La monetazione romano-campana

La nascente potenza romana ben presto prese contatto con le colonie greche dell’Italia meridionale e prima tra queste Neapolis.
I rapporti con la città campana si strinsero al punto che nel 312 si diede inizio alla costruzione di una strada, la via Appia, che facilitava le comunicazioni verso sud.
E’ chiaro che le monete della città campana, in particolare le comode Didramme d’argento, erano note e ben accette nei mercati di Roma.
Ci si accore subito che la moneta fusa era adatta ai commerci interni o al più con quelli con le città etrusche e centro italiche, ma non c’era possibilità di farla accettare ai mercati evoluti e raffinati del sud Italia.

Non c'è quindi da stupire se la prima moneta d’argento coniata da Roma segua il sistema ponderale greco e sia un Didramma.



Infatti il crescente sviluppo delle relazioni commerciali di Roma con la Magna Grecia, portò in un primo tempo i romani ad adottare in toto il sistema monetario greco e a emettere monete che, sebbene siano emesse sotto l'autorità di Roma come testimoniano le legende adottate, venivano coniate in zecche della Campania secondo il sistema ponderale greco.

Ulteriori spie di questo completo assoggettarsi al modello greco è il fatto che nei nuovi Didrammi manchi il segno del valore (fino a quel momento presente sulla moneta romana) e non ultimo la tipologia e lo stile tipicamente greci. La legenda (ossia le scritte impresse sulla moneta) di questa nuova monetazione è illuminante.
Su una Litra in bronzo (Apollo/toro androprosopo), probabilmente della zecca di Neapolis, compare la scritta Romaion un genitivo greco, ovvero “dei romani”, come se si trattasse di monete emesse fuori dall’Urbe per i romani.
Questa rara Litra fu forse una prova per saggiare la successiva produzione.
Sul primo Didramma della serie (Marte/protrome equina) compare la scritta ROMANO in caratteri latini, ma con lo stesso significato del genitivo greco.



Didramma Ar; Marte in elmo corinzio/Protrome equina, ROMANO (335-311 aC, Metaponto?)

Successivamente si passò alla scritta ROMA al nominativo (o ablativo, in urbe Roma).




Si ritiene che il passaggio dalla scritta ROMANO alla scritta ROMA corrisponda al passaggio della produzione delle monete nell’Urbe.


Didramma - testa di Ercole con clava/Lupa capitolina con i gemelli, ROMANO (335-312 aC Roma?)


Basilare per l'inizio della attività di monetazione romana fu' l’apporto delle zecche italiche (Neapolis, Luceria, Metaponto, Crotone) che in un primo tempo collaborarono nel produrre moneta a nome dei Romani.
In questo senso la monetazione “romano campana” sarebbe da intendere come una produzione più “italica” che romana in senso stretto, una produzione imposta o richiesta alle città satelliti nel nome di Roma.
I lavoranti della zecca di Neapolis erano di una bravura sconcertante… guardate la finezza e la modernità del ritratto femminile di profilo di questa moneta.



Zecca di Neapolis – Didramma - Testa della ninfa Partenope/toro androprosopo

Io sono allibito dalla abilità del ignoto incisore del conio, un artista degno di eterna fama come Apollodoro ma di cui non conosceremo mai il nome.

Il crescente sviluppo delle relazioni commerciali di Roma con la Magna Grecia, dove l'uso della moneta era già sviluppato, portarono i romani in uno primo tempo ad adottare monete che, sebbene siano emesse sotto l'autorità di Roma come testimoniano le legende adottate, venivano coniate in zecche della Campania, secondo il sistema ponderale greco.
Dobbiamo quindi aprire una parentesi e spiegare il sistema monetario Greco dato che quello romano delle origini ne ricalcava i valori e la denominazione delle monete.

Il sistema monetario greco

Come abbiamo visto brevemente nel capitolo "Origini", il sistema monetario dell'antica Grecia era basato sulla Dracma o Dramma.
Il nome Dracma (Dracmh) deriva dal verbo "afferrare" (drassomai) e avvalora l'ipotesi che il valore economico di questa moneta dovesse derivare da una "manciata" (drax) di altri oggetti, all'inzio forse grano, in seguito probabilmente Oboli.
L'Obolo, a sua volta deriva il nome da obelos, che significa "spiedo di ferro" e si rifà all'uso del metallo sottoforma di verghe negli scambi commerciali fra l’VIII e il V secolo a.C., prima dell'adozione della moneta. Nella monetazione greca, la Dramma in argento aveva un valore pari a 6 oboli.

La Dracma, in realtà, non rappresenta un valore unitario assoluto ma viene definita come la metà di uno Statere (stathr), che è in realtà il valore di riferimento.
Lo Statere rappresentava l'unità monetaria per le monete d’oro, con un peso di circa 8,7 g. ed il suo valore è due Dracme.
Lo stesso valore ha il Didramma, che dovrebbe essere l'equivalente argenteo della moneta aurea.

Ma la moneta greca di gran lunga più utilizzata, dal V secolo a.C. fino ad Alessandro Magno, fu il Tetradramma, con un valore di quattro Dracme.
Il diritto della moneta rappresentava il profilo della dea Atena, mentre sul rovescio era riportata una civetta, che era l'animale sacro della dea.


Tétradracma d'argento S
Sul dritto: testa di Athena con corona d'ulivo
Sul verso: civetta, rami di ulivo e mezzaluna - 460-450 a.C.


Poi veniva la Mina, pari a 100 Dramme,
Infine il Talento che rappresenta la massima unità ponderale nel mondo orientale e greco, pari a 60 mine. Ben 6000 Dramme o 3000 Stateri d'oro.
Ricordiamo la parabola dei quattro Talenti del Vangelo… il padre aveva assegnato ai figli una vera fortuna!!!

Le monete di valore inferiore, invece, erano realizzate in rame; l’unità monetaria era la Litra (litra), diventata poi Libra come unità di peso romana ed anche termine che indicava un tipo di bilancia.
L’uso nelle colonie greche in Sicilia del rame a peso per gli scambi commerciali, costrinse a fissare un rapporto fra la moneta in argento delle città greche e l’unità di valore delle popolazioni locali.
Venne creata, quindi, una Libra in argento con un valore di 1/5 di Dramma, alla quale si sostituì in seguito una Libra in bronzo.
Altra frazione dell'Obolo era il Chalkus (dal greco chalkus, rame), che era una moneta in rame dell'Attica, con un valore pari all'ottava parte dell'Obolo.

la Dracma o il Dramma romana

E' il valore di riferimento ed è un moneta in argento, del diametro di 17 mm e del peso di 2,95-3,73 g. Chiamata anche Quadrigato per la presenza di una quadriga sul dritto sopra alla scritta ROMA che ne certifica la proprietà di emissione.
Sul verso c'è la testa gianiforme dei Dioscuri laureati.




Il Didramma romano

La prima moneta romana d'argento fu il Didramma.
Questa moneta, realizzata sullo base del sistema monetario greco, fu coniata a Capua nel 312 a.C. con un peso di 6,82 g.

Le prime emissioni di questo tipo sono relative a due successive serie di in bronzo una litra che presentano al dritto la testa di Apollo e al rovescio un toro con volto umano; la legenda presente nella prima serie riporta il nome "Roma" in caratteri greci, mentre nella seconda serie vengono utilizzati caratteri latini per la scritta "ROMAION".
Per quanto riguarda le monete d'argento, dalla fine del IV secolo e nei primi decenni del III a.C. furono coniate tre serie con un valore equivalente a quello della Didracma (7,40 g) e della Dracma greca (3,30 g), che avevano sul retro la legenda "ROMANO".



Successivamente, furono coniate delle serie che riportavano la legenda "Roma", caratterizzata da un peso inferiore alle precedenti e presumibilmente coniate a Roma.
Il Didramma venne sostituito a partire dal 221 a.C. da un'altra moneta in argento, il Vittoriato, che ebbe, però, minore diffusione.

Il Vittoriato

Nel corso del III secolo aC Roma produsse, in concomitanza con il Denario, un enigmatico nominale d’argento, definito dalle fonti antiche Victoriatus.
Così ci narra la sua nascita niente meno che Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia - Libro XXXIII

“Livius Drusus in tribunatu plebei octavam partem aeris argento miscuit.
is, qui nunc victoriatus appellatur, lege Clodia percussus est; antea enim hic nummus ex Illyrico advectus mercis loco habebatur. est autem signatus Victoria, et inde nomen.”

Il tribuno della plebe Livio Druso mescolò l' argento con una ottava parte di rame.
La moneta, detta ora "Vittoriato" fu autorizzata dalla legge Claudia, ma anche in precedenza era usata nei commerci con l'Illiria. Rappresenta la Vittoria e da ciò prese il nome.


Vittoriato, Apulia, Argento 3.30 g. Q al rovescio


I tipi costantemente presentati da questa moneta sono al diritto testa laureata di Giove, al rovescio la Vittoria che incorona un trofeo d’arme.
Il Vittoriato, al contrario delle altre monete romane, non porta impresso il segno del valore.
Dal punto di vista ponderale appartiene al sistema metrico del Didramma, di cui costituisce la metà (Dracma). Sono noti, benché rari, mezzi vittoriati.
L’unico Doppio Vittoriato conosciuto, conservato a Parigi, è probabilmente un falso.
Dalle fonti sappiamo che nel 217 a.C., dopo l'inizio della 2° guerra punica, allorché la lex Flaminia ridusse il peso del Denaro romano a gr. 3,90, il Vittoriato fu ridotto a gr. 2,92 affinché risultasse invariato il rapporto con il denario.
Una successiva riduzione subì verso il 104 a.C. in seguito alla lex Clodia che ne fissava il peso a gr. 1,95 rendendolo quindi pari a mezzo Denario e portandolo, di fatto, a ricostituire il Quinario romano.

Uno studioso belga (P. Marchetti, Historie économique et monétarie de la deuxième guerre punique, Bruxelles 1978) ha proposto una tesi molto originale, ovvero che il Vittoriato sarebbe la valuta con cui i romani pagavano gli auxilia, le truppe ausiliarie dei soci italici alleati delle legioni romane. Secondo questa teoria mentre ad un legionario romano veniva corrisposta una paga di un Denario ogni 4 giorni, ad un soldato ausiliario per il medesimo periodo di tempo sarebbe stato corrisposto un Vittoriato.
Una piccola frode che avrebbe permesso però ampi risparmi all’erario romano.
Tale teoria risulta poco corroborata da dati oggettivi, se non per il soggetto del rovescio di natura militare e per il ritrovamento di Vittoriati in Spagna, collegabili alle manovre belliche della II guerra punica.


Vittoriato, Luceria, Argento 3.36 g. L al rovescio

Quale che sia stata la sua funzione e la sua datazione, il Vittoriato si colloca nel contesto del variegato circolante del III-II secolo aC, nel quale vediamo affiancarsi in Italia monetazioni e sistemi ponderali diversi, taluni di origine italica altri importati dalle colonie greche.
All’interno di questo complesso quadro Roma, nel corso della sua espansione, ebbe la necessità di emettere un nominale svalutato quale divisa di occupazione o a scopo commerciale


Vittoriato Crotone, 2.59 gr .CROT a rovescio.


Interessante notare come lo stile del conio sia influenzato fortemente dalla zecca che lo emette. Molto ellenico quello di Crotone qui sopra (ed anche sensibilmente più leggero), più “romani” e pesanti i due precedenti battuti ad Apuleia e Lucera.

Il Tetradramma

Era la moneta greca del valore di quattro Dracme.
Non venne mai coniato a Roma

Lo Statere

Lo Statere rappresentava l'unità monetaria per le monete d’oro, con un peso di circa 8,7 g.
Il suo valore è due Dracme.
Il termine "statere" indica la condizione di equilibrio dei due piatti della bilancia.
Infatti se io metto sui due piatti di una bilancia una Dracma per piatto (ossia due Dracme) ottengo l'equilibrio!
Anche qui sul rovescio, come nella Didramma, la testa gianiforme dei Dioscuri e sul dritto una scena di giuramento solenne. Dovrebbe far riferimento al giuramento di fedeltà che fece seguito alla pace del 290 a.C. tra Romani e Sanniti dopo la vittoria romana del 295 a.C. presso Sentinum.



Nella scena due guerrieri, in piedi, puntano le spade verso un porcellino tenuto in braccio da un terzo guerriero, al centro, in ginocchio. Il guerriero di sinistra è barbato, indossa un'armatura cinta al busto e si appoggia con la mano sinistra ad una lancia; il guerriero di destra, imberbe, porta sopra l'armatura una corazza e tiene con la mano sinistra il fodero della spada e la lancia rivolta in basso


Le monete di valore inferiore venivano coniate in argento, con un rapporto in valore con l’oro a parità di peso di 1:10;


L'Obolo

Un Obolo (dal greco obolòs = lo "spiedo di ferro", che inizialmente era usato per il baratto delle merci) era nell'antica Grecia una piccola moneta divisionale con un valore di 8 Chalkus. Sei Oboli valevano una Dracma (una Dracma era un pugno di sei spiedi).
6000 Dracme erano equivalenti ad un Talento attico.
Inizialmente l'Obolo era battuto su monete d'argento. Più tardi fu battuto su monete di rame.


Nell'antica Roma un Obolo valeva un 1/48 dell'oncia romana, cioè circa 0.57 g.

L'Obolo la classica moneta che veniva messa in bocca ai morti per pagare il traghetto a Caronte nell'aldilà ed ilsuo nome è rimasto proverbiale e viene usato nella nostra lingua per definire una offerta o una piccola regalia in denaro a scopo benefico.

La Litra

Era l'unità di misura della moneta di basso valore greca, pari ad una libbra.
Venne quindi presto sostituita dal Aes Gravis che pesava anche lui una libbra.