Thèmata

cronaca di una rivoluzione riuscita

di Konstantinos XI

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli, e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

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Anno 6499 dalla Creazione (990 d.C.), settembre. Basileios II, della dinastia Macedone, ha 32 anni e da 14 è Imperatore ed Autocrate dei Romani.

Da solo un mese ha schiacciato la rivolta capeggiata dall'ambizioso Bardas Phokas, ed ora ha catturato anche il vero leader dell'opposizione: l'anziano, ma pericolosamente intelligente e valoroso, Bardas Skleros.

Basileios è affascinato ed ammirato da questo vecchio carismatico, capace di tenergli fieramente testa tanto sul campo di battaglia quanto a parole e, riconciliatosi con lui, gli conferisce il titolo di Kouropalates e lo tiene al suo fianco come proprio consigliere.

POD: Bardas, tra le altre cose, riesce a convincere l'austero Basileios a prendere moglie, offrendogli la mano di una delle sue figlie, Maria Skleraina.

Al matrimonio, che volle celebrato in pompa magna nella basilica di Hagia Sophia dal Patriarca Nicola II, parteciparono anche la sorella Anna ed il marito, Vladimir I, Gran Principe di Kiev e Novgorod, in qualità di testimoni.

Quello stesso anno, Basileios II parte per una campagna punitiva in Iberia, il cui sovrano era reo di aver appoggiato la rivolta del Phokas. La sua campagna fruttò la resa del sovrano che accettò di lasciare alla sua morte il regno di Iberia in eredità all'Impero. 
Fatto ritorno a Costantinopoli, Basileios II inizia a preparare il piano d'invasione che, da Tessalonica, avrebbe dovuto portarlo a conquistare ed annettere la Bulgaria.

Nella primavera del 991 parte alla volta di Tessalonica con un grande esercito. Da quel momento e fino al 995 non allenterà mai la presa sulla Bulgaria.

Nel 992 giungono a Costantinopoli ambasciatori da Venezia, i quali si lamentano per il fatto che le loro navi mercantili, una volta giunte nella capitale, sono costrette a pagare dazi ritenuti troppo cari (negli ultimi tempi erano aumentati addirittura di circa sette volte). Il Basileus decise di venire incontro ai Veneziani e nel marzo 992 promulga una crisobolla con cui riduce le tasse doganali che i mercanti veneziani sono tenuti a pagare, a due solidi all'entrata nella dogana di Abido e quindici all'uscita. In cambio i Veneziani avrebbero concesso la propria flotta per le operazioni anfibie bizantine nell'Adriatico.

Nel 993 si allea con il principe serbo di Doclea ed occupa Borea, pronto ad invadere il cuore dell'Impero bulgaro.

Non combatte grandi battaglie, né la sua è una conquista lampo; sua è la convinzione che il successo dipende dalla capacità organizzativa. La disciplina, con questo tipo di tattica, è importantissima, quindi nessun soldato si sarebbe dovuto immolare in atti eroici, perché avrebbe rischiato, oltre che la sua vita, quella dei suoi compagni, creando varchi nella formazione militare.

Mentre Basileios II stava conducendo la guerra in Macedonia, la Siria viene invasa dai Fatimidi, che infliggono ai bizantini una sconfitta sull'Oronte (15 settembre 994) e stringono d'assedio Aleppo.

Il Basileus deve interrompere momentaneamente la campagna contro i Bulgari per correre a salvare l'Oriente dalla capitolazione, affidando il comando delle truppe illiriche al duca di Tessalonica Gregorio di Taron. 
Mentre sta per partire per la Siria, un messaggero lo raggiunge a Nicea, con la notizia della nascita del suo primogenito, che chiamerà Nikephoros.

Nel 995 Basileios II raduna quarantamila uomini ad Antiochia in modo da trasportare velocemente il suo esercito verso la Siria a dorso di mulo. Le regioni limitrofe difatti, erano sconquassate da disordini causati dai musulmani, ed i soldati giunsgono appena in tempo per riuscire a difendere Aleppo. In breve l'imperatore riesce a sconfiggere l'esercito fatimide, che si ritira in Siria, e ad occupare Raphamea e Emesa.

Il 1 gennaio del 996 Basileios II emana la Novella. Questo editto, ispirato ai consigli del suocero Bardas Skleros ("per impedire nuove rivolte dei nobili, vessali con enormi tasse, affliggili, anche ingiustamente. In questo modo saranno troppo occupati a riuscire a sopravvivere e non avranno più tempo per ordire nuove trame"), consente al fisco imperiale di requisire ai proprietari terrieri tutte quelle proprietà che fossero state acquistate negli ultimi sessantuno anni, restituendole ai precedenti proprietari, a meno che non venissero riconfermate dallo stesso Basileus. Questo provvedimento ha lo scopo di bloccare le ambizioni espansionistiche di molti dei grandi casati nobiliari, che nell'ultimo secolo avevano assorbito in grossi latifondi la piccola proprietà terriera degli Stratioti, ovvero coloro che quella terra l'avevano ricevuta come compenso per il servizio permanente nell'esercito e con le rendite della quale si dovevano pagare l'equipaggiamento...la perdita di queste terre, Basileios lo intuì rapidamente, avrebbe fatto conseguentemente sparire la classe degli Stratioti e quindi l'intera spina dorsale delle forze armate imperiali. L'editto causò la rovina di molte famiglie aristocratiche dell'Impero, che persero tutti i loro possedimenti.

Il Basileus, inoltre, non si accontentò di togliere le terre all'aristocrazia ma la costrinse a pagare l'allenlengyon, tassa in precedenza pagata dai villaggi, i quali dovevano già numerose gabelle ai nobili stessi. Questa tassa aveva una duplice funzione: da una parte indeboliva ancora di più i nobili, dall'altra assicurava cospicui introiti: era difatti decisamente più semplice riscuoterla dai nobili abbienti che dai poveri i quali, quando il raccolto andava male, potevano arrivare anche al punto di uccidere gli esattori.

Sempre nel 996, a Costantinopoli, arrivò un'ambasciata di Ottone III del Sacro Romano Impero, che chiedeva a Basileios II la mano di una nobildonna bizantina. Basilio non chiedeva di meglio in quanto grazie a questo matrimonio l'italia sarebbe stata finalmente pacificata.

Purtroppo la principessa si ammalerà e morirà poco dopo le nozze.

Approfittando della campagna del Basileus contro i Fatimidi, lo Zar Samuil invade la Grecia ed il Peloponneso.

Mentre sta tornando in Bulgaria, tuttavia, l'esercito imperiale, condotto dalllo straordinario generale Nikephors Ouranos, precettore del giovane principe omonimo, riesce ad infliggere una rovinosa sconfitta all'esercito bulgaro (997), lo stesso Samuil riesce a salvarsi solo per mera fortuna.

Negli anni successivi, tuttavia, lo Zar bulgaro riprende l'offensiva, conquistando la Rascia e Doclea.

Nel 999, conclusa una tregua di dieci anni con il potente nemico islamico ed annessa l'Iberia all'Impero alla morte del principe che la governava, Basilio II lancia la sua offensiva contro la Bulgaria: conquista Serdica e parte della Bulgaria orientale, mentre però i Bulgari entravano a Durazzo.

Nel 1000, il Doge di Venezia Pietro II Orseolo sottomette la Dalmazia nel corso di una grande spedizione punitiva contro la pirateria nell'Adriatico, invia quindi il proprio figlio Giovanni a Costantinopoli per chiedere il riconoscimento imperiale del nuovo dominio. Basileios II concede ai veneziani il titolo di Dux Veneticorum et Dalmaticorum e pochi anni dopo, a seguito del sostegno ricevuto da Pietro Orseolo nella difesa di Bari dagli Arabi, acconsente al matrimonio della nipote Maria col giovane rampollo veneziano.

Dopo il periodo di lutto, nel 1001, Ottone III manda un secondo emissario, per chiedere in sposa un'altra nobildonna bizantina. Basileios II decide allora di concedergli la mano della più splendida delle sue nipoti, Zoe. La sorte però si accanisce ancora contro questo progetto. La nipote era partita per Bari, dove avrebbe dovuto incontrare il suo promesso sposo, da pochi giorni quando a Costantinopoli arrivò la notizia che Ottone era morto per una febbre improvvisa.

Tra il 1001 e il 1004 Basileios II lancia una campagna punitiva contro i Bulgari, che procedette lenta ma con ottimi risultati.

Inizialmente invade ed occupa i dintorni di Serdica, successivamente passa alla Macedonia, riconquista la Tessaglia ed espugna, dopo un assedio di otto mesi, la fortezza di Vidin, lungo il corso del Danubio. Da quella fortezza Basileios II si dirige a sud, dove infligge un'altra sconfitta a Samuil presso il fiume Vardar (1004). 
Dopo queste vittorie, con il quale il Basileus aveva strappato metà del suo impero a Samuil, Basileios II decide di svernare a Costantinopoli.

L'anno successivo, ripresa la campagna, riesce ad espugnare Durazzo grazie a un provvidenziale tradimento. 
L'odio di Basileios II contro i Bulgari, causato dalla disastrosa campagna condotta contro di loro 20 anni fa, non è stato attenuato dal tempo.

Dopo la vittoria conseguita, il 4 ottobre del 1014, nella battaglia di Kleidion, la sua ferocia è tale da fargli assumere l'appellativo di Bulgaroctono, ovvero "massacratore di Bulgari". Essendogli sfuggito da tra le mani lo Zar, Basilio fa radunare circa 14.000 Bulgari e, messi in fila a gruppi di cento, li fa accecare tutti tranne al primo della fila cui viene cavato un occhio solo, in modo che possa condurre i suoi compagni dallo Zar. Samuil, che nel frattempo era riparato nella fortezza di Prespa, sconvolto, morì due giorni dopo aver visto come la sua grande armata era stata distrutta.

A Samuil succede il figlio Gavril Radomir, che si affretta ad implorare la pace offrendosi di diventare vassallo dell'Impero. Basileios rifiuta e continua l'offensiva.

Gavril muore nel 1015 ucciso da suo cugino, Ivan Vladislav, che gli succede.

Anche il nuovo Zar tenta di giungere alla pace, dicendo di essere disposto ad accettare il vassallaggio.

In un primo momento Basileios II accetta ma quando vede che, nonostante i patti, lo Zar ha già pianificato di aggredire Durazzo, il Basileus infuriato riprende le ostilità conquistando Ocrida e ripetendo le atrocità sui prigionieri già commesse dopo la vittoria di Kleidion.

I Fatimidi invadono di nuovo l'oriente, conquistando il protettorato bizantino di Aleppo, mentre il re di Georgia, Giorgi I,aggredisce il thema di Iberia.

Basileios II non si fa distrarre da tali offensive e continua la conquista di ciò che rimane del potente Impero Bulgaro.

Ivan Vladislav tenta una disperata resistenza, ma muore nel tentativo di espugnare Durazzo (febbraio 1018).

Venuto a conoscenza della morte dello Zar, Basileios decide di condurre l'offensiva finale: occupa di nuovo Ocrida (recuperata poco tempo prima da Giovanni) ed annette completamente la Bulgaria occidentale all'Impero.

Con questa vittoria Basilio riporta tutta la penisola balcanica sotto il controllo dell'Impero, cosa che non accadeva dai tempi di Eraclio I.

Celebrò questa vittoria vittoria prima con una messa solenne nel Partenone di Atene, e successivamente a Costantinopoli.

I territori riconquistati vengono riorganizzati in themata: i themata di Bulgaria (parte centrale dell'Impero bulgaro), Paristrion (parte orientale dell'Impero bulgaro), Sirmio e Dalmazia.

Inoltre i territori di Doclea, Zaculmia, Rascia e Bosnia divengono vassalli dell'Impero.

L'imperatore si dimostra misericordioso con i sudditi dei territori conquistati. Stabilisce che essi possano pagare le tasse in natura e non in denaro, come invece accade nelle regioni più sviluppate dell'Impero, inoltre, anche se aveva degradato il patriarcato bulgaro a semplice arcivescovato, ne garantsce comunque il privilegio dell'autocefalia. In tal modo consente all'Impero di controllare la chiesa bulgara senza però ampliare ulteriormente la già vasta sfera d'influenza del patriarcato di Costantinopoli, che negli ultimi anni si era fatto molto potente e poco docile nei confronti del potere temporale.

Concluse le sue campagne di conquista in Occidente, Basileios II si concentra sull'Oriente.

Grazie a una ribellione del governatore fatimide, Aleppo passa dalla parte bizantina, e Basileios ristabilisce il protettorato imperiale su quella regione.

Per contrastare gli attacchi di Re Giorgi I di Georgia, che si è nel frattempo alleato con il re di Ani, Basileios II invade la Georgia e la riduce a protettorato bizantino, oltre alla cessione di alcuni territori all'Impero. Anche Ani diviene un protettorato ed alla morte del re, come già successo con l'Iberia, sarebbe stato annesso all'Impero. Anche lo stato armeno di Kars diviene vassallo dell'Impero mentre il territorio di Vaspurakan, ceduto all'Impero dal suo sovrano, diviene un nuovo thema.

Nel 1022 scoppia una nuova rivolta in Anatolia.

Il figlio di Bardas Phokas, Nikephoros, si autoproclama Basileus ed ottenne l'appoggio della Georgia e di Ani, ma Basileios II sopprime rapidamente la rivolta riuscendo inoltre a ridurre di nuovo all'obbedienza i due stati vassalli che avevano osato appoggiare l'usurpatore.

Questa è la prima campagna nella quale il giovane Nikephoros scende in battaglia al fianco del padre, dimostrando straordinarie doti di comandante, grazie forse alla sapiente guida di Nikephoros Ouranos che gli fece da precettore.

Nel 1025, Basileios II sta preparando assieme a Nikephoros, che ormai è stato cooptato al trono, la campagna di riconquista della Sicilia; il 15 dicembre, però, morì, all'età di 67 anni.

Anno 6534 dalla Creazione (1025), dicembre. Nikephoros, figlio di Basileios II "Boulgaroktonos", sale al trono all'età di 31 anni, con il nome di Nikephoros III, Imperatore ed Autocrate dei Romani.

Tutt'altro che inesperto, il giovane Basileus conferma da una parte il polso duro contro l'aristocrazia terriera, dall'altra la volontà di continuare il progetto del padre, di riportare l'Impero ad essere nuovamente la più grande potenza al mondo e sottomettere l'intera oikumene alla corona dei Basileis.

Lo zio, Konstantinos VIII, politicamente è completamente inetto ed il suo unico interesse è quello di dissipare denaro in banchetti luculliani ed intrattenersi con numerose concubine.

Come suo padre fece con il suo precettore, Nikephoros Ouranos, anche Nikephoros III scelse di affiancarsi ad un generale dal brillante avvenire, Giorgios Maniakes, poco più giovane del sovrano.

Sarà lui il braccio destro di Nikephoros III nella campagna di Sicilia.

1028: Mentre in Europa scoppia la guerra tra il neonato Regno di Polonia ed il Sacro Romano Impero, Nikephoros III e Giorgios Maniakes conducono una campagna in oriente, mentre il Basileus espugna, con un assedio della durata di 9 mesi, la città di Aleppo, Giorgios Maniakes strappa ai Turchi la città di Edessa.

Muore, stroncato dai suoi vizi, Konstantinos VIII.

1029: tumulti e dissidi tra i governatori Kalbiti ed il Califfo Fatimide convincono Nikephoros III che è il momento giusto per avviare la campagna in Sicilia. Georgios Maniakes avvia i preparativi.

Il duca di Napoli concede Aversa a Rainulfo Drengot, per aver aiutato i partenopei a difendere Salerno dall'assedio dei saraceni.

1030: Facendo perno sulla fortezza di Reggio, Giorgios Maniakes sbarca a Messina al comando di un'enorme forza composta da 30.000 fanti pesanti dei themi, 14.000 cavalieri e reparti scelti dei Tàgmata e 26.000 tra ausiliari e mercenari.

Entro l'anno viene presa Messina, Siracusa e Catania sono assediate.

1030-1034: Catania, Siracusa ed Enna sono prese dalle truppe imperiali comandate dal Maniakes, ma un contingente viene intercettato (1033) e distrutto dagli Arabi sulla strada per Agrigento.

Nikephoros III salpa da Durazzo (1034) con 16.000 uomini del Tàgmata, tra i quali i 6.000 della Guardia Variaga.

1035-1040: Approfittando dell'assenza del Basileus, l'aristocrazia terriera anatolica, capeggiata da Romanos Argyros, marito della cugina di Nikephoros, Zoe.

Nikephoros è costretto a rientrare nella capitale di fretta con le sue truppe per sedare la rivolta.

Romanos Argyros è autoproclamato Basileus a Nicea e conta di entrare a Costantinopoli per ottenere la corona imperiale in virtù del suo matrimonio, ma la città gli sbarra le porte. 

Entro il 1036 Giorgios Maniakes riesce a prendere anche Ragusa e Gela, ma di fronte alla controffensiva araba deve rinunciare ad avanzare su Palermo ed Agrigento, preferendo dare un po' di respiro all'armata in attesa del ritorno di Nikephoros III.

Il Basileus avanza verso Thessalonika, raccogliendo attorno a se i contingenti dei thèmata balcanici, a lui fedeli.

Lo scontro con le truppe di Romanos Argyros avviene a gennaio 1037 ad Oraiokastron, le truppe anatoliche sono sconfitte e Romano viene catturato, torturato ed ucciso.

A Zoe, che aveva trovato rifugio a Costantinopoli, viene risparmiata la vita, ma è costretta a prendere i voti ed a venire esiliata in un monastero a Cherson.

Ci vorrà ancora un anno prima che la situazione interna venga consolidata.

Nikephoros III interviene ancora una volta sulla struttura amministrativa dell'Impero, con nuovi decreti a tutela della Strateia e delle comunità di villaggio.

L'allelengyon viene esteso anche alle proprietà ecclesiastiche.

Entro il 1039 Nikephoros III salpa nuovamente per la Sicilia con truppe fresche. L'arrivo a Siracusa del Basileus e dei suoi 20.000 uomini è salutato con grande calore da Maniakes e dai suoi uomini, che nel frattempo hanno dovuto cedere Enna e Gela alla controffensiva Fatimide.

L'offensiva imperiale non si fa attendere ed entro il 1040 Maniakes è avanzato fino ad Agrigento, che viene presa in 4 mesi, mentre Nikephoros III assedia Palermo.

I Turchi Seljukidi conquistano la Persia Ghaznavide e si preparano ad entrare sullo scacchiere mesopotamico.

1041: Arduino, il signore longobardo di Melfi, si ribella alla potestà bizantina ed attacca il Catapano Michael Dokeianos nel nord della Puglia, sconfiggendolo grazie alle truppe normanne. Guglielmo d'Altavilla si proclama conte di Puglia.

Nikephoros III richiama Giorgios Maniakes dall'assedio di Trapani e gli affida il comando delle operazioni contro Palermo, assediata da quasi 11 mesi ma resiste grazie alla flotta egiziana che, dopo aver sconfitto quella bizantina, continua a rifornire la guarnigione della città.

Il Basileus si prepara a partire per la Puglia, dove intende sradicare completamente ogni sorta di resistenza al potere bizantino.

1042: Mentre Palermo cade finalmente nelle mani di Giorgios Maniakes, Nikephoros III affronta i Normanni, impegnati nell'assedio della roccaforte bizantina di Rossano. La vittoria romea è più che altro simbolica, visto che i Normanni si ritirano dopo le prime scaramucce, richiamati da Guglielmo d'Altavilla, Duca di Puglia, intenzionato a prendere Bari prima dell'arrivo di Nikephoros III, per affrontarlo poi a ranghi completi.

1043: Giorgios Maniakes assedia l'ultima città siciliana in mano araba, Trapani. Bari si consegna ai Normanni quando Nikephoros III è orma alle porte di Matera.

Ad Altamura Nikephoros III subisce una rovinosa sconfitta per mano di Guglielmo d'Altavilla e solo fortunatamente riesce a riparare a Brindisi, da dove salpa, scortato dalla flotta veneziana, verso Durazzo.

Il Basileus non fa nemmeno in tempo a mettere piede in Grecia che viene raggiunto dalla notizia che un enorme esercito Russo-Slavo sta scendendo il Mar Nero in direzione Costantinopoli, guidato dal Principe Vladimir di Novgorod.

Contestualmente l'aristocrazia anatolica si solleva nuovamente, capeggiata dallo Strategos di Paphlagonia, Isacco Komnenos.

Battaglia di Costantinopoli: la flotta bizantina devasta con il fuoco greco le imbarcazioni russo-slave che erano entrate nel Mar di Marmara.

Nikephoros III, giunto a marce forzate dall'Epiro con le truppe dei themi di Ellade, Thessalonika, Durazzo e Bulgaria, attacca alle spalle le truppe russe impegnate nell'assedio.

Il Principe Vladimir è costretto a ratificare gli accordi già sottoscritti dal nonno Vladimir I di Kiev.

Nikephoros III amplia i privilegi commerciali dei mercanti russi in cambio di un'alleanza militare, che viene sancita con il matrimonio del Basileus con la sorella di Vladimir, la principessa kievana Anastasia.

1043-1044: Nikephoros III, alla testa delle armate dei themi balcanici ed affiancato da un nutrito contingente russo, sbarca sulla sponda asiatica del Bosforo.

Nel frattempo Isacco Komnenos ha posto con l'esercito del thema di Paphlagonia assedio a Nicea, mentre al suo fianco si sono sollevati anche gli Strategoi dei themata di Anatoliko, Cappadocia ed Armeniakon, portando in totale il numero delle loro forze a ben 30.000 uomini. Le forze thematiche a disposizione di Nikephoros III non superano i 14.000 uomini, anche chiamando alle armi l'intero esercito thematico dei Balcani, oltre ai 5.000 russi concessi da Kiev ed ai 2.000 dei Tàgmata superstiti della campagna contro i Normanni.

Forte della propria superiorità, Isacco avanza contro il Basileus a Brussa e lo respinge. Nikephoros III ripiega su Philadelphia, dove può contare sulla fedeltà dello Strategos di Thrakesion, e fa richiamare il Maniakes dalla Sicilia.

Anche lo Strategos di Boukellarion si unisce alla rivolta di Isacco Komnenos, con un importante contributo di 8.000 uomini.

Isacco, lasciata un'armata ad assediare nuovamente Nicea, marcia su Costantinopoli.

Giorgios Maniakes sbarca con 5.000 uomini a Smyrne e raggiunge Nikephoros III a Philadelpia.

Il Basileus richiama truppe dai themata confinari dell'Asia, altri 8.000 uomini, ed accorre in soccorso della capitale.

Isacco, facendo entrare in città alcuni uomini attraverso il grande acquedotto, entra a Costantinopoli e costringe il Patriarca a dichiarare decaduto Nikephoros III e ad incoronarlo Basileus.

Nikephoros III libera dall'assedio Nicea, sbaragliando le truppe dello Strategos di Boukellarion. Le truppe dei themata di Opsikion ed Optimation vanno a rinforzare l'esercito di Nikephoros III, portando i suoi effettivi a 32.000 uomini.

Maniakes conduce i suoi veterani ed i russi a Gallipoli, da dove intende marciare su Costantinopoli, mentre Nikephoros III prosegue in Asia, diretto al sobborgo di Scutari.

Isacco affronta, al comando di 35.000 uomini, Nikephoros III a Scutari.

Le forze sono quasi equivalenti ma la svolta avviene grazie all'ammutinamento degli stratiotai delle truppe thematiche di Isacco, che non intendono di certo sostenere le ambizioni di un latifondista contro un Basileus da sempre schierato a favore della strateia.

Isacco Komnenos viene catturato, torturato e giustiziato. Le teste degli Strategoi uccisi vengono inviati ciascuna nei themi da essi amministrati come monito.

In quelle stesse ore, Costantinopoli spalancava festante le porte alle truppe di Giorgios Maniakes, recante il vessillo del Basileus Nikephoros III.

Nikephoros III torna nella capitale festeggiato dalla folla.

La sua riforma sarà una cruenta vendetta nei confronti dell'aristocrazia terriera anatolica che si è ribellata: famiglie come Skleros, Kourkuas, Lekapenos, Phokas, Malinos, Argyros, Botaniates, Diogenes, Briennios, Tornikes, Vatatzes vedono i propri possedimenti praticamente ridotti ad un decimo della loro antica estensione; le loro terre, confiscate dal demanio, vengono distribuite a molti contadini che diventano nuovi stratioti.

Molte di queste famiglie si ritrovano ora a possedere latifondi di poco più grandi a quelli di un comunissimo stratiota.

La famiglia dei Komnenos, che aveva visto la sua ascesa grazie al padre di Isacco, ma soprattutto ad Isacco stesso, vede le sue terre confiscate interamente a favore delle famiglie Laskaris, Doukas e Palaiologos, rimaste fedeli al Basileus, i suoi membri vengono estromessi da tutti gli incarichi pubblici e di corte.

Mentre Nikephoros III e Giorgios Maniakes sono impegnati nella soppressione della rivolta, l'Emiro di Sicilia ha approfittato per condurre una controffensiva, che ha riportato nelle sue mani le città di Marsala, Mazara, Segesta, Alcamo e Palermo.

Ad oriente intanto le orde dei turchi Seljukidi si abbattono sulle provincie di confine dell'Impero.

Sguarnite dal grosso delle truppe thematiche, richiamate ad occidente dalla guerra civile, questi thèmata sono difesi solamente dalle truppe di confine delle kleisourai, gli Akritai.

I thèmata di Vaspurkan, Ani, Taron, Iberia, Theodosiupolis e Mesopotamia cadono uno dopo l'altro.

Antiochia, Edessa e Melitene sono riconquistate dagli Arabi.

L'opera di conquista ad oriente del grande Basileios II è vanificata in poco più di un anno.

Nell'Italia meridionale i Normanni avanzano come un'onda di piena, travolgendo il thèma di Langobardia. Brindisi e Reggio sono le uniche roccaforti che riescono a resistere.

1045: L'anno nuovo si apre sotto i peggiori auspici. Gli Arabi hanno respinto l'avanzata in Sicilia e riconquistato la Siria, i Turchi Seljukidi hanno occupato il Caucaso e l'alta Mesopotamia, contenuti a stento alle porte dell'Anatolia.

L'italia meridionale è quasi strappata all'impero dalle travolgenti armate normanne.

Nikephoros III si trova ora a dover lottare su quattro fronti e non vi sono validi alleati da interpellare, i Cumani e gli Ungheresi sono ostili, i Russi sono poco disponibili e troppo distanti per essere significativi, Venezia ed il Sacro Romano Impero sono infidi e pericolosi.

Maniakes viene rispedito con nuove forze in Sicilia, l'obiettivo è quello di chiudere il conto con gli Arabi di Sicilia prima di tornare all'attacco dei normanni in Sud Italia.

Nikephoros III invece sceglie di comandare personalmente la controffensiva in oriente.

Nel giro di otto mesi, Palermo, Trapani e Marsala sono di nuovo sotto assedio, e gli Arabi sono prossimi a venire cacciati dall'isola.

La campagna di Nikephoros III invece si risolve in una catena impressionante di disastri: Kolonea e Sebastea cadono in mano turca, che si spingono con le loro incursoni fino alla Cappadocia ed a Sinope; Trebisonda è assediata.

Nikephoros III scampa per miracolo ad un'imboscata nella regione di Antiochia e la sua armata viene quasi distrutta. La guerra civile e la campagna italiana hanno svuotato l'Impero delle poche forze rimaste dopo le travolgenti campagne di Basileios II.

[continua]

Konstantinos XI

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Ecco una postilla dello stesso autore:

Basilio II, così come i suoi predecessori Giovanni I Tzimiskes e Niceforo II Phokas, avevano dalla loro una forza che i successori non avranno: erano amati dal popolo e dall'esercito, proprio grazie a questi provvedimenti volti ad arginare gli abusi dell'aristocrazia terriera.

Guardate al regno di Basilio II, ci furono ben tre rivolte capeggiate dai due Bardas, ma in nessun caso ebbero la forza per sconfiggere Basilio II, perché? Facendo leva sull'odio dell'aristocrazia e delle truppe fedeli agli Strategoi aristocratici, avrebbero dovuto avere una forza tale da schierare un esercito sufficiente (in fin dei conti l'aristocrazia terriera governava praticamente tutta l'Asia minore... parliamo di quasi 2/3 della potenza economica e militare dell'Impero) a sconfiggere Basilio II e le truppe a lui fedeli (teoricamente solo i Tàgmata, che erano legati personalmente ai Basileis...circa 40-50.000 uomini in tutto).

Questo non successe perché in questo periodo la struttura thematica era ancora integra, lo stato era gestito da funzionari statali, non era ancora iniziato "l'appalto" ai nobili delle funzioni amministrative come la riscossione dei tributi, così come i nobili non erano autorizzati ufficialmente a crearsi un proprio seguito armato (quello che porterà al sistema semi-feudale della Pronoia).

I nobili in quest'epoca erano poco più di ricchi latifondisti con un incarico nell'amministrazione pubblica, ma sia il loro incarico che le il loro patrimonio fondiario erano ancora dipendenti dal potere imperiale (ricordiamo che per il Diritto bizantino la proprietà privata, nel vero senso del termine, non esiste, nessuno "possiede" delle terre, esse sono di proprietà della corona che le cede in amministrazione più o meno perpetua, ma si riserva sempre il diritto di togliere, ridurre o estendere a propria discrezione questa concessione).

Finché i Basileis quindi furono abbastanza potenti ed intelligenti da tenere l'aristocrazia lontana da certi privilegi, fu ancora possibile gestire lo Stato con ottimi risultati, ma, nella Storia reale, già Costantino VIII, fratello di Basilio II, quando salì al trono, totalmente disinteressato alla politica, concesse agli aristocratici di revocare le leggi del fratello, e questo trend fu seguito praticamente da tutti i suoi successori, soprattutto visto che né Costantino VIII né Basilio II ebbero eredi maschi, quindi la continuità dinastica fu proseguita dalle due figlie di Costantino, Zoe e Teodora, che sposarono esponenti dell'aristocrazia anatolica i quali, non appena raggiunto il potere, si affrettarono a varare leggi che favorivano il proprio ceto.

Ci furono alcuni tentativi, tra Basilio II ed i Comneni, di intervenire quando, guardando la situazione dall'alto del soglio imperiale e non dal basso del latifondo, si vide troppo palesemente che ciò stava polverizzando l'intera struttura economico-amministrativa e militare dell'Impero, ma ormai il processo era così avanzato che ogni tentativo di tornare ad un sistema thematico venne stroncato sul nascere dai latifondisti aristocratici.

Visto che ormai lo stato era lasciato a sé stesso dalla lotta per il trono tra aristocrazia terriera anatolica ed aristocrazia burocratica costantinopolitana, l'unica soluzione di una certa qual consistenza la trovarono i Comneni, ovvero dare un senso allo status quo ed istituire il sistema della Pronoia.

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Bhrg'hros a questo punto aggiunge:

Ci sono state un discreto numero di ucronie bizantine, ma nessuna, mi pare, con un vero e proprio "Iperimpero Bizantino" esclusivo (ossia non 'minacciato' da vicini altrettanto potenti), no?

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Basileus TFT risponde:

Sarebbe un lavoro allucinante visto che la storia di Bisanzio è una storia di continue difese contro orde di nemici. L'unica potrebbe essere un'ipotetica vittoria contro la Persia, un'assenza della grande peste e una mancata diffusione dell'islamismo.

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Al che Bhrg'hros precisa:

Certo; la prima e la terza condizione tendono a coincidere e naturalmente occorre una divergenza molto potente per permettere la prima. D'altra parte, ne vale la pena perché la Storia cambi non (come invece nella maggior parte dei casi che discutiamo) da un caos all'altro, ma piuttosto dal caos alla linearità.

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Diamo ora la parola a Paolo Maltagliati:

1) Dipende da dove volete che si espanda questo iperimpero bizantino. Se volete lanciarlo verso occidente "basta" (come fosse facile... va beh, tanto stiamo parlando per ipotesi, per cui...) che l'impero sassanide sopravviva e diventi amico di Bisanzio. Ad oggi nessuno ha mai scritto un'ucronia in cui i persiani si convertono al cristianesimo (quale? verosimilmente sarebbe il nestoriano) e lentamente si arriva al disgelo se non all'amicizia, neanche Turtledove...

2) fa il paio con la prima: non credo che i bizantini sarebbero stati in grado di tenere un impero più grande di quello sotto Giustiniano: nella peggiore delle ipotesi il tentativo di sottomissione della Persia avrebbe favorito piuttosto che ostacolato l'avanzata islamica. Anzi, se volete la mia, sembrerà paradossale, ma se volete un "iperimpero bizantino", allora Costantinopoli dovrebbe prima perdere Alessandria. Un impero egiziano indipendente, poniamo, nella seconda metà del VI secolo, risparmierebbe parecchi patemi d'animo a Bisanzio! In realtà i bizantini non si sarebbero mai rassegnati a perdere un pezzo così importante del loro impero, però...

3) ecco, se volete, una piccola lista di punti di divergenza per mantenere più o meno forte l'impero bizantino nell'età di mezzo:

Inoltre, non so a voi, ma trovo che sia più, come dire, affascinante, un impero bizantino in lotta contro molti nemici e che, tenace, non si arrende mai. Perde, stringe la cinghia, si riorganizza e, anche se magari non coglie stratosferiche vittorie, resiste, più a lungo dei suoi più giovani e quotati avversari. Per citare Leon Bloy: "l'impero poteva essere paragonato ad un gigante con una pantera sulle spalle e costretto, al tempo stesso, a fronteggiare parecchi leoni". E' questo che rende straordinaria l'epopea di Costantinopoli. Per questo farne un iperimpero, beh, non so, mi stona...

C'è poi da tener conto della difficoltà di creazione di iperimperi in generale in epoca premoderna: di tutti quelli che ci sono andati vicino, solo uno è durato un tempo veramente lungo (Roma: storcerete il naso se volete, ma effettivamente E' un iperimpero, se considerate tutte le civiltà e i popoli che ha sottomesso) e pochi sono andati molto oltre la vita del loro fondatore. Non dico che sia impossibile alla fantasia (praticamente niente lo è), ma un solo punto di divergenza non basta: occorre creare diverse circostanze fortuite e continuare a sommarle. Poi magari io sono troppo perfezionista e le ucronie le voglio verosimili. Ovviamente abbassare di qualche tacca la plausibilità rende tutto più semplice...

San Stanislao di Cracovia converte i Turchi al cristianesimo (creata con openart.ai)

San Stanislao di Cracovia converte i Turchi al cristianesimo (creata con openart.ai)

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Ed ecco ora il contributo di Federico Sangalli: Teofobo Basileus!

La nostra Storia inizia con un giovane aristocratico persiano di nome Nasir o Nasr. Siamo all'inizio del IX Secolo, nella Persia Occidentale, parte del potente Califfato Abbaside. Il nostro Nasir è un Khurramita (Khorram-Dīnan, "Quelli della Religione Gioiosa"), un movimento religioso persiano di ispirazione mazdakista ma formalmente musulmano: i Khurramiti hanno una visione dualista Luce-Ombra dell'Universo, pensano che tutti i profeti e le religioni facciano parte di un unico Spirito e credono nella reincarnazione. I loro rituali si focalizzano sulla purificazione e la gentilezza, sostengono il libero amore purché la donna sia consenziente e incoraggiano i fedeli a dedicarsi a tutti i piaceri della vita, ivi compreso l'alcol, e a soddisfare tutte le loro inclinazioni purché non risultino dannose per altri. In breve finiscono per essere considerati eretici dai loro correligionari musulmani, che inoltre vedono nel movimento un richiamo alla cultura nazionale persiana in opposizione al nuovo califfato arabo-musulmano guidato dagli Abbasidi, com'era accaduto anni prima ai mazdakisti. Nell'833 l'esercito del Califfo al-Mu'tasim affronta i ribelli khurramiti e li sconfigge, così l'anno dopo Nasir e altri quattordicimila khurramiti attraversato le montagne dell'Armenia e si rifugiano nell'Impero Bizantino. Qua essi si convertono al Cristianesimo, si sposano con vedove di militari bizantini e si arruolano nell'esercito imperiale. Nasir, divenuto Teofobo, "Colui che teme Dio", in rispetto alla sua nuova fede, viene nominato a capo delle truppe ex khurramite, elevato al rango di Patrizio e marinato all'interno della stessa famiglia imperiale bizantina (con una certa Elena, sorella dell'Imperatore Teofilo o sorella di sua moglie, l'Imperatrice Teodora).
Nell'837 Teofobo partecipa con Teofilo alla guerra contro gli Abbasidi nell'Alto Eufrate e il riconoscimento dell'Imperatore è tale che viene anche nominato principe di una qualche territorio vassallo bizantino, anche se non è chiaro dove (forse in Kurdistan o in Azerbaijan). Lo stesso anno, avendo saputo delle ottime condizione offerte da Bisanzio, altri sedicimila khurramiti passano la frontiera e si uniscono alle file di Teofobo.
Tuttavia nell'838 al-Mu'tasim lancia un'invasione di rappresaglia: l'esercito bizantino è intercettato a Dazimon dalle forze califfali e disastrosamente sconfitto. Disattendendo il consiglio di Teofobo di procedere ad un attacco notturno, l'Imperatore Teofilo decise di aspettare il giorno prima di attaccare, venendo accerchiato infine su una collina. Secondo alcuni fu Teofobo a salvare Teofilo durante la battaglia, riuscendo a rompere le linee nemiche e a portarlo in salvo con pochi ufficiali, mentre secondo altri fu il generale Manuele l'Armeno a farlo. Di una cosa però si è certi e cioè che gran parte delle forze persiane di Teofobo riuscirono a sfuggire all'accerchiamento e a mettersi in salvo, rifugiandosi a Sinope. Qua i soldati decisero di acclamare Teofobo Imperatore, contro la sua volontà. Contemporaneamente la notizia della sconfitta e di una possibile morte di Teofilo aveva riacceso le lotte di potere a Costantinopoli, ove Teofobo, un tollerante iconofilo che avrebbe rappresentato una discontinuità con il fanatismo iconoclasta di Teofilo, veniva menzionato come un possibile pretendente al trono.
Al contrario Teofobo giurò subito fedeltà a Teofilo e guidò un esercito a Sinope per avere ragione dei ribelli: per questo venne confermato nel suo rango ma le truppe khurramite furono divise in contingenti più piccoli e sparpagliate in ogni thema per evitare ogni futura e pericolosa base di potere da cui ambire al trono.
Alla fine la sua fedeltà verso i suoi benefattori stranieri non venne ripagata: temendo che potesse contestare la successione del suo erede bambino, Michele III, nell'842 un ormai vecchio e moribondo Teofilo fece assassinare Teofobo per mano di suo cognato Petronio.

Ora, poniamo invece che Teofobo sia con le sue truppe persiane oppure che Manuele d'Armenia muoia durante la sua precedente prigionia presso gli Abbasidi: Teofilo è così ucciso durante la Battaglia di Dazimon, lasciando l'Impero Bizantino nel caos. L'erede al trono sarebbe il Generale Alessio Mosele, fidanzato ufficialmente con Maria, quattro anni, figlia di Teofilo, è formalmente elevato a Cesare, che però al momento sta assediando gli Arabi a Cefalù, in Sicilia. Inoltre nello stesso anno (non è chiaro se prima o dopo la battaglia) la stessa Maria muore, rompendo il suo legame familiare con la dinastia uscente. Teofobo è acclamato Imperatore dalle sue truppe a Sinope e stavolta, in assenza di eredi, accetta. I rivali a Costantinopoli si radunano attorno alla famiglia dell'Imperatrice vedova Teodora, in particolare i suoi fratelli Bardas e Petronio: in particolare il secondo, dopo la morte del Domestico delle Scuole Manuele l'Armeno, è diventato l'ufficiale più alto in grado e quindi comandante del Vigla, il reggimento d'élite con il privilegio di stanziare dentro le mura di Costantinopoli, che i due usano per assumere il potere in città e prepararsi all'arrivo di Teofobo. Al contrario è Alessio Mosele, firmata in fratta e furia una tregua con gli arabi finché ancora qualcuno si ricorda del suo fidanzamento con la figlia dell'Imperatore, a piombare da Occidente: poiché sia Teofobo sia Bardas e Petronio si dichiarano Iconofili in chiara rottura con defunto Imperatore, al contrario Alessio si proclama Iconoclasta nel tentativo di presentarsi come il successore prescelto è più vicino a Teofilo e incoraggia i sostenitori dell'Iconoclastia ad insorgere. I ribelli infiammano Costantinopoli e danno l'assalto alle caserme del Vigla: Bardas è ucciso subito, Petronio cade dopo un'eroica resistenza, Teodora è presa proprio era per costringerla a sposare Alessio Mosele e chiudere così il cerchio. Ma quando la polvere e le frecce si posano all'orizzonte appaiono i quarantamila khurramiti di Teofobo, che nel frattempo col suo esercito ha raccolto sostegno dalle campagne e fronteggiato l'avanzata araba dopo la disastrosa caduta di Amorio, già città natia della ex dinastia regnante. Pur di scacciare definitivamente gli iconoclasti l'estabilishment religioso e politico di Costantinopoli, guidato dall'Abate Metodio e dall'Eunuco Teoctisto, aprono le porte della città a Teofobo: Alessio è sconfitto e mandato in un monastero sperduto assieme al Patriarca iconoclasta Giovanni VII, Metodio è il nuovo Patriarca e dichiara la fine dell'Iconoclastia con cinque anni d'anticipo. E poi? Che conseguenze potrebbero derivare dall'avere un persiano, cristiano e dinasticamente riconosciuto, come Imperatore? Lui e i suoi successori riusciranno a affrontare meglio le minacce abbaside e bulgara meglio o peggio che in HL? E se Teofobo ritornasse piano piano alla sua fede d'origine ed introducesse o proteggesse il khurramismo nell'Impero Bizantino? Potremmo forse avere un Cristianesimo Orientale più dualista, reincarnazionista e libertino di quello nostrano e che conseguenze?

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Diamo ora la parola a Federico Sangalli:

Senza i Variaghi

Col termine Variaghi (o Vareghi, forse dal proto-germanico Vár, “giuramento”, da intendersi come “gente del giuramento, compagnie di ventura, bande, clan”) si definiscono un’insieme di genti scandinavo-norrene che durante il periodo della grandi spedizioni/migrazioni vichinghe predilessero la rotta di sud-est, attraverso il Baltico, i grandi fiumi russi e ucraini e il Mar Nero. Questi abili navigatori divennero presto grandi mercanti e abili guerrieri, costituendo comunità fiorenti nelle neonate proto-città slave e dando vita a corpi militari rinomati come la famosa Guardia Variaga, per secoli al servizio degli imperatori bizantini.
Ma l’influenza variaga non si fermò a questo ed ebbe anche importanti conseguenze politiche, dando infatti vita al regno dei Rus’ (dallo slavo “quelli coi capelli rossi”) di Kiev, il primo stato slavo storicamente riconosciuto.
Secondo i racconti semi-mitici nell’862 i cittadini di Novgorod invitarono infatti i Variaghi a prendere il potere per difendere le deboli città dai potenti popoli della steppa, come i Cazari e i Peceneghi. Il capo di questi, un certo Hroerekr, russificato poi in Rjurik, divenne il principe della città, inaugurando la dinastia rurikide. Vent’anni più tardi, nell’882, un suo discendente, Oleg, conquistò Kiev, ne fece la sua capitale e segnò l’ascesa dei Rurik che anni dopo sarebbero diventati Granduchi di Mosca, poi avrebbero unificato la Russia e l’avrebbero governata come Zar fino all’estinzione nel 1598.
Ma se i Variaghi non avessero mai viaggiato a sud-est? Per ragioni di comodo immaginiamo che la colonia del Vinland venga mantenuta e sviluppata e che le migrazioni vichinghe si indirizzino perlopiù in questa direzione. Cosa capita a Oriente? Senza i Variaghi i popoli delle steppe rimarranno prevalenti rispetto alle città? Oppure queste (Novgorod in testa) cercheranno altrove un nuovo protettore (i polacchi? I lituani? Qualche germano?)? E che effetto avrà la mancata nascita dei Rus’ di Kiev sulla storia slava?

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Gli risponde feder:

Vedi, il problema secondo me sta a monte. Noi mediterranei siamo soliti considerare le genti del nord (appunto, i norreni) come un'insieme indistinto di stirpe barbare che poco differivano l'una delle altre. In realtà, all'interno della stessa penisola scandinava, come in ogni comunità umana, le fratture si contavano a bizzeffe: c'erano i neoconvertiti, i pagani duri e puri, i pescatori, gli artigiani, i nobili, il clero, (pochi, ma c'erano) agricoltori, e molti altri gruppi ancora, ognuno con i propri scopi e interessi, talvolta (e per talvolta intendo spesso) in lotta fra loro. In particolare, una divisione piuttosto utile, per quanto grossolana, è quella posta in essere fra norreni dell'ovest (i cosiddetti vichinghi, antenati di danesi e norvegesi, autori di spettacolari razzie in Inghilterra e Francia, futuri duchi di Normandia e re di Sicilia, nonché autori della scoperta di Islanda, Groenlandia e Vinlandia) e norreni del'est (e cioè l'oggetto di questa nostra discussione, i variaghi, piuttosto antenati degli svedesi). Per questi ultimi sarebbe stato impossibile riversarsi a ovest, sciamando nelle colonie d'occidente, poiché i loro fratelli non-così-amichevoli gliel'avrebbero impedito. Dal momento che quello da te proposto (l'annullamento selettivo di un singolo popolo, che non aveva realmente altri lidi cui volgersi se non quelli della Rus') è uno di quei PoD che intaccano grandi fenomeni economici e sociali praticamente inevitabili, a meno che non si alteri la timeline nel profondo, mi trovo quindi realisticamente costretto a bocciarlo.

Però, per amore del nostro spirito di ucronisti, facciamo finta che sia accaduto proprio così. I variaghi per qualche ragione non approdano sulle sponde opposte del mar Baltico. Magari il rex Francorum orientalium gli offre un feudo o due come vassalli alla stregua di quanto fatto dal rex Francorum occidentalium contro la loro conversione (in questo caso parleremo della marca di Nordlinge, probabilmente estesa dall'Elba all'Oder). Verosimile allora aspettarci che i variaghi non si sarebbero accontentati: per conto dei nuovi padroni, avrebbero calcato le lande d'oriente, colonizzando lentamente quei territori. Il drang nach Osten germanico inizia con prepotenza ben due secoli prima, fra massacri e genocidi della popolazione nativa: prussi, balti e lituani sono sterminati, mentre gli slavi vengono sospinti verso oriente. I confini della Germania sono qui sulla Vistola: gli antenati di boemi e moravi fuggono probabilmente nella ricca pianura pannonica, mentre il regno di Polonia nasce come vassallo imperiale nell'area che noi conosciamo come le tre repubbliche baltiche. Quando Novgorod chiede aiuto, è questo regno ad assumersene la protezione, ingaggiando furibonde lotte con i popoli delle steppe e fungendo da "scudo d'Europa" contro la minaccia nomade. Non esiste distinzione fra slavi occidentali e orientali qui, ma solo tra meridionali e settentrionali, con i "boemi" profondamente germanizzati a far da cerniera tra i due gruppi. Senza l'appoggio variago e russo, possibile che Bisanzio cada all'assedio del 907; allora assisteremmo a una dinastia bulgara e non macedone, che unifica i Balcani ponendo il confine con impero e "Boemia" sulla Drava e sul Danubio.

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Federico gli replica:

feder porta alla luce  un punto interessante su cui però non concordo completamente: se è vero che le genti scandinave non erano tutte uguali e né erano solidali tra loro (celebri le sette camicie che Aroldo Bellachioma dovette sudare per unificare la Norvegia), tant’è vero che poi si sono evolute in stati separati, è anche vero che i norreni “baltici“ non erano certo così limitati dai norreni “atlantici” nei loro spostamenti verso ovest. Numerosi vichinghi baltici compirono scorrerie sull’Atlantico e solcarono quelle acque senza interferenze, come Ragnar Lodbrok, ritenuto originario dell’odierna Svezia, terrore delle Isole Britanniche e che si spinse fino ad assediare Parigi.
L’Ucronia é bellissima (e fai cartine migliori delle mie, accidenti ;) ma per come l’avevo pensata volevo concentrarmi sulle conseguenze dell’assenza dei Variaghi a condizioni più o meno immutate nel resto d’Europa. Per questo avevo pensato al Vinland, per far sì che le ricadute delle conseguenze secondarie del PoD (i Variaghi migrano da un’altra parte) si sovrapponessero con quelle del POD vero e proprio (assenza dei Variaghi in Europa Orientale) solo in una fase successiva, cosa ovviamente non possibile se questi creano un altro impero sulle coste del baltico e poi penetrano ancora in Russia solo da un’altra direzione.
Forse potrei aggiungere un altro POD: Rjurik e i suoi fratelli muoiono in battaglia o fanno naufragio e non danno mai vita ai principi rurikidi. Novgorod forse ingaggia qualche altro predone per difendersi ma nessuno di loro si rivela abbastanza capace da instaurare un governo duraturo. I Variaghi, già diminuiti dalle migrazione nel Vinland, rimangono una congrega di mercanti armati che percorrono su e giù i fiumi slavi per commerciare e fare i mercenari ma nulla di più. Niente politica, niente regni o principati.
Non capisco il riferimento all’assedio di Costantinopoli del 907: la città fu assediata dai russi e dai variaghi, non dai bulgari contro questi e i bizantini. Se i variaghi non governano Kiev non c’è alcun assedio e Michele III continua le sue campagne contro gli Abbasidi, prendendo Samosata e rafforzando il confine. Senza la sua amante variaga Eudocia Ingerina (e quindi niente Leone VI il Saggio) Michele non apre le porte del potere a Basilio il Macedone e non viene poi assassinato da questi. Niente dinastia macedone, continuazione della dinastia amoriana almeno fino alla morte di Michele III alla fine del nono secolo. Forse potrebbe seguire un avvento anticipato dei Foca con Niceforo il Vecchio.

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E Alessio Mammarella aggiunge:

Il percorso delineato da feder mi sembra interessante perché ci riporta alla formazione della Russia: secondo lui non esisteranno gli slavi orientali (ma evidentemente una Polonia che si espande fino coincidere con la Russia attuale, con la differenza di essere cattolica) però nulla toglie che qualcuna delle tribù sulla strada dei polacchi si sarebbe potuta convertire all'ortodossia per avere il sostegno di Costantinopoli (chiunque la governasse) e formare uno o più stati in opposizione alla Polonia (e quindi slavi orientali, intesi come ortodossi, sì). Oppure che un simile passaggio si si sarebbe verificato più tardi e con popoli più a più a est, in questo caso con conversione all'islam e sostegno politico ottomano. Afferiremmo allora all'idea "Russia musulmana".

Comunque tornando allo spunto originario di Federico, se Vinland continuasse a svilupparsi il mondo all'epoca del colonialismo potrebbe essere diverso. Per esempio, perché la dinastia reale britannica dovrebbe essere di origine tedesca, in un mondo in cui sono gli scandinavi ad aver colonizzato per primi le Americhe, e tratto da ciò notevoli ricchezze?

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Basileus TFT dal canto suo suggerisce:

Possiamo cambiare l'areale di espansione dei norreni orientali per risolvere il problema e così evitare la nascita dei Rus.
La cosa più sensata è una colonizzazione prematura della sfigatissima Finlandia, ed una penetrazione in Pomerania che, con il tempo, porterà alla creazione di un vasto regno norreno nei territori storici della Polonia, della Lituania attuale e delle aree limitrofe, di fatto cannibalizzando l'esistenza dello Stato polacco. Questa cultura potremmo chiamarla "di Jòmsborg" e chiaramente gli Jomsviking in questa timeline sarebbero qualcosa di molto diverso.
Il vuoto lasciato dai Rus sarebbe tutto a vantaggio o dei Khazari o dei Peceneghi. Personalmente tendo a vedere la creazione di un grande impero khazaro da Novgorod alla Crimea, mentre i Peceneghi sarebbero comunque un buon deterrente contro i Bulgari per Costantinopoli e il ruolo dei Rus potrebbe essere parzialmente ricoperto da loro, con una cristianizzazione e la creazione di una "guardia variaga" in salsa Pecenega.
Per Costantinopoli forse potrebbe cambiare un po' la politica balcanica con un grande stato khazaro proprio sopra al suo dominio, di fede non affine. Magari Basilio II verrebbe a patti con il regno dei Peceneghi nei Balcani e si dedicherebbe alla riconquista della Siria, ottenendo l'appellativo di "araboctono" o "sirianoctono" o insomma un altro titolo cacofonico di questo tipo.
Il grande impero dei Khazari sarà poi assorbito dal grande impero musulmano dei Cumani.
I Turchi Seljuchidi non migrano in Anatolia, ma conquistano il Levante bizantino e poi l'Egitto; le crociate sono un fenomeno molto più blando in Oriente e la sovrappopolazione si risolve con delle crociate alternative nella penisola iberica. Jomsborg, nel frattempo convertito al cristianesimo, si da alla pazza gioia nel massacra... ehm, convertire quanto rimane dei popoli a lui confinanti, e prima o poi lo scontro con i Cumani è inevitabile.

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Non può mancare il contributo di Paolo Maltagliati:

Provo a esporre una mia versione minima (del resto con numerosi punti di contatto con l'ipotesi di Basileus TFT):

1) Espansione verso nord e ovest del controllo chazaro. Naturalmente non si tratta di un dominio territoriale stretto, ma piuttosto una forma di sottomissione tributaria delle varie tribù slave dell’area ponto-baltica; le principali tribù sotto il controllo chazaro sono Polani e Severiani; a nord i Krivichi mantengono una certa autonomia; i croati bianchi si spostano sempre più a ovest verso la Boemia e la Moravia

2) IX secolo: apogeo dell’impero Bulgaro. Guerre bulgaro – cazare . L’impero bizantino è piuttosto ondivago nel suo atteggiamento. Tendenzialmente favorisce e secondi per limitare la potenza bulgara, ma diffida dell’eccessiva espansione cazara. Crollo degli Avari e vuoto di potere nella pianura pannonica di cui approfitta la Grande Moravia

3) fine IX e inizio X secolo: crisi del dominio Cazaro e ascesa dei Peceneghi; i Polani sono sempre più indipendenti. I Krivichi formano un protoregno nel nord, centrato sull’Ilmen

4) X secolo: L’impero bizantino prova ad appoggiarsi all’astro nascente dei Peceneghi in ottica anti-bulgara, ‘scaricando’ i Cazari, che, pur perdendo il loro controllo sulle steppe ponto-baltiche mantengono il loro nucleo originale Ponto-Caucaso-Caspico. Grande regno Croato-Moravo che si espande nelle pianure pannoniche a danno del regno Bulgaro

5) dalla crisi Chazara, emerge la federazione tribale uralica dei magiari, che migra verso ovest e mette in difficoltà i peceneghi. Come da copione, i bizantini giocano a farsi amici i nuovi venuti, ma questi ultimi tendono a schierarsi con i bulgari.

6) metà X secolo: showdown finale tra impero Bizantino e Bulgari, vinto dai primi. Questi ultimi retrocedono a nord del Danubio. Piccola nota: in questa TL la ‘lingua alta’ dei Bulgari non è lo slavo meridionale, ma rimane il latino volgare… In altre parole il valacco. I peceneghi, alleati dei bulgari, diventano soldati mercenari per l’impero bizantino e tendono a sparire dalla storia; chi non migra viene assimilato dalle potenze circostanti. Gli imperatori si dotano della cosiddetta ‘guardia turca’, composta da peceneghi migrati e ungari.

Quindi, ricapitolando:

Balcani centrosettentrionali -> Tribù slave migrate da nord, nominalmente sotto l’autorità bizantina
Balcani Meridionali -> Slavi prima sotto l’autorità bulgara, poi bizantina
Pianura Pannonica -> Regno di Croazia
Transilvania + Valacchia -> Regno Bulgaro rimanente
Dobrugia + Moldavia + Bessarabia + Galizia orientale + Ucraina occidentale (fino al Dnepr) -> Ungari
Don/Kuban + Ciscaucasia + Delta del Volga -> Chazaria rimanente
Russia centronord-> regno Krivico
Russia centrosud -> Regno di Polania

7) seconda metà X secolo prima metà XI: arrivo dei Kipchak nell’istmo ponto-baltico che spazza via la rimanenza dei Chazari, poi si espande verso nord e ovest, sottomette il regno di Polania, rende tributari i regni del nord ovest, fino al mar Baltico. I bizantini continuano a sostenere il regno di Levedia (Ungari), ma devono retrocedere verso ovest, premendo sulla Transcarpazia. Lotta tra Bulgaria e Croazia… Dopo aver fatto una vita a sostenere i secondi, i bizantini ora sostengono i primi, anche perché i croati non solo hanno un regno di notevoli dimensioni che minaccia anche le coste adriatiche, ma hanno deciso di passare a Roma.

Questioni religiose:

Levedia -> Costantinopoli
Chazaria -> Ebraismo, poi assorbiti nella guardia turca
Polania -> Sciamanesimo slavo, poi Costantinopoli
Krivchi -> Sciamanesimo slavo
Croazia/Moravia -> Prima Costantinopoli, poi Roma
Bulgari -> Autocefali, ma poi di fatto Costantinopoli
Kipchachi -> Bel dubbio. Per ora sciamanesimo, poi divisione tripartita tra chiesa nestoriana (inizialmente maggior parte), Islam su influenza corasmia (minoritaria), Costantinopoli (inizialmente inesistente, poi guadagna terreno per ragioni di comodo)

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Federico Sangalli si mostra contento:

Ringrazio tutti per i contributi molto interessanti apportati alla discussione, lo scenario ora inizia a formarsi nella mia mente. L'avrò già detto almeno ottanta volte ma voglio ripetermi e dire che di ciò di cui stiamo discutendo resta uno dei capitoli meno in luce ma più interessanti della storia. Mi chiedo se i Krivchi troveranno il modo di sopravvivere o in quanto slavi pagani finiranno nel mirino delle Crociate del Nord. Resta poi il grande interrogativo di cosa accadrà all'arrivo dei Mongoli, argomento che vale anche per il Medio Oriente: se i Selgiuchidi conquistano l'Egitto questo cadrà nelle mani dell'Ilkahanato all'avvento di Tamerlano oppure i turchi riusciranno a resistere all'avanzata timuride?

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E Basileus TFT chiosa:

Mi trovo concorde con Federico, ma Aggiungerei qualcosa su Bisanzio.
Posto che Basilio II riprenda tutta la Siria fino a Gaza e che i Seljuk ottengano l'equivalente di Manzikert nella battaglia di Damasco, abbiamo un impero turco dalla Cirenaica all'India, destinato a frammentarsi in almeno 3 Stati.
Poniamo che i Commenti vadano comunque al potere e che, come detto, non ci saranno crociate tradizionali ma lunghe campagne fatte con l'oro nei Balcani da parte di Bisanzio, e posto ovviamente che i Normanni tenteranno comunque la conquista di Costantinopoli.
Alessio Comneno lancia la prima campagna contro i Turchi che lo porta a riconquistare Antiochia, Edessa e la costa fino a Tiro.
Giovanni perde Edessa e poi la costa, tranne Antiochia, ma recupera parte dell'Armenia.
Manuele riesce a ricreare un certo controllo sull'emirato di Aleppo. Vista l'incombenza nei Balcani, è facile che non tenti l'impresa in Italia e al più mantenga un'alleanza con Ancona.
Le repubbliche marinare non faranno così tanti soldi con il commercio orientale e di certo non ci sarà un 1204, ma la campagna dei fratelli Comneno per conquistare Trebisonda si farà lo stesso, se riescono ad ottenere il supporto delle truppe d'Anatolia possiamo ottenere una restaurazione commenta a Costantinopoli.

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Riprende la parola il nostro Paolo:

Giusto per dare un po' di colore, propongo una variante al discorso di Basileus TFT... oltre che per non far uscire di scena troppo presto la Polonia:

"Grande lite vi fu tra Sivar, martello dei Pomerani, e suo fratello Ragnvard. Il primo infatti non amava i danesi e temeva Svein Barbaforcuta. In più mal sopportava il forte di Jomsborg e i danesi che lo abitavano, dacché si comportavano da padroni della Strandia intera. I vendi, poi carpendo le rivalità tra danesi da un lato e Goti e Svedesi dall'altro, spesso ne avevano buon gioco. Egli era un fervente seguace dei cristiani e cercò per tutto il corso della sua vita di portare quella religione nei suoi domini, combattendo spesso coi pagani obodriti, prussi e samogizi. Ragnvard, sebbene cristiano egli stesso, non disdegnava le antiche usanze e, alla moda di Jomsborg, quasi voleva che si preservassero. Era dunque prevedibile che essi venissero a lite per il trono. Ragnvard fu lesto a cercarsi l'appoggio del Barbaforcuta e di Olof di Svezia, tal che la sorte di Sivar pareva segnata. Quest'ultimo, pensò dunque di cercare l'appoggio del vecchio nemico, Miecislao dei Polani. La maledetta serpe, un tempo, aveva lusingato il papa tanto da apparirgli vero cristiano e dipingendogli il padre di Sivar e gli strandiani tal quali ai danesi del lontano ovest, pagani senza Dio e massacratori dei franchi, quando la realtà era l'opposta. Ora però anche Miecislao temeva che la Strandia finisse in mano di Svein e dei suoi di Jomsborg, tal che accettò di sostenere Sivar. In più quest'ultimo chiese avvallo e appoggio niente meno che al romano imperatore e al papa, chiedendo, di divenire re in nome di Cristo della Strandia e dei vendi pagani che vi dimoravano, come sire Stefano degli Ungari e Miecislao stesso. In più, in cambio di sostegno rendeva il suo regno vassallo perpetuo di San Pietro, San Paolo e di Cristo Stesso. Papa Silvestro ne rimase commosso e spinse anche l'Imperatore ad accettare di buon grado appoggio al prode Sivar campione della Fede.
Fu così che tra Sivar e Ragnvard vi fu battaglia navale presso Rugen. Gli Jomsviking furono feroci in battaglia e prodi, ma Sivar strappò una vittoria insperata coi nemici, e subito dopo ne distrusse, una volta per tutte, il dannato covo. Si disse che il successo del mio signore Sivar fosse dovuto al tradimento di Sveinn Barbaforcuta, che timoroso di inimicarsi l'impero romano, preferì abbandonare Ragnvard alla sua sorte. Ma la verità era che lo stesso gran re Danese temeva le potenze celesti che Sivar aveva posto a protezione e sigillo del suo trono. Miecislao si congratulò per una volta in amicizia da Sivar, ma la verità era che già tramava e brigava nella sua mente contro di lui. La morte tuttavia subito lo colse, lasciando il suo regno nelle mani del figlio Boleslao, che per parte sua si comportò sempre in modo cordiale e da fratello con il mio signore."

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Passiamo alla grande trovata di Bhrg'hros:

L'Imperatore Costantino VII. Porfirogenito (905-959), nel capitolo XXXVIII. del Dē Ădmĭnĭstrăndō Ĭmpĕrĭō, narra la storia di Lebedíās, primo Voivoda dei Magiari (che egli, bizantinamente, chiama «Tourkoi»), di come verso l'830 d.C. si sia insediato con metà del suo popolo, sconfitto dai Peceneghi (Kángar), nella regione detta Atelkoúzou (Etelkőz in ungherese), presso il Dnepr, fuggendo dalla più orientale Lebedía (donde l'altra metà era invece fuggita verso la Persia, conservando l'antico nome di «Sábartoi ásphaloi»), e di come il chagan dei Chazari gli abbia offerto di diventare Principe del suo popolo, al che lo stesso Lebedíās avrebbe controproposto Almoútzēs o il figlio di quest'ultimo, Arpadḗs (in ungherese Árpád). Questo spaccato di Politica chazara ci conferma, fra l'altro, la consistenza effettiva delle appartenenze etniche nel Chaganato, grosso modo sintetizzabile come «Slavi (cfr. il nome Lebedíās “cigno” e il suo titolo di voivoda) a Ovest del Don, Alani = Ariani a est del Don (forse Sindi, cfr. il nome Sábartoi ásphaloi = ario *Sá-bʱr̥tăyăs áspʰălās “che offrono cibo senza tremare»).

Il particolare più importante è che la componente ugrica - il clan degli Árpádok - risulta emergere molto tardi presso i Magiari (e quindi spiega anche la relativa recenziorità di questo nome e della valorizzazione di quello siberiano di Ugri rispetto a «Turchi» e «Sabarti»), solo nella penultima tappa della loro migrazione verso le Sedi storiche. In pratica: nel Chaganato dei Chazari (di fatto una Confederazione slavo-īrānica governata da un'élite turchizzata di religione prevalentemente ebraica, con l'aggiunta di mercenarî ugrici) i Magiari erano appunto Slavi e Īrāni, considerati però Turchi dall'élite chazara (e di riflesso da Bisanzio), governati però da Slavi a parte (almeno) un clan ugrico. Questo clan, appunto gli Árpádok, assume il potere (prima condiviso fra i Voivodi) in Atelkoúzou/Etelkőz e porta il popolo a stabilirsi - nell'896, esattamente cent'anni dopo la sconfitta degli Àvari - nella largamente slavizzata Pannonia (per il resto neolatina e germanica), già parte maggioritaria della Grande Moravia (slava occidentale e meridionale) e dove dopo altri 101 anni (997) si convertono al Cristianesimo e nel 1000/1001 fondano il Regno Apostolico d'Ungheria (direttamente dipendente dalla Santa Sede, in opposizione al Sacro Romano Impero), unito poi dopo ancora 101 anni col Triregno di Croazia-Slavonia-Dalmazia (1102).

Il rifiuto di Lebedíās è alquanto misterioso («adynátōs ékʰō pròs toiaútēn arkʰḗn» “non sono abbastanza potente per un comando del genere”), ma immaginiamoci cosa sarebbe avvenuto se avesse accettato: i Magiari - che avrebbero mantenuto il nome di Sabarti - sarebbero rimasti la élite slava (orientale) e, se tutto il resto fosse andato come da Storia nota, avrebbero fondato un Regno Slavo (Orientale) detto Sabartìa in luogo dell'Ungheria che conosciamo.

A parte la lingua (enormemente più vicina - anche se non identica - allo slavo occidentale e meridionale della Grande Moravia e del Triregno di Croazia-Slavonia-Dalmazia), ammettiamo ancora che tutto il resto della Storia si svolga praticamente allo stesso modo, almeno fino al 1848 compreso (per inciso, possiamo fare caso alla circostanza che il sabartico sarà la principale lingua slava orientale scritta in alfabeto latino, possiamo pure ammettere in ortografia ungherese, presumibilmente con <ü> per /ɨ/, se addirittura non rimane /y/). In quel momento, la Sabartìa sarà il cuore culturale del Risorgimento Slavo e del Panslavismo e la repressione russa del 1849 rappresenterà un caso di conflitto interno slavo esacerbato dall'unico tratto differenziante, la Confessione (Cattolica per i Sabarti, come per il resto della Slavia Romana, inclusi i Rivoltosi Polacchi Antirussi; Ortodossa per i Russi).

Ammesso ancora una volta uno svolgimento analogo alla Storia che conosciamo, il Compromesso (Ausgleich) del 1867 farà della ormai Duplice Monarchia Austro-Sabartica, ad assoluta maggioranza slava (più che i Russi in Russia!), il principale centro del Panslavismo. Ciò comporterà, per algebra geopolitca, il disinnesco di qualsiasi tensione slavo-tedesca in Boemia e Polonia (in particolare Posnania), pena il suicidio geostrategico delle due Parti potenzialmente in contrasto (Pangermanisti e Panslavisti Asburgici), e parallelamente il trionfo del duplice Progetto Großösterreichisch e Austroslavista.

La tensione si scaricherà sulle altre due Potenze dell'Europa Centro-Orientale, Russia e Prussia. Quest'ultima sarà investita dal dilemma se puntare lo stesso a un'egemonia ‘protestante’ sulla Germania Settentrionale (il Baden e il Württemberg probabilmente le sfuggirebbero) o al recupero di una missione ‘teutonica’ sul Baltico; la Russia, messa in minoranza sul Panslavismo, dovrà scegliere se ribaltare le posizioni (spingendo la Prussia verso l'espansione a Ovest) o puntare sulle altre due Direttrici Geopolitiche, la Protezione degli Ortodossi e l'Eurasismo.

Mentre la Prussia si potrebbe trovare nella condizione dell'Asino di Buridano, per la Russia è abbastanza evidente la sproporzione sia dei vantaggi sia dei rischi legati all'opzione panslavista rispetto a quella duplice ortodosso-eurasiatica, quindi è più probabile che l'Impero Russo si orienti verso Sud e Sud-Est e di conseguenza lasci scoperta la Prussia, destinata paradossalmente a dover giocare un ruolo di Mediatrice fra la Germanità di Russia e la Componente Evangelico-Riformata in Germania (come alternativa al ruolo asburgico di Mediazione fra Slavia Romana e Componente Cattolica in Germania, oltre ovviamente all'Italia).

A questo punto non sarebbe affatto scontato che una Cordiale Intesa a due osi scatenare la Grande Guerra contro la Santa Alleanza dei Tre Imperatori... Quel che mi diverte è che tutto ciò, rispetto alla nostra Storia, sarebbe davvero la conseguenza della scelta di un solo uomo, circa mille anni prima.

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Michal I propone:

Secondo me si integrerebbero nella Grande Moravia, e quella che on HL è stata un'invasione, sarebbe diventata una semplice, per quanto di massa, migrazione.

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Ma Bhrg'hros non è d'accordo:

Però non è che la vicinanza etnica sia una garanzia di pace; come i Magiari sono stati coinvolti nei giochi diplomatici fra Grande Moravia e Franchi Orientali, così lo sarebbero stati da Sabarti sia pur Slavi (Orientali)... Sennò, a questa stregua, non ci sarebbero dovute essere Guerre Russo-Polacche. Neanche la stretta parentela ha impedito il conflitto fra
Rastislao (Rostislavŭ) e Sventiboldo (Svętopŭlkŭ), figuriamoci fra due
clan o, come in questo caso, due popoli diversi...
Praticamente è come se invece gli Ungheresi fossero i Rusini (che
in effetti rappresentano la realizzazione, in piccolo, di questa
ucronia, a parte il ruolo di Lebedia stesso)

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Passiamo alla proposta di Generalissimus:

E se la campagna contro Giorgio I di Georgia fosse un successo assoluto e Basilio II Bulgaroctono riuscisse a conquistare l'intero Regno di Georgia?

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Gli replica Basileus TFT:

Dobbiamo prima supporre una qualche sorta di accomodamento con la Bulgaria. Una campagna pesante in Georgia sarebbe stata lunga e molto costosa. Una volta occupata la costa, o si viene a patti coi signori dell'interno o non vale la pena andare avanti.

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Generalissimus obietta:

Ma la campagna georgiana di Basilio non fu successiva alla conquista della Bulgaria?

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Allora Basileus TFT spiega:

La scelta migliore di Basilio sarebbe stata, dopo una vittoria schiacciante, di non umiliare i georgiani e far sposare la nipote Teodora con Giorgio Bagrationi. Sappiamo che Basilio preferiva la nipote maggiore Zoe, ma questa era veramente troppo vecchia per un matrimonio fruttuoso, e lo sfacelo di quello con Ottone potrebbe indurre il buon basileus a pensare che alla fine fosse meglio scegliere Teodora, di aspetto sgradevole ma di grande intelligenza (va bene come postulato per l'ucronia? Uno diverso lo troverei un po' forzato).
La Georgia diventa il cuscinetto orientale dell'impero e i potenti clan locali entrano nell'aristocrazia romea (Vardanidze, Dadiani, e Shervadzshidze in particolare).
Dopo Basilio abbiamo Costantino come da canone, poi governo unito di Giorgio e Teodora che si disfano velocemente di Zoe e del marito per poi regnare insieme. Con un governo più stabile, è facile che la già pianificata riconquista della Sicilia sia portata a termine, mentre negli anni successivi l'espansione romea arriverebbe in tutto il Caucaso (attuale Azerbaijan),
Su pressione dell'aristocrazia bizantina nel 1030 il trono potrebbe passare al giovane Donato I, figlio della coppia, che reggerebbe l'impero fino a al 1072, passandolo poi al figlio (Giorgio II o Basilio III).
L'invasione turca dell'Armenia spingerà Donato a usare ausiliari georgiani per recuperare il territorio, fortezza per fortezza, piuttosto che cercare una battaglia campale. I turchi non sono spaventati dalle armate romee e migrano definitivamente nel Levante.
E le crociate? In ogni caso ci sono tre postulati imprescindibili:

- Il boom di popolazione dei Latini e dei Franchi, in qualche modo si doveva sfogare
- La crescita esponenziale della piccola e media aristocrazia romea, avida di denaro, terre e titoli non poteva essere tappata per sempre con le donazioni (salvo non ammettiamo la nascita dei Pronoia anche in questa timeline)
- I turchi avrebbero comunque reso difficoltoso il viaggio in Terrasanta dei Pellegrini.

Ordunque, abbiamo di base un surplus di popolazione che in qualche modo doveva essere sfogato, perciò a parer mio Basilio III e Urbano II si accordano comunque per far partire le crociate, ovviamente i trasporti sarebbero marittimi direttamente verso Antiochia, ad esclusione della prima e di quella dei pezzenti. I turchi inizialmente accuserebbero il colpo abbastanza da far nascere il regno di Gerusalemme, mentre le terre fino a Laodicea andrebbero al Basileus. I re di Gerusalemme sarebbero grossomodo come i sovrani di Antiochia nella nostra timeline, quindi inizialmente indipendenti da Costantinopoli, per poi sottomettersi appena l'impero prende forza e poi staccarsi di nuovo ad ogni crisi politico-diplomatica.
La superpotenza turca potrebbe poi passare al contrattacco similmente agli arabi nella nostra timeline e alla fine il regno di Gerusalemme cadrebbe, dopo Saladino i Turchi potrebbero frammentarsi in tre centri di potere quali Bagdad, Il Cairo e Gerusalemme.
La Tunisia e la Libia diventerebbero un possedimento normanno, la nona e la decima crociata sarebbero dirette contro i musulmani di Spagna.
Giorgio III Bagrationi-Macedone avrà il merito di riconquistare Roma e ricongiungere formalmente le due chiese separate, alcuni ovviamente non la prenderebbero bene e nel 1204 Normanni e Ungheresi appoggiano un pretendente X al trono dei romani, occupano l'Italia romea e marciano su Costantinopoli. Sarà la basilissa Thamar I a far risorgere l'impero dalla crisi, vincere la guerra e regnare come la più famosa sovrana romea di tutti i tempi.
Una nuova crisi si aprirebbe attorno al 1220 con l'arrivo dei Mongoli e la conseguente perdita dell'Armenia e del Levante, potrebbe anche seguire una breve guerre civile alla morte della basilissa Imera nel 1245. A questo punto è anche probabile una perdita della Georgia e di Roma; dovremo aspettare 1261 con il generale Michele Paleologo per vedere una ripresa dei confini imperiali.
La ripresa può andare avanti fino al 1402, quando a Cesarea l'esercito imperiale è distrutto da Tamerlano e il basileus Costantino XI muore per le ferite riportate in battaglia, aprendo la parentesi per guerra civile e perdita delle periferie, similmente a quanto accaduto coi Mongoli.
Nel 1435 la fazione fedele al basileus Giorgio V viene sconfitta da quella che patteggia per suo nipote Donato, che è supportato dalla potente famiglia dei Paleologi. Donato sale al trono come Donato III, mentre Costantino Paleologo sposa Tamar, figlia di Giorgio, entrando nella famiglia reale.
A questo punto abbiamo l'impero romano che va da Roma al mar Caspio, dalla Crimea a Levante, e deve assistere alla nascita della superpotenza persiana, combattere una grande Ungheria, il regno dei Normanni che va dall'Algeria alla Cirenaica, l'Egitto del potente sultano Ottomano e la Francia che inizia ad interessarsi all'Italia.

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E ora, l'idea di aNoNimo:

Se Manzicerta e stata così devastante per l'Impero fu perché colpì dove era più vulnerabile: l'Altopiano Anatolico è la porta d'accesso al cuore di Bisanzio, la ricca pianura costiera, ma si riduce ad una gelida steppa improduttiva, e non a caso in tutta la regione c'era una sola città di rilievo, Iconio, nata come crocevia tra la Licia e Nicea. Solo i Segiuchidi poterono accasarvisi, ritrovandovi le stesse condizioni del natio Turkestan, e solo altri nomadi (Ilkhanato, Tamerlano) poterono sloggiarli. Poniamo che gli imperatori romei si accorgano della falla e decidano di porvi rimedio: da secoli, in ossequio alla loro Grande Strategia, intrattenevano buoni rapporti con le genti della steppa, chiamando una tribù a scacciare l'altra (come il papato in Italia). I Turchi cacciarono gli Avari (o Kabari), gli Ungari i Turchi, i Peceneghi gli Ungari e i Cumani i Peceneghi. Uno di questi popoli poteva benissimo essere accolto dall'Impero, trasportato ad Iconio e lì lasciato in pace dietro il pagamento dei normali tributi; i candidati migliori secondo me sono gli Avari, abbastanza intelligenti ed evoluti da capire l'antifona una volta distrutto il loro Ring. Dopo Manzicerta, i Baianoi respingono Arp Aslān, riscattano Romano e lo usano come burattino per preparare la loro ascesa: alla morte di Romano, Crisogenito I Baiano sale al trono. La presenza di un popolo nomade entro i confini dell'Impero impedirebbe che si perda a Bisanzio l'arte del tiro a cavallo, senza contare che i nomadi potrebbero introdurre in Anatolia la capra Cachemire: come la pecora Merinos per gli hidalgos spagnoli, fornirebbe loro un reddito sicuro, legandoli però alle città cui vendono la lana, e favorendo così la loro fedeltà. Sulla groppa dei pony turchi, Bisanzio può, come l'Impero Ottomano evoluto in Turchia, sopravvivere fino ad oggi? Vediamo un po'.

Nel 795 Carlo Magno assalta il Ring pannone e disperde gli Avari. Kagan Bajan II riesce a raccogliere parte del suo popolo, ormai in completo disfacimento per le defezioni dei germani, decide di rifiutare la fine e chiedere asilo a Bisanzio, l'antico nemico del suo omonimo. Nell'810 giunge a Costantinopoli dove Niceforo I è in rotta con la Chiesa per questioni fiscali: il basileus approfitta dei nuovi arrivati per spedirli a fare razzia di alcuni conventi, cosa che riporta in fretta all'ovile il clero ortodosso. Per ringraziarli, Niceforo concede alle poche migliaia di avari rimasti l'accesso all'Anatolia, nello specifico il brullo altopiano centrale, inospitale per i greci ma ben accetto da un popolo dei cavalli come quello di Bajan II. La notte di Natale il Patriarca battezza Bajan come Soterabaros (“Salvatore degli Avari”) Baianos: gli avari sono tenuti alla capitatio-iugulatio e al lancio giornaliero di 5 frecce da cavallo.

Dopo la morte di Niceforo, Soterabaro, ucciso Michele I in nome di Leone V, ottiene la mano della vedova e il titolo di patrikios, vago riconoscimento dell'ingresso dei Baianoi nell'aristocrazia greca. I figli dei notabili avari studiano a Costantinopoli e si diffonde il culto di san Maurizio, santo guerriero e straniero, cui gli avari dedicano un monastero dove dicono di conservarne la testa recisa. Nel 999 Basilio II nomina Luca Baiano startegos del thema anatolico per ringraziarlo del suo sostegno contro Skleros I Bardas.

Nel 1071 Romano IV è catturato da Arp Aslān mentre Andronico Ducas di proclama Basileus. Quando Andronico, in cerca di alleati contro una ribellione, concede ai Selgiuchidi l'ingresso in Anatolia, Soterabaro il Pio si ribella e attacca i turchi: portando con se la testa di san Maurizio, sconfigge ripetutamente i Selgiuchidi, massacrando l'armata del nord in un agguato alle Porte Cilicie; Arp Aslān, impegnato contro i Fatimidi, decide di lasciar perdere, richiama le sue truppe e firma una pace decennale. Soterabaro marcia su Costantinopoli e si proclama autokratos Soterabaro I nel 1075. L'anno successivo sconfigge Roberto il Guiscardo a Durazzo, firma una pace con lui e gli riconosce il titolo di doux, lasciandolo ad occuparsi delle vicende italiane.

Nel frattempo, pastori avari cominciano ad allevare strane pecore catturate ai turchi, il cui morbido vello diviene ambito quanto la seta: i pastori anatolici cominciano ad arricchirsi vendendo ogni anno le proprie pecore alle città della costa, le quali a loro volta conquistano il Mediterraneo con la morbidezza delle loro lane. In breve l'Imperatore impone un dazio e una corporazione alla produzione della lana Casimira.
Morto Soterabaro nel 1084, Maurizio II Baiano è costretto ad affrontare fin da subito la rivolta del cognato Alessio Comneno, che reprime nel sangue. Per rafforzare il suo potere, organizza una spedizione contro Edessa, per estendere l'influenza di Bisanzio in Siria: arruolati tutti gli arconti e i loro seguiti, Armeni, variaghi e tedeschi, avanza da Iconio conquistando le coste e occupando Aleppo. Conclusa una pace di compromesso, lungo la via del ritorno i capi delle famiglie Ducas, Comneni, Paleologhi e Lascaris sono massacrati da predoni curdi: nulla prova che si tratti di qualcosa di intenzionale, ma Maurizio II è lesto ad approfittarne, distribuendo parte delle terre dei morti a paroikoi, rafforzando l'esercito e indebolendo la turbolenta nobiltà greca.

Di ritorno a Costantinopoli, offre ospitalità a Omar Kayyam, filosofo persiano perseguitato per la sua proposta di riformare il calendario: convertitosi, è nominato cheirobilbiotekos o bibliotecario reale e comincia a riordinare le conoscenze bizantine. Oppostosi alla scuola sintetica, rifonda il pensiero scientifico greco, scoprendo l'uso delle coniche per l'analisi matematica e rivaluta le conoscenze scientifiche e tecnologiche ellenistiche. È costretto a ritirarsi a vita privata dopo la pubblicazione di alcune quartine agnostiche e anticlericali, ma la sua scuola gli sopravvive, cominciando una caccia spietata alle opere degli antichi maestri ellenisti e romani.

In Occidente, Urbano II scopre l'impresa bizantina e l'ardore religioso che l'ha accompagnata, incontra Pietro l'eremita, rivede le carte di Gregorio VII e bandisce dalla natia Francia una guerra santa, chiamata dai cronisti “crociata”, per la liberazione di Gerusalemme. Nel 1096, una folla di straccioni raggiunge Costantinopoli: Manuele I rifiuta loro il transito e, dopo la loro ribellione, li fa massacrare dalla Guardia variaga e dagli arcieri avari e vardarioti; la successiva spedizione dei re è più avveduta, si fa annunciare e ottiene il transito oltre il Bosforo in cambio della sottomissione al comando romeo.

Nel 1098 un esercito composito attraversa le Porte Cilicie: arcieri a cavallo avari, menavlioi e fanti romei, cavalleria pesante europea, folle di invasati al comando di Giuseppe Baiano, zio di Manuele; entro il 1099 conquistano per Bisanzio Antiochia Aleppo ed Edessa finché Giuseppe, onde evitare la sedizione dei franchi, non indica loro la via per Gerusalemme donando loro una torre d'assedio come buonuscita. Il 21 dicembre 1099 i Franchi penetrano le mura gerosolimitane, massacrano la popolazione e celebrano la messa di Natale nella Cupola della Roccia.

Il XII secolo trascorre tranquillamente per Costantinopoli, impegnata solo a sedare occasionali rivolte in Bulgaria o Siria: i Basileoi supportano con vigore i regni franchi e le crociate, ben sapendo che più a lungo Gerusalemme resta in mani cristiane più a lungo i musulmani si disinteresseranno di Costantinopoli. Niceforo IV riesce perfino ad instaurare uno stabile principio ereditario riuscendo a convincere la Guardia variaga a supportare la salita al trono del suo figlioletto dodicenne.

Conseguenze di breve-medio termine:

Possibili scenari di lungo periodo:

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E ora, la parola ad Alessio Mammarella:

Ho trovato in rete una mappa piuttosto bizzarra:

Il pezzo forte, come potete vedere, è la posizione del Regno d'Ungheria. Riesaminando un po' la storia del popolo magiaro, mi sono reso conto che la sua migrazione verso occidente ha avuto luogo soprattutto sotto la spinta dei Peceneghi. Nel momento in cui quel popolo ha iniziato a combattere contro l'Impero Bizantino (scelta che ne ha causato infine la dissoluzione) ha smesso di spingere i magiari che pertanto si sono fermati nella collocazione attuale. Ho pensato quindi che lo scenario della mappa avrebbe potuto avverarsi se i Peceneghi fossero rimasti alleati dei bizantini e avessero continuato a spingere verso occidente. Poiché nella cartina di Peceneghi non c'è menzione, possiamo immaginare che essi si siano comunque dispersi come in HL. Solo che nel frattempo i magiari hanno raggiunto la collocazione "cisalpina".

Ora, se è abbastanza chiaro capire come il Regno d'Ungheria avrebbe potuto avere quella collocazione, ciò che non è facile immaginare è come ciò avrebbe cambiato la storia europea. La prima cosa che mi viene in mente è che la presenza di quel regno avrebbe fatto da filtro rispetto alle invasioni d'oltralpe che hanno influenzato per secoli il territorio italiano, ma per esempio l'Ungheria sarebbe stata confinante con la Francia: in seguito alla dominazione angioina potrebbe allora formarsi una "Francia-Ungheria"? Oppure finirebbe in ogni caso per diventare "Austria-Ungheria"?

Uno dei temi della politica europea potrebbe essere il controllo del regno, vista la sua posizione strategica, attraverso un collegamento dinastico. Queste lotte di potere potrebbero intrecciarsi con le questioni religiose come lo scisma d'Occidente e la riforma protestante, determinando scenari anche originali...

La lingua e l'identità italiana potrebbero esistere ugualmente (la Firenze dov'è nata la lingua italiana sarebbe presumibilmente rimasta fuori dal regno ungherese) ma per esempio Dante avrebbe avuto una visione politica diversa (interessante capire quale).

In Europa orientale, la mappa ci mostra la presenza degli avari in sostituzione degli ungheresi, ma potrebbe anche esserci uno scenario più semplice, con popolazioni germaniche e slave (meglio per l'impero asburgico, più compatto).

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feder commenta:

Mah, secondo me se gli ungheresi si sedenterizzano in Cisalpina, quello ungherese a) non diventa un regno (troppo importante per l'imperatore il titolo sovrano sull'Italia, perché legato alla permanenza della sua stessa carica) b) si trova sotto un'ingombrante influenza incrociata papale/imperiale, tale che lo spazio per una politica autonoma del regno viene ridotta di molto. Pensateci bene: se esiste un sovrano apostolico in Cisalpina, il Papa frapporrebbe questo tra di lui e la discesa di Enrico IV (o Federico Barbarossa, o chicchessia) verso Roma; ma i risultati strategici, nel breve periodo, sarebbero gli stessi. Gli ungheresi sarebbero tanto capaci di fermare i cavalieri di Svevia quanto lo furono i comuni lombardi della nostra timeline.

Più interessante sarebbe esplorare le conseguenze a lungo raggio di questo PoD. Innanzitutto, perché se la Chiesa si spende per aumentare la capacità di resistenza del regno ungherese a nord, allora non può investire lo stesso ammontare di influenza nel favorire la medesima operazione a sud. Potremmo non assistere mai a un grande regno normanno che si espande dalla Sicilia a ben oltre, capace di proiettare la propria forza anche oltre lo spazio naturale della penisola, conquistando la costa africana e razziando i themata più orientali dell'impero bizantino.

Intanto, l'Ungheria ucronica si svilupperebbe, ma non sarebbe mai tanto ricca quanto la Langobardia storica, trovandosi giocoforza in una situazione di centralizzazione anticipata, dove un'unica città (poniamo Verona, cruciale per il controllo dei passi a settentrione e oriente) che ricopre il ruolo di sede regia si ingrandirebbe a scapito delle altre. Le grandi banche del mondo si stabilirebbero allora in Germania, presso l'Hansa, oppure in Fiandra.

Il Sigismondo di questa timeline svilupperebbe il progetto sognato da Dante, riconquistando l'Italia e amministrando il suo impero da Roma. I sovrani di casa Asburgo, ereditata l'Ungheria, si porrebbo sulla stessa linea d'azione, ottenendo il paradossale (ai nostri occhi) risultato che in questa timeline risulterebbe essere l'Italia, e non la Germania (giacché il primato economico, fra i domini asburgici, atterrebbe alla pianura padana) il partner di maggioranza all'interno della compagine imperiale. La Riforma protestante potrebbe risultare l'occasione adatta per una rivalsa teutonica, confezionata però su base etnica. Il XVI secolo vedrebbe quindi le guerre di religione combattute dai cattolici austro-ungaro(italo)-boemi da un lato, contro i protestanti tedeschi da un lato. La compatta divisione religiosa potrebbe anche condurre a una fine prematura dell'impero, specie se nel frattempo gli Asburgo non sono, per qualche ragione, riusciti a mettere le mani sull'oro americano tramite l'unione con la Spagna.

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Alessio allora ribatte:

Sicuramente l'intrusione degli ungheresi nella Pianura Padana sarebbe stata sgradita agli occhi di Papato e Impero: a parte quanto già detto per l'Impero, gli ungheresi erano pagani quando, nella prima metà del X secolo, fecero la loro apparizione al di qua delle Alpi. Potrebbe però essere diversa la politica nei loro confronti. Gli imperatori avrebbero certamente cercato di sconfiggerli (ma attenzione, non sarebbe stato così facile, gli ungheresi erano tosti... la vittoria imperiale di Lechfeld servì solo a convincerli a cessare le scorrerie, per eliminarli ci sarebbero volute delle ulteriori campagne militari che non si sa se l'Impero avrebbe avuto le risorse per approntare) mentre i papi avrebbero potuto puntare alla cristianizzazione. Condivido il paragone con i Normanni.

Un punto importante riguardo l'Ungheria è connesso alle incursioni mongole. In HL il paese le subì in maniera principale, e ne fu praticamente distrutto. In questo scenario invece, i mongoli avrebbero probabilmente distrutto altri popoli (i famosi Peceneghi già menzionati da me precedentemente, o magari qualche popolazione slava come moravi e croati) ma non sarebbero arrivati a indebolire l'Ungheria. Ciò mi fa pensare che il Regno d'Ungheria del XIII-XIV secolo sarebbe stato più solido e prospero, quindi avrebbe potuto anche resistere meglio alle invasioni esterne o ai tentativi di dinastie straniere di assumere il controllo del paese. In ogni caso penso che le Guerre d'Italia (o meglio "Guerre d'Ungheria e d'Italia" in questo caso) avrebbero portato all'integrazione dell'Ungheria nella sfera di influenza francese oppure in quella asburgica. Da lì storia non troppo dissimile da quella della Home Line, perlomeno fino al XIX secolo.

Un punto interessante di cui non abbiamo parlato è la questione dei beni matildini: con l'Ungheria a frapporsi tra Roma e la Francia Orientale, sarebbe stato facile per il Papa prendere possesso dei beni lasciati in eredità da Matilde di Canossa, quantomeno la Tuscia (i domini più a nord forse non sarebbero esistiti, essendo stati precedentemente coinvolti nell'invasione ungherese). La mappa quindi dovrebbe essere diversa e non mostrare la Firenze rinascimentale, bensì uno Stato della Chiesa comprendente la Toscana.

I Normanni, in caso di mancato sostegno papale non sarebbero magari riusciti ad affermarsi sui principati longobardi e sugli avamposti bizantini. Qui potrebbe essere importante il fattore tempo. Vent'anni dopo la conquista normanna del mezzogiorno, a Costantinopoli salì sul trono il grande Alessio I Comneno. Se il ridotto sostegno papale avesse determinato un ritardo dell'espansione normanna... gli Altavilla avrebbero dovuto vedersela con lui. Qui potremmo incrociare anche un'altra ipotesi di questo scenario. Vi ricordate che cosa vi avevo detto dei Peceneghi? In HL furono distrutti dai bizantini proprio ai tempi di Alessio I. La mia prima ipotesi era che i Peceneghi avessero continuato a guardare verso occidente, incalzando i magiari, ed evitando di scontrarsi con i bizantini. Ecco, ma se Alessio I non fosse stato impegnato contro quei saccheggiatori nomadi, a quale campagna militare si sarebbe dedicato? Forse a quella contro i normanni. Questo scenario potrebbe condurci allora a una riconquista bizantina dell'intera Italia meridionale oppure a una spartizione della medesima con lo Stato della Chiesa (che avrebbe negato ai bizantini l'Abruzzo e il nord della Campania)?

Certo, l'Impero Bizantino in seguito si sarebbe indebolito e sarebbe stato infine distrutto dai turchi: le province italiane sarebbero state le uniche a salvarsi? Sarebbe rimasto lì uno stato post-bizantino (magari con parziale ritorno al cattolicesimo, ad esempio mantenendo il rito greco, come per gli uniati)?

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Federico Sangalli dice la sua:

In HL mancò poco che gli ungheresi si slavizzassero. A mio parere c'è un forte possibilità che in questa TL gli ungheresi si latinizzino in forza degli inevitabili maggiori contatti con le culture occidentali e la maggior influenza della Chiesa cattolica, diventando la versione magiara dei croati. Nella vecchia Pannonia potrebbe essere la Grande Boemia a prendere il posto dell'Ungheria, soppiantando alla fine i Cumani e i Peceneghi e creando un forte stato slavo nell'Europa centro-orientale.

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Cediamo la parola al grande Bhrg'hros:

Se al posto dell’Ungheria storica rimangono gli Slavi, le specifiche affiliazioni linguistiche sarebbero:

- croato a Sud e Ovest del Danubio;
- serbo fra Danubio e Tibisco;
- bulgaro a Est del Tibisco;
- slovacco a Nord del Danubio (più esteso verso Sud rispetto alla situazione reale);
- ruteno / rusino a Nord del Tibisco.

Uno dei dilemmi più evidenti è se i Magiari avrebbero conservato la propria lingua stanziandosi in Cisalpina anziché in Pannonia.

Naturalmente tutte le risposte sono possibili (non se ne può escludere nessuna), però tutto sommato le maggiori probabilità sono per il no.

Le sostituzioni di lingua (non conseguenti a sostituzioni demiche) sono state di regola determinate da Conversioni Religiose: nell’Impero Romano al Cristianesimo con passaggio da diglossia a dilalia a vantaggio degli acroletti latino, greco, aramaico, copto e forse punico (il tutto su modello persiano-zoroastriano); nei Ducati e Regni Germanici a vantaggio della lingua germanica del Sovrano; in Irlanda a vantaggio del gaelico; in Bulgaria a vantaggio del bulgaro; nel Califfato Musulmano (esclusa la Persia) a vantaggio dell’arabo; in Ungheria a vantaggio dell’ungherese (con Santo Stefano).

In Pannonia, il Cristianesimo Cirillo-Metodiano è stato praticato per otto anni in tutto e, all’arrivo dei Magiari, era proscritto da tredici anni; in Cisalpina, il Cristianesimo locale era, alla stessa epoca, praticato da otto secoli e mezzo ed esclusivo da mezzo millennio (a parte la parentesi longobarda). Il rapporto demografico sarebbe stato di trentuno Locali per ogni Magiaro (in tutto più o meno due milioni e mezzo e rispettivamente ottantamila); se teniamo conto che gli Ungari nel 907 erano pressapoco tanti quanti gli Ostrogoti di quattro secoli prima (i quali erano un terzo dei Longobardi di Alboino), ci rendiamo conto che, dal momento della comunque pressoché inevitabile Conversione di Santo Stefano (o chi per lui) alla scomparsa del magiaro intercorrerebbero al massimo due secoli, dunque entro il 1100 circa (vivo ancora Enrico IV.).

Resterebbe una Nobiltà Magiara come quella Franca in Francia e, se sussistesse una separazione sociale rispetto ai Lombardi, possiamo perfino ipotizzare – a parte i lignaggi cumani – le stesse genealogie (per cui Mattia Corvino non avrebbe niente di ungherese e rimarrebbe un valacco, eventualmente di remota origine cumana o slava). Ovviamente Ottone III. ingloberebbe l’Ungheria nell’Impero; se non allora, il Titolo Regio potrebbe arrivare in tempi paragonabili a quelli della Boemia. Il Dogado subirebbe il destino della Dalmazia e chiaramente, in questo caso, non potrebbe tornare veneziano (Genova potrebbe invece essere nella condizione di Ragusa, di fatto quindi come nella Storia reale rispetto al Sacro Romano Impero). Ancora più che nella nostra Storia, l’Ungheria Cisalpina diventerebbe, dopo gli Árpádok, angioina – inibendo qualsiasi ascesa degli Scaligeri, dei Visconti o degli Estensi – e quindi lussemburghesca (a meno che Sigismondo riesca a mantenere la Polonia e di conseguenza Edvige sposi l’amato Guglielmo d’Asburgo), dopodiché comunque asburgica senza subentro degli Jagiellonidi (né appunto degli Hunyadiak, in questa ucronia solo Huniade). Conseguenza immediata è la riconquista asburgica della Svizzera.

Niente di tutto ciò impedisce in alcun modo che si arrivi a Carlo V. ed è evidente che, con questa differente base di partenza (anche ammesso che nel XV. secolo Federico III. non espandesse in alcun modo l’Ungheria verso l’Italia), le “Guerre d’Ungheria” sarebbero vinte in modo schiacciante dagli Ispano-Imperiali; il minimo – ma proprio minimo – cui si arriverebbe sarebbe la continuità territoriale degli interi Dominî Cesareo-Cattolici, attraverso da un lato la Linguadoca-Provenza, dall’altro Pisa, Siena, Perugia e Spoleto. Anche in questo caso, la conseguenza immediata sarebbe altrettanto dirompente: le Guerra dei Tre Enrichi verrebbe vinta dai Guisa.

A vedere la cartina (che, a giudicare dagli Ottomani e dalla Borgogna, sembrerebbe da collocare intorno alla fine del XIV. secolo), mi pare che l’unica interpretazione che salvi tutto sia che:

- il Regno degli Avari sia – com’era – pressoché del tutto slavo (“avaro” solo di nome, come la Bulgaria), in maggioranza serbo settentrionale, nelle periferie bulgaro (a Est), slovacco (a Nord) e, in piccola parte, ruteno (a Nord-Est);

- il Ducato di Pannonia sia stato inevitabilmente – senza i Magiari – germanizzato a cominciare dalla fine del IX. secolo e che quindi abbia una propria Dinastia ducale (purtroppo per noi ardua da identificare e, credo, non fra quelle note);

- l’Ungheria sia lombarda (sembrerebbe con Sigismondo di Lussemburgo), come detto.

Il Regno degli Avari potrebbe essere elettivo, fino ad avere la Dinastia Jagiellonica come l’Ungheria storica e seguirne le sorti; il Ducato di Pannonia (come il Granducato di Slavonia) verrà conquistato dagli Ottomani (fino alle Guerre Austro-Turche, dopo le quali quindi la Transilvania potrebbe non essere mai annessa dall’Austria, ma rimanere come la Valacchia e la Moldavia).

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E Paolo Maltagliati suggerisce:

Desumo principato di Transilvania romanzo città/ bulgaro (slavo) campagne...

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La palla passa a Federico Sangalli:

Nel 1162 sull'Ungheria regnava Re Geza II. Quando lo stesso anno l'appena trentunenne sovrano magiaro morì, venne incoronato il di lui figlio primogenito, Stefano III, ma i due fratelli di Gaza II, Ladislao e Stefano, deposero il nipote con il sostegno dell'Imperatore Bizantino Manuele I. Ladislao fu incoronato Re ma morì l'anno dopo, permettendo a Stefano III di tornare e prendere Pressburg (l'odierna Bratislava). A questo punto suo zio Stefano IV si arrese senza fare resistenza e Stefano III ritornò sul trono d'Ungheria. Stefano IV successivamente cercò di riprendere il potere cercando nuovamente il sostegno bizantino ma Manuele I e Stefano III preferirono sistemare le loro dispute territoriali nei Balcani con la diplomazia: tramite questa si accordarono affinché il fratello di Stefano III, Bela, sposasse Maria, unica figlia dell'Imperatore Manuele, de facto diventando l'erede al trono designato e portando in dote le terre del suo ducato, concessogli a suo tempo dal padre Geza II e comprendente buona parte della Croazia centrale, la Dalmazia, Sirmio e la Bosnia. Proprio sperando di strappare condizioni più favorevoli sulla spartizione di tali territori Stefano III lanciò una guerra contro i bizantini tra il 1164 e il 1167 ma Bisanzio si rivelò più forte e il trattato venne confermato così com'era. Bela arrivò a Costantinopoli sul finire del 1163: al culmine di una solenne cerimenia venne ribattezzato Alessio, gli fu attribuito il titolo di Despotes (precedentemente appannaggio esclusivo degli Imperatori stessi) e fu fidanzato ufficialmente con Maria. Bela Alessio partecipò attivamente a fianco del suocero contro il fratello, provando così la sua fedeltà. Soddisfatto da ciò, nell'autunno del 1165 Manuele I proclamò ufficialmente Bela Alessio e Maria come suoi eredi al trono e costrinse tutta l nobiltà bizantina a prestar loro giuramento di fedeltà come se si fosse trattato della sua stessa persona. Solo il cugino dell'Imperatore, Andronico, futuro Imperatore, osò opporsi dichiarando "Che follia è mai questa, che l'Imperatore ritenga ogni maschio romano indegno del letto nuziale della figlia, per scegliere prima di tutti gli altri questo straniero e intruso per essere un Imperatore dei Romani e sedersi davanti a tutti come padrone?". L'arringa di Andronico non sortì comunque gli effetti sperati, tant'è che Bela continuò a condurre le operazioni contro Stefano III e partecipò anche al Concilio ortodosso delle Blacherne. Comunque nel 1166 la relazione tra l'Imperatore e Bela si stava raffreddando: mentre le operazioni nei Balcani procedevano a rilento, Manuele giunse a proporre Maria, già fidanzata con Bela, a Re Guglielmo di Sicilia. Nel 1167 Bela lanciò un'invasione vera e propria dell'Ungheria, con l'obiettivo dichiarato di deporre il fratello e assumere lui stesso la Corona magiara ma venne duramente sconfitto a Sirmio. Poi nel 1169 l'Imperatrice Maria d'Antiochia diede alla luce Alessio, unico figlio maschio suo e di Manuele: quasi subito l'Imperatore annullò il fidanzamento tra Maria e Bela Alessio, degradandolo inoltre a Kaisar. Nel 1170 Bela sposò Agnese d'Antiochia, sorella dell'Imperatrice, e fece un pellegrinaggio in Terra Santa. Quando tornò Stefano III morì nel 1172 e Bela poté a buon diritto assurgere al trono magiaro come Bela III, governando l'Ungheria fino alla sua morte nel 1196 e fu succeduto dalla lunga stirpe degli Arpad. Alessio sarebbe diventato Imperatore alla morte di Manuele nel 1180, sebbene sotto la reggenza dell'Imperatrice madre Maria, ma entrambi sarebbero stati assassinati da Andronico nel 1183, permettendo allo stesso allo stesso di proclamarsi Imperatore: Andronico, che iniziò il suo regno facendo massacrare tutti i latini di Costantinopoli, fu un tale despota da essere rovesciato e brutalmente ucciso da una folla inferocita dopo un paio d'anni in favore di Isacco II Angelo, la cui incompetente dinastia avrebbe causato il Sacco di Costantinopoli nel 1204.

Ma immaginiamo che Maria di Antiochia non dia nessun figlio, perlomeno nessun figlio maschio, a Manuele I, la cui discendenza dunque rimane limitata a Maria. Senza questo passo fondamentale, Bela Alessio rimane fidanzato con Maria stessa. Alla morte di Stefano III, Bela lancia una seconda invasione che stavolta ha successo e diventa Re d'Ungheria com'era suo diritto. Successivamente, per accontentare la nobiltà che preferirebbe un candidato magari meno compromesso coi bizantini, rende il fratello Gaza co-Re d'Ungheria, seppur suo vassallo, e gli lascia l'amministrazione del regno mentre lui vive a Costantinopoli. Il successo e la mancanza di altri eredi induce infine Manuele a portare a termine le nozze tra Bela e Maria prima di morire. Nel 1180 Bela succede al suocero come Alessio II, dando inizio alla dinastia dei Commenti-Arpad. Andronico si ribellerà lo stesso, facendo appello al fatto che il sovrano è uno straniero, ma la cosa è parzialmente mitigata dal fatto che Bela Alessio vive a Costantinopoli da diciassette anni, cioè da quando aveva pressappoco 15 anni. Inoltre sconfiggere un Imperatore nel fiore degli anni che dispone delle armate ungheresi è ben più difficile che far uccidere un bambino di quattordici anni e sua madre. Alessio II sconfigge così Andronico e lo fa uccidere, poi ne approfitta per purgare la nobiltà e il clero degli esponenti a lui ostili che sono venuti allo scoperto nel sostenere la congiura di Andronico. Alessio II ha preso la comunione ortodossa per essere incoronato ma in fondo è sempre rimasto cattolico, così come lo fu come erede al trono, e quindi obbliga il Patriarca a riunire le due Chiese approfittando della purga degli elementi "nazionalisti", poco più di un secolo dopo lo scisma. Ciò migliora moltissimo le relazioni con l'Europa, già non danneggiate dal massacro dei latini. Alessio II partecipa alle operazioni militari negli Stati Crociati contribuendo a rinforzarli piuttosto che indebolirli. Venezia le prende quasi subito dall'unione magiaro-bizantina: non ci sarà alcun Sacco di Costantinopoli, Enrico Dandolo farà una brutta fine più prima che poi e Genova vincerà la guerra per il dominio delle acque commerciali mediterranee contro la Serenissima. Alessio II morirà nel 1196, durante una delle sue crociate, lasciando un impero solido e forte. Suo fratello Geza III continuerà a regnare sull'Ungheria fino alla sua morte nel 1210 senza figli, per cui l'Ungheria tornerà solidamente nelle mani di Bisanzio. Tutto questo sarà probabilmente più che sufficiente ad assicurare il controllo bizantino sul Balcani e la sopravvivenza di Costantinopoli. Che ne pensate?

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Gli replica Iacopo:

Che Subotai non ammetterà nessun risultato per le sue campagne occidentali che non veda un discendente di Gengis Khan entrare a cavallo in Santa Sofia.

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E Tommaso Mazzoni suggerisce:

Secondo me, stavolta i Mongoli le buscano.

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Dario Carcano ha avanzato anche questa proposta:

Che ne dite della cartina sottostante? Roberto il Guiscardo è riuscito a conquistare Costantinopoli, a sottomettere Venezia e a strappare Gerusalemme ai Turchi. Quale futuro per questa talassocrazia Mediterranea? (ho aggiunto Ceuta perchè può essere la chiave per avventure di esplorazione nell'Atlantico)

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Non può esimersi dal rispondergli Bhrg'hros:

In questo contesto, a maggior ragione che nella Storia reale si arriverà al Matrimonio di Enrico VI. e Costanza d’Altavilla e all’Unione del Regno e dei due Imperi, con tutto ciò che ne consegue in termini di Successione a Federico II. (Manfredi e Corradino prevarranno sugli Angioini).
Come in tutte le ucronie con queste caratteristiche, il Grande Interregno diventa molto meno probabile; il massimo di vicinanza alla Storia vera si può avere – con o senza qualche ‘diversivo’ come Adolfo di Nassau e Ludovico il Bavaro – una Successione Lussemburghese e poi Asburgica.
Così impostato il XIII. secolo, possiamo affrontare con più elementi di chiarezza la questione della sopravvivenza di questo impero. Se la Statistica ci impone di esplorare anzitutto lo scenario in cui gli Svevi si estinguono comunque, le più probabili cause di ciò potrebbero essere gli attacchi da parte dei Mongoli e dei Mamelucchi; d’altra parte, l’Unione del Regno e dei Due Imperi ha molte più possibilità di resistere che ciascuno separatamente.
Se tutto ciò non migliora granché le vicende dell’Impero nella Nazione Germanica e Gallesca (fuorché, con ogni verosimiglianza, un particolare: la migliore posizione relativa di Alberto I. comporta che Giovanna d’Arco nasca e cresca nell’Impero), lo può fare quanto basta nei confronti degli Ottomani, per esempio attraverso Alberto II.; non c’è bisogno di grandi differenze, è sufficiente che la Successione Asburgica in Ungheria sia garantita con sufficiente anticipo per assecondare le conseguenze che già il Punto di Divergenza determina nel Regno Longobardo (con l’incameramento dello Stato Visconteo e probabilmente presto o tardi anche di Genova da parte dei Federico III.) e che a loro volta si rifletteranno sugli Anni Cinquanta del XV. secolo, nonché dopo un ventennio sulla Guerra di Successione Borgognona.
Gli effetti spettacolari maturano però in Francia, perché diventa più probabile la Vittoria Inglese nella Guerra dei Cent’Anni, il che si ripercuote sul regime di Successione di Maria la Cattolica (la complessiva maggioranza dei Cattolici nel Regno d’Inghilterra, Francia e Irlanda fa prevalere Filippo II. su Elisabetta); nel frattempo, basta che la Transilvania non sia tributaria degli Ottomani per favorire in modo decisivo Massimiliano II. su Stefano Báthory in Polonia-Lituania, con ciò che ne consegue per la Svezia (Sigismondo Wasa) e la Russia (Ladislao Wasa). Solo con la Successione Lorenese ai Wasa (e, se possibile, in Danimarca) diventa realistica una Vittoria sugli Ottomani (altrimenti inverosimile, come è stato più volte accennato).
Le Capitali sarebbero più di una, come era non solo per Carlo V., ma perfino per Carlo VI. finché è stato Re di Spagna anche realmente.
Questa ucronia – almeno per come si precisa secondo i Punti di Divergenza di Roberto il Guiscardo – è una vera e propria Restaurazione dell’Impero Romano nella sua integrità e quindi il minimo è che abbia due (ma più realisticamente quattro) grandi Capitali, tanto più in quanto perfino la piccola Austria-Ungheria, fino al XX. secolo, ne aveva due.
Una delle due sarebbe di certo, quasi per ipotesi, Bisanzio. Un’altra sarebbe, per identità con la Storia reale, Vienna (ammesso l’avvicendamento con Praga). Il Regno d’Inghilterra, Francia e Irlanda porterebbe in dote Londra e Parigi; nell’Unione Iberica è possibile un trasferimento da Madrid a Barcellona, in Russia molto verosimilmente da Mosca a Nyenschanz (San Pietroburgo) ma in subordine a Stoccolma e quest’ultima, in caso di Restaurazione dell’Unione di Kalmar, a Copenhagen. In Polonia-Lituania rimarrebbe Cracovia, in prosieguo di tempo collegata a Vienna. La costellazione sarebbe quindi:
Vienna (a meno che Praga) e Bisanzio come Capitali Augustee;
Barcellona (se non Madrid) e Copenhagen (o Stoccolma) come Capitali Cesaree;
Londra, Parigi, Cracovia, Nyenschanz, eventualmente Palermo, Venezia e Gerusalemme in aggiunta.

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Iacopo Maffi domanda:

La Sicilia diventerebbe Allodio dell'Imperatore, o l'essere un Feudo del Papa costituirebbe un problema?

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Gli replica Bhrg'hros:

Costituirebbe un problema, nel quadro feudale, che probabilmente non verrebbe sostituito dalla mentalità ‘westfaliana’.

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Tommaso obietta:

La questione interessante è un altra, riuscirebbe Carlo d'Angiò ad usurpare la corona "del Sud", in questo caso? Verosimilmente, no, quindi ci sarebbe comunque la successione Aragonese? Perchè se Corradino vince ma non si riproduce, l'erede non è il Re d'Aragona, ma la casa di Wettin.

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Bhrg'hros ritorna alla carica:

Per questo ho parlato di Allodio dell’Imperatore. In pratica il Guiscardo, come è stato preventivamente investito della Sicilia, lo sarebbe anche di Bisanzio. D’altra parte, l’Incoronazione Imperiale da parte del Papa era di per sé su tutto l’Impero, tanto che gli Imperatori (cosiddetti) Bizantini non riconoscevano il titolo di Sacro Romano Imperatore. Dato che da allora a Federico II. abbiamo Re di Germania (e dei Longobardi) quali Enrico IV. e il Barbarossa (per limitarci ai due casi più eclatanti), è possibile che almeno alcuni Papi intendano l’Investitura dei Normanni come una vera e propria Incoronazione Imperiale (per tutto l’Impero) e ovviamente i Sovrani Salici e Svevi rivendicheranno invece la Dignità Imperiale. Nelle fasi di compresenza di più Papi (Antipapi, Scismi) si potranno avere Imperatori concorrenti (come del resto è stato, di fatto, nella Storia reale fra Bisanzio e il Sacro Romano Impero); fra l’altro, ciò contribuirà a rendere ancora più probabile la (Ri)unificazione dei due Imperi al più tardi con Federico II. Estinti gli Altavilla e poi gli Svevi, gli Eredi di Corradino, in quanto Sovrani di fatto di entrambi gli Imperi (che essi stessi considereranno già riunificati), prima o poi le Incoronazioni degli Imperatori lussemburghesi supereranno il problema.
In questo contesto, è quanto mai verosimile che il Feudo del Regno di Sicilia sarà incorporato nell’Impero (‘Bizantino’) già col Guiscardo, per cui sarà l’intero Impero a essere un’Investitura pontificia. La procedura allora sarà quella che conosciamo dalla Storia reale: gli Elettori di Germania eleggono il proprio Re, che come tale è anche rappresentante del Sovrano dei Longobardi (ossia del Regno di Germania) e a Roma costituisce l’unico Candidato Imperatore, per cui il Pontefice Romano lo ‘elegge’ e incorona Imperatore (di tutto l’Impero). “Allodio Imperiale” significa questo: i territorî non vengono trasmessi dinasticamente, bensì sono direttamente sottoposti all’Imperatore (ogni nuovo Imperatore li riceve in Eredità). Così la questione è risolta e lo è in modo totalmente storico (reale) e medievale.

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Diamo ora nuovamente la parola a Basileus TFT:

Era da un po' che stavo pensando a un'ucronia simmetrica fra Bisanzio e la Russia. In pratica immagino una Russia che non nasce o che comunque viene rapidamente assorbita da un'entità terza che ne raccoglie l'eredità e resiste fino alla prima guerra mondiale. I bizantini non cadono contro i turchi, anzi aprono una nuova fase espansiva, partecipano alle colonizzazioni, alle principali guerre europee per poi diventare il centro del comunismo una volta caduto l'impero, vincere la seconda guerra mondiale, "combattere" la guerra fredda e arrivare ai giorni nostri. Quale potrebbe essere il Pod?

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Immediatamente gli replica Bhrg'hros:

Quante condizioni! Proporrei questo: nell’871 i rapporti fra Clero Bizantino e Missionarî Romani in Bulgaria si deteriorano più che nella Storia reale; Bo(go)ris I il Grande di Bulgaria, già in imbarazzo nei confronti di Basilio I il Macedone a causa del’Usurpazione da parte di quest’ultimo del Trono di Michele III, prende contatti con l’Imperatore Ludovico II durante lo scontro diplomatico con lo stesso Basilio seguito alla riconquista congiunta di Bari. Questo è l’inizio della prima grande divergenza: Ludovico e Bogoris travolgono Basilio e si spartiscono la parte europea dell’Impero, i Franchi l’Italia e la Dalmazia, i Bulgari la Tracia e la Grecia. La Dinastia Macedone si stringe nell’Alleanza col Qāγānato dei Chazari (in quel momento anch’esso in difficoltà di fronte ai Variaghi) e anche in séguito evita di tradirlo con i Peceneghi; ciò rafforza a lungo termine i Chazari, che col Qāγān Giuseppe (940-965) si accordano col Basileús Costantino VII Porfirogenito per la spartizione dell’Impero Bulgaro.

Così avviene, ma nel frattempo Sayf ’al-Dawlah attacca da Est e Romano II Porfirogenito alla morte del padre (6 novembre 959) è costretto a fronteggiare il nemico più vicino, lasciando a Giuseppe la conquista della Bulgaria, il cui Car’ (“Zar”) Pietro I (927-969) trova rifugio presso Svęntoslavŭ (Svjatoslav) I Igorevičĭ di Kiev (Kyjevŭ), che coglie l’occasione per attaccare – come realmente ha fatto – Giuseppe (in questo caso alle spalle), conquistandone le due Capitali, Šarkil (965) e Ätil (968 o 969); alla morte di Pietro I, Svęntoslavŭ entra in urto col suo figlio ed erede Boris II, che si rifugia presso i Bizantini (era figlio di María / ’Eirḗnē Lakapēnḗ [Maria Lekapena]) mentre Svęntoslavŭ (di nuovo, come nella Storia reale) conquista la Bulgaria.

A questo punto siamo tornati alla Storia che conosciamo, con Giovanni I Tzimiskḗs in guerra contro Svęntoslavŭ, solo che nella nostra ucronia il confine variago-bizantino è sul Bosforo e la Rus’ è enormemente più forte. Come prevedibile, Vladimiro I il Santo si converte al Cristianesimo Bizantino, Basilio II (qui non “Bulgaroctono”) si espande solo (ma molto di più) verso Oriente e nel 1204, quando la Quarta Crociata si risolve nella conquista dell’Impero “Bizantino” e il saccheggio della sua Capitale (presumibilmente Nicomedia), Vsévolodŭ III Júr’evičĭ “dal Grande Nido” dà inizio al processo che porterà, nel corso del XIII secolo, all’incorporazione di tutti gli Stati Succedanei di Bisanzio entro la Rus’ (la cui Capitale è, dalla conquista di Svęntoslavŭ, Costantinopoli).

Nel frattempo, tuttavia, l’Invasione Mongola colpisce la Rus’ come sappiamo e tutti i territorî fino al Danubio vanno perduti. D’ora in avanti la Rus’ coincide con l’Impero Bizantino dei Paleologi (al posto dei quali regnano i R[j]urikidi); non si è mai formato un Patriarcato di Kiev (dato che Vladimiro il Santo era già Basileús, titolo sancito dal Matrimonio con Anna Porfirogenita). La trasposizione della Dinastia di Vladimir a Bisanzio comporta tuttavia che Aleksandrŭ Jaroslavičĭ (il nostro Aleksandr Névskij) non sconfigga gli Svedesi sulla Nevá (15. luglio 1240) né l’Ordine dei Cavalieri Portaspada nella Battaglia del Lago Ghiacciato (5. aprile 1242) e che il suo trisnipote Dmítrijŭ Ivánovičĭ (il nostro Dmítrij Donskój) non sconfigga l’Emiro Mamay nella Battaglia di Kulikovo (8. settembre 1380; deludo sùbito chi amasse le simmetrizzazioni: Dmítrijŭ è morto il 19. maggio 1389, quindi non può vincere al posto di Murād I la Battaglia di Kosovo Polje il successivo 15. giugno dello stesso anno).

In questa ucronia, l’Ordine di Livonia ha già da un secolo e mezzo conquistato la Repubblica di Novgorod; aggiungiamo che, senza Tuqtamïš (sconfitto da Mamay a Kulikovo), il Granduca di Lituania Výtautas Didysis (il Grande) viene sconfitto ancora più gravemente nella Battaglia della Vórskla (12. agosto 1399) e, di fronte a un Ordine Teutonico unito all’Ordine dei Portaspada qui tanto accresciuto, sarà totalmente sconfitto nella Battaglia di Grunwald o Tannenberg o Žalgiris (15. luglio 1410), con la quale i Cavalieri annetteranno la Polonia e la Lituania.

In questo modo, come desiderato, la Russia «viene rapidamente assorbita da un’entità terza che ne raccoglie l’eredità e resiste fino alla Prima Guerra Mondiale»: l’Ordine dei Cavalieri, secolarizzato dal Gran Maestro Alberto di Brandenburgo-Ansbach, qui conservando anche la Terra Mariana di Livonia perché compresa da tutti i lati di terra nel resto dell’enorme territorio dei Dominî Teutonici. Come nella Storia reale, lo Stato dei Cavalieri Teutonici secolarizzato (che qui include anche la Livonia e soprattutto la Polonia-Lituania e la Russia) diventa, con tutti i passaggi del caso, il Regno di Prussia (dunque Prussia-Russia + Polonia-Lituania). Nel frattempo però i Bizantini (ormai riunificati dal XIII secolo) sotto i R[j]urikidi e, alla loro definitiva estinzione (17. maggio 1606), i Gonzaga-Paleologi, «non cadono contro i Turchi, anzi aprono una nuova fase espansiva, partecipano alle Colonizzazioni» e «alle principali guerre europee»; come, precisamente? Anzitutto con le conquiste ottomane storiche in Europa. Lasciamo in sospeso il destino dell’Ungheria, di cui comunque sappiamo che, senza Jagielloni in Polonia(-Lituania), rimane asburgica (con Ladislao Postumo) anche dopo la morte di Alberto II (che sia il 27. ottobre 1439 o più tardi) o comunque dopo quella di Mattia Corvino (6. aprile 1490) se questi succede a Ladislao Postumo. Ritengo poco verosimili Guerre Bizantino-Asburgiche numerose e prolungate come quelle Austro-Turche della nostra Storia, ma, anche se ci fossero, cesserebbero all’estinzione dei Gonzaga-Paleologi (15. agosto 1746), dal momento che gli Eredi di questi sono i Lorena, all’epoca già al vertice del Sacro Romano Impero con Francesco I.

Poiché sia la Russia sia la Prussia hanno combattuto dalla stessa parte nella Guerra di Successione Spagnola concomitante con la Terza o Grande Guerra Nordica (Prussia, Impero, Inghilterra e Paesi Bassi contro Spagna e Francia; Russia contro Svezia), è logico che anche in questa ucronia gli schieramenti siano Inghilterra-Olanda-Impero-Prussia &c. contro Spagna-Francia-Svezia.

Gli Asburgo ottengono dunque tutti i Dominî della Corona di Spagna (dopodiché non ci può essere alcuna Guerra di Successione Polacca, in nessuno dei suoi teatri storici) e dal 29. novembre 1780 Giuseppe II, Sacro Romano Imperatore e Basileús di Bisanzio, è anche Re Cattolico di Spagna e Apostolico d’Ungheria, dunque Bisanzio è in Unione Personale con l’intero Impero Ispanoamericano e di conseguenza «i Bizantini […] partecipano alle Colonizzazioni», come desiderato.
In questa ucronia, tutte le guerre che hanno coinvolto la Prussia, la Polonia-Lituania e la Russia fra loro non esistono; restano quelle di volta in volta contro nemici esterni, per esempio la Seconda Guerra Russo-Svedese (giugno 1656 – 21. giugno 1658) entro la Seconda Guerra Nordica (1655-1660), nella quale Brandenburgo, Polonia-Lituania e Russia non sarebbero mai contrapposti (il Brandenburgo-Prussia non cambierebbe schieramento nel 1656-1657, restando dal 1655 al 1660 insieme – oltre ovviamente alla Polonia e alla Russia – alla Danimarca-Norvegia, all’Impero, alle Provinc[i]e Unite e al Chānato di Crimea contro la Svezia ed eventualmente i Cosacco-Lituani, la Transilvania – se esiste – e i Principati di Valacchia e Moldavia). Va inoltre tenuto presente che durante la Guerra di Restaurazione Portoghese (1. dicembre 1640 – 13. febbraio 1668) i due principali Sostenitori di Giovanni di Braganza, Francia (1641-1659, 1667-1668) e Inghilterra (1662-1668), sono stati in guerra sia con le Provinc(i)e Unite (Prima Guerra Anglo-Olandese, 1652-1654; Seconda Guerra Anglo-Olandese, 1665-1667) sia con gli Asburgo (Guerra dei Trent’Anni; Guerra Franco-Spagnola, 1635-1659; Guerra Anglo-Spagnola, 1654-1660; non esiste qui la Quarta Guerra Austro-Turca, 1663-1664), mentre nella Guerra di Devoluzione (24. maggio 1667 – 2. maggio 1668) la Francia alleata del Portogallo ha combattuto contro la Spagna e la Triplice Alleanza fra Inghilterra, Provinc(i)e Unite e Svezia. Nel mutato contesto che si è delineato, la sproporzione di forze a favore dello schieramento antisvedese nella Seconda Guerra Nordica rafforza le Provinc(i)e Unite rispetto all’Inghilterra, che quindi non può offrire nella stessa misura il proprio decisivo contributo (1662-1668) nella Terza Fase della Guerra di Restaurazione Portoghese), e contemporaneamente rafforza gli Asburgo contro sia la Francia (nella conclusione della Guerra Franco-Spagnola e del medesimo conflitto) sia la stessa Inghilterra. È perciò più probabile (anche se non certo garantito) che il Portogallo rimanga sotto Filippo IV e dunque nella Guerra di Successione Spagnola passi a Carlo VI (di conseguenza, alla fine, sia anch’esso, col Brasile, in Unione con Bisanzio). Da notare che, non essendo Pietro Carlo Ulrico di Holstein-Gottorp adottato per succedere a Elizaveta Petrovna (se non privatamente, dato che i Romanov non sono Carí [“Zar”] di Tutte le Russia), sarà la sua Dinastia (inalterata, in quanto comunque formata per intero da Tedeschi) a fornire i Re di Svezia dopo il 5. aprile 1751.

Nel frattempo, Federico II di Prussia, Livonia, Polonia-Lituania e Russia ha combattuto tre guerre contro il Blocco Asburgo-Lorenese, dunque in Europa vige un peculiare Equilibrio di Potere, con due Superpotenze (gli Asburgo-Lorena e gli Hohenzollern) e due medie Potenze (Francia e Gran Bretagna). La Guerra di Successione Austriaca ha evidentemente privato l’Austria della Slesia, ma l’assenza della Spagna e delle Due Sicilie dallo Schieramento Borbonico ha dimezzato le forze antiasburgiche nella Rivolta di Genova del 7. dicembre 1746, per cui la città resta sotto occupazione austriaca (anche in funzione antisabauda) e tale situazione verrà congelata dal Rovesciamento delle Alleanze, per cui la Corsica sarà infine data in pegno a Giuseppe II e Napoleone nascerà in una Corsica per la seconda volta sotto Garanzia Imperiale (come del resto Pasquale Paoli crescerà in un Regno di Napoli rimasto asburgico); ribelle o no, il suo ruolo nella Rivoluzione Francese risulterà azzerato e, con l’Unione Russo-Prussiana (senza Paolo I), la Guerra della Prima Coalizione si concluderà, come si progettava allora, con la Spartizione (parziale) della Francia dei restaurati Borboni fra Spagna-Impero (Fiandre, Artois, Lussemburgo, Alsazia, territorî a Sud della Garonna e del Canale di Linguadoca), Prussia (dalla Piccardia alla Lorena, in condominio con l’Imperatore), Regno di Sardegna (Delfinato, Provenza) e Ginevra (Gex, Savoia), con la riannessione dello Stato Pontificio all’Impero e con Romagna e Piemonte all’Austria (a Genova Federico Francesco Saverio di Hohenzollern-Hechingen).

Il Sacro Romano Impero non verrà sciolto, il Regno Unitio recupererà le Tredici Colonie, l’Impero Iberoamericano (compresi il Brasile e la Louisiana) resterà a Madrid-Vienna-Costantinopoli; Carlo-Luigi Napoleone non diventerà mai Napoleone III. La più grave crisi internazionale coinciderà però con la nostra Guerra di Crimea, nella quale la Prussia-Russia, prigioniera nel Mar Nero e alla ricerca di vie di penetrazione nei Principati Danubiani (Protettorato Imperiale), si troverà in condizione di inferiorità militare (come all’epoca sia la Prussia sia la Russia), maturando la rivalsa con Bismarck nel 1866 e la definitiva uscita dal Sacro Romano Impero (il Secondo Reich sarà costituito dalla sola Confederazione del Nord), seguìta però sùbito dopo dalla stipula della Duplice Alleanza (7. ottobre 1879).

Guglielmo II si getterà con maggior forza e ardore nella competizione coloniale, ma non ci potrà essere alcun Attentato di Sarajevo per far deflagrare la Prima Guerra Mondiale (se c’è la Repubblica in Francia, Rodolfo – che sognava di trasferire a Costantinopoli la Capitale della Grande Austria – probabilmente morirà lo stesso, Francesco Ferdinando forse no) né una Rivoluzione di Febbraio o d’Ottobre in Russia (dove non esisterà nemmeno San Pietroburgo). Un cāsus bellī verrà comunque trovato fra il momento della proclamazione dell’Unione Mitteleuropea (verosimilmente dopo la morte di Francesco Giuseppe, il 21. novembre 1916) e gli anni seguenti a una Crisi come quella del 1929; forse ci saranno due Guerre Mondiali, come richiesto dalle indicazioni.

Qui però non sono più in grado di seguirle, perché non saprei come trasformare realisticamente il Blocco Geopolitico al cui centro si trova anche Bisanzio (che sicuramente vincerebbe la Seconda Guerra Mondiale, “combatterebbe” la Guerra Fredda e arriverebbe ai giorni nostri) in un «Centro del Comunismo una volta caduto l’Impero».

Forse una possibilità c’è, suggerita dall’(inizio dell’)ucronia «I Kaiser ombra al potere» (27. luglio scorso, alla quale così almeno posso finalmente partecipare un pochino). A ogni Marxista dal 1918 in poi è risultato evidente che il Regime instaurato da von Hindenburg e Ludendorff (che qui, nella Prima Guerra Mondiale pur ritardata, dominerebbe ancora di più entrambi gli Imperi Centrali, essendo ormai in vigore l’Unione Mitteleuropea) era un’Economia Pianificata nel pieno senso del termine; se in questa ucronia la Prima Guerra Mondiale scoppia in séguito alla Grande Depressione, diventa inevitabile che si crei una Dittatura Militare contro cui né i due Kaiser veri (Guglielmo e Francesco Ferdinando) né i due Kronprinzen (Guglielmo e Carlo) possono granché (naturalmente quest’ultima parte è l’opposto dello sviluppo dei «Kaiser ombra al potere», tuttavia rende ragione del titolo).

Non siamo ancora al Comunismo, ma se non proprio Adolf Schicklgruber (comunque gradito al Kronprinz Guglielmo e fino a un certo punto allo stesso Ludendorff), potrebbero essere i fratelli Strasser a egemonizzare il Nazionalsocialismo e, senza Terza Internazionale o Komintern né Stalinismo, la Vita Politica nell’Unione Mitteleuropea.

Certo, non è «caduto l’Impero», ma i due Imperi Centrali uniti come Mitteleuropa (che, essendo formata – come la Confederazione Germanica nella Storia reale – da più Monarchie con un Presidente, è una Repubblica, secondo quanto aveva osservato Rousseau a proposito di Repubblica Europea) sono il Centro di un Regime (dall’Economia rigorosamente Pianificata) a suo modo Socialista e non propriamente “Nazionale”, bensì letteralmente Internazionale. Per «vincere la seconda guerra mondiale, "combattere" la guerra fredda e arrivare ai giorni nostri» non saprei che cos’altro spremere dal remoto Punto unico di Divergenza dell’871 se non quanto fin qui delineato: la Prima Guerra Mondiale è una Vittoria di Pirro, nella Seconda Guerra Mondiale l’Unione Nibelungica tenta il colpo finale contro l’Impero Britannico, la Francia, la Cina e il Giappone tutti insieme, ma non stravince, per cui una volta trovata l’applicazione militare dell’Energia Nucleare subentra la Guerra Fredda.

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Federico Sangalli invece propone:

Un'altra possibilità é la seguente: le nazioni cattoliche non possono accettare che l'intera Europa orientale (Polonia, Lituania, Russia, Livonia) passi coi luterani a seguito della conversione degli Hohenzollern, quindi lanciano una Seconda Crociata del Nord che sconfigge i Cavalieri e ne abbatte lo stato, spartito presumibilmente poi tra gli Asburgo (Polonia, Lituania) e gli svedesi (Livonia), che sono protestanti ma sono anche ambiziosi. Visto che i teutonici non si sono mai espanso verso Est come i russi in HL, rimanendo centrati sull'elemento germanico e sul Baltico, l'Orda d'Oro o qualche altro Khanato maggiore é sopravvissuto e assorbe buona parte della Russia Europea e delle steppe. Un Khanato del genere é il parallelo con l'Impero Ottomano e può sfracellarsi tranquillamente dopo la Prima Guerra Mondiale nelle molteplici popolazioni che abitano le pianure euroasiatiche e nei mandati petroliferi occidentali. A Costantinopoli nel frattempo il Periodo dei Torbidi vede le ambizioni dei cattolici Gonzaga-Paleologi respinte come furono respinte quelle dei Principi Polacchi in HL e una importante famiglia nobiliare autoctona s'instaura come nuova Dinastia Imperiale (c'è solo l'imbarazzo della scelta, comprese quelle dei sovrani balcanici di quel periodo). Questa diventerà sempre più oppressiva e nel 1917 una rivoluzione abbatterà la Monarchia per instaurare il primo stato comunista della Storia.

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Anche Tommaso Mazzoni dice la sua in merito:

Non mi pare un risultato ottenibile con un singolo Pod. La miglior base da cui partire necessita:

A) la vittoria dei Bizantini a Mazinkert, e quindi la riconquista di tutti i territori perduti in Africa ed in oriente;

B) la sconfitta dei Russi contro i Mongoli, e quindi la permanenza dell'Orda d'Oro, con sostituzione di essa alla Russia come potenza.

Quindi, l'Impero Bizantino resterebbe l'unica potenza Ortodossa Euro-Asiatica, mentre l'Impero dell'Orda d'Oro sarebbe l'unica potenza Euro-Asiatica Musulmana; di lì, si può simmetrizzare senza problemi.

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Chiudiamo per ora con il parere in merito di Paolo Maltagliati:

Baldovino sconfigge Kalojan.
L'Impero Latino d'Oriente distrugge Nicea prima del suo consolidamento.
A Bonifacio del Monferrato viene confermata Nicea come feudo.
Qui penso che le dinastie cambino, perché Baldovino non muore nelle prigioni di Kalojan, però lascio a voi la parola. Ad ogni modo, consolidamento della frankokratia sulle coste egee e ripresa economica e demografica di Costantinopoli.
Campagne mongole raggiungono l'impero latino e lo conquistano.
Arig Bek Khan di Romania.
A maggior ragione, vittoria lituano-tatara a Kulikovo un secolo dopo e successiva affermazione dei lituani sui principati russi.
Campagne di Tamerlano, indebolimento del Khanato di Romania. Una dinastia di signori locali, con appoggio esterno, riprende Costantinopoli e man mano unifica i territori del Khanato esautorando principi greci, greco-tatari, franchi, franco-tatari.

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Se volete partecipare alla discussione, scriveteci a questo indirizzo.


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