Cronache della Guerra del Grande Tiranno

(II Guerra Mondiale Fantasy)

di Tommaso Mazzoni

N.d.A.: questo divertissement è un fantasy classico alla Tolkien, in cui i Buoni sono Buoni, anche se possono sbagliare, e i Cattivi sono Cattivi, anche se si può essere dispiaciuti per loro. Quindi i Tiranni stanno tutti da una parte e i Re buoni e giusti tutti dall'altra. (Infatti Stalin non è a capo dell'Impero dell'Est, per dire)

Capitoli: Prologo I II IIIIVVVIVIIVIIIIXXXIXIIXIIIXIVXVXVIXVIIXVIIIXIXXXXXIXXIIXXIII XXIVXXVXXVIXXVIIXXVIIIXXIXXXXXXXIXXXIIXXXIIIXXXIVXXXVXXXVIXXXVIIXXXVIIIXXXIXXLXLIXLIIXLIIIXLIVXLVEpilogo

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Prologo

Dal Diario di Mastro Bertoldus, Bardo, Poeta, Scrittore e Cronachista:

"Il Male prevale, se i buoni non fanno niente per prevenirlo. Tanto è vero, che nel ventiduesimo anno dell'ultimo secolo della Terza Era degli Uomini, nell'assolato Reame del Sole, un tempo sede del II Impero degli Uomini, il debole sovrano fu ammaliato e soggiogato dal perfido Duca Benito, astuto demagogo. Costui, impose all'intero Regno del Sole la sua Tirannia, con il pugno di ferro delle sue Legioni Nere; Ma egli non era in realtà che un piccolo tiranno; Lontano, nell'ormai decaduto impero di Alamann, spinto dall esempio del Duca, un uomo, di nome Adolf, decise di stringere un patto con Erwinn della Torre, un possente stregone; Con un orribile rituale di proibita arte necromantica, Erwinn invocò Fuhrherr, lo Spirito dell'Oppressione e della Tirannia, che prese possesso di Adolf e lo Trasformò nel Tiranno dei Tiranni.

Inizialmente, le nazioni Libere, come l'Impero di Rus, nell'Est, e quello di Albion, nel Nord-Ovest, e il Regno del Giglio nell'Ovest, sottovalutarono la minaccia del Tiranno e dell'Alamann.

Egli si alleò col Regno del Sole a Sud, e con l'Impero del Crisantemo, nel Lontano Oriente; Una ad una, le nazioni che un tempo appartenevano al V impero degli uomini, di cui Alamann era un rimasuglio, caddero sotto il dominio del Tiranno; Prima cadde la Marca dell'Est, terra d'origine di Adolf; Poi fu la volta del Regno di Bohem. Allora, le nazioni libere tennero un convegno, ma credettero alle bugie e agli inganni arcani del Tiranno, sostenuto dal Duca.

Nel trentesimo giorno del nono mese del Trentanovesimo anno, le Legioni del Tiranno invasero il Regno dell'Aquila Bianca."

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Capitolo I: La Battaglia di Krojanty

"Lord Casimir Mastalertz, Comandante dei Cavalieri dell'Aquila Bianca aspettava l'alba, in sella al suo alato destriero; Sapeva che la legione del terrore sarebbe giunta presto. Casimir non temeva la morte, temeva la schiavitù e il disonore. Ed ecco, da occidente, arrivare in sella alle loro bestie infernali, gigantesche, dalla pelle di ferro; Uomini, Orchi, Teufling, Goblinoidi e Non-Morti, tutti sotto le insegne del Tiranno, la Croce Uncinata, nera a sfondo rosso Sangue; Nel cielo, loro, i temuti Draghi della Morte, bestie immonde create dai Maghi del Tiranno torturando i draghi.

Al fianco dei Cavalieri dell'Aquila combattevano gli Elfi di Tuchola, i signori della Foresta, e un valoroso numero di soldati dell'Aquila Bianca, guidati dal Principe Ian, l'erede della Corona Alata.

Casimir sapeva di non potere vincere contro quell'esercito mostruoso; 

ma sapeva di doverli rallentare, per permettere al Re Ladislao VI di mobilitare le truppe; Sapeva che i loro alleati ad ovest e ad est stavano mobilitando, ma perché arrivassero in tempo, lui doveva rallentarli.

"Per l'Ecclesia e per l'Aquila!" Gridò, e le truppe decollarono in un rombo di gigantesche ali, preceduti da un nugolo di frecce d'argento;

I Draghi della Morte furono sorpresi da quella pioggia, resa letale dalla magia degli Elfi;

Gli Artigli dell'Aquila Bianca, l'Elite della Cavalleria del Regno, piombarono sulle bestie, e le spade si tinsero di nero e rosso.

Per tre volte Lord Casimir menò strage di nemici, poi, vide, su un immenso cavallo nero, fatto di ombre e ferro, venirgli incontro con le insegne della Croce Uncinata e dell'Aquila Nera di Alamann, nientemeno che Guderian il Traditore, un tempo ufficiale dell'Armata dell'Aquila Bianca, oggi comandante dell'armata del Tiranno.

Fremente di indignazione, Lord Casimir gridò: "GUDERIAN! A tal punto si spinge la tua infamia! Non solo tradisci la tua patria e ti poni al servizio di un tiranno, ma osi invadere il sacro suolo dell'Aquila Bianca, imbrattandolo del sangue dei suoi figli leali? Oggi ti consegnerò alla giustizia del Cielo!"

Nella medesima lingua rispose il suo avversario: "Povero illuso, ancora immerso nei sogni dell'onore, servo di una patria minore; Il destino degli uomini, è essere uniti in un solo impero glorioso; Lord Furherr creerà quell'impero; Grazie a me, l'Aquila Bianca avrà un posto di prestigio, accanto a quella Nera! Tu mi chiami traditore, ma io in realtà sono il salvatore di questo regno!" Con queste tracotanti parole, Guderian, armato di una lunga lancia crepitante di oscuro potere, si lanciò in carica sul suo nobile avversario; ma Casimir lo aveva preceduto; inutile fu l'oscuro potere della lancia, che si infranse contro il possente scudo; il primo sangue versato, apparteneva al Traditore.

Ma Guderian non era intenzionato a deludere il suo signore; Con la codardia dei traditori, mirò alle ali del cavallo alato, con due getti di fiamme nere, dagli occhi della propria cavalcatura.

Nonostante la sua perizia di cavaliere, Casimir non poté evitare completamente che il getto nero di fiamme malefiche ustionasse l'ala destra del suo destriero, obbligandolo al suolo.

Qui, fu travolto dal mostruoso cavallo nemico, che calpestò senza pietà il valoroso cavaliere.

Guderian gioì ferocemente per quella brutale vittoria, ma il ruggito di trionfo si mutò in uno di disappunto; Feriti e intimoriti, i suoi soldati non erano in condizioni di avanzare; L'Aquila Bianca aveva subito più perdite, ma quel giorno aveva ottenuto il suo scopo, e si era ritirata."

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Capitolo II: Il Prete d'Acciaio

"Undicesimo Giorno del nono mese del trentanovesimo anno.

Josif si svegliò mandido di sudore; ancora una volta l'ombra lo aveva tentato, e questa volta aveva ceduto; del resto, la promessa del Tiranno era stata rinforzata dal potere; Guardò la Croce Uncinata marcata a fuoco sul suo polso; Come Gran Sacerdote di Tblisi e Arcivescovo dell'Impero Orientale, la sua autorità era molto grande; ma il suo sogno era il Trono Tonante, il seggio del potere Imperiale. Lo chiamavano Prete d'Acciaio, per la mistica armatura che soleva indossare e per la sua volontà incrollabile; Era un uomo freddo e calcolatore, e, questa volta, i suoi calcoli lo avevano portato a tradire l'Ecumene, di cui faceva parte, e l'Impero della Rus, di cui era fiduciario, e perfino il suo Regno, la Grande Armenia, vassalla della Rus.

Fu con parole false e ben preparate che si presentò di fronte all'Imperatore Alessio II; "Vostra maestà" disse con tono fintamente paterno, "in questo momento di grave pericolo, bisogna intervenire a favore dei nostri alleati dell'Aquila Bianca; L'Esercito Imperiale sta ancora mobilitando, ma io ho pronte delle truppe volontarie, affidate a lord Laurenty Berija." Costui, era il braccio armato del Prete d'Acciaio, spietato assassino e brillante comandante militare, leale al solo Josif.

Negli anni, l'Armeno aveva conquistato la fiducia dell'Imperatore, usando anche oscure magie apprese dal suo mentore, Gregory Rasputin, il più temuto stregone della Rus.

Alessio, anche questa volta non mise in discussione il suo consigliere, e gli concesse di partire con la vasta armata di volontari.

Tali volontari erano stati scelti per la loro spietatezza, la loro brutalità, e per la totale devozione alla causa del Prete d'Acciaio; Era la Legione Rossa, e portava lo stemma personale di Josif, un Aquila Rossa, su sfondo Nero, con una stella a cinque punte e una croce greca (presto sostituita con una uncinata) di colore giallo.

La Legione Rossa contava sui feroci Orsi da Guerra Corazzati della Cavalleria Pesante, e schierava anche una fanteria di Vielikah, i brutali giganti delle Steppe dell'Est.

Josif aveva stretto un patto col Duca dei Balti, anch'egli un traditore, e passò la frontiera col Regno dell' Aquila Bianca il venticinquesimo giorno del nono mese, accolto con ogni onore dal Re Ladislao VI.

Il Prete d'Acciaio brindò con il Re, che tuttavia sentiva che in lui, qualcosa non era chiaro; Tali sospetti furono rinforzati in lui da un giovane sacerdote dell'Ecclesia, figlio cadetto di un piccolo nobile del sud, di nome Karol; Su consiglio del giovane , di cui il re percepiva la futura grandezza, il Principe Stefan, Secondogenito, fu mandato al sicuro, nel regno di Albion, con la mitica Corona Alata; questo fece infuriare Josif, che avrebbe voluto prendere il mitico artefatto per se.

Con il cuore carico di rabbia, Josif accompagnò le armate dell'Aquila Bianca presso la Foresta di Katyn, dove avrebbe avuto luogo la battaglia decisiva per le sorti del regno; Ladislao VI non aveva ancora capito la reale portata del tradimento del Prete d'Acciaio."

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Capitolo III: La Foresta Insanguinata

"Primo giorno del decimo mese del trentanovesimo anno.

L'Armata dell'Aquila Bianca era riunita li, nella Foresta di Kagyn; davanti agli occhi di Lord Taddeus Komorowsky, oltre settantamila, fra Uomini, Elfi, e Ninfe delle Acque, ad essi, si univano gli Uomini e i Giganti della Legione Rossa, venuta in soccorso dall'Est; Re Ladislao VI, della Casa di Sobiesk, sedeva sul suo magnifico ippogrifo, bianco di piuma e di pelo. Suo figlio Ian cavalcava un Pegaso grigio, altrettanto maestoso:

"Figli dell'Aquila Bianca, fratelli e sorelle dei boschi e dei fiumi, amici venuti dalla Rus, oggi, su di noi grava la responsabilità di porre fine all'incubo scatenato da un folle, e garantire che i nostri figli crescano liberi in una terra libera, oggi noi co...." Il discorso gli si fermò in gola, un raggio di luce rossastra proveniente dal bastone del Prete d'Acciaio, l'alto Sacerdote dell'Ecumene che accompagnava la Legione Rossa, colpì il Re in pieno petto, facendolo invecchiare di secoli, e riducendolo in polvere, mentre la Legione Rossa si lanciava sull'esercito che teoricamente avrebbero dovuto aiutare; ed ecco, le armate del Tiranno, avvertite da quella luce, si lanciarono sulle truppe impreparate dell'Aquila Bianca; Una pioggia di ferro e fuoco decimò la fanteria, mentre i Preti Neri della Croce Uncinata liberavano nugoli di locuste immonde sui Sacerdoti dell'Ecclesia e sui Druidi Elfici. Re Giovanni V, regnò solo per pochi minuti, prima di essere sgozzato a tradimento dal Comandante Berija della Legione Rossa; Lord Taddeus, però, riuscì a reagire; Fece a pezzi ben tre giganti, e riuscì a a sfondare l'accerchiamento, aprendo un corridoio che permise ad una piccola parte dell'Armata tradita di fuggire.

Accortosi del tentativo di fuga in atto, il Prete d'Acciaio invoco le fiamme degli Inferi, che si propagarono rapidamente. Dal cielo, i Draghi della Morte fecero piovere veleno sui Cavalieri dell'Aquila Bianca, uccidendone in gran numero, prima che potessero alzarsi in volo.

Alla fine il sangue versato fu tanto che il legno e l'erba di quella foresta ne acquisirono in perpetuo il colore. Dopo la battaglia, il Prete d'Acciaio si incontrò con Lord Guderian; Fra traditori, evidentemente l'accordo non è difficile, perché Guderian cedette senza discutere il controllo di una porzione del territorio del Regno delle Aquile alla Legione Rossa.

Lord Taddeus comunque, non era uomo da arrendersi facilmente; per giorni i superstiti camminarono nei boschi fino a raggiungere un fortezza segreta degli Elfi; quì, il valoroso generale fu portato presso uno specchio d'acqua, che aveva un mistico potere; gli permise di contattare il Re Stefano II, al sicuro in Albion, a cui tutti i supersiti giurarono fedeltà. Egli gli diede l'incarico di continuare a resistere, e di proteggere il popolo dell'Aquila Bianca dagli invasori; a tale scopo Taddeus fondò l'Esercito Libero, un organizzazione segreta che avrebbe continuato la lotta al Tiranno; Così mentre le armate oscure entravano nella Città del Pescatore, la capitale del Regno delle Aquile, e vi celebravano il trionfo, nelle foreste di tutto il regno, uomini, elfi e ninfe, insieme si preparavano a resistere; La libertà era perduta, ma la speranza viveva ancora."

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Capitolo IV: La Guerra del Nord

"Quarto Mese del quarantesimo anno.

L'Impero del Nord, fra tutti i regni liberi, era quello che meno desiderava essere coinvolto nella Guerra; l'Imperatore Gustavo V fu dunque alquanto sorpreso della notizia che la Marca dei Dani, la provincia più meridionale dell'Impero, era stata invasa dalle truppe del Tiranno; "se il Tiranno vuole conoscere la furia dell'Inverno, allora, in nome di Freyr il luminoso, gliela faremo conoscere!" Esclamò furente il sovrano nordico.

La Flotta del Nord era potente e temuta, anche perché, da tempo immemorabile, i sovrani del Nord erano alleati con i giganteschi Kraken, mostri marini straordinariamente intelligenti, simili a piovre con tentacoli lunghi decine di metri, che dimoravano nei freddi mari settenttrionali.

L'armata del Nord impiegava invece la temuta Fanteria Nanica, la più corazzata e tenace divisione di fanteria del mondo. Oltre a ciò, L'Impero del Nord era alleato con il Regno delle Nevi, a Nord-Ovest, governato dagli alteri Elfi dei Ghiacci.

Proprio un Elfo dei Ghiacci, Lord Mannerheim il Saggio, fu posto a capo degli Eserciti del Nord.

Intanto, però il Porto dei Mercanti, principale città della Marca dei dani era stata occupata, e la Flotta Nera era riuscita a sbarcare sulla penisola il cui territorio coincideva con la maggior pozione dell'Impero del Nord.

Avrebbero scoperto a loro spese perché quella terra era chiamata "Terra del Pericolo". Tuttavia, molte città della costa erano cadute in mano agli invasori; fra esse la più importante era il Porto della Regina; Fu proprio quì che per la prima volta l'alleanza dei popoli liberi inflisse al nemico una netta sconfitta; Il sesto giorno del quinto mese, un esercito formato da arcieri Albionici, Cavalieri del Giglio, Sciamani del Nord, Scout delle Tribù della Renna, Fanti Nani, Maghi Elfi dei Ghiacci e Cavalieri Volanti Sidhe, i Signori Elfici alleati di Albion, riuscì a sconfiggere la Legione Spaccaghiaccio e a riconquistare la città portuale; Tuttavia, ben presto l'esercito del Nord fu in difficoltà grazie anche al tradimento di Lord Vidkun Quisling, che si pose al servizio del Tiranno, e svelò molti segreti delle difese del Nord agli invasori. In cambio, ottenne il vuoto titolo di Protettore del Nord.

Ma il Nord non era affatto vinto; Un inespugnabile fortificazione di ghiaccio fu eretta con la magia, a difesa della parte libera dell'Impero; Contro il Muro di Mannerheim, a nulla valse la selvaggia potenza delle legioni del Tiranno; La Guerra del Nord non sarebbe stata una vittoria semplice per le forze oscure."

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Capitolo V: L'orgoglio delle Province Unite

"Foce dell'Acqua Abbondante, Alleanza delle Province Unite.

Ventisettesimo Giorno del quinto mese del quarantesimo anno.

La Reggente del Sangue dell'Alleanza delle Province Unite, Guglielmina d'Orange, scese dal carro che l'aveva portata in quella grande città portuale, che fungeva da capitale del suo regno; Il cuore della sovrana era gonfio di tristezza; nonostante il valore dei suoi soldati, infatti, le truppe del Tiranno, inarrestabili, avevano invaso il suo regno, depredato le campagne e le città e reso schiavi i suoi sudditi; tuttavia il suo regno aveva numerosi avamposti commerciali e territori, oltre il mare, e quelle terre arano ancora libere; Dopo lunghe discussioni con i suoi consiglieri aveva accettato di recarsi la, per chiamare alle armi i fratelli d'oltremare. La Regina aveva accettato a malincuore di abbandonare la sua patria, martoriata dalle milizie oscure del Tiranno; Improvvisamente tuttavia, le mura della capitale cedettero di schianto, e l' orda dei soldati con la croce uncinata fece il suo ingresso; i coraggiosi cavalieri del Leone d'Orange si fecero subito avanti, intenzionati a proteggere la loro sovrana; anche il valore ha i suoi limiti, purtroppo, ma quando tutto sembrava perduto, ecco, le acque del fiume si sollevarono in alte colonne e si abbatterono sulle orde del Tiranno; le ninfe delle acque, che il tiranno aveva perseguitato e sterminato nel Regno dell'Aquila Bianca, oggi hanno la propria rivincita; in tutto il regno, le acque, che un tempo i valorosi Provinciantes avevano convinto a ritirarsi, ora prorompono , seppellendo parte delle armate nemiche; Ma nemmeno la furia delle acque può trattenere a lungo l'oscurità; Guglielmina lo sa, e finalmente si imbarca, lasciando il porto sulla sua nave ammiraglia; la attende un lungo viaggio verso la Città del Grande Fiume, nella Terra d'Esperia. Prima che la nave prenda il largo comunque, Guglielmina usa un artefatto chiamato Collana Borgognona, appartenuta ai suoi antenati, per comunicare con tutto il suo popolo.

"Fratelli e Sorelle, Figli e Figlie delle Provincie Unite; In questo momento durissimo di prova, non posso che dirvi di continuare a combattere; Fatelo per i vostri figli, per i nostri figli; Combattete con il cuore prima che con le braccia; combattete mostrando ai nostri nemici, che possono anche uccidervi nel corpo, ma finché sarete orgogliosi di appartenere alla nostra Alleanza, voi vivrete da Uomini e Donne liberi; A voi, Genti d'Acqua, un ringraziamento per i vostri sacrifici; giammai essi verranno dimenticati!"

Il viaggio fu lungo, ma allietato da una buona notizia; La Flotta delle Province Unite di stanza nelle Province Unite d'Oriente, guidate dal coraggioso ammiraglio Lord Doorman, avevano impedito all'Impero del Crisantemo di conquistare queste vaste isole.

L'orgoglio delle Province Unite era ancora intatto, anche se ormai nulla si opponeva all'invasione da parte del Tiranno della sua preda più ambita, il Regno del Giglio."

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Capitolo VI: La Battaglia del Fiume della Tranquillità

"Le acque del grande fiume erano ormai placide, annerite e arrossate per il sangue e l'icore demoniaco che vi era stato versato; Le Armate del Tiranno marciavano trionfanti, dopo aver sbaragliato un presidio dell'armata del Giglio, posto a guardia del guado. Ma il grosso delle truppe del Giglio le stava aspettando. Le truppe gigliate comprendevano i migliori reparti, i Balestrieri del Re, le migliori lame del regno, i Paladini del Giglio, formidabili sia come cavalleria pesante, che come fanteria corazzata, e i Dragonni, cavalleria leggera a cavallo delle feroci Dragonne, grossi incroci fra draghi e leoni; c'erano anche i nobili Gargoyles, protetti dalla luce del sole dalla magia dei Sacerdoti dell'Ecclesia, e, soprattutto, c'erano i Maghi dell'Accademia Palatina, la più antica del Regno. Lord Weygand era un buon combattente, ma uno strarega mediocre, tuttavia, era sicuro che il suo piano avrebbe funzionato; Mentre le truppe del Tiranno sanguinavano contro i Paladini, Balestrieri e Dragonni avrebbero ciscondato il nemico, mentre i Gragoyles si occupavano dei Draghi della Morte; Infine, I Maghi Palatini avrebbero distrutto le bestie Juggernaught; Sicuramente, i Goblin avrebbero mancato in disciplina, a quel punto, il grosso delle truppe gigliate avrebbe fatto il resto.

Mentre saliva sul suo cavallo per ordinare la carica, tuttavia notò una piccola squadriglia di goblin esploratori dietro le retrovie; subito, un mago li fece saltare in aria col fuoco delle sue mani, ma presto seguirono altri; a quel punto, la realtà fu chiara per il generale del Giglio Dorato; mentre lui si attardava, due armate del tiranno attraversavano il fiume a monte e a valle, e ora, si preparavano ad accerchiarlo.

Imprecando furiosamente, Lord Weygand dovette ordinare la ritirata, verso nord; il Porto Fortificato di Ecclesiadunae era l'unica speranza di salvezza per le sue truppe ormai, e per quelle di Albion e del Nord.

Ormai le truppe del Tiranno, apparentemente inarrestabili, marciavano dritte verso la Città delle Luci, capitale del Regno del Giglio."

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Capitolo VII: Ecclesiadunae, fuga per la speranza

"Ecclesiadunae, terzo giorno del sesto mese del quarantesimo anno.

Lord Vereker, comandante dell'armata Albionica sospirò; l'evacuazione delle truppe stava procedendo, ma l'esercito del Tiranno era sempre più vicino; I Draghi della Morte continuavano a far piovere fiamme e veleno su di loro, ma, grazie all'Eterno, non si può affondare un Kraken.

"Ci servono ancora due giorni"; Commentò lord Weygand, comandante di ciò che restava dell'armata del Giglio.

"Due giorni che potremmo non avere! Se la guarnigione alla Calla dei Re non resiste....." Notò lord Alexander, vice di Lord Vereker.

"Forse possiamo fare qualcosa noi!" Chi aveva parlato era il comandante di ciò che rimaneva dell'armata delle Province Unite, il Duca Leopoldo III delle Terre Allagate Meridionali; "Le nostre terre sono già perdute, per il momento; non abbiamo nulla da perdere, se non le nostre vite, ma la vita, senza la libertà, è ben misera cosa; dunque, intendo marciare, con i miei Cavalieri del Leone Nero, sulla Calla dei Re; distrarremo gli invasori a sufficienza, per consentire la vostra ritirata."

Lord Veleker guardò ammirato il coraggioso comandante Provinciale Unito, "vi state sacrificando per noi!" Il Duca scosse il capo. "Ci stiamo sacrificando per il mondo intero!"

Il Duca uscì dalla tenda, e radunò i suoi cavalieri; ad essi si erano uniti alcuni sacerdoti ed una mezza dozzina di maghi della Casa della Palude, una delle città più grandi della Province Unite, e la dimora dei Duchi delle Terre Allagate Meridionali, fra i più potenti nobili della nazione.

"Leoni Neri delle Terre Allagate; Non abbiamo potuto impedire alla nostra terra di essre conquistata, e quest'onta è un pesante fardello; l'essere ancora vivi, pesa su di noi come un macigno; ma oggi, noi possiamo dare un senso alle nostre vite; marceremo sulla Calla dei Re, e faremo sentire agli schiavo del Tiranno il ruggito del Leone Nero!!!!"

Grida ed acclamazioni precedettero la partenza; Marciarono per tutta la sera, e per tutta la notte, e giunsero alla Calle poco prima dell'alba.

Protetti da una coltre di nebbia arcana, diedero la sveglia alle truppe nemiche con una pioggia di fuoco, poi, menarono strage con una poderosa carica; distrussero tre accampamenti, poi, le armate dei morti e degli orchi reagirono, e furono costretti ad asserragliarsi all'interno, dove comunque furono accolti con gioia, dagli esausti uomini della guarnigione; Avevano con se dei rifornimenti che furono molto graditi; potevano resistere ancora.

Ma il comandante delle truppe del Nemico, Lord Rundstendt, la Morte dal Cielo, comprese ciò che stava accadendo, e decise di rompere gli indugi; diede l'assalto alla fortezza, con tutte le forze a sua disposizione; alla fine del giorno, dopo aspri combattimenti, la sua cavalcatura uccisa, molto sangue versato, non solo dei suoi nemici e innumerevoli caduti, la Morte dal Cielo si ergeva sul corpo inerme del Duca Leopoldo, ma il colpo fatale non arrivò mai; "maledetto, non avrai da me la misericordia di una morte rapida!" Sibilò con astio, mentre catene spinate si stringevano attorno al nobile sconfitto. "Presto, rimpiangerai di non essere morto!" Dopodichè, rasa al suolo la Calla, e ottenuto un nuovo Drago della Morte, si diresse con tutta l'armata ad Ecclesiadunae, dove però giunse troppo tardi; I popoli liberi avevano messo in salvo le loro armate, e il Comandante dei Cavalieri della Morte Alata schiumante di rabbia, dovette accontentarsi di affondare qualche barchetta di scarsa importanza; L'ira del Tiranno si abbatté pesante sul comandante che lo aveva deluso; per i popoli liberi, la fiamma della speranza ardeva ancora."

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Capitolo VIII: Tradimenti e nuove speranze

"Ventiduesimo giorno del sesto mese del quarantesimo anno;

Castello Terrarossa, la dimora dei Re del Giglio; quando lord Philippe Petain, Generale dell'Armata del Giglio entrò con altri ufficiali nella sala del trono, tutto si aspettava fuorché vedere l'anziano e malato Re Giovanni III vestito con l'Armatura del Vittorioso, la Spada dei Re, Gioiosa, al suo fianco, e la Corona Sacra di Carlo I sulla testa; Il re era pallido, ed emaciato, ma nei suoi occhi c'era un fuoco che Lord Petain gli aveva visto solo in gioventù.

"Miei generali, venite!" Disse il Re, in tono solenne; "dobbiamo discutere della difesa della Città delle Luci!"

A quel punto l'anziano comandante disse:

"Maestà la guerra è perduta; Ormai, anche l'Impero del Sole ci ha dichiarato guerra."

Il re scosse il capo. "Philippe, tu ci dai per vinti troppo presto; Abbiamo respinto l'attacco da Sud, e riusciremo a resistere anche da Est; ordina che la mia famiglia sia messa al sicuro; Alla mia morte, Gioiosa, l'armatura e la corona troveranno Henry!"

Petain scosse il capo:

"Mi spiace maestà, ma in questo momento vostro figlio e i vostri nipoti sono già morti!"

Il Re impallidì: "Co-cosa?"

In un attimo Lord Darnard, Lord Catroux e lo stesso Petain estrassero la Spada, uccidendo la scorta del Re, senza che gli altri comandanti facessoro nulla per impedirlo.

"Traditori!" urlò il re, estraendo la splendida Spada dalla lama color latte; con un agilità insospettata tagliò la mano a Darnard, e trafisse a morte Catroux; ma Petain aveva già stretto un patto col Nemico; facendo uso di una forza inumana il generale mise il re alle corde.

"Perché, Philippe?" chiese il monarca al suo vecchio compagno d'armi.

"Perché, Jean, per salvare il Regno, è necessario che la tua casata muoia; il Fuoco di Lord Fuhrerr temprerà il nostro spirito, dandoci la forza che oggi ci manca!"

A quel punto Re Giovanni III con la forza disperata di chi combatte per un ideale, attingendo alla magia di gioiosa riuscì a disarmare il traditore, e ad atterrarlo.

"Folle! Mascheri la tua ambizione con l'amor di patria, e sei disposto a vendere l'anima di un intero popolo pur di realizzare una visione distorta; ma adesso è finita!"

Petain sospirò: "Si, è finita....per te!" Un pugnale, nascosto nella manica del comandante volò dritto nell'occhio del re, uccidendolo.

Petain si rialzò, e si volse ai generali suoi alleati; vide lo stupore nei loro occhi, e a quel punto guardò il cadavere del Re; ne la spada nell'armatura, ne la corona erano più al loro posto. "Ma è impossibile; senza discendenti legittimi del re defunto i simboli del potere regale devono tornare nel Tempio dei Re, e lo fanno solo dopo ventiquattro ore!" Disse Lord Giraud, uno dei presenti.

Nel momento in cui il Re Giovanni III cadeva, anche gli assassini della sua famiglia cadevano, sotto le lame di Lord Philippe d'Hauteclocque, Comandante dei Balestrieri del Re, e di Lord Charles de Gaulle, Comandante dei Paladini del Giglio. Pochi istanti dopo, il principe Henry si ritrovava rivestito di una bianca armatura, leggermente insanguinata, con una corona sul capo, e una spada in mano; I due soldati si inginocchiarono sospirando. "Il Re Giovanni III è morto; lunga vita a Re Enrico VI!" Fatto ciò, lord de Gaulle disse:

"Maestà, dobbiamo portarvi al sicuro; Lord Petain ha tradito il regno, e probabilmente ha ucciso lui vostro padre!"

Re Enrico era ancora sconvolto ma decise di fidarsi dei due coraggiosi guerrieri. Insieme al Re, si aprirono la strada fino alle scuderie, dove presero alcuni Pegasi, sui quali spiccarono il volo, verso Il Porto d'Oltremare, dove alcuni ufficiali fedeli alla corona avevano preso il comando.

Mentre Lord Petain consegnava il regno al Tiranno, il Giglio Libero si riorganizzava; nonostante il tradimento, una nuova speranza si era accesa."

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Capitolo IX: Il Sentiero Stretto

"Settimo giorno del settimo mese del Quarantesimo anno.

Cittadella Benedetta, sede del Sommo Pontefice della Santa Ecclesia Universalis.

Sua Santità Pio, XII Servo dei Servi del Signore a portare quel nome, aveva trascorso la notte in preghiera; La Santa Sede era sotto assedio ormai da quattro anni, da quando l'allora Sommo Pontefice, Pio XI aveva condannato l'alleanza con il Demonio incarnato. In tutto il Regno, anzi, com ora era pomposamente chiamato, l'Impero del Sole, l'Ecclesia Bassa, con i suoi Clerici Vagantes, Monaci, Confratell, Consorelle e Curati era in clandestinità, mentre l'Ecclesia Alta si era asserragliata nei suoi inespugnabili Templi, Abbazie, Badie e Monasteri protetti dal potere della fede; Tuttavia, ora il folle Duca Benito aveva portato il figlio Primogenito dell'Ecclesia in guerra al fianco del Demonio:

"Fratelli Miei, benvenuti!" Il Sommo pontefice salutò coloro che erano riuniti in quel luogo; c'erano i sommi Patriarchi d'occidente, e il Plenipotenziario dell'Ecumene, l'amata sorella Orientale; C'erano i capi degli ordini militari e di quelli predicatori, e c'era il capo del Sanctum Officium, comunemente noto come Inquisizione.

"Come sapete, fino ad adesso, abbiamo pazientemente tollerato gli assalti delle Legioni di Ferro; non volevamo fare la guerra contro i nostri fratelli; tuttavia, il tempo della pazienza e del silenzio è finito; oggi, è tempo che chi non ha una spada, venda la tunica e ne compri una; seguiremo il sentiero stretto, e saremo la lucerna, che illumina la notte!"

I membri del consiglio annuirono; alcuni di essi erano personalmente e culturalmente avversi alla violenza, ma l'ombra del Demonio ormai si stagliava lunga su tutta la Terra Centralis:

"Fratelli, invochiamo lo Spirito d'Amore, affinché ci illumini nella nostra scelta!" Tutti pregarono, e alla fine uno per uno si alzrono e dissero "Deus Vult!, che nella lingua del Secondo Impero degli Uomini significa "Dio lo vuole!"

Il Sommo Pontefice si rivestì dei suoi paramenti sacri, e impugnò il Bastone del Pescatore, appartenuto al primo di coloro che erano stati Sommi Pontefici; Si affacciò dunque alla finestra, e quando parlò la sua voce raggiunse non solo le truppe assedianti, ferme di fronte ad un muro di pura luce; ma tutta la Città Eterna, che era stata capitale del Secondo Impero degli Uomini, e oggi lo era del Regno del Sole, udì le sue parole; non solo; ovunque vi fosse la croce, in tutto il Regno del sole, egli fu sentito: "Una folle guerra si sta combattendo, una guerra in cui è a rischio non solo la vita, ma l'anima stessa di ogni creatura intelligente; il Nemico ha confuso le menti ed i cuori di coloro che vi governano; Il tempo della conversione è quasi scaduto; a coloro che assediano i templi e i luoghi santi io dico , Convertitevi ora! Perché oggi il Giudizio dell'Eterno cadrà su di voi!" I capi dell'assedio risero a queste minacce, sicuri che i propri maghi e i sacerdoti Rinnegati potessero proteggerli.

"Così sia! L'Eterno colpirà i malvagi, e la sua mano sarà come fuoco ardente!" Tuonò il Sommo Pontefice alzando al cielo il suo pastorale.

Nel cielo sereno si formo una nube, come una colonna, fatta di fiamme; essa si abbattè sulle legioni che assediavano la Cittadella Benedetta facendone strage; poi, dalle cripte sotto il Tempio, legioni di uomini vivi, con una croce decussata rossa sui pettorali, lucenti armature, spade affilate, lunghe barbe e teste tonsurate, caricarono il resto delle truppe assedianti, al grido "Poveri Cavalieri del Tempio della Sacra Collina, uccidiamo il Leone!"

E cosi fu spezzato l'assedio; dovunque, gli Episcopi, i Padri Abati, le Madri Badesse, i Superiori e le Superiore dei Conventi, invocarono il giudizio dell'Altissimo, che si abbatté sugli assedianti, che poi cedettero alle armi degli Ordini Militari. L'ira del Duca non si fece attendere; avendo attaccato, l'Ecclesia aveva perduto la protezione dello Jus Asilii; a quel punto, le armate attaccarono; Presso la Città dei Fiori, la Cattedrale resse l'urto, ma ad esempio, nella Città di Mezzo alla Piana, il Patriarca Schuster fu costretto alla fuga.

Tutte queste battaglie drenarono le energie dell'Impero del Sole, che gia aveva subito sconfitte dal Regno del Giglio; Protetto dalle spade di Angeli e uomini, il Sommo Pontefice continuò a rincuorare i fedeli, parlando tutti i giorni, ed invitandoli a percorrere con speranza e fiducia la strada della virtù, stretta e in salita."

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Capitolo X: La Guerra del Kemet

"Decimo giorno del nono mese del quarantesimo anno.

Il Kemet, il Regno della Terra Scura, era uno dei regni più antichi dell'Orbis, governato da incarnazioni degli dei dell'Enneade, nove aspetti del Ma'at, l'ordine universale. Signore della Grande Casa, a quel tempo, era il giovane Tolomeo XL.

Albion da tempo aveva stretto una forte alleanza con il Kemet, e per questo il Regno della Terra Scura faceva gola all'Impero del Sole; Lord Rodolfo Graziani, Flagello dei Libu, Macellaio dell'Impero d'Ebano, marciava sulla capitale del Regno, Alessandria del Kemet, con i suoi rapidi Corsieri delle Sabbie, ma soprattutto, con il reparto d'artiglieria Arcana fornito dalle Accademie delle Arti Magiche della Città del Toro, di quella dei Fiori, di quella in Mezzo al Piano, della Città dei Canali, della Città Eterna, della Città Nuova e della Città Tutto-porto.

Graziani conquista facilmente il Porto del Forestiero, ma di lì non riuscirà ad allontanarsi più.

L'esercito Kemetiano, guidato dal comandante Benedetto Muvavis, forte dei possenti Buraq, i Cammelli alati, sconfigge l'Impero del Sole nella battaglia di Tamhiatis, e blocca l'avanzata delle Legioni di Ferro, dando il tempo agli Albionici di intervenire.

All'alba del decimo giorno del decimo mese, l'armata Albionica si unì a quella del Kemet, e, presso il Porto del Forestiero, ingaggiò la battaglia decisiva contro Lord Graziani; La Legione di Ferro aveva il vantaggio del numero; era più rapida e aveva più potenza di fuoco arcano; ma i Sacerdoti del Sole, il culto di preti rinnegati creato quattro anni prima dal Duca, erano deboli, codardi e assolutamente inefficienti come truppe di supporto e guaritori, laddove l'esercito nemico poteva contare su sacerdoti dell'Ecclesia, dell'Ecumene, e dell'Enneade; Inoltre, l'esercito Albionico-Kemetiano era più disciplinato, laddove quello dell'Impero del Sole era composto da uomini coscritti con la forza, a parte per alcune truppe d'elite. Quando lo stillicidio di cariche ed esplosioni arcane non diede i frutti sperati, Graziani, a cavallo del suo gigantesco Mangiasabbia, un verme delle dimensioni di un elefante, coperto di scaglie dure come il ferro, decise di tentare di attaccare personalmente il comandante Albionico, il Sidhe Lord Strafer; Graziani riuscì nel suo intento, colpì il nemico a sorpresa con una lancia di Ferro runico, mortale per i Sidhe; Ci sarebbero voluti due anni, ma Strafer sarebbe morto in agonia; Ma Graziani godette troppo del sadico piacere di questa vittoria vigliaccamente ottenuta; Le lami volanti Sidhe, e i Cavalieri dei Buraq caricarono dal cielo, spezzando l'avanguardia dell'Impero del Sole, che Graziani aveva colpevolmente lasciato senza ordini precisi; L'esercito del Sole fu presto in rotta, con Graziani che si mise in salvo scavando sotto terra con il suo mangiasabbia."

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Capitolo XI: La Battaglia del Golfo del Figlio del Mare

"Undicesimo giorno dell'undicesimo mese del quarantesimo anno.

Il Lord Ammiraglio della flotta Imperiale del Sole, Lord Iginio Campioni, si affacciò alla finestra del suo posto di comando, nella darsena del Porto del Figlio del Mare, principale porto militare dell'Impero.
Quando le vide, all'orizzonte, pensò di soffrire di visioni; in realtà, erano proprio sette enormi navi da guerra, battenti la bandiera di Albion; Maledicendo il cielo, l'ammiraglio si imbarcò sulla sua nave, e ordinò alla flotta di decollare.

I Maghi di bordo attivarono immediatamente i rossi cristalli elementali, e un anello di fuoco circondò le navi mentre esse decollavano; Tuttavia, dalle navi di Albion presero il via decine di cavalieri in sella ad Ippogrifi ed Aquile Giganti, seguiti da Sidhe con i loro celebri mantelli alati, le spade argentee lucenti al sole, seguiti da elfi meno appariscenti, con lunghi archi intarsiati di glifi luminosi.

Nel tempo che la manovra di decollo fu compiuta, la cavalleria e la fanteria volante avevano già raggiunto le navi, e frecce esplosive si abbattevano sugli scafi.

"Difendete le navi!" Urlò il Lord Ammiraglio, ingaggiando in battaglia un Sidhe, con il suo stocco; La battaglia fu feroce, ma quando i nemici furono costretti a ritirarsi, gran parte delle navi erano state affondate o erano comunque danneggiate in modo grave.

Con buona parte della flotta compromessa, la guerra del Mare di Mezzo diventava molto più complessa, per l'Impero del Sole."

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Capitolo XII: La Battaglia di Albion

"Decimo Giorno del settimo Mese del quarantesimo anno.

"Vostra Maestà Imperiale", insistette il paffuto Lord Consigliere, "dovete abbandonare Trinovanta; In caso di invasione nemica, voi non potete essere catturato."

L'Imperatore Giorgio VI scosse il capo. "No, Lord Churchill; Non abbandonerò il mio popolo adesso. Combatterò al fianco dei nostri soldati, perché è questo il mio dovere."

Lord Churchill sospirò, ma annuì; il Re aveva indossato la sua armatura, e, accanto a sé, cingeva la Spada dei Re, Caedwiden, la Lama Eterna.

Sentirono il rumore delle loro ali prima di vederli; i Draghi della Morte, oltre un migliaio, pronti a vomitare fuoco e tenebra sulla capitale di Albion.

A guidarli, uno dei Quattro Cavalieri del Terrore, Lord Goering; I quattro cavalieri erano i luogotenenti del Tiranno; Lord Goering era il Terrore dell'Aria.

Giorgio VI non era bravo con i discorsi; preferiva parlare con i fatti; Montò sul suo Drago Bianco, il maestoso Pendragon, il più grande e antico della sua specie, e disse semplicemente "In nome dell'Ecclesia, difendiamo il Regno!" E si alzò in volo, seguito dai Cavalieri dei Draghi di Albion, dagli Elfi Sidhe, e dai Paladini del Giglio, a cavallo dei loro Ippogrifi.

Tuttavia, i Draghi della Morte non erano soli; il cielo si oscurò, allorché un'immensa fortezza volante emerse dalla coltre d'ombra in cui era celata.

La mostruosa costruzione si fermò sul mare, mentre la voce di Lord Goering, magicamente amplificata, raggiunse ogni angolo di Trinovanta.

"Albionesi, non avete alcuna possibilità di vittoria! Questa fortezza, Crepuscolo, è inarrestabile, e la sua potenza è incontrastabile! Permettetemi di darvene una dimostrazione!"

Dalla cima della fortezza si alzò una piattaforma dall'aspetto di un pentacolo; cinque maghi stavano in piedi sulle sue punte, avvonte da crepitanti energie dalla sinistra aura rossastra.

All'improvviso, i maghi alzarono le braccia, e dal centro della piattaforma si levarono decine di globi rossi, chesi abbatterono sul vicino villaggio di Ponterosso, radendolo al suolo in un crepitio di fiamme magiche.

"Avete visto la nostra potenza, cosa rispondete?" Disse la voce di Lord Goering.

Ci fu un momento di silenzio e di sconvolta meditazione, poi, la voce dell'Imperatore Giorgio VI, anch'essa amplificata si fece udire a tutti.

"Ecco la nostra risposta! Soldati di Albion! All'attacco!" E le truppe di Albion caricarono quelle del Tiranno, e fu battaglia sui cieli della capitale.

Crepuscolo sparse morte su molte delle città dell'Isola di Albion, e la battaglia proseguì per oltre due mesi.

Il trentunesimo giorno del decimo mese, Lord Dowding, comandante dei Cavalieri dei Draghi, riuscì con un audace attacco ad aprire un varco nella fiancata di Crepuscolo; Pendragon lo allargò, squarciandolo e permettendo a Giorgio e ai suoi soldati di penetrarvi dentro; Giorgio VI si apri la strada fino al ponte di comando, dove Lord Goering lo aspettava.

"Porterò a Lord Fuhrerr la tua spada e la tua corona in dono, folle!" Lo apostrofò il Terrore dell'Aria, con fulmini e tuoni che gli danzavano intorno; Giorgio non rispose; Cadwiden brillò, di una luce purissima, che fece incenerire le truppe non morte li presenti; poi, il duello iniziò.

Per interminabili momenti, la Lama Eterna si incrociò con la spada demoniaca di Goering; La forza del Terrore dell'Aria travalicava di moloto ilimiti dell'umano, ma Giorgio VI, in quel momento, non era solo un essere umano; era Albion e stava combattendo per la libertà di cento regni; nel momento più terribile,quando credette di venire sopraffatto dal nemico, l'Imperatore sentì la voce di Myriddin, il saggio Mago mezzo Sidhe, che aveva creato la Spada secoli orsono, ripetere le parole detta al primo sovrano di Albion, Arturo I il Giusto: "Caedwiden non può essere sconfitta, quando combatte per una giusta causa!" Rinvigorito da quella certezza, Giorgio sferrò l'attacco decisivo, tranciando di netto la testa del Terrore dell'Aria; un crepitio di fulmini esplose nella sala, uccidendo i maghi artiglieri, e anche i piloti; Giorgio raggiunse Pendragon, ed insieme, i due spinsero la fortezza verso il mare, facendola precipitare li. La Battaglia di Albion terminava con la vittoria dei Popoli Liberi."

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Capitolo XIII: La resistenza dell'Ellenia

"Ventottesimo giorno del decimo mese del quarantesimo anno.

L'anno prima di entrare in guerra, l'Impero del Sole aveva conquistato il Principato d'Epiro, costringendo all'esilio il Principe Giorgio XVIII, della casa di Castriot; Proprio dall'Epiro partì l'invasione del Impero d'Ellenia, che controllava gli stretti che mettevano in collegamento il Mare di Mezzo con il Mare dell'Est.

Al comando delle truppe d'invasione c'era Lord Sebastiano Visconti-Prasca, mediocre stratega, che aveva, come del resto lo stesso Duca Benito, grandemente sottovalutato gli Ellenici. Sulle Montagne della Spina Dorsale, le Legioni di Ferro, forti delle loro navi volanti e dei corsieri, si dimostrarono inadatti; Lord Papagos, comandante dell'Armata Ellenica poteva contare sul supporto della cavalleria leggera Centaura, per l'occasione alleata con le Amazzoni. La fanteria pesante era costituita dai possenti Minotauri, dalle terribili asce bipenne, e dalla Falange Laconica.

All'artiglieria c'erano gli alchimisti del Corno d'Oro, signori del terribile Fuoco Ellenico, mentre la Cavalleria pesante contava sui possenti Cavalieri Imperiali, a cavallo dei feroci Grifoni. A supporto dell'armata, i Sacerdoti dell'Ecumene, guidati dal Patriatca d'Oriente in persona, Beniamino; non solo, ma anche il Sommo Sacerdote del Dodecatheon era schierato dalla parte dell'Ellenia.

I venti si fecero più forti, e solo i grifoni riuscirono ad alzarsi in volo. Privi di supporto aereo, le truppe del Sole furono tagliate fuori dalle loro linee di rifornimento, e dovettero ritirarsi.

Allo stesso tempo, le ninfe e la cavalleria acquatica Ellenica, a cavallo di Ippocampi, strinsero in una morsa l'armata del Sole che tentava di attraversare il fiume dei Chami, riuscendo a respingerla.

Non solo l'invasione era fallita, ma a questo punto, l'Impero Ellenico si preparò a liberare l'Epiro dagli occupanti, per rimettere il Principe Giorgio sul suo trono.

Per uscire da questo pasticcio, il Duca Benito non poté fare altro che chiedere rinforzi al Tiranno, il quale si preparò a colpire; per farlo, chiese al Principe Pavel, Reggente del Regno delle Sei Nazioni, simpatizzante del Duca Benito e del Tiranno, di poter attraversare il suo regno con le sue armate. Il Tiranno non immaginava che la resistenza dell'Ellenia forse solo l'inizio."

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Capitolo XIV: La scelta di un Re.

"I due uomini che avevano voluto questo incontro erano molto diversi; Lord Broz era Pannone, credeva nell'Ecclesia ed era un uomo del popolo, che aveva ottenuto i suoi titoli sul campo con la forza delle armi e con la sua abilità; Lord Mihalovic era della Terra dei Guardiani, credeva nell'Ecumene, e aveva ereditato il suo titolo; ma entrambi erano convinti di una cosa; non avrebbero mai combattuto a fianco del Tiranno.
Il terzo uomo era un ragazzo, aveva appena diciassette anni, ma su di lui pesava dalla nascita un fardello, quello del dover regnare, e non su una, ma su ben sei nazioni diverse, ognuna con il suo popolo e i suoi costumi; dal nord al sud, il suo regno era diviso fra Granducato di Carniola, Regno di Pannonia, Regno di Dalmazia, Regno della Valle del Fiume Turbinante, Regno dei Guardiani e Principato del Monte Nero; Sei nazioni, otto linguaggi, due confessioni, un solo Re. Rimasto orfano in tenera età, Re Pietro II era tenuto bene alla larga dalle redini del potere da suo zio, l'autoritario Principe Pavel, alleato del Duca Benito.

Ora, però, il Principe era pronto a trascinare le Sei Nazioni in guerra contro il mondo, contro l'Ecclesia, contro l'Ecumene, e contro tutto ciò che esiste di buono al mondo; non poteva permetterlo; Perciò, chiamò il suo fedele comandante delle guardie, Lord Simovic, e insieme alle truppe fedeli a Lord Broz e a lord Mihalovic, irruppe nella sala del Consiglio, e li costrinse a dichiararlo maggiorenne e in grado di regnare; Pavel fu messo agli arresti, e le armate delle sei nazioni furono mobilitate; Il Granduca di Carniola, Alberto II, e il Principe del Monte Nero, Michele, confermarono subito la loro lealtà al Re, avendo sempre considerato Pavel alla stregua di un usurpatore. Purtroppo, come previsto, il Tiranno non gradì la scelta del Re, e le truppe della Croce Uncinata, con quelle dell'Impero del Sole attaccarono ed invasero le Sei Nazioni."

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Capitolo XV: La Guerra delle Montagne Antiche (Prima Parte)

"Sesto giorno del Quarto mese del quarantunesimo anno.

"Estesa ad est della Penisola del lungo Stivale, sede del Regno del Sole, la Penisola delle Montagne Antiche ospitava il Regno delle sei Nazioni, il Regno della Pianura dell'antica Stirpe, il Regno Diurno e Notturno di Dacia, e l'Impero Turcaro, oltre che, ovviamente, l'Epiro e parte dell'Ellenia.

Era un territorio aspro e montagnoso, da sempre un sfida per i conquistatori; Sapendo ciò, il perfido Tiranno invitò all'alleanza tre di questi regni; il Regno dell'Antica Stirpe rifiutò, grazie all'autorità esecritata in esso dall'Ecclesia, anzi si preparò a scendere in guerra contro l'Impero della Croce Uncinata; L'Impero Turcaro era tuttavia unito all'Impero del Sole da vincoli matrimoniali, perchè l'Imperatore Turcaro Boris V era sposato con la figlia di Re Vittorio Emanuele II, l'Imperatore del Sole. Allora, il Tiranno cercò un alleanza che reso certa la sua vittoria; Assunta forma d'ombra, si recò in segreto in Dacia, nella capitale di Mercato dei Re; ma non si recò da Carlo II, il Re Diurno di Dacia; invece, si recò presso il Re Notturno, Vlad III detto, dai suoi nemici, l'Impalatore, il Giusto dai suoi estimatori; Egli era il sovrano degli Strigoi, il popolo della notte; contrariamente alla vulgata, gli Strigoi, o Vampiri, non sono affatto non-morti, ne sono immortali; Possono si vivere oltre mille anni, come gli elfi, ma sono esseri viventi, pur invecchiando in maniera quasi infinitesimale. Vlad III regnava da oltre cinque secoli, ed era stato l'autore del cosiddetto patto del Giorno e della Notte; La casa di Dan governa durante il Giorno, quella di Dracul durante la Notte; oltre 50 Re Diurni si erano succeduti in cinquecento anni, ma Vlad era ancora sul suo trono; Il potente Strigoi vide subito l'ombra che entrava nelle sue stanze.

"Cosa desidera da me il Signore di Alamann?" Gli chiese, con fredda cortesia.

"Ti offro potere, e rispetto; ti offro di essere non già il Re della Notte di questo piccolo regno, bensì l'Imperatore delle Tenebre dell'intero Orbis."

"Offerta generosa, la tua!" rispose Vlad; "se fosse anche onesta, potrei anche pensarci sopra!" Aggiunse: "Ma sappiamo entrambi che tu non hai alleati; solo servi, più o meno onorati, schiavi, o carne per i tuoi esperimenti; Credi forse che il mio sguardo si fermi fra queste montagne? Il popolo della notte è numeroso, e ama viaggiare, Anche in Alamann, prima che la Croce Uncinata fosse marchiata a fuoco sulle loro fronti, prima che i tuoi stregoni li rinchiudessero nelle Fortezze della Morte, insieme alle Ninfe, agli Elfi, e a chiunque non fosse Umano, o di una razza a te sottomessa, o che semplicemente, osasse sfidarti; ma il Popolo della Notte non serve nessuno, tantomeno chi osa confondere la Notte con la Tenebra; La luce delle stelle e della luna, illumina la notte; innmerevoli meraviglie vi dimorano; tu che non capisci di tutto ciò, non meriti altra risposta che questa: comincia a temere la notte, perché sta venendo a prenderti!" Poi intonò un antico canto nella lingua della notte, con tono di comando, ed impose al Tiranno di lasciare il suo regno.

Schiumante di rabbia, Fuhrerr, tornato nel suo palazzo, ordinò il rastrellamento e lo sterminio di tutti gli Strigoi, e iniziò i piani per l'invasione della Dacia, delle Sei Nazioni, del Regno dell'Antica Stirpe, e dell'Ellenia.

Il Khan Boris VI era completamente succube del Duca Benito; quindi, schierò le sue truppe contro l'Ellenia e le Sei Nazioni. Ma una parte di lui sentiva che stava dalla parte sbagliata; Non tentò di invadere la Dacia, e soprattutto non accettò mai di nominare generali e governatori che portassero la Croce Uncinata.

Stefano XI, Re delle Pianure dell'Antica Stirpe estrasse la Spada del Corvo dal corpo senza vita di Lord Szalasi, che aveva tentato di fare ciò che aveva fatto Lord Petain nel Regno del Giglio; Ma la Casa di Arpad non era disposta a lasciarsi soppiantare da nessuno.

Lord Brauchitsch, un vecchio Alamannann, fermo sostenitore del Tiranno, guidava le truppe della Croce Uncinata; prima sconfisse la focosa Cavalleria Carniolana, che faceva uso dei possenti Zmaj, grossi draghi alati verdi domestici sputafuoco; la capitale del Granducato, la Città degli Amanti, però, era protetta da un Dragone antico, di grande potenza, e fu posta sotto assedio, ma non espugnata. Poi conquistò la Pannonia, anche se, Lord Broz, il quale favoriva la guerriglia con azioni mordi e fuggi, favorito da un corpo guastatori d'eccezione quello dei giganti tuttofare noti come Vedi, rallentò notevolmente le operazioni nemiche; nel frattempo, la Dalmazia era stata invasa dalle truppe del Sole. In breve, caddero la Valle del Fiume Turbinante, e Brauchitsch invase il Regno dei Guardiani, dove sogeva la capitale, la Città Bianca; Nel nord di questa nazione, lord Mihalovich inflisse al nemico la prima seria sconfitta della campagna, nella battaglia del Nuovo Giardino, dove, presso la città omonima, gli invasori che assediavano la fortezza, protetta da antiche magie, furono assaliti dalla cavalleria pesante delle Sei Nazioni, composta da cavalieri in sella ai feroci Azdaja, draghi senz'ali grandi come elefanti, con tre teste sputafuoco. Tuttavia, il nemico si riorganizzò; piuttosto che tentare di resistere nel Regno dei Guardiani, l'armata delle Sei Nazioni si diede in parte alla clandestinità, in parte ripiegò nella Nazione-Fortezza di Monte Nero, dove la magia delle Vile, le fate delle Montagne, garantì agli assediati tempo e modo per riorganizzarsi; il Nemico cantava vittoria ma la Guerra delle Montagne Antiche era ben lungi da essere terminata."

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Capitolo XVI: La Guerra delle Montagne Antiche (Seconda parte)

"Venticinquesimo giorno del quarto mese del quarantaduesimo anno.

Dopo la quasi totale conquista delle Sei Nazioni, le armate del Tiranno marciarono sull'Ellenia; Travolte le difese iniziali, l'esercito della Croce Uncinata conobbe la sua prima difficoltà presso il passo delle Porte di Fuoco; li, i Juggernaught, i terribili Cavalli dalla pelle di ferro, grandi come rinoceronti, si scontrarono contro le lance incantate della Falange Imperiale Ellenica. Lord Athanasios Klaras , detto Aris, comandante della Falange, tenne le truppe del nemico bloccate per cinque giorni, prima di dover cedere il passo.

La Città della Vergine fu espugnata, pur con molto sforzo, ma arrivati presso lo Stretto delle Simplegadi, non riescono ad attraversarlo; I Tritoni, abitanti del mare, alleati dei Popoli Liberi, hanno reso il passaggio impossibile per i seguaci della Croce Uncinata; La Capitale dell'Impero Ellenico, la Città fra gli Stretti, e la vasta Penisola detta Terra del Ferro, governata dagli stessi Ellenici, restarono al sicuro protetti anche dalla flotta Albionica. Molte isole, fra cui la maggiore, l'Isola del Labirinto, patria dei Minotauri, sono poste sotto la protezione Albionica.

Lord Papagos e Lord Klaras entrano in clandestinità, e scatenano una feroce guerriglia contro gli occupanti, Alamannian, Turcari e Soliani.

Prossimo obiettivo del nemico era il Regno delle Pianure della Stirpe Antica; esso aveva schierato i propri cavalieri delle Grandi Pianure, in sella agli Csodaszarvas, i grandi Cervi Bianchi, instancabili e irraggiungibili. Contro le grandi bestie del terrore, i Juggernaught, i cavalieri contavano sulle loro mistiche lance infuocate, benedette dall'Ecclesia; a contrastare i Draghi della Morte c'erano invece i Cavalieri del Corvo, a cavallo di giganteschi corvi neri, il cui canto induceva il sonno nei nemici viventi. Infine, c'era lei, l'immensa nave volante chiamata "Santo Stefano", l'orgoglio della Marina Reale delle Pianure della Stirpe Antica. Dato che il confine diretto, a Nord, era per metà protetto dal Fiume Invertito, l'invasione fu su due fronti, da Nord e da Sud; se da Sud Lord Brauchitsch, il cui esercito era reduce della breve ma dura campagna delle Sei Nazioni ed Ellenica, fu respinto a Cinque Templi, a Nord, le truppe fresche di Lord List sfondarono al Forte Splendente, riuscendo a porre la Capitale, Riposo del Re, sotto assedio; ma il grosso delle forze era già migrato nella vecchia capitale, Bianca Reggia. Li , il Patriarca d'Ungheria, l'Alto Episcopo Jusztinian Serédi, li pose sotto la protezione inviolabile dello Jus Asilii.

A quel punto, la notte del quinto giorno del quinto mese, l'Armata Dacia, composta in egual numero di Strigoi e di umani, varcò il confine, ingaggiando il Nemico in una durissima guerra di posizione; L'armata Dacia poteva contare sui poteri degli Strigoi, e sul valore dei Cavalieri dell'Ala Notturna, in groppa ai giganteschi Pipistrelli da Battaglia, in grado di volare senza luce, meglio dei Draghi della Morte.

Ripetuti tentativid'Invasione della Dacia sono frustrati; le truppe nemiche trovano gran parte del territorio vuoto, poiché gran parte degli abitanti sono fuggiti nelle fortezze sui monti Torri di Roccia; la notte tuttavia, gli incursori Strigoi uccidono decine di nemici, entrando ed uscendo non visti dagli accampamenti; Se con il rogo della Capitale della Dacia Lord Fuhrerr e Lord Benito si sentirono autorizzati a dichiarare la campagna dei Monti Antichi un successo, la realtà era che la guerra non era finita, e nel frattempo, il Tiranno perdeva tempo e soldati."

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Capitolo XVII: Bismerk

"Palazzo della Sala Bianca, Trinovanta, capitale dell'Impero di Albion.

"Un cosa?" Esclamò sorpreso l'Imperatore Giorgio VI.

"Un Dakuwa, un enorme squalo, grande in natura come una balena; a quanto pare, i maghi del Tiranno, in collaborazione con quelli dell'Impero del Crisantemo lo hanno reso ancora più grande, e lo hanno fuso con il metallo, facendone una nave vivente", spiegò Lord Churchill.

"E voi mi dite che si sta dirigendo qui?" Lord Churchill annuì. "Si vostra Maestà, seminando distruzione nel suo passaggio!"

L'imperatore sospirò. "Chiamate i nostri alleati del Nord; chiedete il supporto dei Kraken, e mandate una nostra flotta; Dobbiamo fermarlo prima che arrivi nel Canale." Lord Churchill annuì, e fece per andarsene, ma il Re lo fermò. "Come avete detto che si chiama?" il consigliere lo guardò e rispose: "Bismerk, vostra maestà; Significa Ferro Divoratore!"

In quello stesso momento, un essere mostruoso navigava verso nord, al comando del Capitano Lindermann; erano immersi ad una media profondità, quando Bismerk comunicò di aver individuato una possibile preda; i Cristalli della Visione confermarono che si trattava di una piccola nave da trasporto; senza esitare Lindermann diede ordine alla bestia di attaccare; in un battere di ciglia, il mostro emerse e divorò la piccola nave con tutto il carico e l'equipaggio.

Soddisfatto Lindermann riprese la navigazione; dopo una settimana, la bestia lo avvisò della presenza di un pericolo tale pericolo era costituito da una piccola flotta da Guerra Albionica, che godeva del supporto di ben quattro Kraken norreni; I Dakuwa e i Kraken sono nemici naturali, e il mostro trasmise all'equipaggio la sua selvaggia eccitazione.

Lindermann indossò l'elmo del comando, che gli permetteva di guidare direttamente il colossale squalo.

Per prima cosa, concentrò tutto il fuoco arcano a sua disposizione sul Kraken più piccolo che morì all'istante costringendo il suo equipaggio ad evacuare; poi ingaggiò in mischia il Kraken più grosso; gli strappò i tentacoli con un terribile morso, e poi lo uccise con una folgore scaturita dalle sue zanne.

Lord Tovey era il Comandante della "Giorgio V", la nave più grossa della flottiglia; fece immediatamente attaccare tutti gli artiglieri magici, sperando di trovare un punto debole nella corazza del mostro. Fu tutto vano; solo la tenacia dei due Kraken superstiti aveva per il momento impedito al mostro di affondare la flottiglia; a quel punto, Tovey stava per ordinare la ritirata, ma un membro della Cavalleria Marittima, un veterano decorato di nome John Moffat propose un piano folle e disperato, che Tovey accettò, non avendo nulla da perdere.

Moffat lasciò la "Giorgio V" in sella al suo Ippocampo Spada del Mare; raggiunse la coda del mostro, approfittando della sua lotta con i due Kraken, e, colpi con la sua lancia folgorante; la lancia si insinuò alla base della coda del mostro, danneggiando, con la sua scarica, i nervi della pinna caudale; perduta la capacità di muoversi, il mostro divenne facile preda per i Kraken e per la flotta Albionica; il mostro fu ucciso, e la sua carcassa riportata ad Albion dove fu trasformata in un monumento al coraggio di un piccolo uomo che aveva sconfitto il terrore dei mari."

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Capitolo XVIII: La Liberazione dell'Impero d'Ebano

"Trentunesimo giorno del Nono Mese del quarantunesimo anno.

L'Impero dell'Ebano era stato fra le prime vittime dell'ambizione del Duca Benito; L'Impero era costituito di sette Regni, ciascuno governato da un Negus, ovvero un Re; Fra i sette Nagus, il Trono del Leone sceglieva il degno successore al titolo di Negus Negesti, Re dei Re, ovvero Imperatore; Fu alimentando le inimicizie e le rivalità fra il Negus della Città Reale, quello della Città delle Quattro e quello della Perla Bianca, contro il Negus Negesti, il Negus del Nuovo Fiore Giosué V, che il Duca riuscì a scatenare una guerra civile; La Legione di Ferro, guidata da Lord Badoglio e Lord Graziani, fù chiamata in aiuto dalla Perla Bianca e dalla Città delle Quattro, da sempre sede di avamposti commerciali del Regno del Sole; Facendo uso di mortali incantesimi e sfruttando il potenziale letale delle proprie navi volanti, nel trentaseiesimo anno del nono secolo, le truppe del Duca avevano sottomesso l'Impero; poi, usando la magia, il Duca aveva imposto al mistico Trono del Leone di scegliere il Re del Sole Vittorio Emanuele II, come nuovo Imperatore; Lord Graziani aveva svolto il ruolo di vicere e governatore per due anni, e aveva soffocato nel sangue ogni resistenza; in uno dei rari moenti di autonomia, il Re-Imperatore aveva ottenuto che Graziani fosse sostituito da un cugino dello stesso sovrano, il Principe Amedeo; Costui aveva governato con giustizia, e aveva cercato di sanare le ferite che la conquista aveva creato; Allo scoppio del conflitto, il Principe fu costretto a scegliere fra il suo dovere di suddito, e la sua coscienza, fortemente ostile al Tiranno; Scelse il primo, e combattè con valore le truppe albioniche, assistite da truppe dell'Ebano fedeli al loro Imperatore; poi, quando le condizioni per la gente comune si fecero intollerabili, decise di sfidare Giosué V in un duello sul Monte Alagi, un'antica fortezza; Giosué accettò, a patto che, secondo la tradizione, fosse il Trono del Leone, libero da ogni malia, a giudicare lo scontro, condizione accettata.

I due contendenti impugnavano entrambi le armi più potenti della loro casata; Giosué V la Lancia di Menelik I, leggendario fondatore dell'Impero, il Principe Amedeo la Spada di Eugenio il Coraggioso; Meglio corazzato il Principe, più agile l'Imperatore, i due non si risparmiarono; alla fine erano entrambi gravemente feriti, ma solo il Principe in maniera mortale; il Trono del Leone ruggì, e proclamò Amedeo vicitore, ma egli era prossimo alla morte, quindi, prima di morire, chiese al Trono di riconoscere unico Negus Negesti Giosué V.

Come da tradizione, il Leone ruggì tre volte, allorquando Giosué sedette sul Trono; L'Impero d'Ebano era di nuovo libero, e Giosué trattò con clemenza le truppe del Sole fedeli al defuto Principe; esse gli giurarono fedeltà, come richiesto loro da Amedeo prima di morire. L'Impero dell'Ebano si unì quindi ai Popoli Liberi nella lotta contro il Tiranno."

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Capitolo XIX: La Guerra del Grande Deserto del Sole

"Il Regno del Sole aveva sempre tenuto avamposti sulla costa settentrionale della Casa Antica, il grande continente meridionale; con le tribù dei Libu, seminomadi abitanti del deserto, erano stati stretti molti accordi di reciproca amicizia; Ma sotto il Duca, questo stato di cose cambiò; gli agenti del Regno iniziarono a seminare zizzania fra le varie tribù, e i soldati della legione di Ferro occuparono oasi e villaggi; il Deserto dei Libu venne colonizzato massicciamente scatenando rivolte represse con brutale ferocia da Lord Graziani, ribattezzato propriamente il Flagello dei Libu; Fra i Libu, emerse allora un capo, Idir dei Sanus, che organizzò la resistenza all'oppressione. Nonostante la sua ferocia, Graziani non ottenne risultati definitivi; L'Imperatore nominò allora Lord Balbo governatore della vasta Provincia. Lord Balbo negoziò tregue conalcunetribù e riuscì a migliorare la situazione, ma nemmeno lui riuscì del tutto a rimediare ai danni creati dal macellaio. Con lo scoppio della Guerra del Grande Tiranno, Idir negoziò l'alleanza con i Popoli Liberi, e fece insorgere il suo popolo; Ma dopo le prime sconfitte, l'Impero del Sole chiamò in soccorso l'Armata della Croce Uncinata; Al comando delle truppe fu posto il migliore stratega della storia Alemannian; Lord Erwin Rommel, presto soprannominato la Volpe del Deserto; Lord Rommel e Lord Balbo avevano in comune tre cose; Erano entrambi ottimi comandanti, erano entrambi invisi al proprio superiore ed erano entrambi poco convinti della guerra che stavano combattendo, e dei metodi usati.

Rommel preferiva evitare di usare i distruttivi ma dispersivi Draghi della Morte e la violenta e poco disciplinata Fanteria Orchesca; nel Deserto, preferì impiegare Juggernaughts modificati, al comando dei disciplinati Hobgoblin e le meno possenti, ma più rapide Aquile Bicefale, cavalcate da un corpo scelto ancora fedele, come lo stesso Rommel, alla deposta Casa Imperiale di Alamann. Ad esse s'era aggiunta la Cavalleria leggera dei Corsieri del Deserto dell'Impero del Sole, i più veloci dell'Orbis. A Rommel i Necromanti non piacevano; i soldati non-morti erano lenti e poco versatili, oltre che troppo dipendenti dai loro creatori; preferiva usare gli Elementalisti dell'Impero del Sole; ma nonostante la ferma antipatia, non poteva negare la fredda efficienza dei Preti Neri della Croce Uncinata, nel mantenere in vita e in attività i suoi uomini. Lord Balbo condivideva le sue opinioni, e i due, insieme, riconquistarono il terreno perduto; Dopo la vittoria presso Antepyrgo, la strada per il Regno del Kemet era nuovamente aperta. Ma Lord Fuhrerr continuava ad aprire nuovi fronti."

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Capitolo XX: La Guerra d'Oriente

"Se l'Impero del Sole s'era per ora dimostrato un alleato inefficiente, e perfino dannoso, l'Impero del Crisantemo ad Oriente si stava dimostrando una garanzia per il Tiranno; Lord Tojo, Ammiraglio e Comandante delle forze del Crisantemo, aveva da tempo esautorato l'Imperatore Shōwa, di fatto rinchiudendolo nel suo palazzo; L'Impero del Crisantemo aveva invaso sistrmaticamente tutti i suoi vicini; a partire dal Regno della Calma Mattutina, per proseguire con l'Impero del Dragone, di cui furono invase le province orientali, e l'Isola della Bellezza; poi, caddero sotto il dominio del Crisantemo l'Impero Khmer, il Regno di Luang Pravang, l'Impero di Dai Viet e fu invaso il Regno del Pavone; Poi, le Isole delle Tigri, e infine, il Grande Impero di Maharata, e il Regno di Tamil e Sinhala; Poi, con l'arroganza di chi crede di aver già vinto, mentre le Province Unite d'Oriente respingevano l'Invasione, il Crisantemo attaccava direttamente l'Impero di Albion, invadendo ,l'Isola Massima, l'Isola del Sud, e il Regno di Aotearoa, alleato di Albion. L'ultimo oltraggio fu l'attacco alle grandi steppe Gelate, dominio dell'Impero della Rus; infine, il Regno delle Isole Ancestrali fu attaccato, e il Porto delle Perle quasi distrutto, e con esso una grande flotta Albionica; L'ultimo a cadere fu il Grande Lakanato delle isole Barangay, pur difeso dal comandante Albionico Lord Mac Arthur.

I Lord Comandanti dell'Armata del Crisantemo si abbandonarono ad orribili eccessi nei territori occupati; Potendo contare su una formidabile cavalleria celeste, composta da guerrieri a cavallo di Raju, grosse tigri in grado di evocare e cavalcare fulmini, e su un'altrettanto formidabile Marina, le cui navi erano sistemati sul dorso degli Yamatani, giganteschi serpenti acquatici, con otto teste e otto code, l'Impero del Crisantemo puntava a fare del Grande Oceano delle Acque Tranqulle il proprio lago personale.

Oltre a ciò, l'Impero del Crisantemo contava su una fanteria pesante particolarmente feroce, costituita dagli Oni, grossi orchi cornuti.

Particolarmente temuti erano poi i Ninja, corpi scelti di infiltrati, spie ed assassini; di questi corpi speciali facevano spesso parte varie razze mutaforma, come i Tanuki, uomini-Procione, i Kitsune, uomini-Volpe, i Bakeneko, uomini-Gatto, gli Inugami, uomini-Cane, i Gumo, gli uomini-Ragno e gli Hebi, uomini-Serpente. Inoltre, servivano l'impero del Crisantemo anche i Tengu, uomini con la testa di Corvo, abili nell'infiltrarsi e nascondersi, anche se incapaci di mutare forma.

Pur con tutta questa potenza però, non erano invincibili; lo aveva dimostrato Lord Doorman, impedendo loro l'invasione delle Province Unite Orientali, e lo aveva fatto il comandante Albionico Lord Allen, che aveva fermato la loro avanzata sull'Isola Massima.

Il quindicesimo giorno del dodicesimo mese, si tenne in Iperborea, la parte settentrionale del vastissimo continente occidentale, una conferenza, nella Città dell'Amicizia, capitale della Nuova Albione; Qui, si incontrarono ambasciatori di tutti i Popoli Liberi; qui sarebbe stata sancita la svolta del terribile conflitto."

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Capitolo XXI: L'Invasione della Rus

"Il Prete d'Acciaio era stato diabolicamente astuto; prima di rendere palese il suo tradimento, egli aveva astutamente infiltrato agenti disturbatori in tutte le province del Impero; così, per quasi due anni, l'Imperatore Alessio II aveva dovuto posporre l'intervento ad Ovest, troppo occupato a tenere insieme il suo stato; l'ultimo tassello era stata la deposizione del Duca dei Balti Carlo I Ulmanis, che era stato posto sul trono dei Balti grazie al Prete d'Acciaio, che aveva portato le prove dell'infedeltà del Duca Pietro III della casa di Biron. Ovviamente si era trattato di un inganno, un inganno che sarebbe potuto costare carissimo; giacché, dopo aver espugnato con un durissimo assedio, Porto Granaio, la Capitale dei Balti, Alessio fu informato dell'Invasione da Ovest e da Est; La Rus era in mortale pericolo. Il primo assalto del Tiranno fu proprio sul Baltico;
A Rosienie i Juggernaughts degli invasori fecero strage dei possenti Orsi della Cavalleria Pesante della Rus. Lord Ulmanis fu rimesso sul trono dei Balti, pur senza alcun reale potere.

La Legione Rossa marciò sulle Montagne del Titano Straziato, sulla Fortezza dell'Imperatore che difendeva il Grande Fiume delle Steppe.

Con un audace attacco a sorpresa, intanto, la Cavalleria Volante dell'Impero, i Cavalieri di Città dell'Arcangelo, con i loro Simargl, simili a grossi cani con ali e artigli d'aquila, furono decimati dai Draghi della Morte.

Città dell'Arcangelo fu espugnata, e la Capitale Invernale dell'Impero, Sogno Imperiale, fu posta sotto assedio, ma grazie al sostegno della Flotta del Nord, il cui Impero ancora resisteva, dietro i ghiacci del Muro di Mannerheim, essa non cadde; A causa delle mille campagne sostenute, quella contro la Rus era stata posticipata troppo;l'Imperatore si era ritirato nella capitale estiva, Lancia Dorata, facendo terra bruciata. Quando la città fu vicina, cadde sugli invasori il terribile Inverno della Rus.

Intanto, la Legione Rossa raggiungeva la Fortezza dell'Imperatore e la poneva sotto assedio; Al Prete d'Acciaio quella fortezza era sempre piaciuta, sarebbe stata una perfetta capitale provvisoria; Nella sua mente, l'aveva già ribattezzata Fortezza d'Acciaio; non immaginava ancora quanto questo nome fosse appropriato.
Ad Est, comunque, dopo la caduta in mano all'Impero del Crisantemo della Regina dell'Est, il principale porto della Rus nella regione , e l'invasione della Grande Steppa, i Cavalieri Cosacchi si erano uniti ai Cavalieri dell'Orda di Giada, una confederazione di umani ed Orchi, fiera e coraggiosa, su cui regnava il Gran Khan Timur XII, dalla sua capitale, la Città di Pietra. Insieme, avevano fermato l'avanzata nemica, spezzando l'assedio della Città dei Due Santi. Se il Tiranno credeva che quest'invasione sarebbe stata facile, si sbagliava di grosso."

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Capitolo XXII: La Guerra del Vicino Oriente.

"Decimo giorno del decimo mese del quarantunesimo anno.

Al fine di poter prendere il Kemet su due fronti, e per poter invadere da un altra direzione la Rus, il tiranno, d'accordo con i suoi alleati, decise di invadere il Levante, la regione più occidentale del continente Orientale, partendo dalla Terra dei Cedri; Oltre ai motivi strategici, vi era un motivo fortemente ideologico, in questa decisione; in questa regione sorgeva la Santa Collina, capitale della Terra Sacra; essa era sacra per l'Ecumene, per l'Ecclesia, e per il Popolo della Mezzaluna, che avevano in comune la fede in unico Dio, ma anche le altre religioni riconoscevano quel luogo; anche se la maggior parte delle Religioni credevano in più dei, che erano aspetti dell'Unico. Il Popolo Eletto custodiva quella terra, accogliendo ogni pellegrino e preservando i molti luoghi sacri ivi costruiti; inutile dire che quel luogo di armonia e speranza era fumo negli occhi del Tiranno; radere al suolo quella città, e costruirvi sopra un monumento alla sua gloria; ecco qual era l'obiettivo finale el Nemico.

Madornale errore; questa profanazione provocò l'entrata in guerra del Regno della Mezzaluna, e del suo Califfo, Ghazi IV; Scese in campo anche il Gran Re della Mesopotamia Hammurabi LXI, che della Terra dei Cedri era il Sovrano, e schierò le sue truppe a difesa della Città dei Libri, capitale della provincia invasa.

Allora, il Tiranno, come aveva tentato Tojo, che lo chiamava Lord Mikaboshi, tentò l'ambizioso Re dei Re di Persia, Rheza I, presentandosi come Arhiman, lo Spirito del Male; in fondo, era la verità.

Ma il giovane Principe ereditario, Xerse Rheza, udì per caso le intenzioni del padre, e, con l'aiuto dei Sacerdoti di Mazda, lo Spirito del Bene, lo depose, schierando l'Impero di Persia a favore dei Popoli Liberi.

Davanti alla Santa Collina, le Armate dei Popoli Liberi inclusi i Djinn, misteriosi abitanti del deserto, riuscirono a fermare l'armata del Nemico; I Demoni e i Non Morti, con i loro mostruosi Juggernaughts, e i Draghi della Morte, caddero nella trappola tesa dai difensori, comandati da Lord Mosé ben Samuel, del Popolo Eletto.

Gli Shamir, grossi wyrm, draghi senz'ali, cavalcati dall'elite della Cavalleria del Popolo Eletto, scavarono il suolo, facendolo aprire sotto i Juggernaught; A quel punto i Mesopotamici, a cavallo dei tori barbutii, gli Shedim, poterono averne ragione; in aria, i Cavalieri della Piuma del Pavone, elitè dell'Impero Persiano, con i loro giganteschi Simorgh, cavalli volanti, con teste di cane, e coda di Pavone, avevano la meglio sui Draghi della Morte; A terra, i Dervisci, velocissimi spadaccini del Regno della mezzaluna, aiutati da maghi Djinn, finivano la fanteria non morta, mentre i Sacerdoti dei vari culti scacciavano i Demoni.

Ormai la corda era stata tirata fino a farsi sottile; tutti i popoli della terra odiavano il Tiranno; L'invasione del Vicino Oriente sarebbe stato l'ultimo oltraggio del Nemico."

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Capitolo XXIII: La Grande Assemblea

"Settimo giorno del primo mese del quarantaduesimo anno, Città dell'Amicizia, Nuova Albione.

C'erano voluti parecchi mesi per preparare questa riunione; per volontà dell'Imperatore Giorgio VI, erano stati invitati sovrani e rappresentanti di tutti i Popoli, umani e non, che si opponevano al Tiranno.

Su insistenza dell'Imperatore, ogni Reame dell'Impero Albionico aveva un suo portavoce; inoltre anche i principali comandanti militari, esclusi quelli impegnati sul campo, erano stati invitati.

Lord Churchill, alto consigliere dell'Imperatore, presiedeva l'assemblea, coadiuvato da Lord Franklyn Roosevelt, Governatore di Nuova Albion; Franklyn lo Storpio, lo chiamavano con disprezzo i suoi nemici, Franklyn il Tenace, lo chiamava chi lo conosceva davvero; Colpito da giovane da una maledizione che gli tolse l'uso delle gambe, Lord Roosevelt aveva meritato i suoi titoli in forza dei suoi talenti e dell'amore del popolo. L'Imperatore lo aveva nominato di persona, ormai sette anni prima. Lord Roosevelt fece gli onori di casa e diede poi la parola a Lord Churchill.

"Nemici della Tirannia, siate i benvenuti; Ormai sono tre anni che combattiamo questa guerra insensata; l'influenza del Tiranno cresce ogni giorno, e le sue armate seminano il panico fra i popoli assoggettati; Ma il nemico non ci ha piegati, e non ci piegherà mai; posso promettervi solo tre cose, miei compagni in questa lotta: lacrime, sangue e... vittoria!"

Alzò le dita a formare una V, gesto spontaneo, che fu presto imitato dai presenti.

Poi cedette la parola al suo sovrano, che si schiarì la gola, e dopo un istante di esitazione disse con fermezza "fino ad adesso abbiamo combattuto il Tiranno ognuno per conto proprio; lo abbiamo rallentato, lo abbiamo fatto sanguinare, lo abbiamo anche respinto; ma non lo abbiamo mai fermato; per farlo, non possiamo più combatterlo ciascuno per suo conto; abbiamo bisogno di una strategia comune, e di un comando comune; abbiamo bisogno di una vera Grande Alleanza."

Molti mormorii seguirono questa affermazione; ad un certo punto, Lord De Gaulle, Comandante dei Paladini del Giglio, che aveva accompagnato il suo Re, Enrico VI, si alzò e chiese "Chi comanderà quest'alleanza?" Molti si unirono alla domanda.

"Io propongo Lord Motgomery!" Disse Lord Churchill; coloro che conoscevano l'abile ma pomposo e rigido comandante Albionico storsero il naso; il secondo nome fu fatto da Lord Molotov, rappresentante dell'Impero della Rus, che propose Lord Zhukov, il quale però stava comandando una difficile guerra difensiva su due fronti, nella Rus; per la stessa ragione, anche la proposta della Reggente del Sangue Guglielmina del Lord-Ammiraglio Doorman fu rifiutata; L'impero del Serpente Piumato, che aveva recentemente subito un attacco da parte dei Pirati della Croce Uncinata, guidati dal Lord Ammiraglio Donitz, propose Lord Chichihuatl Lopez-Mateos come comandante in capo, ma il generale Ibero-Serpentpiumatiano non fu ritenuto abbastanza affidabile, non avendo diretto nessuna grande campagna militare. Dopo alcuni altri nomi, lord Roosevel propose Lord Dwight Eisenhower, comandante in Capo dell'Esercito del Regno della Stella Solitaria, parte dell'Impero Albionico. Siccome tale regno aveva fatto parte dell'Impero del Serpente Piumato, tutti si aspettarono la reazione indignata dell'Imperatore Ferdinando Quetzalcoatl IX; ma costui sorrise, e approvò la scelta.

I presenti uno dopo l'altro accettarono, e Lord Eisenhower divenne Lord Comandante in Capo delle Armate dei Popoli Liberi.

A questo punto, era necessario pensare ad una strategia comune; mentre molte idee venivano prese in considerazione, il Principe Ereditario Pedro di Braganza-Orleans, fu informato che in sua assenza, i reami dell'Impero Lusitano erano stati oggetto di un colpo di stato; suo , Pietro VI era stato ucciso, e un gruppo sovversivo di nobili chiamato il Nuovo Stato aveva usurpato il potere e dichiarato guerra al vicino Impero Andaluso. Per fortuna, una parte degli ufficiali del grande Regno d'Amazzonia, in Esperia, gli era rimasto fedele; L'Impero Andaluso si era appena ripreso da una dura guerra civile, combattuta fra i partigiani del legittimo Imperatore, allora Alfonso XII, e quelli della Falange, organizzazione sovversiva, al servizio del Nemico, guidata da Lord Francisco Franco. Allora, Lord Eisenhower parlò:

"Signori, ecco il nostro primo obiettivo comune: Sventare questo colpo di stato, ed abbattere questi lacché del tiranno, proteggendo nel contempo l'Impero Andaluso e rimettere Pietro VII sul trono di Porto dell'Astuto."

Tutti furono d'accordo, l'alleanza dei Popoli Liberi Uniti era ufficialmente nata."

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Capitolo XXIV: La Prima Impresa

"Quinto giorno del terzo mese del quarantaduesimo anno.

L'Alleanza organizzò la campagna dell'Impero Lusitano nei minimi dettagli; per prima cosa, con l'aiuto dell'Ecclesia, che mise a disposizione le Vie degli Angeli, una rete di portali che collegava cattedrali, abbazie, monasteri e luoghi santi di tutto il mondo, si fornirono aiuti ai lealisti d'Amazzonia, guidati da Lord Mascarenas de Morais; Poi, si intervenne in Andalusia e in Nuova Andalusia, dove le forze Andaluse erano in difficoltà.

L'Armata dello Stato Nuovo, guidata da Lord Zenobio da Costa, aveva invaso la Pianura d'Argento, prendendo la città di Monte della Visione; Per fortuna dei Neo Andalusi, l'Impero del Tawantinsuyuper volontà del Sapa Inca Manco Capac IV aveva messo a disposizione dei Neo Andalusi uomini e mezzi, permettendo loro di rifornire il territorio meridionale; Con grande sorpresa dei Neo-Andalusi, la Mapucia, regno indigeno dell'estremo sud, non in buoni rapporti con loro, aveva inviato uomini in difesa di Città del Fiume d'Argento.

Le forze degli usurpatori Lusitani includevano numerosi coscritti delle tribù della Grande Foresta; costoro, al momento opportuno, si schierarono dalla parte dei Neo-Andalusi, causando la rotta dell'armata degli invasori.
A Nord, si schierarono presso Città del Grande Fiume le truppe delle Province Unite, del Regno del Giglio Libero, dell'Impero Albionico, del Tawantinsuyu, dell'Impero Lusitano Lealista, dell'Impero Andaluso, dell'Impero del Serpente Piumato, della Confederazione delle Cento Nazioni Iperboree, e della Lega delle Città Yucatanqui; Questa grande alleanza del Continente Occidentale era guidata da Lord Rojas Pinilla, e si schierò contro l'armata degli usurpatori presso il Centro del Mondo, a nord della Nuova Lusitania Settentrionale.

Gli Usurpatori avevano a loro disposizione i Monai, giganteschi serpenti cornuti, e i loro necromanti trasformarono la vegetazione morta del sottobosco amazzonico in una trappola mortale.

Ma con l'aiuto di esploratori e sciamani del Popolo della Foresta, il numeroso esercito della Grande Alleanza riuscì ad avere la meglio.

A questo punto, presso la Città Meravigliosa, capitale occidentale dell'Impero Lusitano, vi fu un contro-colpo di stato; L'Arciepiscopo della Città Meravigliosa, Primate della Nuova Lusitania, Sebastiao da Silveira Cintra, a costo della sua stessa vita, riuscì a portare a termine una potente preghiera, che distrusse le difese magiche del Palazzo Imperiale, consentendo agli insorti di catturare uno dei due principali responsabili dello stato nuovo, Lord Vargas. Saputa la notizia tutte le province della Nuova Lusitania insorsero, deponendo i governatori fedeli allo Stato Nuovo; Nella terra detta d'Iberia, l'Invasione dell'Andalusia fu respinta dagli Andalusi, che ricevettero l'aiuto degli altri popoli liberi; presso la capitale Lusitana, una grande flotta sbarcò, portando con se il legittimo Imperatore Pietro VII; finalmente, l'altro capo della cospirazione, lord Salazar fu ucciso in duello dall'Imperatore stesso, nel giubilo della popolazione; ora, l'Alleanza, forte di questa vittoria, poteva muovere con decisione contro il Tiranno."

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Capitolo XXV: Colpo al cuore alla Tirannia

"Quarto giorno del Sesto Mese del quarantaduesimo anno, Città delle Cento Spire, Provincia di Bohem.

"Il Regno di Bohem era stata la prima nazione occupata con l'inganno e la violenza dall'Impero della Croce Uncinata; facendo leva sul desiderio di indipendenza dei Nitrioti, a cui fu concesso un Principato indipendente, il Principato di Nitra, alla cui reggenza fu posto l'Arciepiscopo della Piccola Grande Città, capitale della Provincia, Monsignor Jozef Tiso, immediatamente colpito dalla Maxima Sententia, un potente rito dell'Ecclesia, che non solo lo privò dei suoi poteri clericali, ma lo marchiò come un nemico della fede; Tiso, comunque aveva venduto l'anima al Tiranno, che gli concesse oscuri poteri, in cambio della sua sottomissione alla Croce Uncinata. Nel resto del Regno di Bohem, fu imposto l'autorità assoluta della Croce Uncinata, costringendo Re Ottocaro VIII, della Casa di Premysl, a fuggire.

Governatore della nuova provincia fu nominato nientaltri che il Terrore del Fuoco, il più temuto dei quattro luogotenenti di Fuhrerr, Lord Heydrich.

Soprannominato Cuore di Ferro, Heydrich aveva governato con una spietatezza tale da attirarsi l'odio della totalità della popolazione Bohemiena; aveva fatto bruciare casolari con intere famiglie dentro, per il sospetto che potessero ospitare membri della resistenza, aveva imposto a tutta la popolazione valida il lavoro coatto, a turni, nei campi e nelle fucine, punendo con pubbliche impiccagioni ogni ritardo o assenza ingiustificata; giusto tre giorni prima, aveva crudelmente sgozzato un bambino, colpevole di aver rotto per errore la vetrata di una caserma della Polizia Segreta; dopodichè aveva personalmente incenerito la casa del bambino con la sua intera famiglia all'interno.

Per questo, era stato deciso, dal Comando Unificato dei Popoli Liberi, che, per colpire al cuore il regime del Tiranno, e per dare speranza a chi giaceva sotto la sua odiosa tirannia, era necessario eliminare il Terrore del Fuoco; Per riuscire in tale impresa fu creato un commando scelto di coraggiosi soldati; lo guidava lo stesso Re Ottocaro, che aveva lasciato il figlio Jan al sicuro in terra Albionica; Cinque uomini componevano il commando: il re stesso; Joseph Beram, arciepiscopo in esilio della Città delle Cento Spire; Ser Kublis, della fanteria volante Bohemiena; Ser Gabcik, Nitriota, ma fedele al Re, Cavaliere dell'Artiglio del Leone Bianco, ordine cavalleresco devoto alla protezione del Re di Bohem, e all'eliminazione dei suoi nemici, e il Reverendo Episcopo Gozrad, dell'Ecumene Boehemieno; quest'ultimo, come tutti i sacerdoti dell'Ecumene, era versato nelle arti arcane, specialmente nell'elementalismo.

Presso il Castello di Liben, a metà strada fra la sua residenza personale, e il Castello delle Spire, sede del suo governo, il Boia delle Cento Spire e il suo cocchiere furono fermati da un nugolo di frecce; dopodichè, un fulmine si abbatté con violenza sul Terrore di Fuoco, che, nonostante il dolore, estrasse la sua spada fiammeggiante ed uscì ad affrontare il nemico; qui, Re Ottocaro lo ingaggiò in battaglia, impugnando l'Ascia dei Premyzl; Entrambi i contendenti furono feriti; ma Re Ottocaro aveva accanto a se Sua Eminenza Beram, che subito gli impose le mani, guarendolo.

Heydrich, dopo la morte del suo cocchiere-guardia del corpo Klain, il quale aveva ucciso Gozrad, e ferito gravemente ser Kublis, incenerì il fante alato, per poi trovarsi un coltello nel fianco mentre era sul punto decapitare l'Arci-episcopo. Tale lama apparteneva ser Gabcik, ridotto in cenere l'istante successivo; a quel punto, Re Ottocaro fermò il cuore di ferro una volta per tutte. Solo lui e sua Eminenza sopravvissero alla missione, ma Lord Reynard Heydrich, Terrore del Fuoco, morì quel giorno.

Il Tiranno e i suoi lacché sapevano, infine, di non essere più al sicuro, nemmeno nel cuore del loro impero."

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Capitolo XXVI: La Battaglia delle Due Bandiere

"Oasi delle Due Bandiere, Regno di Kemet, Quinto giorno dell'ottavo mese del quarantduesimo anno.

Presso le Due Bandiere, la Legione del Deserto, comandata da Lord Rommel, con l'Armata Imperiale del Sole, si confrontò con l'armata Albionica, comandata da Lord Montgomery e quella Kemetiana.

Gli Alamannian strinsero i nemici in una trappola, fatta scattare dai Maghi del Sole; metà delle truppe Albionico-Kemetiano furono inghiottite dalle sabbie.

Lord Balbo, che aveva concordato la strategia con Rommel, sconfisse la retroguardia Albionica, gettando fuoco sulla veloce cavalleria volante albionica con i suoi elementalisti.

Nonostante la reazione degli Albionici, un corpo scelto di arcieri goblin della Croce Uncinata, i temuti Berretti Insanguinati, riuscì a prendere possesso di una duna prospiciente l'oasi; da li, fece piovere frecce avvelenate sulla fanteria leggera Kemetiana.

Dopo una dura giornata di combattimenti, Lord Montgomery dovette ritirarsi, ma il giorno dopo l'armata Albionica tornava con i rinforzi, la Cavalleria Pesante Neo-Albionica formata dai giganteschi Bisonti Azzurri, più grandi di elefanti, in grado di attraversare il deserto senza essere ostacolati dalle sabbie.

A questo punto, intervenne la fanteria leggera dell'armata del sole;  i velocissimi Squasc, i feroci uomini scoiattolo delle montagne della Longobardia Orientale; con le loro piccole, ma sovrannaturalmente affilate zanne, tagliarono i tendini dei mostruosi bisonti, permettendo alla fanteria pesante Alamannian, i possenti Ogre, di finirli.

La via per il Kemet era aperta, ma Rommel e Balbo cominciavano a nutrire dubbi sempre più forti sulla causa per cui combattevano.

Dopo questa vittoria, Rommel fù richiamato per guidare l'armata della Croce Uncinata contro la Rus.
Lord Balbo, invece iniziò a prendere contatto con la principessa Maria Giuseppina, moglie dell'erede al Trono del Sole, e sorella del coraggioso Duca delle Terre Allagate Leopoldo III; lentamente, ma inesorabilmente, il cappio si preparava a stringersi al collo del Duca Benito Mussolini."

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Capitolo XXVII: La Torcia della Speranza

"Trentunesimo giorno dell'ottavo mese del quarantunesimo anno, Nuova Cartagine, Grande Deserto Occidentale.

Dopo la sconfitta delle Due Bandiere, il comando unificato dei Popoli Liberi decise di reagire immediatamente; si puntò quindi all'invasione di Nuova Cartagine, principale fortezza dell'Impero del Sole nel Grande Deserto Occidentale; Lord Patton, generale neo-Albionico era riuscito a portare in salvo dalle Due Bandiere una ventina di Tori Azzurri; ad essi furono aggiunti oltre tremila Paladini del Giglio, guidati da Lord de Gaulle in persona, e trentamila fanti di varie nazionalità.

Al sorgere del sole, le armate dei Popoli Liberi attaccarono la piazzaforte retta da Lord Giovanni Messe, uno dei più nobili comandanti dell'Impero del Sole; Messe schierava truppe pesanti Alamannian, e la possente marina volante dell'Impero del sole, ma, purtroppo per lui, dal Mare, la Flotta dei Popoli Liberi lanciò un violento attacco di copertura; molte navi furono abbattute, mentre un secondo esercito dell'Alleanza sbarcava sulla costa, forte di altri ventimila uomini; Maghi-Incursori Neo-Albionici attaccarono le riserve strategiche della città; acqua, cibo, munizioni, tutto quanto serviva per sostenere un assedio fu distrutto; Lord Messe, allora. ordinò un attacco preventivo sul fianco settentrionale, per impedire la chiusura dell'assedio.

L'attacco fu un successo, le truppe dell'alleanza furono prese alla sprovvista prima di aver predisposto le difese; a quel punto, Messe poté stabilire, con mezzi magici, un corridoio di comunicazione con il Passo di Annibale, possente fortezza nell'interno.

Messe sostenne l'assedio per una settimana, ma, poi, ricevette da Balbo l'ordine di Ripiegare al Passo di Annibale; Nuova Cartagine doveva essere lasciata integra; Prima dell'evacuazione però, Messe doveva dare un chiaro messaggio di forza; Il Generale non se lo fece ripetere.

La notte fra il Settimo e l'ottavo Giorno del nono mese, le truppe degli assedianti sferrarono un attacco a sorpresa alle navi dell'Alleanza nel porto, affondandone oltre dieci, prima di evacuare la fortezza.

Entrato a Nuova Cartagine, Lord Patton fece accendere una fiamma azzurra nel Faro della città; La torcia della speranza fu visibile a centinaia di chilometri di distanza; era stata una vittoria sofferta, ma pur sempre una vittoria."

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Capitolo XXVIII: La Battaglia delle Isole Mezzavia

"Terzo giorno del sesto mese del quarantaduesimo anno, Atollo della Mezzavia, Oceano della Tranquillità.

L'obiettivo del Lord Ammiraglio Yamamoto era semplice: distruggere la flotta occidentale dell'Alleanza dei Popoli Liberi.

Per riuscirci aveva tentato di dividerla, manando navi esca in differenti direzioni; purtroppo per lui, il Popolo del Mare era schierato con i Popoli Liberi, e aveva avvisato il Lord Ammirglio Doorman dell'inganno; La flotta dei Popoli Liberi schierava tre Kraken, Cinque navi volanti delle Province Unite, sette navi da Guerra Subacquee Lusitane, e quattordici navi da guerra Albioniche. La Cavalleria Volante Neo-Albionica a cavallo dei temuti Puma Spaccaalberi, Puma volanti giganteschi in grado di frantumare grosse querce a testate, insieme a quella del Tawantinsuyu, a cavallo dei loro Condor Giganti, uniti agli Uomini Aquila dell'Impero del Serpente Piumato e ai Sidhe e agli Elfi Albionici lanciarono un attacco direttamente dal cielo, ben prima che le navi entrassero a contatto degli Yamatani dell'Impero del Crisantemo; Dopo una prima schermaglia, in cui i Cavalieri del Crisantemo a bordo dei Raju bloccarono l'avanguardia volante, ci fu un tragico errore da parte del comandante del della Cavalleria volante del Crisntemo; egli attaccò l'avangurdia della flotta dei popoli liberi affondando una mezza dozzina di navi, ma perdendo molti uomini; a quel punto, non furono in grado di reggere il grosso della cavalleria volante dell'Alleanza. A quel punto, niente poté impedire agli oltre seimila uomini dell'armata volante di piombare sulla flotta del Crisantemo ; dei sei possenti mostri adibiti a nave, quattro furono uccisi, e due gravemente feriti; molte altre navi del Crisantemo furono catturate o distrutte, e Lord Yamamoto sfuggi a alla cattura solo grazie alla velocità della sua cavalcatura personale, un Kyuby, una volpe-drago molto veloce.

Questa vittoria pose fine all'espansione dell'Impero del risantemo nell'Oceano della Tranquillità e mise al sicuro la Costa degli Orsi, costa Ocidentale dell'Iperborea, dal rischio di un'Invasione.

A quel punto, l'Ammiraglio Doorman, e lord Mac Arthur progettarono una strategia per farsi strada nel vasto territorio nemico."

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Capitolo XXIX: Il Risveglio del Dragone

"Mentre la loro flotta subiva una disastrosa sconfitta, le truppe imperiali del Crisantemo proseguivano la loro avanzata nell'Impero del Dragone; tradizionalmente, l'Impero del Dragone aveva cinque eserciti, le Cinque Guardie Imperiali; Comandante della Guardia Bianca era Lord Chang, Dragone dell'Ovest; Comandante della Guardia Rossa era Lord Mao, Dragone del Nord; Comandante della Guardia Nera era Lord Ai, Dragone dell'Est, Comandante della Guardia Gialla era Lord Tailing, Dragone del Sud, mentre la Guardia Azzurra era comandata dall'Imperatore in persona, il Dragone del Cielo Pi Yu.

Al Fiume Contorto, per la prima volta da decenni, esponenti delle cinque guardie combatterono fianco a fianco; L'armata Imperiale del Dragone faceva un ampio uso di Draghi orientali, quindi privi di ali; Inoltre, disponeva di una forza aerea considerevole, rappresentata dai giganteschi Peng, vere e proprie fortezze volanti piumate. La cavalleria leggera disponeva dei Kirin, giraffe anfibie, intelligenti e velocissime.

Oltre a numerosissimi umani, anche gli Xiao, scimmie alate senzienti, facevano parte dell'Esercito del Dragone del Cielo.

L'arma segreta dell'Impero del Dragone, comunque, era costituita dai Bashe, serpenti in grado di ingoiare draghi interi, sui quali erano costruiti interi accampamenti.

La battagli del Fiume Contorto fu un bagno di sangue, in cui l'armata Imperiale del Dragone subì numerosissime perdite, ma che costrinse il Crisantemo ad interrompere l'offensiva.

In particolare, i Bashe furono impiegati come prima linea di sfondamento, trasportando la fanteria leggera dietro le linee nemiche; anche se le armate del Crisantemo riuscirono ad eliminare il grosso dei soldati trasportati, a lungo andare il Crisantemo non poté far altro che ritirarsi dietro il fiume.

A questo punto, fu deciso di riunire le cinque armate alla capitale, la mitica Città Proibita.

Le armate erano divise, poiché alla morte dell'imperatore Guangxu, anni prima, era scoppiata una guerra di successione molto sanguinosa; Lord Yuan e lord Kang, alti funzionari dell'impero, avevano scelto come successore Pi Yu, nipote del defunto Mandatario del Cielo, mentre Chang sosteneva l'ora defunto Sun, e Mao sosteneva lord Zhou.

L'Invasione dei Crisantemiani nel trentasettesimo anno, aveva spinto le fazioni a stringersi intorno a Pi Yu, ms non subito; Finalmente la ritrovata unità sembrava dare i suoi frutti.

il Fiume Contorto fu un importante momento di coesione per il Popolo del Dragone. La nomina a comandante in capo delle forze dell'Impero di Lord Li, braccio destro dell'Imperatore segnò la fine del sanguinoso conflitto delle cinque fazioni.

Per i sudditi del Dragone fu come svegliarsi da un lungo sogno angscioso: finalmente i Dragoni avevano smesso di confrontarsi fra di loro, e potevano concentrarsi sulla liberazione dell'Impero dagli odiati nemici da est."

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Capitolo XXX: La Battaglia di Isatabu

"Dopo la terribile sconfitta subita alle Isole Mezzavia, la Flotta Imperiale del Crisantemo era ben decisa a riscattarsi; il Lord Ammiraglio Yamamoto aveva radunato presso il porto fortificato di Isatabu i suoi migliori capitani; Oltre ad alcuni Yamatani superstiti, la flotta contava su alcune navi volanti, create negli arsenali dell'Impero del Sole, e un paio di Dakuwa, più piccoli di Bismerk, ma sempre letali.

Tutavia, la flotta dei Popoli Liberi li colse di sorpresa; I Kraken ingaggiarono i Dakuwa stritolandoli con i loro tentacoli; poi gettarono inchiostro in faccia agli Yamatani, che divennero difficili da manovrare.

A quel punto, le navi volanti dell'Ammiraglio Doorman abbordarono quelle dell'Ammiraglio Abe; Dotate di maggior potenza di fuoco le navi del Crisantemo, più manovrabili, quelle delle Province Unite, alla fine fu decisivo l'intervento, dal mare, del Capitano Callaghan, il quale concentrò l'artiglieria mistica sull'ammiraglia volante di Abe facendo saltare in aria i cristalli elementali d'alimentazione, e facendola precipitare; Lord Abe, a quel punto, cercò di far precipitare la nave sul Kraken più grosso, ma, dalle acque, spuntò un enorme vascello; era una vera e propria fortezza galleggiante, l'orgoglio della Marina Lusitana, la "Enrique"; essa aveva a bordo un intero squadrone di Sciamani del Popolo della Foresta, i quali invocarono gli spiriti delle acque, provocando un violento e improvviso tornado che investì l'ammiraglia di Abe, e la trascinò in mare, ben lontano dalla flotta dell'Alleanza.

L'arrivo della "Enrique" galvanizzò gli alleati, i quali affondarono uno degli Yamatani; a quel punto però Yamamoto ordinò di concentrare l'attacco sulla Fortezza Galleggiante; inoltre, pur a malincuore, decise di sfruttare la sua arma segreta.

L'ammiraglio Doorman vide il suo diretto avversario erigersi su una delle teste del suo Yamatano; Yamamoto indossava un'armatura ricoperta di ideogrammi risplendenti di rosso.

"Difensore dell'Impero, Signore dei Kaiju, contro i nemici del Crisantemo, io invoco la tua potenza! Sorgi dal mare Gozikami!"

Improvvisamente, le acque iniziarono a ribollire e dal mare sorse una creatura simile ad un drago, cosi grande che avrebbe fatto sembrare piccolo perfino Bismerk.

Per un attimo, per gli alleati tutto sembrò perduto; quel mostro gigantesco aveva un immenso potere; poi però, la bestia si girò verso le navi del Crisantemo, e Yamamoto comprese il suo errore.

Gozikami è un protettore, non un'arma; l'Impero aveva cominciato questa guerra, e per una causa non giusta; di conseguenza, Gozikami lo aveva giudicato non degno; dalla sua bocca eruppe una fiammata simile a un lampo, che incenerì uno Yamatano.

Yamamoto inorridì "cosa ho fatto?" Sapeva di aver condannato l'Impero, perché, una volta scatenato, Gozikami non si ferma finché non ha distrutto il suo nemico; Orribili visioni delle città dell'Impero rase al suolo percorsero la sua mente; a questo punto, non aveva scelta.

Estrasse la wakizashi, spada corta usata nel rito del suicidio rituale; Chiamò il suo Kyubi, la sua volpe volante e la usò per raggingere la testa del mostro; quì si colpì alla gola facendo piovere il suo sangue sulla bestia, che alzò il cranio, e apri la bocca; Yamamoto si lasciò cadere nelle fauci, che lo inghiottirono.

Con questo sacrificio, Yamamoto placò la furia del mostro, che si inabissò nelle acque.

L'alleanza a quel punto aveva vinto, ma Doorman deglutì, scosso per quello che aveva appena visto:

"Esistono forze, in questo mondo, che non dovrebbero essere scatenate", disse in un sussurro.

Questa lezione se la sarebbe ricordata in futuro."

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Capitolo XXXI: L'assedio della Fortezza dello Zar

"Il Prete d'acciaio non era soddisfatto. "Tre mesi! Sono tre dannatissimi mesi che teniamo questa maledetta fortezza sotto assedio, e ancora non ci sono segni di cedimento!" Il tono era calmo, ma la mano stretta intorno al collo di Lord Berija tradiva il suo nervosismo.

" Mio Signore....." lord Berija disse con il poco fiato concessigli. " Lord Vasilievsky è una persona testarda!"

Josif mollò il suo luogotenente e disse.:"il Grande Fiume delle Steppe è la chiave per le Montagne del Titano Straziato e le sue miniere di Cristalli Elementali."

Il Prete d'Acciaio fece una pausa. "Conquistare la Fortezza dello Zar è fondamentale per vincere la guerra; Lord Paulus, avete portato con voi i rinforzi, mettetevi all'opera! Ne io ne Lord Fuhrerr tollereremo ulteriori ritardi.

Lord Paulus non era entusiasta di dover ubbidire a quel pedante prete Armeno, ma a quanto pare, godeva della piena fiducia del suo signore, quindi dovette annuire.

Poi iniziò a discutere la strategia con lord Berija e gli altri comandanti:

"La Fortezza è protetta da tre distinti livelli di difesa: primo, uno Scongiuro di Protezione dell'Ecumene, simile allo Ius Asilii dell'Ecclesia; poi, un incantesimo di resistenza nelle mura; e terzo, le Vile delle Montagne hanno posto sulla fortezza la loro benedizione." Alcuni comandanti sbottarono "Fate intriganti!"

"Ora," proseguì Lord Paulus " l'incantesimo di resistenza può essere spezzato, e la benedizione fatata rimossa, la domanda è: come sfondiamo la protezione divina?"

Ci furono alcune proposte inattuabili, poi, il Prete d'Acciaio disse:

"La benedizione divina è aggirabile!" Tutti lo guardarono sorpreso.

"Ferma solo attacchi di nemici consapevoli; Usando le appropriate illusioni, possiamo fare dei nostri prigionieri la nostra prima linea."

Paulus annuì; "comunque, anche senza protezioni magiche, parliamo di una fortezza robusta e ben difesa; inoltre, secondo le informazioni più recenti, l'Imperatore in persona sta marciando su di noi; se riesce a sfondare sul fiume, da assedianti ci potremmo ritrovare assediati."

L'Armeno ghignò. "L'imperatore è un bamboccio; e comunque, se e quando arriveranno, troveranno noi ad aspettarli dietro solide mura! Prenderemo la fortezza entro una settimana!"

Ma nei giorni successivi, nonostante tutti i tentativi, le difese magiche non cedettero mai del tutto; gli assalti erano respinti, nonostante i molti danni causati.

I giorni divennero settimane, e alla fine passarono altri due mesi; Gli esploratori della retroguardia si precipitarono di buon mattino nella tenda del Prete d'Acciaio. "Lord Josif, l'Imperatore sta arrivando: ha passato il fiume, e ora marcia su di noi con un armata immensa."

Costernato, l'Armeno si recò da Lord Paulus, il quale disse: "Se i rapporti sono veritieri, dobbiamo abbandonare questa posizione indifendibile al più presto!"

Ma l'ex arci-Episcopo aveva ben altre idee.

"Attacchiamo ora, con tutte le forze che abbiamo a disposizione; un uomo sulle mura ne vale venti ai piedi."

L'assalto fu il più violento che avesse interessato la Fortezza negli ultimi cinque mesi; I Draghi della Morte concentrarono il loro veleno su i difensori di una sezione, che fu oggetto di un vero e proprio bombardamento di proettili magici e mondani. Poi, i terribili Vielyka, i giganti delle Steppe, sferrarono una serie di devastanti cariche.

Alla fine il muro cedette di schianto, ma proprio in quell'istante si udì risuonare un corno da guerra.

A cavallo del proprio gigantesco Orso delle Nevi da battaglia, l'Imperatore della Rus in persona guidò la carica di un esercito immenso; Agli Orsi da Guerra si erano aggiunti anche i lanosi Mammut del grande nord, cavalcati dai Vielyka fedeli all'Imperatore; I Cavalieri di Città dell'Arcangelo a cavallo dei Simargl vendicarono la strage subita quasi due anni prima, facendo a pezzi i Draghi della Morte; I Velocissimi Cosacchi ballarono la loro danza letale in mezzo ai possenti, ma lenti cavalieri dell'orso; Poi, all'improvviso, uno stormo di Pegasi si abbatté sulla Legione Rossa e sull'Armata della Croce Uncinata.

I Pegasi battevano la bandiera dell'Aquila Bianca, e alla loro testa c'era un giovane con una corona alata sul capo.

Allora il Prete d'Acciaio mormorò un oscena preghiera al suo maligno signore, causando un vento innaturale che costrinse i Pegasi ad atterrare; a questo punto invocò il pieno potere delle tenebre, rivestendo la sua stessa pelle di metallo infernale; impugnando il suo mistico martello, l'Armeno ingaggiò il Re dell'Aquila Bianca Stefano II in un duello furibondo; alla fine, disarmato, Josif ricorse ad uno sporco trucco, lanciando sabbia in faccia al suo nemico; iniziò allora a recitare lo stesso anatema infernale con il quale aveva ucciso il padre di lui; ma il giovane Clerico Vagante che aveva accompagnato Stefano nell'esilio, Karol, pronunciò con autorità una preghiera di protezione; La Mano dell'Eterno si oppose alla sentenza di morte, bloccandola.

A quel punto, una voce tuonò: "lasciatelo a me!"

Stefano protestò "Ha ucciso mio padre, e mio fratello!"

Alessio annuì ma disse: "ha avvelenato il mio, e ucciso mia madre e mia sorella Natasha; inoltre, mi ha usato come un burattino, ingannando me e il mio popolo, per anni, come il suo maestro, Rasputin!"

Il Prete d'Acciaio si rialzò, follemente orgoglioso della disputa sulla sua vita; comunque, il suo pragmatismo tornò rapidamente.

Una nube di nebbia lo avvolse, nascondendolo alla vista; protetto dalla magia lasciò il campo di battaglia; Re Stefano si rifece, ingaggiando in una furiosa mischia Lord Berija, assassino di suo fratello Giovanni.

Morto Berija, le truppe rimanenti della Legione Rossa si arresero, mentre Lord Paulus era catturato da Lord Zhukov, che gli tagliò la ritirata.

Lord Vasilievsky, il comandante della Fortezza, che aveva guidato una sortita all'arrivo dei rinforzi, abbracciò il suo Imperatore; Oltre alla Legione Rossa, ben cinque Legioni del Terrore erano state sconfitte quel giorno. Un colpo gravissimo era stato sferrato all'Impero della Croce Uncinata."

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Capitolo XXXII: La Conferenza di Anfa

"Anfa, Berberia, quattordicesimo giorno del primo mese del quarantatreesimo anno.

Anfa era una città molto bella; principale porto del Regno di Berberia, sulla costa occidentale del Continente Meridionale, sede di un importante avamposto del Regno del Giglio, caduta in mano ai seguaci del Lord Protettore Petain.

Dopo la conquista di Nuova Cartagine, gli Alleati avevano facilmente riconquistato la città, che oggi ospitava un secondo grande incontro dei sovrani e comandanti dei Popoli Liberi; in quest'occasione, l'Arci-Episcopo Francesco Marchetti-Selvaggiani, Segretario del Sanctum Ufficium, e Alto Inquisitore, si presentò portando con se un cristallo azzurro; l'oggetto era noto come Cristallo della Memoria, e poteva essere usato per immagazzinare immagini e suoni, per poi proiettarli su di uno specchio.

"Ho deiso di mostrarvi tutto questo perché alle mie parole potreste non credere!" Disse, attivando il cristallo.

Le immagini che seguirono restarono impresse nella mente e nei cuori dei presenti. Videro immense fortezze, costruite in ossidiana e basalto, nere come l'inferno che le aveva partorite; in queste prigioni, centinaia di migliaia di individui, rei soltanto di appartenere a popoli e razze non disposte a lasciarsi schiavizzare, subivano indicibili sofferenze; orribili torture, raccapriccianti esperimenti arcani, violenze continue, i prigionieri erano trattati come animali, e dopo essere stati spremuti come limoni, morivano ed i loro corpi profanati per divenire soldati non-morti.

A quella visione, lord Eisenhower era impallidito; L'Imperatore Giorgio VI era furibondo; I delegati di razze non umane avevano il cuore gonfio per aver assistito alle sofferenze dei propri fratelli e sorelle.

"Quest'orrore va fermato!" Gridò Lord de Gaulle. "Immediatamente!" Aggiunse lord Molotov.

"Il più grande di questi orrori è nella mia terra!" Sottolineò lord Mochiky, rappresentante dell'Aquila Bianca.

"L'Esercito Libero aspetta giusto una missione per provare il suo valore!"

Lord Eisenhower annuì. "Si, daremo loro tutto il sostegno necessario, ma la Fortezza della Morte di Oshwice deve essere distrutta, e le sue vittime tratti in salvo; Inoltre, è necessario colpire gli ultimi due terrori al servizio del Furherr, che risiedono entrambi li. Lord Eichmann e lord Mengele devono essere catturati od uccisi!"

Oltre all'assalto alla Fortezza della Morte, durante la Conferenza fu anche deciso di attaccare l'Isola di Trinacria, parte dell'Impero del Sole; In segreto, infatti, lord Messe, per conto di Lord Badoglio, stava, ormai da mesi, trattando con i popoli Liberi; 

Un nuovo fronte stava per aprirsi, per il Tiranno."

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Capitolo XXXIII: La Riscossa del Nord

"Decimo giorno del secondo mese del quarantatreesimo anno, Muro di Mannerheim.

L'Impero del Nord aveva sopportato l'assedio per tre anni; grazie alla sua superiore marina, e alla potenza degli Elfi delle Nevi, suoi alleati, il Nord aveva retto ogni assalto, che si era infranto sull'impenetrabile Muro di Mennerheim; oggi, tuttavia, il Principe ereditario del Nord, alla testa del suo esercito, era intenzionato, con l'aiuto degli altri popoli liberi, a porre fine all'assedio.

A cavallo di uno splendido Pegaso dalle ali dorate, Gustav Adolf guidava un armata forte di cinquantamila uomini, inclusi i rinforzi arrivati dalla Rus; Fra i Giganti e i Troll della Fanteria d'assalto, e i Nani della Fanteria di difesa, poteva contare su una poderosa prima linea; Per prima cosa, i maghi del Nord e degli Elfi delle Nevi scatenarono una tempesta di neve, che ripulì il cielo dai Draghi della Morte; Poi, la cavalleria celeste del Nord, composta da carri trainati da possenti Caproni volanti, colpi duramente l'artiglieria arcana del nemico.

A quel punto, i Giganti e i Troll attaccarono, ingaggiando gli orchi e gli Ogre Alamannian in un furioso corpo a corpo; Alla fine, il numero e la potenza superiore dei Giganti e dei Troll del Nord ebbe la meglio.

Spezzata la prima linea nemica, l'esrcito del Nord avanzò; i Juggernaughts si infransero sull'inamovibile muro di scudi dei Nani, venendo poi trucidati da martelli frecce e spade.

Il Comandante Alamannian, Franz Bohme, detto Mano Rossa, fu colto totalmente di sorpresa; cercò di ripiegare a sud, ma la resistenza Norrena insorse; Quisling il venduto fu ucciso da un servitore nel suo palazzo; In Tutto il territorio della Terra del Pericolo le truppe Alamannian subirono attentati e assalti; finalmente, a pochi chilometri dal porto della Regina, Bohme fu costretto a dare battaglia.

Gustav Adolf lo ingaggiò in battaglia, Incubo contro Pegaso nei cieli del Nord,

Abile combattente, Bohme aveva però su di se lo stigma delle atrocità compiute; Il Nord non perdona gli empi, dice un vecchio proverbio, e mai come in questo caso fu corretto.

Durante lo scontro, fu una corrente d'aria improvvisa a fargli perdere l'equilibrio consentendo al Principe di mettere a segno un colpo letale.

Nello stesso momento, l'Ammiraglio Prior alla testa di una dozzina di Kraken, riconquistava i porti principali della Marca dei Dani, costringendo gli Alamannian alla ritirata."

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Capitolo XXXIV: La Sfida nel Deserto

"Dopo aver dimostrato la propria forza nel Grande Deserto, l'armata del Sole era stata la sciata in pace dalle truppe alleate; Prima di aprire le trattative con i Popoli Liberi Lord Balbo doveva porre fine alle schermaglie con i Libu.

Uno degli ufficiali più decorati dell'Impero del Sole nel Deserto era Sir Amedeo Guillet, il Diavolo delle Sabbie, comandante del Sesto Reggimento dei Corsieri; Costui aveva assunto il comando di una Tribù Libu che aveva conservato l'alleanza con l'Impero, grazie alla mediazione dello stesso Guillet.

Balbo sfruttò lo Status di Guillet di Capotribù per ottenere un abboccamento con Idir dei Sanus.

Il vecchio Capo Supremo dei Libu voleva impossssarsi di tutto il Deserto e anche dei possedimenti Imperiali sulla costa. Balbo allora fece in modo che Guillet esercitasse il suo diritto di capo; Guillet si alzò, lasciò il cerchio dei capi tribù, prese dell'acqua dall'anfora rituale e la versò di fronte a Idir; Idir mise un dito nel fango che si era formato, e se lo passò sulla fronte, accettando la sfida.

Siccome Idir era già avanti con gli anni, nominò suo nipote Asan campione.

I Libu avevano un tradizionale metodo non cruento di risolvere le controversi fra capi; era noto come Grande Corsa. Era una corsa a tre tappe in un pezzo di deserto particolarmente infido, in sella ai Buraq, i cammelli volanti.

La Corsa iniziò all'alba del quarto giorno del quinto mese del quarantatreesimo anno.

Era divisa in tre tappe; Nella prima una tempesta di sabbia, di origine sospetta, impedì a Guillet di emergere vincitore; Nella seconda comunque, Asan fece l'errore di ingaggiare Guillet in corpo a corpo poco prima del traguardo.

Guillet, veterano di mille battaglie, ebbe gioco facile a disarcionarlo, per sua fortuna, a bassa quota, vincendo la seconda tappa.

La terza tappa prevedeva che i contendenti sorvolassero un tratto di deserto infestato dai Mangiasabbia selvatici; Proprio in vista del traguardo, il Mangiasabbia più grande mai visto a memoria d'uomo, una bestia lunga più di trenta metri, che faceva apparire piccola anche la cavalcatura di lord Graziani, creata con la magia.

I Mangiasabbia così anziani e grossi, possiedono alcuni poteri mistici, come l'abilità di creare tempeste di sabbia.

La bestia in questione non esitò a creare un vortice per disarcionare i due contendenti; Guillet riuscì a resistere, ma Asan perse il controllo, precipitando nelle fauci della bestia.

Ma, all'ultimo momento, il coraggioso Guillet riuscì a salvare la vita al principe del deserto, e i due tagliarono insieme il traguardo.

Ammirato dal coraggio e dalla generosità di Guillet, Idir accettò le condizioni proposte da Balbo, permettendo al generale di proseguire le sue trattative, per liberare il regno del sole dal giogo del Duca."

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Capitolo XXXV: Lo Sbarco in Trinacria

"Nono giorno del settimo mese del quarantatreesimo anno.

Secondo gli accordi presi con gli alleati, Lord Balbo radunò le truppe scelte superstiti, escluse piccole guarnigioni locali; L'Invasione dell'Isola della Trinacria iniziò con un assalto della fanteria volante.

Le truppe dell'Impero del Sole ressero inizialmente; poi, Lord Balbo intervenne di persona, convincendo i comandanti ad arrendersi.

Il primo sbarco sbarco avvenne al porto di Città della Palude, difeso dal lord ammiraglio Leonardi; Le navi volanti Solariane furono sorprese dai fanti volanti Albionici, e la città fu catturata.

Meno fortuna ebbero gli Albionici nella cattura del fondamentale ponte del Primo Sole, ove furono sonorsmente respinti.

Presso la Città della Risata, gli alleati riuscirono a sbarcare; Lord Patton guidò i suoi possenti Tori Azzurri in un'ardita carica contro i Juggernaughts Alemannian.

Presso il Monte Encelado le truppe Alamanno-Solariane furono messe sotto assedio; fu a quel punto che il comandante Alamannian, Lord Kruger propose un orrorifica soluzione.

"Liberiamo Encelado, il Gigante di Fuoco, dalla sua montagna!"

Il Comandante Solariano impallidì:

"L'intera isola verrebbe distrutta; migliaia di innocenti perirebbero!"

L'Alamannian annuì, ma aggiunse:

"Però l'esercito invasore perirebbe con la Trinacria"

Lord di Maggio, comandante delle truppe del Sole, rifiutò.

"Io sono un soldato, non sono un assassino!"

A quel punto Kruger, infuriato, ricordò a di Maggio che lui aveva i pieni poteri: "Io ho carta bianca!" e di Maggio rispose in maniera scurrile ma efficace, indicando l'uso che Kruger poteva fare della sua "carta bianca"!

A quel punto il battaglione Alamannian e quello Solariano si diedero battaglia, e di Maggio uccise Kruger, che precipitò nella montagna di fuoco, mentre il Solariano venne salvato dall'Albionico Lord Henderson, che lo portò da Balbo, il quale condivise con lui il suo progetto; Di Maggio accettò, e, a questo punto, nelle varie città della Trinacria, i comandanti Solariani neutralizzarono i contingenti Alamannian e permisero agli Alleati il libero passaggio.

Il Duca accusò Lord Balbo di tradimento, sbraitò pubblicamente che lo avrebbe ucciso di persona, ma ormai il suo tempo era agli sgoccioli.

Il ventiquattresimo giorno del settimo mese, un pacco giunse a sua maestà Vittorio Emanuele III; Glielo mandava Balbo, per conto del defunto cugino Amedeo.

Nel frattempo però numerose truppe Alemannian iniziarono ad affluire dal Nord-Est nel Territorio dell'Impero del Sole."

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Capitolo XXXVI: La Caduta del Duca

"Venticinquesimo giorno del settimo mese del quarantatreesimo anno.

Quella riunione segreta era l'ultima di una lunga serie; quella sera, c'erano due ospiti inaspettati; uno era un uomo piccolo di statura, di età avanzata, carico di rimpianti; l'altro, era un uomo alto, aristocratico nel portamento, deciso nelle parole e nei gesti.

L'uomo piccolo parlò per primo: "Mi assumo la responsabilità di questo disastro! Io ho permesso a quell'uomo di trascinare il Regno del Sole nell'Abisso."

Un altro uomo, giovane ed alto di statura gli rispose: "Padre, avete la possibilità di rimediare; Siate quel Re che la nazione necessita!"

Vittorio Emanuele III, Re del Regno del Sole sospirò; poi però, rispose deciso: "lo farò, non importa il prezzo; ma come faremo ad attirare il Duca fuori dal suo palazzo-fortezza?"

A quel punto, l'uomo alto e aristocratico rispose: "Lo attirerò io!"

"Vostra Santità, ne siete certo?" Chiese uno dei presenti.

"Si, ho già provveduto, nel caso dovessi essere preso prigioniero!" rispose il Sommo Pontefice.

Poche ore dopo, il Duca ricevette la notizia che il Pontefice era uscito dalla Cittadella Benedetta; subito, il perfido stregone si recò sul posto; non portò nessuno con se, in parte perché conscio che nessuno, tranne lui, avesse il potere di contrastare il Sommo Pontefice dell'Ecclesia; in parte, perché, nella sua arroganza, voleva per se il merito di aver eliminato un pericoloso avversario.

Il Duca era un uomo massiccio, dal mento prominente, e dalla testa completamente rasata; Appena vide il pontefice, parlò, con voce carica di arcano potere di seduzione.

"Arrenditi!" Ma il Santo Padre scosse il capo. "Piuttosto, tu dovresti convertirti! Il tuo tempo è scaduto!"

Allora il Duca scagliò un proiettile di energia mistica contro il sacerdote; una semplice preghiera mormorata da Pio XII fu sufficiente a fermarlo. Il Pontefice alzò al cielo il suo pastorale gridando:

"Guai agli empi, l'Eterno scuoterà la terra e li rovescerà dai loro troni!"

Batté a terra il pastorale, e la terra tremò, facendo cadere il Duca; il Santo Padre allora pronunciò un nuovo anatema: "In nome del Figlio Salvatore, non muovere più un passo!"

Ma questa volta, il Duca era preparato, protetto dalla propria magia; rialzatosi, pronunciò un nuovo incantesimo, e all'improvviso, moltiplicò la sua immagine.

L'illusione sorprese il pontefice, e a quel punto, il Duca lanciò un globo infuocato contro di lui; ma quando il fumo si dissolse, il pontefice era illeso; Allora, con un gesto, il Pontefice invocò l'ira del cielo sul suo avversario; un Fulmine cadde su di lui, e solo le arcane protezioni impedirono che il Duca fosse incenerito.

Il Duca gesticolò, e l'oscurità gli avvolse. Mentre il Duca battagliava con il Sommo Pontefice, il vecchio Re Vittorio Emanuele ordinava l'arresto dei fedelissimi di quest'ultimo, e riprendeva il controllo della nazione.

A quel punto,Lord Kappler, leader delle Legioni della Croce Uncinata nella Città Eterna cercò di prenderne possesso.

Respinto con successo dagli abitanti stessi della Città, supportati dall'Esercito del Sole e dai Templari dell'Ecclesia, Kappler, prima di fuggire, diede fuoco alla città, e attaccò il palazzo reale; qui, Re Vittorio Emanuele, sostenuto dalle benedizioni dell'Ecclesia, e dalla magia del Mago di Corte, Lord Aquarone, nonostante l'età, la scarsa salute, e la piccola statura affrontò coraggiosamente l'Alamannian in singolar tenzone; Ma il valore da solo non basta; Kappler uccise il Re, venendo poi giustiziato, con la Spada di Eugenio, da Umberto II, mentre il Palazzo del Colle di Quirino andava a fuoco.

Frattanto, l'esile, ma nobile figura vesita di bianco del Sommo Pontefice Pio XII emergeva vittoriosa dalla lotta; l'anziano sacerdote era sfinito, ma il suo avversario giaceva a terra, svenuto; Pio XII fu soccorso dai Templari che presero in consegna il Duca Benito; Il Pontefice ordinò che tutte le campane dei templi dell'Ecclesia nella Città Eterna suonassero a festa, per celebrare la caduta del tiranno.

Subito dopo, però esse dovettero suonare a martello, perché la Città Eterna era in Fiamme, e poi a lutto, poiché molte vittime avevano pagato con la vita la libertà riconquistata.

Con la caduta del Duca l'Impero del Sole cessava di esistere; Il Regno del Sole dichiarava quindi guerra al Grande Tiranno, il quale non restò certo a guardare; Le Legioni del Terrore presero subito possesso della parte Settentrionale del Regno, aiutate dai fedelissimi del Duca.

Per il Regno del Sole iniziava una sanguinosa Guerra di Liberazione."

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Capitolo XXXVII: Tempesta nell'Oceano della Tranquillità

"Dopo le due disfatte subite via mare, la credibilità della flotta del Crisantemo aveva bisogno di essere puntellata; Per questo fu deciso di dare massima priorità all'invasione delle Province Unite d'Oriente.

Presso l'Isola dell'Orzo la Flotta Imperiale affronta nuovamente quella dei Popoli Liberi; Questa volta, alla guida della flotta del Crisantemo c'era il Lord Ammiraglio Takahashi, che decise di impiegare tutta la forza sovrannaturale disponibile; Gli Shugenja, i sacerdoti della religione nazionale del Crisantemo scatenarono gli spiriti del vento; Una terrificante tempesta investì la flotta degli alleati.

I Cavalieri del Crisantemo, a cavallo dei Raiju, non avevano alcun problema ad attaccare durante la tempesta, mentre i vari destrieri volanti dei Popoli Liberi erano impotenti; a questo punto, Lord Doorman sfruttò a pieno i Kraken e i vascelli sommergibili delle Province unite; con l'aiuto del Popolo del Mare, attaccò gli Yamatani dalle profondità.

Una squadra scelta di guerrieri riuscì a penetrare nello Yamatano ammiraglia di Takahashi, e a neutralizzare i sacerdoti.

Senza la copertura della Tempesta, Takahashi si trovò di fronte la cavalleria volante dei Popoli Liberi.

A quel punto, l'ammiraglio ordinò ai Cavalieri un attacco suicida; Un Raiju può esplodere in una tempesta di fulmini lanciandosi contro un avversario, se lo desidera; Molte navi alleate furono affondate, ma a quel punto, i sacerdoti e i maghi di bordo delle navi dei Popoli Liberi iniziarono a lanciare preghiere e incantesimi di protezione che resero inutili il sacrificio dei Cavalieri nemici.

Con gran parte della flotta affondata e buona parte della cavalleria volante perduta, lord Takahashi non poté far altro che ordinare la ritirata.

L'ultima grande offensiva dell'Impero del Crisantemo nell'Oceano della Tranquillità era finita; a quel punto, tutta l'iniziativa ad oriente passò nelle mani dei Popoli Liberi, che iniziarono a liberare le nazioni occupate dal Crisantemo."

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Capitolo XXXVIII: Ora e Sempre, Resistenza!

"L'occupazione da parte delle truppe della Croce Uncinata si fece sempre più spietata; In particolare contro i Soliani, ritenuti dei Traditori; ovunque però la resistenza al Tiranno si faceva più audace.

Nel Regno del Giglio, ogni giorno le truppe occupanti subivano attacchi dai Realisti, i partigiani di Re Enrico VI.

Nel Regno dell'Aquila Bianca intere città non erano ormai più sotto il controllo delle truppe Alamannian.

Nella Rus, i soldati Alamannian in ritirata subivano sia l'offensiva dell'Armata Imperiale che gli agguati dei Ribelli.

Nell'Ellenia, i ribelli si erano alleati con gli ex n emici del Regno del Sole, ed insieme avevano trasformato la Ribellione al Tiranno in in una vera e propria Guerra di Liberazione, aiutati dall'esercito ellenico dall'altra parte dello Stretto e dalle forze dei Popoli Liberi.

Nelle Sei Nazioni, le armate agli ordini di Re Pietro II approfittarono della lotta in corso fra Alamannian e Armata del Sole per calare dal Monte Nero; mentre Lord Broz logorava l'avversario, Lord Mihalovich e il Re riconquistavano una per una le città del Regno.

Il Grande Drago della Città degli Amanti guidò una sortita che spezzò il lungo assedio.

Finalmente, quando il Tiranno cercò di catturare la sua famiglia per obbligarlo ad una piena cooperazione, anche Boris VI di Turcaria ne ebbe abbastanza; ritirate le sue truppe dalle zone occupate dell'Ellenia e delle Sei Nazioni, dichiarò guerra al Tiranno, obbligandolo a lasciare la Dacia e la Pianura dell'Antica Stirpe.

Nell'Impero del Sole, l'Ecclesia era in prima fila nella Guerra di Liberazione; Lord Kesserling rispondeva ad ogni scacco subito con inusitata ferocia.

Ad un certo punto, la Croce Uncinata riuscì perfino a cingere nuovamente d'assedio la Città Eterna, e a liberare dalla segreta Fortezza del Monte Aspro il Duca, che prese il comando di ciò che restava delle Legioni di Ferro, ma di fatto era ormai un burattino del Grande Tiranno.

A sfidare Lord Kesserling giunse allora il comandante in Capo dell'Alleanza dei Popoli Liberi in persona, Lord Eisenhower.

Preso su due fronti Kesserling si dovette ritirare a nord, incaricando lord Graziani di coprirgli la ritirata.

Il Macellaio usò gli stessi mezzi impiegati contro i Libu e nell'Impero d'Ebano: ferro e fuoco, contro i suoi stessi compatrioti.

Alla fine, sir Alessandro Pertini, comandante in capo delle Brigate della Libertà, riuscì ad attirare Graziani in una trappola presso l'impenetrabile Monastero-Fortezza del Monte Cassino.

Qui, il crudele comandante, nonostante il suo mostruoso destriero, che grazie alla magia poteva mangiare anche la terra e la roccia, non riuscì a fuggire, questa volta; in una mischia furiosa, che costò la vita a decine di membri delle Brigate, il flagello dei Libu fu ferito a morte.

Senza Graziani, le Legioni di Ferro cessarono di essere produttive, ai fini del Tiranno; Kesserling dovette utilizzarle semplicemente per il controllo, sempre più difficoltoso del territorio.

Ovunque si alzava forte un grido: "Ora e Sempre, Resistenza!"

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Capitolo XXXIX: Il Consiglio di Ctesifonte

"Ctesifonte, Impero Persiano, Primo giorno del primo mese del quarantaquattresimo anno.

Ctesifonte era la perla d'Oriente; Capitale dell'Impero Persiano da tempo immemore la città aveva tutto il fascino esotico dell'Oriente. Ma i sovrani e i generali li riuniti non erano in visita di piacere.

"Abbiamo sconfitto il Tiranno su tre fronti, ora dobbiamo completare l'accerchiamento!" Affermò sicuro l'Imperatore Giorgio VI.

Gli fece eco Alessio II "sicuro; il prossimo passo, e la liberazione del regno del Giglio!"

Re Enrico VI annuì. "Da troppo tempo, ormai, il mio regno giace sotto il giogo del tiranno!"

Lord Eisenhower allora disse "Siccome il Nemico si aspetta l'attacco dall'Andalusia, io propongo di sbarcare nel Regno del Giglio da Nord, dal Ducato di Vikingia."

La proposta fu accettata senza riserve.

Fu poi discusso il secondo punto all'ordine del giorno, l'assalto alla Fortezza della Morte di Oswiece.

Nell'ultimo semestre, decine di stazioni del Teletrasporto collegate con le fortezze erano state bombardate dalle Navi Volanti dell'alleanza, per rallentare l'afflusso di prigionieri a quegli orribili luoghi.

Ma Oswiece continuava a straripare di vittime, nonostante l'alta mortalità; era necessario distruggere quella vergogna, e farlo al più presto.

Infine, come terzo punto si discusse l'appoggio ai Cavalieri della Rosa Bianca, un ordine segreto nato nell'Alamann per rovesciare il tiranno; lo animava l'Arci-Episcopo di Citta del Monastero, Clemens-August von Galen, il Leone del Monastero.

Egli si era opposto fin dall'inizio al Tiranno, e aveva di fatto separato la città dal resto dell'Alamann, proteggendola dalla Croce Uncinata con la forza incrollabile della propria fede.

Della Rosa Bianca facevano parte alcuni nobili Alemannian, compreso Lord Rommel, e Lord von Stauffenberg, membri delle Legioni del Terrore, ma fedeli al deposto Imperatore Guglielmo II e al suo erede Guglielmo III; dopo un'accorata orazione di quest'ultimo, fu garantito l'appoggio dell'Alleanza dei Popoli Liberi al piano."

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Capitolo XL: Lo Sbarco in Vikingia

"Penisola dell'Armorica Settentrionale, sesto giorno del sesto mese del quarantaquattresimo anno.

Sulle spiagge della Vikingia, mentre il nemico si era asserragliato sui Monti Infilzacielo, sbarcò un armata immensa.

Tutti i Popoli liberi avevano contribuito alla possente armata; dal Tawantinsuyo all'Impero del Dragone, dall'Impero del Nord, al lontano Impero Bantù nel sud, dagli Elfi delle Nevi ai Djinn del deserto, tutte avevano aderito all'appello.

Il primo a sbarcare fu Enrico VI, Re del Regno del Giglio, in esilio da quattro anni; accanto a lui, i fidi Comandanti dell'Ordine dei Paladini del Giglio, Charles de Gaulle e dei Balestrieri, Philippe d'Hautecloque.

Ovviamente, non potevano mancare i fidi Ippogrifi, fedeli cavalcature dei Paladini.

La Cavalleria pesante era costituita da numerosi animali enormi, dagli Shedim Babilonesi ai Tori Azzurri neo-Albionici. Non sfiguravano, una volta equipaggiati in splendenti corazze, nemmeno i Centauri Ellenici.

Lord von Bock, comandante delle Legioni del Terrore, una volta saputo dello Sbarco, ripiegò in forze, subendo quindi l'invasione di una seconda armata, dall'Andalusia.

Von Bock e Lord Petain, Reggente del Giglio, si diressero dunque contro l'Armata alleata.

Il ventottesimo giorno del sesto mese, dopo aver sfondato le coriacee resistenze delle Legioni stanziate in Vikingia, l'Armata dei Popoli Liberi marciàsulla città delle Luci; a metà strada furono intercettati dalle Legioni del Terrore, e dall'Armata del Giglio Nero, fedele a Petain.

Come lord von Bock sperava, la visione dello stendardo personale di Petain fece ribollire il sangue a Re Enrico VI.

"Petainnn!" La sua voce, magicamente amplificata, risuonò su tutto il campo di battaglia; in groppa al suo Ippogrifo, Gioiosa sguainata, si lanciò contro il traditore assassino.

Era una trappola, ovviamente: dieci Draghi della Morte, occultati magicamente si strinsero su di lui come maglie di una rete, ma, quando tutto sembrava perduto, enormi macchine sostenute da palloni ovali, sospinte dalla magia, apparvero nel cielo.

Un alleato imprevisto si era aggiunto, e la sua artiglieria arcana fece a pezzi i Draghi della Morte; sulle fortezze volanti spiccava un'aquila, un giglio bianco e una N, coronate d'alloro; era l'Impero del Giglio Nuovo, che dopo oltre centoventi anni rompeva l'isolamento, e, guidato dal Principe Jéromé Napoleon Bonaparte, erede al trono, correva in soccorso dei Popoli Liberi.

Finalmente, era giunto il tempo, per Enrico VI, di fare i conti con Petain.

Il traditore sembrava se possibile ancor più vecchio ed emaciato; la magia oscura che gli permetteva di combattere ancora, alla sua età, esigeva un prezzo molto elevato, dalla sua anima.

Finalmente il duello ebbe inizio, lama contro lama Gioiosa contro la spada di Petain.

Subito apparve chiaro che vi era qualcosa di particolare nella spada del Reggente; nessuna spada normale poteva, infatti, sopportare a lungo gli assalti di Gioiosa.

Con orrore e disgusto Enrico comprese quale sacrilegio avesse commesso Petain "Philippe! Non è proprio rimasta in voi nemmeno un ombra di decenza? Profanate la Durlindana, la spada degli eroi e dei Santi! Con quale maleficio l'avete piegata al vostro volere?" Chiese il sovrano, mentre schivava gli affondi del nemico.
"Una spada non è che uno strumento! Un abile mano può rendere suo anche lo strumento peggiore!"

L'elsa della spada era coperta di Croci Uncinate.

Tuttavia, quando Gioiosa e Durlindana si scontravano, un suono, soave ma triste, si levava; allora, gocce simili a lacrime caddero da Gioiosa, e lavarono le Croci Uncinate dall'elsa di Durlindana; subito essa si ribellò al suo indegno portatore; Enrico si rifiutò di trafiggere un uomo disarmato, e gli offrì la resa.

Petain, allora, stava per lanciargli lo stesso pugnale con il quale aveva ucciso Giovanni III; ma Durlindana danzò e pose fine ai giorni del traditore.

Intanto von Bock, circondato, si arrese, e Re Enrico VI e l'armata dei Popoli Liberò entrarono nella Città delle Luci, fra il giubilo della popolazione."

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Capitolo XLI: Il Giorno della Valchiria

"Ventesimo giorno del settimo mese del quarantaquattresimo anno..

Il Giorno della Valchiria era un'antica festa celebrata sin da prima della conversione degli Alamann alla Fede dell'Ecllesia; In quel giorno tradizionalmente, gli Angeli della Battaglia che portano i morti gloriosi nel paradiso, scendono sulla terra per premiare i valorosi; In realtà le Valchirie sono un popolo simile alle Amazzoni, che vive in un inaccessibile reame nascosto sotto il Fiume dell'Oro; Come le Amazzoni Elleniche, una volta all'anno le Valchirie lasciano la loro valle di sole donne per incontrare i propri compagni e figli maschi; Da undici anni ormai, le Valchirie avevano interrotto tale abitudine, portando i propri compagni e figli al sicuro nel Regno di Valhalla.

Quello fu il giorno scelto dall'Ordine della Rosa Bianca per cercare di uccidere il Tiranno; per farlo fu necessario preparare l'esecutore, lord von Stauffenberg; Egli fu munito di potenti talismani, atti a impedire al demone di percepire il pericolo.

Poi, egli si preparò al sacrificio; Conscio che quest'azione gli sarebbe costata la vita, il valoroso cavaliere chiese ed ottenne, durante le celebrazioni del giorno della Valchiria udienza privata al Tiranno.

Von Stauffenberg era un acclamato eroe di guerra, e il Tiranno decise di concedergliela.

Dell'uomo chiamato Adolf, dopo venti anni di possessione non era rimasto che il guscio.

Un'aura di palpabile malvagità lo avvolgeva come un'armatura, dandogli un aspetto allo stesso tempo maestoso ed inquietante.

La sua voce era falsamente cordiale; ogni parola trasudava arroganza e minaccia.

"Ha, Claus, nostro fedele figlio!" Disse il demone, con un sorriso più spaventoso delle fauci di una tigre.

"Ci hai chiesto udienza, e siamo ansiosi di ascoltarti!"

Disse, seduto su un trono fatto di teschi e ossa rivestiti di ferro.

Ora era il momento di agire. Von Stauffenberg, inginocchiato afferrò la mano del Tiranno, e mentre la baciava pronunciò le sue ultime parole: "Il mio unico signore, è l'Eterno, il Salvatore, e lo Spirito d'Amore!"

Le Rune mistiche incise nel suo corpo liberarono il più potente esorcismo mai formulato; tutte le opere del Tiranno nel palazzo furono distrutte, e coloro che volontariamente lo servivano morirono.

Ma l'Eterno ebbe pietà del povero von Stauffenberg; e l'esplosione non lo uccise; egli fu invece portato al sicuro; Il Santuario della Croce Uncinata, dove il Demonio risiedeva, crollò in una fiammata azzurrina.

Per un istante, dovunque, si pensò che il male fosse stato vinto.

Purtroppo non era così giacché, nella terra dell'Aquila Bianca, presso la Fortezza un tempo denominata Nido delle aquile, oggi ribattezzata Tana del Lupo, Erwin Torre custodiva un frammento del corpo del Tiranno; nell'istante in cui esso fu distrutto a Città dell'Orso Nero, capitale Alamannian, rinacque li, furioso e più malvagio che mai.

Tuttavia, approfittando della momentane debolezza del Nemico, in tutto il mondo le forze dei Popoli Liberi avanzarono.

I fedeli del Tiranno, con i loro eserciti, decisero allora, usando mezzi sia mistici che mondani, di raggiungere il loro signore, per proteggerlo il tempo necessario per riacquistare i pieni poteri.

In Alamann, esplose la violenza, fra i sostenitori di Fuhrerr e quelli dell'Imperatore Guglielmo III, che fece ritorno nella sua capitale, e uccise il crudele siniscalco del Tiranno, Lord Bormann.

Nel Regno del Sole, Lord Kesselring fu messo in fuga dall'insurrezione generale di tutte le città.

Ormai il tempo del Tiranno giungeva alla fine."

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Capitolo XLII: La Vittoria della Vita

"Oswiece, Regno dell'Aquila Bianca, settimo giorno dell'ottavo mese del quaranta quattresimo anno.

La Fortezza della Morte di Oswiece era immensa; una prigione grande come una città, una città interamente dedicata ad un solo scopo: spezzare i suoi prigionieri nello spirito e nel corpo, e trasformarli in cadaveri da usare come soldati.

Dopo lo scacco subito dal Tiranno nel giorno della Valchiria, l'Esercito Libero dell'Aquila Bianca era insorto; gli occupanti erano ormai assediati in due principali piazzaforti; una era l'inespugnabile Tana del Lupo; l'altra, era proprio la Fortezza della Morte.

Comandante delle Legioni della Fortezza era il Terrore della Terra, lord Eichmann; a lui si era da tempo unito il potentissimo Negromante Mengele, il Terrore dell'Acqua.

Seguendo gli ordini del loro signore, i due erano pronti a resistere fino alla morte.

Lord Komorowsky, dopo aver liberato la Città del Pescatore dalla Croce Uncinata si era unito al suo Re, Stefano II e alle armate alleate, e aveva cinto d'assedio la nefasta fortezza.

Ad iniziare le ostilità furono gli assediati; Lord Eichmann ordinò ai Draghi della Morte di fare un'incursione nel campo degli assedianti, mentre una raccapricciante armata di cadaveri animati fece una sortita.

A quel punto, la cavalleria volante guidata dal Re Stefano in persona ingaggiò il nemico in aria, abbatttendone la maggior parte.

Al suolo, invece, intervennero i vari sacerdoti, coadiuvati dalle agguerritissime Ninfe delle Acque, desiderose di liberare, o, almeno, vendicare, i propri congiunti prigionieri nella fortezza.

L'offensiva fu respinta ma l'attacco alla fortezza fu infruttuoso; per sette giorni, quelle mura nere non subirono nemmeno un graffio.

All'alba dell'ottavo giorno però, gli assedianti udirono rumori di battaglia provenire dall'interno delle mura.

Komorwsy si avvide immediatamente di ciò che stava succedendo, ed ordinò l'attacco.

Il sagace condottiero dell'Aquila Bianca non si era sbagliato; era in corso una ribellione dei prigionieri della fortezza.

Finalmente, le mura cedettero, e le truppe dei popoli Liberi entrarono nell'abominevole prigione.

Allora Komorowsky si diresse verso Lord Eichmann che, armato di mazza ferrata, stava seminando morte intorno a se; la terra stessa tremava sotto i suoi passi.

Ma prima che potesse ingaggiarlo, fu quasi ucciso da un getto d'acqua ad altissima pressione; davanti a lui, pallido, del tipico pallore dei morti, ma con occhi sinistramente vivi, si stagliava Mengele in persona.

Egli era stato un tempo un Taumaturgo, un esperto di magia curativa, uno dei migliori del suo tempo; ma la brama di conoscenza aveva ben presto superato in lui il desiderio di aiutare il prossimo.

Così, aveva volto le sue ricerche alla Negromanzia, e aveva stretto un patto con il Tiranno, per ottenere maggiori poteri.

Oggi, di lui restava ben poco di umano; proprio con la fredda furia di un abominio non-morto, Mengele diresse i suoi strali arcani su Komorowski, straziandone le carni.

Ma ecco, uno dei prigionieri, pallido e magrissimo, straziato nelle carni, si chinò su un giovane sacerdote dell'Ecclesia morto, mormorò una preghiera per la sua anima, poi si alzò, prendendo con deferenza il crocifisso dalla sua mano.

Nel suo volto, emaciato e sofferente, non c'era ne odio ne disperazione, solo un'immensa compassione.

Quando parlò, tutti lo udirono, nonostante egli sussurrasse, nel frastuono della battaglia?"

"Dov'é, o morte la tua vittoria? Spezzato è il tuo pungiglione!" 

Una luce azzurrina si sprigionò dall'uomo, che si accasciò al suolo, consumato dallo sforzo.

In tutta la fortezza, i non morti caddero in polvere, un espressione serena sul loro volto; I soldati viventi della Croce Uncinata, invece urlarono di dolore mentre provavano su di se le sofferenze arrecate al prossimo; Mengele e Eichmann, in particolare sembrarono impazzire dal dolore.

Il primo infierì sull'indifeso sacerdote che tanto dolore gli aveva arrecato.

Komorowsky non poté far altro che ucciderlo subito dopo, ma l'eroico sacerdote, il cui nome scoprirà essere stato Maximillian Kolbe, ormai era nella pace dell'Eterno.

Eichmann fu ingaggiato da un altro valoroso prigioniero, anche lui visibilmente provato da lunghi tormenti; Uno dei soldati lo riconobbe.

Era il Duca Leopoldo III delle Terre Allagate, catturato dopo la caduta di Calle dei Re.

Grazie al sacrificio di padre Kolbe, Eichmann era pesantemente indebolito, reso cieco e lento dal dolore; alla fine, il Duca lo trafisse a morte.

Le truppe della Croce Uncinata si arresero, e la Fortezza della Morte fu vuotata di tutte lesue vittime, e rasa completamente al suolo; con le sue pietre, fu costruito un sacrario, alla memoria dei caduti.

Era stata una vittoria sofferta, ma alla fine, la vita, rappresentata da un giglio bianco, sorto sotto il monumento, aveva prevalso sulla morte."

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Capitolo XLIII: La Battaglia della Nebbia d'Autunno

"Passo dei Colli Nebbiosi, Province Unite Decimo Giorno dell'Undicesimo mese del quarantaquattresimo anno.

Dopo la caduta della Fortezza della Morte di Oswiece, le rimanenti forze d'occupazione Alamannian nel Regno del Giglio si ritirarono nelle colline delle Province Untite Meridionali, per tentare una controffensiva, il cui scopo era concedere più tempo a Lord Fuhrerr, prima che su di lui si chiudesse l'assedio di tutte le forze dei Popoli Liberi.

Lord Kesselring, dopo essersi ritirato in fretta e furia dal Regno del Sole, non era disposto a concedere altro terreno.

Sapeva che, se le piazzeforti della Croce Uncinata che ancora resistevano nell'Impero Alamann venivano sopraffatte, lui sarebbe stato preso su due fronti, di conseguenza decise di prendere l'iniziativa, approfittando delle nebbie autunnali.

Inizialmente, le Legioni del Terrore presero di sorpresa gli alleati; tuttavia, dopo alcune brillanti vittorie, i Juggernaughts caddero in una trappola, venendo annientati dalle truppe al comando di Lord de Gaulle.

Dopo una serie di schermaglie fra le avanguardie, le due armate vennero finalmente allo scontro decisivo.

Kesselring era brillante nella strategia difensiva e riuscì a trarre il massimo dalla propria posizione; negli spazi stretti i numeri superiore servono a poco, e la superiorità aerea, garantita dai Draghi della Morte e dall'artiglieria arcana, era sufficiente a garantire il vantaggio tattico a Kesserling.

A quel punto, iniziò una serie di assalti aerei, da lui stesso coordinati, in sella del suo speciale destriero, metà Drago della Morte, metà Incubo.

Ma, ad un certo punto, quando i Popoli Liberi erano ormai sul punto di ripiegare, accadde l'imprevedibile.

Le armate della Croce Uncinata furono attaccate alle spalle dal riformato esercito delle Province Unite, guidate dal duca Charles, fratello di Leopoldo III. il quale esercito emerse dal folto della Nebbia d'Autunno.

Colto impreparato, Kesselring si trovò nella situazione in cui aveva sempre desiderato non trovarsi mai.

Era circondato; desideroso di risparmiare i suoi uomini, ma restio a tradire il suo signore, ordinò alla maggior parte di loro di arrendersi alla sua morte.

Dopodichè guidò un ultima carica disperata; Riuscì ad uccidere Lord d'Hautecloque, ma solo a ferire Lord de Gaulle, prima di essere ucciso.

A quel punto, la via dell'Alamann si apriva alle armate dei Popoli Liberi, che aiutarono Guglielmo III a riconquistare il proprio impero, prima di marciare sulla Tana del Lupo."

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Capitolo XLIV: La Battaglia dell'Isola dello Zolfo

"Isola dello Zolfo, Arcipelago del Crisantemo. Sesto giorno del Primo Mese del quarantacinquesimo anno.

Ormai, Lord Tojo sapeva che la guerra era perduta; ma il suo signore Mikaboshi gli aveva ordinato di tenere impegnate le forze ad oriente.

Le truppe del Crisantemo erano state respinte da tutti i regni invasi, e, praticamente, l'Impero era ormai sotto assedio.

Quella era la battaglia decisiva, per combattere la quale, Tojo aveva radunato tutte le forze a sua disposizione.

Aveva deciso di guidare personalmente l'armata imperiale; Gli ordini erano precisi, ciascun comandante e ciascun soldato aveva giurato di combattere fino alla morte, e perfino oltre e la magia nera aveva reso il giuramento infrangibile.

La flotta imperiale era ormai fortemente indebolita, e non fu un grosso ostacolo per quella dei popoli liberi; ma a terra, le cose cambiarono; ben presto, con orrore e raccapriccio, i soldati del popolo libero capivano che, appena morti, i nemici si rialzavano come non morti, e continuavano a combattere, finché il loro corpo non veniva distrutto.

Sulla plancia della nave, il neo-albionico Lord Mac Arthur propose all'Ammiraglio Doorman, comandante supremo degli alleati ad oriente, di utilizzare contro l'isola una arma segreta: "un mago d'origine Solaniana conosce la Formula Totale."

Essa era un'antica formula proibita, che poteva annientare intere nazioni; ma Doorman aveva imparato la lezione di Yamamoto; tale formula aveva in tempi antichi cancellato un intero continente, "No, lord Mac Arthur, non macchierò la mia anima con un tale delitto!"

Invece, ordinò ai sacerdoti di invocare una potente preghiera, un esorcismo che restituì al regno dei morti coloro che vi appartenevano.

A quel punto, Mac Arthur stesso sfidò Tojo, a cavallo del suo Raju, a singolar tenzone.

Mac Arthur era una persona determinata, a volte persino spietata, ma era un ottimo comandante, e un valoroso combattente; Tojo dall'altro lato, era un pessimo comandante, e un mediocre combattente, fra l'altro sleale ma aveva tutta una serie di vantaggi soprannaturali che l'avversario non aveva.

Alla fine il duello non sembrava avere sbocchi, e la battaglia sembrava destinata allo stallo, quando nel cielo comparve un cocchio dorato, trainato da Colombe bianche; su di esso vi era Showa Tenno in persona, l'Imperatore del Crisantemo; erano bastati pochi giorni di lontananza di Tojo dalla capitale per permetere all'Imperatore di riprendere il potere.

Egli annunciò la fine del conflitto, e Tojo, per questo, tentò di assassinarlo venendo ucciso dai suoi stessi uomini.

La guerra ad oriente era finita, ma il Nemico aveva ancora terribili sorprese in serbo."

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Capitolo XLV: La Battaglia Finale

"Tana del Lupo, Regno delle Aquile, nono giorno dell'ottavo mese del quarantacinquesimo anno.

Era ormai più di un anno che le forze del male si erano asserragliate nella Fortezza; antiche magie, pervertite dall'influsso del maligno, impedivano ad ogni assalto di essere mosso.

Intorno alla fortezza s'era radunata la più grande delle armate; da ogni nazione e da ogni popolo, venivano i valorosi giunti fin laggiù, per debella re la minaccia del Tiranno.

Perfino quelle nazioni che non erano state coinvolte dalla guerra, come il Regno degli Uomini dei Cespugli, avevano inviato truppe; i piccoli uomini erano guidati dal Grande Re Pau II in persona.

I cieli erano affollati, decine di specie diverse, a testimoniare il numero e la varietà di coloro che erano la riuniti.

La forza del Maligno cresceva, e quel giorno, egli decise di attaccare.

Un orda di Demoni, evocata direttamente dalle profondità infernali emerse dai meandri della fortezza, e travolse le recinzioni dell'accampamento degli assedianti, come un fiume in piena.

Tutti i soldati, dal più grande dei Re, all'ultimo degli scudieri, combatterono con immenso valore, e alla fine del giorno, l'orda infernale era stata ricacciata nel luogo dal quale proveniva.

Ma quando la notte fu profonda, un'altra armata marciò contro gli eroici rappresentanti dei Popoli Liberi.

Sembrò che fossero stati profanati tutti cimiteri del mondo, tanti erano i cadaveri che quella notte combatterono nel nome del Nemico.

Quando gli Alleati furono sul punto di essere sopraffatti, i sacerdoti iniziarono a cantare un inno di preghiera.

Pregavano in lingue diverse, in modi diversi, perfino per divinità diverse, ma il loro cuore era uno, ed uno fu il segno che videro nel cielo; la luce illuminò a giorno la notte, e una voce di donna mormoro,con il tono di una madre premurosa "non abbiate paura!"

Fu questione di un istante, ma la luce diede ai combattenti per la libertà la forza per reagire.

All'alba, il nemico mandò una terza armata, composta dicoloro che l'avevano raggiunto; molti conti furono saldati quel giorno; Stefano II con Guderian, Alessio II con il Prete Rosso, Guglielmo III con lord Himmler, il Vicario del Tiranno, e Umberto II con il Duca Benito.

Molto sangue era stato versato, quel giorno; ma il Nemico non è mai sazio di dolore.

Quando anche Erwin Torre fu caduto, egli stesso scese in campo; falcidiò a migliaia i soldati che valorosamente lo affrontarono.

Con voce terribile tuonò: "Inginocchiatevi di fronte a me, vermi! Io sono il dio di questo mondo!"

Quelle parole riempirono di sdegno il cuore dei presenti.

"Tu non sei il mio Dio!" Rispose l'Imperatore Giorgio VI.

Gli fecero eco tutti i Re e i sacerdoti; e dal cvielo, una luce lo illuminò.

Caedwiden cantò e come aveva detto Myriddin, in un tempo lontano: "Chi impugna Caedwiden, per giusta causa, non può essere sconfitto!"

E Giorgio VI trafisse il Tiranno, ed un fulmine cadde dal cielo e lo colpì attraverso la spada, e la terra si aprì sotto di lui inghiottendolo lasciando solo la spada dei re al suo posto.

Un grido di giubilo si levò dalla terra stessa, in tutto il mondo;

La Guerra del Grande Tiranno, che milioni di vite aveva mietuto, era finita; una nuova era cominciava per l'umanità!"

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Epilogo

Dopo la guerra, si riunirono tutti i Re dei popoli liberi nella Città delle Luci, e discussero a lungo, affinché una simile sciagura non potesse più ripetersi.

Poi, suggerimento del Sommo Pontefice, fu deciso di creare un consiglio permanente di sovrani, il Consiglio dei Re, che prevenisse dissapori e mediasse i contrasti.

"Ma se ogni specie avrà il suo re," fu chiesto "chi rappresenterà gli uomini?"

Ed ecco, uno dopo l'altro, tutti i sovrani degli Uomini gridarono: "L'Imperatore degli Uomini!"

Seduta stante, essi incoronarono Giorgio di Albion, e fondarono il Settimo Impero degli Uomini.

Ebbe così inizio una nuova era, in cui il mondo conobbe meraviglie, pace e prosperità.

Ma qui, amici miei, si ferma la mia cronaca.

Che l'Eterno vi benedica, e mai più sorga un grande Tiranno."

Tommaso Mazzoni

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Potete scaricare l'intera opera in formato .pdf cliccando qui. Per farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.


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