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« Il fenomeno meccanico più ovvio negli esperimenti elettrici e magnetici è l'attrazione mutua mediante cui i corpi, in un certo stato, si pongono reciprocamente in moto quando si trovano ancora a una distanza sensibile uno dall'altro. Il primo passo, quindi, nel ridurre questi fenomeni nella forma scientifica è quello di accertare la grandezza e la direzione della forza che agisce tra i corpi, e quando si trova che questa forza dipende in un certo modo dalla posizione relativa dei corpi e dalle loro condizioni elettriche o magnetiche sembra, a prima vista, naturale spiegare i fatti supponendo in ciascun corpo l'esistenza di qualcosa, sia in quiete sia in moto, che costituisca il loro stato elettrico o magnetico e che sia capace di agire a distanza secondo le leggi matematiche.

In questo modo sono state formulate le teorie matematiche dell'elettricità statica, del magnetismo, dell'azione meccanica fra conduttori di corrente e quelle dell'induzione di corrente. In queste teorie la forza che agisce fra i due corpi viene trattata con riferimento soltanto alla condizione dei corpi e alla loro posizione relativa, senza alcuna considerazione esplicita del mezzo che li circonda.

Queste teorie ammettono, più o meno esplicitamente, l'esistenza di sostanze le cui particelle hanno la proprietà di agire reciprocamente a distanza, attraendosi o respingendosi. Lo sviluppo più completo di una teoria di questo tipo è quello di W. Weber che ha fatto entrare nella stessa teoria i fenomeni elettrostatici ed elettromagnetici.

Nel fare ciò, tuttavia, egli ha dovuto supporre che la forza tra le due particelle elettriche dipendesse dalla loro velocità relativa, come anche dalla loro distanza.

Nello sviluppo datogli da W. Weber e da C. Neumann, questa teoria è meravigliosamente ingegnosa e sorprendentemente esauriente nelle sue applicazioni ai fenomeni dell'elettricità statica, dell'attrazione magnetica , della induzione della corrente e dei fenomeni diamagnetici; inoltre essa si presenta con la maggiore autorità di una teoria che ha servito da guida alle speculazioni di uno scienziato che ha conseguito un così grande progresso nella parte pratica della scienza elettrica, sia introducendo un sistema coerente di unità delle misure elettriche, sia determinando le quantità elettriche con una precisione sino ad allora sconosciuta.

Tuttavia le difficoltà meccaniche, insite nella supposizione di particelle che agiscono a distanza con forze dipendenti dalla loro velocità, sono tali da impedirmi di considerare questa teoria come definitiva, sebbene essa possa essere stata e possa essere ancora utile nel guidare alla coordinazione dei fenomeni.

Ho quindi preferito cercare la spiegazione dei fatti in un'altra direzione, supponendo che essi siano prodotti dall'azione nel mezzo che circonda tali corpi e si sviluppino in esso, come anche nei corpi eccitati, e sforzandomi di spiegare l'azione tra i corpi distanti senza supporre l'esistenza di forze capaci di agire direttamente a distanze sensibili.

La teoria che io propongo, quindi, può essere chiamata teoria del Campo elettromagnetico, perché riguarda lo spazio nelle vicinanze dei corpi elettrici e magnetici e può essere chiamata una teoria Dinamica perché essa suppone che in questo spazio si trovi della materia in movimento, attraverso cui si producono i fenomeni elettromagnetici osservati.

Il campo elettromagnetico è quella parte di spazio che contiene e circonda i corpi nella condizione elettrica o magnetica.

Esso può essere riempito con materia di qualsiasi tipo o si può tentare di renderlo vuoto di materia di tipo grossolano, come nel caso dei tubi di Geissler e di altri cosiddetti vuoti.

Tuttavia c'è sempre abbastanza materia residua per ricevere e trasmettere le ondulazioni della luce e del calore e poiché la trasmissione di queste radiazioni non è alterata in modo rilevante quando corpi trasparenti di densità misurabile sono sostituiti al cosiddetto vuoto, noi siamo obbligati ad ammettere che le ondulazioni sono quelle di una sostanza eterea, e non quelle di una materia grossolana, una sostanza eterea la cui sola presenza modifica in qualche modo il moto dell'etere.

Quindi, abbiamo qualche motivo per credere, partendo dai fenomeni della luce e del calore, che esiste un mezzo etereo che riempie lo spazio e che permea i corpi, capace di essere posto in moto e di trasmettere questo moto da una parte all'altra e di comunicarlo alla materia grossolana così da riscaldarla e da condizionarla in modi diversi.

Ora, l'energia comunicata al corpo nel riscaldarlo deve essere esistita prima nel mezzo in moto, perché le ondulazioni hanno lasciato la sorgente del calore qualche tempo prima di raggiungere il corpo e, durante questo tempo, l'energia deve essersi sviluppata metà nella forma di movimento del mezzo e metà nella forma di resilienza elastica. Da queste considerazioni, il Prof. W. Thomson ha concluso che il mezzo deve avere una densità capace di essere confrontata con quella della materia ordinaria, e ha persino assegnato il limite inferiore a questa densità.

Possiamo quindi ammettere, come un dato ricevuto da un capitolo della scienza indipendente da quello di cui ci occupiamo, l'esistenza di un mezzo che pervade lo spazio, di densità piccola ma reale, capace di essere posto in moto, e di trasmettere il moto da una parte all'altra con velocità grande, ma non infinita.

Quindi, le parti di questo mezzo devono essere così connesse che il moto di una parte dipende in qualche maniera dal moto del resto del mezzo; e allo stesso tempo le connessioni devono essere capaci di un certo tipo di deformazione elastica, poiché la comunicazione del moto non è istantanea, ma occupa del tempo.

Il mezzo è quindi capace di ricevere e di accumulare due specie di energia, cioè l'energia attuale, che dipende dal moto delle sue parti, e quella potenziale che consiste nel lavoro che il mezzo dovrà compiere nel riprendersi dallo spostamento, in virtù della sua elasticità.

La propagazione delle ondulazioni consiste nella continua trasformazione in modo alterno di una di queste forme di energia nell'altra, e a ciascun istante la quantità di energia in tutto il mezzo è ugualmente divisa cosicché metà è energia di moto e metà è energia elastica.

Un mezzo avente tale costituzione può essere capace di altri tipi di moto e di spostamento diversi da quelli che producono il fenomeno della luce e del calore e alcuni di questi possono essere di tale tipo da diventare evidenti ai nostri sensi attraverso i fenomeni che producono.

Ora sappiamo che il mezzo luminoso è, in certi casi, condizionato dal magnetismo; infatti, come fu scoperto da Faraday, quando un raggio polarizzato piano attraversa un mezzo trasparente diamagnetico nella direzione delle linee della forza magnetica prodotte da magneti o correnti situate nelle vicinanze, il piano della polarizzazione viene ruotato.

Questa rotazione è sempre nella direzione in cui l'elettricità positiva deve essere trasportata attorno al corpo diamagnetico, affinché essa produca l'effettiva magnetizzazione del campo.

Verdet ha fin da allora scoperto che se un corpo paramagnetico, come la soluzione di iperclorile di ferro in etere, viene sostituito al corpo diamagnetico, la rotazione è nella direzione opposta.

Ora, il Prof. W. Thomson ha mostrato che nessuna distribuzione di forze che agiscono fra le parti del mezzo, il cui solo moto è quello delle onde luminose, è sufficiente per spiegare i fenomeni, ma che dobbiamo ammettere l'esistenza di un moto nel mezzo che dipende dalla magnetizzazione, in aggiunta ai moti vibratori che costituiscono la luce.

È vero che la rotazione del piano di polarizzazione dovuta al magnetismo è stata osservata soltanto in mezzi di densità considerevole; ma le proprietà del campo magnetico non sono molto alterate dalla sostituzione di un mezzo con un altro, o con il vuoto, in modo tale da farci supporre che i mezzi densi non facciano altro che modificare soltanto il moto dell'etere. Abbiamo quindi importanti argomenti per indagare se ci possa essere un moto in un mezzo etereo ove si osservino effetti magnetici, e abbiamo qualche ragione per supporre che questo moto sia un moto di rotazione, con la direzione del campo magnetico come suo asse.

Possiamo ora considerare un altro fenomeno osservato nel campo elettromagnetico. Quando un corpo si muove attraverso le linee di una forza magnetica esso subisce ciò che si chiama forza elettromotrice; le due estremità del corpo tendono a diventare elettrificate in senso opposto e una corrente elettrica tende a scorrere attraverso il corpo. Quando la forza elettromotrice è sufficientemente potente ed è fatta agire su certi corpi composti, essa li decompone, producendo l'effetto per cui uno dei loro componenti passa attraverso un'estremità del corpo e l'altro nella direzione opposta.

Qui abbiamo la prova di una forza che produce una corrente elettrica malgrado la resistenza; elettrificare in modo opposto le estremità di un corpo è una condizione sostenuta solo dall'azione di una forza elettromotrice che, non appena rimossa, tende con una forza uguale e opposta a produrre una controcorrente attraverso il corpo, ristabilendone lo stato elettrico originale; e infine, se sufficientemente potenti, queste correnti decompongono i composti chimici e trasportano i loro componenti in direzioni opposte, mentre la naturale tendenza dei composti chimici è quella di combinarsi con una forza che può generare una forza elettromotrice nella direzione opposta.

E questa quindi è una forza che agisce su di un corpo ed è prodotta dal suo moto attraverso il campo elettromagnetico, o da modificazioni che hanno luogo nel campo stesso; l'effetto della forza è quello di produrre una corrente e di riscaldare il corpo, o quello di decomporlo, oppure, quando nessuno di questi effetti è possibile, di porre il corpo in uno stato di polarizzazione elettrica – uno stato di sforzo in cui le estremità sono elettrizzate di segno opposto, e da cui il corpo tende a liberarsi appena la forza di disturbo viene rimossa.

Secondo la teoria che mi propongo di spiegare, questa "forza elettromotrice" è una forza che viene innescata con il diffondersi del moto da una parte all'altra del mezzo, ed è grazie a essa che il moto di una parte produce il moto di un'altra parte. Quando la forza elettromotrice agisce sul circuito conduttore crea una corrente che, in presenza di una resistenza, produce una continua trasformazione di energia elettrica in calore, quest'ultimo non riconvertibile in energia elettrica mediante processo inverso.

Ma quando la forza elettromotrice agisce su un dielettrico produce una polarizzazione delle sue parti simile a quella causata in una massa di ferro sottoposta all'influenza di un magnete e, analogamente alla polarizzazione magnetica, può essere descritta come uno stato in cui ogni particella ha i propri poli opposti in condizioni opposte.

In un dielettrico sotto l'azione della forza elettromotrice, possiamo supporre che l'elettricità in ciascuna molecola sia così spostata che un suo lato diventi positivo e l'altro negativo, ma che l'elettricità rimanga interamente connessa con la molecola e non passi da una molecola all'altra. L'effetto di questa azione sull'intera massa del dielettrico è quello di produrre uno spostamento generale dell'elettricità in una certa direzione. Questo spostamento non consiste in una corrente, perché quando arriva a un certo valore rimane costante, ma è l'inizio di una corrente, e le sue variazioni rappresentano correnti nella direzione positivo-negativo, in funzione della diminuzione o dell'aumento dello spostamento. All'interno del dielettrico non c'è alcuna indicazione di elettrificazione perché l'elettrificazione della superficie di ciascuna molecola viene neutralizzata dall'opposta elettrificazione della superficie delle molecole in contatto con essa; ma alle superfici limite del dielettrico, ove l'elettrificazione non è neutralizzata, si verifica il fenomeno che dimostra una elettrificazione positiva o negativa.

La relazione tra la forza elettromotrice e la quantità di spostamento elettrico che essa produce dipende dalla natura del dielettrico, la stessa forza elettromotrice producendo generalmente uno spostamento elettrico maggiore nei dielettrici solidi, come il vetro o lo zolfo, che nell'aria.

Qui, allora, percepiamo un altro effetto della forza elettromotrice, ovvero, lo spostamento elettrico che, secondo la nostra teoria, è una specie di cedimento elastico all'azione della forza, simile a quello che ha luogo nelle strutture e nelle macchine e dovuto alla mancanza di connessioni perfettamente rigide.

L'indagine pratica della capacità induttiva dei dielettrici è resa difficile a causa di due fenomeni di disturbo. Il primo è la conduttività dei dielettrici che, sebbene in molti casi sia molto piccola, non è completamente impercettibile. Il secondo è chiamato assorbimento elettrico, in virtù del quale, quando il dielettrico è esposto alla forza elettromotrice, lo spostamento elettrico cresce gradualmente, e quando la forza elettromotrice viene rimossa, il dielettrico non ritorna istantaneamente allo stato primitivo, ma scarica soltanto una parte della propria elettrificazione; e qualora è lasciato a se stesso, acquista gradualmente elettrificazione sulla propria superficie, mentre il suo interno si depolarizza lentamente. Quasi tutti i dielettrici solidi mostrano questo fenomeno, che dà luogo alla carica residua nella bottiglia di Leyden, e a svariati fenomeni nei cavi elettrici descritti dal signor F. Jenkin.

Oltre a quello del dielettrico perfetto, inteso come corpo perfettamente elastico, abbiamo qui altri due tipi di cedimento. Il cedimento dovuto alla conduttività può essere equiparato a quello di un fluido viscoso (ovvero, un fluido con elevato attrito interno), o a un solido di bassa densità, in cui la forza più piccola produce un'alterazione permanente nella sua forma, alterazione crescente con il tempo durante l'azione della forza. Il cedimento dovuto all'assorbimento elettrico può essere equiparato a quello di un corpo elastico cellulare contenente nelle sue cavità un fluido denso. Un tale corpo, qualora soggetto a pressione, viene compresso gradualmente a causa del cedimento progressivo del fluido denso; quando la pressione viene rimossa, il corpo non ritorna immediatamente al suo stato primitivo, perché l'elasticità della materia che lo costituisce deve gradualmente superare la resistenza del fluido prima che possa ritornare a un completo equilibrio.

Si possono trovare molti corpi solidi in cui, sebbene non esistano strutture del tipo che abbiamo supposto, sembrano possedere una proprietà meccanica di questo tipo; e sembra probabile che le stesse sostanze, se sono dielettriche, possano possedere la stessa proprietà elettrica, e se sono magnetiche possano avere proprietà corrispondenti, quali l'acquisizione, la ritenzione e la perdita della polarità magnetica.

Sembra quindi che certi fenomeni dell'elettricità e del magnetismo conducano alle stesse conclusioni dell'ottica, cioè che esiste un mezzo etereo che pervade tutti i corpi ed è modificato soltanto in una certa misura dalla loro presenza; che le parti di questo mezzo siano capaci di essere poste in movimento da correnti elettriche e da magneti; che il moto venga trasmesso, da una parte del mezzo all'altra, mediante forze provenienti dalle connessioni interposte; che, sotto l'azione di queste forze, sussista un certo cedimento dovuto all'elasticità di queste connessioni; e che quindi nel mezzo possano sussistere due forme differenti di energia, una quale effettiva energia di moto delle diverse parti e l'altra come energia potenziale immagazzinata nelle connessioni in virtù della loro elasticità.

Così, dunque, siamo portati a concepire un meccanismo complicato capace di una grande varietà di moti, ma nello stesso tempo così connesso che il moto di una parte dipende, secondo relazioni definite, dal moto di altre parti, questi moti essendo trasmessi da forze generate dal relativo spostamento di parti connesse, in virtù della loro elasticità. Tale meccanismo deve essere soggetto alle leggi generali della Dinamica e dobbiamo essere in grado di calcolare tutte le conseguenze del suo moto, purché sia noto il sistema di relazioni che intercorrono nei moti delle parti.

Noi sappiamo che quando si ha il passaggio di corrente elettrica in un circuito conduttore, si riscontrano proprietà magnetiche nella zona circostante il campo, e se nel campo sono presenti due circuiti, le sue proprietà magnetiche, dovute a questi circuiti, saranno il risultato della loro combinazione. Così ciascuna parte del campo è connessa con entrambe le correnti, e queste ultime a loro volta in reciproca connessione, a causa della loro correlazione, alla magnetizzazione del campo. Il primo risultato di questo tipo di relazione che propongo di esaminare è l'induzione di corrente mediante un'altra corrente e a causa del moto di conduttori all'interno del campo.

Il secondo risultato, dedotto da questo, è l'azione meccanica tra conduttori di corrente. Il fenomeno dell'induzione di correnti è stato dedotto dalla loro azione meccanica da Helmholtz e da Thomson. Io ho seguito un ordine inverso e ho dedotto l'azione meccanica delle leggi dell'induzione. Ho quindi descritto i metodi sperimentali per determinare le quantità L, M, N, da cui dipendono questi fenomeni.

Applico in seguito i fenomeni dell'induzione e dell'attrazione tra correnti all'esplorazione del campo elettromagnetico e al tracciamento di sistemi di linee di forza magnetica che ne caratterizzano le proprietà magnetiche. Esplorando lo stesso campo con un magnete, mostro la distribuzione delle sue superfici equipotenziali magnetiche, perpendicolari alle linee di forza.

Allo scopo di riportare questi risultati sotto il potere del calcolo simbolico, li esprimo nella forma di equazioni generali del campo elettromagnetico. Tali equazioni descrivono:

1) La relazione tra lo spostamento elettrico, la effettiva conduzione, e la corrente totale, composta da entrambi.

2) La relazione tra le linee della forza magnetica e i coefficienti induttivi di un circuito, come già dedotti dalle leggi dell'induzione.

3) La relazione tra la forza della corrente e i suoi effetti magnetici, secondo il sistema di misura elettromagnetico.

4) Il valore della forza elettromotrice in un corpo, quale risultato del moto nel campo, le variazioni dello stesso campo e la modificazione del potenziale elettrico da una parte all'altra del campo.

5) La relazione tra lo spostamento elettrico e la forza elettromotrice che lo produce.

6) La relazione tra una corrente elettrica e la forza elettromotrice che la produce.

7) La relazione tra la quantità di elettricità libera in un punto e gli spostamenti elettrici nelle sue vicinanze.

8) La relazione tra l'aumento o la diminuzione di elettricità libera e le correnti elettriche nelle aree a essa vicine.

Ci sono in totale venti di queste equazioni, contenenti venti quantità variabili.

Esprimo poi l'energia intrinseca del campo elettromagnetico in termini di queste quantità come dipendenti, in ogni punto del campo, in parte dalla polarizzazione magnetica e in parte da quella elettrica.

Attraverso queste relazioni determino la forza meccanica agente: primo, su un conduttore di elettricità in movimento; secondo, su un polo magnetico; terzo, su un corpo elettrizzato.

L'ultimo risultato, ovvero la forza meccanica che agisce su un corpo elettrizzato, fornisce un metodo indipendente di misurazione elettrica basato sui suoi effetti elettrici. Si mostra che la relazione tra le unità impiegate nei due metodi è dipendente da ciò che ho definito come "elasticità elettrica" del mezzo, e che essa è una velocità, determinata sperimentalmente da Weber e Kohlrausch.

Indico quindi come calcolare la capacità elettrostatica di un condensatore e la capacità induttiva specifica di un dielettrico.

Successivamente viene esaminato il caso di un condensatore costituito da strati paralleli di sostanze con differenti resistenze elettriche e capacità induttiva, e si mostra che in genere si ha un fenomeno chiamato assorbimento elettrico, e cioè che un condensatore, qualora scaricato istantaneamente, dopo un certo tempo, mostra segni di una carica residua.

Le equazioni generali vengono successivamente applicate al caso di disturbo magnetico propagato in un campo non conduttore, mostrando che gli unici disturbi che si possono propagare sono quelli trasversali alla direzione di propagazione, e che la velocità di propagazione è v, scoperta con esperimenti di tipo Weber, ed esprime il numero di unità elettrostatiche di elettricità contenute in una unità elettromagnetica.

Tale velocità è così prossima a quella della luce, da avere buone ragioni per concludere che la luce stessa (includendo il calore radiante e qualsiasi altro tipo di radiazione) è un disturbo elettromagnetico sotto forma di onde che si propagano in un campo elettromagnetico secondo le leggi elettromagnetiche. Se così stanno le cose, l'affinità tra l'elasticità del mezzo come si può calcolare attraverso rapide alternanze delle vibrazioni luminose, e come osservato nei processi lenti di esperimenti elettrici, mostra quanto debbano essere perfette e regolari le proprietà elastiche del mezzo quando non ostacolate da materiali più densi dell'aria. Se lo stesso tipo di elasticità si conserva nei corpi densi trasparenti, risulta che il quadrato dell'indice di rifrazione è pari al prodotto della capacità dielettrica specifica e della capacità magnetica specifica. I mezzi conduttori dimostrano di assorbire rapidamente tali radiazioni e quindi di essere generalmente opachi.

Il Prof. Faraday, nel suo « Riflessioni sulle vibrazioni dei raggi »afferma in modo chiaro il concetto di propagazione dei disturbi magnetici trasversali, con l'esclusione di quelli normali.

La teoria elettromagnetica della luce, da lui proposta, è la stessa di quella che ho cominciato a sviluppare in questo lavoro, eccetto il fatto che nel 1846 non c'erano dati per calcolare la velocità di propagazione.

Le equazioni generali sono quindi applicate al calcolo dei coefficienti della mutua induzione di due correnti circolari e a quello del coefficiente dell'autoinduzione in una bobina. Per un criterio di uniformità nelle diverse parti di una sezione di filo, la corrente viene esaminata, credo per la prima volta, nell'istante d'avvio, ottenendo la conseguente correzione del coefficiente di autoinduzione.

Questi risultati vengono applicati al calcolo dell'autoinduzione della bobina utilizzata negli esperimenti della commissione dell'Associazione britannica degli standard di resistenza elettrica, e il valore ottenuto viene confrontato con quello dedotto dagli esperimenti.

Da: James Clerk Maxwell, Una teoria dinamica del campo elettromagnetico, traduzione di Salvo D'Agostino, Edizioni Teknos, Roma 1996.