PREMESSA TEORICA:

La meccanica è la branca della fisica che si interessa del moto dei corpi.

La meccanica comprende a sua volta la cinematica, la statica e la dinamica:

La cinematica (dal greco kìnesis, movimento) studia il moto dei corpi indipendentemente dalle cause che lo provocano, ovvero le forze

La statica (dal greco stàsis, stasi) studia l’equilibrio dei corpi

La dinamica (dal greco dýnamis, forza), studia il moto dei corpi in dipendenza dalle forze

Esiste comunque anche un moto in assenza di forze, detto moto inerziale.

Il Primo Principio della Dinamica, detto anche principio d’inerzia, fu individuato da Galileo Galilei nel 1632 attraverso un esperimento concettuale (gedankenexperiment) e descritto nell’opera Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla meccanica e i movimenti locali.

La sua enunciazione formale si deve ad Isaac Newton.

Il principio afferma che un corpo si muove di moto rettilineo uniforme o permane in stato di quiete finché non interviene una forza a turbare il suo stato.

Si può quindi così sintetizzare:

Il legame tra forza e accelerazione è espresso dal Secondo Principio della Dinamica, illustrato da Newton (per questo è detto anche Legge di Newton) nella sua opera Philosophiae Naturalis Principia Matematica (1687).

Esso afferma che, applicando una forza ad un corpo, questo si muove di moto rettilineo uniformemente accelerato, con un’accelerazione direttamente proporzionale alla forza applicata.

Essendo direttamente proporzionali, vorrà quindi dire che la forza si otterrà moltiplicando l’accelerazione per una costante, una grandezza scalare, costituita in questo caso dalla massa.

Avremo dunque:

Il sigma indica la somma rispettivamente delle forze non equilibrate del sistema preso in esame e della massa totale del sistema, che, nel nostro caso, comprenderà il filo, il carrellino e i pesetti.

Il Terzo Principio della Dinamica, detto anche principio di azione e reazione, fu sempre enunciato da Newton ed afferma che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, ovvero con stessa intensità e direzione, ma con verso opposto.

Una dimostrazione di questo principio è data dalla presenza della reazione vincolare, ovvero la reazione uguale e contraria al peso.

Proprio per questo motivo, la reazione vincolare viene detta forza passiva, in quanto esiste solo per controbilanciare l’altra forza, che chiameremo quindi forza attiva, poichè esiste indipendentemente dallo stato e dal moto del corpo.

La forza e l’accelerazione sono grandezze vettoriali, poiché possiedono:

un modulo (o intensità), che indica la lunghezza del vettore

una direzione, ovvero la retta a cui il vettore appartiene

un verso, indicato dalla freccia del vettore

La massa è invece una grandezza scalare, poiché viene descritta solo mediante un numero.

Con il termine massa si indica la misura dell’inerzia di un corpo, ovvero della fatica che si incontra per metterlo e/o tenerlo in movimento. L’unità di misura della massa del Sistema Internazionale è il kilogrammo (kg).

Il modulo della forza si misura invece in Newton (N).

1 Newton corrisponde quindi alla forza che, applicata ad un corpo di massa 1 kg, gli imprime un’accelerazione di 1 m/s2.

Il peso di un corpo si ottiene invece moltiplicando la sua massa per l’accelerazione gravitazionale a cui il corpo è sottoposto.

Chiameremo allora forza peso la forza che attira tutti i corpi verso il centro, nel nostro caso, della Terra.

La massa è quindi una proprietà intrinseca dei corpi, poiché non viene influenzata dalla loro posizione nello spazio e dalla gravità.

Il peso è invece una proprietà estrinseca, poiché varia al variare dell’accelerazione gravitazionale, pur rimanendo costante la massa.

Oltre che in Newton, il peso può anche essere misurato in kilogrammi peso.

1 kg peso corrisponde alla forza di gravità avvertita sulla Terra dalla massa di 1 kg massa e quindi a 9,8 N.

Infatti:

1 kgp = 1 kg · 9,8 m/s2 = 9,8 N

Tuttavia, l’uso del kg peso è sconsigliato, in quanto non facente parte del Sistema Internazionale.

È ovvio che le misurazioni rilevate sono state influenzate dalla presenza degli errori e dell’attrito.

Esistono due tipi di errori:

gli errori casuali, ineliminabili

gli errori sistematici, che dipendono dallo strumento o dallo sperimentatore

Quando si sommano o si sottraggono due misure che presentano un margine di errore, esso andrà sommato nel risultato.

Es. 10±1 - 5±1 = 5±2

Quando si moltiplica una misura che presenta un margine di errore per uno scalare, anche l’errore andrà moltiplicato per lo scalare.

Es. 2 (10±1) = 20±2

L’attrito è la forza sempre esistente ed opposta al moto, che si manifesta ogniqualvolta due materiali sono a contatto fra di loro.

L’attrito di una superficie che rotola sull’altra e quindi, in questo caso, delle ruote prende il nome di attrito volvente.

L’attrito volvente è 100 volte più piccolo dell’attrito radente, che si ha quando due superfici strisciano l’una rispetto all’altra ed è eliminabile con cuscini ad aria o dischi di ghiaccio.

L'attrito viscoso è, invece, l'attrito dei corpi immersi in un fluido.

Conseguentemente a questo, quando prendiamo in esame, ad esempio, un corpo in caduta libera, notiamo come la sua velocità di caduta non dipende dalla massa, ma dalla resistenza dell’aria, sebbene l’accelerazione gravitazionale rimanga sempre la medesima.

In un caso di moto rettilineo uniformemente accelerato, l’attrito tenderà, insomma, ad annullare le forze e a passare a moto rettilineo uniforme.

Nell’esperimento, sebbene, usando il carrellino, l’attrito volvente sia 100 volte più piccolo, si ha un moto a strappi, con continui rallentamenti ed accelerazioni.

Bisogna inoltre tenere presente che la guida metallica non è perfettamente piana e quindi anche il percorso stesso del carrellino presenta delle imperfezioni e delle irregolarità, seppur lievi.

 

FORMULE UTILIZZATE

Anticipiamo, a grandi linee, lo schema dell’esperimento, per introdurre le formule che sono state utilizzate per la dimostrazione del secondo principio della dinamica.

 

Sotto vengono illustrati i passaggi per arrivare alla la formula inversa dell’accelerazione teorica.

Notare come g ed a siano entrambe accelerazioni, ma non si equivalgano, poiché la forza di gravità agisce anche su M, che ha una certa inerzia.

Se quest'uguaglianza viene rispettata, il secondo principio della dinamica è dimostrato.

 

 

Si chiama accelerazione sperimentale quella individuata calcolando la media aritmetica di tutti i valori rilevati.

Prende invece il nome di scarto percentuale la percentuale che indica il rapporto tra la differenza della misura più grande rilevata e di quella più piccola e la misura più grande.

Quanto più piccolo sarà lo scarto tra l’accelerazione sperimentale e quella teorica, tanto più i valori rilevati saranno attendibili.

 

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