PRIMO CASO DI SCIENZA PATOLOGICA

... nel caso di Blondlot entriamo nell'ordine del patologico. Perchè lui non smetteva di crederci, li aveva visti davvero, i raggi N. E anche i suoi sostenitori non smettevano di crederci, continuavano a lottare anche dopo lo smacco imposto loro da Wood.

Essi affermavano che per osservare i raggi N occorreva essere dotati di particolare sensibilità.
Alcuni sostenitori arrivarono all'eccesso, sentenziando che solamente le razze latine possedevano questa sensibilità. Le capacità percettive degli anglosassoni erano compromesse dalla continua esposizione alla nebbia e quella dei tedeschi dall'uso continuo della birra.

Blondlot restò fedele alla sua convinzione e rifiutò persino di sottoporsi a un esperimento decisivo, che venne proposto dalla rivista francese Revue Scientifique, e che avrebbe definitivamente chiarito la questione dei raggi N.

Egli, nel 1906, così si espresse:

"…i fenomeni in questione sono troppo delicati. Lasciamo che ciascuno si formi la sua opinione personale sui raggi N, o in base ai propri esperimenti o in base a quelli di altri in cui egli abbia fiducia."

Blondlot andò in pensione nel 1909 e morì a Nancy nel 1930 ancora convinto e, per la verità, anche un po’ fuori di testa. O almeno così si diceva nell’ambiente. Rimane però un mistero: che cos’aveva visto il buon Blondlot, che certo non era un cretino, nel 1903?

Blondlot, secondo un’interpretazione moderna, era stato vittima di un effetto fisiologico.

Nel nostro occhio ci sono i coni e i bastoncelli: cellule con scopi diversi. I coni ci fanno vedere a colori e i bastoncelli in bianco e nero. Ma i bastoncelli sono più sensibili: ecco perché di notte vediamo in bianco e nero. Al centro dell’occhio ci sono solo i coni. Sul bordo ci sono entrambi. Allora, nel buio, quando tu osservi direttamente un oggetto non lo vedi bene. Ma se guardi lì accanto, senza puntarlo, ecco che magicamente appare, rivelato dai bastoncelli laterali. Se sposti lo sguardo da una sorgente luminosa, ecco che ti appare più brillante. E’ un trucchetto che spesso usano gli astrofili, quando al telescopio osservano un oggetto molto debole. Si chiama “visione distolta”.

Duplice morale della favola: anzitutto sta’ attento all’autosuggestione, e poi, anche se ti sbagli, cent’anni dopo ci sarà qualcuno pronto a dare una spiegazione razionale, magari imparando qualcosa di nuovo sulla fisiologia umana.