SULLE ORME DI ALESSANDRO MAGNO

(933 - 984 aUc = 180 - 231 d.C.)


Fine del Principato Adottivo

Marco Aurelio trascorre quasi tutto il suo regno nel tentativo di consolidare le recenti conquiste di terre affatto selvagge ed ostili, e di proteggere il confine settentrionale dagli attacchi dei Venedi, genti di stirpe slava che hanno costituito una forte federazione di popoli sul modello di quella di Rua, di fatto sostituendo gli Unni e contribuendo a cementare tra loro Romani e Germani, loro acerrimi nemici. Dopo la morte del fratello Lucio Vero, al quale in un primo tempo aveva pensato come suo successore, Marco Aurelio si associa al trono il figlio Commodo, che gli succede quando egli muore a Vindobona (Vienna) nel 180.

Dopo un inizio saggio ed equilibrato, Commodo si disinteressa completamente o quasi della vita politica romana e si abbandona ad ogni genere di stranezza, come Caligola e Nerone prima di lui. Qualche esempio? Si atteggia a gladiatore, scendendo personalmente nell'arena; conclude una pace ingloriosa con i Venedi, consentendo loro di occupare buona parte della Sarmazia tanto a lungo difesa da suo padre; progetta di ribattezzare Roma con il nome di Colonia Commodiana; ama mostrarsi in pubblico vestito solo di una pelle di leone ed asserisce di continuo di essere la reincarnazione di Ercole; e si fa addirittura proclamare dio quando ancora è in vita, pretendendo che tutti i sudditi brucino incenso per lui, e di conseguenza scatena nuovi pogrom contro Ebrei e Cristiani che non ne vogliono sapere.

 

Lucio Vero, l'eroe che voleva ritirarsi a vita privata

Alla fine, stanchi di tutte queste sanguinarie bizzarrie, nel 193 i senatori ordiscono una congiura e lo levano di mezzo, anche se devono affrontare una rivolta dei pretoriani, resi potenti da Commodo durante il suo dissoluto regno. Chi salva Roma dall'ennesima guerra civile è Lucio Vero il giovane, figlio del fratello di Marco Aurelio e cugino di Commodo, da questi fatto imprigionare e poi esiliare ad Amburgum, sul mare del Nord, avendo avuto sentore che qualcuno pensava a lui come Cesare legittimo. Ritornato tempestivamente a Roma quando gli giunge notizia dell'assassinio di Commodo, Lucio Vero piomba con una legione sui pretoriani asserragliati nel Campidoglio assieme ad un centinaio di senatori loro ostaggi e ne mena strage, riuscendo a liberare i prigionieri. Egli vorrebbe ritirarsi e convincere i senatori a restaurare la Repubblica, ma i patrizi riconoscenti gli attribuiscono la potestà imperiale. Egli accetta dopo molte riluttanze, e dopo essersi fatto promettere che saranno loro a governare mentre lui, come suo zio Marco Aurelio, si preoccuperà di difendere i confini dell'Impero. I senatori accettano di buon grado, ed egli parte immediatamente per il nord, tanto che regnerà senza mai risiedere a Roma.

Le grandi mura della capitale dei Carmanii, espugnata da Svetonio il GrandePer tre anni combatte i Venedi in Sarmazia ed in Caucasia, riuscendo a strappare loro i territori ingloriosamente sgomberati da Commodo, con l'aiuto del prode amico e generale Caio Svetonio, l'unico che, durante la triste era commodiana, ha tenuto alto il nome di Roma in quelle terre remote. I due condottieri devono però lasciare precipitosamente la pianura sarmatica perchè i Parti, tradizionali rivali di Roma in oriente, hanno pensato di trarre vantaggio dall'indebolimento di Roma durante il regno di Commodo, e di rioccupare le province mesopotamiche strappate loro da Traiano. Sotto la guida del loro ultimo grande re, Artabano V, essi hanno rioccupato Ctesifonte, la loro antica capitale, e da lì intendono spingersi sino in Siria e in Anatolia. Anzichè perdere tempo ad aggirare il Mar Nero, Lucio Vero e Caio Svetonio, che in quel momento si trovano nella Colchide, varcano il Caucaso con le loro truppe, impresa fino ad allora mai tentata da nessuno, ed in Armenia vengono accolti come dei liberatori. Piombano quindi su Ctesifonte e la riconquistano, varcano il confine di Traiano e cingono d'assedio la capitale dei Parti, Hecatompylos di Parthiene, per poi spingersi fino a Persepoli. Artabano V non può far altro che abbandonare le sue città nelle mani dei Romani e ritirarsi nel nucleo originario del suo popolo, lungo le coste sudorientali del Mar Caspio. E' la primavera del 199 d.C. quando l'Augusto Lucio Vero conclude con Artabano la pace di Susa, che gli consente di ridimensionare il regno dei Parti fin quasi a farne uno stato vassallo, e di annettere le due nuove provincie di Persia (capitale Persepoli) e Media (capitale Ecbatana).

 

Le imprese di Caio Svetonio

Dopo sei anni finalmente Lucio Vero rientra a Roma per il trionfo. Egli associa al trono l'amico Caio Svetonio in qualità di Cesare, designandolo in pratica come suo successore dato che egli non ha figli, poi riparte immediatamente per le frontiere orientali: la politica gli ripugna ed egli preferisce esercitare l'unico mestiere nel quale si sente a suo agio, quello delle armi. A contatto con la ricchezza e la magnificenza delle terre d'oriente, dopo anni ed anni nelle brume del nord, egli ha concepito un piano ambizioso, per molti versi simile a quello di Traiano: la conquista di tutti gli splendidi regni che vanno dal meridione dell'Egitto ai confini dell'India, noti ai Romani perchè produttori ed esportatori dell'incenso, della mirra, dell'aloe e delle spezie, tanto ricercate da una cucina che non disponeva certo di congelatori per la conservazione dei cibi. Per questo spedisce Marco Svetonio, fratello minore di Caio e generale anch'egli, a presidiare il confine "caldo" con i Venedi, mentre il Cesare controlla la situazione in Persia e in Media, integrando quelle province nell'Impero. Egli invece, finanziato dall'alta borghesia greca, romana e siriana che non può non trarre profitto da quelle imprese, combatte per dodici anni sulle coste arabiche del Mar Rosso, dove occupa la Mecca, e sull'alto corso del Nilo, a sud di quella Siene (oggi Assuan), capitale della provincia del Dodecaschaenus, che era considerata la città più meridionale dell'Impero. Superata Napata, occupa Meroe, nell'attuale Sudan, che in tempi antichi aveva imposto una sua dinastia all'Egitto, e punta su Axum, dentro i confini dell'Etiopia; ma, quando la sua conquista sembra portata a compimento, egli muore improvvisamente sulla costa sudanese del Mar Rosso. E' l'anno 212 (965 aUc).

Caio Svetonio riceve allora dal Senato l'investitura imperiale, ed in onore del suo grande amico e predecessore assume il nome di Caio Vero Svetonio, prolungando così la dinastia degli Antonini. Egli può annettere solo le nuove province di Nabataea e di Nubia (quest'ultima con capitale Meroe), e rinuncia al trionfo che gli spetterebbe come successore di Lucio, con la motivazione di voler proseguire la campagna per arrivare alla conquista di Saba, la leggendaria capitale dell'incenso citata anche nella Bibbia, della quale già Augusto aveva sognato l'annessione. Mentre però sta ammassando truppe in Arabia per portare a compimento il sogno del predecessore, gli giunge notizia che i Parti stanno tessendo una nuova rete di alleanze in funzione antiromana. Stavolta essi si sono alleati con i Carmanii, che abitano ad est della Persia romana, con i Margiani dell'odierno Turkmenistan e con i Battriani dell'attuale Afghanistan, là dove nessun romano si è mai spinto. Come aveva fatto tanti anni prima in compagnia di Lucio Vero, egli decide di rischiare il tutto per tutto e di giocare d'anticipo: in una nuova impresa senza precedenti, con l'aiuto di guide della Mecca attraversa il deserto d'Arabia lungo una carovaniera, della quale si impossessa costruendovi dei forti come presidio, supera Persepoli ed attacca i Carmanii senza neppure dichiarare loro guerra. Dopo averli battuti facilmente, trascinato da un sogno di gloria imperitura si inoltra nell'altopiano iranico sulle orme di Alessandro il Grande, attraversa l'Ariana e quindi le terre dei Margianii, assediandone la capitale Alessandria Margiana, oggi Merv. In tal modo circonda i Parti e li isola da ogni altro popolo, pur senza attaccarli frontalmente.

Mentre a Roma giungono notizie delle brillantissime imprese dell'imperatore in quelle terre da favola, suo fratello Marco Svetonio, che ha ricevuto a sua volta il titolo di Cesare, lascia nelle steppe del nord il suo luogotenente Valerio Balbo, appena ventitreenne, che avrà un grande peso nella storia che stiamo narrando, e si reca a Roma (220 d.C., 973 aUc) per assumere formalmente la reggenza dell'Impero, nel timore che le guerre ai confini del mondo conosciuto distraggano eccessivamente l'Augusto e facciano perdere il trono alla loro dinastia. Egli risana brillantemente la situazione della città, in preda al degrado ed alla corruzione a causa della latitanza di un forte governo centrale, ma si scontra con le pretese del Senato che vuole governare de facto come in regime repubblicano. Ed è su istigazione di alcuni senatori reazionari che Marco Svetonio viene avvelenato per mano di sua moglie, Tullia Balbilla. Pare che ella abbia fatto uso nientemeno che di un'aragosta a base di arsenico.

 

L'ascesa di Valerio Balbo

Subito però alcuni fedelissimi della casa dei Veri-Svetonii partono per un difficile viaggio di sette mesi che, da Roma, li porta fino a Bactra, la capitale della Battriana (presso l'odierna Kabul) che Caio Vero Svetonio ha cinto d'assedio. Ricevute le terribili notizie, nonostante gli amici lo scongiurino di fare ritorno a Roma, egli rifiuta di interrompere la spedizione verso il cuore dell'Asia; ma, resosi conto che la situazione gli sta sfuggendo di mano, egli invia immediatamente dei messi a Valerio Balbo, che in quel momento si trova sulle coste del Mar Caspio, annunciandogli la nomina a Cesare al posto del proprio fratello, a condizione che egli rientri a Roma e vi riporti l'ordine per conto suo. Valerio, che a differenza degli Svetonii non ama le campagne belliche della durata di anni se non di decenni, accetta e, approfittando delle lotte intestine che travagliano ed indeboliscono la federazione bulgaro-venedica, lascia il confine e rientra a Roma a tappe forzate.

Quivi giunto, egli dimostra un'inaspettata energia: mette immediatamente a morte Tullia Drusilla ed altri diciassette senatori accusati di aver congiurato contro Marco Svetonio e, di fronte all'aperta ribellione dei pater conscripti, risponde sospendendo ogni attività del Senato e costringendo i senatori agli arresti domiciliari nelle loro ville di campagna, guardati a vista da un manipolo di legionari ciascuno. Assunta la reggenza in nome dell'imperatore, concede il laticlavio a molti cavalieri e ricchi mercanti che sostengono da sempre la politica di espansione al fine di aprire nuove rotte mercantili, creando così una nuova classe dirigente gradita all'Augusto; ordina il restauro di molti edifici di Roma caduti in degrado durante l'assenza dei Cesari; e dà inizio alla costruzione di una grande strada che, sul modello della Via Persiana dei Re, colleghi rapidamente il porto di Antiochia di Siria con i ricchissimi regni appena conquistati.

Conquiste di Lucio Vero e di Svetonio il Grande

Svetonio Magno ed il suo Coaugusto

Intanto Caio Vero Svetonio ha espugnato Bactra, si è spinto fino ai piedi del Pamir ed ha assicurato a Roma il controllo della Via della Seta fino ai confini con il mondo cinese. Il suo sogno è quello di conquistare anche Samarcanda, la favolosa città già visitata da Alessandro, di cui parlano mille saghe e mille racconti ammirati. Ma ormai l'esercito romano ed i suoi ausiliari persiani e germanici sono esausti, ed inoltre altre popolazioni iraniche minacciano di sollevarsi contro di loro e di sottrarre loro le terre appena conquistate. L'augusto, che progettava di varcare l'Amu-Darja ed il Sir-Darja e di aggirare il mare d'Aral ed il mar Caspio, varcando poi il Rha (Volga) e rientrando nell'Impero dalla Sarmazia, è costretto a modificare i propri piani: ben deciso ad aprirsi con la forza un varco verso Persepoli attraverso i popoli che sperano di tagliargli la via, penetra in Arachosia e la sottomette, puntando sull'Oceano Indiano, che raggiunge nella primavera del 224 d.C. (977 aUc). Nella battaglia di Harmotia (Hormuz, importante porto che sorge sull'omonimo stretto di fronte all'Arabia), il 16 agosto 224, egli sconfigge di nuovo e definitivamente i Carmanii ed i loro alleati iranici, annettendo quasi tutto l'altopiano dell'Iran ai domini di Roma. Egli lo divide nelle nuove province di Carmania, Ariana, Margiana, Arachosia e Bactriana, mentre i Parti sono ridotti al rango di stato vassallo.

Ma Caio Vero Svetonio appare incontentabile, tranquillizzato dalle notizie che gli giungono da Roma, secondo le quali il giovane Valerio Balbo sta operando esattamente come opererebbe lui se si trovasse nella capitale. Dopo essersi fermato per un inverno nel golfo Persico e dopo aver reclutato un gran numero di ausiliari iranici, egli varca il mare ed attacca gli opulenti regni dell'Arabia Felice, negli attuali Oman ed Yemen, che gli si arrendono praticamente senza combattere, atterriti dalla fama di conquistatore che lo precede. Egli vi crea altre tre provincie (Omania, Arabia Felix, Sabaea) ed infine torna in Egitto attraversando il mar Rosso. La sua impresa entra subito nella leggenda, tanto che durante lo spettacolare trionfo per le vie di Roma, nella primavera del 227, egli viene onorato come il « Secondo Alessandro », ed il Senato ricostruito da Valerio Balbo gli conferisce il titolo di Svetonio Magno. Egli perdona i senatori che gli si sono ribellati ed hanno assassinato suo fratello, promulga un'amnistia generale e conferma il titolo di Cesare attribuito a suo tempo a Valerio, arrivando poi a proclamarlo Coaugusto, conferendogli cioè una dignità pari alla propria. E' questo un fatto mai accaduto prima, ma del resto non era mai accaduto nemmeno che l'Impero di Roma giungesse ad estendersi dal Mar Baltico fino all'Oceano Indiano...


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