L'impero di Alessandro

di Blade87


POD: Ecco un'ucronia che mi è venuta in mente guardando il film "ALEXANDER": Efestione, amico e amante di Alessandro Magno, sopravvive alla malattia che l'ha colpito (nella nostra Timeline invece muore) e incoraggia Alessandro nel continuare a perseguire il suo sogno di conquista e unione del mondo. Grazie a lui Alessandro non sprofonda nella follia e nella violenza, si accorge del complotto dei suoi generali contro di lui e lo sventa (nella nostra Timeline invece viene avvelenato e muore). In tal modo ALESSANDRO MAGNO SOPRAVVIVE e...

 

Alessandro Magno in groppa a Bucefalo...una volta tornato a Babilonia dalla spedizione in India, Alessandro pianifica nuove conquiste, stavolta ad Occidente: nel giro di soli 10 anni conquista l'Arabia, l'Africa Settentrionale e poi l'intera Europa, sottomettendone tutte le popolazioni, Romani compresi. Quindi si dedica all'organizzazione e all'amministrazione del suo immenso impero, dividendolo in province con a capo i suoi fedelissimi e facendo di Babilonia la capitale dell'impero e il centro del mondo. Poi nomina come suo successore il figlio avuto dalla moglie Roxane, e accorgendosi di stare ormai invecchiando decide di imbarcarsi in un'ultima impresa, la più pazzesca: varcare le Colonne d'Ercole ed esplorare l'Atlantico: così in poco tempo allestisce una flotta composta da 6 grandi navi e parte; dopo mesi di navigazione, quando sembra che la spedizione sia ormai destinata al fallimento e gli equipaggi minacciano di ribellarsi, finalmente viene avvistata la terraferma; Alessandro sbarca così in quella che per noi è la Florida, fondandovi la prima Alessandria del continente americano. Il re chiama quella nuova terra Atlantide, poiché è convinto di essere approdato proprio nel famoso continente perduto descritto da Platone. Ben presto Alessandro viene in contatto con le tribù indigene, che vengono studiate a fondo dai medici, linguisti e filosofi che accompagnano la spedizione del re. Alessandro sottomette molte di quelle primitive popolazioni e fonda numerose altre città, mentre sempre più eurasiatici raggiungono Atlantide per colonizzarla. Dopo 12 anni passati in Atlantide Alessandro fa ritorno a Babilonia, dove trascorre il resto della sua vita amministrando il suo colossale dominio, un impero in cui Oriente e Occidente sono uniti, e in cui le persone, le idee e le culture possono mischiarsi e circolare liberamente. Alla fine, nel 270 a.C., Alessandro muore alla veneranda età di 80 anni, lasciando ai suoi successori il compito di realizzare il suo sogno più grande: sottomettere il mondo intero e unire tutte le culture in modo che le genti possano vivere per sempre in pace e armonia. E così avviene: suo figlio Alessandro IV di Macedonia infatti segue le sue orme e con una grande spedizione si dirige verso l'Estremo Oriente, completando la conquista dell'India e sottomettendo la Cina e il Giappone. Poi, animato dallo stesso spirito d'avventura del padre, si lancia nell' Oceano Pacifico con una flotta di 15 navi, esplorandone le isole e giungendo fino in Australia, dove fonda un'altra Alessandria. Alessandro IV organizza in province i nuovi territori conquistati e torna a Babilonia, dove però muore prematuramente per una caduta da cavallo. Fortunatamente ha già un figlio, Eracle di Macedonia, che nonostante abbia solo vent'anni è coraggioso e avido di gloria. Eracle, una volta divenuto re, si imbarca nuovamente per Atlantide, dove si spinge sempre più all'interno del continente entrando in contatto con i cosiddetti "pellerossa" e sottomettendo la maggior parte delle loro tribù. Tuttavia Eracle si comporta allo stesso modo dei suoi predecessori e rispetta la cultura degli sconfitti, tentando di integrarla con quella eurasiatica. Successivamente si spinge a nord, nella regione dei Grandi Laghi, dove però viene ucciso in un agguato da parte di una tribù ostile. Gli succede il fratello minore, Filippo III di Macedonia, il quale estende i confini dell'Impero fin oltre il Mar Nero e il Mar Caspio, giungendo fino alle fredde steppe del nord. Ora l'Impero Alessandrino si estende dall' Atlantide Orientale alla Nuova Persia (l'Australia, chiamata così per il suo vasto deserto simile a quello persiano); la capitale Babilonia è ormai diventata la città più grande e bella del mondo, traboccante di maestose opere d'arte e meta ambita dei visitatori di ogni parte dell'Eurasia. E' anche il più importante centro culturale, poiché vi è stata costruita la più grande biblioteca del mondo, superiore perfino a quella d'Alessandria d'Egitto. Il simbolo dell'Impero è l'aquila dorata ad ali spiegate (che si dice accompagnasse sempre Alessandro Magno nelle sue battaglie più gloriose). La religione ufficiale dell'Impero è quella del Pantheon Olimpico, ma anche gli altri culti sono rispettati. La lingua più parlata è il greco, che viene insegnato in tutte le scuole. Alla morte di Filippo III (siamo ormai nel 163 a.C.) sale al trono il figlio trentenne Achille di Macedonia; Achille ha un'immensa ammirazione per il suo antenato Alessandro Magno, e sogna di compiere gesta analoghe alle sue. Tuttavia trascorre i primi anni di regno amministrando le innumerevoli province dell'Impero; in questo periodo introduce il Calendario Alessandrino: da ora in poi in tutto l'Impero e nel resto del mondo gli anni si conteranno a partire dalla nascita di Alessandro Magno. Achille istituisce anche la Festa dell'Amicizia (l'amicizia era infatti molto importante per Alessandro Magno), che si svolgerà ogni anno il 1 dicembre e nella quale ognuno farà regali ai propri amici più cari. Una volta sistemate le beghe politiche Achille può finalmente dedicarsi ai suoi sogni di conquista: prepara un immenso esercito di oltre 500.000 uomini provenienti da tutto l'Impero e alla testa di esso si dirige nel cuore dell'Africa con lo scopo di conquistarla interamente. La campagna d'Africa si dimostra però più difficile del previsto: i regni locali sono fieri e bellicosi, e non si sottomettono tanto facilmente. Achille e le sue truppe tuttavia continuano ad avanzare, combattendo attraverso giungle, savane e paludi. Alla fine giungono alle sorgenti del Nilo, dove Achille fonda un'altra Alessandria. Ora ha il controllo dell'intera Africa Centrale, ma non è un controllo facile: infatti le varie popolazioni indigene si ribellano continuamente, soprattutto nella regione del Congo, e il re deve faticare non poco per reprimere le rivolte. Alla fine, dopo quasi 30 anni passati in Africa, Achille riesce a pacificare i territori conquistati e a dividerli in province, ma proprio quando sta per tornare trionfante in patria viene colto da malaria e muore. Per fortuna Achille aveva preso la precauzione di lasciare un erede mettendo incinta la moglie Olimpia, e così la dinastia alessandrina continua: il figlio di Achille, Alessandro V di Macedonia, che fino ad ora aveva retto l'Impero con l'aiuto della madre mentre il padre era in Africa, diventa il nuovo sovrano. Siamo nel 280 D. A.(Dopo Alessandro): l'Impero copre ormai buona parte del mondo, e al suo interno le razze e le culture si stanno rapidamente fondendo in un gigantesco e anticipato "melting pot". Vengono compiute importanti innovazioni tecnologiche, tra cui l'invenzione della stampa a caratteri mobili, della bussola e della polvere da sparo (soprattutto grazie ai cinesi), mentre Alessandro V sposa l'affascinante Cleopatra, governatrice d'Egitto, e si prepara a compiere nuove spedizioni per esplorare le zone del mondo ancora sconosciute. Nel 290 D.A. partono le grandi esplorazioni: una flotta comandata dall'ammiraglio imperiale Giulio Cesare (di origini romane...sì, è proprio lui!) raggiunge l'Atlantide Meridionale (il nostro Sudamerica) e lo esplora. Cesare e le sue truppe entrano ben presto in contatto con le civiltà degli Inca e degli Aztechi, sottomettendole con ferocia inaudita, mentre l'ammiraglio imperiale gallo Vercingetorige, alla testa di un'altra spedizione, esplora i territori Maya, sottomettendo anche questi ultimi ma con minore crudeltà. Cesare intanto, vedendo che la maggior parte dei nativi lo venera credendolo il dio Sole, non resiste alla tentazione e si ribella all'Impero Alessandrino, proclamandosi re dell'Atlantide Meridionale. Vercingetorige viene a conoscenza del tradimento del suo "collega" romano e si prepara a muovergli guerra. Alessandro V, dopo essere stato informato dell'accaduto, invia subito un esercito comandato da due dei suoi diadochi più fedeli, Amir dell'Arabia e Dan Qing della Cina. Il loro compito è unirsi alle truppe di Vercingetorige e annientare Cesare e i suoi seguaci. Così in poco tempo l'Atlantide Meridionale viene sconvolta dalla violentissima guerra tra le truppe di Cesare e quelle dei tre comandanti alessandrini. Entrambe le parti sono dotate di armi da fuoco, ma le forze di Cesare sono in chiara inferiorità numerica, anche perchè nell'esercito alessandrino sono stati reclutati a forza migliaia di nativi Maya. Tuttavia il romano riesce a compensare questo problema con le sue straordinarie doti di stratega, che gli consentono di vincere molte battaglie e di infliggere gravi perdite al nemico. La guerra si trascina per oltre dieci anni, senza che nessuna delle due parti riesca a prevalere; i due eserciti si affrontano in sanguinose battaglie nelle giungle più intricate ed oscure, e il numero dei caduti è spaventoso. Ma alla fine, nel 305 d.A., si giunge allo scontro definitivo presso il Nuovo Nilo (il nostro Rio delle Amazzoni). Cesare ricorre a tutta la sua abilità di condottiero ma le forze alessandrine sono soverchianti e annientano il suo esercito disperdendolo nelle profondità della giungla. Cesare viene catturato e giustiziato dopo un processo sommario, e buona parte dell'Atlantide Meridionale cade sotto il controllo dell'Impero Alessandrino. A questo punto Alessandro V vuole visitare di persona i nuovi territori, e dopo un lungo viaggio giunge presso il Nuovo Nilo, sulle cui rive fonda un'altra Alessandria, destinata a diventare nota come "la città verde" per i suoi meravigliosi edifici coperti di piante lussureggianti; il re decreta che le civiltà indigene siano lasciate intatte nei loro usi, costumi e tradizioni, e visita la mitica città di Technotitlan, rimanendo estasiato dalla sua bellezza. Poi torna a Babilonia, dove si dedica alle faccende di governo fino alla morte nel 336 d.A.; gli succede il figlio Alessandro VI di Macedonia, il quale però non ha l'animo del conquistatore e preferisce trascorrere la sua esistenza tra feste e bagordi, godendosi le immense ricchezze di cui dispone. Ha moltissime concubine, provenienti da ogni parte del mondo, e non ha nessuna intenzione di sposarsi e dunque di lasciare eredi. Ben presto sia la sua famiglia che i suoi collaboratori si rendono conto della sua incapacità nel governare, e così nel 346 d.A. Alessandro VI viene assassinato e sale al trono il fratello minore Antipatro di Macedonia, che si dimostra un re molto più abile e assennato. Egli sposa l'affascinante Cleopatra, governatrice d'Egitto. Sotto il suo governo l'Impero vive una lunga fase di stabilità e armonia; le persone, le idee e le merci continuano a circolare liberamente, e le etnie si mescolano sempre più; per le strade di Babilonia è possibile incontrare Cinesi, Arabi, Celti, Britanni, Italici, Persiani, Indiani, Africani e molti altri. Un' immensa rete di strade , la cui costruzione era stata avviata fin dai tempi di Alessandro Magno, collega le varie regioni del vastissimo impero. L'industria navale compie progressi e compaiono i primi galeoni. Si diffondono le lenti da vista (inventate dagli Arabi), i cannocchiali e i primi telescopi. Con uno di questi telescopi Plutarco di Cheronea (proprio lui!), un greco che si è trasferito a Babilonia diventando astronomo di corte, scrutando il cielo osserva Marte, Giove e le sue lune e scopre Saturno con i suoi anelli, diventando il più grande astronomo di tutti i tempi. Nel frattempo il grande ammiraglio imperiale Diodoro Siculo circumnaviga l'Africa esplorandone le coste meridionali e sbarcando sull'isola di Madagascar. Dionigi di Alicarnasso, storico e studioso al seguito della spedizione di Diodoro Siculo, descrive minuziosamente i luoghi esplorati e i popoli che li abitano. Sempre in questi anni l'ammiraglio imperiale romano Marco Antonio (lo stesso che nella nostra time-line fu sconfitto da Ottaviano) compie la prima circumnavigazione del globo. Nel frattempo un altro romano, Cicerone, noto per la sua abilità oratoria, diventa diadoco e governatore dell'Italia sostituendo l'incapace e corrotto Virgilio. Nel 353 d.A. nasce a Betlemme Gesù Cristo, che inizia la sua predicazione e non trova ostacoli poiché nell'Impero Alessandrino tutte le religioni sono tollerate a patto che non predichino odio e violenza. In tal modo Gesù subisce la crocifissione solo in età più avanzata e con i suoi apostoli può diffondere la sua parola in varie parti del mondo, arrivando fino ad Alessandria d'Egitto e a Babilonia. Gesù viene crocifisso nel 435 d.A., ma i suoi ormai numerosissimi apostoli continuano a predicare rendendo il Cristianesimo uno dei culti più diffusi nell'impero insieme a quelli del Mitraismo, dell'Induismo e del Pantheon Olimpico. Alla morte di Antipatro gli succede il figlio Ipparco di Macedonia, il quale sposa Shilpa Ab-Amal, una splendida principessa dell'India, e genera ben quattro figli: Anteo, Elettra, Eracle e Neottolemo; quest'ultimo è il primogenito e dunque l'erede al trono. Sotto Ipparco e i suoi discendenti l'Impero continua a vivere in pace e armonia, con occasionali rivolte nei suoi territori più remoti, rivolte che vengono sempre sedate con rapidità. L'unica piaga seria è quella dei pirati che imperversano negli arcipelaghi al largo di Atlantide: le bande di filibustieri sono formate da rinnegati, criminali, ribelli e pazzoidi d'ogni sorta, e assaltano ferocemente i galeoni alessandrini depredandoli e trucidandone gli equipaggi. Uno dei più spietati capitani corsari è Spartaco detto Barbanera, un rinnegato di origini italiche la cui ciurma è temutissima in tutto l'Atlantico. Tuttavia la pirateria non rappresenta certo una grave minaccia per la stabilità dell'impero. La tecnologia compie passi da gigante, e nel 527 d.A. inizia la rivoluzione industriale, che comincia in Mesopotamia e si diffonde rapidamente in tutto il mondo. Ma ad un certo punto, nel 733 d.A., una nuova minaccia si profila all'orizzonte: Attila, re degli Unni, oltrepassa con la sua immensa orda i confini dell'impero e invade l'Europa, compiendo stragi e saccheggi enormi. Nonostante facciano largamente uso di armi da fuoco gli Unni sono un popolo di fieri guerrieri che ripudia i vantaggi offerti dalla rivoluzione industriale e vive ancora in modo selvaggio, rifiutando di sottomettersi all'impero. l'imperatore Antipatro III di Macedonia ordina che Attila venga fermato con ogni mezzo. Ma il re Unno prosegue inarrestabile e dopo aver sconfitto il diadoco Genserico in una tremenda battaglia presso Alessandria di Gallia (la nostra Marsiglia) oltrepassa le Alpi e giunge in Italia, seminandovi rovina e morte. Si guadagna così l'appellativo di "Flagello degli Dei". Tuttavia viene infine sconfitto dal diadoco Avienno, che lo affronta in battaglia e lo uccide. L'orda Unna, senza più una guida, si ritira in fretta e furia dall'Europa, ma i diadochi la incalzano fino alle gelide steppe del nord, annientandola. Antipatro III infatti aveva deciso di porre fine per sempre alla minaccia Unna. Per evitare altre invasioni l'Imperatore si pone personalmente alla testa di un'enorme armata e si dirige a nord, conquistando tutti i territori fino al Mar Glaciale Artico (dunque le nostre Russia e Siberia). In questo stesso periodo viene completata la conquista dell'Atlantide Meridionale e dell'Africa Meridionale. Tra il 768 d.A. e l'810 d.A. i coloni dell'Impero Alessandrino si espandono nell'Atlantide Settentrionale Occidentale, dando luogo alla cosiddetta "conquista del Lontano Ovest", riguardo alla quale nascono molti miti e leggende. Uno dei personaggi più famosi di questa epopea atlantidea è il celebre pistolero Artù (il nostro re Artù), un avventuriero di origini romano-britanniche che si guadagna presto il titolo di "pistola più veloce dell'Ovest", poiché vince più di 100 duelli. Ora l'impero copre l'intero orbe terracqueo. Ormai l'industrializzazione si è diffusa ovunque, anche in Africa e Atlantide Meridionale, e le scoperte scientifiche si susseguono senza sosta, come in una reazione a catena; la luce elettrica, la locomotiva e la dinamite sono già state inventate da tempo, e ora nuovi limiti vengono superati: lo scienziato giapponese Hu Lin, il cui bisnonno aveva già inventato la fotografia, crea il primo cinematografo. Nel frattempo in Europa lo scienziato Pipino detto il Breve inventa il primo telefono, mentre Vitughindo il Sassone collauda il primo aeroplano. A partire dall'820 d.A. compaiono le automobili, che vengono ben presto prodotte in massa nelle fabbriche e distribuite a tutti i cittadini dell' impero per volere dell'imperatore Euripide di Macedonia detto il Forte. Dall' 850 d.A. al 1530 d.A. si assiste alla cosiddetta "nuova età dell'oro", nella quale benessere e felicità sono diffusi ovunque, fioriscono le scienze e le arti e la pace regna sul mondo intero, ormai finalmente unito; ma dopo oltre sei secoli di prosperità una nuova, terribile minaccia si avvicina: infatti le province cinesi dell'impero sognano da tempo l'indipendenza, e in segreto la potente setta chiamata "Ordine Del Dragone Nero" capeggiata dal diadoco mongolo Kublai Khan, trama affinché i cinesi si ribellino, approfittando del diffuso malumore della popolazione causato da una tremenda crisi economica che in questi anni sta flagellando le province dell'Estremo Oriente. Kublai e la sua setta reclutano a poco a poco milioni di seguaci e mettono in atto una massiccia propaganda clandestina, in cui affermano che i cinesi sono la "razza eletta e pura" destinata ad annientare l'Impero Alessandrino e a dominare il mondo. Il governatore della Cina Gengis Khan, nonno di Kublai e leale servitore dell'impero, tenta invano di scovare i rifugi della setta, ignorando che il capo di quest'ultima è proprio un membro della sua famiglia. L'imperatore Nearco di Macedonia segue con attenzione gli eventi, ma decide di non intervenire direttamente sottovalutando il pericolo e pensando che Gengis possa risolvere il problema da solo. Ma purtroppo si sbaglia! Infatti nell'aprile del 1532 d.A. Kublai si sente pronto a fare la sua mossa e per prima cosa fa assassinare Gengis, facendo credere a tutti che si sia trattata di una morte naturale. Poi prende il potere con un fulminante colpo di stato e, forte del sostegno popolare, dichiara la secessione delle province cinesi dall'Impero Alessandrino e si proclama imperatore del Nuovo Impero Cinese. L'esercito e la marina seguono Kublai ribellandosi ai comandanti alessandrini. Sgomento e confusione si diffondono in tutto il mondo. Kublai pone a capo dell'esercito i membri dell'Ordine Del Dragone Nero ed instaura un vero e proprio regime del terrore, reprimendo nel sangue qualunque opposizione. Istituisce anche il suo personale servizio segreto, chiamato semplicemente L'Ombra, il quale diventa ben presto temutissimo dal popolo per la sua efferatezza estrema. Migliaia di persone che si opponevano al regime vengono deportate in atroci campi di concentramento. Nearco decide di preparare una grande offensiva per riconquistare i territori perduti, e così inizia una vera e propria guerra fredda tra le due potenze; alla fine però è Kublai a fare la prima mossa, e nel gennaio del 1536 d.A. invia un immenso esercito di oltre due milioni di uomini oltre il confine; l'esercito cinese invade la Battria conquistandola in pochi mesi, quindi punta deciso su Babilonia. L'obiettivo di Kublai infatti è di condurre una guerra lampo che colpisca al cuore il nemico. Ma un imponente armata di oltre un milione di uomini, 20.000 carri armati e 12.000 aerei comandata dall'imperatore Nearco in persona si oppone all'avanzata cinese e riesce ad arrestarla dopo oltre quattro mesi di battaglia al confine orientale della Mesopotamia. Centinaia di migliaia di soldati cadono da entrambe le parti. Kublai decide allora di scatenare un'imponente offensiva aerea contro le basi alessandrine dell' India e del Pacifico: nell'ottobre 1536 un'armata di oltre 50.000 tra bombardieri e aerei da caccia si scaglia contro le basi nemiche, infliggendo gravissime perdite alle forze alessandrine. Ma l'aviazione alessandrina non è da meno, e riesce a lanciare una micidiale controffensiva. E' iniziata a tutti gli effetti quella che sarà ricordata come la "Grande Guerra";  le forze di Kublai e quelle di Nearco si affrontano per terra, per aria e per mare, con perdite catastrofiche da ambo le parti. Nuovi fronti si aprono in continuazione fino a coinvolgere l'intera area indo-pacifica; sia le città cinesi che quelle alessandrine subiscono massicci bombardamenti che fanno strage della popolazione civile. L'unica città che rimane quasi illesa è Babilonia, grazie al colossale apparato di difesa antiaereo che la circonda. La guerra si protrae per anni con sorti alterne, finché nel 1540 avvengono le due battaglie decisive: quella terrestre di Roxelania in Sarmazia e quella aeronavale delle Isole Salomone, entrambe vinte dagli alessandrini. Da questo momento in poi comincia una lenta ma inesorabile ritirata delle truppe cinesi, che vengono spinte sempre più nei loro territori. Le città cinesi vengono sottoposte a continui e martellanti bombardamenti, e l'aviazione cinese viene annientata. Ma la guerra rischia di trascinarsi per altri anni, serve un'arma definitiva, e così Nearco riunisce una squadra composta dai migliori scienziati dell'impero e la invia in una base segreta sulle montagne del Caucaso, con il compito di realizzare la prima bomba atomica; il progetto, denominato "Sole Ardente", ha successo e nell'agosto del 1542 la squadra di scienziati, capitanata dal fisico italico Marco Polo, riesce a creare la prima arma atomica della storia dell'umanità. Nearco decide di utilizzare subito la micidiale arma, e così nel novembre dello stesso anno un bombardiere alessandrino sgancia la bomba su Bian, capitale del Nuovo Impero Cinese, radendola al suolo e uccidendo milioni di persone. A questo punto il popolo cinese, stanco e provato da anni di guerra, si rivolta contro il regime che avrebbe dovuto donare gloria e prosperità e ha portato invece solo rovina e morte. Kublai Khan, vistosi perduto, tenta di fuggire verso nord ma il suo convoglio viene intercettato e circondato dalle truppe alessandrine, che gli intimano la resa; ma Kublai preferisce morire piuttosto che subire l'onta della sconfitta, e così un istante prima di essere catturato si uccide con un colpo di pistola alla testa. Nel febbraio 1543 anche le ultime resistenze vengono sgominate, e la Cina è totalmente riconquistata. Il Nuovo Impero Cinese non esiste più, e il popolo cinese è ben contento di entrare di nuovo a far parte dell'Impero Alessandrino. Finalmente il mondo è di nuovo in pace, e l'imperatore Nearco proclama che da ora in avanti "non vi dovrà più essere odio e violenza tra gli uomini, e mai queste atrocità verranno ripetute." Inizia così una nuova era di pace e armonia.

Le città distrutte vengono ricostruite, e inizia un nuovo boom economico. Nel giro di pochi decenni compaiono moltissime innovazioni tecnologiche: gli aerei a reazione, i satelliti per telecomunicazioni, le centrali a energia nucleare, i calcolatori elettronici e gli elettrodomestici; nel 1560 viene lanciato nello spazio il primo razzo con equipaggio umano. Nel 1567 avviene lo sbarco sulla luna con la missione Apollo. Il primo uomo a camminare sul suolo lunare è il greco Niso di Corinto, il quale dichiara: "è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'Impero!". Nel 1573 viene costruita la prima colonia lunare, battezzata Selenia, nella quale vanno a vivere più di 1000 scienziati terrestri con le loro famiglie. Ben presto vengono create moltissime altre colonie lunari, alcune a scopo puramente scientifico, altre allo scopo di sfruttare le risorse del suolo lunare (soprattutto i giacimenti di Elio 3); le più importanti colonie sono Nuova Atene, Selenia, Urania, Era e Nuova Tebe. Vengono costruite numerose stazioni spaziali orbitanti con il compito di rifornire i coloni in viaggio per la luna. Sulla terra intanto avviene la "rivoluzione elettronica": in tutte le case del mondo si diffondono i computer, che sono tutti interconnessi fra loro da una rete virtuale chiamata "la Tela di Aracne" (la nostra internet); si diffondono i telefoni cellulari e i navigatori satellitari, e le auto a benzina sono sostituite da quelle a idrogeno, molto meno inquinanti. Nel 1601 la prima spedizione umana raggiunge Ares a bordo della nave spaziale Pegasus; il comandante della spedizione, Fidia di Creta, pianta la bandiera dell'Impero Alessandrino sul pianeta rosso e vi fonda il primo avamposto umano. Ben presto vengono costruite molte altre astronavi con motori sempre più potenti e il sistema solare viene rapidamente conquistato: vengono fondate colonie su Ares, sulle lune di Zeus e su quelle di Crono, e vengono creati avamposti minerari nella fascia degli asteroidi per utilizzarne le immense risorse. Viene anche scoperto che la vita è possibile su altri pianeti: su Ares vengono trovati i fossili di batteri primitivi, mentre nelle profondità dell' oceano sotterraneo di Europa vengono scoperte colonie di microorganismi che vivono grazie all'energia geotermica. Sulla Terra le città sono diventate enormi megalopoli dove però tecnologia e tradizione vanno a braccetto, con risultati spettacolari. A Babilonia è stata costruita la nuova dimora dell'imperatore, una struttura colossale alta più di settecento metri chiamata semplicemente "La Torre": un edificio sorretto da acciaio e cemento ma rivestito di marmi policromi e meravigliosi giardini pensili, in una perfetta combinazione di antico e nuovo. La Torre è stata subito riconosciuta come l'ottava meraviglia del mondo. La lingua più parlata sul pianeta è sempre il greco(come l'inglese da noi). Nel 1692, in seguito alla scoperta di numerosi sistemi stellari che potrebbero ospitare pianeti adatti alla vita gli scienziati terrestri, su ordine dell'imperatore Eurialo di Macedonia, iniziano a lavorare al progetto di un motore capace di superare la velocità della luce. Alla fine, dopo quasi un secolo di fallimenti, gli scienziati ce la fanno! Il gruppo di ricerca dell' Imperiale Università di Babilonia, guidato dal professor John Stilton, riesce a costruire il primo motore ultra-luce; in pratica il nuovo motore è in grado di creare un wormhole capace di piegare lo spazio, e grazie ad esso è possibile raggiungere ogni angolo dell'universo. Così in breve viene costruita la prima astronave a propulsione ultra-luce, battezzata Prometeus; l'astronave, priva di equipaggio, viene lanciata nello spazio dalla base lunare Calliope ed effettua con successo il balzo ultra-luce, raggiungendo la stella Alpha Centauri in meno di tre giorni. L'imperatore Alessandro VII di Macedonia, il quale da tempo sognava di conquistare le stelle e di eguagliare la gloria di Alessandro Magno, è entusiasta e ordina di allestire subito una spedizione con equipaggio umano. il gigantesco telescopio spaziale orbitante Cyclops inizia a sondare il cosmo in cerca di una destinazione appetibile, e infine individua un pianeta di tipo terrestre presso la stella Sirio. Così nel giugno 1772 d.A. l'astronave ultra-luce Noos, con a bordo 200 uomini e comandata dall'ammiraglio italico Cristoforo Colombo, parte per Sirio e lo raggiunge in una settimana. Una volta lì Colombo e i suoi atterrano sul pianeta individuato dal Cyclops, constatando che non solo è grande quanto la Terra, ma è anche ricchissimo di acqua allo stato liquido e presenta una notevole attività geologica e vulcanica. La superficie emersa è rocciosa e priva di vita, ma nell'acqua vengono trovati miliardi di organismi unicellulari autotrofi che pullulano grazie alla luce di Sirio. Colombo prende ufficialmente possesso del pianeta nel nome dell'imperatore e di tutta l'umanità e lo chiama Aurora per via del colore dorato del cielo. La spedizione terrestre trascorre diversi mesi su Aurora studiando con entusiasmo quel mondo alieno e i suoi microscopici abitanti, quindi torna trionfalmente sulla Terra, portando una miriade di dati e campioni preziosissimi. Colombo viene accolto come un eroe e insignito del titolo di Supremo Esploratore Stellare. A questo punto Alessandro VII capisce di avere l'opportunità di coronare i suoi sogni di gloria, e fa subito preparare un'altra spedizione molto più grande e attrezzata, con lo scopo di esplorare molti altri sistemi stellari. Così in pochi anni viene costruita una colossale astronave, la Kronos, equipaggiata con le più moderne tecnologie e capace di ospitare un equipaggio di oltre 800 uomini. Il telescopio spaziale Cyclops scruta nuovamente nello spazio e individua una serie di stelle che potrebbero ospitare pianeti adatti alla vita. La Kronos (tratta dal sito italiano di Stargate SG-1)Alla fine nel marzo del 1781 d.A.(per noi è il 1492 d.C.) la Kronos è pronta a partire col suo equipaggio, composto da persone provenienti da ogni parte del mondo e da molti personaggi celebri: oltre allo stesso imperatore Alessandro VII, che vuole guidare personalmente la missione, vi sono anche altri grandi uomini del loro tempo: il primo ufficiale scientifico è il famoso inventore italico Leonardo Da Vinci, mentre il capitano della nave è l'ispanico Martìn Alonso Pinzòn; il suo primo ufficiale è Giovanni Caboto, mentre il pilota della Kronos è l'abilissimo Juan De La Cosa; il sommo sacerdote della spedizione è Antoine Busnois, mentre il cartografo stellare è Martin Behaim. Finalmente il 22 aprile 1781 la Kronos parte verso l'ignoto. Il primo sistema stellare ad essere esplorato è quello della nana rossa Cygnus3 , che la Kronos raggiunge in soli 12 giorni: viene subito scoperto un pianeta di tipo terrestre dalle caratteristiche piuttosto singolari: esso infatti, a causa della forte gravità della stella, non gira intorno al proprio asse e di conseguenza ha un lato perennemente oscuro e gelido e l'altro lato perennemente illuminato, caldo (tanto che vi si scatenano in continuazione tempeste e uragani di tipo monsonico) e ricco di vita vegetale e animale; Alessandro VII si mette personalmente alla testa di una squadra d'esplorazione e scende con una navetta da sbarco sul lato illuminato del pianeta, atterrando in una foresta strana e rigogliosa, con piante enormi e bizzarre. La squadra ha da poco iniziato a raccogliere i primi campioni quando viene improvvisamente assalita da un branco di feroci animali carnivori, esseri bipedi alti più di 5 metri e dall'aspetto simile all'incrocio tra uno struzzo e un velociraptor; diversi uomini rimangono uccisi e lo stesso imperatore sfugge per un pelo alle micidiali fauci delle creature. La squadra riesce a decollare e a fare ritorno sulla Kronos, dove l'imperatore non demorde e prepara subito un'altra esplorazione in una diversa regione del pianeta: stavolta atterra in una regione paludosa, dove i suoi uomini rischiano varie volte di essere inghiottiti dal fango...che però non è l'unico pericolo! Sotto la superficie fangosa infatti si annidano strane creature lunghe un metro e simili a rospi a sei zampe, dotate di letali pungiglioni velenosi; diversi uomini vengono uccisi da questi esseri, alcuni dei quali vengono catturati e portati sulla Kronos per essere studiati. Dopo un mese di studio ed esplorazione l'imperatore decide di passare ad un nuovo sistema stellare, e così la spedizione lascia il pianeta battezzandolo Giano (poichè come l'antico dio ha due facce completamente diverse). Dopo un'altra settimana di viaggio a velocità ultra-luce la Kronos raggiunge un altro sistema formato da due stelle che ruotano l'una intorno all'altra (uno dei cosiddetti "sistemi binari") dove, presso un gigante gassoso simile a Saturno, scoprono un'altro pianeta di tipo terrestre ricco di acqua e di vita. Questo mondo, battezzato Luna Blu, ha un'atmosfera molto più densa e ricca di ossigeno di quella terrestre ed è coperto da lussureggianti foreste formate da piante altissime sulle cui cime a forma di coppa si accumulano grandi quantità d'acqua; nel cielo volano strane ed enormi creature simili a balene volanti con un'apertura alare di 10 metri, le quali vengono cacciate da stormi di carnivori grossi come aquile e dall'aspetto simile all'incrocio tra un calabrone e uno pterodattilo. L'imperatore atterra sul pianeta con una squadra e si rende subito conto di poter quasi volare a causa della maggior densità dell'aria. Dopo diverse settimane trascorse su questo meraviglioso mondo la spedizione riparte e raggiunge un'altro sistema stellare, dove viene scoperto un pianeta di tipo terrestre con primitive forme di vita animali e vegetali...le quali però non sono a base di carbonio, ma di silicio, e dunque hanno l'aspetto di cristalli viventi! Il pianeta viene battezzato Adamantinus. Viene raggiunto un altro sistema, dove c'è un pianeta terrestre che però non ha un clima molto ospitale: si trova infatti vicinissimo alla sua stella ed è più caldo del peggiore degli inferni; inoltre è flagellato da innumerevoli eruzioni vulcaniche; la squadra di esplorazione terrestre deve usare delle speciali tute protettive per avventurarsi su questo mondo. Una volta atterrati risulta subito chiaro che il pianeta non può ospitare alcuna forma di vita, e così l'imperatore ordina di raccogliere dei campioni di roccia e di prepararsi a ripartire: proprio in quel momento però si verifica una violenta scossa sismica e si apre un crepaccio in cui Alessandro VII precipita; i suoi uomini iniziano disperatamente a cercarlo, anche se sono ormai convinti di averlo perso; ma l'imperatore non è morto, poiché un istante prima di finire nella lava incandescente è stato salvato da delle creature intelligenti che lo hanno portato in una caverna sotterranea e gli hanno parlato telepaticamente, rassicurandolo; questi esseri sono amorfi e fatti di plasma organico, e si dimostrano molto curiosi verso l'imperatore poiché non hanno mai incontrato una creatura simile. Alessandro VII, benchè spaventato, capisce che non vogliono fargli del male e li ringrazia per averlo salvato, chiedendo poi di essere riportato in superficie; gli alieni acconsentono e riconducono l'imperatore dai suoi uomini, i quali restano esterrefatti nel vederlo ancora vivo. Dopo aver siglato con gli alieni (ai quali gli umani danno il nome di Eterei) un patto di amicizia e aver battezzato il pianeta Efesto la spedizione riparte verso un'altra stella; qui giunge su un pianeta oscuro ed inquietante, il cui cielo è perennemente velato da nubi che provocano un eterno crepuscolo. la squadra d'atterraggio si trova di fronte a un paesaggio desolato, con enormi crepacci e oscure caverne che si aprono fra le rocce nere e ricurve. Tuttavia c'è dell'acqua e ci sono anche numerose forme di vita unicellulari e alghe...ma non solo! Infatti mentre esplorano l'area intorno al punto d'atterraggio Alessandro e i suoi si ritrovano in mezzo a una foresta fatta da una sorta di strani licheni giganti, di forma cilindrica e di color viola scuro. All'improvviso vengono attaccati da centinaia di grossi insetti alieni: si tratta di creature lunghe mezzo metro e simili all'incrocio tra un ragno e uno scorpione, con una coda lunghissima. Gli insetti hanno la capacità di assorbire l'energia vitale delle loro prede, e così in pochi secondi molti uomini vengono "prosciugati" e muoiono. Gli altri però riescono a portare in salvo l'imperatore e a distruggere numerosi insetti con i fucili al plasma. Ma proprio quando l'imperatore sta per rifugiarsi all'interno della navetta da sbarco uno degli insetti, che si era nascosto sotto un'alettone, lo attacca e inizia a succhiargli la vita. Gli uomini della squadra tentano disperatamente di fermarlo ma invano, poiché l'insetto si è avvinghiato intorno al collo del sovrano con la sua lunga coda e strapparlo via con la forza potrebbe uccidere Alessandro. Così l'imperatore, ormai in condizioni critiche, viene portato a bordo della Kronos, dove fortunatamente il geniale Leonardo Da Vinci riesce a salvarlo con un'idea brillante: egli infatti inietta nel corpo del sovrano una sostanza di sua invenzione capace di rallentare le funzioni vitali fin quasi a fermarle; in questo modo l'insetto, credendo morta la sua preda, molla spontaneamente la presa e viene prontamente catturato. Per fortuna non è troppo tardi e l'imperatore si riprende in poco tempo. Una volta ristabilitosi Alessandro conferisce a Leonardo una medaglia al valore e battezza quel terribile pianeta Ade. La Kronos riparte, giungendo in un altro sistema stellare dove scopre un pianeta di tipo terrestre ma freddo e desolato, le cui uniche forme di vita sono batteri che vivono nel sottosuolo e si nutrono di metano. L'imperatore battezza il pianeta Fetonte e ne prende possesso, ma poichè è così inospitale ordina alle squadre scientifiche di compiere solo i rilevamenti necessari e di ripartire verso mondi più interessanti. Ma proprio in quel momento accade una cosa sorprendente: nell'orbita di Fetonte appare un wormhole e accanto alla Kronos si materializza un'altra enorme astronave, i cui occupanti contattano subito gli umani via radio dichiarando le loro intenzioni pacifiche: avviene così il primo incontro dei terrestri con un'altra civiltà evoluta, quella dei Tau; questi ultimi sono alieni umanoidi di statura elevata e dalla pelle azzurra e traslucida, con sei dita per mano, grandi occhi neri privi di pupille e quattro protuberanze simili a tentacoli al posto della bocca. Comunicano tramite onde cerebrali a bassa frequenza e sono ermafroditi. Sono anch'essi esploratori e vengono da un sistema stellare molto lontano, all'altra estremità del braccio galattico. I Tau si dimostrano pacifici e amichevoli, e Alessandro VII stringe con loro un patto di alleanza. I Tau sono ansiosi di conoscere meglio gli umani e promettono di inviare al più presto una delegazione sulla Terra; l'imperatore ne è lieto e risponde loro che quando arriveranno saranno accolti dai terrestri con tutti gli onori. Poi le due astronavi si separano, proseguendo ognuna la propria missione di esplorazione; dopo due settimane di viaggio la Kronos raggiunge un pianeta di tipo terrestre in orbita attorno a una vecchia gigante rossa. Il pianeta è arido e privo di vita, praticamente morto, ma sulla sua superficie gli umani scoprono le rovine di un'antica e grandiosa città, appartenenti alla misteriosa razza scomparsa che abitava il pianeta milioni di anni prima. Alessandro è entusiasta e inizia subito ad esplorare i ruderi. Intanto Giovanni Caboto, in base ai dati sulla geologia del pianeta (nel frattempo battezzato Eritro) ipotizza che gli abitanti possano essersi estinti in seguito ad un cataclisma su scala planetaria, forse un super-terremoto o una pioggia di meteoriti. Ad un certo punto gli esploratori, avventurandosi tra le rovine dell'antica città, scoprono l'ingresso di una vera e propria fortezza sotterranea, una struttura immensa che grazie ai resistentissimi e sconosciuti materiali di cui è fatta è rimasta praticamente integra nonostante i milioni di anni trascorsi. Alessandro è sempre più curioso e si prepara a scendere nella fortezza con una squadra speciale. Anche Leonardo Da Vinci si reca sul pianeta poiché l'imperatore spera che con il suo genio possa aiutarli a svelare il mistero. Così dopo gli opportuni preparativi la squadra, composta da una trentina di uomini compresi Alessandro e Da Vinci, si addentra nell'enorme complesso sotterraneo, dove si trovano a percorrere sale immense ed oscuri labirinti di corridoi; proprio dalla forma dei corridoi e delle porte Da Vinci deduce che gli abitanti dovevano essere umanoidi. Su alcune pareti vengono trovati moltissimi glifi e Da Vinci si mette subito al lavoro per decifrarli. Improvvisamente però diversi membri della squadra iniziano ad essere colti da follia e convulsioni e muoiono dopo pochi secondi. Nessuno sa spiegarsene il motivo, ma Da Vinci riesce a decifrare parte dei glifi e a leggere così tutta la verità: gli antichi abitanti del pianeta erano in guerra fra loro, e ad un certo punto una delle fazioni in lotta aveva creato in laboratorio un'arma definitiva: un letale virus nanotecnologico capace di autoreplicarsi e di uccidere qualunque forma di vita organica; questo nano-virus però è sfuggito al controllo dei suoi creatori e li ha sterminati, riducendo il pianeta ad un deserto senza vita. La fortezza sotterranea era l'ultimo rifugio costruito dagli abitanti prima di essere del tutto annientati. I nano-virus però sono riusciti a sopravvivere ponendosi in una sorta di ibernazione, e quando hanno percepito l'arrivo dei terrestri sul pianeta si sono riattivati e li hanno contagiati! Da Vinci analizza l'aria con il suo rilevatore portatile e scopre che è infestata dai mortali nano-virus, trovando così la conferma a ciò che narrano i glifi. Se non si trova una soluzione al più presto lui, l'imperatore e tutti gli altri membri della squadra moriranno entro poche ore! Man mano che passano i minuti muoiono sempre più uomini, e quelli ancora vivi cominciano ad avere tremori e orribili allucinazioni. L'imperatore, sconvolto ma ancora lucido, contatta la Kronos (che si trova ancora in orbita) ordinando al comandante Pinzòn di portare la nave lontano da quel pianeta per evitare che anch'essa sia contagiata. Ma Pinzòn si rifiuta di abbandonare il suo sovrano e non obbedisce all'ordine, nonostante la rabbia di Alessandro. Tuttavia sembra che non ci sia soluzione. Ma ad un certo punto Da Vinci ha un'idea geniale: siccome i nano-virus non sono altro che macchine microscopiche un'onda elettromagnetica sufficientemente potente dovrebbe poterli annientare, e l'unico modo per generarla è un'esplosione atomica! Da Vinci (stremato per gli effetti del virus ma ancora capace di pensare) contatta Pinzòn e gli spiega la sua idea: il capitano, seppur perplesso, capisce che è l'unica possibilità che hanno e fa lanciare uno dei generatori atomici di riserva dell'astronave nell'alta atmosfera del pianeta. L'esplosione nucleare è potentissima e genera una fortissima onda elettromagnetica che distrugge tutti i nano-virus sul pianeta, compresi quelli all'interno dei corpi degli umani. Così l'imperatore, Da Vinci e gli altri uomini superstiti sono salvi e la minaccia è sventata... grazie al genio di Da Vinci, che riceve un'altra medaglia al valore. L'imperatore ne ha abbastanza di quel pianeta e dei suoi misteri e una volta tornato a bordo della Kronos ordina di ripartire immediatamente. L'astronave si dirige così verso un'altra stella. Qui viene localizzato un pianeta straordinariamente simile alla terra con atmosfera ricca di ossigeno, oceani profondissimi e foreste rigogliose. La vita è basata sul carbonio e vi sono molte piante e animali dalla struttura simile a quelli terrestri. Tuttavia la squadra di esplorazione della Kronos si accorge subito che la forma di vita dominante sono i rettili: gigantesche creature simili a dinosauri si aggirano sulla superfice di quel mondo... ma non solo! Ben presto infatti gli esploratori terrestri entrano in contatto con una civiltà di rettili umanoidi intelligenti: questi esseri hanno la pelle squamosa, cranio sviluppato con vista binoculare, grandi occhi gialli e pollice opponibile; tuttavia sono ancora molto primitivi e vivono in capanne cacciando e coltivando. Ciononostante hanno una cultura sviluppata (si dipingono la pelle, usano ornamenti d'ogni sorta, ecc.) che affascina Alessandro e i suoi. I rettiloidi credono che gli umani siano dei e li accolgono con tutti gli onori, aiutandoli a conoscere meglio quel mondo. La spedizione trascorre diversi mesi su questo meraviglioso mondo (battezzato Amazzonia dall'imperatore), e alla fine arriva il momento di ripartire per fare ritorno sulla Terra. Così dopo più di un anno trascorso nello spazio la Kronos e il suo valoroso equipaggio tornano a casa, dove vengono accolti con una gioia e un tripudio mai visti. I festeggiamenti continuano per mesi in tutto il mondo e Alessandro VII , fiero di essere riuscito ad eguagliare le gesta dei suoi antenati, dichiara in mondovisione che "da ora in avanti si apre una nuova era della storia umana, quella della colonizzazione della galassia. Tra le stelle dovremo affrontare ogni sorta di insidie e di avventure, ma potremo superarle tutte se resteremo tutti uniti... uniti sotto il vessillo dell'Impero!"

Io per ora mi fermo qui... Se qualcuno vuole continuarla, è il benvenuto!

Blade87

Alessandro Magno entra a Roma da conquistatore (immagine creata con openart.ai)

Alessandro Magno entra a Roma da conquistatore (immagine creata con openart.ai)

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Passiamo ora a questa proposta alternativa di Rubrus:

Alessandro Magno non muore a Babilonia, ma, dopo aver sconfitto i diadochi ribelli in una serie di guerre civili, fonda una monarchia ereditaria con capitale nella nuova città di Alessandria Basileia. La morte lo coglie mentre, dopo aver sconfitto Cartagine e sottomesso parte dell’Africa settentrionale, è in guerra con le colonie della Magna Grecia alleatesi con la nascente potenza romana.

La presenza di un potente stato greco unitario nel Mediterraneo orientale impedisce a Roma di espandersi verso est.

Anche se le legioni si dimostrano più efficienti della falange, Roma riesce a stabilire il proprio dominio solo sull’Africa nord occidentale (dopo che Scipione ha sconfitto i Greci a Zama) e sull’Italia meridionale. Alla fine i Romani rinunciano ai tentativi di espansione verso oriente dirigendosi verso ovest e verso nord. La loro civiltà, benché forse militarmente superiore a quella ellenistica, è più povera, meno colta, meno ricca. La presenza del grande impero alessandrino impedisce a Roma l’accumulo di ricchezze e le frizioni che, nella nostra timeline, provocano le guerre sociali e le guerre civili. Nonostante alcune crisi interne, l’esistenza della Repubblica non viene messa in serio pericolo. Mario e Silla rintuzzano alcuni tentativi di espansione greca ad ovest e, anzi, approfittando delle invasioni di Cimbri e Teutoni – che sono attratti dalle ricche terre d’Oriente più che da quelle, più arretrate, d’Occidente, strappano alcuni territori balcanici ed africani al dominio ellenistico. Tripolitania e Cirenaica diventano romane. Pompeo, annessa definitivamente la penisola iberica, completa la conquista dell’Illiria e della Pannonia ed inizia quella della Gallia. Cesare, divenuto console assieme al suocero, annette tutta la Gallia, sconfigge Vercingetorige, stabilisce una testa di ponte in Britannia e conquista la Germania. Prima che la popolarità acquisita con le conquiste gli consenta di assumere un potere monarchico, il Senato lo fa assassinare. La crisi dello Stato romano apertasi dopo la sua morte consente a macedoni ed egiziani di riprendersi parte dei terreni perduti. Antonio, dopo aver respinto le armate ellenistiche, cerca una pace con l’Imperatrice Cleopatra che vede in lui un potenziale alleato. Se Antonio diventasse imperatore di Roma i due potrebbero creare un unico impero esteso dall’Indo all’Atlantico. Il disegno panimperiale fallisce: le truppe di Ottaviano e del senato sconfiggono Antonio e Cleopatra.

Ottaviano è nominato console unico a vita, ma, alla sua morte, il potere torna quasi integralmente nelle mani del Senato.

Tra i due imperi si stabilisce una pace armata: Roma proseguirà la sua espansione verso Nord e nell’Europa continentale, mentre l’impero alessandrino rinuncerà ad ogni tentativo di egemonia sul mediterraneo.

Nei secoli successivi Roma prosegue nella sua politica espansionistica e, al potere del Senato, si affianca quello dei comandanti militari che, tuttavia, non diventa esclusivo. Roma continua ad essere una Repubblica oligarchica in contrapposizione ad Alessandria Basileia, governata da monarchi di stampo orientale.

Il Cristianesimo si diffonde soprattutto ad est, mentre ad ovest, dove viene percepito come una religione “greca” e potenzialmente nemica, viene osteggiato e perseguitato. L’Occidente rimane formalmente pagano (anche se nei vecchi dei olimpici credono ormai in pochi) mentre in Oriente i vecchi culti sopravvivono accanto allo zoroastrismo, al mitraismo – molto diffuso – ed alla nuova fede, che gradualmente prende sempre più piede.

Gli alessandrini, impossibilitati ad espandersi ad ovest, intensificano i rapporti con la Cina e con l’India. Lo scambio economico e culturale con l’Estremo Oriente arricchisce l’Impero Alessandrino, nel quale iniziano a diffondersi nuovi sistemi di numerazione (quello indiano) e nuove invenzioni (la carta di stracci) nonché nuove fedi come induismo e buddismo. Si diffonde, ma non come arma, l’uso della polvere da sparo.

L’Occidente, dal canto suo, confinando con lande barbare e semideserte, rimane arretrato dal punto di vista economico e culturale. Anche se le legioni occupano le isole britanniche, le sponde del Baltico (assicurandosi il controllo sul commercio dell’ambra) ed arrivano fino alle steppe russe (allontanando, tramite la creazione di stati cuscinetto, la minaccia di invasioni barbare), Roma resta rozza e povera, tanto da dover impedire l’eccesso di emigrazione dei propri cittadini verso est e dover limitare, invece, l’importazione dei beni di lusso da Alessandria.

I Romani, scendendo dalla Pannonia settentrionale, annettono la Dacia e le coste nord del Mar Nero, ma Alessandria vede quest’espansione come una violazione dei trattati ed una minaccia ai propri confini. Scoppia una lunga guerra nella quale nessuna delle due fazioni sembra riuscire a prevalere sull’altra.

Roma, appreso dai cavalieri sarmati l’uso delle briglie e del morso, riesce ad imporre il proprio dominio sulle coste nord del Mar Nero, assicurandosi il controllo del grano ucraino, e sulle terre a nord del Danubio.

Nell’ultima fase del conflitto si compiono i primi tentativi di utilizzo bellico della polvere da sparo. La guerra prosegue con alterne fortune finché Adriano e Seleuco XV stipulano un trattato di pace. I due imperi sono usciti stremati dalla guerra.

A Roma il potere dei militari cresce fino a prevalere su quello senatorio e la Repubblica si avvia a diventare una dittatura. Nel Mediterraneo il commercio si è fermato e l’Impero, nonostante le conquiste territoriali, è sconvolto da una grave crisi economica. Nei territori più lontani dal potere centrale (Britannia del nord, steppe sarmatiche, interno della Scandinavia) le popolazioni sottomesse si ribellano. Roma rinuncia a quei territori e rafforza i confini costruendo il limes. La sua espansione si arresta.

In Medio Oriente la regina Zenobia fonda un regno indipendente con capitale Palmira. Roma ne vorrebbe approfittare, ma l’invasione di popoli barbari da Oriente la convince a desistere dall’impresa. L’imperatore Aureliano riesce tuttavia a respingere gli invasori e rafforza il confine lungo il quale dispone le prime batterie di rudimentali armi da fuoco.

Ad Alessandria Basileia il potere centrale s’indebolisce e divampano lotte dinastiche. Anche se gli alessandrini riescono ad avere ragione, alla fine, di Zenobia, la crisi favorisce il divampare delle prime lotte religiose. Nell’impero sono presenti più confessioni e particolarmente attiva è quella cristiana che, attribuendo la crisi ai peccati della classe dirigente, diffonde idee millenaristiche e predica l’obbligo, per gl’imperatori, di adoperarsi per la conversione dell’intera umanità. I rapporti tra potere centrale civile e potere religioso cristiano si stringono. Segue un breve periodo di rinascita durante il quale Alessandria Basileia rafforza la propria penetrazione nella penisola arabica.

Sospinta dagli Unni, una nuova ondata di barbari preme verso l’Europa ed il Mediterraneo. Roma perde l’Ucraina e gli altri territori orientali, ma riesce a fermare gl’invasori lungo la linea dell’Oder Neiss, dove viene costruito un nuovo limes che, grazie all’uso dei primi cannoni, ferma i barbari. Roma conserva il dominio sull’Europa centrale. La capitale dell’Impero viene spostata sul Reno, a Bonna (Bonn), mentre Roma rimane capitale “morale” e i popoli gotici si dirigono verso l’Impero Alessandrino. I Balcani sono conquistati ed Atene messa a ferro fuoco, ma gli alessandrini riescono a fermare gl’invasori sul Bosforo. Alcuni decenni dopo, un’inedita alleanza tra i due secolari nemici contro i barbari sventa definitivamente la minaccia. I Goti sono ricacciati oltre il Danubio. Nonostante l’opposizione delle sette cristiane più radicali, contrarie ad un’alleanza con l’Occidente politeista, i due imperi costruiscono una linea difensiva comune: la parte meridionale del corso danubiano, sottomessa ad Alessandria (che domina sui Balcani con l’eccezione delle zone oggi corrispondenti a Slovenia e Croazia) è affidata alla difesa degli orientali, l’Europa centrale agli occidentali. La minaccia barbarica è sventata. Nel clima di distensione tra le due potenze idee, uomini e merci dell’Oriente viaggiano più liberamente verso Occidente. Il commercio nel Mediteranno riprende e città come Atene o Roma godono di una rifioritura dopo secoli di conflitti. Grazie alla Via della Seta ed alla Strada Reale persiana, un flusso di merci può viaggiare dal Mar Giallo all’Atlantico. In Occidente si diffondono, oltre al cristianesimo, i numeri indiani, il confucianesimo, la carta di stracci. L’Oriente può contare sulla maggior potenza militare occidentale – più esperta nell’uso della polvere da sparo – o sull’uso più proficuo di scoperte, quali la bussola, che, rispetto alla nostra linea temporale, arrivano in occidente con secoli di anticipo.

I tentativi arabi di conquistare la Mesopotamia e l’Egitto falliscono, anche se l’Islam prende piede sia ad est che ad ovest.

Quando Carlo Magno, ricacciati gli ultimi barbari nelle steppe, riafferma il potere imperiale sul Baltico e sale sul trono d’Occidente, tra le due potenze sembra profilarsi un nuovo stato di tensione per il dominio sul Mar Nero...

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Il Marziano a questo punto fa notare:

Attenzione, amici! Cartagine (e pure Roma) erano in contatto con il Macedone. Lo schierarsi immediato di quasi tutti i Fenici dalla parte di Alessandro, fu non l'ultimo dei motivi delle sue vittorie. I Fenici di Cartagine seguirono l'esempio dei loro cugini del Libano, omaggiando Alessandro e collaborando con Nearco. Al contrario, il Macedone notò subito e si "legò al dito", il mancato invio di ambascerie romane, quando tornò dall'India a Babilonia (a differenza di ciò che fece il 99 % delle entità politiche con le quali i Macedoni avevano contatto). Infatti, aveva in programma, una volta consolidato l'impero, di andare ARMATO a chiedere spiegazioni...

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Diamo la parola a Federico Sangalli:

Dario il Satrapo

Dario III aveva circa cinquant’anni quando Alessandro Magno invase la Persia e pose fine al suo casato. Mentre si ritirava, venne tradito e ucciso dal suo vassallo Besso, che poi ne usurpò il trono (in realtà quasi legalmente visto che era il parente maschio più stretto) prima di essere sconfitto e ucciso a sua volta da Alessandro.
Il grande conquistatore macedone fu molto dispiaciuto per la fine di Dario. Era infatti evidente il suo desiderio di legittimarsi presso i suoi nuovi sudditi legandosi al casato achemenide: oltre ad adottarne usi, costumi e nomenclature infatti, Alessandro sposò la figlia di Dario, Stateira, e anche sua cugina Parisatide. C’era poi forse anche una certa stima tra avversari (Alessandro, megalomane qual’era, poteva immaginarsi un grande vincitore solo in presenza di un nemico altrettanto grande) ma senza dubbio la speranza di poterli utilizzare per una sorta di passaggio di testimone più o meno volontario contava molto nella volontà del sovrano macedone di catturare vivo Dario.
Ora, immaginiamo che Besso non uccida il suo sovrano durante il suo colpo di stato. Forse non osa uccidere un Re dei Re oppure, ancora meglio, sono alcuni suoi soldati che esitano e gli permettono di scampare al tentativo di assassinio. Subito dopo Besso, proclamatosi Imperatore convinto com’è che Dario sia morto, viene sconfitto e perisce per mano di Alessandro.
Il vincitore ora ha tra le sue mani l’ultimo Re dei Re persiano vivo e vegeto e ordina fin da subito di non trattarlo come un prigioniero ma come un suo pari. Egli lo conduce a Babilonia dove lo riunisce con la sua famiglia, caduta in mani macedoni dopo la sconfitta di Gaugamela, e gli assegna un palazzo e una sua corte. L’ex sovrano è in una custodia dorata ma gli viene lasciata ogni libertà. Dopo i Matrimoni di Susa Dario è ormai legato ad Alessandro da un triplice vincolo: di onore, perché è stato da lui vinto ed è suo prigioniero; di sangue, perché ora è suo genero; e di riconoscenza, perché lo ha salvato dalle mire di Besso. Non può quindi rifiutarsi quando Alessandro gli chiede di dare la sua benedizione alla giovane coppia. Dario non ha figli maschi e con la morte di Besso il casato achemenide è prossimo all’estinzione, quindi la benedizione del padre della sposa è organizzata come un’investitura ad Alessandro come suo successore. Dario III viene considerato un imperatore “emerito”, come se avesse abdicato, e gli viene permesso di avere una corte pari a quella del suo successore. Inoltre viene premiato con una satrapia prestigiosa in Persia, perché passi i suoi ultimi anni regnando sulla terra dei suoi avi da una delle grandi capitali dell’impero, un po’ come una specie di co-Imperatore, anche se solo nominale al di fuori della sua provincia.
Improvvisamente nel 323 muoiono a pochi mesi l’uno dall’altro sia Efestione, braccio destro di Alessandro nonché altro genero di Dario mediante il matrimonio con la sua seconda figlia Dripetide, sia Alessandro stesso. Due delle tre vedove dell’imperatore, Rossane e Stateira, sono incinte. Rossane capisce subito che il figlia della rivale avrà più chance del suo in quanto di doppia discendenza imperiale e ordina di fare piazza pulita. Dripetide e Parisatide sono uccise ma Stateira riesce a rifugiarsi presso il padre. Perdicca viene dichiarato reggente ma è ucciso poco dopo, dando inizio alle Guerre dei Diadochi. Formalmente la guerra vede contrapposti i due pretendenti, entrambi neonati di nome Alessandro: il “persiano” ha come reggente Dario e ha dalla sua tutte le province orientali meno la Battriana; quello “greco” ha dalla sua parte le regioni occidentali ma in realtà è in balia dei diadochi che si contendono la reggenza. Inizialmente viene raggiunta un’intesa tra i due reggenti, Dario e Antipatro, basata sulla proposta che l’achemenide aveva fatto ad Alessandro prima di Gaugamela, cioè di tenersi la metà occidentale dell’Impero, ma dopo la morte del generale ellenico il suo successore come uomo forte dell’Occidente, Antigono Monoftalmo, riprende le ostilità.
Nel 310 il figlio di Antipatro, Cassandro, fa uccidere sia Rossane sia Alessandro il Greco per potersi proclamare Re di Macedonia ma la guerra continua fino alla sconfitta e alla morte di Antigono nella Battaglia di Ipso nel 307 (anticipata di un paio d’anni perché Dario qua non perde tempo con l’India). In questa TL Seleuco rimane un generale al servizio di Tolomeo Sotere, ottiene una satrapia vassalla e sposa Arsinoe, figlia del nuovo Faraone.
La vittoria di Ipso pone finalmente fine alla Guerra dei Diadochi: Dario si spegne ormai ultrasettantenne poco dopo e il suo giovane successore, Alessandro II di Persia, cresciuti come un persiano, preferisce consolidare il suo trono e tenere fede agli accordi con i Tolomei che sostenere Demetrio Poliorcete nelle sue mire revachiste. I figli di Cassandro continuano così a regnare sulla Macedonia ma sono deboli e presto sono rovesciati da Pirro, sovrano dell’Epiro e lontano cugino di Alessandro Magno. È da lui che si rifugia Tolomeo Cearauno, che nel 281 lo uccide per usurpargli il trono, salvo essere poi sconfitto e ucciso dalle invasioni celtiche come in HL. A questo punto però non è Antigono Gonata, figlio del Poliorcete, a prendere le redini della Macedonia ma lo stesso Seleuco, che approfitta della campagna militare affidatigli per staccarsi finalmente dai Tolomei e creare un proprio regno.

Attorno al 275 così avremmo:

- Seleuco Nicatore: Grecia ed Asia Minore. Sposato con Arsinoe (II), ha come erede suo figlio Antioco (Tolomeo di Telmesso).
- Tolomeo II il Grande (in HL Filadelfo): Egitto e Levante. Sposato con Arsinoe I come in HL, ha come erede Tolomeo Evergete.
- Alessandro II: Persia e Mesopotamia. Sposato con Tolemaide, figlia di Tolomeo Sotere (in HL moglie di Demetrio Poliorcete), ha come erede suo figlio Dario (Demetrio di Cirene).

I tre stati presto abbandonano l’eredita alessandrina per ritornare alle proprie tradizioni culturali (macedone, egizia, persiana), pur venate di ellenismo, ma molte domande rimangono però inespresse:

- i tre regni riusciranno a mantenere se non la pace almeno l’equilibrio?
- senza Pirro i romani incontreranno gli elefanti solo al momento delle guerre coi cartaginesi, con quali conseguenze?
- come affronterà l’impero achemenide le aggressioni dei Parti? Ne verrà travolto come furono i Seleucidi in Persia oppure il legame più forte con quella terra indurrà i successori di Alessandro II a tenere d’occhio la frontiera orientale e a prendere provvedimenti?

Questa seconda possibilità sarebbe rafforzata dalla probabile ostilità tra Persia e Regno Greco-Battriano, le cui relazioni sarebbero sempre macchiate alla radice dallo scontro omicida tra Rossane e Stateira. In tal senso é immaginabile che la Persia si adoperi per spingere i Parti contro i Battriani e magari addirittura contro l’India, lungo un percorso già battuto da molte altre popolazioni del bacino dell’Asia Centrale sia prima (Arii) sia dopo (Eftaliti, Kushan, Tamerlano, vari potentati afghani)? E che effetti avrebbe una tale invasione sull’India della seconda metà del III secolo avanti Cristo?

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Gli risponde Alessio Mammarella:

Che bella idea! A prima vista l'idea di un regno seleucide che unisce Epiro, Macedonia e Asia Minore (almeno in parte) mi fa pensare a una sorta di Impero Bizantino anticipato... un regno che possa quantomeno espandersi puntando al Danubio in parallelo all'espansione di Roma nel Mediterraneo occidentale (sempre che Roma sconfigga Cartagine come in HL, cosa non scontata).
Quanto alla Persia, se guardiamo al passaggio di potere avvenuto nel III secolo d.C. tra Parti e Sassanidi si nota che comunque esisteva un nazionalismo persiano che mal tollerava i "barbari" della Partia. Possiamo allora immaginare che l'aristocrazia e la popolazione persiana siano più compatte a sostenere dei sovrani autenticamente persiani rispetto a come in HL furono sostanzialmente indifferenti a sovrani greci (seleucidi). Mi sembra credibile quindi l'idea che lo stato partico possa ampliarsi verso la Battriana o addirittura l'India. Vediamo che cosa rispondono gli altri, sono molto curioso di vedere come potrebbe svilupparsi questo spunto...

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Paolo Maltagliati obietta:

Però, allo stesso tempo, da una parte Ardashir si vendeva quasi come un restauratore della Persia achemenide (con un centralismo però alieno agli achemenidi e molto più... romano) dall'altra legò sé e la sua fortuna (e quella dell'intera Persia sassanide) alle sette nobili casate partiche (il paradosso è che solo dei Karen abbiamo notizie più o meno certe di esistenza in epoca partica, il che non escluderebbe qualche giochino di nobilitazione a posteriori).

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E Federico replica:

Ma Ardashir e i Sasanidi non fanno la loro comparsa quattrocentocinquant’anni più tardi, peraltro discendendo almeno in parte dalla nobiltà persiana e usando tale legame per presentarsi come alfieri della restaurazione persiana contro la barbara dinastia partica? Qua parliamo invece dei Parti, il cui leader Arsace (da cui Dinastia Arasacide) viene descritto come un bandito-capo tribù di origine scita o battriana che approfitta della debolezza dei Seleucidi in Persia, dove ormai diversi satrapi si era dichiarati indipendenti, per conquistare la regione. Non mi sembra impossibile che di fronte a una Persia unita Arsace venga convinto da questa a invadere la Battriana, la cui ricchezza all’epoca non era certo indifferente.

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Paolo precisa:

Sì, certo la mia era una risposta all'osservazione di Alessio, per far notare come Ardashir sia stato bene attento a non buttar via il proverbiale bambino con l'acqua sporca.

Se i Parti continuano a occupare la ‘casella’ Battriana’ del Risiko dell’epoca antica, ci sono delle conseguenze a valanga davvero difficili da prevedere, se ammettiamo che duri.

I Parti potrebbero sostituirsi nel ruolo che fu dei Kushana e conquistare le cosiddette ‘satrapie occidentali’ (ovverosia l’attuale Pakistan Meridionale e il Gujarat) al posto degli Sciti. Se questi ultimi non hanno dal punto di vista linguistico lasciato impronte macroscopiche (culturali sì), non è detto che per i Parti (che comunque appartengono ad un ramo differente delle lingue iraniche, rispetto ai Saka) sia lo stesso. Poi, c’è anche da dire che se (SE, non è detto) i parti sono più legati alle tradizioni avestiche dell’altopiano iranico rispetto ai Kushana e ai Saka, vorrebbe anche dire che lo sviluppo del buddhismo kushana (a sua volta erede di quello indogreco del Gandhara) potrebbe non esserci mai. Ora, è vero che in India il Buddhismo è poi stato nel X – XI secolo progressivamente soppiantato da altro (induismo, jainismo e islam), ma eliminare anzitempo dalla storia l’indogrecia e i kushana potrebbe avere l’effetto di un mancato sviluppo di molte correnti buddhiste e, soprattutto, la loro mancata diffusione in Cina attraverso la via della seta, con un effetto a catena abbastanza dirompente nel Giappone e nel sud-est asiatico. Chiaro che potrebbe benissimo essere che i parti facciano da mecenati altrettanto validi al buddhismo rispetto ai regni in HL, ma tendo a dubitarne.

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E feder commenta entusiasta:

Ἂνω κάτω πάντα. Ben fatto! Si tratta di un'idea fresca, che come predetto da Alessio anticipa la soluzione perfetta per l'equilibrio in Oriente, con la formazione di tre entità geopolitiche grossomodo dello stesso peso ma soprattutto con tre areali e direttrici d'espansione abbastanza diverse da ingenerare una situazione di stabilità, mi vien da dire. In una situazione reale, però, bisogna però tener conto delle ideologie e delle inclinazioni degli individui che sottengono alla potenza dei tre Stati: così, se naturalmente Macedonia, Egitto e Persia si equivarrebbero, la foga di recuperare l'intera eredità alessandrina e la forgiatura di un'ininterrotta serie dinastica (Alessandro IV o V, non II, in quanto non solo achemenide, ma argeade di diritto) formata da individui di per sé non sovrapponibili ad altrettanti personaggi della Storia reale, mettono in campo tutta una serie di variabili tali che rendono impossibile prevedere con sicurezza il processo storico successivo.

In linea di massima possiamo affermare che:

-la Macedonia, inficiata dall'infido tributo delle tribù tracie e illiriche, nonché dalle riottose poleis greche d'Europa e d'Asia, attorniata dalle mire espansionistiche dei re d'Armenia, Epiro, Ponto e Cappadocia, e di lì a poco attraversata dai Galati guerrieri, andrà sicuramente incontro a partizione e riduzione dei suoi territori (un po' come i primi Antigonidi). Dici che Pirro potrebbe unificare la Grecia, e questo è personalmente uno dei PoD che riciclo più spesso perché preferisco, ma se dovesse avere a che fare con Seleuco e i suoi discendenti le sue possibilità diminuiscono drasticamente. Lisimaco ed Eumene si ribelleranno sicuramente alla dinastia, fondando una Tracia (o un'Illiria?) e una Pergamo anticipate.
-la Persia è l'elemento di mezzo in quanto a stabilità. Bisogna vedere quanto sono bravi gli argemenidi (neologismo!) a coagulare fra loro elementi della religione olimpica (base del sostegno delle falangi comandante dagli aristocratici che puntellano il loro potere) e il credo zoroastriano (anima della nazione iranica). Non ci scommetto molto (la già più potente Roma non ci è mai riuscita, anzi finendo con il farsi penetrare da culti di risma orientale che finirono per scardinare il sistema di potere tradizionale), ma forse dopo un paio di guerre civili di transizione una dei due spiriti argeminidi potrebbe trionfare sull'altro (immagino l'iranico), riducendo quest'ultimo in forma di enclavi urbane. C'è sì del potenziale per un'accentuata diaspora greca in India e Battriana, ma francamente non penso che un sovrano col cognome di Alessandro potrebbe guardare dovunque oltre che a occidente, dove dopotutto regnano degli usurpatori, per accrescere il suo patrimonio. Prioritario obiettivo sarebbe lo sbocco al Mare Interno scippando la Siria ai Tolomei (se sono furbi, gli argemenidi si alleano con Tiro e Israele, possibilmente anche con l'Armenia, a questo fine).
-l'Egitto, come da timeline reale, vive una vita tranquilla sotto il dominio lagide.

È un po' troppo presto per parlare di Roma. Ti ricordo che se una delle tre fazioni la spunta (io punto tutto sugli argemenidi) l'Oriente si unifica sotto una dinamica (iranico-)ellenistica di lunga tradizione e durata, a cui la polis italica sarebbe completamente estranea.

Secondo me invece i Parti:

1) vanno in Turkestan, vengono prima grecizzati e poi sinizzati. Parlano agli emissari del Figlio del Cielo di un grande impero occidentale, che diviene il corrispettivo della Cina ad occidente: pace e amicizia fra Argemenidi e Han allo scopo di pacificare la frontiera battriana. Gli sciti si sedentarizzano come feudatari dell'Iran.
2) si stanziano in Battriana, divenendo i progenitori degli attuali afghani. Con il tempo il loro regnucolo pone profonde radici nell'aspro territorio montano; prima o poi abbracciano una fede rivelata (cristianesimo, buddhismo o Islam, è indifferente) che li caratterizza come popolo endemico dell'area, alla maniera degli armeni. Resistono alla marea dei secoli e la loro cultura è viva ancora oggi.
3) invadono l'India, in qualità di longa manus degli Achemenidi. Qui la porzione intorno al fiume Indo viene superficialmente grecizzata, prima di venire spazzata via dalla reazione indigena (Maurya o Gupta al più tardi). È l'opzione più conservativa rispetto alla storia reale.

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Ed ecco un'altra idea di William Riker:

Che accade se Alessandro Magno è venerato alla sua morte come un dio, e nasce una religione monoteistica (o enoteistica) in cui Alessandro è al vertice del Pantheon? Se questa religione si diffonde in tutto l'oriente ellenistico e poi anche a Roma, potrebbe costituire un serio problema per l'ascesa del Cristianesimo. O lo favorirà, introducendo anzitempo il monoteismo nel mondo grecoromano?

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Così gli risponde Never75:

Credo che le possibilità siano sostanzialmente due.

1) Il culto di Alessandro diventa una sorta di religione "parallela" nata in Oriente (Egitto, Persia) e diffusa in Occidente tramite le legioni, prima macedoni e poi romane. In questo caso seguirà i destini in H.L. del Mitraismo: religione misterica, gradi iniziatici riservati ai soli uomini, diffusione maggiore negli eserciti. Non reggerebbe comunque il rapporto col nascente Cristianesimo in quanto la vera novità di quest'ultimo è stata di essere una religione aperta a tutti (uomini, donne, poveri, ricchi, Greci, Ebrei, schiavi ecc.) e non ad una particolare casta.

Inoltre il Cristianesimo si pose come religione "diversa" dalle altre e non assimilabile a loro. Il culto di Mithra (ed eventualmente quello di Alexandròs) avrebbero comunque rapporti col "vecchio" paganesimo (di chi potrebbe essere figlio il Macedone, se non di Zeus-Ammone?) e ciò ne rappresentò anche un limite. Intrinsecamente non si poteva al tempo stesso ripudiare una religione perchè obsoleta (il paganesimo olimpico)ed allo stesso tempo avere continui riferimenti con essa.

2)In Occidente, il culto di Alessandro viene proibito prima dal Senato e poi dagli Imperatori Romani in quanto culto potenzialmente sovversivo (tutta la Grecia ormai è sotto il tallone romano ed il riferimento ad un eroe nazionale così forte potrebbe risvegliarne le velleità indipendentistiche).

In questa TL Marco Antonio potrebbe auto-considerarsi discendente di Alessandro Magno (in HL di Dioniso ed Ercole), e ciò contribuirà ala sua damnatio memoriae. Quindi gli adepti di questo culto saranno costretti a fuggire oltre i confini dell'Impero. Magari in Oriente potrebbero mischiarsi alle comunità arabe (anch'esse in cerca di una riscossa), e forse nascerebbe un Islam diverso. Magari avremo in esso un discendente (o supposto tale) del "Grande Re dei Due Corni" (così è definito nel Corano Alessandro Magno)...

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Aggiungiamo la proposta di Enrica S.:

Lo scontro militare tra Antioco III il Grande e Tolomeo IV distrasse a tal punto i sovrani ellenistici, che nel 206 a.C. a Tebe, storica capitale dell'Egitto assai lontana dall'ellenismo di Alessandria, il nobile Haruennefer si proclamò Faraone, restaurando un potere autoctono in Egitto 137 anni dopo la morte di Nectanebo II. Egli restaurò il culto di Amon-Ra ed estese il suo potere fino ai confini del Regno di Meroe. Quando morì nel 200 a.C. gli successe il figlio Arkuennefer, che estese ulteriormente il regno. Ma nel 186 a.C. egli fu sconfitto da Tolomeo V, e l'ultimo faraone purosangue egizio uscì mestamente dalla storia. Ma che succede se a spuntarla è Arkuennefer, che sconfigge Tolomeo V, riconquista il Delta, rade al suolo Alessandria ed instaura il Quarto Regno Egiziano (dopo l'Antico, il Medio e il Nuovo)? Come cambia la storia senza l'Egitto ellenistico, senza la Biblioteca di Alessandria e senza Cleopatra VII?

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Le risponde Iacopo:

Dell'ellenismo, sotto i Parti, era rimasto poco: forse anche l'Egitto avrebbe lo stesso destino. L'estremo ricettacolo dell'ellenismo sarebbe Pergamo.

Gli effetti maggiori sarebbero a lungo termine: la penetrazione del cristianesimo in Egitto sarebbe molto più lenta e difficoltosa: niente Copti, insomma, e in prospettiva, niente Islam (nel senso di di niente religione Islamica, nel settimo secolo ci sarebbe comunque una conquista araba, rapidamente riassorbita dagli elementi locali)..

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E Spartaco Mencaroni aggiunge:

Una dinastia alternativa alla romanizzazione dell'Egitto? Sigh... niente Antonio e Cleopatra :-) La cosa interessante sarebbe se i Romani vengono sconfitti e il IV Regno rimane autonomo. Il V secolo sarebbe da giocare sulla tenuta del Regno contro le invasioni visigote e maure da un lato e la riconquista bizantina dall'altra. A quel punto, si entra nel campo della resistenza alla minaccia araba e della possibilità di persistenza nel mediterraneo medioevale di un "terzo polo" religioso (cristiani, musulmani, egiziani).

La cosa è estremamente interessante: i Berberi che rimangono tranquilli in nord Africa, niente califfato di Cordova, niente Carlo Martello a Poiters (e niente"Re Carlo" di Fabrizio de Andrè...)

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Diamo ancora la parola a William Riker:

Mi viene in mente che, se i Romani (Pompeo? Cesare? Agrippa?) sono sconfitti in Egitto, potrebbero orientare la loro espansione verso il cuore dell'Europa e conquistare le isole Britanniche, la Germania, la Dacia e l'attuale Polonia. Ciò porta ad un "accorciamento" del confine che corre dalla Curlandia alla Crimea, e dunque esso sarà più facile da controllare. Forse l'Impero Romano potrà durare molto, ma molto di più!

Ed inoltre, niente Tolomeo, che lavorò ad Alessandria d'Egitto. Senza di lui, la geografia e l'astronomia non saranno quelle che conosciamo. Senza la sua sistematizzazione del modello geocentrico, sarà dura nel Medioevo calcolare le posizioni degli astri. Il modello copernicano potrebbe affermarsi prima, e senza processi a Galileo, ad esempio ad opera del Papa matematico Silvestro II o del persiano Omar Kayyam. Non avremo poi le coordinate di latitudine e longitudine, gli Arabi potrebbero invece diffondere un sistema di coordinate polari. Senza gli epicicli, poi, niente "Libro della Scala" e niente "Paradiso" di Dante come noi lo conosciamo.

Infine, senza Alessandria non c'è neppure Eratostene, che calcolò la lunghezza del meridiano terrestre in 46.000 km (errore del 15 %). Com'è noto, i Saggi di Salamanca non volevano dare le navi a Colombo non perchè credevano che la Terra fosse piatta, ma perchè erano a conoscenza della misura di Eratostene e sapevano che Colombo sbagliava, sostenendo che il meridiano misurasse solo 28.000 km (errore del 30 %) e che quindi il Giappone fosse a pochi mesi di navigazione dal porto di Cadice. Se non c'è la misura di Eratostene a disposizione, magari la Terra viene creduta più piccola e un viaggio di esplorazione viene tentato prima. Forse dai fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi? O da Marco Polo, che va ad ovest anziché ad est?

Naturalmente tutto questo è valido se un Tolomeo e un Eratostene non lavorano invece a Pergamo. Ma senza un baricentro culturale come Alessandria, la vedo dura.

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aNoNimo commenta:

Scusate, ma visto che Aristarco di Samo aveva validamente teorizzato l'eliocentrismo, e Seluco di Seleucia gli aveva dato ragione con alcune dimostrazioni, questa tesi potrebbe avere ragione nel "dibattito scientifico" fin dal III sec. d.C., proprio in ragione dell'assenza di Tolomeo che sistematizzò il sapere a vantaggio della teoria geocentrica. Mi piacerebbe proprio sapere come Dante avrebbe immaginato il suo viaggio celeste in un mondo eliocentrico...

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Spartaco però obietta:

Senza il grano egiziano e con i problemi che deriverebbero dall'avere all'improvviso una seconda potenza indipendente nel Mare Nostrum, non so se i Romani avrebbero avuto molta voglia di allungare il "limes" oltre il Reno e il Danubio. Considera anche che le steppe non sono mai stati ambienti in cui le Legioni si siano trovate a proprio agio, e che i fiumi, come frontiera, davano un enorme vantaggio a chi era l'unica potenza in grado di costruire ponti degni di questo nome, e sorvegliarli.

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Torna allora alla carica aNoNimo:

Quanto al grano, vorrei sottolineare due cose:

1. non vedo perché i faraoni egizi purosangue non dovessero continuare a esportare grano a Roma, la quale anzi potrebbe persistere nell'usare i regni ellenistici come cuscinetti orientali;

2. le potenzialità agricole occidentali non erano così misere: a parità di conoscenze agricole (per me anche con minori) gli europei hanno eguagliato la popolazione romana in Spagna e Italia semplicemente mettendo a coltura grano invece di olio e vino. Mi spiego: Roma importava grano perché l'Italia e la Sicilia erano coltivate troppo a vite e olio. Era un problema che si tiravano avanti dai tempi dei Gracchi, quando il grano siciliano coltivato a schiavi mandò in rovina i piccoli ciues ed estese al centro Italia il latifondo. Se proprio fossero stati alla fame, avrebbero potuto (ri)mettere a coltura quei vigneti e uliveti.

(Una cosa simile è successa nell'Italia post-unitaria: le politiche liberiste della Destra costrinsero i latifondisti del Sud ad imitare quelli del Nord, non avendo però la seta dovettero darsi a vino ed olio, provocando una crisi alimentare che risolse, horribile dictu, Mussolini con la battaglia del grano attraverso lo strappo di moltissimi uliveti di Puglia e Basilicata).

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Ritorna alla luce anche Iacopo:

Comunque non è detto che l'Egitto non venga comunque conquistato (al più tardi direi da Traiano). Altra conseguenza: senza il peso dell'ingombrante cultura ellenistica, Alessandria diventa più attraente per Costantino. Quest'ultimo poi scelse Bisanzio, io credo, oltre che per motivi tattici, anche per avere a disposizione una città priva di una storia pesante, che potesse chiamare davvero sua. Miracoli del narcisismo... Lo spostamento delle capitale operato da Costantino non aveva ragioni difensive, come usualmente si sostiene, ma serviva a proiettare la forza romana verso il confine più "caldo": la Persia. Alessandria sarebbe andata anche meglio di Bisanzio, da questo punto di vista. Oltre a fornire altrettanta protezione (con il Delta a fare le veci del Bosforo), godeva di un confine vicino molto tranquillo -quello con la Nubia. I Nubiani sarebbero stati ottimi mercenari in funzioni anti-persiana, e la vicinanza della Capitale e della Tebaide avrebbe dato rapido impulso all'evangelizzazione degli Arabi

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Anche Tommaso Mazzoni dice la sua:

Non è detto che Traiano e successori riescano ad avere la meglio su Alessandria. Il Sinai si può fortificare abbastanza bene, e se i sovrani Egizi sono furbi, la flotta Egiziana sarà stata ampiamente potenziata, per essere in grado di tenere testa a quella Romana.

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Iacopo però non demorde:

La flotta egiziana, senza approvvigionamenti di legname, non dura a lungo. E se i romani hanno avuto la meglio su Cartagine, un Egitto indipendente se lo mangiano.

Piuttosto: la regione si chiamerebbe comunque Egitto? Il nome è autoctono,ma di uso ellenico. Che nome avrebbe l'eventuale provincia romana? "Cemia" o "Gemia" sarebbe la latinizzazione di Kemi, esito copto di Kmt. Se il Quarto Regno adottasse una titolatura "classica" usando il nome ufficiale Taui (Le due Terre) la provincia latina potrebbe chiamarsi "Tevia". Oppure Mesiria da Mizraim... Ma forse avrebbero adottato un più piano "Nilus".

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Gli risponde Enrica S.:

...perchè non chiamarla Babylon Traiana?

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Non poteva mancare il parere del nostro egittologo Perchè No?:

Ma perché fate dell'Egitto un blocco solo? Ci sono almeno tre parti distinte: i tradizionali Alto e Basso Egitto, piè Alessandria che non era veramente considerata IN Egitto.

Si potrebbe immaginare un Basso Egitto rimasto nelle mani dei Lagidi e poi dei Romani, e un Alto Egitto indipendente almeno fino al II secolo, in maniera temporanea, che orienterebbe la sua espansione verso Sud: Meroe e Napata, e forse anche attraverso il Mar Rosso sulla costa araba. Menfi/Babilonia in mani romane rimarrebbe un punto caldo, obiettivo di riconquista per i faraoni. Non so se i Romani avrebbero veramente interesse a conquistare l'Alto Egitto, ci sono altre province da sfruttare per il grano, come già detto.

Per la religione il Nord si ellenizza e il Sud evolve verso un Enoteismo sempre più importante a favore di Osiride e Iside, ma alla fine, secondo me, si cristianizza lo stesso.

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Aggiungiamo anche l'ucronia di Diego Faoro:

Tra il 246 e il 241 a.C. In Siria si combatté la Terza Guerra Siriaca principalmente tra Egitto e Impero Seleucide. Il faraone Tolomeo III conquistò subito diversi territori della Siria fino a occupare la stessa Antiochia, capitale del regno Seleucide, per poi passare l'inverno a Babilonia. In questo periodo, mentre le satrapie orientali dell'impero si sottomisero agli Egizi, Seleuco II riuscì a ottenere il sostegno del regno del Ponto e i Macedoni conquistarono le Cicladi (possedimenti Egiziani), mentre si spargevano voci di moti rivoltosi in Egitto; per questi ultimi motivi Tolomeo III nel 241a.C. decise di ritirarsi dopo aver saccheggiato la Siria e la guerra si concluse con la riconquista dei territori perduti da parte dei Seleucidi e la ribellione delle satrapie orientali di Battriana e Partia. Ma se il faraone fosse invece rimasto a condurre la guerra e avesse sconfitto definitivamente gli eterni rivali dell'Egitto?

Dal momento che le satrapie orientali erano già sotto il controllo di Tolomeo III, rimaneva ora un unico fronte Seleuco-Pontico corrispondente alla catena del Tauro, dove si erano insediate le truppe nemiche, mentre la flotta egiziana era concentrata lungo le coste dell'Asia Minore. Con il sostegno delle satrapie Seleucidi (che non ebbero mai buonissimi rapporti con i loro padroni) in Turchia e della Lega Achea in Grecia a impegnare la Macedonia la guerra sarebbe potuta volgere in favore di Tolomeo, e considerando i disperati sforzi che Seleuco II stava attuando per difendersi, non sarebbe passato molto prima della caduta dell'Impero Seleucide. La guerra, combattuta sopratutto nei monti del Tauro, risultò piuttosto logorante, ma nel 239 a.C. Tolomeo sconfisse le rimanenti forze di Seleuco in una sanguinosa battaglia presso il monte Gayik (Cilicia), ritrovandosi così in possesso dei territori della Turchia meridionale e Mediorientali. La Macedonia chiese la pace, ma la guerra proseguì contro il Regno del Ponto, che chiese l'aiuto delle popolazioni della Turchia, tra cui i galli Galati, e di alcune popolazioni della Tracia; Tolomeo ottenne invece l'appoggio di Pergamo, che da tempo era in pessimi rapporti con la Galatia. Nel 238 a.C. Tolomeo conquistò Sinope, capitale del Ponto, dopo un assedio di 26 giorni, causando la resa dei Traci e la sottomissione dei Galati. Rimaneva una resistenza in Asia Minore, che fu stroncata nella battaglia di Efeso (237 a.C.), combattuta da un esercito congiunto degli Egiziani, guidati come sempre dal faraone, e di Pergamo, comandato da Attalo I. Come ricompensa dell'aiuto offerto all'Impero Egiziano, Tolomeo promise in sposa ad Attalo sua figlia Arsinoe III, per cui il re di Pergamo ripudiò la moglie Apollonide. Quando Arsinoe divenne adulta divenne così regina di Pergamo, e con la nascita del figlio Eumene II l'alleanza tra i due stati divenne indissolubile.

Dopo la guerra in Turchia l'esercito Egiziano mosse verso i confini orientali, dove i Parti e i Greco-Battriani cominciavano a creare problemi. Tolomeo III chiese a questi due stati di sottomettersi al figlio di Ammon-Zeus, ma ovviamente essi si rifiutarono, dando così inizio alla guerra Partica (235 a.C.). Forte dei suoi veterani, cui era stato promesso un glorioso ritorno in patria dopo la guerra, e dei rinforzi provenienti dalle diverse satrapie orientali, Tolomeo sconfisse i rivoltosi in poco più di un anno, riportando quasi esclusivamente vittorie, tra cui va citata la battaglia di Samarcanda, in cui, come riporta lo stesso Tolomeo:“Eravamo poco più di 33000 uomini in totale: 5000 uomini della nobile Pergamo, 20000 potenti Egiziani e altri 8600 dalle satrapie. Davanti a noi un esercito congiunto di Persiani e Battriani, per un totale di 60000 uomini, compresi 20 elefanti dall'india, creature leggendarie, e i temibili arcieri a cavallo Parti. Combattemmo con onore, gli scudi nemici si scontravano contro le picche dei nostri grandi guerrieri senza raggiungerli, le frecce cadevano senza più alcun vigore tra le sarisse, e neppure gli elefanti poterono resistere all'impeto dei veri eredi di Alessandro.”
Finite le guerre che avevano interessato l'Egitto per 12 anni, Tolomeo ritornò in patria dopo una lunga assenza, da dove cominciò ad amministrare il suo nuovo impero. Oltre alle opere di politica interna, aprì i commerci con l'India, e quindi con la Cina attraverso la via della seta, rendendo più ricco l'Egitto e favorendo scambi culturali tra etnie molto diverse. La biblioteca di Alessandria ebbe la possibilità di archiviare informazioni sulle scoperte e sulle ideologie Cinesi, permettendo la diffusione di culti come il Buddhismo e il Confucianesimo Asia e Africa, e successivamente in Europa attraverso il Mediterraneo. Tolomeo morì nel 222 a.C., dopo aver reso l'Egitto una potenza militare, commerciale e culturale senza precedenti e aver dimostrato di essere il degno erede di Alessandro Magno, tanto che alla sua morte fu ricordato nell'apoteosi come “Tolomeo Evergete Alessandrino”; il potere passò in mano al figlio Tolomeo IV, un uomo tirannico e dissoluto, che aveva ucciso tra gli altri il fratello Magas e la sua stessa madre, Berenice II. Tolomeo IV cominciò a spendere oltre misura per la costruzione di grandi opere pubbliche: Alessandria diventava più splendida di giorno in giorno, mentre nelle satrapie si generavano scontento e povertà. Nel 220 a.C., per dimostrare di essere degno del padre, organizzò una spedizione in Libia, dove formalmente aveva in comando delle operazioni, ma di fatto il vile mandava sul campo di battaglia il suo generale Sosibio, già funzionario di Tolomeo III e complice degli omicidi compiuti a danno di familiari e altri personaggi influenti alla corte mentre lui rimaneva nell'accampamento a osservare i combattimenti. Sosibio vinse tutte le battaglie da lui combattute contro i popoli Libici e ultimò la conquista all'inizio del 219 a.C., garantendosi di fatto ancora più fama e influenza ad Alessandria. Un anno dopo, nel 218 a.C., si scatenò in Italia la Seconda Guerra Punica che vedeva Annibale a capo delle truppe Cartaginesi. Trovandosi in difficoltà nelle prime fasi della guerra il senato, all'insaputa dei Cartaginesi, chiese l'aiuto di Tolomeo perché intervenisse in Africa. Vedendo un'occasione per eliminare i maggiori rivali commerciali nel Mediterraneo, nonché nuove possibilità di affermare la propria immagine in Egitto, Tolomeo organizzò subito un esercito e una flotta in grado di assediare Cartagine, famosa sia per la sua flotta che per le sue mura impenetrabili, e iniziò la marcia (sempre con Sosibio al comando) verso la capitale Fenicia nel 215 a.C.. Nello stesso periodo Filippo V di Macedonia entrò in guerra a fianco di Cartagine, senza sapere dell'intervento Egizio in favore di Roma; quando fu evidente che le truppe di Sosibio marciavano per dirigersi verso i territori Cartaginesi ormai era tardi per ritirarsi dalla guerra: Filippo tentò di indebolire l'Egitto il più possibile mentre le truppe in Asia Minore erano limitate a causa della creazione del grande esercito destinato alla campagna in Africa, ma trovò la fiera resistenza di Pergamo, dove regnava ancora Attalo I; intanto alcuni reparti dell'esercito Romano avanzavano verso i territori Macedoni. Attalo chiese l'immediato aiuto di Tolomeo, che si vide costretto a radunare un esercito “d'emergenza” nel corso di poche settimane per soccorrere gli alleati ma, come suo solito, non andò di persona alla testa dell'esercito, preferendo inviare un giovane e ambizioso generale, Aneristo il Tebano: questo causò gravi scontenti tra il popolo, che ebbe un motivo in più per criticare un sovrano che, oltre a svuotare le casse dello stato per il suo interesse e per guerre cui poi non partecipava, si rifiutava di soccorrere il più grande amico del grandissimo padre, che era pure imparentato alla sua famiglia tramite la sorella. Purtroppo, mentre Aneristo marciava alla testa dei suoi 13000 fanti e 4000 cavalieri inesperti e insicuri, Pergamo resisteva all'assedio da ormai due mesi. Una volta che i rinforzi Egiziani furono giunti a Pergamo le truppe all'interno della città, che non si rendevano conto della scarsa qualità e del piccolo numero dell'esercito alleato, esultarono e uscirono dalla città a combattere faccia a faccia col nemico, costringendo Aneristo a fare altrettanto prima di poter far riposare le truppe. Nonostante la maggiore esperienza e il miglior equipaggiamento degli uomini Macedoni, i due eserciti congiunti di Pergamo e dell'Egitto riuscirono a sconfiggere i nemici grazie all'elevato fervore con cui combatterono: i primi per gli aiuti che si vedevano arrivare, i secondi per la furia e la speranza che si erano visti suscitare negli alleati. Mentre la guerra in Italia continuava come tutti ben sappiamo (eccezion fatta per le spedizioni di Filippo) le truppe Egizie assediarono Cartagine, peggiorando la situazione dei rinforzi di Annibale. I Cartaginesi avevano inoltre commesso l'errore di inserire quante più truppe possibili dentro le mura, confidando che nessuno sarebbe stato in grado di distruggere la flotta posta a guardia del porto; invece quella che videro giungere contro di loro era una flotta costruita con le più recenti tecnologie navali e composta da un totale di 450 navi da guerra. Le battaglie navali che seguirono ebbero risultati alterni, finiti con la vittoria da parte degli egiziani, che avevano però perso numerose navi, di cui ne sopravvissero solo 50, quasi tutte in pessime condizioni (215 a.C.).

Nonostante questa vittoria “pirrica” il porto militare di Cartagine fu comunque bloccato dalle rimanenti navi Egiziane, e così furono interrotti i rifornimenti ai cittadini e ai soldati all'interno della città. Intanto in Italia Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, diventò console e ricominciò a combattere contro Annibale con la sua nota tattica di logoramento, causando sempre più perdite nell'esercito di Annibale, che dal canto suo all'inizio del 214 ricevette il disperato ordine di tornare in patria. Annibale tornò immediatamente a Cartagine, dove trovò le poche navi rimaste degli Egiziani che esercitavano ancora il blocco navale, nelle loro pessime condizioni: a quanto pareva Tolomeo IV aveva “dimenticato” di inviare dei rinforzi perché impegnato nella costruzione di un glorioso e immenso monumento celebrativo che rappresentava le vittorie del padre seguite subito dopo dalle “sue”. Le navi di Annibale, anche se senza delle vere e proprie navi da guerra, riuscì a eliminare la malconcia flotta Egiziana e a riaprire il porto. Le truppe Romane in Italia, una volta riconquistati i territori che Annibale aveva dato per persi lasciandoli privi di guarnigioni, rinforzarono i due eserciti di Publio e Gneo Scipione in Spagna, mandarono una legione ad aiutare le proprie già in campo ed Aneristo, ormai prossimo a lanciare il contrattacco sui Macedoni, e altre due legioni sotto la guida di Quinto Fabio Massimo più una flotta in aiuto agli Egiziani che assediavano da ormai un anno la capitale Fenicia, che aveva ricevuto rinforzi da Massinissa, re dei Numidi, e da Asdrubale, che aveva deciso di abbandonare definitivamente l'Iberia per difendere la propria patria. Tornando ad Aneristo, in seguito alla brillante vittoria riportata in aiuto a Pergamo, ottenne l'adozione da parte di Attalo I, e aveva radunato nuovi uomini dalle satrapie Turche per lanciare l'offensiva in Macedonia, già alle prese con la Lega Etolica. Nel 214 a.C. Gli eserciti congiunti di Roma, Egitto ed Etolia si scontravano con la fiera difesa di Filippo V, mentre Sparta era intervenuta in aiuto dei Macedoni, attaccando le città greche che si erano schierate contro di loro.

Nel frattempo in Spagna le forze Romane, ora rinforzate dalle nuove legioni giunte in loro aiuto, continuavano a collezionare vittorie su vittorie contro le limitate truppe che Asdrubale e Massinissa avevano esentato dalla difesa della capitale, dove ormai erano giunte le truppe di rinforzo Romane: la flotta inviata da Roma, unita ai pochi rinforzi che Tolomeo aveva inviato sotto pressione del suo ministro Agatocle, che temeva lo scatenarsi di una rivolta in Egitto. Nel consiglio militare che si svolse tra i due generali fu deciso di attendere ancora qualche tempo in modo che le provviste all'interno di Cartagine si esaurissero e l'esercito all'interno si indebolisse: occorse attendere fino all'estate del 213 a.C. prima che la guarnigione cominciasse a soffrire la fame, ma i due generali continuarono ad aspettare finché in città non si scatenò una pestilenza. A questo punto i due eserciti congiunti di Roma e Egitto lanciarono finalmente l'offensiva e penetrarono nella città, nelle cui strade combatterono per diversi giorni contro gli indeboliti ma agguerriti uomini che si battevano per la propria libertà. Nonostante la strenua resistenza Cartagine cadde dopo 17 giorni di lotte e i suoi territori africani andarono in mano all'Egitto, mentre lo stesso Massinissa si sottomise all'autorità Egiziana, lasciando che i propri territori diventassero satrapia Egiziana e lui stesso satrapo.

Nello stesso anno i due Scipioni conquistarono tutti i territori di Cartagine in Spagna, mentre in Macedonia Filippo V si arrese con la pace di Fenice. Finì così la Seconda Guerra Punica. Per celebrare la vittoria, Tolomeo IV fece erigere un monumentale altare ad Ammon-Zeus e organizzò un mese di feste ad Alessandria, impoverendo le ulteriormente le casse dello stato , che soffrivano seriamente; per far fronte a questo problema il faraone, sotto consiglio dei ministri, aumentò le tasse nelle satrapie (210 a.C.), generando ancora più malcontento popolare: sarebbe bastata una scintilla a far divampare il fuoco della rivolta. E questa scintilla arrivò nel 208 a.C., quando Aneristo, forte dell'appoggio delle satrapie turche e di Pergamo, il cui re Attalo I non aveva ancora perdonato a Tolomeo la sua viltà, marciò contro Alessandria, dando così inizio alla Prima Guerra Civile. La rivolta si espanse anche nelle satrapie orientali, da cui diversi contingenti partirono per unirsi all'esercito di Aneristo. Quando il giovane generale era già arrivato in Palestina, la rivolta divampò anche in Egitto, dove i cittadini di Alessandria e delle campagne vicine, vessati dalle tasse, strinsero d'assedio il palazzo reale, difeso da pochi uomini fedeli al faraone. Una volta giunto Aneristo, acclamato dalle folle, Tolomeo IV costrinse il giovane figlio Tolomeo V e i suoi uomini a suicidarsi, dopodiché bevve quanto più vino poté e, ubriaco fradicio, tentò di pugnalarsi il cuore, mancando il bersaglio e trafiggendosi ripetutamente lo stomaco e i polmoni. Quando Aneristo e i suoi uomini irruppero nella reggia, trovarono tutti gli uomini del faraone morti, in un bagno di sangue, e lo stesso Tolomeo a terra, agonizzante e orribilmente ferito. Così finì la dinastia dei Tolomei.

Aneristo fu acclamato dal popolo come nuovo faraone, dando inizio alla dinastia Aneristica in Egitto, ma Sosibio, appoggiato da Massinissa, approfittando della confusione generale ad Alessandria e consapevole dello scarso numero delle truppe di Aneristo dichiarò l'indipendenza delle satrapie di Africa, Numidia e Libia, in cui fu instaurato un regime diarchico con a capo lui e la famiglia regale Numide. Aneristo chiese quindi l'aiuto dell'alleata Roma, che accettò di inviare ben sei legioni in Africa come riconoscenza per l'aiuto apportato contro Cartagine, e per rinforzare l'esercito senza generare ulteriore scontento nella popolazione imperiale sostituì per la prima volta nell'impero Egiziano il servizio militare volontario alla leva obbligatoria. Così nel 206 a.C. gli eserciti di Roma e Egitto marciarono su Cartagine, capitale del “Regno d'Africa” di Sosibio e Massinissa, ingaggiando poche battaglie in Libia, e la strinsero d'assedio per tre mesi, prima di forzare l'attacco e ingaggiare una cruenta battaglia in cui vi furono numerose perdite in entrambi gli schieramenti, e dove morirono anche i due diarchi. Alla fine vinse la coalizione Romano-Egiziana, che proseguì nella conquista delle ultime sacche ribelli in Numidia per poi insediare come governatori delle satrapie riconquistate uomini fedeli al nuovo faraone. Questa breve guerra fu chiamata dagli storici Romani “Terza Guerra Punica”, anche se di punico aveva solo il luogo in cui fu combattuta.

Il regno di Aneristo cominciò realmente solo una volta che questo tornò ad Alessandria dopo aver sedato le ultime rivolte in Africa. Il suo governo inizialmente si occupò di risanare le casse statali, per poi concentrarsi sulla cultura: venne favorito il sincretismo religioso e alla corte di Aneristo si concentrarono diversi letterati che scrissero opere meravigliose e illuminate, mentre nelle province orientali cominciava a farsi strada il buddismo, sia nella sua forma “originale” che unito in sincretismo ai culti locali. Aneristo morì nel 167 a.C., dopo un lunghissimo periodo di pace e lasciando dietro di sé un impero potente e ricco e un grande centro culturale.

Il suo successore, Aneristo II, combatté nel 158 a.C. contro i Macedoni in aiuto dei Romani, dimostrando una volta per tutte chi fossero i veri eredi di Alessandro, sebbene il pensiero dell'impero Alessandrino stesse ormai svanendo e cadendo di importanza da quando la stirpe Tolemaica si era estinta. Sempre durante il regno di Aneristo II fu ultimata la conquista del Nord Africa nel 154 a.C, e suo figlio Ettore Alessandro nel 152 a.C. estese l'influenza dell'impero sul mar Nero con la conquista della Scizia. 
Nel 146 a.C., sotto il regno di Ettore Alessandro, il buddismo pagano giunse anche in Africa e Turchia, e i suoi principi cominciarono a cambiare le correnti di pensiero dell'epoca. Nel 133 a.C. Attalo III morì senza eredi, lasciando Pergamo agli Egiziani: questo fu il periodo di massima espansione dell'impero. 
Nel 98 a.C. Aneristo III, suo fratello Ettore II Etiope e Megalo di Antiochia cambiarono profondamente la struttura organizzativa dell'impero, che fu diviso nelle tre Divisioni di Africa, Persia e Asia Minore, ognuna governata rispettivamente da Aneristo, Ettore e Megalo nelle capitali Alessandria, Antiochia e Pergamo; ogni Divisione era divisa in varie Satrapie e ogni Satrapia in quattro Settori: in questo modo si venne a costituire un impero federale decentralizzato più rapido nel reagire ad eventuali attacchi e in cui ogni Satrapia aveva una certa autonomia; nel 125 a.C. la capitale della Divisione Persiana fu spostata a Persepoli per la sua posizione meno periferica rispetto ad Antiochia.

Nel 67 a.C. l'impero conobbe il suo periodo di massimo splendore culturale ed economico, mentre nel 34 a.C. il buddismo, in tutte le sue forme, era ormai esteso in gran parte dell'Europa.

A partire dal 117 d.C., con l'impero di Traiano, che si estendeva dalla Spagna alle coste del mar Caspio e del Mar di Norvegia, i due imperi alleati strinsero il Patto di Atene, in cui fondamentalmente entravano a formare un'unica entità federale destinata a durare nei secoli..

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