a Tolone. Ulteriore mossa obbligata fu l’intervento della marineria viscontea in appoggio ai veneziani nella loro lotta contro i turchi. Nonostante gli sforzi profusi dal nuovo visir, Mehmet Köprülü, nella decisiva battaglia del 17-19 luglio, la flotta veneto-viscontea riportò una netta vittoria, facendo svanire la possibilità di rompere il blocco ai Dardanelli nell’immediato. L’anno dopo, a Candia, sarebbe sbarcato un generoso contingente provenzale a Candia, al comando dello stesso, ormai anziano, Tommaso Francesco di Savoia. Con seri problemi di carestia, oltre che gli Asburgo sull’offensiva in Ungheria, a Costantinopoli scoppia una rivolta, che costringe il Gran Vizir a rimettere il suo incarico, mentre i veneziani compiono una serie di azioni per prendere il controllo di diverse isole dell’Egeo. Nel frattempo, complice anche l’arrivo di una squadra francese e papalina, l’assedio a Candia è rotto, con le armate cristiane che si affrettano per portare l’assedio a La Canea.

1658: Nasce Renato Francesco, secondo figlio sopravvissuto in età adulta di Filippo Maria e Luisa Anna.

1660: Pace di Candia, che da’ ragione della grave sconfitta degli ottomani, che manterranno solo il controllo di La Canea, mentre Venezia guadagnerà territori in Dalmazia, oltre che le Sporadi Boreali, Lemno, Agiostrati, Psaro e Antipsaro, Nicaria, Stampalia, Ofidusa Chinaro, Levita, Sirina, Cerigo e Cerigotto, oltre alla fortezza di Malvasia e l’isola di Santa Maura nelle ionie. Ma se Atene piange, Sparta non ride: i veneziani hanno speso somme spaventose per la guerra, vinta peraltro con il sostanziale aiuto del ducato di Milano, la cui influenza sulla vita politica della Serenissima repubblica è il prezzo da pagare per il mantenimento di Creta. L’isola nel frattempo, ha perso due terzi dei propri abitanti prima della guerra, con la sua utilità dal punto di vista economico ridotta ai minimi termini e, anzi, bisognosa di altrettanto ingenti spese per la sua ricostruzione.

1663: morte di Maria Cristina di Borbone. Galeazzo decide di far erigere un grandioso monumento funebre in suo onore nella Certosa di Pavia. Successivamente, si ritira dagli affari di stato, affidandoli completamente al figlio Filippo Maria. Nascita del terzo figlio, Francesco.

1666: morte di Galeazzo il Grande, inumato al fianco della moglie. Gli succede Filippo Maria III.

1667: Nonostante il legame di cugini primi, Filippo Maria decide di non appoggiare Luigi XIV nella guerra di devoluzione del Brabante, al contrario del cognato Carlo Emanuele di Savoia, seriamente intimorito dall’apparato militare francese. Nuovo raffreddamento dei rapporti tra Milano e Francia, anche dovuto all’inasprimento dei dazi francesi sulle merci lombarde e provenzali. Contemporaneamente, Filippo Maria III riorganizza drasticamente l’esercito visconteo, eliminando il sistema del mercenariato e creando dei reggimenti nazionali (in numero di otto, cinque nel ducato e tre nella contea).

1674: Filippo Maria III è costretto a dirimere lo spinoso conflitto tra Genova e suo cognato Carlo Emanuele II, che aveva tentato di impossessarsi del potere nella repubblica, fallendo nel suo intento. Milano si riavvicina in questo frangente anche ai liguri. Nel frattempo, un esercito milanese occupa la cittadella di Novellara per evitare che i Gonzaga-Nevers e gli Estensi decidano di farsi venire strane idee in collegamento con la guerra d’Olanda.

1676: Anna Maria Cristina Visconti sposa l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo (per lui si trattava del terzo matrimonio). La personalità particolarmente esuberante di lei, probabilmente ereditata dalla madre, inizialmente si scontrò con il carattere piuttosto schivo e introverso dell’imperatore. Ciò nondimeno Anna Maria Cristina divenne una preziosa consigliera per il sovrano; ella giunse ad avere un odio profondo per il cugino Luigi XIV, che credeva si divertisse apposta, con la sua fame di guerre e di potere, a mostrare la sua superiorità in ogni campo su suo marito Leopoldo.

1678: Renato Francesco sposa Maria Anna Vittoria di Baviera.

1681: Maria Anna Vittoria partorisce subito a Renato Francesco un figlio maschio sano, Gian Galeazzo.

1684-1699: Assedio di Vienna. Francesco Ferdinando Visconti, conte di Crema, con un esercito composto anche da milizie lombarde levate nel ducato, si copre di gloria assieme a Eugenio di Savoia per le armi imperiali. L’anno seguente viene stipulata la Lega Santa, a cui Filippo Maria partecipa con la propria flotta e un contingente armato. Il più che ambizioso piano prevede niente meno che un attacco all’isola Eubea, mentre come diversivo viene scagliato un attacco verso Nauplia, nel Peloponneso, la Dalmazia e le coste albanesi. Tutte e tre le azioni hanno successo molto superiore alle aspettative, tanto che l’Eubea, la Morea e parte dell’Attica cadono quasi completamente in mani veneziane entro il 1690. Colti di sorpresa, i turchi riescono successivamente a passare al contrattacco, rintuzzando ulteriori campagne di conquista del capitano generale Morosini. Pur tuttavia, alla pace di Carlowitz tra le potenze cristiane e l’impero ottomano, gli Asburgo premono per l’utilizzo del principio dell’uti possidetis (ciò che si è conquistato, si tenga), che naturalmente torna a loro vantaggio, mentre i veneziani vorrebbero scambiare la Morea con le isole dell’Egeo o, nel migliore dei casi, con Cipro.
Alla fine, i veneziani riescono a imporre, almeno per il loro caso, il loro punto di vista e, invece di ulteriori ampliamenti territoriali in Dalmazia e nel ragusano, oltre che il controllo della Morea (a parte Nauplia, Corone e Modone), chiedono il ritorno sotto il loro controllo del Ducato di Nasso, oltre che Chio, Lesbo , Samo ed il Dodecaneso, assieme, ovviamente, alla conquistata Eubea. il generale Teodoro Visconti di Lomellina (succeduto al comando generale delle truppe viscontee dopo la morte di Francesco Ferdinando nel 1690) chiede e ottiene per il Duca suo fratello, invece, il ripristino materiale del medievale “Regnum Albaniae” (il cui titolo come sovrano, peraltro, nella titolazione completa, che Galeazzo amava particolarmente inserire in calce ai documenti da lui redatti, era sempre presente, insieme a Re di Gerusalemme e Re titolare delle due Sicilie).
Per ironia della sorte, il territorio concessogli non era mai stato nelle mani degli angioini nel XIII secolo: si trattava infatti della striscia costiera tra Antivari e Alessio, oltre che le montagne alle loro spalle, la valle della Boiana e del Drin con la città di Scutari, sul lago omonimo, come capitale. Naturalmente restava inteso che il regno, al pari di tutti gli altri domini viscontei, sarebbe stato considerato come feudo imperiale.

1688: Francesco Visconti sposa Isabella Luisa di Braganza, figlia di Pietro II del Portogallo.

1688-1698: Guerra della lega d’Augusta. i Savoia si alleano con gli imperiali, mentre i Visconti, impegnati nella guerra contro il turco, si dichiarano neutrali. Tuttavia i sabaudi, anche con l’aiuto asburgico, inanellano una serie di sconfitte, inferte dal maresciallo Catinat. La più pesante di tutte è la battaglia della Marsaglia, nel 1693. Con il serio rischio di un’occupazione francese degli stati sabaudi, Milano decide di entrare in guerra a fianco della lega d’Augusta. Al duca di Vendome viene ordinato di organizzare l’invasione della Provenza. Renato Maria Visconti, al comando delle truppe provenzali, viene sconfitto presso il Colle della Croce Alta e viene ucciso nello scontro. Alla notizia della morte del figlio, lo stesso vecchio Filippo Maria III prende il comando delle armate di Lombardia e investe l’esercito la guarnigione lasciata a Torino da Catinat e costringendo Vittorio Amedeo a prendere parte alla sua spedizione. il Maresciallo di Francia è costretto a tornare indietro e affrontare la nuova minaccia All’ultimo, però il suo posto è preso dallo stesso Vendome. La sanguinosa battaglia di Coazze vede inizialmente in vantaggio i francesi. Alla vista dell’imminente successo del Vendome, Vittorio Amedeo si ritira dal combattimento, lasciando solo e sorpreso (e ancor più furente di quanto già non fosse) Filippo Maria. Il quale, però, decide di cambiare tattica e istigare all’attacco Vendome. i francesi non riescono a conquistare il becco dell’Aquila, sul quale è abbarbicato. Al terzo attacco, dopo una fallita manovra d’aggiramento, i viscontei passano all’offensiva, riuscendo a cogliere di sorpresa il conte francese, portandoli verso la strettoia di Forno, dove il numero degli attaccanti francesi era impossibilitato a dispiegare la sua maggiore forza d’urto, mentre il tiro dei difensori falcidiava gli ufficiali nemici, aumentando il disordine nelle colonne nemiche
Ancora adesso questa battaglia trova il suo posto nei manuali di strategia militare, per quanto rimanga nell’ambito della speculazione ucronica la domanda: “E se fosse stato Catinat a dirigere le operazioni?”
Leggenda vuole che Vittorio Amedeo, alla notizia della vittoria viscontea tentò il suicidio, venendo fermato all’ultimo da un suo attendente di campo. 
Per la sua fellonia dovette chiedere pubblicamente ammenda e venne costretto a far fidanzare la sua unica erede, Maria Adelaide (con dispensa papale per i gradi di parentela), a Gian Galeazzo, che avrebbe portato in dote la contea di Tenda.

1701: Inizia la guerra di successione spagnola. Naturalmente il vecchio Filippo Maria III dichiara da subito la propria alleanza con la compagine imperiale e Vittorio Amedeo è costretto ad agire di conseguenza.

1704: Filippo Maria III e I come re d’Albania muore alla veneranda età di 75 anni, lasciando il trono (questa volta è proprio il caso di dirlo) al nipote (sotto la forte influenza dello zio paterno, Francesco, conte di Angera) che alla cerimonia stessa di incoronazione si sposerà con Maria Adelaide.

1701-1706: i francesi iniziano da subito l’invasione di Provenza e degli stati sabaudi. Nonostante i tentativi di resistenza di Vittorio Amedeo, i visconteo-sabaudi, comandati da Vittorio Amedeo di Savoia vengono sconfitti presso Pinerolo da De Villars. I ducati alleati sono costretti ad abbandonare la città di Torino nelle mani dei francesi e ritirarsi verso ovest. Nel frattempo, un esercito imperiale al comando di Eugenio di Savoia scende verso la Lombardia. Pur giovane, Gian Galeazzo II è ansioso di unirsi alle truppe di Eugenio. Il conte di Angera, pur assediato a Tolone, fa pervenire una lettera a suo nipote, sottolineando che la sua follia e che “il vostro dovere è ora garantire che una nuova vipera pronta a mordere con il suo mortal veleno nasca. Ché altrimenti il serpente verrà divorato dall’aquila.”
Nonostante il saggio consiglio, Gian Galeazzo, dopo aver salutato la moglie, disubbidì e si unì all’esercito austriaco, diretto a est a tappe forzate, per portare aiuto a Vittorio Amedeo, incalzato dai francesi.
Il Savoia dal canto suo riuscì ad ingannare l’esercito transalpino quel tanto che bastava per riuscire a trincerarsi nella cittadella fortificata di Casale.
Presto però, i transalpini reputarono inutile indugiare presso la città monferrina, preferendo avanzare verso la Lombardia e occupare le principali piazzeforti intorno a Milano, prima di tentarne una conquista. Dopo aver raggiunto Cremona, virarono a sud, attraversando il Po. All'altezza di Carpi vi fu il primo scontro con le armate di Eugenio di Savoia, che si risolse in una ritirata da parte delle armate francesi. Anche se la sconfitta era stata lieve, l’esercito di re Luigi preferì fare marcia indietro e ritirarsi verso posizioni più difendibili attendendo là lo scontro campale con gli imperiali. Ne nacque così una marcia forzata parallela delle due armate rivali a nord e a sud del Po, mentre le armate di Vittorio Amedeo ne approfittarono per uscire da Casale e ritirarsi anch’esse verso ovest, a Torino, altrettanto fortificata di Casale, ma anche con possibilità molto maggiori di approvvigionamento per i soldati.
La battaglia decisiva si ebbe proprio a Torino nel 1704(due anni prima rispetto alla nostra TL). Infatti, le armate di Eugenio riuscirono ad arrivare prima di quelle francesi, e vennero accolte all’interno della città. Vittorio Amedeo fu molto scontento e preoccupato nel vedere il proprio genero combattere al suo fianco, per la stessa ragione che aveva turbato Francesco Visconti. Fu però molto lieto di sapere dal giovane duca che il suo ultimo incontro con la duchessa consorte era stato “fruttuoso” e ora Adelaide era incinta. L’assedio alla città, noto anche per una lunga e logorante guerra sotterranea nei cunicoli sotto i bastioni, con il piazzamento di mine e contromine (evento per cui fu celebre il sacrificio del soldato minatore sabaudo Pietro Micca) durò 117 giorni, alla fine dei quali, Eugenio e Vittorio riuscirono ad elaborare una controffensiva dalle alture di Superga. Decisiva fu la carica del principe di Anhalt, che sfondò l’ala destra francese, e che permise di vincere la partita, infliggendo al nemico notevoli perdite. Ma l’esercito visconteo fu devastato da una notizia terrificante: il duca era stato ucciso da una pallottola vagante. due giorni prima, ma gli assediati ancora non lo sapevano, era nato il piccolo Ludovico Renato, poi noto come “Il duca-re”, “La vipera velenosa” o “il duca d’acciaio” . Nacquero subito diversi dubbi sulla paternità legittima dell’erede di Gian Galeazzo II, anche perché l’infedeltà della duchessa Adelaide anche prima della partenza del marito, era piuttosto nota. Tali voci vennero tuttavia messe discretamente a tacere dalla stessa compagine imperiale, che più aveva interesse ad alimentarle a partire dal 1711, ovvero alla morte dell’imperatore Giuseppe. Carlo infatti sapeva che se avesse sollevato un’accusa pubblica, lasciando paventare, all’estremo, un’incamerazione del ducato milanese, sarebbe stato deleterio per le sue già scricchiolanti alleanze. Sarà poi lo stesso diretto interessato, una volta raggiunta l’età della ragione, ad agire piuttosto brutalmente contro tali voci (facendo tagliare la lingua ad almeno trenta persone, di cui almeno cinque direttamente parte della corte, nell’arco di cinque anni).
Rintuzzati i francesi, Eugenio progettò un tentativo di invasione della Provenza, mentre il conte di Angera ancora resisteva, ridotto allo stremo, entro le mura di Tolone, complice anche l’incapacità della flotta francese di bloccare il porto, per via della flotta viscontea, cui si era riunita provvidenzialmente a supporto anche una squadra inglese. Il tentativo di spezzare l’assedio, tuttavia fallì. Furono gli stessi francesi ad abbandonarlo per via della crescente pressione nelle Fiandre, in Renania, Baviera e in Spagna, i cui destini erano decisivi per le sorti della guerra.

1707: Francesco conte d’Angera può tornare a Milano, per svolgere la sua mansione di reggente, pur inviando il proprio fidato generale, Giovanni Benedetto Borromeo, conte di Arona.

1712: Trattato di Utrecht, che cambia completamente la cartina politica dell’Europa. Per quanto riguarda l’Italia in particolare, visto che i Savoia vengono insigniti del titolo regio come “Re di Sardegna”. Per garantire la comunicazione tra l’isola ed il continente, impongono ai Visconti la cessione della contea di Nizza e la contea di Tenda agli stessi Savoia, in cambio del ducato di Mantova, che rimasto senza eredi, era teoricamente passato sotto l’autorità diretta imperiale. Contestualmente, i Visconti stessi, ottennero il titolo regio di Sicilia, ben più concreto di quello d’Albania, anche se si rifiutarono di vendere la titolarità su Napoli agli Asburgo, che avevano contestualmente occupato proprio l’ex-vicereame spagnolo.
Muore, in verità non molto compianta, se non dalla sua corte personale, Maria Adelaide di Savoia, consorte e, almeno formalmente, reggente per il figlio, per quanto fosse più che altro Isabella Luisa di Braganza ad occuparsi del bambino. Il popolino milanese la ricorderà per diverso tempo(ossia sino alla maggiore età del proprio sovrano, piuttosto suscettibile sull’argomento) in termini non proprio lusinghieri.

1713-1715: I coloni dell’Anguiferia sono impegnati in una guerra sanguinosa con i Tuscarora, popolazione di origini irochesi giunta al sud non molto tempo prima. Il conflitto è vinto grazie al contributo decisivo degli Yamasee, che combattono in alleanza con i coloni. Ma gli indiani cominciano a comprendere che anche bianchi sono divisi tra loro, visto che i Tuscarora impiegano armi donate loro dagli inglesi, più a nord. Dopo ulteriori conflitti con gli spagnoli di Sant’Agostino in occasione della guerra di successione spagnola, vengono fissati una volta per tutte i confini tra l’Anguiferia e la Florida.

1715: Visita di Danilo, metropolita di Cettigne, a Milano, per ottenere protezione dall’arrivo imminente di una nuova offensiva turca nell’area. I milanesi si accordano con i veneziani per difendere i propri territori e per portare aiuto alla Serenissima con parte della propria flotta. In quel periodo la flotta e l’armata veneziane erano in fase di riorganizzazione, per cui si trovavano in difficoltà a fronteggiare un attacco ben diretto come era quello pianificato dai turchi. Lemno e Lesbo si trovano occupate quasi senza combattere. Stessa sorte accade a Chio. Nel frattempo, un esercito di ben 80mila uomini si prepara ad assaltare la ben munita Nauplia, attraversando via terra l’istmo di Corinto. Il disastro nell’Egeo fu coronato dallo sbarco a Negroponte e della conquista di Calcide. Di fatto, in mano veneziana rimaneva solo l’appena rinnovata fortezza di Caristo.
Queste azioni, però non erano che l’antipasto: l’obiettivo vero dell’avanzata turca nell’Egeo altro non era che Creta, per la seconda volta. Come settant’anni prima, la flotta ottomana si diresse verso La Canea, con l’obiettivo di farne la base avanzata per le proprie operazioni sull’isola. Stavolta però l’esito fu differente, con le navi della flotta congiunta veneto-vscontea che riuscirono ad arginare efficacemente la flotta nemica, limitando l’afflusso di rifornimenti al contingente sbarcato. Questo più che altro per merito dell’ammiraglio Giacomo Brivio, marchese di Sordio, che indusse ad un atteggiamento più aggressivo anche lo stesso capitano generale da mare veneziano Dolfin.
Ciò che però determinò più di ogni altra cosa l’inversione di tendenza nel conflitto non fu tanto l’abilità dei difensori, quanto piuttosto l’intervento dell’impero, dettato dagli stessi turchi, che galvanizzati dai successi con i veneziani, iniziarono a muovere le proprie truppe verso l’Ungheria, desiderosi di prendersi la rivincita. Per l’impero ottomano è un fatale errore, che porta ad una serie di disastrose sconfitte contro le armate imperiali.

1715-1717: La confederazione Yamasee dichiara guerra contro i coloni dell’Anguiferia. Questi ultimi, però, con l’aiuto dei Catawba e, in parte, anche degli inglesi a nord (che cominciano a capire che i ducali possono essere un valido cuscinetto tra loro e gli spagnoli a sud e i francesi avanzanti verso est dal Mississipi), riescono a vincere, espandendo di molto il loro dominio in direzione ovest.

1718: Viene firmata a Passarowitz la pace tra Impero, Visconti e Venezia. Gli Asburgo guadagnano Serbia morava e Oltenia, i veneziani guadagnano ingrandimenti territoriali nell’entroterra dalmata, ma perdono le isole di Lemno, Lesbo, Chio, Psaro e Antipsaro. Mantengono però il dominio sulle Sporadi Boreali e viene resa loro Negroponte. I milanesi guadagnano diversi castelli in direzione dell’entroterra intorno a Scutari. Viene anche riconosciuta la piena indipendenza del principato vescovile del Montenegro, sotto la garanzia delle tre potenze, pur dovendo corrispondere un canone annuo alla Sublime Porta.

1720: tentativo di occupazione delle isole del Mediterraneo da parte della Spagna borbonica. Si rivela decisivo per sventare l’assalto il concorso della flotta viscontea, che era in via di ulteriore rinnovamento e ampliamento dopo le recenti esperienze con i turchi. I Savoia, infatti, dimostrano di aver avuto troppo poco tempo a disposizione per dotarsi di una flotta utilizzabile in battaglia.
Ludovico Renato viene fatto sposare con Enrichetta d’Este, di due anni più vecchia di lui alla precoce età di sedici anni. Nonostante nel costume italiano ci si sposasse relativamente tardi, il vecchio reggente era preoccupato per un’eventuale crisi di successione, in seguito alla morte del nipote a Torino.

1723: Con grande sollievo della corte milanese, nasce il primo figlio maschio della nuova coppia, Filippo. Dopo un inizio burrascoso, dovuto all’atteggiamento piuttosto paranoico di lui in relazione alla possibilità che la giovane moglie potesse avere degli amanti, la relazione tra i due sposi si fa molto affiatata.

1725: Morte dell’ormai anziano Francesco conte d’Angera. Gli vengono tributati grandi onori come “Difensore della Provenza”; viene inumato nella cattedrale di Tolone, città da lui amata.

1726: Nasce Cristina Visconti, figlia molto amata dal padre, e considerata una delle donne più colte e intelligenti del suo tempo. E’ famosa per aver avuto una fitta corrispondenza con molti grandi intellettuali dell’epoca, sia francesi, sia italiani. Fu anche grazie a lei che Milano e divenne una delle capitali dell’illuminismo. Scrisse inoltre diverse opere di diverso tema, sia poesie, sia trattati filosofici e contribuì validamente al governo del padre prima e del fratello poi(alcuni hanno sospettato addirittura che Filippo e Cristina avessero una relazione incestuosa). Più in là con l’età tenne residenza fissa a Tarascona, che nel XVIII secolo venne soprannominata “L'Atene di Provenza”.

1730: Nasce Carlo Renato Visconti, terzo figlio sopravvissuto in età adulta di Lodovico Renato ed Enrichetta d’Este.

1733: Guerra di successione polacca. Il nuovo duca Carlo Emanuele III, che ha un pessimo rapporto personale con il duca Ludovico, di cui è più vecchio di soli tre anni (leggenda narra che sia perché durante un ricevimento Carlo Emanuele si fosse comportato in maniera particolarmente galante con la duchessa. E l’eccessiva reazione di Ludovico fece il resto), si lascia irretire dalle promesse di Luigi XV, che gli prospetta una divisione dei domini viscontei (Provenza alla Francia, Ducato di Milano ai Savoia, Sicilia a Filippo di Spagna). Nasce Maria, quartogenita di Enrichetta e Lodovico.

1734-1735: Ancora una volta, i francesi invadono la Provenza, mentre ai Savoia viene affidata la conquista del Milanese. Per questi ultimi, però, l’osso è troppo duro da rodere venendo malamente sconfitti nei pressi di Chivasso. La situazione cambia quando De Villars, grande generale francese, scende in campo a fianco del re di Sardegna. Nei pressi di Torino, l’esercito visconteo viene ricacciato indietro, attestandosi oltre il Ticino, in attesa dell’arrivo dei rinforzi imperiali, guidati da Claudio de Mercy. Questo però non cambiò il trend generale della guerra. L’esercito franco-sabaudo rimaneva sempre all’offensiva, costringendo a progressive ritirate quello visconteo-imperiale. Pur tuttavia, il trentenne duca si coprì di gloria sconfiggendo, presso la Crocetta (vicino a Parma), un esercito nemico di numero di gran lunga superiore. Lo scontro non fu decisivo, ma ancora adesso è considerato una notevole prova di tattica e strategia, che lascia intravedere il talento militare di Ludovico. (Anche se vuole la leggenda che in realtà il piano sia stato ideato da una innocente bambina di nove anni intrufolatasi nell’accampamento, ovvero la piccola Cristina, che aveva seguito di nascosto il padre). Nel frattempo, Carlo di Borbone sbarcava in Toscana, per poi discendere verso il sud Italia, sconfiggendo pesantemente le forze austriache lì dislocate nella battaglia di Bitonto. Gli spagnoli si affrettarono poi a portare assedio a Capua e Gaeta. Più difficile si rivelò però la conquista della Sicilia. Nonostante la conquista di Messina, Palermo e Trapani, grazie all’aiuto della ormai considerata temibile flotta viscontea, resistevano a oltranza.
Il 1735, tuttavia si rivelò amaro, per il Savoia, quando comprese che i francesi avevano tutta l’intenzione di rimangiarsi gli accordi presi e dare Milano a Carlo di Borbone. Delle divisioni interne approfittò l’esercito visconteo-imperiale, che riguadagnò le posizioni perse in autunno. Questo, unito al fatto che gli spagnoli non riuscivano a conquistare completamente la Sicilia, indusse Luigi XV a intavolare trattative di pace, prima che gli austriaci scatenassero una contro-offensiva anche al sud. Unici successi, quelli delle colonie, dove la marina dell’Anguifera, con modi pirateschi, riuscì a saccheggiare diversi porti francesi e spagnoli, con perdite modeste e raggranellando un discreto bottino. Particolarmente importante fu anche in questo periodo l’alleanza con i Chicasaw, tribù che si opponeva ai francesi e ai loro alleati Choctaw presso il basso Mississippi.

1737: Il volto dell’Italia cambia di nuovo completamente. I Visconti sono costretti a cedere alcuni territori di frontiera con la Francia in Provenza, oltre che Vercelli ed il suo contado ai Savoia (Con Ludovico che mastica amaro meditando vendetta). Ciò nonostante, il Visconti può dirsi soddisfatto di essere riuscito a mantenere il controllo sulla Sicilia e sullo “Stato dei Presidi”, mentre gli austriaci cedono Napoli a Carlo di Borbone. Il Granducato mediceo di Toscana va invece ai Lorena, esautorati dalla loro terra natale dai francesi, che affidano la regione a titolo vitalizio al suocero di Luigi XV e candidato perdente al trono polacco, Stanislao Leczinski.

1738: Nasce Giovanni Maria, quintogenito di Enrichetta.

1740-1748: Guerra di successione austriaca. Derivata da diversi conflitti tra nazioni coagulatisi intorno alla decisione di accettare la successione di Maria Teresa d’Asburgo sul trono Austro-Ungarico, sarà la più lunga e sanguinosa guerra di successione del XVIII secolo. Per quanto riguarda il panorama Italiano, ancora una volta i Visconti si troveranno a dover fronteggiare un’invasione francese, a cui verrà aggiunto un esercito spagnolo avanzante dal sud. In questo frangente, il duca di Savoia, dopo un periodo di incertezza e tentennamento, appoggerà la causa imperiale. Durante questo conflitto, Ludovico verrà soprannominato “La vipera velenosa”, sia dagli alleati, sia dagli avversari, per via del suo modo di condurre la guerra, fatto di movimenti continui di truppe e attacchi particolarmente rapidi ed efficaci, con altrettanto rapide ritirate in buon ordine appena il nemico dava mostra di riorganizzarsi. In un paio di occasioni, anche con l’imminenza del matrimonio, condusse sul campo di battaglia il proprio figlio, per ”formarlo al comando”, nonostante il parere contrario della madre. Ancora più scandalo fece a Enrichetta (e non solo a lei) che si portasse anche la giovane Cristina, con la divenuta celebre giustificazione: “Mi porta fortuna”.
Nel frattempo, nel 1743, i Visconti riuscirono in un grande successo diplomatico: il matrimonio di Filippo con Luisa di Hannover, figlia del re di Gran Bretagna Giorgio II e contesa da diversi pretendenti. Il parlamento inglese fu a lungo dubbioso sulla scelta, anche perché si trattava di un principe cattolico e si faticava a vedere il vantaggio diplomatico di una tale unione. Il fattore decisivo pare fosse l’interesse nei confronti del peso crescente d’importanza nel Mediterraneo e, recentemente, anche nei Caraibi “snakes fleet” come veniva dagli inglesi (per via della bandiera navale) chiamata la flotta viscontea(che durante il conflitto ottenne anche decisivi successi a Tolone, assieme a quella inglese e al largo della Sicilia in diverse occasioni).
La guerra di successione si concluse con un sostanziale ripristino dello statu quo ante, fatta eccezione per la cessione della Slesia alla Prussia, a parte alcune piccole correzioni territoriali, come la restituzione di Vercelli ai Visconti o l’assegnazione della contea di Guastalla a Filippo di Borbone, fratello di Carlo re di Napoli

1744: Forte della nuova alleanza matrimoniale con gli inglesi, Lodovico Renato esprime seria preoccupazione all'ambasciatore britannico per il crescente coinvolgimento della Francia nella “questione corsa”. Già nel 1739, i genovesi avevano ricevuto l'interessato aiuto di Parigi per domare la rivolta. Il generale Boissieux aveva “pacificato” l'isola, ma una volta lasciati soli i genovesi, la situazione era tornata al punto di partenza.

Gli inglesi vennero, a seguito delle convincenti lettere del duca Lodovico Renato, dissuasi dall'appoggiare Domenico Rivarola, fuoriuscito corso gentilmente ospitato dal re di Sardegna. Anche se Carlo Emanuele di Savoia lo vedrà più come uno sgarbo del tutto personale, il parere del Visconti è quello che una manovra del genere avrebbe gettato letteralmente Genova nelle mani dei francesi (e con essa la Corsica), non facendo altro che il gioco di Parigi nella guerra di successione austriaca. Piuttosto, scriveva, Lodovico, era più ragionevole tentare di aiutare la Superba repubblica prospettandogli un conto meno salato rispetto a quello presentato dalla Francia.

1746: Nasce Cristina Giovanna, primogenita di Filippo e Luisa. Sin da subito iniziò la lotta, tra la madre Luisa e la zia Cristina per l'educazione della bambina.

1751: Nasce Galeazzo Maria II, secondogenito di Filippo e Luisa ed erede al ducato.

1755: Nasce Caterina Maria, terzogenita di Filippo e Luisa.

1756-1763: Scoppia la guerra dei sette anni, che vede un radicale ribaltamento delle alleanze, grazie all'astuzia politica dell'austriaco Von Kaunitz. Francia e Impero si trovano così a combattere uniti contro prussiani e inglesi. Gli inglesi tenteranno inutilmente di portare Lodovico Renato dalla propria. Ma questi, pur ribadendo l'intenzione di mantenere la politica di amicizia con l'isola, sottolineerà la sua impossibilità di affrontare un'invasione simultanea dell'esercito francese e austriaco sul suolo lombardo. Ciò nonostante, pur ufficialmente osteggiati dal duca-re, pirati anguiferesi opereranno spesso contro navigli e porti anglo-spagnoli, per quanto, nel 1759, Lodovico sarà costretto ad inviare Carlo Renato nell'Anguifera per “mettere freno alle azioni di questi riottosi ribelli alla pubblica autorità”, forte della minaccia francese di passare alle vie di fatto qualore non vi avesse posto rimedio. Ciò nonostante, Carlo Renato organizzò comunque un'armata ed una marina coloniale stabili ed efficienti, con lo scopo di poter difendere i territori (non solo quelli effettivi, ma anche quelli rivendicati, che si estendevano fino al fiume Coosa) dell'Anguiferia da qualsiasi tentativo di invasione esterna da parte dei contendenti in lotta o dalle tribù indiane loro alleate.

Questo rivestirà grande importanza verso il termine della guerra, quando Carlo Renato, non molto dopo la vittoria inglese di Signal Hill, in Canada, diede ordine, senza alcun tipo di giustificazione apparente, di marciare verso Fort Condé(Mobile) con i suoi uomini. Senza attaccare, si accampò però non lontano dalle mura, chiedendo di poter conferire con il governatore della regione per alcuni diritti territoriali sul fiume Alabama, per la precisione intorno al forte Enrichetta(Montgomery), costruito quattro anni prima come avamposto per il commercio con la Louisiana francese e le tribù indiane circostanti(e che lo stesso Carlo Renato aveva cercato di potenziare). Il comandante del forte, però, decise semplicemente di evacuarlo il giorno seguente, per ritirarsi verso Baton Rouge, lasciando il forte senza alcun presidio. Con la scusa di “difenderlo da potenziali razzie indiane, in attesa del ritorno del legittimo e benevolo governante”, Carlo Renato entrò nel forte con i suoi uomini, di fatto occupandolo.

Nel frattempo, nel 1760, nascerà Giovanni Renato, quartogenito di Filippo e Luisa.

Tale pericolosa e fortunata azione pagò all'indomani della firma del trattato tra inglesi e francesi l'anno seguente. Infatti gli inglesi, ritenendo che fosse buona norma offrire generosità e benevolenza a quelli che tutto sommato si erano comportati da alleati, girarono all'Anguifera (in cui il ruolo di centro principale, a scapito del forte omonimo, era passato a Sant'Ambrogio d'Anguiferia, alla foce del fiume Savanna), il possesso di Fort Condé, ribattezzato Forte Santa Maria Nascente.

1763-1768: Lodovico Renato invia una ennesima lettera, allarmato, a Londra. Ha infatti ricevuto notizia da spie genovesi che i francesi hanno intenzione di organizzare un corpo di spedizione per riconquistare la Corsica in nome della Superba. Di fronte al tentennamento inglese, decide di agire per conto proprio, costringendo i genovesi ad accettare la propria offerta, ossia l'invio di un'armata, guidata da suo figlio Filippo, i cui costi sarebbero ripartiti in numero di due terzi(alla repubblica) e un terzo(ai Visconti). Di fatto, si trattò di un'estorsione, in quanto, invece di un attacco diretto contro i corsi, Filippo utilizzò una tattica attendista, lasciando il suo esercito al sicuro entro le mura delle fortezze costiere, facendo levitare così il conto delle operazioni, al solo scopo di rendere inonorabile l'accordo da parte della repubblica.

La Francia minacciò ritorsioni, ma una flotta inglese gettò l'ancora a Calvi, lasciando intendere che non avrebbe accettato passivamente un intervento francese diretto nella vicenda. In realtà, la città stessa era stata segretamente promessa agli inglesi, in cambio di una interessata protezione da eventuali interventi di Parigi.

Nel 1768, Genova, si dichiarò ufficialmente incapace di pagare il debito e di onorare il contratto con Filippo Visconti, il quale chiese come pagamento il dominio eminente sull'isola stessa. Dopo che la repubblica acettò, Filippo passò finalmente all'offensiva verso l'interno, distruggendo la resistenza nemica nella decisiva battaglia di Ponte Nuovo sul Golo. In seguito alla battaglia, si fece proclamare a Bastia “Conte di Corsica”, cercando nei mesi successivi, di ottenere l'appoggio dei maggiorenti dell'isola, con una politica improntata alla benevolenza verso gli sconfitti. Nonostante ciò, ci vollerò però ancora molti anni ancora, prima di eliminare qualsiasi focolaio di opposizione nel montuoso entroterra.

1770: Muore Lodovico Renato, si dice intento a lavorare nel suo studio fino al suo ultimo istante. Gli successe suo figlio Filippo, che, partendo da Bastia, dove dimorava, si diresse prima a Tarascona (in cui si era stabilita la sorella Cristina), per farsi incoronare conte di Provenza, quindi a Palermo, come re di Sicilia, a Scutari come re d'Albania e solo da ultimo a Milano, come duca, il “gran tour delle corone”, come venne soprannominato dai contemporanei, durò un intero anno.

Morte nello stesso anno di Luisa di Hannover, mentre si trovava in visita a Pisa, col marito. In tutto, porterà il titolo di regina solo per pochi mesi. La sua morte sarà soprattutto celebre nel milanese per via di questa filastrocca popolare:

Oh, mama, oh mama, la sciura Luisa
U sintü che l'è andaj a murì propi a Pisa.
La gheva la luna talment che storta,
Che, pora tusa, l'è finì morta.
Al mutif, s'il vuré savel,
L'era ch'al re l'ha faj un pü al purscèl
E che da Milan la vera regina
La risteva semper la sciura Cristina.

Filippo, senza lasciare molto tempo al proprio lutto, nel frattempo darà ordine di inviare una squadra navale in appoggio al conte russo Orlov, contribuendo alla sconfitta della flotta turca a Cesme, e che gli guadagnerà un ulteriore piccolo aumento del territorio dell'Albania Viscontea. Durante questa campagna, Filippo partecipa direttamente ai negoziati, riuscendo nell'intento di riguadagnare definitivamente (dopo aver lavorato a questo scopo durante i precedenti 5 anni) il tradizionale ottimo rapporto con gli austriaci, che si era leggermente incrinato in seguito alle vicende della guerra dei sette anni. In questo modo, Milano si troverà nella particolarissima condizione, unica nell'Europa del tempo di “bilanciere tra le grande potenze”, essendo vicino agli inglesi e agli austriaci, su due lati opposti del gioco delle alleanze del tempo. Questa posizione gli sarà molto utile per la riuscita delle manovre diplomatiche riguardanti il matrimonio di suo figlio.

1771: dopo un gioco politico degno di una spy story, Filippo, con riesce a battere un'agguerrita concorrenza e ottiene per suo figlio Galeazzo Maria II la mano di Maria Beatrice d'Este, ultima erede dei Cybo-Malaspina-Este. L'accordo con l'impero, relativo al matrimonio, sarà, allo scopo di non unire l'eredità estense a quella milanese, che:

-In caso il matrimonio sia senza figli, il ducato Estense ed il ducato di Massa e Carrara vengano incamerati dagli Asburgo, i quali porranno sul dominio unito un arciduca.

-In caso il matrimonio abbia un figlio primogenito maschio, il figlio maschio sarà erede titolare dei domini paterni, ma non di quelli materni, i quali saranno ereditati dai figli successivi (maschi o femmine che siano)

-In caso il matrimonio abbia un figlio primogenito femmina, il ducato sarà ereditato dalla figlia femmina, e l'eredità estense raccolta dall'eventuale sua prole.

1773: Nasce Giovanni Maria II, figlio primogenito di Galeazzo Maria II e Maria Beatrice.

1775-1783: Guerra d'indipendenza americana. L'Esercito continentale cercherà in più di un'occasione di “tirare dalla propria parte” l'Anguifera, senza però ottenere successo. Anzi, le posizioni prevalenti dei viscontei rimarranno inizialmente filo-inglesi. Cambieranno di colpo quando William Howe impose con ben poco tatto l'utilizzo del porto di Sant'Ambrogio come base militare e navale permanente per le proprie truppe nel 1776. Nonostante il tentativo di Henry Clinton e di Cornwallis di mediare, la situazione creò un grave incidente diplomatico, che portò addirittura allo scontro tra le milizie Anguifere e l'esercito inglese. Il conflitto fu faticosamente appianato, ma tra i coloni lombardo-provenzali si era creato un clima di forte sfiducia nei confronti degli inglesi e di favore verso l'esercito continentale. Anzi, il conte d'Anguifera, Carlo Renato, mobilitò tutte le forze di cui poteva disporre nell'ovest e le concentrò a Forte Santa Maria Nascente, per minacciare il Mississipi inglese. Le ostilità con gli inglesi, alla fine, scoppiarono, incoraggiate dalle notizie delle vittorie navali di Grasse e Piquet nelle Antille. La Flotta francese nel Mediterraneo, per una volta, fiancheggiò quella viscontea, mentre l'esercito Chicasaw-Alabama-Anguifero occupava le scarsamente difese Fort Maurepas(Biloxi), Baton Rouge e Natchez.
Nel frattempo, nascono a Galeazzo Maria II e Maria Beatrice: Galeazzo Ercole, erede al ducato estense, nel 1776, Cristina Beatrice nel 1779, Bianca Enrichetta nel 1781, Lodovico Francesco nel 1783.

1783: il trattato di Parigi vedrà l'indipendenza degli Stati Uniti d'America, oltre che la restituzione della Florida agli spagnoli e la cessione di tutti i territori dal fiume Alabama al fiume Mississipi dalla costa fino al 35 parallelo (che sarà la linea di demarcazione con gli Stati Uniti) all'Anguifera.

Pur tuttavia, l'idillio ritrovato con i francesi, gli spagnoli e gli americani durò molto poco: questi ultimi, infatti, si dimostrarono aggressivi e poco riconoscenti, nei confronti dei lombardo-provenzali, creando una serie quasi costante di incidenti di frontiera e navali tali da esasperare il governo di Sant'Ambrogio. Nel 1785, con la morte di Filippo e l'ascesa al trono di Galeazzo Maria II, un nuovo trattato di amicizia venne rinnovato con Londra, segnando un deciso ritorno alle posizioni precedenti (nonostante il riavvicinamento anche a Vienna).

Anche per questo motivo, nella successiva guerra del 1787 tra Russi e Austriaci contro l'impero ottomano (sostenuto dagli svedesi e, indirettamente, dagli stessi inglesi) Milano rimarrà neutrale.

Due anni dopo, però, nel 1789, scoppierà in Francia la rivoluzione, che ribalterà tutti gli equilibri politici costruiti sino a quel momento.

1789-1792: Galeazzo Maria II assistette inizialmente con una certa qual indifferenza alla situazione, pur adeguandosi al coro di voci preoccupate dei sovrani europei. Anzitutto perché sperava che un indebolimento della Francia tornasse a proprio vantaggio. In secondo luogo perché era più preoccupato, in quel momento, dalla repressione delle rivolte baronali in Sicilia, dal trovare una degna consorte per suo figlio, oltre che dell'aggressività ottomana contro Pietro Petrovic, archimandrita di Cettigne. Durante gli anni compresi tra il 1789 e il 1792, il suo impegno sarà piuttosto concentrato a allacciare relazioni amichevoli con le potenze emergenti del continente, vale a dire Prussia e Russia. Galeazzo Maria, tuttavia, non riuscì ad entrare mai veramente in trattativa con Federico Guglielmo II, troppo interessato alla vita gaudente della corte di Berlino che alla politica internazionale. Più successo invece ebbe con Caterina II di Russia, con cui, personalmente, trovava una larga comunione di vedute non solo dal punto di vista geopolitico, ma anche sulla gestione stessa dello stato. Il compito più arduo per Galeazzo era far digerire l'avvicinamento a San Pietroburgo da parte di Vienna e, in particolare, Londra, leggermente allarmate da ciò.

1790: Matrimonio tra Giovanni Maria II e Luisa Maria Amalia di Napoli. Questo matrimonio segna, tra le altre cose, anche una certa normalizzazione dei rapporti tra i Borbone di Napoli e i Visconti, da sempre inquinati dalle pretese viscontee sul regno del sud.

1791: incoronazione di Giovanni Maria II a re di Sicilia a Palermo. Questa cerimonia, del tutto superflua dal punto di vista legale, è in realtà una sorta di celebrazione del trionfo dei Visconti nella loro decennale 'guerra' contro il potere baronale isolano, progressivamente limitato dalla riproposizione su suolo siciliano della macchina statale sviluppata in Lombardia.

1792: esecuzione di Luigi XVI. Galeazzo Maria si accoda alla coalizione antifrancese promossa dall'Austria, per quanto con scarso entusiasmo. Una delle sue prime mosse fu quella di fare del suo capo di stato maggiore, il generale Michele Colli, luogotenente di Provenza, dandogli la facoltà di mettere la contea sotto il controllo militare. Dai tempi della guerra dei sette anni, Filippo e Galeazzo Maria avevano compiuto notevoli progressi per la costruzione di una linea fortificata che difendesse la Provenza da attacchi da nord e da ovest, in modo da rendere molto più difficile un'eventuale invasione da parte francese. Questo facilitò l'atteggiamento del Colli, che non voleva rinunciare ad un'offensiva, nonostante la raccomandazione del proprio signore di concentrare le truppe a difesa della regione. Ciò che rappresentò il maggiore problema, per Colli, fu la collaborazione con l'esercito sabaudo ed il contingente di appoggio inviato dagli austriaci, che faticavano a sottostare al suo alto comando delle operazioni. Ciò nonostante, riuscì a riportare alcuni successi in direzione di Lione, riuscendo ad occupare stabilmente Valence e Grenoble.

1795: Nascita di Lodovico Renato II, figlio di Giovanni Maria e Luisa Maria Amalia. Verrà soprannominato “figlio della rivoluzione”.

1796-1797: Dopo la battaglia di Fleurus di due anni prima, il flusso del conflitto stava volgendo in maniera decisiva a vantaggio dei francesi, che due anni dopo lanciò un'offensiva verso sud-est, sotto il comando del giovane comandante Jean Victorie Marie Moreau.

Bonaparte sconfigge Colli nella battaglia di Montelimar il 23 marzo; quindici giorni dopo i francesi sono respinti poco a nord di Orange. Tuttavia, Moreau sorprese Colli, lasciando la via verso Avignone e avanzando invece a est, verso Nyons. Colli decise di inseguire con le sue truppe Moreau, che, confidando proprio in questo, gli preparò una trappola a Valreas, dove i francesi ottennero una vittoria schiacciante. Da lì, tralasciando volutamente la conquista dell'intera Provenza, puntò decisamente verso le Alpi, per penetrare in pianura padana. A Barcellonetta sconfisse altrettanto pesantemente le armate Sabaude.

A quel punto, la difesa della piana venne affidata da Galeazzo ad un promettente giovane generale corso di nome Napoleone Buonaparte. Il Visconti propose a Vittorio Amedeo di Savoia e agli austriaci di porre l'intero esercito alleato sotto il suo comando. Tuttavia, da parvenu di provincia, il Buonaparte non riuscì a farsi accettare dallo stato maggiore, che preferì affidarsi al generale fiammingo Beaulieu. Le divergenze di opinioni su come affrontare l'esercito francese arrivò perfino allo scontro fisico, tanto che Buonaparte decise di far ritirare le proprie truppe da Argentera, giudicando la posizione da cui Beaulieu voleva accettare battaglia come indifendibile. Nonostante il rischio di essere giudicato per alto tradimento e diserzione, uno dei comandanti dell'esercito sabaudo, assieme al proprio reggimento, decise di seguire nella ritirata Buonaparte. Il suo nome era Andrea Massena.

Come era prevedibile, Moreau sconfisse gli Austro-sabaudi ad Argentera, ripetendo poi l'impresa a Demonte. Massena accettò invece battaglia con i francesi a Mondovì, dove, al termine di una lunga e faticosa battaglia, fu comunque costretto alla ritirata. L'imperatore d'Austria inviò una lettera di lamentele al duca per la condotta del proprio generale traditore, ma la caparbietà di Galeazzo, alla fine, permise al Buonaparte di salvare comando e collo.

Questi ripagò la fiducia accordatagli dal proprio signore fermando in una storica battaglia i francesi sul ponte di Lodi. Purtroppo, la sua vittoria fu vanificata, ancora una volta, dalle incomprensioni con Beaulieu, il cui compito era di tagliare la ritirata all'esercito di Moreau. Quest'ultimo riuscì ad ingannare gli austriaci, aggirandoli e mettendosi, a sua volta, nella condizione di intrappolare le armate di Buonaparte.

Con una gran dose di abilità tattica, il corso riuscì a spezzare il fatale accerchiamento presso Casalpusterlengo, per poi dirigersi verso Milano e ivi trincerarsi all'interno delle mura seicentesche con i suoi uomini. Ispirato dai francesi, fece inoltre avviare con il consenso del duca-re la creazione di una “milizia cittadina”, che fosse capace di operare in appoggio all'esercito regolare. Moreau diede ordine a parte del suo esercito di andare ad assediare Buonaparte in Milano, per quanto più con lo scopo di tenerlo impegnato, piuttosto che stanarlo. Nel frattempo si occupò di sconfiggere pesantemente, presso Casal Maggiore, Beaulieu, che dopo tale disfatta venne rilevato al comando da Wurmser.

Wurmser, con poca cavalleria, ma con molto senso pratico, decise di abbandonare gli alleati milanesi al loro destino e riparare verso l'Adige, al confine con la Serenissima repubblica di Venezia, di cui aveva intenzione di violare la neutralità.

Moreau non se ne diede per inteso e si diede alla caccia, entrando anche lui con i suoi uomini all'interno del territorio di San Marco. Inviò inoltre un conciliante trattato di pace al duca e a Buonaparte, in cui gli concedeva, in cambio del ritiro dal conflitto, il Biellese, Nizza e Tenda. Galeazzo fece sapere al messo di Moreau che avrebbe accettato solo previo ripristino del ducato Estense di Modena e Reggio, controllato in quel momento dai giacobini filo-francesi che avevano eretto la “Repubblica Cispadana”. Il rifiuto francese di acconsentire a tale richiesta ruppe, per la gioia di Buonaparte, ulteriori trattative. Mentre Moreau era impegnato in veneto, infatti, Napoleone riuscì a rompere l'assedio con una sortita decisiva. Marciò quindi verso Chivasso, dove sperava di intercettare gli eserciti francesi giunti a rinforzo delle armate di Moreau, dando ordine anche a Massena, ormai diventato suo braccio destro, di occupare la cittadella di Torino. Indispettito, Moreau lasciò il compito di avanzare verso Tarvisio al comandante Berthier, mentre lui stesso tornò indietro per dare una lezione al fastidioso generale corso.

Questa sorta di gioco al gatto e al topo che i due intrapresero, rimase nella storia. Tecnicamente, Buonaparte vinse ogni scontro, ma i francesi riuscirono ad esaurire le forze dello stato visconteo, che una seconda volta si trincerarono a Milano. Il trattato di Campoformio giunse come una benedizione per Galeazzo, che si ritenne sufficientemente fortunato da essere compreso nella pace che cedeva la terraferma veneta agli austriaci, peraltro senza decurtazioni drammatiche al proprio territorio. Modena, Reggio, Massa e Carrara, oltre alle legazioni pontificie in Emilia e Romagna vennero riuniti da Moreau nella “repubblica cispadana”. In cambio dell'amara e prevedibile cessione della Provenza alla Francia, avrebbe ottenuto il Biellese ed il Canavese con Ivrea. Il governo veneto ripara, in esilio, sull'isola di Creta, mentre il governatore visconteo di Scutari occupa, ufficialmente “a difesa contro nemici esterni” l'Albania Veneta, nonostante la popolazione di Cattaro, Perasto, Budua e gli altri centri furono piuttosto riluttanti ad ammainare la bandiera con il Leone Alato.

1798: l'unico stato che rimaneva in guerra con la Francia rivoluzionaria era la Gran Bretagna. Quest'ultima chiese il sostegno della flotta ducale. Galeazzo, per quanto odiasse i francesi, non poteva permettersi una riapertura delle ostilità con Moreau con un esercito a pezzi. Permise però a 10 navi della sua flotta a salpare sotto la bandiera dell'Union Jack. Tali navi parteciparono alla battaglia della rada di Abukir sotto il comando dell'ammiraglio Nelson.

Nascita di Giovanna Cristina, secondogenita di Giovanni Maria e Luisa Maria Amalia.

1799: Formazione di una seconda coalizione antifrancese. Galeazzo è riluttante a parteciparvi, ma riceve assicurazioni da russi e austriaci sul fatto che le armate alleate, questa volta, avrebbero collaborato in maniera ben più ingente alla difesa della valle padana. L'attacco francese si rivolse in questo caso in una duplice direzione: da un lato verso Milano, dall'altro verso l'Italia centrale e meridionale. Anche in questo caso, ad una prima fase in cui i francesi furono all'offensiva ed una seconda in cui Buonaparte e Suvorov riuscirono a contrastare le armate francesi. Ancora una volta, però, il generale corso si trovò a criticare aspramente il comando austriaco, che sembrava “volesse ostacolare apposta noi e i russi.” Giudicava infatti che il cancelliere austriaco Thugut fosse stato un folle ad impedire all'arciduca Carlo di colpire in Svizzera con le forze francesi disperse e ancora più folle obbligare lui e Suvorov attraversare il san Gottardo dopo aver dato tempo alle forze francesi di riorganizzarsi. Ciò nonostante, questa volta, su insistenza di Suvorov, Buonaparte fece il suo dovere. Fu grazie al suo comando che l'esercito russo-lombardo riuscì a contrastare l'azione del comandante francese Lecourbe e giungere in tempo per aiutare il generale russo Korsakov e l'austriaco Hotze nella seconda battaglia di Zurigo, che costrinse i francesi del generale Soult a ripiegare verso nord. Questo successo non mutò tuttavia la convinzione di Suvorov di non essere in grado di tentare un'invasione della Francia con le forze a disposizione, così come non mutò lo scontento dello zar Paolo I nei confronti dell'andamento del conflitto.

L'unico risultato tangibile fu lo scioglimento della repubblica elvetica ed il ritorno ad una confederazione svizzera maggiormente federalistica. La situazione precaria di Milano non migliorava di una virgola, circondata com'era da un'indecisa Austria e dai russi che avevano deciso di ritirarsi dal conflitto- Questo indusse nuovamente il duca-re a chiedere una pace bianca ai francesi e ritirarsi anch'esso dal conflitto. Nel frattempo, il Piemonte veniva annesso alla Francia come provincia militare.

1800-1801: Buonaparte chiede al proprio signore di continuare la battaglia, ma la guerra contro l'Austria dei francesi vede Milano strettamente neutrale. Questo sarà il più grande errore di Galeazzo, che assisterà senza muovere un dito alla sottomissione dell'intera penisola agli interessi della Francia.

1802: Trattato di Amiens che decreta, almeno sul continente, la pace generale. Una pace sfavorevole a Milano, che perdeva definitivamente la possibilità di recuperare la Provenza e vedeva il resto della penisola occupata da forze filo-francesi, come la repubblica d'Etruria, la repubblica Ligure e la repubblica Cispadana.

Nascita di Sofia Beatrice, terzogenita di Giovanni Maria e Luisa Maria Amalia.

1803-1805: Il Duca-re rimane neutrale durante la terza e la quarta coalizione, non fidandosi, questa volta, delle promesse austriache. I fatti gli diedero effettivamente ragione, visto che Vienna subì una sconcertante serie di sconfitte. Ma quando il comandante Reynier, su ordine di Moreau (che nel frattempo si era nominato imperatore dei francesi), invase il regno di Napoli, Galeazzo Maria non poté esimersi dall'intervenire. La “volpe di Corsica” ancora una volta darà filo da torcere alla Francia, tanto da riuscire a sconfiggere in più di un'occasione i francesi anche in condizione di inferiorità numerica. Pur tuttavia, il divario di forze era troppo grande da poter condurre ad un esito diverso dalla sconfitta. Nel 1807, dopo una fuga quasi rocambolesca, Galeazzo Maria, insieme alla sua famiglia e allo stato maggiore, sarà infine costretto a riparare a Palermo, difesa dalla flotta viscontea e inglese, dove aveva trovato rifugio anche la famiglia dei Borbone. In Sicilia nascerà, quello stesso anno (Luisa Amalia era incinta durante la fuga), Caterina Luisa.

1808-1813: Esilio dei Visconti in Sicilia. La campagna di Russia e la guerra della sesta coalizione, distrugge d'un colpo il dominio francese sul continente. Moreau viene esiliato sull'isola d'Elba e si prepara un congresso per decidere il destino dell'Europa dopo la tempesta rivoluzionaria.

1814-1815: Congresso di Vienna. Per quanto riguarda l'Italia, i possedimenti Viscontei vengono modificati in misura radicale: dopo ben tre secoli di dominio, la Provenza passa infatti sotto il controllo dei Savoia (che mantengono comunque la Sardegna e, appunto, la Savoia), mentre Piemonte, Saluzzo Nizza, Tenda e la Valle d'Aosta vengono ceduti ai Visconti. La continuità territoriale dei domini Viscontei avrebbe, nell'ottica delle potenze, rafforzato Milano in caso di ritorno in armi di Parigi. In aggiunta, i Visconti ottennero anche il dominio sulla repubblica di Genova, che perse la sua indipendenza definitivamente. Meglio andò alla repubblica di Venezia, che fu ripristinata, nonostante l'obbligo di mantenere in permanenza una guarnigione austriaca a Venezia, Verona e Udine, oltre che la cessione della Dalmazia all'Austria e dell'Albania Veneta ai Visconti, che nel contempo, dovettero cedere lo stato dei presidi alla Toscana. Galeazzo Maria rimase molto amareggiato dalla perdita della Provenza. Pur tuttavia, la leggenda narra che la sua morte, avvenuta proprio il giorno dopo la ratifica del trattato finale del congresso, il 10 giugno 1815 fu preceduta dalle parole: “Ora tutto che tutto è tornato al suo posto, posso anche andarmene.”

Particolarmente sfortunata fu la decisione del generale Murat, già nominato da Moreau re di Napoli e informalmente in via di conferma dal congresso (che, a compensazione, stava cercando di convincere Visconti e Savoia di cedere Sardegna e Corsica ai Borbone) di tentare di opporsi con la forza al blocco Visconteo-imperiale che si era venuto a creare nel nord Italia. La sua epopea finì con la disfatta di Tolentino nel maggio 1815, quando un esercito coalizzato guidato dal “generale d'Italia”, ovvero Napoleone Buonaparte, lo sconfisse pesantemente. Lo stesso Buonaparte verrà quindi inviato come governatore generale nell'Anguifera, che a seguito del conflitto aveva conseguito ulteriori guadagni territoriali. Infatti, i coloni, in particolare la fazione detta “provenzale”, appena giunti a conoscenza del trattato di San Ildefonso, che restituiva la Louisiana a Parigi, lo giudicarono un “tradimento” degli spagnoli e non esitarono a marciare su Nouvelle Orleans, con il benestare inglese (mentre, nel contempo, la flotta atlantica era reduce dal successo dell'occupazione congiunta con gli inglesi della Guadalupa) . Gli Stati Uniti, che erano segretamente in trattativa con la Francia per la retrocessione a loro guadagno del territorio contestato dietro pagamento di una considerevole somma, prepararono a loro volta un'armata per difendere il loro “investimento”. Per poco non si giunse al conflitto armato tra anguiferi e americani, dalle conseguenze potenzialmente esplosive ed incalcolabili. La situazione peggiorò ulteriormente quando, a seguito dell'occupazione della Spagna da parte degli eserciti francesi, un reggimento anguifero occupò Sant'Augustin, nella Florida spagnola. Gli inglesi si proposero celermente per una mediazione (anche perché dovevano farsi perdonare della mancata cessione all'Anguifera di metà Guadalupa, dato che l'isola sarebbe tornata alla Francia), accettata a malincuore da Livingston ed Hamilton. Gli Stati Uniti accettavano una compensazione monetaria all'Anguifera pro bono pacis; In cambio, avrebbero riconosciuto i diritti di quest'ultima sull'occupazione dell'intera Florida, cosa che fece anche la Gran Bretagna, lasciando il regno iberico unico danneggiato dalla vicenda.

1814-1828: Regno di Giovanni Maria. Profondamente scettico nei confronti degli ambienti liberali, cercherà di sopprimere con solerzia qualsiasi circolo costituzionalista, guadagnandosi cattiva reputazione presso le forze progressiste dei suoi regni, in particolare durante la repressione dei moti del 1820-1821. Manifesterà però un, del tutto pragmatico, interesse nei confronti delle riforme costituzionali nella Serenissima repubblica di Venezia, con la quale tenterà più volte un avvicinamento politico, allo scopo di allontanarla dalla pesante influenza asburgica. La grande novità dell'apertura del maggior consiglio ai nobili delle province, oltre che del mandato non più a vita ma solo settennale del doge verranno viste con favore dal duca-re, che non perderà tempo nel tentativo di creare un “partito” filo-visconteo (contrapposto, naturalmente, al partito filo-asburgico).

1820: Matrimonio tra Lodovico Renato II ed Elisabetta Lodovica di Baviera, figlia (di secondo letto) del re di Baviera Massimiliano Giuseppe.

1823: Rivolta di Creta. Gli indipendentisti greci, in concomitanza con i sommovimenti all'interno dei domini ottomani, agiranno anche nell'isola sotto il controllo della Serenissima. Venezia, inizialmente, si troverà nell'imbarazzante situazione di trovarsi incapace di rispondere con efficacia e nell'indifferenza della sua supposta protettrice, l'Austria. Giovanni Maria approfitterà dell'errore degli Asburgo, inviando una flotta di supporto a Candia, per quanto il suo aiuto sarà subordinato a pressioni per il riconoscimento di concessioni ai greci. Non tanto per una vero amore alla causa dell'indipendenza greca, quanto piuttosto per la sua intenzione di agganciarsi a loro per mettere pressione sull'impero ottomano e, eventualmente, ampliare i confini del regno di Albania.

Lo stesso grande impulso allo sviluppo urbanistico e industriale di Scutari, oltre che della stampa in lingua albanese fortemente voluto da Giovanni Maria era improntato dall'idea di indurre gli albanesi sotto il dominio turco a sviluppare gli stessi sentimenti indipendentistici che stavano manifestando i greci e inquadrarli entro una cornice legittimistica intorno alla sua persona.

1824: Nasce Filippo Maria IV (poi detto “Il grande”), primogenito di Lodovico Renato ed Elisabetta Lodovica.

1825: Moti in Anguifera, ambiguamente gestiti dal Buonaparte (di cui ora conosciamo il coinvolgimento, grazie al ritrovamento di parte della sua corrispondenza segreta). Giovanni Maria sarà costretto a concedere una riforma amministrativa nei suoi territori d'oltremare (che costituirà un pericolo precedente).

1827: Partecipazione, in qualità di re di Albania, di Giovanni Maria, alla coalizione “di pace” anglo-franco-russa per risolvere la crisi greca, culminata nell'annientamento della flotta turca nella rada di Navarino. Pur tuttavia, il sovrano tanto interessato ai Balcani non farà in tempo a vedere i risultati del suo interessamento, visto il sopraggiungere della morte l'anno successivo.

Nasce Amalia Cristina, figlia secondogenita di Lodovico Renato.

1828: Sale al trono Lodovico Renato. Su di lui si appuntano molte speranze dei liberali, a conoscenza delle sue simpatie (e degli screzi con il padre negli ultimi anni del suo regno).

Ma chi si aspetta una costituzione entro breve, rimane deluso. Adducendo a pretesto la risoluzione del problema greco, infatti, il sovrano temporeggia sull'argomento. Intanto, la convenzione di Londra nel 1830 sancisce l'indipendenza della Grecia a sud della linea Arta-Volos. Lo stato verrà governato da Ottone Wittelsbach, cognato di Lodovico Renato, in qualità di sovrano. Il regno di Albania guadagna invece le fortezze settentrionali montane di Theth e Bajiram, oltre a tutta la valle del Drin fino a Prizerin. Per quanto scarsamente popolate, si tratta comunque di regioni strategicamente importanti, in ottica di un'ulteriore espansione verso sud, lungo la costa e a est, verso il Kosovo.

1831: Moti nel nord-Italia. In particolare, a Modena, il vecchio zio di Lodovico Renato, Galeazzo Ercole, è costretto a cedere all'insurrezione capeggiata da Ciro Menotti e rifugiarsi a Milano. Lodovico rimane particolarmente scioccato dalla vicenda. Dopo lunghi indugi invia una esercito a reprimere i moti, dopo aver rapidamente posto ordine alle fugaci tracce di sedizione in Lombardia (comunque molto minori). Questo evento lo renderà meno idealista nei confronti del liberalismo costituzionale, anche se lo indurrà a riconoscere la necessità di elaborare una costituzione per i suoi stati in tempi brevi.

Nasce Giovanni Filippo, terzogenito di Lodovico Renato.

1834: Vengono elaborate le “Costituzioni regio-ducali”. I liberali più spinti si dichiarano molto delusi dal forte potere attribuito ancora al re sull'esecutivo e sui parlamenti che si evince dalla carta, per quanto diverse frange più moderate si dichiarano ottimiste (o, perlomeno, si riservano il beneficio del dubbio). Anche francesi e inglesi guardano con favore l'evento, mentre l'Austria appronta delle esercitazioni delle proprie guarnigioni in Veneto, per mostrare la propria ferma contrarietà alla piega degli eventi.

Nasce Galeazzo, quartogenito di Lodovico Renato.

1836: Morte di Napoleone Buonaparte, che nel frattempo aveva ottenuto il titolo di conte di Sant'Ambrogio, soprannominato “Il generale dei due mondi” o “Il re senza corona dell'Anguifera”. La sua famiglia si è radicata talmente bene in America che è diventata una delle più potenti dell'oltremare (grazie anche agli investimenti nelle piantagioni di cotone, che in quel periodo stavano avendo una vera e propria esplosione).

Nasce Caterina Carlotta, quintogenita di Lodovico Renato.

1836-1845: indipendenza della repubblica del Texas. Il consiglio dell'Anguifera, dominato dalla famiglia Buonaparte, chiede alla madrepatria di concedere sostegno ad un intervento a favore dell'indipendenza della neonata repubblica, perché non cada in mani americane. Gli Stati Uniti in un primo momento non sembrano interessati ad annettersi la repubblica come 28esimo stato, per timore di scatenare un conflitto con il Messico, ma la possibilità è più che concreta.

Il governo di Milano però, più preoccupato dello scenario europeo, sembra nicchiare. Inoltre, il neo-eletto parlamento ducale fa approvare una mozione per l'abolizione della schiavitù, cosa che scontenta decisamente i maggiorenti dell'Anguifera, che si servono della manodopera servile per le proprie piantagioni di cotone e tabacco, oltre che per le vigne(la coltivazione della vite ha una certa diffusione in quello che nella nostra TL viene denominato Piedmont). I malumori si spingono a tal punto da far paventare ad alcune frange politiche della colonia la secessione, su modello statunitense.

Allo scopo di evitare una rottura completa i maggiorenti della regione, Lodovico Renato invia la sorella neo-vedova Caterina Luisa in Anguifera, come “ambasciatrice della corona”. In realtà il suo intento è quello di gettarla tra le braccia di Napoleone Francesco, figlio di Napoleone e capofila del gruppo dei moderati.

Caterina Luisa, però, andrà oltre le intenzioni del fratello, mediando una riforma degli assetti giuridici dell'Anguifera, con l'applicazione delle costituzioni regio-ducali anche nella colonia oltreatlantica e la trasformazione del consiglio in un vero e proprio parlamento, rispondente solo al sovrano. Pur con qualche malumore di troppo, Lodovico Francesco può dirsi soddisfatto che la miccia sia stata disinnescata, anche se in cambio ottiene l'imposizione di un piano per la progressiva emancipazione della manodopera servile, oltre che la promessa di invio di rifornimenti bellici in caso di eventuali 'incidenti' militari con Stati Uniti o Messico. Del resto, la stessa flotta atlantica incrociava minacciosamente le acque di fronte al Rio Grande.

1844: Matrimonio tra Filippo Maria e Aleksandra Nikolaevna Romanova, figlia dello zar Nicola I e Carlotta di Prussia. A quanto sembra, fu lo stesso Filippo Maria a scegliere il partito da sposare. Il padre Lodovico Renato gli consigliò di optare per “prede più facili”, scegliendo dal tradizionale bacino asburgico o bavarese, ma il giovane Visconti insistette, adducendo l'assoluta necessità per lo stato milanese di imparentarsi con russi e prussiani. Le estenuanti trattative vennero portate avanti in parte dalle stesso Filippo Maria, che riuscì nell'intento di far innamorare perdutamente di lui Alessandra durante un ballo. Amore che, paradossalmente, non svanì nemmeno quando si rese conto che sotto l'apparenza amabile e galante, si nascondeva in realtà un cinico e freddo calcolatore, oltre che un astuto stratega, con interesse scarso o nullo nei confronti dei divertimenti di corte (a meno che, naturalmente, questi non fossero funzionali a qualche suo recondito fine diplomatico, politico o economico).

Resta memorabile una lettera di lei alla sorella Ol'ga in cui diceva:

«Ah, sono folle di gelosia! Se fosse un bel visino sorretto da un candido collo di cigno, quel che tiene Filippo lontano da me, lo avrei già strozzato con le mie stesse mani... Ma, ahimé, il mio nemico altri non è che il mondo intero, diviso nella sua mente in caselle bianche e nere, su cui giocare la sua personale partita a scacchi. E in essa, temo d'esser meno di un pedone. »

1845-1847: Guerra tra Messico e Stati Uniti. Nonostante un tentativo di mediazione inglese, l'Anguifera prende posizione a favore dei primi. Il presidente americano Polk tentenna di fronte all'idea di un conflitto non solo contro i messicani, ma anche contro l'Anguifera e lo stesso congresso, già titubante nei confronti dell'incidente di Resaca de Palma, è restio a concedere i crediti per un conflitto su più fronti.

Pur tuttavia, Polk riesce a imporre la propria linea di pensiero. E' la guerra. Il conflitto, per quanto riguarda l'Anguifera si può dire suddiviso in tre fronti: il fronte degli Appalachi, il fronte del Tennessee e il fronte del Mississipi. In linea generale, la preparazione dei soldati e dei generali anguiferi è superiore. Quello in cui è fortemente deficitaria sono le risorse umane ed industriali, che invece gli americani hanno in abbondanza. Vitale in questo senso diventa lo scontro nell'Atlantico e nel golfo del Messico tra le due marine, per evitare n blocco dei porti e, conseguentemente, dei rifornimenti dalla madrepatria. Lodovico Renato a dire il vero è piuttosto restio all'utilizzo di uomini e mezzi in misura ingente per sostenere questo conflitto, nonostante le accorate lettere della sorella, anche perché è una guerra che non piace alle correnti liberali italiane. Tutto cambia quando Filippo Maria stesso, in qualità di viceré di Sicilia, chiede di gestire la rete logistica e di supporto navale per l'Anguifera. Sincero ammiratore dei progressi industriali inglesi e dei progressi militari prussiani, con un pugno di ferro che intimorisce molti, crea una prima struttura di “industria di guerra”, non esitando ad acquistare con parte delle sue rendite industrie belliche. Questa esperienza lascerà strascichi profondi nel tessuto economico siciliano, che, si può dire, entra a pieno titolo nell'era industriale proprio grazie a tali eventi.

Fu comunque grazie a questi sforzi e alle capacità del giovane capitano della flotta inviata a supporto dal Mediterraneo, Orazio Antinori, che Napoleone Francesco (eletto unanimemente comandante in capo delle truppe), assieme all'abile generale Robert Eduard Laj, furono in grado di sconfiggere Pierre Gustave de Beauregard, comandante dell'esercito americano in Louisiana e conquistare la valle del basso Mississippi.

Il grandioso risultato indusse gli statunitensi, già poco convinti, ad intavolare trattative di pace. Del resto, lo stesso comando dell'Anguifera era perfettamente conscio che se il conflitto si fosse protratto a lungo, la disparità di forze in campo sarebbe stata assolutamente insostenibile, nonostante i rinforzi dall'Europa in uomini e mezzi.

1847: Morte di Maria Luigia di Asburgo, cui era stato affidato il governo del ducato di Lucca, nel cordoglio generale (era infatti molto amata). Lodovico Renato si accorda con il Granduca di Toscana (cui Lucca sarebbe stata retrocessa in virtù degli accordi presi a Vienna) per far ottenere al ducato di Modena un compenso territoriale (in cambio di una consistente somma di denaro), ovvero i territori Pontremolesi e della Lunigiana dei toscani, ampliando in questo modo lo sbocco al mare del ducato emiliano.

1848: Trattato di Guadalupe Hidalgo, che cambia il volto del continente nordamericano. Viene confermata l'indipendenza della repubblica del Texas (con compresi i territori contesi con il Messico), con però divieto di annessione agli Stati Uniti. La Louisiana a sud del 35esimo parallelo viene invece tolta agli Stati Uniti per diventare un regno cuscinetto indipendente, il cui trono va allo stesso Napoleone Francesco Buonaparte, maritato a Caterina Luisa per l'occasione. Il porto di Nouvelle Orleans e la navigazione sul Mississipi sono libere da vincoli daziari per americani, texani e anguiferi. La California rimane al Messico ma come stato federato. Inoltre, la linea ferroviaria verso il Pacifico sarà costruita da capitali in maggioranza statunitensi (con una contribuzione minore dell'Anguifera), pertanto il commercio statunitense verso il porto di San Francisco sarà parimenti libero da vincoli daziari. Inoltre i porti sul Pacifico saranno di libero accesso per la marina commerciale e militare dell'Anguifera e degli Stati Uniti.

Nascita di Cristina, figlia primogenita di Filippo Maria e Alessandra.

Primavera dei popoli: Scoppiano moti nelle principali città dell'Italia centro-settentrionale, in particolare in Emilia e in Veneto. L'esercito visconteo marcia oltre il Mincio con il compito, ufficialmente, di domare la rivolta, per quanto, nei fatti, si voglia promuovere come liberatore contro la tirannide austriaca. Nel frattempo, guarnigioni vengono inviate anche a Mantova e Reggio.

I liberali emiliani chiedono a gran voce un plebiscito per l'annessione del ducato di Modena, Reggio e Massa al Ducato di Milano. Lodovico Renato si lascia tentare dalla proposta. Tuttavia gli austriaci rendono chiara l'idea che un gesto del genere sarebbe stato interpretato come ostilità nei loro confronti. Nonostante il parere contrario del figlio Filippo Maria, Lodovico accetta la sfida. Rimanendone però malamente scottato: l'esercito visconteo, composto per la maggior parte da nuove reclute (i veterani sono ancora in America o in Sicilia) viene sconfitto a Peschiera. Filippo Maria, senza por tempo in mezzo, firmerà la pace con gli austriaci, accettando anche il pagamento di un risarcimento in denaro a Vienna per le perdite sostenute.

« Padre mio, il liberalismo, come l'assolutismo, sono solo dei mezzi, non dei fini. E il solo fine può essere la gloria e la potenza dello stato. Possiamo vincere contro gli austriaci, ma ci servono tempo, alleati e una strategia precisa. Abbiate pazienza e vi farò tornare. »

1850: Il sovrano spinge per l'approvazione di una serie di riforme economiche in grado di aumentare la produzione industriale del paese. Lancia inoltre il progetto di un grande ampliamento della rete ferroviaria sia in Lombardia, sia in Sicilia e Corsica, assecondato in quest'opera dal ministro delle finanze del ducato milanese, Carlo Cattaneo.

Nasce Maria Giovanna, secondogenita di Filippo Maria e Alessandra.

1853: Filippo Maria, con l'aiuto di Alessandra, tenta una mediazione internazionale tra Russia e Inghilterra per fermare l'esplodere di un conflitto insensato “il cui unico vantaggio sarebbe stato quello di favorire la Francia”. Pur tuttavia né Nicola I, né l'ambasciatore Seymour, per quanto concordi nel definire l'impero turco un “grande malato”, intendono recedere dalle proprie posizioni. L'idea di Filippo Maria di spartire l'impero ottomano in zone di influenza venne quindi respinta al mittente, tanto da indurre alla guerra. A quel punto Filippo Maria disse, in una conversazione privata con Seymour, che:

« I legami di amicizia e rispetto nei confronti del mio amato suocero sono profondi. Per volgere ad essi le spalle dovrete essere molto convincente. »

La criptica risposa di Seymour fu:

« La Gran Bretagna vedrebbe con favore Vostra Maestà entrare in possesso di ciò che vi spetta per diritto dinastico. »

Filippo Maria la interpretò correttamente come la volontà inglese di assecondare un suo eventuale progetto di conquista del regno di Napoli. Ma ancora non poteva bastare.

« L'integrità del mio diritto mi porterebbe a sbattere contro una porta che i vostri dragoni difendono, vostra eccellenza. »

Seymour comprese che l'altrettanto criptica risposta di Filippo era relativa alla volontà del duca-re di espandersi nell'area balcanica, a partire dalla rivendicazione della totalità del regno di Albania, oltre che della stretta amicizia che legava il principe Danilo di Montenegro a russi e milanesi.

« Su questo temo davvero di non potervi rassicurare, Vostra Maestà. Ma sappiate che, in fondo, il leone teme più il gallo dell'orso. E l'orso, in fondo, disprezza più l'aquila bicefala del leone. Se la vipera è, e del resto ben lo so, astuta quanto dicono, che faccia tesoro di tali discordie. »

1854: Non senza aver prima inviato una lunga lettera di “scuse” al suocero, Filippo Maria da' ordine di inviare gran parte della propria flotta nel Mar Nero per la partecipazione alle operazioni anglo-francesi in Crimea (poi spostate nel mar Baltico per collaborare con l'ammiraglio inglese Deans Dundas), mentre l'Austria opta per la neutralità, per somma delusione dello zar, che sperava di trascinarla dalla propria parte. Il conflitto si conclude nel 1856, con la conquista di Sebastopoli. Nel congresso di pace di Parigi, l'ambasciatore visconteo ottenne di sollevare la “questione italiana” per la prima volta in ambito internazionale. Nel frattempo, Filippo Maria lavora anche per rinforzare nuovamente i propri legami con la Prussia. Un certo successo comincia ad arridergli nel 1857, quando, in seguito ad un colpo apoplettico, Federico Guglielmo IV lascia la reggenza al fratello Guglielmo, il quale, consigliato da un parlamentare conservatore con il quale aveva buoni rapporti, Otto Von Bismarck, decide di coltivare l'amicizia con il duca-re.

Nascita della terzogenita di Filippo Maria e Alessandra, Caterina Sofia.

1857: Unione doganale e trattato di alleanza tra Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Contea di Crema e Ducato di Modena e Reggio. Viene esteso l'invito anche a Toscana, Stato della Chiesa e Regno di Napoli, che però rifiutano.

1859: Con un incidente navale, appositamente preparato presso lo stretto di Messina, scoppiano le ostilità tra regno di Sicilia e Regno di Napoli. Prontamente, gli austriaci si mobilitano per intervenire a favore dei Borbone, ma la Gran Bretagna, appoggiata dalla Prussia (mentre la Russia, per ripagare della precedente “infedeltà” i Visconti, si tira fuori dalla questione), impone all'Austria di mantenere la propria neutralità in un conflitto che non li riguarda. Gli Asburgo cercano a questo punto almeno l'appoggio francese, ma Napoleone III opta per una benevola neutralità, grazie all'intenso lavoro congiunto del Cattaneo e al primo ministro del regno di Sicilia, Vincenzo Fardella di Torrearsa. Il partito filo-asburgico nel senato veneziano subisce un durissimo colpo, a vantaggio del partito filo-visconteo.

La guerra in sé si rivela rapida. L'esercito napoletano è stato sufficientemente bombardato con 'salve d'oro', per cui viene sconfitto in maniera relativamente veloce. L'ultimo sovrano Borbonico, Ferdinando II si ritirerà in esilio a Roma, città dove morirà poco tempo dopo. Nel frattempo, moti scoppiano in Italia centrale, e l'esercito ducale viene inviato per sopprimerli ancora una volta. Questa volta, però, si tratta di una vera e propria occupazione militare dei principali centri delle legazioni, in Umbria e nelle Marche. I Visconti-Este abdicano in favore di Filippo Maria di propria spontanea volontà, mentre in Romagna vengono organizzati dei plebisciti per chiedere alla popolazione l'annessione al regno di Sicilia. Gli eserciti siciliano e lombardo si congiungeranno a Castelfidardo, in attesa dell'ordine di marciare su Roma. Filippo Maria, però, di fronte all'inquietudine crescente di Napoleone III, deciderà di non forzare la mano, richiamando le armate. Nella penisola restano a questo punto tre stati monarchici e uno repubblicano: lo stato Visconteo, quello Pontificio, quello Toscano e la repubblica Serenissima di Venezia.

1862: Ottone di Baviera viene deposto dal trono di Grecia dopo un violento colpo di stato. Filippo Maria candida come sovrano il proprio fratello Giovanni Filippo. Naturalmente, suscitando la ferma opposizione dell'Austria. Sorprendentemente, però, Russia e Francia si dichiarano favorevoli e appoggiano la candidatura. Paradossalmente è propria la storica alleata Gran Bretagna che nicchia. La fedeltà agli interessi inglesi di un sovrano italiano, molto probabilmente non sarebbe stata così assoluta. Filippo Maria, però, tanto disse e tanto fece da convincere infine lord Palmerston a dare il proprio avvallo alla candidatura.

Giovanni Filippo venne quindi incoronato nel 1863, dopo essere stato battezzato secondo il rito ortodosso con il nome di Giorgio.

1866: Scoppio della guerra austro-prussiana. I Visconti, alleati dei prussiani, approfittando dello scoppio di una rivolta(naturalmente organizzata a bella posta) invadono il Veneto e sconfiggendo gli austriaci prima a Crespadoro il 26 giugno, poi a Pordenone il 6 luglio. Il comando militare, preso dall'entusiasmo, spinse il re (che aveva seguito l'esercito) a prendere in considerazione un'avanzata verso Trieste. Gli austriaci, però, non perdendo tempo, chiedono subito un armistizio, che viene firmato a Cordenons addirittura tre giorni prima di quello di Nikolsburg con i prussiani.

La successiva pace di Praga imponeva gli Austriaci al ritiro di tutte le proprie guarnigioni dal suolo della Serenissima repubblica e il divieto di intervento in qualsiasi conflitto tra stati italiani che sarebbe potuto avvenire in futuro e la resa, dal tesoro di Vienna, della corona ferrea.

Circa un mese dopo, il 26 settembre, Filippo Maria veniva eletto Doge Perpetuo della Serenissima repubblica con diritto ereditario. I possedimenti dello Stato da Mar venivano invece ceduti direttamente a Filippo Maria.

Il 12 ottobre 1866 Filippo Maria impone a Leopoldo II un plebiscito per l'unione del granducato di Toscana ai domini Viscontei. L'Asburgo-Lorena, costretto ad accettare, decide di prendere la via dell'esilio senza nemmeno attendere l'esito delle votazioni.

Il 29 ottobre, in occasione del suo 42esimo compleanno, Filippo Maria si fa incoronare, a Pavia, con la corona ferrea, come “Filippo Maria I, re d'Italia”. Alessandra, molto malata, nonostante il parere contrario del marito si costrinse a partecipare alla cerimonia. Fu la sua ultima apparizione pubblica. Morirà infatti il primo di novembre. La prima azione del nuovo sovrano d'Italia, è di modificare la legge successoria e di nominare la propria figlia primogenita Cristina come erede al trono, proclamandolo, come al solito, nel suo tipico stile duro e tranciante.

« Non intendo sottopormi nuovamente all'incombenza di procacciarmi partito. Del resto, nobili signori, ho già un più che valido erede nella persona di mia figlia Cristina. E se qualcuno di voi osa pensare che una femmina non abbia diritto di cingere la corona ferrea, valuti bene qual è il paese più prospero d'Europa e chi lo comanda con invidiabile e somma saggezza. »

La regina Vittoria gli inviò una lettera (scritta in italiano) di sentiti ringraziamenti per essere stata citata come esempio positivo per il suo paese. Alla quale Filippo Maria rispose con una lettera in perfetto inglese, nella quale rivendicava la genuinità della sua stima verso la sovrana inglese e nella quale si auspicava che la figlia imparasse dal suo esempio.

Del resto, che probabilmente avesse comunque intenzione di modificare il suo testamento in favore della propria figlia primogenita anche in caso di nascita di un figlio maschio è attestato da numerosi indizi, primo tra tutti il fatto che dal 1856 si dedicasse personalmente all'istruzione della figlia nonostante i fitti impegni politici e di governo, non dimenticando nemmeno di scrivergli assiduamente lettere quando si trovava lontano da lei. Tutte con in calce lo stesso consiglio:

« Una vipera, per essere regina, non deve essere necessariamente la più forte, ma deve certo essere la più astuta degli altri animali della selva. »

Una nota curiosa: Filippo Maria, grande appassionato del gioco degli scacchi, dopo aver perso diverse volte con la propria figlia adolescente, chiama a Milano il noto scacchista italiano Serafino Dubois a fare da insegnante a Cristina. Leggenda vuole che la vera paternità del controgambetto Albin sia da attribuire proprio alla principessa d'Italia.

Il parlamento bicamerale del regno venne stabilito a Pavia, nonostante il mantenimento dei parlamenti preesistenti (Lombardia, Corsica, Toscana, Napoli, Sicilia, Modena oltre che al Maggior Consiglio di Venezia).

1868: Matrimonio tra Cristina, principessa di Napoli (titolo affidatogli dal padre, che giudicava l'invio della figlia nella ex capitale borbonica come utile per guadagnarsi i favori della popolazione napoletana) e Alfredo di Sassonia-Coburgo- Gotha, che ricoprirà quindi il ruolo di principe consorte del regno d'Italia (senza però rinunciare alla possibilità di ereditare il titolo di duca di Sassonia-Coburgo- Gotha). La sua perizia in ambito navale contribuì allo sviluppo di concreti progetti di miglioramento per la già importante flotta italiana, oltre a valergli la promozione ad ammiraglio di flotta nel 1887. Nonostante diplomaticamente fosse un gran colpo, oltre che a rappresentare l'evento mondano internazionalmente più importante del periodo, pare che Filippo Maria non fosse troppo soddisfatto del genero. In una lettera privata scriverà:

« È senz'altro troppo stupido per mia figlia. Ma forse dovrei considerarlo un bene. »

1870: Guerra Franco-Prussiana. Anche Filippo Maria decide di intervenire a favore dei tedeschi. Chiede il passo al re di Sardegna Vittorio Emanuele II, che tuttavia rifiuta tenacemente l'ultimatum, schierandosi con la Francia, convinto nella vittoria delle armate di Napoleone. E invece, a Sedan, l'esercito francese va in rotta, mentre le armate dirottate dall'imperatore a sud vengono richiamate per impedire che il nemico conquisti Parigi. I Savoia si trovano quindi da soli ad affrontare l'esercito italiano, che ottiene il successo a Barcellonetta, per poi entrare ad Arles. Filippo è fortemente tentato di forzare la mano e annettersi la Provenza, che prima del 1815 era stata dominio visconteo per più di tre secoli. Pur tuttavia, i ministri del governo, in opposizione alle sue disposizioni, preferiscono lasciare la Provenza alla dinastia sabauda, forzando invece per la cessione all'Italia del regno di Sardegna. Filippo Maria, come contorno alla cerimonia della proclamazione dell'impero di Germania, si fa incoronare re di Sardegna nel salone degli specchi di Versailles. L'anno seguente è il turno del Lazio, occupato dall'esercito italiano. In questo caso però è il sovrano che la spunta sul suo parlamento, imponendo che Roma non venga toccata. Filippo, infatti, non è particolarmente religioso, ma è (per quanto paradossale possa sembrare per un uomo così pragmatico) particolarmente superstizioso.

1872: Nasce il primo figlio di Cristina e Alfredo, Giovanni Maria I (II come re d'Albania, di Sicilia e duca di Milano).

1877-1878: Guerra Russo – Turca. Prendendo a giustificazione la difesa dei bulgari ortodossi contro i massacri perpetrati dal governo ottomano, l'esercito dello Zar penetra verso sud (nonostante una imprevedibilmente tenace resistenza nemica), giungendo sino a pochi chilometri da Istanbul. E' allarme generale in tutte le cancellerie d'Europa, in particolare quella inglese, che non desidera affatto lo smembramento dell'impero turco e men che meno una penetrazione russa nel Mediterraneo. Lo sconcerto diviene ancora maggiore quando emergono i punti del trattato di Santo Stefano: la creazione di una Grande Bulgaria indipendente, legata a doppio filo con San Pietroburgo.

Prontamente, Filippo Maria si propone di organizzare, a Milano, un “Congresso di Pace”, per fare da arbitro delle sorti dei Balcani. Subito però l'Austria si oppone fermamente: l'anfitrione deve essere una figura disinteressata. E tutto si può dire dell'Italia meno che non abbia anch'essa mire espansionistiche nella regione. Per conseguenza, la conferenza verrà spostata a Berlino, presso i più neutrali (almeno apparentemente) Hohenzollern.

Le principali conseguenze della conferenza furono un netto ridimensionamento della Bulgaria, comunque riconosciuta indipendente, oltre che dei modesti guadagni territoriali per i principati di Serbia e Montenegro, riconosciuti a loro volta indipendenti. La rettifica dei confini fu anche prevista per la Grecia, che metteva un'ipoteca sul controllo della regione della Tessaglia (con il forte appoggio italiano). Ben più spinosa fu, dal punto di vista degli accordi tra grandi potenze, , la delibera sull'occupazione militare austriaca in Bosnia, osteggiata con calore dagli italiani, che, a quel punto, insistettero su richieste compensative a vantaggio del regno d'Albania e misure meno restrittive sull'utilizzo dei porti della baia di Cattaro a fini militari. Per l'Austria rappresentò una capitolazione su tutta la linea, visto che le pretese italiane vennero appoggiate dai russi e, più blandamente, dagli stessi tedeschi. Gli inglesi sollevarono qualche obiezione in principio, ma presto lasciarono cadere.

Il risultato fu l'occupazione “temporanea” da parte dell'Italia (ufficialmente si trattava di un controllo congiunto italo-monenegrino) del Sangiaccato di Novi Pazar. La durata dell'occupazione sarebbe durata non un minuto di più e non un minuto di meno dell'occupazione della Bosnia da parte degli austriaci. Inoltre, il regno d'Albania venne ampliato fino a farne diventare i confini orientale il Drin nero e meridionale il fiume Genuso (Shkumbin, in albanese). In sostanza, in questo modo, la totalità della Ghegeria era in mano al regno albanese di marca italica. L'ambasciatore Cairoli, al ritorno da Berlino, venne accolto dalla principessa Cristina con tutti gli onori, anche se molto del merito spettava alla principessa stessa, visto che aveva lasciato indicazioni molto precise (in nome del padre) nelle lettere preliminari consegnate all'inviato.

Ad ogni buon conto, Cristina non dovette attendere molto per esercitare la sua influenza diretta sugli affari di stato. Già mentre la conferenza era in corso, la salute di Filippo Maria era rapidamente peggiorata, probabilmente per via di una polmonite trascurata, tanto da condurlo, il primo dicembre 1878, alla morte. Cristina si fece incoronare, con significativa scelta di tempo, l'8 dicembre, giorno dell'Immacolata Concezione, con l'espressione: “con l'intercessione della Beata Vergine Madre di Dio, ch'io possa essere degna madre per i popoli che mi sono dati di governare.”

Il lunghissimo regno di Cristina I (o Cristina III, come scherzosamente amava definirsi, in onore alle illustri antenate che avevano portato lo stesso nome), di gran lunga il sovrano più amato della storia d'Italia (e d'Albania). In moltissime città si possono ancor oggi trovare vie in suo onore (“Viale regina Cristina”. Naturalmente da non confondersi con “Viale Cristina di Provenza” o “Viale duchessa Maria Cristina”, meno abbondanti ma comunque presenti, specie nelle città della Lombardia e del Piemonte), oltre al fatto che la stazione principale di Milano (HL: Stazione di Milano Centrale) porta il suo nome (NdA: riuscite a immaginare lo speaker della metro o del treno che dice: “Regina Cristina, fermata Regina Cristina”?) A pieno titolo, l'ultimo ventennio dell'ottocento e tutta la prima parte del '900 vengono definiti, nella penisola, come “Età Cristiniana”.

Poco dopo l'incoronazione, Cristina viene a sapere di essere nuovamente incinta. Ciò nonostante, inaugura l'usanza della famiglia reale di recarsi in visita nelle varie città del suo dominio, non escludendo dal suo tour anche luoghi o quartieri “disagiati” (infatti è anche il primo sovrano che va a far visita a delle carceri). Tale comportamento desta persino un certo sdegno presso alcuni ambienti quando la pancia diventa evidente, ma i più non se ne curano. Anzi (e la regina lo sa bene, del resto), con questo suo modo di fare molto “alla mano”, si guadagna i favori del popolo.

1879: il 27 giugno nasce la secondogenita, Sofia.

Al di là di iniziative di “facciata”, come le opere di beneficenza o l'apertura di ospedali e scuole, Cristina cercherà di dare una sua impronta molto significativa anche alla politica dell'Italia del tempo. Innanzitutto, perché fu proprio grazie alle sue insistenze che il paese opterà per attuare un rapido colpo di mano per ottenere il protettorato su Tunisi, la cosiddetta “quarta sponda”, già meta di una folta comunità italiana. Naturalmente, e Cristina stessa lo sapeva, tale azione porterà ad un ulteriore deterioramento dei rapporti con la Francia e un raffreddamento nelle relazioni con la Gran Bretagna, che non desiderava assolutamente che un unico stato controllasse entrambe le rive del canale di Sicilia.

Molti senatori fecero cattiva accoglienza all'idea che Londra si potesse allontanare troppo da Pavia. Alcune malelingue attribuirono la colpa ad un deliberato quanto istintivo tentativo, da parte di Cristina, di guastare i rapporti con un paese che personalmente odiava in quanto patria del marito Alfredo (almeno sin dalla nascita di Sofia, se non da prima, il matrimonio non si poteva definire esattamente felice. Anche se ben presto il coniuge troverà consolazione in un discreto numero di amanti, nemmeno troppo celato. Riguardo a Cristina, invece, si fanno numerose ipotesi, ma nessuna mai suffragata da fatti certi. L'unica affermazione in merito è che, se amanti davvero ne ebbe, fu molto più abile del marito a nasconderli al pettegolezzo). In realtà, la speranza della regina era effettivamente quella di allontanarsi almeno lievemente dall'asse con il Regno Unito, per mantenere posizioni più equidistanti, nell'ottica di non fare in modo che Londra “desse troppo per scontata” l'amicizia con l'Italia. Per contrappeso, darà molta importanza alle relazioni con la Germania, che l'anno dopo il congresso di Berlino aveva “lanciato un salvagente” all'Austria, stipulando un'alleanza difensiva con quest'ultima. I tempi però stavano cambiando: spettava sempre meno al re e sempre più ai primi ministri dettare la linea politica degli stati e, nonostante il forte ascendente di Cristina, l'Italia non poteva dirsi esclusa da tale inesorabile evoluzione.

1885: Conferenza di Berlino. Spartizione dell'Africa tra le grandi potenze. Anche l'Italia partecipa, accaparrandosi Eritrea e Somalia, oltre ad un informale accordo con Gran Bretagna e Francia che avrebbe lasciato campo libero ad una eventuale occupazione dell'Etiopia. Più tardi si aggiunsero (in occasione delle guerre mahdiste) le regioni di Cassala, Begia e di Rasciaida verso il nord e il nord-est dell'Eritrea.

Naturalmente, le fette più grosse le ottennero francesi e inglesi. Purtroppo, l'appoggio tedesco a tutte le rivendicazioni francesi in Africa non bastò ad appianare il risentimento di questi ultimi verso Berlino, foriero di più che nefaste conseguenze politiche, militari e diplomatiche.

1890: La regina Cristina, all'insaputa dello stesso primo ministro Crispi, che venne messo di fronte al fatto compiuto solo a cose fatte, firma un patto a tre con Germania e Regno Unito, nel quale si sanciva che, in caso di conflitto di uno dei contraenti con Francia, Russia o Impero austro-ungarico, gli altri due avrebbero mantenuto una stretta neutralità, indipendentemente dai trattati di amicizia esistenti tra i firmatari e le tre potenze in oggetto.

Nell'ottica di Cristina e del ministro Bismarck, questo avrebbe evitato, sommato ad un patto segreto simile tra Germania e Russia (di cui Cristina non fu messa al corrente ma di cui comunque fu in grado di intuire l'esistenza), una pericolosa guerra su due fronti a qualsiasi potenza europea, oltre che evitare un effetto domino ed una escalation globale in caso di conflitto.

Inutile dire che il primo ministro italiano, ferocemente nazionalista e desideroso di una guerra europea che permettesse all'Italia di conquistare territori a est come a ovest, non ne fu particolarmente soddisfatto. Il suo astio insanabile per la corona lo portò a dare le proprie dimissioni nel 1895, prima che prendesse corpo la conquista dell'Etiopia, da lui fortemente voluta e pianificata. Dopo un'accorta preparazione diplomatica che rassicura soprattutto i francesi (garantendo loro la perdurante volontà di mantenere le promesse del deposto imperatore Menelik riguardo alla costruzione della linea ferroviaria Addis Abeba-Gibuti), inizia la campagna. In realtà sono le 'salve d'oro' ai Ras che fanno la maggior parte del lavoro, rendendo la presa di Addis Abeba più un colpo di stato che una vera e propria conquista militare.

Cristina, già di per sé non particolarmente esaltata del nuovo titolo di 'imperatrice di Etiopia', cercherà di rendere meno invasiva possibile la presenza militare italiana nel corno d'Africa, in quanto tra sé (lo sappiamo da alcune sue missive private) considerava le colonie un inutile spreco di denaro. Propose diversi accordi amministrativi favorevoli al clero copto, da lei considerato come il collante della nazione etiope e quindi indispensabile per guadagnare favori presso la popolazione locale. Questo, tuttavia, alienò al governo coloniale italiano le iniziali simpatie della popolazione di religione islamica.

1897: Matrimonio tra Giovanni Maria d'Italia e Maria Ludovica Teresa di Baviera.

1898: Incidente anglo-francese a Fachoda. Entrambi gli stati cercarono segretamente l'appoggio italiano in caso di conflitto con il contendente, visto e considerato anche che l'impero etiope era in una posizione potenzialmente strategica. Una delle 'what if' storiche preferite da molti storici dilettanti è appunto questa, ovverosia lo scoppio di una guerra mondiale in caso di aperto schieramento dell'Italia da una parte o dall'altra. Ad ogni modo, ciò non è avvenuto, anche se alcuni vogliono che Cristina stessa sia stata informata dell'intenzione di Alfredo di scavalcarla e firmare un trattato di alleanza segreto con il Regno Unito, per poi mettere la moglie e il paese intero di fronte al fatto compiuto. Diverse teorie vogliono che a scombinare i piani del re consorte sia stata la principessa Sofia, che poi informò la madre. Mentre il principe Giovanni Maria pare che spalleggiasse il padre (non tanto, però, per un affetto particolare nei suoi confronti, ma piuttosto perché – impregnato di ideali nazionalistico-romantici – fremeva all'idea di essere comandate di campo in una campagna militare).

Alfredo per questo venne posto agli 'arresti domiciliari' fino alla morte? E' una teoria condivisa da diversi storici, ma di cui si hanno prove solamente indiziarie.

1899: la principessa Sofia sposò Ferdinando Carlo d'Asburgo, terzo nipote dell'imperatore Francesco Giuseppe e quinto in linea di successione al trono imperiale, più vecchio di lei di una decina d'anni. Fu un matrimonio che fece molto scalpore, poiché dopo secoli di sorde ostilità, tornavano a celebrarsi le nozze tra una Visconti e un Asburgo. Era un matrimonio con il chiaro intento di riavvicinare diplomaticamente le due nazioni e, sorprendentemente, poté definirsi un tentativo riuscito.

1901: La coppia fu benedetta dalla nascita di una figlia, cui fu dato il nome di Luisa Maria.

L'invadenza della regina in politica iniziava a recare qualche malumore e diversi esponenti del governo invocavano una revisione degli statuti che limitassero il potere del sovrano. A partire dal 1898 e fino al 1910 ci fu dunque una sorta di braccio di ferro tra i liberali guidati da Giolitti e i realisti, di varia estrazione ideologica, ma in generale filoconservatori- Tutto questo mentre il campo, senza che questi due schieramenti se ne accorgessero fino in fondo, stava per essere invaso dai partiti di massa, che iniziavano ad avere un seguito importante.

Era chiaro comunque a molti , da dopo Fachoda, che il sistema di accordi bilaterali più o meno segreti per condurre la politica estera internazionale fosse estremamente rischioso. Peraltro, l'Italia era nell'insolubile dilemma del doversi obbligatoriamente schierare, vista l'insanabile rivalità continentale tra Francia e Germania.

Lo spavento del 1898, indusse il gabinetto della corona a pensare a un 'attacco' diplomatico alla Germania, ovverosia la normalizzazione definitiva dei rapporti con l'impero Asburgico e un (velleitario) tentativo di strapparlo dalla sudditanza nei confronti di Berlino, di cui la stessa Italia era stata causa con l'appoggio alla Prussia nel 1866.

L'unica possibilità di successo di una tale rivoluzione diplomatica passava a sua volta dalla normalizzazione dei rapporti tra Russia e impero austriaco stesso... Che poteva essere ottenuta in una sola maniera: lo smembramento consensuale dell'impero ottomano. La sua esistenza, con le tensioni che ne derivavano era il vero nodo di Gordio dell'Europa, tenuto artificialmente in vita da Londra e – in subordine – dalla Germania stessa, come comodo metodo per mantenere inalterato l'equilibrio 'della tensione'.

Come furono possibili le conferenze segrete del 1901, del 1904 e del 1905 ha a dir poco dell'incredibile, mentre all'ombra di questo tardivo tentativo di smarcamento, Francia e Germania non esitavano a imboccare una politica sempre più smaccatamente muscolare, con la quiescenza interessata di Londra.

Il crollo del governo Balfour e l'ascesa a primo ministro inglese di Campbell-Bannermann aprì alla speranza che l'Inghilterra frenasse la strada di avvicinamento alla Francia in ottica di un'alleanza di potenza. Ma, per il 'tradimento' del ministro Grey, così non fu.

Cristina giunse dunque a concludere l'impossibilità di mettere a parte l'Inghilterra del piano.

La svolta decisiva fu la guerra russo-giapponese. La, non del tutto errata, ma amplificata ad arte dagli italiani, convinzione che ad armare la mano dell'impero giapponese fossero stati gli inglesi, in virtù del desiderio di indebolire le posizione in Asia dei russi (vedasi alla voce 'grande gioco'), guastò irrimediabilmente la possibilità di una intesa tra Mosca e Londra, nonostante i buoni uffici di Parigi.

In generale, l'Italia si mosse come 'guastatore' di modo da rendere le alleanze meno definitive possibili e lei stessa cercò di mantenersi aperta ogni porta. Fu così che le grandi potenze arrivarono in ordine piuttosto sparso alla guerra balcanica. Una grande rivolta nei territori albanesi dell'impero ottomano fu la miccia, nel 1911, che fece scoppiare un nuovo conflitto in grado, potenzialmente, di sconvolgere gli assetti europei.

Per strano che fosse, la ribellione non fu innescata da agenti italiani, per quanto, una volta esplosa, Pavia non si fece certo pregare. La diplomazia si mise in moto. Il borgo di Prizren, situato nel regno di Albania, ma a pochi chilometri dal confine ottomano, divenne informalmente la base dei rivoltosi, lautamente foraggiati da 'anonime donazioni'. I turchi presentarono formali proteste e l'invito a operazioni di polizia congiunte sul confine. Ovviamente tali clausole vennero rifiutate, ma ancora non poteva bastare come casus belli. Ciò che ufficialmente scatenò le ostilità fu l'incidente al cantiere della linea ferroviaria in costruzione Cattaro – Novi Pazar, all'altezza del tratto tra Plave (Ultimo paese del regno di Albania) e Rozaje (al confine tra Montenegro e Sangiaccato). Qui infatti, si poneva il dilemma ingegneristico di sfidare le Alpi albanesi o aggirarle a sud-est, passando per la pianeggiante Metochia settentrionale, che tuttavia era territorio ottomano. Secondo quanto riportato dai giornali albanesi, un gruppo di soldati turchi fece fuoco contro l'accampamento dei tecnici, uccidendone due e ferendone quattro. Ad oggi esistono molti dubbi sulle dinamiche dell'accaduto e molti vi vedrebbero un attacco preventivamente organizzato dallo stesso governo italiano, se non addirittura completamente fasullo. Prova ne sarebbe che da lì a pochi giorni l'esercito del regno di Albania, aggregato a quello montenegrino, fu pronto a sferrare un attacco verso il Cossovo, in direzione di Pristina.

A ciò fece presto seguito la congiunta dichiarazione di guerra di Grecia, e Bulgaria all'impero ottomano, con l'obiettivo di spartirsi la Macedonia ottomana (e il neanche troppo velato tentativo di prevenire un eccessivo ingrandimento dell'Albania italiana). Poco dopo si aggiunse, anche se con un numero limitato di uomini e con una certa riluttanza, la Serbia.

E' importante notare che il 'lavoro preparatorio', per dir così, non fu semplice. Molto del merito va all'ormai anziano Visconti-Venosta, spesso definito il 're senza corona d'Albania', che curò, in nome della regina (era infatti un esponente di prestigio del partito monarchico)il riavvicinamento tra Serbi e Bulgari, promettendo loro anche una certa qual continenza italiana relativamente alla spartizione della Macedonia. Ben più difficile fu l'accordo italo-russo; in questo caso fu determinante il ruolo dell'ambasciatore russo a Sofia, Nekjudov, che agì spesso in disaccordo con il ministro Sazonov (che invece tendeva a preferirgli Hartwing, l'ambasciatore a Belgrado), il quale faceva parte dell'ala 'instesista' del governo dello zar (ovvero anti-italiana, anti-asburgica e filo-inglese). A sua volta, il vecchio Visconti-Venosta, se agiva con il beneplacito di Cristina, era invece piuttosto in contrasto con il ministro Tittoni, a sua volta liberale filo-britannico e che temeva ritorsioni da parte di Londra.

Insomma, oltre a essere una guerra contro i turchi, fu quasi una sorta di 'congiura' interna per dare una scrollata all'ormai insostenibile statu quo. Fu così che si arrivò al conflitto.

Di per sé la guerra fu rapida. L'impero ottomano si trovò a guerreggiare su più fronti e senza nemmeno la possibilità di elargire rifornimenti alle proprie truppe europee, visto che per merito della flotta italiana e greca, le navi ottomane rimasero bloccate entro i loro porti (anche se tentativi di forzare i blocchi ci furono, ma si tramutarono tutti in cocenti sconfitte per i turchi).

Entro natale, la Sublime Porta chiese la resa. Decisivo era stato il riuscito tentativo di forzare i Dardanelli e la distruzione dell'artiglieria costiera turca a Gallipoli da parte della flotta italiana. Con l'ingresso della corazzata Vipera (La prima dreadnought italiana, progettata dall'ingegnere navale Vittorio Cuniberti) nel mar di Marmara, gli italiani poterono dare il proprio supporto all'esercito bulgaro, che si stava dissanguando senza esito di fronte alla feroce resistenza turca presso Çatalca, a pochi chilometri da Costantinopoli. Nonostante l'eroica difesa, l'impero ottomano non resse alla spallata finale dei bulgari, che si trovarono così nella condizione di poter marciare verso la capitale. Fu a quel punto però che a Pavia sopravvenne la paura di una reazione franco-britannica e vennero intavolate trattative di pace. Sofia rimase delusa di fronte alla possibilità di arrivare al tavolo dei vincitori mancando l'obiettivo finale, ovvero l'ingresso del proprio esercito marciante nella Seconda Roma, proprio come mille anni prima. Nonostante alcuni diplomatici italiani (tra cui la stessa regina) fossero del parere di 'celebrare messa in Santa Sofia' e mettere gli inglesi di fronte al fatto compiuto, la linea della prudenza ebbe la meglio.

Subito si intuì che la spartizione dei territori non sarebbe stata semplice. Più di tutte, Belgrado temeva che il risultato sarebbe stato infimo rispetto allo sforzo, visto che non solo i territori rivendicati dalla Serbia erano tutti rivendicati da altri stati ma anche perché questi altri stati erano uno l'Albania, che era sotto il controllo di una grande potenza e l'altro la Bulgaria, che poteva contare sull'appoggio russo. Mai come fino a quel momento i serbi temettero l'isolamento diplomatico e, per quanto paradossale e 'contro natura' potesse essere, ciò condusse alla progressiva distensione di Belgrado con Vienna negli anni successivi.

Ad ogni buon conto, gli italiani si mostrarono piuttosto benevoli. Pretesero per sé la regione di Metochia, ma lasciarono buona parte della Piana dei Merli vera e propria, compresa dal città di Pristina alla Serbia, tracciando il confine lungo la linea fluviale Ibar-Sitnice/Sitnica-Lepenci/Lepenac, ma includendo per sé il tratto della ferrovia Belgrado-Salonicco da Mitrovice/Mitrovica (esclusa) a Shkup/Skopje. In Macedonia aggiustarono il confine a oriente fino a includere i monti Plakenska con tutto il perimetro del lago di Prespa, il monte Pelister, tutto il perimetro del lago di Ocrida (città compresa), la selvaggia regione montuosa di Mavrovo (ideale per costruirvi delle fortificazioni alpine) e tenendo il Vardar come confine orientale fino a Shkup/Skopje. La Serbia oltre a ciò guadagnò in Macedonia anche il 'triangolo di Kumanovo' ossia la regione compresa tra il Vardar e il fiume Pčinja. Il resto, fino a Bitola, andò alla Bulgaria. Molto più difficile la definizione dei confini meridionali con la Grecia. Gli italiani infatti pretendevano che tutta la costa adriatica dell'impero ottomano andasse sotto la corona albanese, cosa su cui Atene era assolutamente contraria, pretendendo come minimo di raggiungere il lago di Butrinto. Alla fine, la Grecia ottenne di cedere le prorie rivendicazioni sull'Epiro costiero sino al golfo di Arta in cambio della cessione di Creta. Ad ogni buon conto, l'Epiro interno, con Giannina e il Pindo rimasero ai Greci. Il confine macedone bulgaro-greco si rivelò anche più complesso. Il confine occidentale seguì circa il corso del fiume Aliakmon/Bstritsa, tranne per il 'triangolo di Kozani' che andò alla Grecia. Anche buona parte della valle dell'Axios andò alla Grecia, così come la bassa valle dello Strymon fino a Serre. Senza contese furono la consegna della penisola calcidica alla grecia e la costa egea a est del delta del Mestos alla Bulgaria. La zona di più complessa assegnazione fu la Macedonia sud-orientale. In particolare, il nodo gordiano era la città di Tessalonica/Solun, che era da secoli il principale porto sull'Egeo dell'impero ottomano. Dopo lunghissimi arbitrati, anche con la mediazione delle grandi potenze, alla fine Tessalonica venne concessa ai greci così come la cosa egea fino al Mestos, l'isola di Taso, il monte Pangeo e le simboliche rovine di Pella. Anche le Sporadi boreali, Samotracia, Imbro, Lemno, Tenedo e Agiostrati passarono alla Grecia. Per evitare contenzioso anche sul possesso del lato europeo dei Dardanelli (che sì, avrebbe davvero provocato le ire britanniche), l'impero Ottomano mantenne il possesso della Tracia a sud del Fiume Ergene/Erynis e fino al lago di Durusu/Terkos sul Mar Nero. Infine, gli italiani 'cedettero' la totalità del controllo del Sangiaccato al principato del Montenegro che fu elevato a 'regno'... Per quanto rimanesse con una sovranità de facto piuttosto limitata dalla pesante tutela italiana. Meritano particolare menzione le conseguenze piuttosto propizie di questi assetti territoriali per alcune città balcaniche. La prima è indubitabilmente Scutari. La capitale dell'Albania infatti, per quanto già di discrete proporzioni e molto 'multietnica', oltre che vivace centro culturale, fu protagonista di notevoli progetti urbanistici, volti a darle l'aspetto da vera 'capitale europea'. Il centro e il lungolago accolsero diversi edifici monumentali, spesso sulla falsariga di un gusto neoclassico veneziano. Anche Dulcigno, Durazzo e Valona ebbero un notevole risveglio economico e commerciale, forse a discapito delle tradizionali Cattaro e Antivari. Anche le due città dell'interno di Prizren e Peja, per via del fatto che furono collegate ad importanti arterie ferroviarie (rispettivamente la Dulcigno-Skopje-Salonicco e la Cattaro- Belgrado-Budapest) ebbero un rilevante incremento demografico. Ma senza dubbio la città più particolare fu Skopje. Essa infatti divenne una sorta di 'città condivisa' tra Serbia, Bulgaria e Albania, dandole un aspetto multietnico e multiconfessionale come mai prima e come nessun'altra città balcanica (tranne Trieste e Tessalonica, che però una volta passata sotto il controllo greco venne pesantemente 'grecizzata', con la progressiva marginalizzazione delle fiorenti comunità turca, armena ed ebraica che la popolavano).

Occorre ricordare anche il destino – a margine – della Libia ottomana, che venne nel frattempo occupata e poi ceduta all'Italia, per quanto il controllo italiano rimase per molto tempo poco più che nominale fuori da Tripoli, Misurata e Bengasi.

Con la Bulgaria trionfatrice, il partito filobritannico a Mosca si indebolì notevolmente, mentre l'assetto balcanico, per quanto di gran lunga insoddisfacente a molti sembrava ormai bloccato. La Serbia infatti era stata grandemente contenuta nelle sue ambizioni, più che altro per demerito russo, visto che Mosca, spinta (o. piuttosto, messa di fronte al fatto compiuto) dall'Italia, aveva puntato nuovamente e decisamente sul cavallo bulgaro, dopo aver tentato a lungo di rimanere con il piede in due scarpe. Ovviamente, per Pavia ciò era funzionale al riavvicinamento con Vienna. Abbandonato infatti il supporto dello Zar ai serbi, venivano decisamente indeboliti i motivi del contendere tra impero Austro-ungarico e impero Russo. Per diverso periodo Belgrado tentò una unione con Cettigne, cercando di sobillare il Montenegro con le rivendicazioni sulla costa adriatica, ma rimasero tentativi perlopiù senza esito, visto che poteva esserci un solo sovrano e Kniaz Nicola non era intenzionato a cedere il titolo sovrano a Pietro. Questo in aggiunta al fatto che, per quanto di sudditanza, la relazione con l'Italia era economicamente favorevole e nell'antica Albania veneta vi erano in proporzione più sentimenti irredentisti per la defunta repubblica di San Marco che per una unione con il principato. Fu così con una certa ironia della sorte che i Karadjordjevic finirono per rassegnarsi ad attuare la medesima politica distensiva con gli Asburgo che era costata la vita all'ultimo degli Obrenovic, ai quali erano succeduti (o avevano usurpato? Mai lo sapremo) al trono.

Il ponte di Pavia sul Ticino nel 1905 (grazie ad Alberto!)

Il ponte di Pavia sul Ticino nel 1905 (grazie ad Alberto!)

1914: questo fu un anno diplomaticamente decisivo, in quanto, in febbraio, venne stipulato l'accordo austro-italo-russo sui Balcani (cui poi vennero 'invitati' i rappresentanti di Romania, Bulgaria, Grecia, Montenegro e Serbia, ma più che altro per ratificare un fait accompli) nel quale si sanciva che le tre potenze per la universale pace, ritengono sommamente desiderabili gli attuali confini e si prodigano affinché rimangano stabili e sicuri.

Fece seguito un trattato di 'controassicurazione' segreto tra Italia, Austria-Ungheria e Russia a scopo militare difensivo e un accordo – questo un po' meno segreto – di 'amicizia' italo-russo.

Interessante notare come nessun rappresentante dell'impero ottomano fosse invitato, cosa che non poteva che destare preoccupazione in coloro che ci avessero fatto particolare caso. Del resto, a Mosca si accarezzava con sempre maggior interesse l'idea di 'neutralizzare' l'impero ottomano, come da suggestione italiana.

Oltre a preoccupare i britannici in ottica levantina, tuttavia, l'accordo indispettì i francesi, che si sentirono 'traditi' dai russi... E anche i tedeschi non presero molto bene questi sprazzi di libertà presi da Vienna. Che però anche Parigi non fosse particolarmente ostile all'idea di prendere parte a una prospettata spartizione dell'impero ottomano non era comunque un segreto, cosa che creava un certo malumore a Londra.

Il momento di un possibile conflitto mondiale su larga scala sembrò arrivare proprio nell'estate del 1914. Gavrilo Princip, un ragazzo affiliato al gruppo terroristico Mano Nera, assassinò Francesco Ferdinando, erede presuntivo al trono di Austria-Ungheria. I Karadjordjevic, tuttavia, negarono qualsiasi responsabilità nell'accaduto e il governo serbo di dichiarò disposto a collaborare nel modo più efficace possibile alle indagini per colpire gli attentatori. Venne condotta una caccia all'uomo esemplare e il gruppo venne colpito a tale punto che non si riprese mai più. Restava però il dilemma dell'increspatura nei rapporti Austro-Serbi, dato che alcune frange estremiste sembravano aver ottenuto l'appoggio russo. In realtà erano voci senza fondamento e anzi, questo spinse ancor di più la Serbia a rafforzare i suoi vincoli amichevoli con Vienna, per timore di essere coinvolta in un gioco più grande di lei e che l'avrebbe vista senz'altro perdente. Decenni dopo si scoprirà, con l'apertura degli archivi segreti, che il tentativo di far ricadere le responsabilità dell'attentato su alcuni gruppi panslavisti russi che avevano l'appoggio dello Zar venne messo in atto da ambasciatori del Reich tedesco, nel tentativo di aprire un varco nella ritrovata amicizia Russo-Austriaca, che minava i progetti del Kaiser Guglielmo.

Ancor più pericoloso fu, tuttavia, il degenerare della situazione in Persia. La guerra civile tra monarchici e costituzionalisti sembrava giunta al termine con la vittoria dei secondi, spalleggiati dalla Gran Bretagna. Il nuovo Shah della dinastia Qajar, Ahamad, ancora molto giovane era, di fatto, un fantoccio nelle mani della fazione dominante. La Russia, vista tuttavia con notevole sospetto e scarsa fiducia, provò a porsi a sostegno della fazione monarchica, in particolare dando ricetto e rifugio a Mohammad Ali Qajar, il deposto Shah (e padre di Ahmad). Restava però il fatto che da un lato le mire territoriali Russe sulla costa caspica non destavano molta fiducia nemmeno ai monarchici; dall'altro presso questi ultimi il deposto sovrano assolutista non era particolarmente benvoluto, per cui avrebbero forse preferito tornare al potere sì, ma mantenendo come sovrano Ahmad.

Nel frattempo, a complicare ulteriormente la situazione, tra la fine del 1914 e i primi mesi del '15 scoppiò la 'grande rivolta armena', a seguito di una serie di eccidi a danno della comunità armena ad opera di bande armate contadine curde. Sebbene vi fosse probabilmente una matrice più sociale che etnico-religiosa, è accertato che il governo turco sobillò l'elemento curdo contro gli armeni (in concomitanza con una serie di sequestri di conti bancari intestati a grandi capitalisti armeni di Costantinopoli accusati di essere in combutta con il governo greco). Rischiava così di profilarsi una guerra anglo-russa nel (e per il) Caucaso, aventi come vittime l'impero ottomano e quello persiano. Sempre nell'impero ottomano, si stava per consumare l'ennesimo scontro per il predominio nella penisola araba tra gli Sceriffi dell'Hejaz e gli emiri di Najd. Inutile dire che anche in questo frangente, gli interessi delle grandi potenze erano in gioco. L'ambizione espansionistica in direzione di Siria e Iraq degli Husayn dell'Hejaz era ben nota a Londra, motivo per il quale credevano fosse più affidabile e sicuro in predominio nella penisola degli Al-Saud del Najd. Al contrario, gli italiani, dal loro protettorato Etiope, vedevano l'opportunità di un trait-d'union con il Mediterraneo e il Levante che potesse aggirare l'Egitto Britannico, oltre a un sempre gradito indebolimento dei turchi.

La Russia propose un duro ultimatum all'impero ottomano, che peraltro implicava l'ingresso di truppe zariste all'interno dell'Armenia turca in modo semipermanente, giudicato ovviamente inaccettabile.

Si arrivò davvero ad un passo dal conflitto. Determinante fu il coinvolgimento francese e austriaco. A Losanna si incontrarono i primi ministri russo Stolypin (non è morto in questa TL), Delcassé e Briand per la Francia, Antonino di San Giuliano per l'Italia e Stefan Tisza (e non Berchtold) per l'impero austriaco. A completare il quadro vi era il ministro inglese McMahon. Grande assente – e ciò destò una certa sorpresa – fu il rappresentante tedesco. Voci suggerirono che i tedeschi si stavano rapidamente avvicinando al nuovo governo ottomano allo scopo di forzare loro la mano a resistere contro Mosca e scatenare così la tanto agognata guerra di potenza contro francesi e inglesi.

Chi si trovava messa al muro era Vienna. Da una parte il patto balcanico con Italia e Russia funzionava molto bene e aveva appianato molti dei contrasti tra l'imperatore e lo Zar; dall'altra, l'Austria non era in condizione di tradire l'alleata Berlino nel caso si fosse profilata una guerra Russo(-Franco-)-Tedesca. La delegazione ottomana era invece composta da Ismail Enver e Mehmed Talat. I quali furono subito molto in allarme dall'estensione dell'invito anche a due personaggi che lì non avrebbero, secondo logica, dovuto esserci, ovverosia Eleutherios Venizelos, primo ministro della Grecia e Aleksandar Malinov, primo ministro di Bulgaria (non è Radoslavov in questa TL).

L'impero ottomano venne messo de facto di fronte a una sorta di ultimatum: concedere l'autonomia amministrativa alla Grande Siria e all'Armenia, in aggiunte a garanzie sulle restanti popolazioni non turche e non musulmane dell'impero, oppure affrontare una invasione congiunta delle principali potenze europee, di cui avrebbero fatto parte anche Grecia e Bulgaria. Per la verità, la volontà dei delegati russi era giungere allo smembramento completo, ma la prospettiva era vista come eccessiva da molti, se non altro perché il problema di chi sarebbe stato possessore degli Stretti era troppo spinoso.

Talat ed Enver protestarono vivamente, ma non ebbero reali possibilità di opporsi alla decisione. Chiesero tuttavia garanzie di inviolabilità dei confini ottomani e di mantenimento della sovranità formale del sultano sulle provincie autonome. Ciò non impedì loro di subire una grande umiliazione pubblica al loro ritorno e nemmeno attenuò le rivolte e gli atti di violenza a danni delle popolazioni cristiane dell'impero, sospettate di essere 'traditrici' e quinte colonne delle potenze straniere (cosa, quest'ultima, che del resto non si poteva nemmeno dire fosse del tutto falsa, per quanto inconsapevole).

Particolarmente sul piede di guerra furono i curdi, che da una parte si sentivano abbandonati dall'autorità centrale turca, mentre dall'altra rigettavano in toto la prospettiva di diventare 'sudditi' degli armeni cristiani.

All'interno del territorio autonomo di Armenia si consumò così una feroce guerra interetnica, con atti di inaudita violenza e che si porta dietro ancor oggi tragici strascichi nei rapporti tra le due comunità.

Paradossale fu che l'unico stato ad attivarsi e adoperarsi per la pace nella regione fu il Vaticano, mentre gli stati sedicenti cristiani stavano a guardare soddisfatti la situazione di caos che si era venuta a creare.

Una lettera di Benedetto XV alla regina Cristina, poi resa pubblica, parla apertamente di 'inutile strage' e del grande male che il nazionalismo costituiva per il nuovo secolo.

La sovrana d'Italia rimase particolarmente scossa da questa missiva, per quanto non fosse mai stata particolarmente credente, lasciandosi convincere dal pontefice che, al contrario di quanto la maggior parte dei governanti pensassero, il nazionalismo estremista non fosse un comodo instrumentum regni, ma una pericolosa e distruttiva arma a doppio taglio.

1916: Se il mondo nutriva la speranza di un 1916 meno movimentato, fu presto smentito. Innanzitutto, con la morte del grande Francesco Giuseppe, sovrano dal lontano 1848 dell'impero d'Austria. Gli succedette il bisnipote Carlo, figlio di Ottone Francesco, a sua volta figlio di Carlo Ludovico, fratello del defunto imperatore. Difficilmente avrebbe avuto speranze di diventare a sua volta sovrano, non fosse stato per la morte nel 1889 del figlio di Francesco Giuseppe, Rodolfo (1889), del padre (1905) e da ultimo dello zio Francesco Ferdinando (1914). Nel contempo, l'altro zio era marchese consorte di Verona, in quanto sposo di Sofia, figlia dell'inossidabile Cristina. Non fu tuttavia l'unica morte eccellente, poiché pochissimo tempo dopo Giovanni Maria I d'Italia morì in un incidente automobilistico, senza lasciare figli ed eredi.

Cristina, troppo addolorata per la morte del figlio, decise quindi di abdicare, lasciando il trono alla figlia Sofia, facendo giungere al termine l'età che il suo nome porta.

E poi?

Paolo Maltagliati

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Se volete farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.


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