LE TRE GUERRE MONGOLICHE

(1207 - 1235 aUc = 454 - 482 d.C.)


Valeriano

La morte di Akbar a Shangai risolve ogni problema di successione al trono, perché al suo arrivo Valeriano viene immediatamente acclamato imperatore. Egli però fa giustiziare l'assassino di Akbar di Samarcanda, chiarendo che non tollererà alcun atto di violenza politica sotto il suo regno, e subito proclama un'amnistia generale, rinunciando a vendere come schiavi i prigionieri, probabilmente sotto l'influsso delle dottrine buddhiste apprese in Tibet. Egli inquadra subito nei ranghi dell'esercito romano le truppe cinesi che gli si sono arrese, portando il numero delle legioni a settantacinque, ed "arruola" i mandarini (funzionari) cinesi nell'amministrazione delle province che Esempio di artigianato cinese risalente al regno di Valeriano intende creare. Mentre Decio ed Akbar intendevano costituire un'unica, immensa provincia di Serica, egli mantiene i confini ed anche i nomi delle 13 province cinesi (Hopei, Anhui, Fujian, eccetera), volendo segnare una netta continuità con il regime precedente. Questa politica trova il suo culmine nel trattamento riservato all'ultimo imperatore cinese, Fu Ti, che si è arreso nelle mani di Akbar al termine dell'assedio di Shangai: Valeriano rinuncia alla consuetudine romana che vorrebbe il nemico vinto trascinato dietro il carro del vincitore attraverso le vie dell'Urbe, e poi decapitato, come accadde a Vercingetorige; gli assegna anzi il regno vassallo di Tai Wan, chiamata Formosa dai Romani, che resterà suo fino alla sua morte, per poi venire riassorbita dall'Impero Romano. Tanta generosità colpisce favorevolmente l'animo dei Cinesi, che sotto un tale signore sono disposti ad accettare la dominazione straniera, tanto più che chiunque può incontrare l'Augusto e presentargli le proprie rimostranze per qualunque questione, mentre il Figlio del Cielo cinese viveva nella Città Proibita e nessuno aveva il diritto neppure di guardarlo negli occhi. Insomma, se con la guerra Serica l'Impero ha acquistato delle province ricchissime, anche la Cina ci ha guadagnato molto, conoscendo per la prima volta nella sua storia il concetto di monarchia liberale.

 

Gallieno

Intanto il Senato di Roma si spacca in due: alcuni Patres Conscripti approvano la politica di conciliazione dell'Augusto, altri vorrebbero una romanizzazione o perlomeno una grecizzazione della Cina, così come è avvenuto in larga parte per l'Etiopia e per l'India. Valeriano decide di troncare la questione nominando Cesare il figlio Gallieno, che si è distinto nel corso della Guerra Serica sgominando un esercito di Khmer filocinesi, e lo invia a Roma perché vi risieda, controllando le lotte di potere fra i Senatori, e soprattutto riprendendo in mano il governo delle province d'Occidente, che negli ultimi vent'anni è stato praticamente in mano ai soli senatori. Egli invece risiede a Pechino, con l'intento di consolidare le recenti, importantissime conquiste. E' questo il primissimo abbozzo della futura suddivisione tra Impero d'Occidente ed Impero d'Oriente che dominerà il Medioevo, con un Augusto a Roma ed un altro a Pechino. E la futura superiorità dell'Oriente sull'Occidente è anticipata dal fatto che l'Augusto risiede in Cina, non a Roma, oltre che dalla già ricordata conversione di Valeriano al Buddhismo.

 

Prima Guerra Mongolica

Valeriano pensa che l'Impero sia ormai giunto al culmine della propria estensione, avendo assorbito tutti gli imperi conosciuti, e che gli Augusti del futuro dovranno limitarsi a proteggerne le frontiere contro le scorrerie dei popoli della steppa, da lui sottovalutati e ritenuti inadatti a venire civilizzati. Ordina perciò il restauro della muraglia cinese, che in alcuni punti sta letteralmente cadendo a pezzi, e dispone la costruzione di analoghe fortificazioni nel nordest della Russia, per proteggere l'Europa dai popoli di stirpe mongolica. Ma proprio i Mongoli tanto poco considerati dal Signore di un impero che ormai va dall'Atlantico al Pacifico, daranno tanto di quel filo da torcere ai Romani, da convincerli che c'è molto altro al mondo da conquistare e da pacificare.

Infatti la Via Serica, ormai interamente in mano romana, è in continuazione minacciata da questi popoli nomadi, adoratori della Natura, privi di un'organizzazione statuale sul modello delle culture cittadine dell'Europa, della Persia, dell'India e della Cina, e che a dir la verità non costituiscono neppure un popolo omogeneo, essendo formati da un miscuglio di Buriati, Oirati, Kirghisi, Naimani, Keraiti, Merchiti, Tungusi e Tartari. Essi sono uniti fra di loro solo dall'odio per i Ch'in prima e per i Romani poi, percepiti come fiacchi ed inetti padroni delle ricchezze della Terra, da cui vogliono escludere i "figli primogeniti" della Gran Madre Universale, cioè loro stessi. Vista la resistenza offerta dalle legioni romane (ma in realtà formate quasi interamente da cinesi) stanziate lungo la Grande Muraglia, questi popoli decidono di concentrare i loro attacchi proprio sulla Via Serica e sulle fortezze che la presidiano, costituendo così una vera e propria spina nel fianco per l'impero di Valeriano. Purtroppo l'Augusto deve confrontarsi con il più grande condottiero che i Mongoli abbiano mai conosciuto, Chagatay Khan II, figlio del capo già sconfitto da Akbar nel corso della seconda fase della Guerra Serica: questi ha compreso l'importanza di una struttura politica organizzata come quella dell'impero romano, ed ha federato tutte le tribù mongole e siberiane in una sorta di stato che ha dotato anche di una capitale, il campo trincerato di Karakorum. Chagatay Khan II, animato da profonda avversione nei confronti di coloro che hanno inflitto a suo padre una bruciante sconfitta, estende la sua supremazia anche alla Corea, che i Romani si sono limitati a considerare un regno vassallo, ed alla Zungaria (Turkestan orientale), premendo sul Tibet e sulle province orientali della grande Cina. In tal modo può letteralmente boicottare i commerci via terra tra l'Europa e la Cina, tanto che nel 459 d.C. (1212 aUc) Valeriano è costretto a chiudere la Via Serica perché ormai troppo insicura. La consapevolezza di avere inflitto una sconfitta sul piano militare e commerciale insuperbisce a tal punto Chagatay, da convincerlo ad attaccare direttamente la Grande Muraglia presso Ninghsia, nel tentativo di espugnarla (giugno 460). Lo stesso Valeriano accorre allora in forze per fronteggiare il nemico, ma nel violento scontro contro l'orda mongola è ferito e preso prigioniero. Lo scalpore è grandissimo, come ai tempi in cui l'imprudente Dario era stato catturato dal re del Malì, e l'Impero è scosso dalle fondamenta dalla notizia che l'Augusto è caduto in mano nemica, poiché la fama di invincibilità delle legioni romane subisce un colpo tremendo. Allora Gallieno, dopo aver mandato i propri generali a sedare le insurrezioni sorte alla notizia della cattura dell'imperatore, lascia Roma con il sostegno del Senato, dei militari e dei borghesi che lo hanno acclamato Augusto, e a tempo di record raggiunge Pechino, dove organizza immediatamente una spedizione punitiva, passata alla storia con il nome di Prima Guerra Mongolica.

 

Seconda Guerra Mongolica

Inizialmente egli trova scarsa resistenza e riesce a penetrare in profondità fino alla fortezza mongola di Khara Khoto, la chiave per arrivare a Karakorum; ma, prima ancora di mettersi sulla strada che porta alla capitale di Chagatay, viene a sapere che i Mongoli alle sue spalle stanno di nuovo insidiando la muraglia, ed anzi l'hanno sfondata in un punto pericolosamente vicino alla capitale Perchino. Rientra precipitosamente, ma i Mongoli sono già rientrati nel loro territorio dopo aver menato morte e disperazione nella Cina del nord. Avendo avuto notizia da alcuni delatori che suo padre sarebbe imprigionato a Mukden, al confine tra Corea e Manciuria, si lancia allora all'assedio di quella piazzaforte, ma lo sfortunato Gallieno muore durante l'assedio il 31 agosto 465, senza essere riuscito a rivedere il padre. Di Valeriano non si saprà mai più nulla, e sulla sua sorte fioccheranno le leggende, da quella che lo vuole sepolto vivo dai Mongoli in una località segreta, fino a quella che lo crede liberato dalla prigionia per opera del dio Marte in persona, che poi lo avrebbe portato con se' sull'Olimpo.

Il Senato elegge allora imperatore Claudio III, il più valente tra i generali di Gallieno, che dimostra subito eccezionali doti militari portando a termine la conquista di Mukden, e poi facendo irruzione in Corea, che punisce con stragi e con la deportazione di tutta la classe nobiliare per aver aperto le porte a Chagatay. Dopo aver costituito la provincia di Corea, con capitale Seul, ritorna verso Mukden che le orde mongole stanno cercando di recuperare, e la espugna una seconda volta (anno 468). Risale poi lungo la Manciuria e penetra in pieno territorio mongolo, mentre il suo luogotenente, il prode generale Guang Zhu che si è già distinto durante la Guerra Serica, tiene a bada i Mongoli impegnandoli in tre punti immediatamente al di là della Grande Muraglia. Questa nuova, vittoriosa campagna prende il nome di Seconda Guerra Mongolica. Claudio III non può portarla a termine perché anch'egli muore in battaglia, nella difesa della fortezza di Hailar da lui stesso fondata, che diverrà una delle città più settentrionali dell'Impero in terra asiatica. Allora Guang Zhu assume il titolo di Augusto, primo cinese della storia a farlo, in un certo qual modo "vendicando" la vittoria romana nella Guerra Serica, visto che ora è un cinese a governare Roma, non Roma a governare i cinesi. Il Senato infatti si rifiuta di ratificare la nomina, preferendo indicare un generale occidentale, Aureliano di Magonza, ma Guang Zhu risponde assumendo proprio il nome latino di Aureliano, come ad affermare che l'unico vero Aureliano è lui, nomina Cesare il proprio braccio destro Quan Dhu, lo lascia a controllare la situazione nella Cina settentrionale e riparte contro gli odiati barbari del nord. Adotta una tecnica quanto mai ardita e singolare: attraversa tutta la steppa mongola, sgomina prima i Tungusi, poi i Kirghisi ed infine i Buriati, e giunge fin sul lago Bajkal, il lago più profondo del mondo, da lui ribattezzato Lacus Valerianus; quindi ritorna indietro, punta su Karakorum da nord, e dopo una marcia di duemila miglia (quella che nella storia sarà ricordata come la Lunga Marcia) affronta i nemici in campo aperto. Stavolta tutto l'ardore ed il valore delle orde mongole non possono nulla contro di lui, rinforzato dalle sei legioni condotte da Quan Dhu proveniente da sud, che hanno appena conquistato la Mongolia Interna. Il nemico è annientato, anche Chagatay Khan II cade combattendo valorosamente, ed a questo punto l'Augusto ed il Cesare piombano su Karakorum, mettendola a ferro e fuoco (2 luglio 476 d.C. - 1229 aUc). La seconda guerra mongolica termina con il trionfo di Aureliano e di Quan Dhu a Pechino, il primo celebrato fuori da Roma. La riduzione della Mongolia a possesso romano - ma dovremmo dire cinese! - e la sua divisione n tre grandi province costituiscono un successo incontestabile, ed il Senato, che per un decennio ha insistito prima sull'Aureliano tedesco e poi su altri imperatori occidentali fantocci, è costretto a cedere e a riconoscere all'Aureliano cinese il Consolato Perpetuo e la Tribunicia Potestas. Tutta la Cina è in festa, sia per la conquista della Mongolia dopo anni e anni di scorrerie, sia per il fatto di essere divenuta improvvisamente il cuore dell'Impero Romano: lungi dall'essere rimpicciolita e sottomessa, ha esteso fino all'oceano Atlantico il potere del suo imperatore autoctono, cui infatti i cinesi tornano a riconoscere l'attributo di Figlio del Cielo. Dopo un Romano (Valeriano) padrone della Cina, ecco un Cinese padrone di Roma.

La conquista della Mongolia

Mentre le guerre mongoliche tengono impegnati gli eserciti cinesi e romani, ormai divenuti una cosa sola, al sud i navigatori arabi proseguono la loro opera colonizzatrice, raggiungendo prima Sumatra e Giava, con cui i mercanti cinesi avevano già avuto relazioni prima di loro, e poi il Borneo e le Molucche. Da ultime, verso la fine del quinto secolo verranno raggiunte le isole Filippine, così dette dal suo scopritore, l'avventuriero arabo Filippo di Carace. Tutte le isole or ora nominate verranno organizzate come provincie prima dell'anno 500, assicurando così a Roma anche il pieno controllo delle vie marittime per le isole delle spezie.

 

Terza Guera Mongolica

Ma le guerre mongoliche non sono concluse, perché nel 481 d.C. (1234 aUc) un capotribù tunguso, presentandosi (quasi per certo mendacemente) come il figlio naturale del defunto Chagatay Khan II, assume il nome di Chagatay Khan III, riesce a radunare intorno a sé le tribù tunguse, mongole, tartare e siberiane che non hanno voluto accettare la supremazia cinese e romana, espugna alcune piazzeforti lungo la Via Serica e giunge a compiere razzie fin quasi alle porte di Pechino: pur non trattandosi di una vera guerra dichiarata da una nazione contro l'Impero, questa verrà ricordata dagli storici con il nome di Terza Guerra Mongolica. Aureliano gli invia allora contro Quan Dhu, che a sua volta ha preso il nome latino di Caro, e questi prima lo attira allo scoperto in una battaglia campale, quindi lo batte e lo uccide a Thagura e ne rade al suolo la capitale Karadong. In questo modo la via della Seta è definitivamente posta sotto il controllo dell'Impero, ed anche la Zungaria, l'unica regione al centro dell'Asia finora sfuggita al controllo romano, può essere organizzata in provincia già nel 482.

 

Fino al 60° parallelo

Così come era accaduto ai Germani ed agli Slavi in Europa, latinizzati dopo essere stati battuti e soggiogati, anche i Mongoli a poco a poco vengono "cinesizzati": gran parte di essi abbandona lo stile di vita nomade per risiedere nelle nuove città, tra di essi si diffonde il Buddhismo (e, in misura minore, il cristianesimo monofisita) a discapito dei culti tradizionali, la loro lingua comincia a venire scritta con caratteri cinesi, ed in buona sostanza essi diventano parte integrante dell'Impero. Ma la fine delle guerre mongoliche non arresta l'espansione cinese e romana, perchè da qui in poi ha inizio la penetrazione in Siberia. A questa contribuiscono anche i Russi e i Kazakhi, entrati nel quinto secolo in una fase di espansione verso oriente grazie alle spedizioni di alcuni arditi esploratori, dei quali riparleremo. I Russi giungeranno sul Pacifico dove fonderanno la città di Vladivostok (Porta dell'Oriente), ed organizzeranno ben tre remote provincie nel grande nord: Siberia, Tuva ed Amuria (dal nome del fiume Amur). Ma questa penetrazione non sarà affatto indolore, perchè questa penetrazione causeranno numerosi attriti tra gli invasori ed i nomadi siberiani, finché nel 501 le truppe russe si scontreranno con quelle Jacute in una sanguinosa battaglia sulle rive del grande fiume Lena. Sarà proprio questa battaglia a convincere l'imperatore Diocleziano ad arrestare l'espansione verso nord fissando definitivamente il confine del suo impero sul 60° parallelo, il cui tracciato sarà fissato con somma precisione dagli astronomi cinesi, nonostante la straordinaria impresa del generale vichingo Bering, che nell'anno 500 riuscirà a scendere lungo il fiume Jenisei sino alla foce nel Mar Glaciale Artico (ma questa sarà l'unica volta nel mondo antico che qualcuno ci è riuscito).

Infine, l'attività dei pirati giapponesi lungo tutte le coste cinesi porterà alla conquista del Giappone, l'ultima provincia che ancora manca all'Oriente; ma di questo riparleremo nei capitoli seguenti. Aureliano Magno, come lo chiamano gli storici, muore nel 482, lungamente compianto da tutta la popolazione cinese, e non solo da essa.


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