RICORDANDO SERGIO PINZA E ANGELO TAVEGGIA

(da "La Nona Campana", novembre 2006)


In questa pagina vogliamo ricordare le imprese sportive di alcuni lonatesi per nascita o di adozione. Cominciamo con il motociclismo. Nell'ottobre 2006, all'età di 76 anni, ci ha lasciato Sergio Pinza, uno dei maggiori campioni lonatesi di motociclismo del secolo scorso. Lo ricordiamo con il profilo biografico proposto nel Tacuin da Lunà per l'anno 1998.

 

La passione di Sergio Pinza per le moto iniziò da ragazzo, aggirandosi tra le automobili e le motociclette dell'officina del padre Giacomo, da lui aperta dopo aver lavorato per otto anni all'assemblaggio degli aerei "Caproni", a Vizzola Ticino.

Sergio esordì nel 1946, nella 3a Categoria Regionale Lombarda, con una Sertum 250 monocilindrica, convenientemente elaborata con l'aiuto del fedele meccanico Antonio Soldavini, ottenendo in seguito numerose vittorie nei circuiti della Provincia di Varese.

Dal 1949, equipaggiato con una potente Guzzi 500, passò alla 2a Categoria Nazionale, riportando numerosi successi, tra cui quelli nei circuiti di Luino, Casale Monferrato, Spoleto e Terni, e piazzamenti significativi, classificandosi nel 1954 al secondo posto nel campionato di Categoria e al primo posto, l'anno seguente, con un netto distacco sugli antagonisti.

 

Sergio Pinza in azione sul tratto appenninico della Milano-Taranto del 1954

Sergio Pinza in azione sul tratto appenninico della Milano-Taranto del 1954

 

Dopo la brillante vittoria nella Milano-Taranto del 1954 (gara di velocità di 1.300 km, su strade ordinarie) con una Guzzi 500 "gambalunga", esordì nella 1a Categoria Nazionale con una MV 125, nella squadra di Ubbiali.

Su una MV 500 gareggiò poi con i campioni di allora (Liberati, Lorenzetti, Duke, ecc.), imponendosi nei circuiti di Riccione e Castellamare di Stabia. Con la stessa moto, nel 1955, vinse la corsa in salita Trento-Bondone e partecipò al "Gran Premio delle Nazioni" di Monza, però senza successo, a causa di nose meccaniche.

Nel 1957 venne chiamato a far parte della squadra della Guzzi, che l'anno successivo purtroppo cessò di partecipare ufficialmente alle competizioni sportive. Così, dopo una trentina di vittorie, Sergio Pinza si ritrovò un "centauro appiedato".

Sulle orme della passione del padre passò poi alle vie dei cieli, ottenendo il brevetto di pilota di 2° grado, abilitato a volare su aerei da ricognizione e da addestramento.

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Il 26 maggio 2019 ho scattato le foto sottostanti della quindicesima tappa del 102° Giro d'Italia, passata proprio per Lonate Pozzolo: qui la carovana transita all'incrocio tra Viale Ticino e Via Manzoni. Ero a circa 500 metri da casa mia (cadeva qualche goccia di pioggia, ma niente di che) e ho visto passare a un metro da me Vincenzo Nibali e la Maglia Rosa, l'ecuadoregno Richard Carapaz. Cliccate sulle immagini per ingrandirle.


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Il mio amico Wilmer ha anche girato questo video (commentato!). Ovviamente fa un grande tifo per Carapaz, essendo suo compatriota!

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Il Tacuin da Lunà per l'anno 2008 è stato invece dedicato al Bivacco Taveggia e alla parete Nord del Disgrazia, nell'intento di far conoscere ai lonatesi l'opera di un loro primo cittadino, lonatese d'adozione, oggi sconosciuta ai più. Ma ecco il motivo per cui il taccuino è stato dedicato proprio a questo tema.

 

Pur contando numerosi appassionati di montagna, alcuni valenti alpinisti e la pluridecennale presenza del Gruppo Alpini, i lonatesi non possono vantare alcun rifugio sulle Alpi. Ciononostante, qualcosa di "lonatese" esiste sulle Alpi lombarde: è il "Bivacco Taveggia", posto sulla cresta orientale della Punta Kennedy, nel Gruppo del Disgrazia, la cui costruzione avvenne nel 1928 per iniziativa dell'ingegner Pietro Giulio Bosisio (1897-1989), che fu sindaco di Lonate Pozzolo dal 1946 al 1951. Questo singolare episodio della storia dell'alpinismo lombardo fu svelato dall'esame di un fascicolo dell'Archivio Bosisio.

Pietro Giulio Bosisio e Angelo Taveggia (1897-1926) - milanese per nascita il primo, melzese il secondo - erano stati compagni di studi al Politecnico di Milano, dove si laurearono net 1921, e, da innamorati della montagna, diventarono intimi amici. Erano entrambi valenti alpinisti, accademici del Club Alpino Italiano, iscritti alla Sezione di Milano. All'inizio degli anni Venti, Bosisio aveva accompagnato nell'ascensione al Cervino il principe Hirohito, futuro imperatore del Giappone; Taveggia nel 1924 aveva scalato in solitaria la punta Dufour del Monte Rosa, dal versante di Macugnaga: "impresa grandiosa che ne rivelò, oltre l'energia fisica, la straordinaria energia morale", come ricordò lo stesso Bosisio (Cfr. P.G. Bosisio, "La vita alpina", in "Angelo Taveggia  - In memoriam", Milano, 1926). "Schivo com'era dal facile applauso, a pochi amava parlare della sua passione per la montagna: « a quelli che mi capiscono, degli altri non mi curo ». Egli si confidava ad una ristretta cerchia di appassionati come lui. Non sempre fu un solitario sui monti; lo fu solo quando la compagnia avrebbe potuto sminuirlo di coraggio e di fede. Le grandi salite lo videro solo, ma quante gite sociali della Sezione di Milano del CAI lo ebbero volenteroso ed allegro animatore! Un altro suo godimento era quello di poter trascinare amici ai monti".

Nel luglio del 1926 Taveggia decise di affrontare una ben più impegnativa ascensione: la scalata in solitaria della parete nordest del Pizzo Roseg, impresa che era riuscita trentotto anni prima solo ad uno scalatore svedese, L. Normann-Neruda, accompagnato dalla guida engadinese C. Klucker. Partì all'una di notte del 18 luglio dalla Chamanna da Tschierva, ma non fece più ritorno. Alle ore sette del mattino era stato intravisto da una cordata svizzera, all'altezza del gigantesco salto di ghiaccio che interrompe la parete del Roseg, ma dieci minuti dopo, come si sarebbe poi accertato, il suo corpo esanime giaceva ai piedi dello sdrucciolo vertiginoso.

Come scrive la guida del CAI-TCI, nome più "disgraziato" non poteva essere dato a questa popolarissima montagna. Tale denominazione è però dovuta all'errata trascrizione da parte dei topografi della parola desglácia, termine con il quale i valligiani indicavano gli alti pascoli, dominati dalla fronte dei ghiacciai e soggetti d'estate alla fusione della neve e del ghiaccio.

Informato della scomparsa dell'amico, Bosisio corse subito alla sua ricerca ai piedi della parete. Ne progettò poi il monumento funebre nel cimitero di Pontresina e, soprattutto, diede vita al Comitato milanese che raccolse i fondi necessari per costruire un bivacco da intitolare a Taveggia, per mantenerne viva la memoria.

L'ing. Bosisio partecipò di persona alla scelta del luogo in cui porre il bivacco sul Disgrazia, "montagna tanto cara ad Angelo". Venne scelto di posizionarlo nei pressi del "Passaggio della Vergine", a 2.845 metri di altezza, nel luogo dove gli alpinisti che risalivano il ghiacciaio della Ventina passavano la notte all'aperto, prima di raggiungere la vetta del Disgrazia. Sempre Bosisio ne seguì passo passo la costruzione, il trasporto e la posa, e fece sì che il 7 luglio 1929, giorno della sua inaugurazione, fosse donato alla sezione milanese del Club Alpino Accademico Italiano.

 

7 luglio 1929: Pietro Giulio Bosisio, al centro della foto, in attesa dell'inaugurazione del Bivacco Taveggia

7 luglio 1929: Pietro Giulio Bosisio, al centro della foto,
in attesa dell'inaugurazione del Bivacco Taveggia

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

 

Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla storia recente di Lonate; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.


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