Il Canale di Augusto

di Enrica S.


26 a.C.: (POD) Augusto, una volta conquistato l'Egitto, decide di lasciare in quella terra un segno della sua grandezza, ricostruendo il canale (già esistente in epoca faraonica) che congiunge il Nilo al Mar Rosso L'impresa è possibile grazie a l'immenso genio pratico dei romani, anche perché ad esso viene messa a disposizione manodopera egiziana. La possibilità di far passare le proprie flotte dal Mediterraneo al Mar Rosso significa per l'Impero Romano una più decisa propensione per la marina militare, che sarà ancora il veicolo dell'espansione romana.

23 a.C.: Amanishekheto, regina di Nubia, compìe un'incursione nell'Egitto romano, che considerava suo in quanto i Nubiani avevano governato l'Egitto a cavallo tra l'VIII e il VII secolo a.C. La regina e Cesare Augusto firmano un trattato di pace, ponendo il confine sulla Prima Cateratta del Nilo.

20 a.C. il prefetto romano d'Egitto Elio Gallo sconfigge e rende vassallo il re nabateo Oboda II, quindi invia una spedizione lungo la costa occidentale dell'Arabia e mette sotto tutela romana le piste carovaniere attraverso cui passa il commercio dell'incenso, attività floridissima gestita dai cammellieri Sabei. Gli esploratori visitano l'attuale Yemen e gli danno il nome latino di Arabia Felix, a causa di un equivoco: il nome arabo della regione, el-Yaman ("destro", cioè "meridionale", perché nella geografia semitica il sud si trova a destra, da cui il moderno nome di Yemen) può significare anche "felice". In effetti però, rispetto al resto della penisola arabica, tale terra può essere a buon diritto definita felice, essendo ricca di corsi d'acqua a carattere perenne, di palmizi e soprattutto di incenso.

7 d.C.: il mercante siriano Cosma Indicopleuste ("Navigatore dell'India") parte da Alessandria d'Egitto, attraversa il Canale di Augusto, naviga attraverso il Mar Rosso e l'Oceano Indiano ed è il primo occidentale a gettare l'ancora nei porti dell'India, aprendo una via commerciale diretta tra l'Impero Romano e l'Oriente.

9: l'11 settembre la disfatta della Selva di Teutoburgo, nei pressi dell'odierna località di Kalkriese in Bassa Sassonia (vanno perdute tre legioni e 15.000 uomini), ad opera di Arminio, Re dei Cherusci, chiude ai Romani la via dell'espansione verso la Germania. Augusto decide perciò di orientare le mire romane verso le fiorenti terre ora raggiungibili attraverso il suo Canale in Egitto.

11: Giulio Cesare Germanico, figlio di Druso Maggiore, sconfigge i Germani facendo prigioniera Thusnelda, moglie di Arminio, e vendicando la sconfitta di Teutoburgo, quindi riduce a provincia tutta la Frisia (i nostri Paesi Bassi) ed avvia il commercio con le coste germaniche del Mar Nero.

14-19: Giulio Cesare Germanico, dietro ordine dell'imperatore Tiberio, parte da Siene (oggi Assuan), presso la Prima Cateratta del Nilo, e risale il grande fiume fino a Meroe (200 km a nord dell'attuale Khartoum), capitale della Nubia, della quale si impossessa, riducendola a Provincia. Arriva fino ai confini dell'Etiopia, ma a questo punto muore improvvisamente ad Epidafne, sull'alto Nilo, il 10 ottobre del 19 d.C. Secondo lo storico romano Svetonio egli è stato avvelenato da Gneo Calpurinio Pisone, primo governatore della nuova provincia di Nubia, per ordine dello stesso Tiberio, invidiosissimo dei successi del nipote.

20: il geografo greco Strabone di Amasea descrive l'India e lo Sri Lanka, dandone però una rappresentazione esageratamente idealizzata: quelle terre agli occhi dei Romani appaiono come un vero e proprio paradiso terrestre.

25: vengono fondate numerose basi commerciali romane sulla costa del Mar Rosso. I Romani si scontrano con malattie contro le quali finora avevano poche difese, come la malaria, il tifo, la febbre gialla e la malattia del sonno, ma a poco a poco impareranno ad alleviarne gli effetti, permettendo così la loro penetrazione nei Tropici.

40: Aulo Vitellio Germanico conquista la costa africana del Mar Rosso meridionale e vi fonda la Provincia di Eritrea. La capitale è Adulis (oggi Zula), già porto del Regno di Axum.

41-44: la rivolta della Mauretania, seguita all'assassinio del re Tolomeo per ordine dell'imperatore Caligola, è soffocata nel sangue dai generali Gaio Svetonio Paolino ed Osidio Geta. La Mauretania è divisa in due Province, la Mauretania Caesariensis e quella Tingitana (con capitali Cesarea e Tingis).

43: Claudio inizia la conquista della Britannia. Nel 46 annetterà la Tracia.

48: il generale romano Gaio Svetonio Paolino sbarca sulla costa della Tanzania e marcia per venticinque giorni nell'interno del continente, fino ad avvistare due grandi montagne innevate da dove secondo lui sorge il Nilo. Egli le chiama "Monti della Luna": sono le vette innevate dei Monti Kenya e Kilimangiaro. Questa spedizione permette ai Romani di aprire una nuova via commerciale diretta con l'interno dell'Africa Nera. Gli schiavi e i gladiatori neri sono molto apprezzati a Roma per la loro forza.

54: il 13 ottobre l'imperatore Claudio è avvelenato dalla moglie Agrippina Minore, che favorisce l'ascesa al trono di suo figlio Nerone. Il carattere sanguinario di quest'ultimo è inizialmente temperato dal suo precettore Seneca e dal Prefetto del Pretorio Afranio Burro.

56: il generale romano Aulo Plauzio, incaricato di esplorare e colonizzare le coste atlantiche del Marocco, scopre le Isole Canarie, da lui chiamate Isole Fortunate. L'anno dopo Aulo Plauzio, tornato a Roma, sottopone la moglie Pomponia Grecina a giudizio perché accusata di essere seguace di un "culto estraneo", quasi certamente il nascente cristianesimo. Le figure storiche di Aulo Plauzio e Pomponia Grecina ispireranno gli omonimi personaggi nel romanzo "Quo vadis?" di Henryk Sienkiewicz.

58: in seguito alla spedizione del generale Servio Sulpicio Galba, Nerone annette la Provincia di Puntia, la nostra Somalia, con lo strategico porto di Mosyllum, sul Corno d'Africa. Il confine meridionale è segnato dal porto di Serapione, oggi al confine tra Somalia e Kenya. I Romani imparano a sfruttare i Monsoni. Contatti commerciali tra l'Impero Romano e l'impero Shatavahana nelle regioni centro-meridionali dell'India.

60-62: spedizione del generale Tito Flavio Vespasiano per conquistare l'Arabia Felix, inviato laggiù da Nerone dopo essersi distinto nelle campagne della Germania Inferiore. Lasciato il porto di Berenice in Egitto con la sua flotta, Vespasiano attraversa il Mar Rosso, fa tappa ad Adulis e sbarca a Muza ed avanza verso l'interno, prendendo Ma'rib, capitale del Regno dei Sabei. Dopo essersi impossessato di Eudaemon (Aden), Vespasiano marcia verso nord e conquista Najran, sul bordo dell'Arabia Deserta, mentre il suo luogotenente Lucio Cesennio Peto avanza verso est e prende l'Hadramaut ("caldo ardente"), chiamato Homeritia dai Romani, e il porto di Cana (oggi Qana'). Intanto il generale Gneo Domizio Corbulone contiene efficacemente i Parti lungo il confine dell'Eufrate, impedendo loro di invadere la Siria.

61: il generale romano Gaio Svetonio Paolino sconfigge Baudicca, regina degli Iceni che si erano ribellati a Roma, e porta a termine la conquista della Britannia.

64-66: nuova campagna del generale Vespasiano, che occupa l'Oman, chiamato Macae dai Romani. Grazie alle conquiste di Vespasiano, l'Impero Romano si affaccia sull'Oceano Indiano e può commerciare direttamente con l'India. Intanto scoppia la rivolta giudaica, a sedare la quale è inviato invece il generale Corbulone.

65: Nubia e Arabia Felix vedono una grande diffusione delle opere idrauliche romane; in particolare i Romani ricostruiscono la grande diga di Ma'rib, con cui irrigano buona parte dell'Arabia meridionale. In tal modo Nubia ed Arabia si dimostrano province molto ricettive alla cultura romana.

68: Nerone, diventato invidioso dei grandi successi ottenuti da Vespasiano, decide di sbarazzarsene accusandolo di essere l'ispiratore di una congiura contro di lui. Vespasiano, che si trova ad Alessandria d'Egitto, non ha avuto nessun ruolo in quella congiura; avendo però saputo che Nerone ha ordinato la sua esecuzione, il grande generale si ribella, si proclama fedele al Senato e si fa proclamare imperatore dalle sue truppe. Il Senato allora depone ufficialmente Nerone, che dopo un tentativo di fuga si fa uccidere il 9 giugno dal suo segretario Epafrodito, esclamando: "Qualis artifex pereo!" ("Quale artista muore con me!"). Vespasiano, giunto a Roma, è acclamato imperatore, legittima il suo potere con un'adozione fittizia da parte di Claudio e subito elimina Otone, ex marito di Poppea e fedelissimo di Nerone. In seguito fa fuori anche Aulo Vitellio Germanico, che aspirava lui pure al trono, mentre Corbulone resta a Gerusalemme a combattere la rivolta giudaica (nel 70 raderà al suolo il Tempio di Gerusalemme, compiendo una famosa profezia di Gesù Cristo).

69: il 14 maggio l'apostolo San Mattia, colui che aveva preso il posto di Giuda Iscariota nel collegio apostolico, è ucciso a colpi di alabarda a Dongola, in Nubia, dove si è recato a predicare il Vangelo ed ha fondato la Chiesa locale.

75: Vespasiano è intenzionato a scoprire le sorgenti del Nilo ed incarica due suoi pretoriani nubiani di risalire il grande fiume partendo da Meroe. Secondo il loro racconto, i due raggiungono « una palude immensa coperta di erbacce, così fitta che né un uomo né una grande barca potevano passare, ad eccezione di qualche piccola barca con un uomo solo a bordo ». Tale descrizione corrisponde al Lago No, una palude malsana infestata da temibili coccodrilli, dalla malaria e dalla malattia del sonno, formata dalla confluenza del Bahr el Ghazal con il Nilo, e in certi tratti impenetrabile a causa dei fitti arbusti e delle sabbie mobili. I due pretoriani riescono tuttavia a superarla, arrivano nel territorio dell'attuale Uganda e affermano: « Abbiamo visto due rocce, dalle quali la corrente del fiume fuoriusciva con potenza ». Essi parlano delle Cascate Kabalega, dove il Nilo dal Lago Vittoria si immerge nel Lago Alberto, con un salto di quasi 50 metri, in una gola con soli 10 metri di larghezza; la corrente originata dal Lago Vittoria invia circa 300 metri cubi al secondo di acqua. Infine, dopo infinite peripezie, i due esploratori giungono sulle sponde di un lago di dimensioni mai viste, ed affermano meravigliati: « ex magno terrarum lacu ascendere », cioè (il fiume Nilo) « proviene da un lago molto grande di quelle terre ». Dopo un viaggio di quasi 2.500 km essi hanno avvistato il Lago Vittoria, il lago più vasto dell'Africa, dal quale il Nilo Bianco esce presso Jinja, oggi in Uganda. Il grande lago ha molti immissari, per cui i due non possono dire di aver localizzato le "sorgenti" vere e proprie del Nilo, ma questa impresa li colloca fra i più grandi esploratori di tutti i tempi.

76: costeggiando il litorale occidentale dell'Africa, i Romani raggiungono il Senegal e vi fondano stabilimenti commerciali.
Nelle sue "Naturalis Historiae", Plinio il Vecchio ci dà la prima descrizione scientifica delle terre d'Arabia, di Nubia, d'Etiopia e dell'India.

79: il 23 giugno muore l'imperatore Vespasiano; secondo Svetonio, in punto di morte ha ordinato ai suoi schiavi di tirarlo su dal letto, perchè « un imperatore deve morire in piedi ». Gli succede il figlio Tito, che deve subito affrontare la devastante eruzione del Vesuvio in cui trova la morte Plinio il Vecchio.

80: Gneo Giulio Agricola, governatore della Britannia romana, decide la conquista della Caledonia (la nostra Scozia), e in estate guida il suo esercito fino all'estuario del fiume Taus (il Solway Firth), dove fa costruire dei forti.

81: Tito spedisce suo fratello Domiziano, con cui non ha mai avuto ottimi rapporti, in Somalia come governatore di quella provincia. Svetonio afferma che, con questa mossa, Tito ha voluto prevenire una congiura da parte del fratello, che aspirava a succedergli al trono (poco dopo infatti Tito fa giustiziare Valeno, suo medico personale, accusato di volerlo avvelenare). In tal modo Roma si risparmia la sua tirannide.

82: spedizione punitiva di Agricola in Ivernia (l'Irlanda) dopo aver fortificato la costa britannica ed aver dato rifugio a Tuathal Teachtmhar, re supremo irlandese esiliato da ragazzo, del quale parlano antiche tradizioni dell'isola; rimettere sul trono quest'ultimo è la causa occasionale della spedizione. Agricola in breve tempo sottomette tutta l'Ivernia.

84: l'esercito romano guidato da Agricola si scontra nella battaglia del Monte Graupio contro un'enorme armata di Caledoni, guidati da Calgaco. Secondo Tacito, genero di Agricola, le truppe di quest'ultimo sbaragliano i nemici, che perdono circa 10.000 uomini contro appena 360 perdite dei Romani. Agricola fa alleanza con i Pitti contro i Caledoni, e ottiene la sottomissione del loro re Gartnait. Intanto un prefetto navale da lui nominato esplora la costa settentrionale della Scozia e scopre le isole Orcadi. Agricola annette all'Impero le province di Caledonia ed Ivernia.

85: sono colonizzate le isole di Capo Verde, il più occidentale dei possedimenti romani diretti.

86: l'imperatore Tito invia l'esploratore Giulio Materno attraverso il deserto del Sahara, alla ricerca del favoloso regno dei Pigmei di cui parlano gli autori classici. Giulio Materno parte da Leptis Magna per Garama, la capitale del regno dei Garamanti nel Fezzan libico, alleati dei Romani, punta diritto sull'Oasi di Cufra, entra nell'Ennedi ciadiano, attraversa la piana di Abechè e infine, dopo quattro mesi di viaggio, raggiunge la località africana di Agisymba, popolata da rinoceronti, elefanti e leoni. Si pensa che egli abbia superato il lago Ciad e raggiunto il fiume Bahr Salamat, al confine con l'attuale Repubblica Centrafricana. In questo modo Tito, attraverso la mediazione dei Garamanti, si assicura il controllo sulle vie carovaniere che portano nel cuore dell'Africa Nera.

90: dopo aver firmato un nuovo trattato di pace e di amicizia con il Re Zoskales di Axum (lo Za Haqala delle liste dei re etiopi), l'imperatore Tito invia una spedizione dall'Arabia Felix alla conquista dell'isola di Unguja, al largo della costa della Tanzania, cui dà il nome di provincia di Zanzibar (dal persiano Zang i Bar, "Terra dei Neri"): essa riveste un ruolo chiave per il commercio con l'Africa Nera e le sue immense ricchezze. Schiavi neri e manufatti africani cominciano ad invadere Roma.

92: fondazione di un fondaco romano nel porto di Barbaricum, oggi in Pakistan.

93: prima traduzione dell'"Eneide" di Virgilio in lingua araba.

94: l'imperatore Tito dà sua figlia Giulia Flavia in sposa al generale Marco Ulpio Traiano, nativo di Italica (in Spagna), che si è distinto come governatore della Germania. In tal modo egli, che non ha avuto figli maschi, indica il generale spagnolo come suo successore.

95: giunge ad Antiochia un curioso viaggiatore dagli occhi a mandorla, che chiede di parlare con "l'imperatore dell'occidente". È Gan Ying, inviato dal maresciallo cinese Ban Chao, a sua volta emissario dell'imperatore He Di, della dinastia Han, che vuole aprire contatti con l'impero di Roma. I Parti, desiderosi di conservare il ruolo di intermediari tra Cina e Occidente, hanno trattenuto Ban Chao sul Mar Caspio con varie scuse, ma Gan Ying ce l'ha fatta a giungere sul Mediterraneo con il suo seguito. Questi è condotto a Roma alla presenza di Tito, che aveva sentito parlare del mitico "Impero dei Draghi" posto al di là dell'India, e decide di aprire colloqui diretti con l'imperatore Han attraverso i possedimenti romani nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano. Contatti stabili tra Roma e la Cina però saranno possibili solo cinquanta o sessanta anni dopo.

96: il 27 gennaio muore l'imperatore Tito e gli succede il genero Traiano. Tito viene immediatamente divinizzato, e subito nasce il mito dell'"Optimus Princeps". Svetonio lo chiama « la Delizia del Genere Umano », gli scrittori cristiani lo esaltano per non aver scatenato persecuzioni contro i seguaci di Gesù, e circola la leggenda secondo cui, al termine di una giornata in cui non ha avuto occasione di fare del bene, egli avrebbe esclamato: « Ecco una giornata buttata via! »
Intanto, nel "De vita et moribus Iulii Agricolae" ("La vita e i costumi di Giulio Agricola"), lo scrittore latino Publio Cornelio Tacito ci lascia un'importante descrizione della conquista della Caledonia e dell'Ivernia da parte di Agricola, suo suocero.

97: a differenza di quanto aveva fatto suo genero Tito, Traiano perseguita i cristiani, accusandoli di non voler sacrificare agli déi e quindi di minare l'unità religiosa dell'Impero. Della persecuzione resta vittima anche Papa Clemente I, amico e collaboratore di San Pietro, che viene martirizzato mentre si trova in esilio sulla costa africana del Mar Rosso. L'anziano Apostolo Giovanni, « il discepolo che Gesù amava », risponde scrivendo l'Apocalisse, nella quale l'Impero Romano è descritto come un drago rosso con sette teste (i sette colli di Roma) e dieci corna (i dieci Augusti).

98-100: Traiano fa costruire il Limes Germanico, esteso dal Reno al Danubio, per proteggere gli Agri Decumates, parte delle province della Germania superiore e della Rezia. Tacito pubblica il "De origine et situ Germanorum" ("L'origine e la posizione dei Germani").

101-102: prima campagna di Traiano contro Decebalo, re della Dacia, allo scopo di risanare le finanze dell'Impero Romano con le miniere d'oro della Transilvania. Traiano assedia la capitale dacica Sarmizegetusa e ne occupa parte del territorio.

105: il mercante romano Diogene si spinge via mare fino a Rhapta, un lontano emporio sulla costa dell'attuale Mozambico.

105-106: seconda campagna di Traiano contro la Dacia, che si conclude con il suicidio di Decebalo e la conquista dell'intero territorio. Nasce la provincia romana della Dacia, e per celebrare l'evento viene scolpita la Colonna Traiana a Roma.

106: Rabbel II, ultimo re dei Nabatei, nell'Arabia settentrionale, muore senza eredi diretti e Traiano occupa il suo regno con un pretesto. La splendida città di Petra diventa capitale della nuova provincia di Arabia Petrea.

107: Sant'Ignazio di Antiochia è martirizzato a Roma dopo aver scritto otto lettere ad altrettante chiese, tra i documenti principali dell'era sub-apostolica. L'ottava lettera è diretta "ai cristiani che sono in Arabia", e ci testimonia l'esistenza fin dalla fine del I secolo di comunità cristiane nell'Arabia Felix..

108: Traiano fonda molti stabilimenti commerciali sulle coste dell'Isola di Taprobane (dal sanscrito Tamraparni, "Terra dalle Foglie del Colore del Rame"), quella che noi chiamiamo Sri Lanka, e si ingerisce nel governo dell'isola, che è ridotta a vassalla.

110: Traiano avanza da Petra nell'Arabia nordoccidentale e conquista la città di Dedan, oggi Al-'Ula, capitale dei Laianiti e snodo fondamentale sulla Via dell'Incenso, circa 110 km a sudovest di Tema e 380 km a nord di Yathrib (Medina). L'imperatore però rinuncia a penetrare ulteriormente nell'Arabia Deserta a causa della guerriglia scatenata contro di lui dalle tribù beduine, preferendo stipulare vantaggiosi trattati commerciali con i sovrani arabi.

111: Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Giovane, nipote di Plinio il Vecchio e amico personale di Traiano, è nominato primo governatore della nuova Provincia Romana di Arabia.

112: alcuni mercanti romani che cercano la mitologica Antilia, terra posta al centro dell'Oceano Atlantico, sbarcano per la prima volta a Madeira (non vi sono invece indizi che i Romani siano mai sbarcati nelle Azzorre).

115: Traiano annette senza colpo ferire il Regno d'Armenia, riducendolo a provincia e raggiungendo il confine diretto con il Mar Caspio. Tacito pubblica i suoi "Annales".

115-117: campagna di Traiano contro il regno di Axum: la grande città etiope esportatrice di avorio, carapaci di tartaruga, oro e smeraldi viene conquistata dopo un lungo assedio, e le truppe romane penetrano nell'acrocoro etiopico, creando la nuova provincia di Etiopia. La campagna sembra risolversi in uno splendido successo, tanto che l'imperatore giunge fino sulla costa somala e comincia a progettare la conquista anche dell'Impero dei Parti, quando una vasta ribellione giudaica alle sue spalle mette in subbuglio Egitto e Palestina. Traiano è costretto a rientrare in Egitto, mentre il suo esercito si attarda ad assediare la città etiope di Bahar Dar, che resiste vittoriosamente agli attacchi dei legionari romani.

117: l'8 agosto Traiano muore ad Alessandria d'Egitto, mentre sta preparando una nuova campagna contro l'Etiopia, e sua moglie Giulia Flavia lo convince ad adottare in extremis come figlio ed erede il suo parente Elio Adriano, che di Giulia Flavia è stato amante. Adriano preferisce ritirarsi dall'Etiopia, giudicando le nuove conquiste indifendibili, mentre mantiene un ferreo controllo sul Corno d'Africa, sulla Via dell'Incenso e sull'Arabia Felix, che egli visita personalmente.

118: Adriano conduce una campagna militare contro gli Iazigi e i Sarmati nella piana del fiume Tisza, punendoli così per aver compiuto, l'anno precedente, un'incursione nella provincia della Dacia, ora che ha concluso trattati di pace con le popolazioni suebe (Quadi, Marcomanni e Naristi) che gravitano lungo i confini del medio Danubio. Gli Iazigi sono battuti con grande difficoltà e nella piana del Tibisco viene creata la nuova Provincia di Iazigia.

119: la Legio IX Hispana comandata dal generale Tito Flavio Virilo viene mandata dall'imperatore Elio Adriano a reprimere una rivolta dei Caledoni, che tentano di recuperare l'indipendenza. Il centurione romano Quinto Dia scopre che la guida pitta della Legione, Etain, la sta portando verso un'imboscata per vendicarsi dello stupro di sua madre compiuto dai romani, e così le truppe romane si salvano e sconfiggono definitivamente i ribelli Caledoni (un tributo al film "Centurion" di Neil Marshall).

120: Adriano sconfigge i Sarmati Roxolani a Piroboridava, l'attuale Poiana in Moldavia, e riconquista così un territorio strategico che era stato improvvidamente abbandonato da Traiano. Il confine romano viene così tracciato fin sulle rive del Mar Nero ad Olbia Pontica, antica colonia di Mileto sulla foce del Bug Meridionale, il cui porto è uno dei principali scali del mar Nero per l'esportazione di cereali, pesci, e schiavi verso Roma, e Adriano può organizzare la nuova provincia romana di Scizia. In questo modo il confine romano è notevolmente accorciato.

121: il Regno del Bosforo Cimmerio nell'attuale Crimea è ridotto a Provincia Romana. Adriano dichiara la sua sovranità su tutte le coste del Mar Nero, ma l'area del Caucaso resterà sempre parecchio problematica per i Romani, che non la controlleranno mai veramente.

122: Gaio Svetonio Tranquillo pubblica le sue "Vite dei Cesari" in otto libri.

122-125: poiché le Province di Iazigia, Dacia e Scizia sono continuamente devastate dalle scorrerie dei Sarmati, Adriano fa costruire il Vallo che porta il suo nome, dal Danubio fino al Mar Nero, onde respingere gli invasori. Si tratta di una delle più grandi fortificazioni militari di tutti i tempi. Lungo il muro sono posizionati 61 forti romani. In seguito un altro vallo difenderà la Provincia del Bosforo Cimmerio (la Crimea).

124: rivolta di Taprobane contro le ingerenze romane, soffocata nel sangue dalle truppe provenienti da Somalia e Oman.

125: viene costruito un limes anche a protezione della Frisia romana.
Lo storico Publio Anneo Floro, dopo un viaggio in oriente che lo porta fino alla foce del Gange (ma secondo alcuni fino in Cina), pubblica un'opera che compendia tutta la storia romana da Romolo fino ad Adriano.

128: costruzione di fondaci romani nelle principali città costiere dell'India occidentale. Adriano stringe alleanza e scambia ambasciatori con l'imperatore Kushano Kanishka I il Grande (127-147).

130: l'imperatore Adriano fa costruire in Egitto la città di Antinopoli, allo sbocco sul Mar Rosso del Canale di Augusto, in onore del suo favorito Antinoo, bellissimo giovane che si è suicidato offrendo la sua vita per la salute dell'imperatore. Antinopoli diventa la principale porta del commercio romano con l'Arabia Felix, l'Africa Nera e l'Oceano Indiano.

132: anche la costa occidentale dell'Arabia diventa possesso diretto di Roma. Capitale di questa regione è Yatrippa, l'attuale Medina.

135: dopo aver stroncato la rivolta giudaica del Bar Kochba, Adriano fonda stabilimenti commerciali romani alla foce del Gange.

137: i Romani esplorano e fondano insediamenti commerciali sulle coste africane del Golfo di Guinea. Alleanza tra i Romani e molte tribù locali, aiutate militarmente contro le tribù nemiche.

138: il primo tempio buddista è eretto in Arabia meridionale. Il retore Marco Cornelio Frontone, nato nella Somalia romana, è precettore dei futuri Augusti Marco Aurelio e Lucio Vero.

140: Antonino Pio, figlio adottivo e successore di Adriano, istituisce la provincia romana di Taprobane, il più orientale di tutti i possedimenti diretti romani. I Vedda, popolo aborigeno che abita nell'interno dell'isola, vengono romanizzati a forza.

142: apertura di vie commerciali dal Danubio fino al Mar Baltico, onde acquistarvi la preziosissima ambra, molto amata dalle matrone romane.

143: Gerrha, sulla costa araba del Golfo Persico, è conquistata dai Romani che la strappano ai Parti.

145: storica missione diplomatica inviata dall'imperatore romano Antonino Pio in Cina. La cronaca cinese dell'Hou Hanshu descrive lo scambio di merci con il Da Qin (nome cinese dell'Impero Romano): « Cose preziose dal Da Qin sono fini vesti in cotone, eccellenti tappeti di lana, profumi di ogni sorta, pani dolci, pepe, zenzero e sale nero. »

147: spedizioni romane nell'Atlantico settentrionale permettono la scoperta delle Shetland, delle Fær Øer e dell'Islanda, identificate di volta in volta con l'Ultima Thule di cui parla il navigatore greco Pitea. Trovandole improduttive, però, i Romani non vi fondano alcun insediamento.

150: l'astronomo e geografo egiziano Claudio Tolomeo (100-175) e lo storico greco Arriano di Nicomedia (95-175) includono ampie descrizioni delle coste dell'Oceano Indiano nelle loro opere.

151: Primi sbarchi dei mercanti romani sulle coste del Madagascar.

152: trattato di amicizia e di alleanza tra Roma e la Nazione Tamil, che abita lo Sri Lanka.

153: il primo tempio buddista è eretto in Egitto.

154: sulla via commerciale che porta da Taprobane fino in Cina i Romani fondano il forte romano di Marasanga su quella che noi chiamiamo l'isola di Singapore. Si tratta dell'insediamento romano più orientale del mondo.

157: Montano, neoconvertito al cristianesimo originario della Cappadocia, comincia a predicare insieme a Priscilla e a Massimilla una versione sincretistica del messaggio evangelico, commista ad alcuni elementi buddisti. Tra l'altro egli predica che l'inferno non è eterno, ma i dannati, dopo un tempo più o meno lungo di permanenza nella Geenna, si reincarnano e devono nuovamente guadagnarsi il Paradiso. Siccome durante il lungo periodo del Principato Adottivo (68-180) il cristianesimo è sostanzialmente tollerato dalle istituzioni, il Montanismo si diffonde in tutto l'Impero, venendo bollato dal cattolicesimo romano come un'eresia.

160: è ridotta a Provincia Romana l'Albania del Caucaso, ex satrapia persiana con il nome di Ardhan, oggi in Georgia.

160-175: fondazione di fondaci romani nelle città costiere cinesi. Trattato di amicizia tra Marco Aurelio e l'imperatore cinese Ling, della dinastia degli Han orientali.

161: muore Antonino Pio, gli succedono i figli adottivi Marco Aurelio, che è anche suo genero, e Lucio Vero. Prima diarchia al vertice dell'Impero Romano.

162: Marco Aurelio invia suo fratello adottivo Lucio Vero a combattere contro i predoni dell'Arabia Deserta che assaltano i possedimenti romani in Arabia Felix, mettendo a rischio le vie commerciali con l'India. Lucio Vero sconfigge più volte gli Arabi, ma poi deve muovere guerra contro i Parti che, sentendosi accerchiati dai Romani in Asia, passano al contrattacco tentando di conquistarsi uno sbocco sul Mediterraneo. Mentre il generale di origine armena Gaio Giulio Soemo tiene impegnati coraggiosamente i Parti sul confine dell'Eufrate, Lucio Vero muove contro di loro dall'Arabia, conquista l'isola di Organa (oggi Hormuz) e infligge al loro re Vologase IV una durissima sconfitta navale all'imboccatura del Golfo Persico. Vologase è costretto a richiamare le truppe dall'Eufrate per difendere il cuore del suo regno e a firmare con Lucio Vero una pace umiliante. In tal modo il coimperatore non muore di peste, continuando a condividere il Principato con il fratello adottivo, che regna da Roma, essendo meno portato per la vita militare (i suoi scritti filosofici faranno sì che egli sia ricordato come "l'Imperatore Filosofo").

163: Lucio Apuleio, nato a Madaura (Numidia), pubblica il romanzo "Le Metamorfosi", la prima opera della letteratura latina pesantemente influenzata dalla religione buddista.

165: Quinto Claudio Feroce Eronio Montano, governatore della Mauretania Tingitana, pensa di poter sconfiggere facilmente i Berberi ma subisce una disastrosa sconfitta, ed è costretto a suicidarsi. I Romani sono così costretti a sgomberare il Marocco, tenendo solo le coste lungo le quali vi sono campi trincerati e città fortificate, spesso in guerra contro i predoni Berberi.

169: Lucio Vero è costretto a spostarsi in Germania, dove deve bloccare le invasioni dei Marcomanni e dei Sarmati. In questa lotta è coadiuvato dal grande generale di origine lusitana Massimo Decimo Meridio (piccolo tributo al film "Il Gladiatore" di Ridley Scott). In tal modo Marco Aurelio resta a governare a Roma, sua moglie Faustina non se la spassa con i gladiatori, e suo figlio Commodo non nascerà mai.

170: spedizione navale di Marco Aurelio nello Jutland per aprire nuove vie commerciali. La spedizione stringe amicizia con il re danese Humblus, citato anche nel "Gesta Danorum" da Saxo Grammaticus (XII secolo).

173: i Romani cominciano a stabilire stazioni commerciali sulle coste delle nostre Birmania e Thailandia.

175: ribellione del governatore della Nubia Avidio Cassio, che è proclamato imperatore dalle sue truppe. Contro di lui è inviato il generale Tiberio Claudio Pompeiano, che stronca la ribellione nel sangue.

177: i Romani colonizzano le isole Andamane. Intanto Tiberio Claudio Pompeiano sconfigge duramente i Parti che tentavano la conquista dell'Armenia.

179: l'erudito Aulo Gellio pubblica un'enciclopedia intitolata "Noctes Indicae" ("Le Notti Indiane") in venti libri, nella quale fa sfoggio di grandi conoscenze nei più svariati campi: dalla retorica alla medicina, filosofia, critica letteraria, storia, scienze, archeologia e diritto. Essa fa conoscere a Roma buona parte delle tradizioni del Subcontinente Indiano.

178: morte di Lucio Vero presso Vindobona (oggi Vienna), poco dopo aver sconfitto i Marcomanni che premevano sul confine del Danubio. Marco Aurelio associa al trono il generale Pompeiano, che ha sposato sua figlia Annia Aurelia Galeria Lucilla, già vedova di Lucio Vero; in tal modo continua il Principato Adottivo.

179: Galeno, medico di corte di Marco Aurelio, descrive molte malattie tropicali, tra cui la febbre gialla, la malattia del sonno, la leishmaniosi umana e la dengue.

180: alla morte di Marco Aurelio sale al trono Pompeiano. Quest'ultimo cura la pubblicazione dei "Colloqui con se stesso" del suo predecessore, scritti in greco ma subito tradotti in latino e in arabo, ultima grande opera opera della filosofia stoica con influenze delle filosofie orientali.

183: il primo tempio buddista è eretto in Grecia.

188: primi stabilimenti commerciali romani fondati sull'isola di Sumatra.

193: morte dell'imperatore Pompeiano, gli succede il generale Lucio Settimio Severo, che è nato in Africa, ad Adulis (Eritrea), adottato come figlio da Pompeiano un anno prima.

195-198: l'impero dei Parti si avvia verso il suo tramonto, e così Settimio Severo ne approfitta per muovere contro il loro re Osroe II e conquistare la Mesopotamia settentrionale sino al Tigri.

201-211: Settimio Severo conquista il Regno Chola nell'India sudorientale. Per la prima volta i Romani controllano direttamente una vasta parte del Deccan. Mentre l'Augusto si trova personalmente in India a combattere, a governare a Roma restano i suoi due figli Caracalla e Geta, che egli si è associato al trono.

202: il primo tempio buddista è eretto a Roma.

211: il 4 febbraio muore Settimio Severo mentre sta ancora combattendo in India; gli succedono i figli Lucio Settimio Bassiano detto Caracalla e Publio Settimio Geta. Quest'ultimo però viene sbrigativamente eliminato, e Caracalla resta unico padrone dell'Impero. Con la Constitutio Antoniniana egli estende la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell'Impero.

218: dopo che Caracalla è stato assassinato, le truppe d'Arabia eleggono nuovo imperatore Sesto Vario Avito Bassiano, figlio della cognata di Settimio Severo, meglio noto come Elagabalo, dal due parole semitiche, El ("dio") e gabal ("montagna"), essendo sacerdote del dio sole venerato in Arabia meridionale. Egli tenta di importare il culto solare a Roma, sostituendo a Giove, signore del pantheon romano, la nuova divinità solare del Sol Invictus, e ciò gli inimica sia il Senato, sia il popolo.

220: alla morte dell'ultimo re Vasudeva l'impero Kushano si frammenta in una serie di piccoli stati, che saranno preda della nuova dinastia indiana dei Gupta.

222: le eccentricità di Elagabalo portano al suo assassinio e all'elezione a Cesare di Alessandro Severo, che ha solo 14 anni, vive come un monaco e tiene nel suo larario, tra le varie divinità, anche un crocifisso. Alla madre che gli rimprovera il basso profilo, replica: « La maestà dell'impero si mantiene con la virtù e con la pietà verso i sudditi, e non con la superbia e con la vana ostentazione! » Il nuovo sovrano può avvalersi della collaborazione del grande giurista Eneo Domizio Ulpiano, che riforma il diritto romano.

226: crolla l'impero dei Parti dopo la morte dell'ultimo sovrano Artabano IV, a causa della spaventosa crisi in cui è piombata la Persia, tagliata fuori dalle grandi rotte verso l'Estremo Oriente dopo che i Romani si sono affacciati sull'Oceano Indiano. Il loro impero è spartito fra Alessandro Severo e Sri-Gupta, il fondatore del nuovo Impero Gupta, nell'India centrosettentrionale: ai Romani toccano Mesopotamia, Assiria, Elimaide, Susiana, Ircania, Media, Persia e Partiene, mentre ai Gupta vanno Aria, Drangiana, Aracosia, Battriana e Sogdiana. I capiclam persiani riconoscono ad Alessandro Severo il titolo di "Re dei Re", che egli esporta a Roma. Trattato di pace e amicizia tra Alessandro Severo e Sri-Gupta.

228: il re di Axum Sembrouthes è costretto a riconoscersi vassallo dell'Impero Romano.

230: primi stabilimenti commerciali romani nel Borneo e nelle Molucche.
Muore Quinto Settimio Fiorente Tertulliano, nato ad Aden in Arabia nel 155, il più grande apologeta cristiano del terzo secolo, che non si è mai avvicinato al Montanismo, non credendo nella reincarnazione, e per questo è subito canonizzato.

232: gli esploratori romani arrivano alla foce del fiume Niger, nel territorio dell'attuale Nigeria. Primi contatti tra Roma e la Cultura Nok, l'unica nell'Africa Nera a possedere la metallurgia.

235: Alessandro Severo abolisce le antiche Province e suddivide l'Impero in Temi, anticipando la riforma di Eraclio della HL: in considerazione della lontananza dei vari territori dal centro dell'impero, egli assegna terre ai soldati dei temi in cambio dei servizi di difesa territoriale da essi offerti. In tal modo i soldati, nei momenti di pace o quando sono inoperosi, possono rimanere nella zona a coltivare la terra, corrispondendo delle tasse; la terra, quando nel tempo il sistema tematico si istituzionalizzerà, diverrà un bene ereditario per tali soldati. Questa riforma permette di contenere i Germani sul confine Reno-Danubio ed evita l'assassinio di Alessandro Severo.

238: lo storico Erodiano, nativo della Nubia e amico di Alessandro Severo, pubblica in greco una "Storia dell'Impero" che va dalla morte di Marco Aurelio all'anno di pubblicazione.

240: Editto di Tessalonica, con cui Alessandro Severo, dopo aver incontrato Papa Fabiano, concede la libertà di culto ai cristiani su tutti i territori dell'Impero. Cominciano a diffondersi anche nella metà occidentale dell'Impero i templi buddisti, religione che va di moda tra le matrone romane.

244-245: l'ammiraglio romano Marco Giulio Filippo, più noto come Filippo l'Arabo, nativo dell'Arabia Felice e di religione cristiana, per ordine dell'imperatore Alessandro Severo porta a termine la prima circumnavigazione dell'Africa: partito da Ostia, attraversa il Delta del Nilo e il Canale di Augusto, percorre il Mar Rosso, discende lungo la costa orientale africana e poi risale lungo quella occidentale, avvistando tra l'altro "la Grande Montagna Infuocata", cioè il Monte Camerun in eruzione. Filippo rientra poi attraverso le Colonne d'Ercole e fa ritorno a Roma, dove Alessandro Severo gli accorda un trionfo grandioso e lo nomina governatore dell'India romana.

247: nell'ambito dei festeggiamenti per il millesimo anniversario dalla Fondazione di Roma, Alessandro Severo fonda la città di Alessandropoli sul sito dell'antica Bisanzio, in posizione centrale rispetto all'Impero Romano, e vi trasferisce la capitale. Dopo mille anni esatti ha fine la storia dell'Impero di Roma ed inizia quella dell'Impero Alessandrino.

Enrica S.

Che ne dite?

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E ora, un'altra proposta di Falecius:

De Vita Caesaris

 

Quest'ucronia è uno spin-off del mio "de Bello Dacico", scritta basandomi su una affidabile "tavola dei popoli" che contiene informazioni più dettagliate sui rapporti con Roma, per l'area mitteleuropeo-balcanico-pontica ed il Caucaso, nel primo secolo. Secondo voi Cesare, potendo scegliere, avrebbe preferito Ottaviano, Antonio o Cesarione? Intanto, ecco la mia proposta, che parte con molti anni di anticipo rispetto al "De Bello Dacico" testé citato. Essa è concepita come l'ultima parte dell'opera di uno storiografo romano contemporaneo o di poco posteriore agli eventi che narra.

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Dopo aver conquistato la Gallia per la Repubblica romana ed aver sconfitto Pompeo, suo nemico, nella grande guerra civile, Caio Giulio Cesare era in Roma, insignito di un imperio che nessun magistrato aveva detenuto prima di lui, nemmeno un dittatore: signore incontrastato di Roma e del mondo. 

Al di là delle frontiere della Repubblica, due grandi stati soltanto vivevano liberi dal potere dei Romani, la cui signoria si estendeva a tutte le rive del mare che essi chiamavano semplicemente “nostro”. La Dacia di re Burebista, e la Partia, erede dell'antico impero persiano e, in qualche modo, della civiltà greca.

Burebista aveva aiutato Cn. Pompeo Magno durante la guerra civile che l'aveva opposto a Cesare: il dittatore voleva ora, da un lato vendicarsene, e dall'altro eliminare un crescente potere che minacciava da nord le province romane di Illiria e Macedonia. Inoltre, dopo la morte di Farnace del Ponto, il Regno del Bosforo Cimmerio era caduto nelle mani di Asandro, che aveva sposato Dynamis, figlia di Farnace; Cesare temeva che un nuovo pretendente legato alla casa di Mitridate potesse portare problemi a Roma in Oriente, tanto più che Asandro sembrava aver successo nello sconfiggere i Meoti ed i Tauri. Tutto questo disse Cesare, alle Idi di Marzo del 709 aUC, di fronte al Senato. Annunciò dunque che intendeva riunire l'esercito per una spedizione verso Oriente. In quello stesso giorno, era stata scoperta una cospirazione contro di lui, legata ad esponenti del Senato e ad alcuni dei suoi più fidi seguaci, tra cui il figlio adottivo Giunio Bruto. I cospiratori erano stati arrestati; e Cesare approfittò della circostanza per dichiarare che da qual momento in poi, avrebbe supervisionato alle nomine dei nuovi senatori; nessuno sarebbe entrato nel più alto organismo elettivo dello Stato senza il suo consenso. Questa pretesa eccedeva di gran lunga il potere che i consoli ed i dittatori, i più alti magistrati che Roma conoscesse a quel tempo, avessero mai posseduto.

Il Senato, impaurito o concorde che fosse, approvò le richieste di Cesare in blocco. Il dittatore lasciò allora in sicurezza Roma per recarsi in Macedonia, dove aveva dato ordine si riunissero sette legioni ai suoi ordini; quattro ne affidò al propretore Ventidio Basso, cui assegnò il comando in Illiria. A Roma, per dare seguito alle riforme che aveva animo di continuare, lasciò Marco Antonio, suo collega di consolato.

Cesare marciò dapprima contro i Dardani, i Moesii della piana a sud del Danubio, gli Scordisci e gli gli altri popoli che vivevano oltre la frontiera settentrionale della Macedonia; da Sirmio, nell'estate del 709, Cesare passò il fiume Danubio: sconfitti i Pannoni e dei Boii, arrivò alle Idi di agosto nel paese dei Daci. Il re dei Daci frattanto, si era reso conto della minaccia e aveva radunato un'armata di oltre centomila guerrieri; presso la sua capitale di Argedava, essa fu distrutta e dispersa da Cesare. Il re dacico fu catturato, la capitale presa e saccheggiata, i capi dei popoli alleati a Burebista sopravvissuti alla battaglia obbligati a riconoscere il dominio di Roma.

Ventidio, che aveva sottomesso i Dalmati ed altri popoli loro vicini durante l'estate, svernato in Pannonia, alla fine di febbraio irruppe nel territorio dei Boii e li disfece, procedendo fino al Danubio. Presso la capitale dei Boii, Gerulata, si ricongiunse con Cesare che passata Argedava aveva dapprima preso Apulum, capitale di una grande tribù dacica stanziata ad est di Argedava, e poi Porolissum, prima di entrare nel paese dei Carpi e poi dei Cotini, sottomettendoli facilmente, dato che la maggior parte dei loro guerrieri erano morti sotto Burebista. Caduta Gerulata, Cesare tornò ad est; Roxolani, Basterni, Costoboci, la grande tribù dacia ad est dei Carpazi, Tyrageti e altre popolazioni della Dacia orientale restavano infatti libere.

Nel settembre 710, a Tyras, Cesare li sconfisse e poco dopo raggiunse Olbia sull'Hypanis. I Sarmati Iazygi furono autorizzati a stanziarsi nella provincia di Sarmatia, tra lo Hypanis ed i Carpazi. Il resto del paese conquistato fu diviso in Dacia Superiore (tra i Carpazi e la Tisia), Dacia Inferiore (tra i Carpazi e il Danubio), Moesia (tra il Danubio e l'Emo), Dardania (tra il Danubio, la Drina e la Macedonia) Pannonia (tra il Savius e la Tisia) Carpodacia (tra i Carpazi e dell'alto corso della Tisia, a nord della Dacia Superiore) Boiohaemia (a nord del Danubio e dell'alto corso della Tisia, fino monti Asciburgo), Norico (tra l'Eno, le Alpi e il Danubio, occupato da Ventidio mentre Cesare trionfava ad est, malgrado il re locale fosse stato in passato alleato di Cesare). I Daci, i Sarmati, gli Sciti, i Galli, gli Illiri, i Traci, i Geti, i Bastarni ed i Greci stanziati nel paese ad occidente dell'Hypanis riconoscevano tutti il potere di Roma.

Cesare tornò quindi nel paese dei Boi per la strada che risaliva il Danubio, pacificando quelle regioni; in Boiohaemia si scontrò coi Suebi Marcomanni, discese nel Norico, ne depose il re, che già Ventidio aveva di fatto esautorato, e da lì partì per un attacco contro i Suebi. Essi infatti vivevano tra la Gallia e la Boiohaemia, ora romane, ed il loro territorio era importante per collegare le nuove province evitando i valichi alpini. Cesare poi ricordava bene la guerra contro Ariovisto quindici anni prima. I Suebi ed il loro vicini, i Vindelici, furono rapidamente sottomessi nel 711. Augusta Vindelicorum fu fondata sul Danubio come sede della nuova provincia di Vindelicia tra il Meno, l'Eno e il Reno. L'estate successiva, Cesare e Ventidio ritornarono in Italia per i paesi dei Brennii, dei Venosti, dei Tridentini, degli Anauni, degli Isarci, dei Trumplini, dei Sabini, dei Camunni, dei Clavennati, dei Rhaetii, dei Bergalei, dei Leponzi, degli Osceli, dei Poenini, ovvero le genti delle valli stanziate ad oriente degli Elvezi e a Sud dei Vindelici. I Rhaetii erano il popolo più numeroso e potente tra questi, e il paese a nord delle Alpi dove vivevano fu quindi organizzato come provincia di Rhaetia con capitale Curia, mentre le genti di stirpe reta, leponzia o gallica a Sud delle Alpi, di cui Venosti e Tridentini sottomessi da Ventidio che discendeva l'Adige erano i maggiori, furono annessi alla Gallia Cisalpina. Tutte queste genti furono sconfitte e molti di mloro fatti schiavi. Il bottino delle campagne di Cesare era enorme. Ancora a lungo alcune tribù, specie in Illyria e nella Rhaetia, si sarebbero ribellate a Roma di tanto in tanto, ma nel complesso il paese era assicurato. Cesare guidò allora una spedizione invernale contro i Salassi e altre popolazioni delle Alpi occidentali, alla fine del 712, per assicurare i valichi tra Italia e Gallia. La resistenza, accanita, fu infranta; i Salassi stessi furono sterminati, il paese loro e delle altri genti alpine fu divisa tra la Narbonese e la Cisalpina; nel paese dei Liguri alpini, il confine sarebbe stato al fiume Varo. Nel marzo 713, quattro anni dopo il suo annuncio in senato, Cesare trionfava su una lista di popolazioni pericolosamente lunga. Ventidio fu nominato proconsole in Asia, mentre Cesare decideva di assicurare il fianco nord prima della guerra partica, rovesciando Asandro. Accompagnato stavolta da Antonio (a Roma restava il suo giovane nipote Ottaviano come console) i recò dunque di nuovo in Ellade, che separò amministrativamente dalla provincia macedone per farne quella di Achaia, e da lì, con otto legioni, per prima cosa invase la Tracia, facendone una provincia romana, dopo che il suo re, mantenutosi neutrale nella guerra contro i Daci, aveva anche rifiutato un contingente per la guerra pontica. A Dionisopoli s'imbarcò poi per il Chersoneso Taurico, con una flotta organizzata a Bisanzio da M. Vipsanio Agrippa. Ottenuto la sottomissione quasi pacifica di Sciti e Tauri, e della città greca di Teodosia, mosse verso il Bosforo; Asandro offrì trattative di pace, ma Cesare intendeva fare del suo regno una provincia di Roma, che si sarebbe chiata Cimmeria, e chiese la resa immediata di Panticapeo, Fanagoria e Myrmikeion, la rinuncia di Asandro al trono e la consegna di Dynamis a Roma. Avendo Asandro rifiutato queste condizioni, Cesare fece porre l'assedio a Panticapeo, che si arrese dopo tre mesi; un squadra navale nel Ponto Eusino, basata a Bisanzio e Phanagoria, era stata istituita per le esigenze di questa guerra e Cesare la ordinò come flotta permanente sotto Agrippa. Da Panticapeo, Cesare fece inviare la principessa Dynamis in Roma, mentre lui passava il Bosforo Cimmerio e occupava la Sindica. Presa Tanais alla fine dell'autunno, dopo vittorie sui Meoti, i Sindi e gli Eioni, tornò verso sud raggiungendo Gorgippa nel paese degli Heniochi, dove svernò. Lasciato nel Bosforo Agrippa con due legioni, col compito di stabilire il dominio romana sulla riva settentrionale della Palude Meotide, abitata da Sarmati e Daci, e quella orientale popolata dai diversi gruppi di Meoti. Da Gorgippa Cesare procedette a Sudest, battendo uni dopo gli altri gli Heniochi, gli Achei, i Mardi ed i Cerceti, che sottomise, gli Zygi, i Sauromati e gli Epageriti, da cui invece ottenne solo schiavi e tributo, per poi passare i valichi del Grande Caucaso alla Porta dei Sarmati..

Sconfitti prima i Soani e poi gli Abasgi, i Choruxi e i Melanchleni, mosse su Dioscoride, nel regno di Colchide, il cui re aveva sostenuto Asandro l'anno precedente. Anche questo paese fu dunque assoggettato a Roma nel 714. Dopo di questo, Cesare procedette in Iberia, sconfisse il re Farnabazo, che aveva simpatizzato per Pompeo, e annetté il suo regno alla nuova provincia della Colchide, e passò ancora più ad est, nel regno di Albania. Qui fu raggiunto dalle truppe del re cliente d'Armenia, Artavasde, e di Deiotaro re dei Galati. Espugnata la capitale albana di Tabala, diede la metà sudoccidentale del paese a Tiridate e impose la clientela romana al resto, insediandovi come nuovo re Polemone, già cliente di Roma come re della Cilicia Trachea; quest'ultima fu quindi annessa alla Cilicia Pedias, già provincia romana. A questo punto, attraversata l'Armenia, riuniti gli alleati d'Asia Minore sistemò alcune questioni tra loro (in particolare, assegnò a Deiotaro l'eredità della Cappadocia, dato che re Ariobarzane non aveva eredi; il Ponto e il paesi dei Moschi divennero invece provincia romana, così da completare il controllo diretto delle coste del Ponto Eusino e assicurare contro una ipotetica risorgenza mitridatide). Questi furono gli editti detti di Samosata, dalla città in cui li emanò, capitale del regno di Commagene, cui re Antioco, che era stato alleato di Pompeo, fu deposto con l'accusa di infedeltà a Roma, ma in realtà per garantirsi il suo tesoro e lo sfruttamento del paese, giacché questi era venuto in odio ad Antonio. A questo punto, Cesare e Ventidio avanzarono contro Manu, figlio di Abgar, il re d'Osroene e vassallo dei Parti, che aveva quattordici anni prima tradito Crasso a Carrae. Presa Edessa, Ventidio, presa Nisibi tenne con quattro legioni e le truppe armene la linea del Tigri per evitare un attacco da Est, mentre Cesare con sette legioni e la fanteria di Deiotaro scendeva l'Eufrate, espugnava Hatra e Doura Europos e infine sconfiggeva l'esercito nei pressi di Seleucia; tra i caduti vi fu il re partico Pacoro. Entrato a Ctesifonte, saccheggiò la capitale dei Parti e avrebbe probabilmente proseguito, se non fosse stato raggiunto dalla notizia della rivolta a Roma ispirata forse da M. Tullio Cicerone e guidata da Sesto Pompeo in Sicilia e Quinto Labieno in Africa. Insediò dunque a Ctesifonte il principe partico Tiridate, a contendere il trono al fratello Fraate, nemico di Roma, e lasciato Ventidio in Osroene, accettò la clientela di Artavasde della Media Atropatene, prima vassallo dei Parti. Labieno si era alleato a Giarba re dei Baniuri e Bocco, re della Mauritania e della Numidia, e assieme avevano attaccato Bogud, re della Mauritania Tingitana. Nel frattempo Sesto Pompeo aveva ottenuto il controllo dell'Italia, obbligando Ottaviano ed i cesariani a ritirarsi in Gallia. Cesare passò rapidamente in Egitto e da lì in Africa, annientando i pompeiani di Labieno nel 716 a Theveste e occupando poi Cirta e Iol, capitale della Mauritania, che ridusse a provincia facendo catturare Bocco. Saputo poi della morte di Bogud in battaglia contro Giarba, mosse in aiuto di Tingis, città che si era ribellata al domino baniuro. Giarba cadde prigioniero in battaglia nei pressi di Volubilis e il suo paese fu unito alla Tingitana nella provincia di Gaetulia, estesa a sud fino al fiume Suso. Passato in Spagna, Cesare vi svernò raggiungendo Carinna, governatore locale, che aveva represso un'insurrezione pompeiana. Antonio, intanto, aveva sconfitto i pompeiani in Grecia e si preparava ad invadere l'Italia. In Spagna Cesare attaccò Asturi, Vasconi, Cantabri e Gallaeci, annettendo il loro paese alla Tarraconese, tra il marzo ed il maggio del 717, poi raggiunse Ottaviano in Gallia, lasciando a Carinna il compito di completare la conquista. Dalla Gallia Cesare ed Ottaviano passarono nella Cisalpina. Alla fine di settembre, le truppe pompeiane furono duramente sconfitte a Modena; il dittatore rientrò a Roma e fece catturare e giustiziare Cicerone, Bruto, che aveva in precedenza risparmiato e moltissimi senatori. Solo Sesto, in Sicilia, resisteva, ma la flotta di Agrippa lo bloccava. Presa Messina e sconfitto a Milazzo l'avversario, Cesare lasciò Agrippa a completarne la distruzione. Le legioni erano perlopiù rimaste fedeli al dittatore. Urgeva però che questi tornasse in Asia, dove Fraate aveva sconfitto Tiridate, recuperando Ctesifonte e minacciando il re medo Artavasde. L'altro Artavasde, re d'Armenia, s'era schierato con lui. I due re attaccarono Ventidio e lo sconfissero nei pressi di Ninive; il Romano s'era ritirato in Mygdonia e aveva occupato la Sophene, da dove intendeva attaccare dapprima l'Armenia.

Fraate era un comandante mediocre, più incline all'intrigo che alla battaglia campale, e dopo aver vagolato col suo esercito nei pressi di Nisibi per qualche mese, senza riuscire a sloggiarne le legioni, invase la vicina Gordyene, che oscillava tra l'influenza romana e quella partica. Ventidio allora tentò un'offensiva nell'Osroene, riprendendo Edessa. Tuttavia non osò spingersi oltre, in attesa di rinforzi da ovest, e temendo di trovarsi schiacciato tra parti ed Armeni. Artavasde si era intanto liberato di Polemon e aveva conquistato Albania e parte del paese dei Lesgi a nordi di questa; poi aveva invaso la provincia romana della Colchide impadronendosi dei territori di Diao e dei Moschi, e della Saspiria; dovette però ritirarsi da questa zona, incalzato da Agrippa.

Quando Cesare raggiunse la Siria nel 718, la situazione era incerta. Il dittatore scelse di occuparsi per prima cosa degli Armeni, e raggiunto Ventidio ad Amida, avanzò verso est. Artavasde disponeva di un vasto esercito, superiore per numero a quello romano, ma si lasciò intrappolare in una posizione svantaggiosa in una gola montana; malgrado la superiore cavalleria armena, fu sopraffatto e si ritirò con le poche truppe rimaste verso la capitale, Artaxata. Cesare decise di espugnarla. All'assedio di Artaxata fu raggiunto dagli amici, Deiotaro e soprattutto Agrippa, che scendeva da nord dopo aver ripreso il vecchio regno d'Iberia. La città cadde nel giugno del 719. Artavasde fu fatto uccidere e turro il suo regno conquistato.

Più a sud, Ventidio aveva ora rinforzi sufficienti per attaccare Fraate e respingerlo oltre il Tigri. Passato il fiume, occupò Arbela, capitale dell'Adiabene, e lo risalì impadronendosi della Gordyene.

Cesare ridiscese l'Arasse da Artaxata alla foce nel Mar Caspio. In due mesi impose su tutta l'Albania il dominio delle armi romane, e nel paese dei Lesgi, alle Porte Caspiche, lasciò una legione di guarnigione contro gli Alani.

Tornato a sud, ripassò l'Arasse per aiutare l'altro Artavasde, il re dell'Atropatene ormai ridotto ad esule presso il suo esercito.

Fraate, ricacciato dall'Assiria, era in Gazaca, capitale dell'Atropatene, e progettava di annientare separatamente i due eserciti romani, attrattili in quella regione montuosa e lontana dalle loro basi. Le truppe partiche erano numerose e potenti, forti di almeno cinquantamila cavalieri. Cesare aveva forse altrettanti uomini in tutto, e la sua cavalleria non superava i diecimila uomini.

La battaglia del lago Matieno, combattuta a nord di Gazaca, vide in un primo momento i parti vittoriosi. Ma Fraate, che presideva alle operazioni, non volle sfruttare il successo dei suoi arcieri a cavallo sull'avanguardia di Deiotaro e sull'ala destra dello schieramento romano; ordinò invece di attaccare l'accampamento romano per far uccidere Cesare. Immaginava infatti che i Romani, credendosi sconfitti, si sarebbero ritirati in disordine, mentre le legioni sull'ala sinistra contrattaccarono.

A quel punto una parte della cavalleria partica si trovò chiusa in una morsa. Il resto iniziò a ritirarsi. Cesare ordinò senz'altro l'inseguimento, e riuscì a bloccare il nemico tra le montagne ed il lago.

Le perdite per i Parti furono enormi, almeno ventimila i prigionieri tra cui molti nobili e comandanti, e un mese dopo Artavasde era reinsediato sul trono di Gazaca come amico ed alleato del popolo romano. Procedendo verso sudovest, Cesare raggiunse quindi Ventidio in Assiria, sconfiggendo lungo la strada un esercito del re Dario della Media Maggiore, ed insieme, alla testa di dieci legioni, ripresero Hatra e Ctesifonte, per poi procedere ancora lungo il Tigri fino a Spasinou Charax sul golfo Persico. Qui Ventidio morì di morte naturale. Fraate, con un esercito quasi distrutto, umiliato dalla perdita della Mesopotamia, fu quindi facilmente sconfitto da Tiridate, messosi a capo di una nuova ribellione, e cercò rifugio tra gli Sciti. Cesare e Tiridate si incontrarono a Susa, capitale dell'Elimaide che il Romano aveva appena conquistato, nel febbraio del 720. Il nuovo re accettava l'indipendenza dell'Atropatene sotto tutela romana e l'annessione alla Repubblica di Corduene, Sophene, Adiabene, Osroene, Characene, Babilonide, Mygdonia. La regione conquistata fu divisa nelle province di Mesopotamia, Assiria, Caldea, tranne gran parte della la Sophene (ma non la città di Amida) che andava a Deiotaro. L'Armenia fu riconosciuta come parte della sfera d'influenza romana, e data come regno a Tolomeo Cesare, figlio del dittatore romano e della regina Cleopatra d'Egitto; Artasse, figlio di Artavasde, si era infatti dimostrato infido e ostile a Roma. Inoltre la Partia doveva pagare a Cesare e ad Artavasde d'Atropatene un'ingentissima indennità.

In cambio Tiridate otteneva la pace, la restituzione dell'Elimaide, e la garanzia militare romana in caso di un tentativo di rovesciarlo. Sebbene la Partia fosse ancora troppo grande e potente per poter essere considerata uno stato cliente di Roma, di fatto Cesare aveva dimostrato la supremazia romana anche ad essa. Assicurato l'Oriente, Cesare decise di risolvere un problema minore prima di tornare a Roma. Nell'autunno di quell'anno decise la fondazione della colonia latina di Babilonia, poi lasciò a Trebonio Gallo il governo delle province mesopotamiche. Tornato in Siria, intervenne in aiuto di Erode, re dei Giudei e alleato di Roma, contro gli Arabi Nabatei, e conquistò la loro capitale Petra. Lungo la strada annetté i due piccoli regni di Emesa e Calcide, in Siria. Da Petra, passando per Ailana sul mar Rosso, avanzò fino alla posizione nabatea più meridionale, Hegra, e prima di recarsi ad Alessandria per tornare a Roma, diede alla Palestina un assetto nuovo. La regione era divisa tra le province romane di Nabatene e Celesiria, il regno di Giudea e l'Egitto, che otteneva la parte dell'Arabia Nabatea sul mar Rosso, con Hegra. Erode otteneva la Perea e la Galaaditide o Decapoli. Iturea, Batanea, Auranitide e Traconitide erano invece annesse alla Celesiria, che incorporava anche la città araba di Palmira nel deserto. La Giudea in questo modo era circondata da possessi romani o egiziani. Il 721 fu l'anno del più fastoso trionfo che Roma avesse mai visto, alla presenza di rappresentanti di della Partia e di tutti gli Stati clienti della Repubblica: Licia, Galazia, Giudea, Egitto, Armenia, Atropatene, e perfino di paesi più lontani, che con Roma non avevano quasi rapporti, come Dedan, Main e Saba in Arabia, la Bactriana e gli Alani. Il tesoro che Cesare, saccheggiando l'Est, distribuì in Italia, assieme alle grandi assegnazioni di terre ai veterani in Oriente e soprattutto nella valle del Danubio, contribuirono molto a rendere meno odiosa ai romani la perdita delle libertà repubblicane, che restavano nella forma pur sparendo nella sostanza. Antonio, in quegli anni, aveva sconfitto e fatto giustiziare Sesto, e compiuto due spedizioni in Africa contro Marmaridi e Autololi. A Roma, rafforzava le sue posizioni il giovane Ottaviano. Quanto ad Agrippa, erano finiti per lui i tempi delle fredde e incivili province sul Ponto Eusino. Cesare era ormai anziano (compiva sessantotto anni) e non intendeva condurre personalmente altre campagne. Da allora in poi avrebbe governato da Roma. Ma la Britannia, la cui conquista aveva dovuto abbandonare vent'anni prima a causa della rivolta di Vercingetorige, lo tentava.

E la Germania, non avrebbe potuto essere come al tempo di Ariovisto, una minaccia per le frontiere? Il 722 vide infatti una sollevazione e dei Morini, assistiti da Germani provenienti da nord-est, Usipeti e Sicambri in particolare. La ribellione si estese ai Suebi e ai Menapii. Carinna, incaricato del governo delle Gallie, sconfisse i Morini, i Menapii e i Sicambri, ricacciando questi ultimi oltre il Reno, e sottomise i vicini Batavi. Passato il Reno, attaccò gli Usipeti e i Suebi, ricevendo per questo aiuto in un esercito comandato da Agrippa proveniente da Sud. Nel 723, sconfitti i Suebi, Carinna iniziò l'invasione del territorio degli Usipeti e dei loro vicini Chatti, Bructeri, Tencteri ed Ampsivarii, ma dovette rientrare al campo di Mogontiacum per svernare senza aver potuto consolidare le conquiste. L'anno seguente ottenne, anche grazie agli Hermunduri alleati di Roma, una vittoria trionfale sulla lega dei popoli germanici tra il Meno e la Fuldaha; Usipeti, Tencteri, Bructeri, Marsi, Sicambri furono assoggettati, gli Ampsivarii pagarono a Roma un tributo ma rimasero autonomi. Il regno degli Hermunduri s'ingrandì a spese dei Chatti, che continuarono la guerra, e di altri popoli della Germania. A Carinna fu assegnato il trionfo. Agrippa fu inviato a raggiungerlo ed assisterlo con una flotta da basarsi a Porto Izio nel paese dei Morini. Cesare nominò Agrippa governatore della Gallia Belgica e Carinna della Germania.

I popoli d'Europa citati nel testo (grazie a Falecius)

Nel 724 furono assoggettati i Chauci ed i Frisoni fino al Visurgis; nel 725 Agrippa sconfisse anche gli Ampsivarii ed i Chatti, stavolta soggiogandoli, e il Visurgis e la Fuldaha divennero al posto del Reno il limite dell'espansione romana. Nello stesso anno Agrippa sbarcò nel paese dei Cantii e li sottomise, ma con l'autunno si ritirò.

Le nuove conquiste, compiute sotto gli auspici diretti di Cesare, furono adeguatamente celebrate in un nuovo trionfo, dove, cosa inaudita, il dittatore riceveva gli ornamenta assieme al generale vittorioso.

A Roma, la dittatura di Cesare vedeva un fiorire di opere pubbliche. Ottaviano rafforzava la sua influenza come nipote e potenziale erede del dittatore. Nelle province erano dedotte colonie. Ad Oriente, Antonio aveva il comando degli eserciti nelle province siriane e mesopotamiche, mentre quelle africane erano state affidate al proconsole M. Emilio Lepido, fedelissimo cesariano. Cresceva la gelosia di Cleopatra verso il potente Erode, mentre Tolomeo d'Armenia doveva affrontare una ribellione del principe Artasse, aiutato dai Thalii. Il problema della successione cominciava a diventare serio, con un Cesare ormai ultrasettantenne.

Ottaviano appariva il miglior candidato, ma la regina d'Egitto, Cleopatra, aveva ancora su Cesare un forte ascendente, che chiaramente sperava di usare per fare di Tolomeo l'erede di Roma, Egitto ed Armenia insieme. Cleopatra inoltre desiderava liberarsi di Erode, che accusava, non senza ragioni, di essere crudele e perfido; tuttavia il desiderio della regina era la conquista del suo regno.

Nel 726 Agrippa, tornato a Castra Treverorum sul Reno, preparava una spedizione nel territorio dei Cheruschi oltre il Visurgis. In quello stesso anno a Cesare fu riconosciuto dal Senato e dai comizi il titolo di princeps e il diritto di scegliere il suo successore.

Nel 727 Agrippa, sconfitti i Cheruschi, era giunto all'Elba e dal Mar Frisone l'aveva discesa fino alla frontiera romana della Boiohaemia. Tutta la Germania fu annessa come provincia; gli Hermunduri si sottomisero pacificamente. Portare i confini di Roma all'Elba era vantaggioso perché accorciava di molto la linea di frontiera in Germania.

Agrippa celebrò il trionfo, e con lui lo fecero Cesare ed Ottaviano.

Rimandato nello stesso anno a nord come governatore della Belgica e della Germania, Agrippa trasformò la squadra navale di Porto Izio in una flotta permanente come quelle di stanza a Panticapeo, Miseno ed Ostia.

Nel 728 morì Deiotaro e lasciò il suo regno in eredità al popolo romano. Ne furono ricavate le province di Galazia, Panfilia, Cappadocia. La fanteria pesante di Deiotaro fu integrata come legione nell'esercito romano. La nobilità galata e quella hermundura ricevettero la cittadinanza. Nello stesso anno, dopo aver sconfitto i Cantii, i Trinovanti e gli Atrebati, Agrippa fondava il campo trincerato di Londinium in Britannia.

Antonio partì con tre legioni in Arabia; prese Hegra, Nugra, Atrulla, Teima, Chabara, Marsiaba, e stava combattendo contro i Minei, ma non riuscì a sottometterli. Il caldo ed il deserto erano atroci per i Romani e lo stesso condottiero morì a Leuke Kome durante il viaggio di ritorno. Al suo posto Ottaviano fece mandare in Arabia Elio Gallo. La morte di Antonio morte fece esplodere il conflitto latente tra Cleopatra ed Erode.

L'anno seguente, 729, nel mentre gli egiziani erano impegnati in Giudea, assediando Gerusalemme, a sorpresa subirono un attacco da sud. Amanirena, Candace del Meroe, saccheggiò File e Syene. Tolomeo allora lasciò l'Armenia e si diresse attraverso la Siria, a tappe forzate, verso la Palestina.

Nel 730, proseguendo, Amanirena era avanzata profondamente lungo il Nilo, fino ad Hermoupoli, senza che nessuno la contrastasse. L'esercito armeno-egiziano, comandato da Tolomeo, si scontrò con lei a Oxyrinco; e fu sconfitto. Le forze Nubiane erano superiori per numero e coordinazione, anche se inferiori per armamento. Tolomeo stesso fu tra i caduti, e le legioni poterono ritirarsi solo con gravi perdite.

Saputo della morte del figlio e della sconfitta, Cleopatra s'uccise. In Armenia lo spodestato Artasse s'impadronì del trono.

Cesare, in quell'anno infausto, decise di partire per le esequie dell'amante ad Alessandria, sebbene avesse ormai settantasette anni; ma insieme a lui, ad Alessandria dovevano arrivare le legioni di rinforzo sotto il comando di Petronio.

Elio Gallo, tornato precipitosamente dal Main e raccolti i resti dell'esercito egiziano, era riuscito a difendere il Delta. Il primo atto del dittatore fu proclamarlo prefetto straordinario delle nuove province d'Egitto e d'Arabia.

Petronio riconquistava Menfi. Nel 731 Amanirena fu sconfitta a Thebe e Petronio si spinse ancora più a sud, saccheggiando il santuario di Napata e la città nubiana di Dongola, poi tornò indietro.

Giunsero le offerte di pace di Meroe. Le condizioni volute da Cesare erano durissime. Napata sarebbe stata la capitale della nuova provincia di Nubia, il confine tra i due paesi era stabilito alla quarta cataratta, e ad Elio Gallo fu dato l'incarico di occuparsi di Erode e dell'Arabia, a Petronio dei Marmarici del deserto libico. La guerra contro Erode finì nel 732, con la creazione della provincia di Giudea. Gallo poté allora invadere nuovamente l'Arabia.

Ottaviano, da Roma, mandò il giovane figlio adottivo Tiberio a spodestare Artasse.

Nel 733, Gallo invase per la terza volta Main. Si alleò con Saba, nemica di Main, e questo regno, una volta potente tanto da avere commerci fino a Delo, fu spartito tra due potenze. Celebrò il suo trionfo a Roma assieme a Tiberio, che aveva ridotto l'Armenia in due province (Superiore ed Inferiore) a Lepido, vincitore sui Garamanti della Phazania l'anno precedente, e ad Agrippa, conquistatore della Britannia (aveva sottomesso Cornii ed Iceni), con Cesare ed Ottaviano. I legati di Partia, Chadramut, Saba e Gataban assistevano.

Per Cesare fu l'ultimo trionfo. Si spense pochi mesi dopo, all'età di ottant'anni, lasciando il principato al nipote Ottaviano.

Se volete darmi suggerimenti o consigli, scrivetemi a questo indirizzo.

Falecius

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Ed ecco una postilla del grande *Bhrg'howidhHô(n-):

Davvero un capolavoro di lucidità e di dottrina! È quello che ho sempre desiderato, e adesso felicemente me lo trovo in omaggio, pronto da gustare, senza aver fatto nessuna fatica. Sarebbe fra l'altro quanto mai utile come testo universitario: è molto più puntuale ed equilibrato che le normali trattazioni. Probabilmente non bisognerebbe fare apprezzamenti perché c'è sempre il pericolo di presunzione, ma in questo caso il piacere vale il rischio, così azzardo l'affermazione che si tratta - a mio modestissimo parere - dell'ucronia definitiva sul POD del 44 a.C. Naturalmente resta tutto lo spazio per le variazioni da parte di ognuno, ma mi sembra proprio che la struttura - anche fine - abbia raggiunto l'optimum.

Se poi i lettori vogliono consultare un'affidabile "tavola dei popoli" che contenga informazioni sui rapporti con Roma, per l'area mitteleuropeo-balcanico-pontica ed il Caucaso, nel primo secolo, come fonti primarie, la Geôgraphik'ê Hyph'êgêsis di Claudio Tolomeo è l'opera più dettagliata e, nelle edizioni complete, corredata di carte (antiche e in proiezione moderna). Strabone è invece indispensabile per riempire la descrizione geografica di dati storici. In latino, soprattutto Plinio il Vecchio all'interno della Nâtûrâlis Historia; anche Mela e Solino sono utili. Molti di questi dati sono riversati nelle carte storiche (originariamente in latino) di Plinio Fraccaro che hanno goduto di grande diffusione grazie agli Atlanti Storici (De Agostini e Touring Club Italiano) di prima degli Anni Ottanta. Un po' meno dettagliati, ma comprensibilmente più aggiornati sulle ricerche pubblicate nel frattempo sono gli Atlanti Storici tedeschi, per esempio quello molto diffuso della Casa Editrice Westermann (ci sarebbe anche quello bavarese, ma il volume relativo all'Antichità è esaurito o almeno lo era tre anni fa). Il discrimine dovrebbe comunque essere rappresentato dal III. sec. d.C.: i dati attestati per la prima età imperiale vengono ritenuti validi anche per le epoche precedenti, invece poi il quadro dei Popoli Germanici richiede coordinate cronologiche e topografiche più circostanziate.

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A questo punto, Andrea Mascitti ci ha chiesto:

Riprendendo questa ucronia, ma secondo voi, fino a che punto l'impero Romano avrebbe potuto estendere suoi il Limes? Secondo me a nord, avrebbe potuto occupare completamente le isole britanniche forse l'Islanda (ma con quale scopo?), ed occupare l'intera Danimarca lambendo solo le coste svedesi. Ad est probabilmente il limes non sarebbe potuto andare oltre i fiumi della Vistola e il Dnestr che avrebbero potuto garantire una buona frontiera naturale non troppo distesa. Per quanto riguarda il limes orientale, sarebbe stato possibile forse oltrepassare il Caucaso e arrivare al Don e al Volga.

La presenza invece dei deserti del Sahara e Arabico dubito che avrebbe permesso un ulteriore espansione verso sud, forse solo davvero il taglio del canale di Suez (sempre se con le tecnologie dell'epoca fosse possibile), l'impero romano sarebbe potuto arrivare al corno d'Africa.

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C'è poi quest'idea dell'amico aNoNimo:

Nicola Zotti ha realizzato un interessante studio sulla situazione di Pompeo all'indomani del passaggio del Rubicone da parte di Cesare. Dalla sua analisi egli deduce che Pompeo "rinunci[ò] ad un esercito forte [Hispania] e alla mobilità strategica [Africa] a vantaggio di un potenziale finanziario che non può spendere e di una vicinanza all'Italia che non può sfruttare [Asia]", in quanto preferì il denaro dell'oriente alla mobilità dell'Africa e agli eserciti che aveva in Spagna (non a caso Cesare rischiò di essere sconfitto non tanto a Farsalo, quanto da Tito Labieno in Hispania). Ma se invece fa come suggerito da Zotti, e vince? Oltre che moderato da una schiera di repubblicani di ferro, Pompeo era anche vecchio, e ancora afflitto da quella vergogna del parvenue che lo ha perseguitato per tutta la vita. Diverrà comunque imperatore o preferirà rifondare la Repubblica? E come la rifonderà?

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Cui risponde sempre *Bhrg'howidhHô(n-):

Nel caso di una vittoria di Pompeo, c'è da chiedersi quando si sarebbero prolungate le guerre civili (che di fatto sono continuate dopo le vittorie di Cesare, a cominciare dalle Idi di Marzo). Il classico interrogativo rimane naturalmente se Pompeo, Cesare, Ottaviano ecc. abbiano determinato la Storia con le proprie personalità o se invece sia stata la struttura della Tarda Repubblica Romana a selezionare le persone adatte a occupare ciascuna nicchia. La politica provinciale di Pompeo, tollerante nei confronti degli Equites e dei loro Pubblicani, avrebbe richiesto ulteriori conquiste, possibilmente portatrici di ricchezze, e quindi anche in questo caso riemerge una domanda ricorrente: avrebbe Roma alla fine conquistato durevolmente la Partia?

Da un lato, la Storia dimostra che l'unica conquista effettiva - e non duratura - è stata con Traiano, nonostante numerosi tentativi sia prima sia dopo. Dall'altro, è lecito pensare che sia Cesare sia Pompeo avrebbero intrapreso la guerra solo in condizioni di vincerla, e a tale scopo la cruda matematica finanziaria richiede che venisse trasferita a disposizione di Roma la ricchezza dell'Egitto. Ovviamente, l'unico parallelo disponibile nella Storia precedente è quello, vago, di Alessandro il Macedone, perfettamente noto a tutti i personaggi in parola.

Alla fine quindi verrebbe da rispondere che Pompeo non avrebbe potuto agire troppo diversamente da Ottaviano e che quindi sarebbe diventato comunque imperatore (o un altro per lui), rifondando forse la Repubblica, ma in modo tale che in Egitto e in Partia il sovrano fosse Pompeo stesso.

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C'è anche la pensata di Generalissimus:

Poniamo il caso che i peggiori imperatori romani della nostra Timeline abbiano tutti una lunga vita. Per esempio, Caligola muore nell'81 d.C., Domiziano nel 116, Commodo nel 222, Eliogabalo nel 272 e chi più ne ha più ne metta. L'Impero Romano incontrerà prima la sua rovina?

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Questo invece è il contributo di feder:

Vi propongo la visione di questo filmato. Secondo me la possibilità per una liburna o una triremi di valicare con successo l'Atlantico è fantascientifica e sulla stessa riga si collocano tutte le prove indiziarie citate nel video, dai cosiddetti reperti 'inspiegabili' ritrovati nel Nuovo Mondo ai benvoluti ananas o pappagalli nei mosaici. Ma questi sedicenti esperti non hanno mai visto un mosaico raffigurante Mitra o il Sole invitto? E dovremmo forse credere che gli antichi fossero privi di simboli o fantasia? Per non parlare delle citazioni di Plinio (notariamente collezionista di miracoli e mirabilia da tutto il mondo) e Colombo (gran bugiardo)! Bah. Mi va comunque di condividere con voi il video che ho visto a riguardo, non solo perché è ben realizzato, ma anche perché il dibattito che può scaturirne è oltremodo interessante. Anche se, si torna sempre al solito discorso: perché, se davvero i romani ci fossero arrivati, perché non ne abbiamo avuto notizia da loro stessi? Non si tratta mica di una cosa da poco, o di un segreto da mantenere... Credo purtroppo che il sogno di un impero transoceanico resterà confinato alle nostre ucronie...

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Lord Wilmore gli replica:

Sono d'accordo con te, feder. Anche le navi cartaginesi (i Romani, combattenti di terraferma, si fecero la flotta "copiando" una nave punica arenatasi sulle coste italiane) erano di piccolo cabotaggio, cioè navigavano senza perdere di vista la costa. L'unico popolo dell'antichità che, per quanto ne sappiamo, osava sfidare il mare aperto erano i minoici, ma la loro civiltà era tramontata 1500 anni prima di Giulio Cesare. Come ben mostrano il mio e il tuo video, i presunti OOPARTs (Out Of Place Artifacts) "romani" e "cartaginesi" trovati sulle coste americane sono smaccatamente falsi, persino le monete romane trovate in Islanda non ce le avevano probabilmente portate i Romani, ma i Normanni (tali monete restarono in uso nel Nord Europa per secoli dopo Romolo Augustolo). Tuttavia, siccome fioriscono romanzi e storie a fumetti in cui Giulio Cesare sottomette il Brasile anzichè la Gallia, evidentemente in tutti noi vive il "rimpianto" che non lo abbiano fatto davvero. E sognare, per fortuna, non costa nulla.

Aggiungerò che, siccome i Romani non avevano armi da fuoco ma portavano con sé cavalli e armi in ferro, sconosciute agli aborigeni (che dalla loro avevano solo il vantaggio di precise cerbottane con cui "soffiare" freccette avvelenate), è presumibile che sarebbe finita come con gli Spagnoli al sud e gli Anglosassoni al nord nell'evo moderno: i "rozzi e incivili barbari" sarebbero stati schiavizzati e messi a coltivare campi di mais o a lavorare nelle miniere. Ma i Romani avrebbero anche portato malattie nuove come il morbillo e la lebbra che avrebbero sterminato i nativi, riducendoli a minoranza nel loro stesso paese a vantaggio dei coloni romani. I nativi in compenso avrebbero ricambiato con la lue, che avrebbe menato strage nei bordelli dell'antica Roma. L'arrivo della patata dall'America avrebbe costituito una notevole risorsa alimentare, ammesso che i Quiriti avessero scoperto che la patata diventa immangiabile se conservata in piena luce (questo fatto ritardò di un secolo l'adozione delle solanacee in Europa). La mia idea è che, una volta caduto l'impero di qua dal mare per colpa di Unni e Germani, la tradizione romana sarebbe proseguita di là dal mare, magari con Cesari insediati in una Nova Roma simile all'antica così come l'antica Città del Messico sembrava una metropoli della Spagna magicamente teletrasportata di là dall'oceano.

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E Perchè No? ci scherza su:

Non dimenticare quelli che sono convinti di un viaggio egiziano in America perché si trova del tabacco sulla mummia di Ramses II (ovviamente gli egittologi del XIX secolo non fumavano mai e avevano un estremo rispetto igienico per tutti i reperti, no?).

Giulio Cesare, sbarcato in America, viene accolto amichevolmente in una città stato Maya (immagine creata con openart.ai)

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E ora, la parola a Dario Carcano:

E se Seiano riuscisse con le sue manovre e macchinazioni politiche a realizzare le proprie ambizioni imperiali? Il piano di Seiano era abbastanza semplice: sposare Claudia Livilla (vedova di Druso Minore e nipote di Tiberio), alla morte di Tiberio ottenere la reggenza dell'Impero per conto del giovanissimo Tiberio Gemello, e poi farsi nominare imperatore assieme al figliastro (o addirittura far sparire nel nulla Tiberio Gemello e governare da solo, creando una nuova dinastia col matrimonio con Claudia Livilla).

Più che sul come questo scenario potrebbe concretizzarsi, volevo fare una riflessione sui cambiamenti che sarebbero innescati nella storia dell'Impero Romano da un simile PoD.
Nella nostra HL la rapida caduta di Seiano fece passare il principio che il prefetto del pretorio, ossia il comandante dei pretoriani, non può accedere direttamente alla porpora imperiale; ma ciò non tolse potere alla guardia pretoriana e al suo comandante, con quest'ultimo che rimarrà una figura potentissima, seppur un passo indietro rispetto all'Imperatore. E questa potenza si vide negli sviluppi della congiura che portò alla morte del successore di Tiberio, Caligola: i pretoriani per la prima volta uccisero un imperatore, e furono loro a scegliere il nuovo imperatore.
Quindi, il prefetto del pretorio non poteva diventare direttamente Imperatore, ma poteva uccidere l'Imperatore e sceglierne uno nuovo.

Se Seiano ascende al potere però si solidificherebbero dei precedenti diversi, ossia che se un Imperatore muore senza eredi, gli succede il Prefetto del pretorio, e in caso di erede minorenne è sempre il comandante dei pretoriani ad assumere la reggenza.
Questo sul lungo termine stabilizzerebbe l'Impero, o lo renderebbe ancora più instabile? Difficile dirlo; da un lato probabilmente si eviterebbero molte guerre civili scaturite dall'estinzione di una dinastia, ma dall'altro il comandante dei pretoriani sarebbe ancor più incoraggiato a cospirare per emulare Seiano, eliminando i potenziali eredi di un imperatore per poi assumere egli stesso la porpora per assenza di alternative.

Voi cosa ne pensate?

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Gli risponde Perchè No?:

Direi che il passo logico sarebbe quello di affidare la prefettura del pretorio solo a un membro vicino della dinastia (più anziano, scafato ma non direttamente in linea, forse cooptato via matrimonio o adozione) e farne in pratica un vice.

Nel caso di Seiano credo che possiamo essere sicuri che una guerra civile sarebbe il risultato più probabile, senza parlare dell'ostilità del Senato e del popolo di Roma (che mi sembra avesse ancora una buona opinione della famiglia imperiale).

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Dario riprende la parola:

Sì, è probabile che la morte alla morte di Tiberio possa scatenarsi la guerra civile, e l'esito dipende molto dall'abilità di Seiano nel giocarsi le proprie carte.
Però, anche qualora Seiano perda, il precedente da lui creato rimarrebbe: il prefetto del Pretorio resterebbe una figura molto forte, de facto un co-imperatore, capace di assumere la porpora in caso di vacanza del trono, oppure di esercitare la reggenza in caso di imperatore minorenne.
Questo vorrebbe dire che la persona che ricoprirà questa carica sarà sempre scelta con grande attenzione: ogni imperatore sceglierà un fedelissimo per ricoprire questa carica, meglio ancora un familiare; tuttavia è anche possibile immaginare che ci saranno periodi più o meno lunghi in cui, per assenza di candidati adatti, la carica di prefetto del Pretorio resterà vacante.

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E Alessio Mammarella fa notare:

Io credo che ci sia un fil rouge che parte dal Prefetto del Pretorio e porta poi al Cesare del Tardo Impero, al Magister Militum del V secolo, al Maestro di Palazzo dei franchi. Credo quindi che se Seiano fosse riuscito a diventare Imperatore avrebbe solo anticipato di qualche tempo coloro che si sono riusciti davvero (Macrino, eliminando Caracalla e Filippo eliminando Gordiano III - non ricordo se ce ne siano stati anche altri) e quindi anticipato l'evoluzione verso quelle altre figure.

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Chiudiamo per ora con la geniale proposta di Giuseppe Novena:

La Repubblica Romana (chiamata anche Seconda o Nuova Repubblica, per distinguerla da quella esistita nell'antichità), ufficialmente "Res Publica Populi Romani", è una repubblica presidenziale che si estende su tutto il bacino del Mediterraneo.

Con un totale di quasi 6 milioni di km2 e circa 500 milioni di abitanti, è il settimo paese al mondo per estensione e il terzo per popolazione. È inoltre la terza economia del pianeta (dopo USA e Cina) e la seconda potenza militare del globo (preceduta solo dagli USA). Detiene un seggio permanente nel consiglio di sicurezza dell'ONU ed è membro di numerose organizzazioni internazionali: Spazio Economico Europeo, NATO, G5, G20, etc.

Partendo da nord, confina con: la Repubblica Batava, l'Impero di Germania, la Repubblica Ceca, l'Ungheria, il Principato di Dacia, l'Armenia, l'Impero Persiano, la Turchia, la Giordania, l'Arabia, la Nubia, il Ciad, la Garamantia, la Getulia, la Mauritania e il Marocco.

La capitale è Roma. Il suo motto è “Senatus Popolusque Romanus”.La moneta corrente è il Denario. La lingua ufficiale è il latino, cui si aggiungono il greco (nelle regioni orientali) e altri idiomi locali nelle varie province. Il fulcro del sistema politico romano è rappresentato dal Primo Console (capo di stato e di governo) eletto direttamente dai cittadini ogni 10 anni e non rieleggibile per un secondo mandato. A questi spetta la guida del governo centrale e il comando delle forze armate, rappresenta la Repubblica nelle sessioni internazionali. Può porre il veto sulle leggi approvate dal Senato. Il Senato della Repubblica esercita il potere legislativo. È composto da 625 membri non eletti direttamente dai cittadini, ma scelti dalle province (5 senatori per ognuna). Se sussistono le motivazioni adeguate, può mettere in stato d'accusa il Primo Console e dichiararne la decadenza dall'incarico. Il massimo potere giudiziario è rappresentato dall'Alta Corte Pretoria competente sia a decidere sulle impugnazioni delle sentenze dei giudici di prima istanza e d'appello, sia a vigilare sul rispetto della costituzione da parte delle leggi e degli altri organi dello stato.

La Repubblica è suddivisa in 12 regioni geografiche e in 125 province, ciascuna controllata da un governatore elettivo, da un'assemblea legislativa e da una burocrazia amministrativa. Ogni provincia è ulteriormente suddivisa in municipi. A eccezione dell'Egitto (guidato da un Prefetto eletto direttamente dai cittadini e che gode poi di un forte grado di autonomia su materie come ordine pubblico, sanità, istruzione, rappresentanza politica nazionale, etc.), le regioni non sono un'unità amministrativa ufficiale, ma un metodo tradizionalmente usato di suddividere il territorio romano. Ciascuna regione coincide con un distretto militare. Le province costituiscono le fondamenta del complesso sistema politico romano. Ciascuna di essa è amministrata da un Governatore eletto ogni 5 direttamente dai cittadini, contestualmente ai componenti dell'assemblea provinciale. A ciascuna assemblea è demandato il compito di scegliere i rappresentanti che andranno a sedere nel Senato della Repubblica. Il meccanismo si basa sull'affidare tre rappresentanti alla maggioranza di governo e due all'opposizione. Nonostante i tempi delle elezioni varino da provincia a provincia, ben 62 rinnovano i propri organi amministrativi nello stesso anno. Ciò provoca cambi (a volte radicali) di maggioranze al Senato che influiscono in maniera significativa sulle iniziative legislative del Primo Console. I municipi costituiscono il livello di governo più basso. Ciascuno di essi è guidato da un Tribuno, eletto contestualmente a un consiglio municipale ogni 5 anni.

La scena politica della Repubblica è stata per decenni dominata da due grandi raggruppamenti politici quali: "Alleanza Nazionale per la Repubblica" di ispirazione conservatrice e liberale e "Coalizione Sociale e Democratica" di ispirazione socialista. Dagli anni '80, per via delle crescenti disuguaglianze economiche e dall'immigrazione proveniente dai paesi islamici nell'oriente grecofono è emerso un movimento dichiaratamente indipendentista autodefinitosi "Lega di Delo per l'indipendenza dell'Oriente". L'ultima grande tornata elettorale provinciale (2013) ha visto sorgere e imporsi repentinamente un nuovo soggetto politico di stampo populista e anti-sistema, figlio della crisi finanziaria iniziata nel 2008: il Movimento Cinque Aquile. Attualmente non esiste nessuna maggioranza politica stabile al Senato.

Nella cartina soprastante (dove sono indicati anche i nomi di ciascuna regione e il relativo numero di province) è messa in evidenza l'attuale situazione politica, aggiornata a febbraio 2017.

In blu, l'ANR. Governa 41 province e vanta 198 senatori.
In rosso, la CSD. Governa 36 province e vanta 175 senatori.
In verde, la Lega. Governa 15 province e vanta 80 senatori.
In giallo, il M5A. Governa 33 province e vanta 172 senatori.
Maggioranza assoluta richiesta al Senato: 313 componenti.

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Questo è il commento in proposito di *Bhrg'howidhHô(n-):

Nelle ucronie il cui Punto di Divergenza è anteriore all'Alto Medioevo si nota in effetti una vistosa differenza fra chi tiene conto delle conseguenze etniche e linguistiche (sempre enormi) e chi persegue direttamente il pur condivisibilissimo l'obiettivo dell'ucronia ‘quasi vera’, che si distacchi il meno possibile dalla Storia reale con tutti i suoi concreti Personaggi individuali. (Questa è una formulazione diplomatica per dire che con un Punto di Divergenza prima della conclusione delle Migrazioni dei Popoli è improbabile che si ‘conservino’ le stesse Personalità Storiche che conosciamo: finché si spostano i Popoli, le Persone cambiano quasi sicuramente.) Inoltre, un Impero che si mantiene vasto, ma non si estende deve avere vicini altrettanto (ma non più) potenti. Certo fare ipotesi in questo campo rischia di essere ridicolo di fronte a un’opera monumentale come l’«Impero Romano Feudale»; espongo qualche linea di giustificazione solo per partecipare al divertimento, senza alcuna pretesa. Per andare sùbito all'essenziale, intendo che intorno alla Repubblica Romana mi attenderei piuttosto otto compagini (fra grandi e piccole), in senso orario da Nord-Ovest una ‘Normandia’ dalle Isole Britanniche alla Scandinavia, una grande “Turchia” (v. sotto) lungo tutto il Limes Renano-Danubiano (fino alle Steppe Eurasiatiche), a Sud del Caucaso l'Iberia, l'Armenia e l'Albania (Caucasica), lungo il Limes Orientale la “Teucria” (v. sotto) e in Africa l'“Etiopia” e la “Libia”.

Come anticipato, ciascuna delle compagini vicine alla Repubblica Romana rappresenta la somma delle stratificazioni delle Migrazioni dei Popoli: nelle Isole Britanniche Angli, Sassoni, Juti e Vichinghi/Normanni (ma non passati per la Normandia), in Europa Centro-Orientale Germani (Orientali), Unni, Avari, Protobulgari, Chazari, Magiari (responsabili dell’imposizione del nome di “Turchia”), Peceneghi, Cumani, Tatari (tutti sopra un fondo germano-baltoslavo-dacomisio-īrānico), in “Oriente” (dopo i Persiani) Arabi e Turchi (soprattutto Sudoccidentali, Oḡuz, classicisticamente ridenominati “Teucri” in greco bizantino nel momento del tentativo di penetrazione – in definitiva fallito – in Anatolia); l’Iberia è caucasica meridionale (georgiana), l’Albania (Caucasica) è caucasica nordorientale (udi), l’“Etiopia” è nilo-ṣaḥāriana, semitica meridionale, omotica e cuscitica, la “Libia” è camitica.

Nelle due grandi Potenze territoriali, Teucria e Turchia, le lingue di cultura sarebbero rispettivamente il neopersiano (certo arabizzato nel lessico veicolato dalla Religione) e il gotico a noi noto come di Crimea; il cŏntĭnŭŭm slavo-dacomisio si presenterebbe come un lessico appunto slavo in fonetica più o meno simile al lettone, i Magiari resterebbero fra Lebedia e Atelkuzu/Etelkőz linguisticamente misti fra ugrico, slavo orientale e īrānico nordorientale, quest’ultimo più in generale prevalente a Est del Don.

Le varietà altaiche si avvicenderebbero come acroletti delle élites in successione, senza oltrepassare la barriera sociolinguistica intercomunitaria.

Se ci immaginiamo la Repubblica Romana come ortodosso-cattolica (con riassorbimento del Monofisismo nei Patriarcati di Antiochia e Alessandria e del Giudeo-Cristianesimo in quello di Gerusalemme), possiamo ammettere la presenza del Cristianesimo anche in Normandia (come Arianesimo di origine gotica), in Libia (Ortodossia Cattolica), in Etiopia (qui monofisitico) e in Armenia (forse in questo caso come rifugio del Nestorianesimo?) e l’esistenza dell’’Islām (addirittura nelle forme teocratiche sciite) in “Teucria” nonché (piuttosto sunnita) in “Turchia” (sopra una variegata compresenza di Arianesimo, Ebraismo e Jassaq).

Nella Repubblica Romana, il fenomeno del Mercenariato Germanico caratterizzerebbe tutto il periodo che conosciamo come Medioevo e porterebbe nel medio periodo a un bicomunitarismo delle élites, fino all’elaborazione di una Cultura (Greco-)Romano-Germanica in tutte e quattro le Prefetture, almeno sul versante europeo del Mediterraneo.

Senza la Colonizzazione demica da parte dei Germani Occidentali né la Slavizzazione del Bacino Danubiano, le aree marginali (specialmente montuose) rimarrebbero quasi esclusive di ‘Sacche di Resistenza’ dei sostrati (basco-aquitanico e celtico in Occidente, celtico e retico nelle Alpi, illirico e tracio nella Penisola Balcanica, frigio e galatico in Anatolia, siriaco nel Levante, copto in Egitto, fenicio-punico e libico-berbero in Africa).

Una nota continuità geopolitica lega le Prefetture Dioclezianee ai grandi Regni e Imperi dell’Europa e del Mediterraneo medioevali, in particolare Spagna e Francia (Prefettura d’Occidente), Sacro Romano Impero (Prefettura Italica), Serbia (Prefettura Illirica), Bulgaria, Bisanzio e Impero Ottomano (Prefettura dell’Oriente), con estensione dell’ultima – nelle forme della penultima – alla Russia (tuttavia inverosimile in questa ucronia). Se la Repubblica Romana sussiste nel XXI secolo, è implicito che l’omologo dell’Impero Ottomano sia ancor più in continuità con l’Impero Bizantino che nella Storia reale; l’antitesi fra l’equivalente della Bulgaria (la Mesia?) e Bisanzio deve essere stata ricondotta a unità al massimo entro la (ri)conquista storica del Primo Impero Bulgaro da parte di Basilio II, fra l’analogo dell’Impero Serbo (la Dacia Mediterranea?) e Bizantino deve essersi realizzata una stabile confluenza al più tardi entro il 1355 (anno della morte storica di Stefano Dušan Uroš IV), dopodiché si deve essere pervenuti quanto prima all’Ūnĭō Ŭtrīŭsquĕ Rēī Pūblĭcăe con la Părs Ŏccĭdĕntĭs già riunificata entro i primissimi anni del XIV secolo (come se, in un’ucronia con Punto di Divergenza più recente, un Sacro Romano Imperatore e Re di Francia – erede di Alberto I d’Asburgo artefice dell’Ūnĭō Rēgnī ĕt Ĭmpĕrĭī nel 1303 – sposasse fra XIV e XV secolo un’Imperatrice dei Serbi e dei Romei erede di Stefano Dušan Uroš IV, ricomponendo al contempo gli Scismi d’Occidente – nel caso fossero avvenuti – e d’Oriente).

Il Patriziato dell’Impero, pur di origine mista (“romana” – quindi anche largamente preromana – e germanica), tenderebbe col passare dei secoli a distanziarsi dalla Plebe mitizzando la propria origine germanica, come in Francia e nel Regno Longobardo (eventualmente, come in quest’ultimo, dividendosi in due Parti analoghe ai Guelfi e Ghibellini, certo con nomi più congrui alla differente Storia); dal punto di vista linguistico, tuttavia, la situazione sarebbe identica a quanto ci presentano le aree di massima continuità con la fase pregermanica (Rezia, Venezia, Istria, Dalmazia, Romagna, Roma, Puglia e Calabria, Sardegna): se sfruttiamo la ‘triangolazione’ con le ucronie a Punto di Divergenza più recente (nelle quali la Riunificazione si impernierebbe su una Dinastia alemannica), la varietà di prestigio si elaborerebbe in Cancellerie corrispondenti a quelle prima sveve poi austrobavaresi, che qui sarebbero romanze e in particolare romancio-ladine, mentre la lingua veicolare interregionale in Occidente rimarrebbe, come nella Storia vera (fino ai Regni Romano-Germanici in tutta la Romània Occidentale e Centrale, in séguito solo nel Regno Longobardo e Vassalli), il cosiddetto “volgare longobardo” (ossia la lingua dei Placiti Cassinesi). Dalla tensione sociolinguistica fra l’acroletto latino ecclesiastico, il mesoletto ‘italiano’ (= “volgare longobardo”) e il basiletto romancio-ladino della Cancelleria possiamo riconoscere proprio nell’Età di Dante una Questione della Lingua (curiale) molto più aspramente dibattuta, con contrasto a due (ladino – di tipo, per intenderci, monasterino ossia della Val Müstair – e fiorentino) anziché a sei (o quattro + due: fiorentino, veneziano, genovese, milanese, provenzale, francese): a favore del ladino starebbe il parallelo storico del francese e del castigliano messi insieme (quindi anche senza gli svantaggi dovuti alla reciproca rivalità) e in più la vicinanza genealogica al lombardo (all’epoca esteso fino a Treviso), a favore del fiorentino la sua vittoria storica – dovuta alla massima vicinanza di fatto al volgare longobardo – in una situazione di fortissima variabilità sul territorio (diatopica) quale quella del Regno Longobardo e delle sue teoriche estensioni nel resto della Penisola Appenninica (la pur temporanea prevalenza del castigliano e poi del francese anche in Italia e Cisalpina fra il XVI e il XIX secolo farebbe inclinare per il ladino, di fatto e anche di nome erede principale del latino; comunque la situazione nel XXI secolo sarebbe paragonabile a quella araba, col latino ecclesiastico nel ruolo dell’arabo coranico, il volgare longobardo in quello dell’arabo interregionale e il ladino in quello dell’arabo ‘urbano’ comune). Resta chiaro, in ogni caso, che nel Patriarcato di Costantinopoli (qui probabilmente rimasta di nome Bisanzio) dominerebbe l’acroletto greco, in quelli di Antiochia e Gerusalemme il greco e il mesoletto siriaco, in quello di Alessandria il greco e il mesoletto copto, in Africa il volgare “longobardo” e il basiletto neopunico.

Mi sono dilungato sui particolari linguistici perché da questi dipende la forma dei nomi proprî, non tanto di luogo (per i quali possiamo usare come esonimi quelli della nostra Storia, dato che il referente –il luogo – rimane identico) quanto di persona: ammessa, per il parallelo di Venezia, la nascita precoce del cognome (X secolo), i cognomi sarebbero ufficializzati in volgare longobardo (come negli stessi Grigioni, dove si usa il ladino perfino come lingua liturgica) e con la -i finale di genitico patronimico, per cui, ad esempio, un Romain Albaret della nostra Linea Temporale si chiamerebbe Alberetti di cognome (in volgare “longobardo”), ma Romaun di nome (in ladino), mentre un Franco Maria Boschetto si chiamerebbe Fraunc-Maria Bosqett.

Per finire, ecco la possibile bandiera di questa repubblica:

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