Psichiatra, antropologo e criminologo del XIX secolo. Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835. Precoce osservatore, introverso e molto sensibile, cambia decisamente crescendo, plasmato dalla personalità della madre, donna di grande cultura, forte, volitiva e risoluta. E’ lei che lo porta per qualche tempo a Chieri presso la propria famiglia di ricchi imprenditori e proprietari, in contatto con i fermenti politici del Piemonte di quegli anni, dove Cesare conosce il cugino materno David, patriota mazziniano e scrittore, di cui receperirà l’intolleranza e l’irrequietezza intellettuale.
Notevole peso sul giovane hanno anche le vicende patrimoniali della famiglia paterna, colpita da grave dissesto economico; si sviluppa così un aperto disaccordo col padre, religiosissimo ma poco abile negli affari. Incaricato di un corso sulle malattie mentali all'università di Pavia nel 1862, divenne in seguito (1871) direttore dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e professore di igiene pubblica e medicina legale all'università di Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di antropologia criminale (1905).
Seguace e assertore del metodo positivistico, che lasciò una notevole traccia nelle varie branche medico-biologiche, Cesare Lombroso compì studi di medicina sociale che costituiscono una delle fonti principali della legislazione sanitaria italiana. Ma il suo nome resta legato soprattutto all'antropologia criminale, di cui è ritenuto il fondatore, insieme con la "scuola positiva del diritto penale", in cui influenzò le teorie poi sviluppate da E. Ferri.
Cesare Lombroso sostenne che le condotte atipiche del delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da componenti ambientali socioeconomiche (di cui non riconobbe però il vero peso), da fattori indipendenti dalla volontà, come l'ereditarietà e le malattie nervose, che diminuiscono la responsabilità del criminale in quanto questi è in primo luogo un malato. La cresta occipitale interna del cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide talvolta in due rami laterali che circoscrivono una "fossetta cerebellare media o vormiense", che dà ricetto al verme del cervelletto. Questa caratteristica anatomica del cranio è oggi chiamata fossetta di Lombroso: egli riteneva si trattasse di un carattere degenerativo più frequente negli alienati e nei delinquenti, che classificava in quattro categorie: i criminali nati (caratterizzati da peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche), i criminali alienati, i criminali occasionali e quelli professionali.
In Genio e follia (1864) Lombroso sostenne che le caratteristiche degli uomini di genio vanno ricercate nella loro anormalità psichica; quest'opera fu considerata un classico della scienza positivistica ed ebbe enorme fortuna.
Altri scritti di Lombroso furono La medicina legale dell'alienazione (1873); L'uomo criminale (1875); L'uomo delinquente (1879); L'antisemitismo e le scienze moderne (1894); Il crimine, causa e rimedi (1899), sintesi dei lavori precedenti.
A Torino lo studio di Lombroso era presso la Facoltà di Medicina Legale, dove effettuò centinaia di autopsie sui corpi di criminali, prostitute e folli. Fondò poi il Museo di Antropologia Criminale di Torino, che raccoglie i materiali di tutte le sue ricerche (da cimeli a reperti biologici, da corpi di reato a disegni, da manoscritti a fotografie e strumenti scientifici).
Alla sua morte, avvenuta a Torino nel 1909, Lombroso volle che la sua salma fosse consegnata a questo museo così che il genero, divenuto nel frattempo suo assistente, vi potesse effettuare una regolare autopsia, esattamente come aveva sempre fatto lui sui corpi che gli venivano affidati. Lombroso intendeva così significare che la scienza e la morte ignorano le differenze sociali. Attualmente il Museo di Antropologia Criminale non è visitabile, ma è in corso di definizione un progetto per la costituzione del Museo dell'Uomo.