A tutti gli appassionati di ucronie

di Enrico Pellerito


Palermo, 3 ottobre 2007

Saluti a tutti gli amanti delle ucronie. Mi chiamo Enrico Pellerito e sono appassionato di allostorie, interesse che ho sviluppato circa trent’anni fa quando ebbi l’occasione di leggere “Contro-passato prossimo” di Guido Morselli.

Questo interesse si è nel tempo rafforzato, spronandomi alla ricerca di testi e pubblicazioni riguardanti la storia alternativa; ricerca che si è implementata con l’ausilio di Internet, strumento grazie al quale ho trovato il sito di Utopiaucronia.

Trovo affascinante la varietà delle ucronie che vengono sviluppate, il confronto dei differenti punti di vista e i dialoghi di tutti coloro che partecipano alle discussioni relative all’argomento.

È molto probabile che io sia stato attratto dalle ucronie in quanto già interessato alla storia reale, anche se non mi posso certo paragonare a nessuno di coloro che interagiscono sul sito di Utopiaucronia, dato che dimostrate un’eccellente e profonda conoscenza di qualsivoglia periodo, potendo quindi spaziare su una notevole serie di ipotesi alternative. Fra queste ne ho trovato alcune coincidenti con le congetture che, da quando mi sono interessato al tema, ho man mano fantasticato.

Con ciò non mi permetto di vantare alcun diritto di primogenitura sulle ipotesi da me fatte; l’originalità del pensiero spetta all’autore che per primo lo mette per iscritto, a prescindere dal fatto che le ucronie cui ho pensato sono state molto ben approfondite da altri appassionati, più di quanto abbia fatto io nelle mie elucubrazioni e negli appunti presi.

Devo la mia formazione ucronica non solo alle allostorie che ho letto, ma anche, e credo soprattutto, alle opinioni che riguardo all’argomento sono state espresse da autori quali Sergio Romano, Gianfranco de Turris e Robert Cowley, anche se mi sento molto influenzato dal pensiero sull’Ucronia espresso dal filosofo Adriano Tilgher.

Ritengo che le ucronie restino puro esercizio, ma esercizio intellettuale. Ho avuto modo di discutere di questo argomento con alcuni docenti di storia, e tutti sono certi che immaginare “cosa sarebbe successo se…”, sviluppando una diversa sequenza storica, sia qualcosa di vacuo, al massimo da circoscrivere ad una chiacchierata in salotto, non certo degno di diventare materia di studio approfondito.

Ma i fatti parlano chiaro, e oggi l’Ucronia ha consolidato una sua dottrina di base assumendo una sua dignità; il “se”, purché sempre plausibile, acquista una reputazione ben diversa, e l’ipotesi alternativa è considerata lo studio dei fatti e delle relative possibili varianti, valutando attentamente tutti i fattori umani e ambientali presenti in un determinato contesto.

Un pregio, senza dubbio, l’Ucronia lo ha: per creare una divergenza storica, si dovrà pur sempre conoscere come sono andati i fatti reali; quindi ipotizzare una storia alternativa necessita di studio e della successiva rivisitazione ucronica. Ben venga, quindi, questo esercizio, anche se da taluni considerato ozioso e sterile e addirittura antistorico e illogico per come Benedetto Croce giudicò Renouvier e la sua opera.

Nell’estendere il mio interesse per le storia virtuale è stato quindi giocoforza studiare le differenti interpretazioni che critici ed estimatori del “se” fanno al riguardo; e da qui in poi mi sono trovato di fronte ad alcuni dubbi relativamente alla creazione dei POD.

Il punto di divergenza è infatti la pietra miliare per sviluppare una storia alternativa, ma al di là della sua plausibilità, va considerato anche il peso che esso deve avere per produrre un’effettiva deviazione dal percorso storico che si vuole modificare; è, a mio modesto parere, un problema di qualità, di quantità e di collocazione spazio-temporale delle divergenze.

Ad esempio, la partecipazione o meno ad un conflitto, per la scelta di un leader (o di un governo compatto nel suo insieme) che accentra in sé tutto il potere decisionale di una nazione è un POD che può produrre un vero sviluppo alternativo riguardo un periodo bellico, ma a secondo del contesto, l’intervento potrebbe limitarsi al diverso percorso storico della sola nazione in questione, oppure influenzare notevolmente tutto il conflitto fino ad una sua totale e diversa conclusione; fra questi due punti estremi, c’è una serie di intermedie ricadute controfattuali su altri paesi coinvolti o coinvolgibili nella guerra.

Penso che l’incidenza di un’Italia neutrale o di una Spagna belligerante non avrebbe poi molto influenzato la Seconda Guerra Mondiale in quello che fu il suo svolgimento e la sua conclusione, mentre la mancata partecipazione degli Stati Uniti avrebbe influito parecchio, perlomeno sui tempi del decorso.

Lasciando immutata la sequenza temporale dell’intero conflitto, a parte le due suddette e non combinabili ipotesi, con una Spagna in guerra potremmo ipotizzare, ad esempio, l’occupazione di Gibilterra, cosa che sarebbe stata negativa per il Regno Unito, ma, nel tempo, la riscossa alleata avrebbe riportato la Rocca sotto l’Union Jack. Invece, molto più sfavorevole per la causa degli alleati il non intervento degli USA, con il rischio di un crollo delle linee sovietiche (improbabile ma alla lunga non impossibile) e con un Regno Unito destinato a restare l’ultimo avamposto del mondo libero di fronte ad un’Europa dominata dal totalitarismo nazista, quello sovietico essendo stato distrutto.

Io, comunque, sono fra quelli che stimano molto difficile una vittoria parziale o completa del Terzo Reich sul fronte orientale.

Ben diversa sarà l’incidenza di un POD nell’ambito di una sola battaglia fra quelle considerate, a torto o a ragione decisive, come el Alamein, quando ciò non si ripercuote poi su un’intera campagna e, quindi, su tutto un conflitto. In questo caso, i “se” necessari cominciano, sempre secondo me, ad essere troppi, e devono, ineluttabilmente, avere un’influenza di un certo peso.

Ritengo che una Waterloo, così come una el Alamein, rovesciate non avrebbero modificato più di tanto la storia, probabilmente ci sarebbe stata solo una dilazione dei tempi che avrebbero poi visto Napoleone e l’Asse alla fine sconfitti.

E riguardo peculiarmente la Seconda Guerra Mondiale, penso lo stesso per Stalingrado o Midway. Anche se questi scontri rappresentano pur sempre un giro di boa, una conclusione che vedesse vincitori Von Paulus o Nagumo avrebbe poi tanto mutato le sorti della guerra?

Al di là delle capacità di conduzione militare che dimostrarono i responsabili dell’Asse, come ignorare il peso dei diversi antagonisti in termini di risorse umane ed industriali, e quindi la superiorità numerica, in tutti i campi, significativamente dispiegata dagli Alleati, ed in primis dagli Stati Uniti.

A nessuno di tutti i popoli coinvolti nell’immane conflagrazione fecero difetto abnegazione, temperamento, la convinzione di essere nel giusto e una forte volontà di battersi e di vincere; nessuna forza armata dei principali contendenti mancò di esprimere strateghi di indiscussa qualità e la stragrande maggioranza dei combattenti mostrò in tutti i frangenti coraggio e determinazione. Ma alla fine ebbero la meglio quelle nazioni che, accanto a questi fattori caratteriali, indubbiamente preziosi e che mettevano tutti su un piano di sostanziale parità nella tremenda competizione, posero sulla bilancia una massiccia preponderanza quantitativa di uomini, mezzi e fonti energetiche.

Con ciò non voglio apparire né determinista né marxista nel ritenere certo, o addirittura fatalistico, l’andamento degli eventi; in questo caso non rispetterei l’assunto della casualità (assioma base degli appassionati di storia virtuale) e non sarei d’accordo con Tilgher, per il quale i cambiamenti che si possono ipotizzare su una diversa evoluzione di un avvenimento, avrebbero certamente prodotto un diverso corso degli eventi, che non sarebbero mai stati identici a quelli effettivamente accaduti, al limite molto simili.

Ritengo, però, che lo sviluppo dei fatti umani risenta, nonostante la combinazione del caso, dei condizionamenti delle forze in gioco.

Personalmente credo di aver risolto i dubbi che mi erano sorti, ritenendo che un’ucronia deve nascere in base ad un singolo POD, costituito o innescato da un accadimento che non sia avulso dal contesto dei luoghi e del tempo dove esso si svolge (può certo trattarsi di un evento inaspettato, ma sempre attinente al panorama di riferimento) e al limite (ma proprio al limite) intervenire come una sorta di deus ex machina nel momento clou.

A mio opinabile giudizio, dovrebbe essere un fatto verosimile in base a delle variabili, realistiche entro schemi ragionevoli e con il peso sufficiente a che possa poi produrre sviluppi modificanti l’iter temporale conosciuto e consolidato. Inoltre, questo punto di divergenza deve essere collocato sul percorso storico in modo da svolgere la sua funzione al meglio, e non deve (dovrebbe) essere accompagnato da altri POD contemporanei o successivi che mutino il resto del quadro originale. Le modifiche ucroniche derivanti da quell’unico POD devono essere il presumibile e logico sviluppo degli eventi, che non saranno più gli stessi della storia che è stata, ma potranno essere molto somiglianti.

Ammetto di essere riduttivo e riducente nel mio pensiero, ma ciò non significa che chi si diletta di ucronie non possa divertirsi (perché ipotizzare ucronie è anche questo) nel produrre tali e tanti POD per cui modificare l’epilogo di una guerra mondiale. Solo che io vedo la cosa in modo diverso.

Immagino che qualcuno potrà obiettare col classico: ma se la Germania fosse riuscita ad ottenere in tempo la bomba atomica?

Io rispondo: appunto! perché si realizzasse ciò, sarebbero stati necessari una pluralità di eventi per fare in modo che avvenisse, quindi ben più di un POD.

Viceversa, io rischio di restare vittima di troppo realismo, e di una sorta di “campo simmetrizzante” legato al quadro umano ed ambientale d’origine. Perciò mi allontano poco nella divaricazione storica, quasi inconsciamente influenzato dalla “contrapposizione di second’ordine” per come Robert Cowley definisce il ritorno degli eventi al loro primigenio percorso anche in presenza di grandi cambiamenti (però la coerenza di questo virtuale fenomeno non mi convince molto).

Fermo restando questo miei principi, quando ho cominciato a fare delle ipotesi ucroniche, mi è venuto naturale cercare dei POD che fossero quanto più plausibili; cioè verosimili in quanto elementi partecipanti alla dinamica di un determinato processo storico, e il cui diverso evolversi creasse delle divergenze accettabili ad un esame non proprio superficiale.

Essendo siciliano, alcune mie ucronie sono state ispirate nel trovare qualcosa che consentisse un diverso e migliore presente per la Sicilia e il Meridione d’Italia. E questo è un approccio irrituale, perché si dovrebbe ipotizzare una diversa evoluzione storica in base ad un immaginario POD, “cosa sarebbe successo se…” e non cercare una finalità ed adattare gli eventi storici verso questo traguardo.

Spero che ciò mi venga perdonato, come anche la possibile incoerenza nell’inconsapevole creazione di POD accessori nell’elaborazione di un’ucronia.

Comunque, devo riconoscere che è stato molto difficile trovare uno sviluppo storico verosimile e logico per ottenere l’obbiettivo prefissatomi; ho quindi cercato di ottenere un progressivo risanamento economico e sociale del Mezzogiorno attraverso una gestione amministrativa meglio organizzata rispetto quelle che si sono succedute negli ultimi duecento anni.

Buone ucronie a tutti.

Enrico Pellerito

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Ed ora, un altro importante saggio sull'ucronia del nostro amico Marziano:

« La fine dell'ucronia »

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Con il titolo "Das Ende der UTOPIE" le Edizioni Verlag di Berlino pubblicarono la raccolta delle conferenze tenute dal pensatore comunista Herbert Marcuse (1898-1980) presso la Libera Università di Berlino Ovest tra il 10 ed il 13 luglio 1967  (trad. it."La fine dell'UTOPIA", a cura di Saverio Vertone, pagine 178, pubblicato dalle edizioni Laterza, quale N°5 della collana Tempi Nuovi). Tale tascabile divenne una sorta di "vademecum" dei contestatori degli anni '60 e '70. Il succo di tale opera è che "UTOPIA" è ciò che non conviene alla classe dirigente. Precorreva e anticipava il "Fantasia al potere" ("Immagination au pouvoir") del di lì a poco successivo maggio '68. Non ha caso, tra coloro che parteciparono ai dibattiti con l'autore de "L'Uomo ad una dimensione" c'era Rudi "il Rosso" Dutschke che sarà uno dei maggiori leaders mondiali del Movimento studentesco (e che già era il capo dell'ala dura della Gioventù Socialista tedesca). Citiamo ciò che dice il filosofo marxista (anche se lui preferiva definirsi "marxiano", sfumatura di cui mi sfugge il senso): "Il concetto d'utopia è un concetto storico e si riferisce a progetti di trasformazione sociale di cui si ritiene impossibile la realizzazione pratica.  PER QUALI MOTIVI tali progetti sono reputati irrealizzabili? Generalmente quando si parla d'utopia, si parla d'irrealizzabilità intese come impossibilità di tradurre in fatti concreti i progetti, perché fattori oggettivi e soggettivi si oppongono a tale trasformazione.(….). Il criterio d'irrealizzabilità è inadeguato, giacché può darsi benissimo che la realizzazione di un processo rivoluzionario sia impedita da controtendenze superabili"(op. cit. Pagina 11).

A questo punto, dopo che, i miei lettori, si sono trovati già in " Medias res", tramite "flash-back", torniamo al punto di partenza. Tanto per incominciare, vediamo, in senso proprio che cos'è l'UTOPIA. Di tale parola greca, sono state date due interpretazioni che, in ultima analisi, sono due variazioni sul tema dello stesso concetto. La prima afferma che la derivazione è da termini che significano "non luogo", nel senso di luogo che non esiste (anche se, la particella privativa che si usa davanti ai sostantivi è la " ", quindi si dovrebbe dire "Atopia", come nelle dermatiti allergiche prive di causa apparente, oltre che di localizzazione precisa). Secondo altri autori, la vocale "u"  è da ritenersi contrazione della particella "", (bene) quindi l'UTOPIA sarebbe il luogo della felicità che, per l'appunto, non si trova in alcun luogo. Il conio del termine è unanimemente assegnato a San Tommaso Moro (o, per dirlo all'anglosassone, Sir Thomas More) e, quindi, la data di nascita di tale vocabolo coincide con l'apparizione nel 1516 a Lovanio del "Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu deque nova insula UTOPIA". Prendendo come modello l'opera di San Tommaso Moro, l'utopia può essere definita come la descrizione di luogo immaginario che possiede istituzioni diverse e spesso migliori di quelle vigenti nella realtà, ispirate a regimi e principi etici e sociali, ritenuti di solito irrealizzabili (credete che la definizione sia mia? Speravo di farvelo credere, in effetti, è di L. Bortone in "L'Utopia- antologia degli scritti di Moro, Campanella e Bacone" Edizioni Loescher, Torino 1971). Altri autori, in specie il Dahrendorf, nel suo articolo "Out of Utopia" (in AMERICAN JOURNAL OF SOCIOLOGY, N°2 del 1958; pagine 115-127), cercano di analizzare le caratteristiche delle descrizioni utopiche. In particolare sono stati colpiti da un aspetto, che è poi quello che a noi più interessa. Di solito la storia dei luoghi nei quali la società utopica è descritta, è molto vaga. Sembra che, tali costruzioni, non siano legate che ad un passato molto nebuloso. Non ne parliamo, poi, del loro futuro sempre accennato come un insieme di cambiamenti pressoché impercettibili (ovviamente la perfezione non può cambiare, che in minima misura). Bernardo Cattarinussi, nel suo "Utopia e società" (Franco Angeli Editore, 1976), classifica trentotto utopie. Si va dalla "Repubblica" di Platone al pianeta anarco-socialista  "Anarre" descritto nel romanzo "I Reietti dell'altro pianeta" dalla scrittrice di fantascienza Ursula K. Le Guin, passando per "Icaria" di E. Cabet e per la nestoriana e localizzata in un'irraggiungibile area turco-tibetana "Shangri –La" di cui parla James Hilton in "Orizzonti perduti" (di cui fu fatta anche una pregevole riduzione cinematografica). Come notano gli studiosi che abbiamo citato, in definitiva, oltre che utopiche, tali società sembrano UcrONIche (o, per meglio dire, mai come in questo caso "ACRONICHE", vale a dire al di fuori del divenire del tempo). 2°Parte: dell'Ucronia (e/o dei viaggi nel tempo; e/o degli Universi paralleli e "perpendicolari").

Come Utopia indica un luogo che non c'è, così, "UCRONIA" dovrebbe significare "Nessun tempo". In concreto si tratta di quella branca della Fantascienza (o SF), conosciuta anche come "Fantastoria" che cerca di descrivere che sarebbe divenuto il mondo se determinati eventi storici avrebbero avuto un corso diverso da com'è stato nella nostra "realtà" storica. Tanto per fare qualche esempio, vi cito le differenze teologiche, in effetti, talmente trascurabili, da non risaltare all'occhio del non specialista, tra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa CattolicaCeltico-Vichinga, così come si sarebbe sviluppata, nel caso che Annibale avesse distrutto Roma. Secondo questa versione descritta da Paul Anderson ne "La pattuglia del tempo", i vincitori Cartaginesi sarebbero stati interessati a creare un'egemonia di tipo più che altro commerciale (sempre Fenici erano). Con il tempo, l'asse portante del dominio politico - culturale, (la "Traslatio imperii" di cui parlavano i pensatori medievali) si sarebbe spostato direttamente dai Greci verso i Nordici (argomenti per altre Ucronie, prendete nota, legati ad una visione, forse che, almeno in parte, si spiega perché Anderson è di origine danese). È il primo esempio che mi è venuto in mente, ma, in pratica, non c'è evento della storia che non sia stato sottoposto a tale gioco. Dalla lunghezza del nasino di Cleopatra, all'esito delle principali battaglie di tutte le guerre. In effetti c'è anche una variante: ambientare degli eventi realmente successi, in un contesto spazio- temporale differente. Ne fu maestro il povero Giudo Morselli, che ambientò una precisa ricostruzione delle Cinque giornate di Milano, in un anno non meglio precisato (ma presumibilmente il 1959) del pontificato di Giovanni XXIII.

Tali esercitazioni dialettico-immaginative hanno avuto, a partire dal XIX Secolo, tutto un fiorire. Si sono, per così dire, "sposate" con un altro artifizio letterario: il viaggio nel tempo. Il trionfo delle filosofie idealistiche e positivistiche nel corso dello "Stupido Secolo XIX" (come Leon Daudet lo chiama in un suo indimenticabile saggio) fa perdere di vista alcuni punti fermi e cadere nell'oblio il sano buon senso della filosofia aristotelica, in specie nella sua versione più completa, insostituibile come chiave di lettura del mondo: il Tomismo (del cui approccio razionalistico, comunque, non sono un seguace particolarmente sfegatato, reputandomi, più che altro, un "misticoide occamista", ma se ne riparlerà). Già Sant'Agostino aveva dato la definizione giusta di cos'è il tempo: il tempo è la MISURA DEL MOVIMENTO. Basta la nostra esperienza di tutti i giorni a confermarcelo. Gianni Morandi, quando cantava "Andavo a 100 all'ORA/ per andar dalla mia bella", ci dava la risposta giusta. Un'ora è la misura del movimento che è stato necessario per attraversare 100 kilometri. Pertanto è fuori luogo dire, (anzi, è una contraddizione in termini) come fa Wells, che verso la Quarta Dimensione (appunto il tempo) siamo immobili. Citando Wells, siamo entrati nel vivo del tema. Sul viaggio nel tempo e sul modo per compierlo, si sono versati oceani d'inchiostro. Wells non si dilunga più di tanto su come abbia luogo, paragonando la sua macchina ad una sorta di "bicicletta". Altri autori sono stati più pignoli nelle loro descrizioni. L'autore francese del romanzo uscito negli anni '50 "Il millennio dimenticato" ne dà una spiegazione che tira in ballo incantesimi. L'autore, ugualmente francese e dello stesso periodo de "Il Crhonastro", ne da una spiegazione, non solo plausibile, ma forse in parte "realizzabile", collegata all'artifizio sul cambio di data già usato da Verne ne "Il giro del mondo in 80 giorni". A questo punto mi pongo una domanda, che, per usare il linguaggio informatico, va OT, cioè fuori dal tema: ma il viaggio nel tempo (e, soprattutto i suoi paradossi) è filosoficamente, metafisicamente, possibile? Dalla definizione agostiniana ne sembra conseguire che il viaggio nel tempo è impossibile. Il passato è movimento già conclusosi, quindi non esiste più, da nessuna parte. Il futuro è movimento che ancora non è in corso, pertanto ancora non c'è. In effetti c'è una scappatoia: voler ipotizzare, come ha fatto qualche autore, un altro universo, dove il tempo scorre al contrario rispetto al nostro, anzi, da dove scorre VERSO il nostro. In altre parole il "passato" di tale universo è il nostro futuro che, divenendo passato là, diventa "presente" da noi. Magari con il corollario di un altro universo ancora, dove è il nostro passato che diventa il loro futuro. Pertanto i viaggi nel tempo non sarebbe tali se non in apparenza. In realtà sarebbero viaggi in altre dimensioni. Comunque, la Storia sarebbe IMMODIFICABILE. Un eventuale viaggiatore non sarebbe che un semplice osservatore. Nota di colore, qualche anno fa, si sparse la voce che il celebre esorcista (nonché musicista, musicologo e scienziato) di Venezia, padre Pellegrino Ernetti, il grande diffusore dell'uso e del culto del Crocifisso ornato dalla medaglia di San Benedetto, avesse inventato un "Cronovisore", di cui in Vaticano avrebbero il prototipo, che consente di vedere in "diretta" il passato. Circa il futuro, è vietata ogni forma di "divinazione", cioè di previsione che vada oltre il semplice esercizio della deduzione, perché DIO è geloso del futuro. Il fatto stesso di voler cercare di conoscere le decisioni LIBERE degli uomini è un'usurpazione di prerogative divine (senza contare che NON FUNZIONA). Le cosiddette previsioni dei maghi, le rare volte che ci azzeccano, o si tratta di eventi di facile previsione, o sono i demoni che li provocano.

Il Marziano

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Riportiamo qui sotto l'intervista rilasciata dal nostro webmaster William Riker al sito Byzantion creato da Basileus TFT:

Intervista sulle ucronie

L'Associazione culturale Byzantion ha il piacere di ospitare William Riker, che ci parlerà del suo portale "UtopiaUcronia".

Il piacere è tutto mio.

Come prima domanda, caro Comandante, parlaci un po' di te!

C'è poco di eroico da dire. Ho 50 anni, vivo da solo con mio padre in un paese che è solo un puntolino sulla carta geografica della provincia di Varese, e quanto alla mia professione, con l'ucronia non c'entra niente perchè insegno Fisica in un Liceo Scientifico di provincia. Dopo la morte di mia mamma, l'unica mia compagnia sono gli amici virtuali, gli studenti e i libri.

Spieghiamo ai lettori che cos'è una Ucronia!

L'ucronia, detta anche storia controfattuale o allostoria, è un tentativo di ricostruire una successione di eventi nel caso in cui le cose fossero andate diversamente da come noi le abbiamo studiate sui libri di storia. Il termine deriva dal greco "non tempo" ed è modellato sulla più celebre ucronia ("non luogo") ideata da Thomas More. Normalmente come esempi classici di ucronie si riportano "cosa sarebbe successo se Napoleone avesse vinto a Waterloo" o "se Hitler avesse trionfato nella Seconda Guerra Mondiale", ma si tratta in entrambi i casi di esempi poco calzanti perchè improbabili; o meglio, per poterli realizzare occorrerebbero modifiche alla nostra linea temporale ben più decise di quanto si immagina di solito (nel caso di Napoleone, bisognerebbe cancellare anche la disastrosa Campagna di Russia, e nel caso di Hitler, qualcuno avrebbe dovuto avvisarlo che non era possibile vincere dichiarando guerra a quasi tutto il resto del mondo, ma ciò richiederebbe anche un Hitler con un diverso cervello, e quindi un altro Führer). Sono molti altri i casi in cui un evento apparentemente poco significativo avrebbe potuto cambiare completamente la storia. Ad esempio, quasi nessuno conosce la Battaglia di Tagina, combattuta nell'estate del 552 d.C. tra i Goti di Re Totila e i bizantini del generale eunuco Narsete. Se però in essa Totila fosse riuscito a prevalere, è probabile che la storia d'Italia avrebbe preso tutt'altra piega, e che la Penisola avrebbe visto la nascita di uno stato nazionale come quelli spagnolo, francese e britannico, evitando la frammentazione politica e le secolari dominazioni straniere sul Belpaese.

Quanto bisogna essere esperti di Storia per scrivere delle ucronie che siano più che delle semplici storie fantastiche?

Tutti possono provare a scrivere ucronie; sfortunatamente invece è molto più difficile mettere insieme ucronie storicamente credibili. Per tornare all'esempio precedente, è stata immaginata molte volte la vittoria dell'Asse nella Seconda Guerra Mondiale, ma i più tendono a sottovalutare l'evidente disparità di superficie, mezzi e uomini a disposizione tra il Terzo Reich, anche al culmine della propria potenza, e l'Unione Sovietica, oltre al fatto che l'immensa pianura sarmatica è sempre stata difesa da un guardiano pressoché imbattibile, il Generale Inverno. Anche ammesso che le armate naziste avessero preso Mosca e si fossero attestate sugli Urali, difficilmente avrebbero potuto tenere a lungo sotto occupazione un territorio tanto vasto, gelido e pullulante di partigiani decisi a difendere la propria terra con le unghie e con i denti. Per non parlare del fatto che difficilmente, a grande distanza dal punto di divergenza delle ucronie, si potrebbero ripresentare gli stessi personaggi della nostra storia. Ad esempio, se l'Italia di Mussolini fosse rimasta neutrale nell'ultima guerra, probabilmente io non sarei mai nato. Infatti lo zio di mio padre partecipò alla disastrosa campagna di Russia e tornò senza le dita dei piedi, congelate dal freddo artico. Come mutilato di guerra, gli fu offerto un posto di lavoro nel mio paese, e così chiamò qui dal natio Veneto anche mio padre, dove c'erano più possibilità di lavoro, e fu così che i miei genitori si conobbero. Un'ucronia con l'Italia neutrale nella Seconda Guerra Mondiale è dunque anche un'ucronia senza William Riker.

Ci è giunta voce che la Cina abbia bloccato la pubblicazione di ucronie riguardanti i periodi più recenti. Ti va di farci un commento a riguardo?

Le tirannidi hanno sempre paura della creatività e dell'immaginazione. In un regime di polizia deve necessariamente essere considerato un reato il pensare con la propria testa, e quindi concepire che la Rivoluzione di turno avrebbe potuto dar vita ad un mondo molto diverso, e probabilmente migliore.

Le ucronie medioevali scarseggiano, se comparate a quelle dell'età contemporanea, secondo te per quale motivo?

A causa del nostro passato recente (non solo il Fascismo, ma anche il Risorgimento) molti di noi hanno dovuto studiare a lungo la storia di Roma, ed è logico che siano state concepite molte versioni alternative dell'Impero Romano. E la storia recente è indubbiamente meglio conosciuta di quella degli evi precedenti. C'è poi il pregiudizio illuministico secondo cui Medioevo = Secoli Bui, per cui non varrebbe la pena di studiarne la storia. Tuttavia mi permetto di far notare che il Ciclo di Videssos di Harry Turtledove è, a tutti gli effetti, un Medioevo alternativo, essendo Turtledove un bizantinista di fama.

L'ucronia può essere un modo per avvicinare alla Storia effettiva? Magari rivolgendosi ad un pubblico più orientato alla narrativa?

Lo trovo difficile. La maggior parte dei nostri concittadini ignora bellamente la storia del nostro paese, se è vero che le prove Invalsi hanno rivelato che moltissimi studenti italiani credono che la Repubblica Italiana sia stata fondata da Giuseppe Garibaldi. Chi non conosce la storia, difficilmente può apprezzare l'ucronia; ed ecco perchè difficilmente vedremo in TV film o fiction ucronici ("Inglorious Bastards" di Quentin Tarantino è l'eccezione che conferma la regola).

Come ci si sente ad aver creato la più grande comunità virtuale d'Italia, con migliaia di ucronie pubblicate?

Permettimi una citazione. Io sono un grande ammiratore di Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla Luna, perchè era un uomo straordinariamente modesto. A chi gli chiedeva come si sentisse per aver compiuto una tale impresa, si limitava a rispondere: "Ho fatto solo il mio dovere." Anch'io ho fatto solo il mio dovere di appassionato che ha voluto far conoscere a tutti la propria passione.

Qual è l'ucronia che ti sei divertito di più a scrivere?

Quella della Grande Muraglia Romana, in cui l'erezione di un vallo difensivo tra Mar Baltico e Mar Nero salva l'Impero di Roma dalle invasioni barbariche (gli Unni, gli Ungari, i Mongoli, i Russi ci si rompono inutilmente contro le corna) e fa arrivare l'Europa unita fino al Terzo Millennio. In tempi di sovranismi e di egoismi xenofobi, vedere la realizzazione di un'Europa unita appare demodè, ma lo scopo dell'ucronia è proprio questo: far andare, alla fin fine, le cose meglio di come le abbiamo viste andare noi (cioè a rotoli). Nella speranza che anche l'ucronia alla fine diventi realtà.

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Annalyx ne è entusiasta:

COMPLIMENTI A ENTRAMBI!!!!!
Bell'intervista davvero. E illuminante...

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Siccome poi un internauta ci ha scritto accusandoci di aver violato dei copyright e di aver tra l'altro offeso (??) il Santo Padre Benedetto XVI immaginando che Carlo Maria Martini o Dionigi Tettamanzi il 19 aprile 2005 siano stati eletti al Soglio in vece sua, ecco come gli ha genialmente ribattuto il nostro Enrico:

Buona sera,
mi chiamo STORIA (tutta in maiuscolo) e sviluppo agli avvenimenti in quanto tali.
Girando in internet mi sono imbattuto nel Suo (io uso la maiuscola rivolgendomi a Lei) sito che tra le tante cose presenta una serie di stravolgimenti dei fatti avvenuti durante tutto il mio divenire.
Gli eventi riportati e "violentati" sono stati estrapolati da una tabella di marcia già registrata, immutata ed immutabile.
Pertanto La invito gentilmente a rimuovere dal suo sito gli "stravolgimenti" in questione.
Le comunico, inoltre, che gli avvenimenti sono coperti da copyright.
Oltretutto inserendo queste fantasticherie nel Suo sito, ha offeso anche il Principale Ideatore dei fatti.
Restando in attesa di una gentile e gradita risposta,
cordialmente saluto...
STORIA
;-D

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Una cosa è certa: se Enrico non ci fosse stato, sarebbe stato necessario inventarlo!!


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