Gerberto nacque in una famiglia umile attorno al 950 nella regione francese dell'Alvernia, ad Aurillac. Attorno al 963 entrò nel monastero di San Geraldo, sito nella sua città, e nel 967 il Conte Borrell II di Barcellona visitò il monastero e l'abate chiese al conte di portare con sé Gerberto, così che il giovane potesse studiare matematica in Spagna, nel monastero di Ripoll. Negli anni seguenti, Gerberto studiò nella città di Barcellona (controllata dai cristiani), entrando così in contatto col mondo islamico, data anche la prossimità al confine. In Spagna maturò un interesse per le scienze, in particolare matematica e astronomia, eccezionale per il suo tempo: cercava libri e strumenti per l'osservazione diretta e lo studio delle stelle, con un atteggiamento innovativo rispetto alla tradizionale lettura ed esegesi dei testi sacri. Quando era ancora giovane la fama della sua cultura si era già diffusa in tutto il mondo cristiano. Non mancarono in seguito leggende sul suo conto, che lo dipingevano come un astuto mago o come in contatto col demonio. Egli era interessato anche al diritto ed alla politica. Queste conoscenze gli permisero di mettersi al servizio di personaggi potenti come consigliere, e furono la chiave che aprirono a lui, nato di modesta famiglia, le porte di cariche ecclesiastiche di primissimo rilievo. Nel 969 il conte Borrell compì un pellegrinaggio a Roma, portando Gerberto con sé. Qui Gerberto incontrò il papa Giovanni XIII e l'imperatore Ottone I. Il papa persuase Ottone ad impiegare Gerberto come tutore per il suo giovane figlio, il futuro Ottone II. Alcuni anni dopo, Ottone I permise a Gerberto di andare a studiare alla scuola della cattedrale di Reims, dove venne ben presto nominato insegnante dall'arcivescovo Adalberone di Laon. Ottone II, divenuto nel frattempo Sacro Romano Imperatore, nel 982 nominò Gerberto abate dei monaci colombaniani di Bobbio e conte di quel distretto, ma, per colpa della gestione dei precedenti abati e dei vescovi commandatari, l'abbazia di San Colombano era andata in rovina, perciò Gerberto la ricostituì, fece l'inventario dello scriptorium e, con l'aiuto dei numerosi antichi trattati che vi erano conservati, compose il suo celebrato lavoro sulla geometria. Si ipotizza che, sebbene si fosse in un momento in cui la lingua greca era quasi stata dimenticata in tutta l'Europa occidentale, i monaci di Bobbio leggessero Aristotele e Demostene nella loro lingua originale.[senza fonte] Successivamente fece ritorno a Reims, rimanendo abate commendatario di Bobbio fino al 999 quando nominò Abate di Bobbio Pietroaldo ed elevò la cittadina, in accordo con l'imperatore, a Città e Contea Vescovile. Dopo la morte di Ottone II, avvenuta nel 984, Gerberto venne coinvolto nelle lotte politiche dell'epoca: nel 985, con l'appoggio del suo arcivescovo, Adalberone di Reims, si oppose al tentativo di Lotario di Francia di strappare la Lorena ad Ottone III, tramite l'appoggio di Ugo Capeto (che divenne Re di Francia, ponendo fine alla dinastia dei Carolingi). Adalberone morì nel gennaio 989. Gerberto era un candidato naturale alla successione arcivescovile, ma Ugo Capeto nominò Arnolfo, un figlio illegittimo di Lotario. Arnolfo venne deposto nel 991 per sospetto tradimento nei confronti del re e Gerberto venne allora eletto come suo successore. Ci fu però una tale opposizione alla nomina di Gerberto alla sede di Reims, che papa Giovanni XV inviò un legato in Francia, che sospese temporaneamente Gerberto dal suo incarico episcopale. Gerberto cercò di mostrare che il decreto era illegale, ma un ulteriore sinodo nel 995 dichiarò non valida la deposizione di Arnolfo. Papa Gregorio V, cugino di Ottone III, succeduto a Giovanni XV nel 996, ribadì che Gerberto era un impostore nella sede di Arnolfo, solo vescovo legittimo di Reims: fu in quei momenti difficili che si fece sentire la protezione della Dinastia ottoniana. Gerberto divenne quindi il precettore di Ottone III. Gregorio V lo nominò arcivescovo di Ravenna nel 997, carica che ricoprì per meno di due anni. Più volte ebbe il coraggio di criticare lo strapotere papale e le sue ingerenze nelle prerogative dei vescovi, cosa di cui aveva sofferto a Reims. Ben presto Gerberto si ritrovò a capovolgere le sue posizioni. L'imperatore lo elesse a successore di Gregorio come pontefice nel 999. Gerberto prese il nome di Silvestro II. La scelta del suo nome pontificale deriva da una duplice esigenza. La prima fu quella di cambiare un nome dalla forte risonanza germanica (Gerberto) con uno tradizionalmente latino (Silvestro); la seconda fu che scelse il nome di Silvestro per un forte legame con l'Imperatore Ottone III, del quale fu precettore e maestro. L'imperatore Ottone riteneva se stesso un secondo Costantino e così di riflesso Gerberto prese il nome del pontefice (Silvestro I) che all'epoca aveva guarito Costantino dalla lebbra. Subito dopo essere stato eletto papa, Gerberto confermò la posizione del suo ex-rivale Arnolfo come arcivescovo di Reims. Divenuto pontefice, fu collaboratore della restaurazione imperiale, promossa in Roma nei primi anni del secolo XI, ispirata ai valori dell'antichità classica. Silvestro seppe in ogni caso liberarsi presto dell'ingerenza dell'imperatore, che avrebbe circoscritto la sua opera a semplice cappellano di corte. Intuì la grande importanza della cristianizzazione delle terre degli slavi, in particolare Polonia ed Ungheria, che stavano crescendo di importanza ad est del regno tedesco, sostenendo l'istituzione di nuove Chiese nazionali. Così come, da arcivescovo, ribadiva l'importanza della libertà dei vescovi nelle proprie diocesi, ora ribadiva l'importanza dell'autorità papale negli incarichi dei vescovi, accentrando su di sé le loro prerogative. Nell'anno 1000 concesse la corona reale d'Ungheria a Stefano (poi venerato come santo Stefano) del casato degli Arpád, costituendo così il Regno d'Ungheria. A Stefano affidò il compito di organizzare la Chiesa nel suo paese, mentre nella futura Polonia fondò l'arcidiocesi di Gniezno, dalla quale si irradiò la cultura cristiano-romana in tutta l'area.[1] Fu il primo a pensare ad una crociata per la liberazione della Terra Santa e patrocinò la riforma monastica di Cluny. Nel 1001 la popolazione di Roma si rivoltò contro l'imperatore, costringendo Ottone e Gerberto a fuggire a Ravenna. Ottone guidò senza successo due spedizioni per riottenere il controllo della città e morì durante la terza nel 1002. Gerberto ritornò a Roma poco dopo la morte di Ottone, anche se la nobiltà ribelle era rimasta al potere, subendo l'umiliazione della potente famiglia dei Crescenzi guidata da Giovanni Crescenzi III (†1012) - il cui padre, Giovanni Crescenzi II il Nomentano (†998), era stato fatto uccidere da Ottone III appena quattro anni prima - che, oltre al nome, aveva lo stesso carattere del trisavolo Crescenzio I (†950), del bisnonno Giovanni Crescenzi I (920-960), del nonno Crescenzio II (†984) e del padre Giovanni Crescenzi II. Giovanni reggeva le sorti di Roma grazie all'appoggio "patriottico" del popolo, che in lui vedeva un dominatore "nazionale" contrapposto all'imperatore e al papa stranieri, con l'aiuto dello zio Crescenzio III (†1020). Silvestro morì poco dopo (12 maggio 1003), non senza sospetti di avvelenamento, così come per Gregorio V. È sepolto a San Giovanni in Laterano. Nel 1684, per volere di papa Innocenzo XI, la sua tomba venne aperta, ma il corpo, trovato ancora intatto, vestito dei paramenti pontificali, le braccia incrociate sul petto e sul capo la tiara, appena esposto all'aria, si mutò in polvere. Rimase solo il suo anello con la dicitura: Sic transit gloria mundi. Gerberto scrisse una serie di opere, che trattavano principalmente questioni di filosofia e le materie del quadrivio. Egli aveva appreso l'uso dei numeri arabi in Spagna e poteva eseguire mentalmente calcoli che erano estremamente difficili per le persone che pensavano in termini di numeri romani. A Reims fece costruire un organo idraulico che eccelleva su tutti gli strumenti precedentemente noti, nel quale l'aria doveva essere pompata manualmente. Gerberto reintrodusse l'abaco in Europa e, in una lettera del 984, chiese a Lupito di Barcellona la traduzione di un trattato arabo di astronomia, le Sententiae Astrolabii. Gerberto fu l'autore di una descrizione dell'astrolabio che venne redatta da Ermanno il contratto 50 anni dopo. Come papa prese misure energiche contro le pratiche della simonia e del concubinaggio, diffusesi tra il clero, sostenendo che solo gli uomini capaci di una vita ineccepibile potevano essere nominati vescovi. Scrisse inoltre il trattato dogmatico De corpore et sanguine Domini. Di lui ci restano varie lettere, una Vita di Sant'Alberto ed alcune opere di matematica. Gli scritti di Gerberto furono stampati nel volume 139 della Patrologia Latina.