Una proposta di "razionalizzazione" storica del libro della Genesi

di William Riker, Bhrghowidhon e Iacopo


ul principio dell'XI millennio a.C. ha fine l'ultima grande glaciazione, detta di Würm, ed inizia il periodo interglaciale in cui viviamo tuttora. Finisce anche il Paleolitico ed inizia il Mesolitico, con le importanti innovazioni tecniche della scure, delle prime forme di trasporto su barche e su slitte, dell'allevamento degli animali domestici, a partire dal cane, e soprattutto dell'agricoltura. Quest'ultima in Europa ha inizio verso il 6000 a.C. nella valle del Danubio e sulle coste del mar Nero, che a quei tempi è un grande lago d'acqua dolce posto circa a 70 metri sotto il livello del mare, è circondato da vallate fertilissime, ed è chiamato Lago Bianco da quei primi, remoti abitatori d'Europa, discendenti degli ultimi cacciatori-raccoglitori che hanno visto la fine delle glaciazioni e si sono abituati ad un clima più mite. Questa regione viene chiamata dai suoi abitanti Adäna, « il Giardino », per la sua ubertosità; da tale parola discende poi il biblico Eden (Gen 2, 8), posto effettivamente « ad oriente » delle regioni europee interessate dalle glaciazioni.

A quei tempi è ritenuto vivere Kaäna ("Colui che possiede"), il biblico Caino, mitologico inventore dell'artigianato e dell'agricoltura, poi adorato come divinità in Grecia con il nome di Crono e a Roma con il nome di Saturno (da sata, i campi seminati). Nel 5788 a.C. questi fonda sulla costa sudoccidentale del Lago Bianco la città megalitica di Tärwisa (la "forte"), primissima stratificazione della futura Troia omerica nonché prima grande città della storia, e se ne proclama primo re. Nella Bibbia questa città è chiamata Enoc, che in ebraico significa "sacrificio", perché dopo averne tracciato il perimetro delle mura egli vi avrebbe sacrificato sopra suo figlio.

Dlamakhä I, discendente e quinto successore di Kaanä che nella Bibbia verrà ricordato con lo spaventoso nome di Lamec, prende il potere nel 5651 a .C. ed instaura una feroce dittatura personale basata sulla legge del taglione e sulla faida privata. Egli verrà ricordato come "il re orso" per la sua ferocia, e diverrà proverbiale il suo bestiale canto di guerra: « Ho ucciso un uomo per una scalfittura e un ragazzo per un livido: Caino sarà vendicato sette volte, ma Lamec settantasette! » (Genesi 4, 24 -25).

Tärwisa diventa capitale di un vasto regno che con Makaäla III (il biblico Mecuiael) arriva al Mar Egeo, e con Mataäla II (il biblico Matusael, "l'uomo che è come Dio"), il più grande dei suoi sovrani, giunge ad inglobare quasi tutta la vallata del Danubio. La società di questo primo impero della storia umana è decisamente moderna, caratterizzata da differenziazioni sociali e un certo grado di specializzazione del lavoro con capi e guerrieri, artigiani, contadini e pastori. Viene praticata un'agricoltura già piuttosto evoluta: è noto l'aratro trainato dai buoi, vengono coltivati frumento, farro, orzo e leguminose. Bovini, maiali e pecore sono allevati in grande quantità, mentre i cavalli vengono utilizzati per il trasporto o la guerra. Queste attività permettono un buon livello di vita, tanto che nell'impero di Adäna possono svilupparsi forme di artigianato specializzato, che ci hanno lasciato prodotti artigianali di altissimo livello: vasi ceramici decorati, ornamenti e utensili in osso e in corno di cervo, strumenti per filare e tessere, e persino manufatti in oro nativo, lavorati per martellatura in assenza di tecniche di fusione, che saranno scoperte solo molto più tardi.

Questo affresco ci descrive il popolo danubiano e del Lago Bianco come già altamente civilizzato. Molto primitiva è però la religione, di tipo sciamanico, ed incentrata intorno al culto del « dio serpente », in onore del quale sono praticati sacrifici umani. Dal ricordo di questo satanico dio pare derivino sia il mito della serpe che tradì Eva nel giardino di Eden, sia quello del Mus-Hus, il leggendario dragone custode delle porte di Babilonia (e, secondo la Bibbia, ucciso dal profeta Daniele senza far uso di spada né di bastone), ed anche tutte le paure ancestrali legate all'esistenza di draghi e serpenti di mare, che si sono ripercosse fin nel XX secolo ne "Lo Hobbit" di Tolkien. Le cerimonie religiose prevedono anche il cannibalismo rituale (divorare il cervello del nemico ucciso per impossessarsi della sua forza), l'usanza della prostituzione sacra (giacendo con la pizia "invasata", il fedele entra in diretto contatto sessuale con la dea della fertilità), nonché il sacrificio di una vittima (di solito un bambino) al momento della fondazione di una nuova cittadella, proprio come aveva fatto Kaäna con la prima Tärwisa, affinché il suo spettro furioso tenga alla larga i nemici e i malintenzionati. Secondo le tradizioni successive ("postdiluviane"), i sacrifici umani, il cannibalismo e la prostituzione sacra portano la civiltà di Adäna a tale livello di abiezione da meritarsi un'esemplare punizione divina.

Questa ha luogo il 6 giugno del 5221 a .C., data del cosiddetto "diluvio universale", come lo ricorderanno gli uomini di ogni tempo. Un terremoto causato dallo strusciare della microplacca balcanica contro la microplacca anatolica distrugge il muro di roccia che isola il Lago Bianco dal Mar Mediterraneo, e le acque salse si riversano in quelle dolci del lago con una terribile cascata, facendone salire il livello di circa 20 centimetri al giorno. La cascata spazza via immediatamente Tärwisa, che nella lingua del luogo diventa Atalantë (la "sparita"): questo nome darà poi vita alla leggenda della perduta Atlantide. Intanto le altre cittadelle protostoriche nel bacino dell'Eusino vengono progressivamente inghiottite dalle acque che salgono, tramutandosi da dolci in salse. Gli abitanti fuggono terrorizzati e si spostano nella pianura del Danubio, nelle foreste germaniche, nell'Italia del Nord, nell'attuale Grecia, nell'altopiano anatolico, in Mesopotamia e in Iran, dando vita ad altrettante nuove civiltà. Tutte portano testimonianza di una catastrofe voluta dagli dei per punire gli uomini peccatori, ingigantita fino a comprendere l'intera crosta terrestre. Il vasto mare salato che ha preso il posto del Lago Bianco, con una rotazione di 180 gradi, viene battezzato Mar Nero, per ricordare le migliaia e migliaia di esseri umani dei quali costituisce la tomba.

Tutte le civiltà storiche successive in Europa derivano da quella catastrofe. In particolare verso il 4400 a .C. nelle foreste germaniche fiorisce la civiltà delle cosiddette « piramidi centroeuropee ». Le tracce di oltre 150 templi sono state localizzate nella primavera 2005 lungo una fascia di oltre 640 chilometri , attraverso le attuali Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia ed Austria. La scoperta più notevole è stata compiuta nel sottosuolo della città di Dresda, dove gli archeologi hanno portato alla luce i resti di un tempio di 150 metri di diametro, circondato da ben quattro fossati. Sono stati anche trovati utensili in legno, oltre a statuine rappresentanti personaggi o animali, che ci parlano di un popolo profondamente religioso e dedito all'agricoltura e all'allevamento del bestiame, sicuramente fuggito da oriente dopo la catastrofe del mar Nero. La civiltà delle piramidi centroeuropee scompare improvvisamente verso il 4200 a .C., a causa dell'invasione di popoli provenienti dalle steppe, che successivamente si insediano nel bacino del Mediterraneo, divengono stanziali e danno vita alle civiltà preindoeuropee dei Baschi, dei Sardi, dei Liguri, degli Etruschi e dei Pelasgi: per gli abitatori del nevoso centro dell'Asia, il mediterraneo doveva apparire infatti come un vero e proprio Eden.

Intanto, contemporaneamente al fiorire della civiltà centroeuropea, avviene la faticosa ricostruzione di Tärwisa, effettuata dai superstiti della prima in posizione più sicura, in modo da controllare gli stretti dei Dardanelli ed il commercio di grano ed oro tra Egeo e mar Nero; questo commercio genererà poi la leggenda degli Argonauti. Altri superstiti del "diluvio" migrati in Asia Minore danno vita invece alle grandi civiltà mesopotamiche, in coincidenza con l'inizio dell'Età dei Metalli, verso il 3500 a .C. in Medio Oriente e nella valle del Danubio, più tardi nel resto d'Europa.

È questa l'epoca in cui nascono, in tutto il mondo, le prime "civiltà monumentali", cosiddette per le notevoli costruzioni in pietra che ci hanno lasciato. Tutte sorgono sulle rive dei grandi fiumi: in Egitto sul Nilo, in Mesopotamia sul Tigri e sull'Eufrate, in India sull'Indo e in Cina sul Fiume Giallo (Hwang-ho). Per il loro nascere è determinante il mutamento di clima successivo alle glaciazioni che ha avuto inizio al termine del Paleolitico e che ha portato all'inaridimento di grandi territori: con il crescere della popolazione, mentre il suolo si inaridisce progressivamente, gli abitanti delle zone colpite dalla siccità emigrano in prossimità dei fiumi: è quanto è accaduto in Egitto. Gli antenati neolitici degli egiziani vivevano nel Sahara, come dimostrano le incisioni rupestri ed i complessi megalitici scoperti nel suo cuore, in zone oggi assolutamente inabitabili; ma, quando esso si desertifica, essi prima si spostano sul Nilo Giallo, un ramo sudanese del Nilo oggi disseccato, ed infine nel Delta e nella vallata alle sue spalle. Non a caso, il trucco degli occhi tipico degli Egizi deriva da un linimento per proteggere gli occhi dalla sabbia del deserto.

Venendo alle civiltà mesopotamiche, esse sono dovute al mitico condottiero Naäpa (l'Ut-Napyshti del poema di Gilgamesh, ed il Noè della Bibbia), « il Prolungatore », il quale, scampato al sommergimento di Adäna, guida la sua tribù nella valle del Tigri e dell'Eufrate. Qui, sulle coste del Golfo Persico, nel 3360 a.C. avviene la fondazione di Ur e nel 3280 a.C. quella di Uruk, ad opera dei Sumeri, popolo nato dalla fusione tra gli uomini sfuggiti alla catastrofe di Tärwisa ed altri migrati dall'altopiano iranico; questi ultimi si dividono in due rami, dei quali quello orientale dà vita alla civiltà di Harappa e di Moenjo-Daro sull'Indo, e quello occidentale, per l'appunto, al popolo dei Sumeri. Questi per primi ideano la scrittura, di tipo cuneiforme (poco dopo una scrittura pittografica verrà messa a punto anche in Egitto), allo scopo di effettuare le registrazioni commerciali della nuova borghesia che abita le primitive città. Ben presto però ad essa viene associato anche un significato magico e religioso, la corporazione degli scribi diventa una vera e propria casta di tipo sacerdotale, ed avviene la prima messa per iscritto delle leggende tradizionali, tra cui quelle cosmogoniche e quella del diluvio.

Nel XXX secolo a.C. regnano due importanti figure: in Egitto quella di Narmer o Menes, il leggendario "re scorpione" fondatore della Prima Dinastia ed artefice della riunificazione del paese del Nilo; nella bassa Mesopotamia quella di Gilgamesh, patesi (cioè re-sacerdote) e costruttore delle mura di Uruk, che regna dal 2945 al 2909 a.C. Spietato in guerra, egli fa alleanza con i semiti dei monti Zagros, in precedenza fieri nemici dei Sumeri, capitanati dal mitico capotribù Enkidu, ed insieme ad essi respinge gli invasori di ceppo mediterraneo provenienti dalle foreste della Siria, uccidendone il re Humbaba. Quest'episodio resterà nella leggenda e verrà trasfigurato nell'uccisione di un terribile mostro da parte dei soli due amici Gilgamesh ed Enkidu. Per consolidare il proprio potere Gilgamesh mette in giro la voce di avere ascendenze divine, e di aver goduto delle grazie di Ishtar, dea della fertilità. La sua figura rimane leggendaria e si salda con il mito del diluvio: nel sumerico « poema di Gilgamesh », pervenutoci nella sua versione assira, egli è immaginato cercare l'antenato Ut-Napyshti, unico sopravvissuto al diluvio ed assunto tra gli dei, per farsi rivelare il segreto dell'immortalità. Probabilmente il passo del poema in cui la serpe ruba a Gilgamesh la pianta magica è un ricordo del culto del dio serpente che sottrae agli uomini la speranza di vivere in eterno e li condanna all'ineluttabilità della morte.

Nel 2347 a .C. Sargon di Accad, invasore di etnia incerta proveniente dai monti Zagros, sconfigge Lugal-Zaggisi, patesi di Lagash che si era proclamato discendente di Gilgamesh ed aveva conquistato la preminenza tra le città-stato sumeriche, ed instaura il primo impero di cui ci siano rimasti documenti scritti, esteso "da mare a mare", cioè dal golfo Persico al Mediterraneo. Egli fonda Accad e vi fa costruire una grande torre a gradoni, superiore anche a quella di Ur; mentre però questa è parzialmente giunta sino a noi, quella di Accad è andata definitivamente perduta. In questa città per la prima volta si sentono parlare tutte le lingue conosciute. Sargon riceve l'epiteto di "re cacciatore" per le sue frequenti battute di caccia nel deserto.

Il nipote di Sargon, Naram-Sin, non riesce a mantenere le conquiste del nonno e l'impero va in pezzi. Sulle rovine di esso rinasce per breve tempo la grandezza sumerica con l'ultima dinastia di Ur, dove nascerà la tribù di Abramo, ma successivamente si innesta l'elemento semitico ed Accad, caduta in rovina, viene ricostruita dai nuovi padroni con il nome semitico di Bab-El, "porta del dio", da cui prende il nome la regione di Babilonia. Sargon entra a far parte del pantheon semitico con il nome di Nimrud. Così dice di lui la Bibbia: « costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: Come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore. L'inizio del suo regno fu Babele, Uruk, Accad e Calne, nel paese di Sennaar » (Gen 10, 8-10) In lui vengono dunque fatte confluire sia le imprese di Gilgamesh che quelle di Sargon. Più tardi gli Ebrei, che per un cinquantennio saranno deportati a Babilonia, per spiegare la molteplicità delle lingue che vi si parlano e la corruzione che a detta loro vi dilagava, costruiranno la saga eziologica della famosa Torre ed interpreteranno Bab-El con una parola analoga che significa "confusione"; e così nell'immaginario collettivo essa resterà sinonimo di confusione e di disordine, fino all'Apocalisse.

Ma la saga ha uno sfondo storico: Sargon-Nimrud ha effettivamente diviso il suo impero in province, affidandole a governatori di sua fiducia. Il governatore dell'oltre Eufrate (odierna Siria) è un semita che prende il nome di Eber ("al di là" dell'Eufrate stesso), e che chiama suo figlio Peleg ("suddivisione") proprio perché « ai suoi tempi fu divisa la terra » (Gen 10, 25). Dopo la fine dell'impero accadico Peleg si rifugia ad Ur e suo figlio Reu ("ecco!", sottinteso "un figlio") fonda una tribù di industriosi mercanti semiti. Nel XX secolo a.C. tale tribù è capitanata da Terach, il quale decide di trasferire armi e bagagli e tutto il suo clan nella città settentrionale di Harran, la romana Carre dove Crasso trovò la morte contro i Parti, oggi Urfa in Turchia, per gestire meglio i traffici tra l'Egitto e la Mesopotamia lungo le carovaniera della mezzaluna Fertile. Da qui partirà Abramo ("padre eccelso"), figlio di Terach, alla volta della terra promessagli dall'Onnipotente.

William Riker

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Ed ecco il commento dell'amico Bhrghowidhon al brano precedente, che (sono mie parole) "voleva essere, più che un pezzo di letteratura, un piccolo saggio di fantasia e non di erudizione."

"Fantasia e non erudizione"? La ragione del dissenso da tale understatement é la seguente: tutto il brano é un capolavoro di ricostruzione storica, colloca in modo chiaro (e senza le ambiguità che tuttora impigriscono nei manuali) le civiltà fluviali dell'Egitto e della Mesopotamia nel quadro dei sei grandi poli di civiltà protostorica e in perfetta connessione coi massimi eventi della Preistoria recente (deglaciazione, agricoltura, inondazione del Mar Nero, pastorizia). In ogni frase sono incastonati gioielli della ricerca più recente.

C'é l'imbarazzo della scelta, ma forse il motivo più forte di entusiasmo viene dalla decisiva breccia nel muro del dogmatismo ancora oggi prevalente su Atlantide: attraverso l'identificazione con le conclusioni del fior fiore delle teorie più recenti certo non si vuole cancellare di colpo - ci mancherebbe - l'autenticità dei fatti di Santorini, piuttosto si dà il meritato diritto di cittadinanza al concetto che i diluvi sono stati ben più di uno (figuriamoci dalla deglaciazione in poi in quante zone del Mondo: l'Indonesia soprattutto, ma, in Europa, anche la sommersione dell'intero Mare del Nord, il collegamento tra quest'ultimo e il Lago Ancylus che é diventato il Mar Baltico, la sommersione del medio e alto Adriatico in cui tutti i fiumi liburnici, istriani, veneti, romagnoli e marchigiani confluivano nel Po ecc. ecc.) e che sia nel racconto biblico sia, ancor più, nel mito platonico siano confluite elaborazioni di elaborazioni di elaborazioni che hanno fuso in uno i ricordi autentici di tanti episodî (lo stesso vale quindi per la materia dell'Odissea, dell'Iliade, degli Argonauti e via risalendo nella mitologia).

Io ignoro, poi, se tra le numerosissime notizie ci sia qualcosa di verosimile sì, ma non proprio vero in quanto provato e dimostrato. Le date sumeriche mi sembrano corrispondenti alla cronologia alta, no? (Quella che preferisco, fra l'altro, ma ovviamente ciò non ha rilevanza.) Non mi risultava finora che fosse ipotizzata una data al giorno, mese e anno per il Diluvio del Mar Nero, quindi mi verrebbe da pensare che, in un tipico "componimento misto di storia e d'invenzione", si tratti di un elemento che appartiene a questa seconda categoria (l'invenzione).

L'idea del terrore ancestrale per il dio serpente é non solo perfettamente lecita (pur senza pregiudicare la legittimità - come sempre in questi casi - di altre ipotesi), ma addirittura necessaria, perché l'affresco sarebbe stato mutilo se non avesse riservato il dovuto spazio alla ricostruzione religiosa. Immagino che si iscrivano nella stessa cornice anche altri particolari sulla religione nonché tutte le date anteriori al 3000 (eccettuate le date "tonde" come quella dell'inizio della civiltà ponto-danubiana verso il 6000 a .C.) e lo stesso nome per antifrasi di "Lago Bianco", ma 1) potrei sbagliarmi (come in ogni altra circostanza) e 2) sono in ogni caso tutte verosimili, il che é la condizione primaria nelle opere ricostruttive.

L'altro - più grande - filone "fantastico" é quello linguistico, analizzabile in etnico-linguistico e linguistico-onomastico. Sul filone etnico-linguistico, ancora una volta, la fantasia mi sembra minore che la realtà o la ricostruzione verosimile, con l'aggiunta che in tal caso la verosimiglianza potrebbe essere più dossografica che strettamente teorica; infatti, sulla Preistoria recente circolano nozioni eterogenee, collocabili su quattro diversi livelli: - la cultura media in Italia, - la cultura media europea (e nordamericana), - la visione generalmente diffusa in linguistica storica (restringo qui appunto sul lato linguistico), - teorie particolari elaborate da singole scuole o studiosi.

La cultura media in Italia, perlomeno sinora, presenta grandi vuoti nella ricostruzione dei millenni in esame (XI.-III. a.C.); la cultura media europea e nordamericana coincide invece sostanzialmente con l'impostazione di CoDesta opera; la visione comune in linguistica storica aggiunge a tale quadro alcune nozioni classificatorie come Caucasico Nordoccidentale, Caucasico Meridionale, Indoeuropeo (Semitico, Camitico e Sumerico sono già noti alla cultura media europea) e appunto Mediterraneo (nominato infatti nell'opera), con l'immaginabile varietà di opinioni circa il ruolo di ciascuna di queste nei singoli territorî. La funzione delle teorie particolari é quindi di integrare la visione comune storico-linguistica con particolari ricostruttivi specifici ed é normale che non ci sia alcuna coppia di studiosi che condividano la medesima teoria. Anche nel nostro caso, perciò, é del tutto prevedibile che abbiamo opinioni e preferenze diverse circa il ruolo delle varie componenti etnico-linguistiche nella regione in quei millenni; ciò non sminuisce in alcun modo il gusto, il piacere e l'approvazione dell'opera e giustifica le differenze sul piano dell'altro filone linguistico, quello onomastico (inclusa la toponomastica).

I nomi ricostruiti sono, mi pare, Adäna, Tärwisa e Atalantë come toponimi e Kaäna, Dlamakhä, Makaäla e Mataäla come antroponimi. Inquadriamo come si collocano le ricostruzioni tra le varie impostazioni della questione: data come punto di partenza l'ammissione che non abbiamo attestazioni foneticamente interpretabili dell'onomastica della civiltà ponto-danubiana, ognuno é libero di tentare (tale é il suo compito) una ricostruzione sulla base che ritiene preferibile. In questo caso l'assunto é: ricostruisco / ricostruiamo una lingua che, in termini tecnici, si definisce "fonologicamente ottimale o naturale", quindi costituita da sillabe di struttura consonante + vocale e con preferenza per la vocale centrale di massima apertura, /a/. Effettivamente, una fonologia di questo tipo viene vista con favore da molti per le lingue preistoriche, soprattutto per la ipotizzata protolingua dell'umanità (100.000 a .C.); una forte corrente di studiosi - prevalentemente tipologi (ossia che studiano le caratteristiche comuni al maggior numero di lingue) - ha anche la tendenza a preferire una ricostruzione del genere anche per protolingue molto più recenti (per esempio l'indoeuropeo, che comunemente viene collocato proprio nei millenni che stiamo considerando e in qualche parte - si discute quale - del bacino del Mar Nero). Personalmente non condivido in tutto né l'una né l'altra ipotesi (in parte invece si'), ma per motivi talmente particolari da non avere rilevanza in questo momento (in pratica aderisco alla tesi che sia i Cacciatori-Raccoglitori paleolitici che gli Agricoltori e gli Allevatori neolitici, incluse le vittime e i profughi del Diluvio del Mar Nero, parlassero tutti dialetti indoeuropei preistorici, così come pure tutte le comunità dall'Arcipelago Britannico e dalle Canarie fino al Gange e all'attuale Turkestan Cinese a partire dal 40.000 circa fino al II. millennio a.C.).

C'é inoltre il particolare di /ä/: in parecchie varietà europee indica una vocale assai comune, la vocale bassa anteriore (anziché bassa centrale come /a/; entrambe non presentano l'arrotondamento / protrusione delle labbra, quindi si definiscono "aprocheile" o "non arrotondate"), ma nelle grafie di altre lingue - per esempio nella trascrizione moderna del tocario - hanno un valore diverso (nel caso del tocario, una vocale centrale alta non arrotondata, identica alla <y> polacca come in <Wojtyla>). Va quindi benissimo usare il simbolo <ä> - che fra l'altro non é impiegato dall'Alfabeto Fonetico Internazionale ed é quindi liberamente disponibile - per ulteriori suoni, anche rari (con l'unica precisazione che nessun suono umano é inarticolabile per alcun uomo; si tratta solo di maggiore o minore abitudine negli adulti, ma qualunque bambino fino a dodici anni assimila del tutto spontaneamente qualunque suono di qualunque lingua cui sia esposto il tempo sufficiente a capirla e a farsi capire in essa). É da notare che, significativamente, anche nella ricostruzione dell'ipotizzata protolingua mondiale del 100.000 a.C. si discute - in flagrante opposizione al principio dell'ottimalità naturale di cui sopra - se sia probabile che avesse determinati suoni (detti avulsivi o non pneumonici perché prodotti senza espirazione dell'aria: quello del bacio, quello della negazione e quello dell'incitamento dei cavalli) oggi assai rari e di fatto limitati alle lingue Khoi-San di area prevalentemente sudafricana (Namibia).

Ancora un'osservazione sull'effetto che le ricostruzioni "ottimalistiche" producono nel nostro caso: mentre le lingue di Tolkien sono collocate in epoche e aree incommensurabili rispetto a oggi, queste riguardano una zona e dei millenni certo non direttamente conosciuti (dal punto di vista linguistico), ma sui quali comunque si discute parecchio e che quindi hanno già ricevuto numerose ricostruzioni (tra loro differenti). Una proposta ottimalistica - che, ripeto, é perfettamente legittima - assume quindi la connotazione di essere quella che sceglie proprio il punto che normalmente non veniva considerato perché troppo "banale": più o meno come se, nel dibattito intorno alla nascita di Gesù (la Glottologia ha molti punti in comune con la Cronologia, sia per il metodo che per la natura dei risultati), si avanzasse, beninteso con argomenti nuovi, l'ipotesi che la data sia stata proprio il 25. dicembre dell'1 a.C. (normalmente si reagirebbe dicendo: "Figuriamoci! Proprio quella della tradizione, che non tiene conto del censimento ecc., della sincronia con la magistratura X e con la cometa Y ecc.ecc.).

Da ultimo, un dettaglio grafico: l'uso di <y> con valore vocalico ha inizio con il geroglifico egizio ed é continuato negli alfabeti semitici nordoccidentali, ma non ricorre mai nel cuneiforme né accadico né sumerico, per cui non cio dovrebbe essere motivo di scrivere <Napyshtim> invece di <Napishtim> (<sh> é il solito surrogato di posta elettronica per rendere <s> con uncinetto sovrascritto). Ho aggiunto questo dettaglio perché in questi anni ho notato che gli errori di battitura sono praticamente assenti (fatto che ha del miracoloso), ma paradossalmente ciò fa risaltare notevolmente gli italianismi grafici (omissione di <h>, assimilazione di <nb> in <mb>, segno <c> al posto di <k>) nella resa dei nomi tedeschi, slavi e ungheresi (oppure <Moenjo> per <Mohenjo>): se non sono voluti (nel qual caso rinvio ogni considerazione al giorno in cui mi rifarò vivo a proposito del dibattito sull'Italia e sull'Europa e che adesso sono costretto con enorme sforzo a rimandare continuamente), allora direi che é veramente un peccato che testi accuratissimi anche dal punto di vista grafico finiscano sottovalutati o 'svenduti' solo perché il sistema scolastico italiano degli anni Settanta - nonché di prima e dopo - ha quasi sempre inculcato nelle proprie 'vittimé l'idea profondamente miope che le grafie e anche le pronunce non italiane siano un'inutile bruttura da trasformare preferibilmente in qualcosa che non urti la delicata sensibilità dei 57 milioni di Italofoni-italografi).

Bhrghowidhon

Movimenti di popoli nel V millennio a.C. (cliccare per ingrandire)

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Questo invece è il parere di Iacopo, che ha arricchito l'ucronia di interessantissimi particolari:

Il pezzo di Riker è davvero un piccolo capolavoro, e come tutti i lavori bel fatti stimola a produrre altre belle cose: basta leggere il commento da manuale di Bhrghowidhon. Tra l'altro ho sentito attribuire ai sumeri un'origine pontica... a questo punto potremmo pensare che intorno a Tärwisa abitasse una popolazione pontica (ed infatti i cretesi, che con loro condividevano l'origine culturale, adoravano i serpenti) che avesse reso schiavo un popolo caucasico che abitasse la regione settentrionale del Lago Bianco. Col tempo schiavi e padroni si confusero, originando il doppio strato dell'indoeuropeo. Questo tra l'altro spiegherebbe le particolarità delle lingue anatoliche: esse non subirono la fusione nella stessa maniera della lingua di Tärwisa, ma furono influenzate da una lingua caucasica diversa, oppure si separarono prima che la fusione fosse completa. A loro volta le lingue slave, germaniche, celtiche e italiche potrebbero derivare o da dialetti parlati in zone diverse del regno di Tärwisa, oppure (e questo mi piace assai di più) dalle lingue dei popoli schiavi stanziati lungo i confini dell'impero, pesantemente influenzate dalla struttura e dal lessico tärvisiani (un po' come il latino ha dato esiti diversi in regioni diverse, sottoposto ad influenze diverse). In questo quadro gli abitanti originari di Tärwisa si sarebbero spinti a nord allontanandosi dalla loro patria sommersa, stabilendosi poi lungo le coste meridionali del Baltico, dove i loro discendenti sono quelli che noi consociamo come Lituani. Probabilmente nella nuova sede Baltica dei Tärwisiani accede qualcosa di spiacevole, ed un gruppo di importanti tribù fu scacciato verso sud dopo un'aspra guerra. Sono quelli che noi chiamiamo Elleni, la cui cultura, prima di attecchire lungo le coste dell'Egeo, era nata nel nord, coerentemente con la teoria di "Omero nel Baltico". Così spieghiamo l'unicità di certi tratti arcaici della lingua greca, così come gli identici tratti arcaici di quelle baltiche.

Sono abbastanza certo poi che gli Etruschi, e Baschi ed i Pelasgi non discendano dal popolo adänico ma, anzi, che in parte sia vero il contrario. Gli adänici si sarebbero formati dall'incontro e dalla mescolanza di un popolo caucasico occidentale e di un popolo pontico... Quindi direi che possiamo tranquillamente accettare che, all'epoca della prima Tärwisa, ci fosse una zona abitata con una certa continuità da popoli pelago-pontici (tipo i cretesi), adoratori del serpente. Questa zona si estendeva dalla Cilicia, attraverso la costa meridionale dell'Asia Minore, fino all'Egeo e oltre. Forse anche il Sud Italia, la Sicilia e la Sardegna entravano nell'area pelasgica. È possibile che i pelasgi si fossero incontrati con i caucasici lungo le sponde meridionali del Lago Bianco, e che nel corso del sesto millennio prima di Cristo avessero dato vita alla civiltà di cui stiamo parlando.

Contemporaneamente però i confini meridionali del regno erano abbastanza sguarniti: immagino che i Potyes di Tärwisa avessero concluso patti commerciali con le varie tribù di montanari che poi sarebbero diventate i Sumeri. Quindi una penetrazione profonda in Anatolia è accettabile solo come "area di influenza". Altrimenti i Sumeri sarebbero stati schiacciati dall'influenza culturale adänica  prima del "diluvio", ed avrebbero parlato una lingua indoeuropea.

Cosa dire invece della penetrazione degli adänici nel bacino del Danubio? Di certo vi fu, basterebbe il nome del fiume a confermarlo. Penso che nella pianura del Tisza, ossia nell'odierna Ungheria, gli abitanti di Adäna poterono trovare condizioni simili a quelle della madrepatria, ossia ampie distese attraversate da fiumi (avete presente i quattro fiumi del paradiso terrestre? Danubio, Nistrio, Don e Dniepr... resterebbe l'Halys... oppure Nistrio e Dniepr si riuniscono prima di gettarsi nel Lago Bianco). La "cultura delle piramidi europee" si sarebbe sviluppata a partire da questo nucleo.

Resta da spiegare perchè in Ungheria non vi siano piramidi... questi edificatori però non erano, secondo me, fuggiaschi del Diluvio, ma dei veri e propri coloni, inviati per prendere possesso delle terre fertilissime d'occidente. Le piramidi segnerebbero così il confine massimo di influenza della civiltà adänica, ma trovo improbabile che già nel sesto secolo un impero (privo della scrittura, fra l'altro) avesse inglobato territori così ampi e dalle caratteristiche geografiche così differenti. Quando venne il "Diluvio", i superstiti si rifugiarono presso di loro e tentarono di tramandare qualcosa della cultura precedente, insegnando ai locali l'arte di costruire piramidi. Questo poteva avvenire, diciamo, nel 4500 a.C. Da queste popolazioni, sconvolte e disperse dalla doppia migrazione dei Balti e degli Achei (che in sostanza avrebbe messo in moto quelle dei Popoli del Mare), discendono gli europei "centum": gli illiri dalla regione più meridionale, i celti da quella dell'attuale slovenia, i germani da quella boema (ma furono traqscinati a nord come schiavi dai Balti), gli slavi da quella del bacino del Nistrio. I popoli di ceppo "satem" invece sarebbero gli eredi dei coloni adänici stanziati fra l'estuario del Volga e quello del Don, che si unirono a popolazioni siberiane per dare origine prima alla cultura Kurgan, e poi a quell'immensa schiera di popoli che dominerà l'Asia occidentale per due millenni: arii, sciti, saci, cimmeri, medi e così via. Quindi la divisione in vari ceppi degli indoeuropei sarebbe solo in parte dovuta al diluvio: in parte piuttosto, deriva dai movimenti che ne furono la diretta conseguenza (un'altra possibilità sarebbe che vari popoli sottomessi da Adäna formassero un centro culturale nella Russia meridionale, e che poi si dividessero come fecero gli indoeuropei storici, invadendo l'Europa da est invece che da Sud. Sarebbe più confacente alle moderne teorie in effetti, e la civiltà delle piramidi, a questo punto, potrebbe essere stata creata da popoli paleo-baltici spazzati via dalla nuova invasione. Ma non ci staremmo coi tempi, suppongo). Tutto questo è sintetizzato nella mia cartina visibile qui sopra in questa pagina. Naturalmente bisognerebbe spiegare perchè solo gli Ariani meridionali (indoariani e iranici) e i germani mantengono il mito escatologico, che evidentemente ha origini indoeuropee.

A questo proposito, ecco un brano preso dal secondo volume della "Storia delle Credenze e delle Idee Religiose" di Mircea Eliade (§ 177) , che illumina la mitologia che potevano avere i nostri protoindoeuropei di Adana: « [...] il carattere dell'impostore Loki, la sua malvagità e la sua presenza fra i nemici degli dei durante la battaglia escatologica fanno di lui l'omologo del sinistro personaggio del Mahabharata, Duryodhana, la più perfetta incarnazione del demone della nostra età. Secondo Dumézil, l'ampiezza e la regolarità dell'armonia fra Mahabharata ed Edda dimostrano l'esistenza di un vasto mito escatologico relativo ai rapporti fra Bene e Male ed alla distruzione del mondo, mito venutosi a creare già prima della dispersione dei popoli indoeuropei... »

Ma come è mai possibile che i nomi degli antichi sovrani e dei luoghi di Adäna siano stati conservati solo dagli Ebrei? Ovviamente "Perchè sono Ebrei" non è una risposta soddisfacente, seppure potrebbe anche essere quella vera. Secondo me le cose sono andate così. Naäpa porta in salvo i popoli del mare, forse schiavi tarawizzati delle terre centrali di Adäna. Fa parte di una casta sacerdotale che usa ancora, a scopi rituali, l'antica lingua di Tärwisa (pontica, a questo punto). Dopo aver salvato molte migliaia di persone però incorre in uno scisma: parte dei suoi seguaci vorrebbe riprodurre l'antica civiltà di Adäna nelle terre del nuovo stanziamento, ma Naäpa si oppone. La maggior parte dei sacerdoti e dei saggi quindi emigra verso ovest, e da essi discenderanno gli etruschi: tracce di questo evento traumatico si possono trovare, forse nella derisione di Noè da parte dei suoi figli. Preoccupato per il suo popolo, affinché non dimentichi la sua cultura, Naäpa crea un canto epico che insegna ad alcuni fedelissimi (non conoscendo la scrittura). Alcuni secoli dopo uno di questi aedi, chiamiamoli così, è fatto prigioniero dai sumeri ed insegna loro il canto di Naapysh, che stranamente coincide con alcune loro leggende. Il canto viene trascritto integralmente, ma solo la parte coincidente coi miti sumeri viene integrata nell'Epopea di Gilgamesh. Il resto viene confuso e per lungo tempo va dimenticato.

In seguito un popolo di cananei affine ai sodomiti ed ai gomorrei viene assorbito dagli egiziani. Di loro si ricorda che avevano la caratteristica unica di adorare un solo Dio Nel tredicesimo secolo a.C. il principe Tuthmoses viene esiliato nel deserto per terrorismo, nelle purghe successive alla fine del sogno di Akhenaton. Presso Madian decide che deve convincere gli schiavi egiziani a lasciare quel paese e torna indietro. Da principio questi lo rifiutano, ma il tizio (che per l'occasione ha eliminato il fastidioso riferimento a  Toth dal suo nome) sa fare miracoli, e poi Akhenaton era buono con gli schiavi stranieri. Dopo l'esodo, durante la marcia nel deserto, Mosè ed il fratello Aronne armonizzano le vecchie storie sull'origine del mondo e sulle peregrinazioni degli ebrei, dando vita alla prima stesura della Genesi. Questo testo rimane abbastanza mercuriale fino alla cattività babilonese. Qui un Levita, discendente di Aronne, trova le antiche tavole di Noè e scrive la Torah come noi la conosciamo. Così la Bibbia è l'unica fonte attendibile sulla civiltà di Adäna!

Resta da capire una cosa: se Eden fu fondato ad Oriente, dove si trovava la terra in cui si rifugiarono i popoli del amre guidati da Naäpa? Una possibilità è l'Anatolia occidentale, e questo tra l'altro si sposerebbe bene con l'ipotesi etrusca. Un'altra è la Tracia, o le regioni adriatiche dei balcani... Tra l'altro ho appena scoperto che "Baltico" significa "Bianco", quindi è possibile che i balti giunti da sud abbiano dato al nuovo mare-lago il nome di quello vecchio...

Un ultimo particolare prima di chiudere. Secondo me è l'atto di uccidere altri animali che costituisce (nel senso letterale di essere costituente) sia l'autocoscienza che la religiosità. Infatti nella Genesi prima Abele uccide le primizie del gregge, poi Caino assassina Abele, e infine Enos, figlio di Set, invoca per la prima volta il Nome del Signore. Fuori di metafora: prima si instaura un'identità basata sulla differenziazione dalla natura (epoca del sacrificio), poi un'identità basata sulla differenziazione dall'altro (epoca del conflitto tribale), infine un'identità astratta (epoca del Nome).

Iacopo

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Bhrghowidhon ha poi aggiunto un altro, importantissimo contributo:

La domanda se Adamo sia mai esistito fa molto riflettere...

Il ‘titolo’ di Adamo Cromosomiale (come quello di Eva Mitocondriale) indica senza dubbio una persona precisa: il più recente antenato di tutti i maschi viventi (risp. la più recente antenata di tutti gli uomini viventi); l’unica incertezza (a parte la sua identificazione concreta, che finora non è avvenuta) è che, siccome in realtà non abbiamo analizzato il DNA autosomico (monoparentale) di tutti i viventi, non siamo sicuri neppure di aver fatto la proiezione corretta (quindi resta inevitabilmente un’aura di provvisorietà sul calcolo – a sua volta approssimato per ± 10˙000 anni, non proprio briciole – della cronologia assoluta): ogni tot anni, infatti, si scopre qualche Afr(oamer)icano che costringe a retroproiettare l’Adamo Cromosomiale più indietro...

Già se cominciamo a includere alcuni che erano viventi (quando sono stati misurati), ma adesso sono morti, precipitiamo nella vaghezza, perché siamo costretti a precisare “viventi dall’inizio delle misurazioni’, ma ormai sarebbe inutile anche questo, da quando abbiamo imparato a ricavare il DNA cosiddetto “antico” da resti di migliaia di anni orsono. A questo punto dobbiamo dire “viventi e vissuti a nostra conoscenza”, quindi a ogni nuova analisi tutto l’apparato cronologico ricostruito viene potenzialmente revocato in dubbio e in tal caso è chiaro che non c’è limite alla retrodatazione, perché non c’è nessun ostacolo logico a includere anche gli Uomini moderni primitivi, i Neanderthaliani e così via risalendo, per cui anzitutto crolla la distinzione fra Adamo Cromosomiale e ‘marito’ della Eva Mitocondriale (a meno di introdurre come criterio esplicito quello di “persone vissute nel collo di bottiglia”, ma non erano certo solo due!) e soprattutto le uniche tappe significative diventano la prima coppia di săpĭĕntĕs, il primo săpĭēns (se distinto da questi), la prima coppia o il primo Hŏmō, per cui sono esistiti un Adamo e/o una Eva di genere (inteso come genere genalogico) e uno e/o una di specie. La nascita del linguaggio sembra più diluita e continua, però se fosse accertato che si basa fondamentalmente su strutture genetiche (ad esempio l’incontestabile FOXP2) lo si potrebbe far iniziare con la mutazione che ha prodotto geni come questo.

Comunque, io tendo a pensare che qualsiasi testo (Genesi inclusa) rappresenti una versione semplificata di varie tradizioni di ricordi che a loro volta hanno ridotto la complessità degli eventi realmente accaduti, i quali sono sempre in quantità eccedenti rispetto alla memoria umana. Pensiamo solo a come sarebbe riduttivo qualsiasi riassunto che tentassimo di fare a memoria dei fatti dell’anno scorso e a come sarebbero diversi i vari riassunti: la Critica Storica prenderebbe in considerazione solo le coincidenze fra di noi, mentre sappiamo benissimo che in realtà non solo tutto ciò che ciascuno ha scritto è vero, ma soprattutto abbiamo omesso l’assoluta maggioranza dei fatti (e stiamo parlando semplicemente dell'anno scorso; figuriamoci dopo secoli!).

In un certo senso, sperimento davvero questo processo quando provo a elicitare da qualche Laureato che cosa ricorda di ciò che aveva a suo tempo sentito a lezione (da me, per esempio): quasi sempre sono ricordi vaghi e sfumati, molto incompleti (benché siano trascorsi pochissimi anni), ma mai inventati. In pratica, quindi, immagino che nella narrazione di Sodoma e Gomorra siano confluite numerose e varie vicende e che ogni particolare sia (una semplificazione del) vero (anche di più di un episodio storico).

In generale, considero insufficiente – anche se inaggirabile – il Documento Storico: rispetto alla Storia effettiva, rappresenta una versione mutilata e deformata; il cómpito dello Storico è di integrare quanto più ampiamente il Documento attraverso le procedure di Ricostruzione (per esempio, glottologica), che certo sono altrettanto insufficienti, ma almeno rappresentano il massimo progresso che si può ottenere.

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Tuttavia Paolo Maltagliati gli ribatte:

Io però starei attento a capire se è 'discendenza' (per quanto la storia 'originale,' si perda dopo relativamente poco, lasciando però un modello riutilizzabile che da' indizi e tracce) o semplice 'convergenza evolutiva', detto in termini biologici. Qui però andiamo ad affondare nelle radici ancestrali della psiche umana. Che peraltro è quella che ti inchioda. Vedete, voi tre, carissimi, siete 'superumani': la vostra mente è splendida. Ma è anche la vostra dannazione, perché:

1) l'ignoranza, il pregiudizio, la stupidità - che non sono molto razionali - vi sono inspiegabili;
2) non capite pertanto come l'uomo non 'veda' l'utilità del superamento della competizione come strumento di affermazione della propria libertà.

Alla fine è il corto circuito logico della guerra: l'uomo sente il bisogno di garantirsi benessere (perché, ed è un altro corto circuito della società contemporanea, il maggiore benessere era atavicamente e istintivamente relato alla maggiore possibilità di trasmettere il proprio corredo genetico alla generazione successiva. Privo il mio vicino delle risorse perché a livello inconscio voglio che i miei tratti vengano preservati nella competizione spermatica. È paradossale pensare che ora le società con maggiore benessere (e con più sangue sulle mani) siano a crescita demografica zero o negativa). Ma il benessere è dato dalla collaborazione! Eppure non riesce a non competere, volersi imporre... uccidere l'altro(non necessariamente in senso fisico e letterale).

Inoltre, maggiore è la vastità di conoscenze, maggiore è la comprensione di un unico modello che si ripete a livello globale, interconnesso. Io so un centesimo di quello che tu sai sulla storia del mondo e quindi le forme che io intuisco nella nebbia tu le vedi nitide. E meno si vede, più quel pezzettino che si riesce a vedere è il tutto (e diventa assoluto, ideologia). Non lo vede un unico modello, non le vede le interconnessioni. Vede, al massimo, tante piccoli barlumi luminosi, tutti di forme e colori diversi.

E così si finisce come l'uomo che esce dalla platonica caverna che, quando torna racconta di cosa ha visto e non viene creduto, o peggio. Platone non ha molta misericordia per gli uccisori di Socrate, ma forse dovrebbe: abbarbicati ad uno scoglio, hanno logicamente paura di chi mostra loro l'oceano. Oceano che non possiedono e non comprendono.

Voi, che vivete alla luce del sole, non comprendete (e giustamente vi irritate) chi vive nella nebbia, e che corre ad armarsi per rivendicare l'angolino in cui dimora (e tutto ciò che è fuori dal suo campo visivo è nemico).

Ah, peraltro viviamo in una società che ha costruito i propri fondamenti su una competizione sempre più fredda, ma rapida, pervasiva e non meno feroce. È logico che i figli di tale società leggano eterne come le montagne certe verità storiche. Non si pensa nemmeno di doverle o poterle mettere in discussione, sono così e basta.

Per stare SOPRA a quelle montagne e vedere dall'alto il mare di nebbia ai loro piedi, mentre si gusta l'aria limpida e frizzante al sorgere di un sole luminoso bisogna essere speciali. E voi lo siete.

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Bhrghowidhon gli spiega:

Grazie, Paolo, ma sul dilemma fra discendenza e convergenza evolutiva applicherei il criterio statistico: c’è discendenza – anche intesa come discendenza comune da un archetipo perduto – quando i due (o più) testi contengono nomi uguali (come in questo caso), altrimenti resta indecidibile.

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Se volete avanzare proposte o suggerimenti, scriveteci a questo indirizzo.


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