Pensiero


La teologia affermativa e quella negativa hanno apportato tra i maggiori contributi della tradizione cristiana. Nicolò Cusano è uno degli esponenti più celebri della trattazione della teologia negativa.
Le due battaglie fondamentali del filosofo sono state, in un primo momento il sostegno al concilio, mentre, in un secondo momento, il sostegno al Papa. Cusano ebbe a che fare con molte vicende politiche e religiose come il periodo di Costantinopoli e la minaccia dei turchi, l’unificazione della chiesa orientale con quella d’occidente, ma nonostante ciò, nella sua personalità emerse un grande senso di umanità e una grande tolleranza per tutte la fedi. Il filosofo, infatti, è pienamente consapevole che la divisione delle varie religioni abbia provocato molti lutti e molte guerre religiose, pensiamo alle crociate e vuol trovare una “pace della fede.”
Infatti, secondo Cusano, è assurdo dividersi nei vari modi in cui si adora Dio perché nessuno può sapere quale sia il modo giusto di adorarlo: come si può criticare un’altra religione per come adora Dio non sapendo come effettivamente come vada adorato? Nella speculazione del filosofo si intrecciano continuamente due temi: l’inattingibilità e l’infinità di Dio e la potenza del suo pensiero umano, che pure è finito. Cusano si riallaccia alla mistica tedesca e al Platonismo cristiano, in particolare alla tradizione di Pseudo-Dionigi Areopagita, rielaborando anche gli antichi concetti della teologia mistica attraverso schemi e concetti moderni.
Dio, secondo il filosofo, è al di là di tutto. È infinito, quindi conoscerlo e tutto ciò che affermiamo su di lui non è più vero di ciò che di lui neghiamo. Quindi non possiamo né dire che lui è, né che lui non è. Non possiamo dire nulla di fronte a questo termine. La conoscenza, infatti, è proporzione, rapporto tra il Noto e l’Ignoto: possiamo conoscere una cosa solo mettendola in rapporto con ciò che già si conosce e sia, in qualche misura, omogeneo, “proporzionale” a questo.
Siamo di fronte, quindi, all’incerto e va valutato in base al certo: “ogni ricerca è comparativa”, afferma il filosofo. Ma Dio è infinito, mentre la mente è finita, e l’infinito, come tale, sfugge ad ogni proporzione e rapporto con la mente umana e per questo rimane ignoto. L’infinito, l’assoluto, in ultima istanza Dio, non è mai pienamente attingibile. Possiamo conoscere la vera essenza di Dio, nella sua inesauribilità e ineffabilità, soltanto nel caso in cui Dio stesso fosse visto da un’infinità di punti di vista, cosa che però risulta inattuabile.
È un po’ come se, Cusano, vedesse Dio come una sfera: da qualsiasi punto di vista la osserviamo, abbiamo una corretta visuale, ma non completa. Se siamo in due ad osservarla e sommiamo le nostre visuali, che sono entrambe corrette, la visuale complessiva risulterà maggiore; se ipoteticamente potessimo moltiplicare all’infinito i punti di vista, avremmo una visuale completa di Dio: quindi, quante più religioni ci sono, tanti più punti di vista su Dio si hanno. Dio stesso, dice Cusano, appare all’uomo a seconda di come l’uomo lo guarda; appare adirato all’uomo che lo guarda adirato, appare benevolo all’uomo che lo guarda benevolo.
Tra Dio e mondo vi è un rapporto, un’analogia, come tra il modello e l’immagine. Questa infinita approssimazione di Dio è l’aspetto “positivo”, umanistico, della posizione di Cusano, espresso dalla famosa immagine del poligono iscritto nella circonferenza, di cui si possono moltiplicare i lati senza che esso possa mai coincidere con la circonferenza. Moderna è anche la centralità attribuita alla questione della conoscenza. In un’altra sua opera fondamentale De conjecturis, egli afferma il carattere “congetturale” della conoscenza umana. Non potendo, infatti, conoscere la realtà divina in se stessa e neppure l’essenza delle cose, possiamo solo formulare delle congetture, delle supposizioni. Queste non sono certamente adeguate a quella realtà. Ma non sono neppure arbitrarie, in quanto la loro fonte è Dio.
La parola congettura, infatti, significa “lanciare” ipotesi nel tentativo di raggiungere, di colpire l’oggetto. Potrò fare sempre nuove congetture che si avvicinano sempre di più all’oggetto in questione, senza però mai raggiungerlo: quindi anche per una realtà finita il processo conoscitivo finisce per essere infinito. Farò sempre congetture nuove, sempre più vicine all’oggetto, ma che tuttavia mai lo “colpiranno”. La mente umana partecipa in qualche limitata misura, nella mente divina, ed è in grado di compiere un viaggio verso la verità. La mente raccoglie in sé gli esemplari delle cose che conosce; è seme divino, che, adeguatamente curato, può fiorire e fruttare, permettendo di approssimarsi alla comprensione concettuale della realtà dell’universo.
Ed è restando fedele al proprio compito razionale che essa può approssimarsi a Dio. Infatti, dice all’uomo: “sii tuo ed io sarò tuo”. La teologia negativa e il sapere congetturale conducono a un altro concetto-base del pensiero di Cusano, quello della coincidenza degli opposti. In Dio vengono a coincidere tutti gli attributi e le qualità, anche quelli fra loro contrari. Di lui diciamo, ad esempio, che è sostanza: ma dire questo non è più vero che negarlo, in quanto Dio trascende infinitamente ogni sostanza e perciò, nello stesso tempo, è e non è sostanza. Così pure diciamo che è il “massimo”, tutto ciò che è di più grande possiamo pensare, ma è anche il “minimo”, perché non si può negare che alla sua infinita semplicità ed essenzialità appartenga anche il minimo. In altri termini, proprio perché è infinito, Dio è al di là di ogni limitazione, quindi anche di ogni opposizione concettuale. È, appunto, coincidenza degli opposti. Tale coincidenza viene confermata con l’ausilio della matematica. L’infinito matematico diviene il modello dell’infinito divino, mostrando che la coincidenza degli opposti, assurda e inconcepibile secondo una logica del finito, è invece perfettamente concepibile secondo una logica dell’infinito. Una considerazione dello stesso tipo va fatta per il principio di non contraddizione, affermando ciò che per gli Aristotelici è un’eresia: la possibilità di affermare e negare, nello stesso tempo, qualcosa di una stessa realtà.
Cusano distingue, da questo punto di vista, la sfera della ragione, che è quella in cui il principio di non contraddizione conserva il suo pieno valore, dalla sfera dell’intelletto, che è quella in cui è possibile intuire la comune radice di ciò che appare opposto e nella quale, quindi, gli opposti tendono a coincidere. Infatti, il filosofo, ci spiega che la cosiddetta dotta ignoranza può farci cogliere la "coincidentia oppositorum", ossia la coincidenza degli opposti: in altre parole è convinto, in base a considerazioni neoplatoniche, che nella realtà assoluta cose che nella realtà finita sono opposte possono convivere insieme e coincidere; già Plotino stesso parlando dell’Uno, dove coincide tutta la realtà, ammette la coincidenza degli opposti.
La dotta ignoranza può arrivare a far cogliere questo aspetto e Cusano per spiegare ciò si serve, come detto precedentemente, di metafore matematiche. Ne giunge che nel campo dell’infinito, concetti opposti finiscono per identificarsi. Cusano metaforicamente parlando, ci sottolinea che, mentre una realtà geometrica può essere infinita, solo sotto un determinato aspetto, Dio, come infinito, lo è sotto tutti gli aspetti. Paragona inoltre Dio ad un cerchio dicendo che il suo centro è dappertutto e la circonferenza non è da nessuna parte; cosa vuol dire? Dio è come un cerchio infinito.
Nella metafisica di Cusano vi è, inoltre, una notevole vicinanza ontologica tra Dio e il mondo, e questo espone il filosofo alla critica di “panteismo”. Cusano deve trovare un qualcosa che distingua Dio dal mondo creato, cioè giustificare nella concezione neoplatonica la distinzione tra creato e creatore; egli si serve, infatti, dei concetti di complicazione, esplicazione, contrazione. Quest’ultimo termine si trova in stretto rapporto con la parola Dio; Dio è la complicazione di ciò che sarà il mondo. Il mondo è contenuto tutto in Dio, è “implicito” in Dio, che è la “complicatio”, l’implicazione di tutte le cose. Egli ne diviene poi la “explicatio”, l’esplicazione in quanto si dispiega nelle cose stesse, rimanendo comunque al di là di esse. L’universo così creato è un “Dio contratto”. Il termine di contrazione designa il contrarsi, cioè il determinarsi di una sostanza comune in una realtà singola.
I concetti di implicazione ed esplicazione di Dio nelle cose e la definizione di mondo come Dio contratto sottolineano con forza la dimensione unitaria della realtà e danno, dunque, qualche ragione al sospetto di panteismo; se dico, infatti, che il mondo è esplicazione di Dio finisco per dire che Dio e il mondo siano la stessa cosa; ma Cusano si preoccupa a precisare che, mentre nel mondo le cose, in quanto particolari, sono limitate ed opposte tra loro, in Dio, in quanto totalità, in quanto essere assolutamente compiuto tutte le cose sono compresenti: Dio, quindi, è altro rispetto al mondo, lo trascende infinitamente. Il mondo costituisce un ordine necessario, una struttura matematica, nella quale tutte le cose sono nel modo migliore. In esso le singole realtà non possono essere pensate come a sè stanti, come assolutamente singolari: tutte, invece, sono in tutto, ogni cosa è in rapporto con un’altra. Solo Dio è perfetto, non il mondo celeste. Poiché ogni cosa, nell’universo, ha lo stesso valore, Cusano, contro Aristotele, nega che la sostanza celeste sia diversa da quella terrestre.
La Terra è un corpo celeste come il Sole, il quale ha la sua stessa sostanza, anche se più pura. Inoltre, in quanto è frutto di una creazione priva di limiti, di un dispiegamento divino che non ha confini, l’universo è illimitato. Perciò non è pensabile che abbia un centro ed una circonferenza: come potrebbe, se è illimitato? Non la Terra è il centro dell’universo, ma Dio, che dell’universo è anche la circonferenza. Ma se la Terra non è al centro dell’universo, non è neppure immobile: si muove di moto circolare, anche se non perfetto e il modello astronomico geocentrico non è valido. Così la speculazione di Cusano, partendo dalla teologia mistica, investe e demolisce alcune idee cardine della teoria aristotelica dell’universo, aprendo nuovi orizzonti conoscitivi alla scienza e alla filosofia, come dimostrerà, più di un secolo dopo, Giordano Bruno, che rivaluterà gli scritti del “divino Cusano”.
Nonostante la centralità delle fede e della religione nella filosofia di Cusano e la quasi certezza di un Dio “rivelato” attraverso il mondo ed esplicazione di questo, il suo pensiero ci potrebbe indurre a pensare che siamo di fronte ad un relativismo vero e proprio, oltre che di fronte a congetture ed ipotesi. La fede dovrebbe essere qualcosa che và oltre la congettura, oltre la razionalità stessa di fare congetture e quindi pensieri razionali su di essa. Forse, il miglior modo di difendere la fede è veramente quello di prendere atto della sua incompatibilità con la ragione e sostenere quindi una posizione scettica. Nella sua debolezza, la ragione ingannata dall’inattendibilità dei sensi, non può dimostrare la validità del teismo, né dell’ateismo. Lo scetticismo, in particolar modo quello antico, propone, infatti,come unica condizione l’azione di ogni critica e la negazione di ogni dottrina determinata, l’atarassia come indagine che doveva mettere in luce l’inconsistenza di ogni atteggiamento teorico-pratico.
L’indagine scettica non cerca una giustificazione in se stessa ma l’unico scopo è portare l’uomo all’atarassia e alla sospensione totale di ogni giudizio.