ALTI E BASSI SOTTO I SEVERI

(1143 - 1178 aUc = 390 - 425 d.C.)


Il Triennio Turbinoso

Alla morte di Claudio II Museo si apre un periodo confuso, della durata di tre anni, nel corso del quale le legioni si spostano dalle frontiere verso il cuore dell'Impero, cercando di imporre i loro generali sul trono augusteo. Sono imperatori che durano pochi mesi se non addirittura pochi giorni, deposti o assassinati o sconfitti in battaglia campale; alcuni di essi si sfidano addirittura tra loro in singolar tenzone, per decidere chi deve cingere la fronte di alloro, in questo modo risparmiando all'Impero Romano ulteriori lotte fratricide, ma indubbiamente facendo calare alquanto il prestigio di cui Roma godeva nel mondo intero. A ciò si aggiungono gli intrighi dei grandi borghesi, che rifiutano di restituire il potere ai militari, mentre le province più esterne in Asia ed in Africa tendono a separarsi de facto dal potere centrale. Gli Ebrei, accusati di fomentare la ribellione e di aver concepito un ipotetico progetto per far cadere Roma, colpevole della distruzione del Tempio di Gerusalemme, diventano il capro espiatorio del popolo minuto, e subiscono una nuova, terribile persecuzione che naturalmente coinvolge anche i Cristiani. E' questo il cosiddetto triennio turbinoso.

 

Settimio Severo

Per fortuna ad esso pone fine un energico imperatore che riunisce in se' le doti del condottiero, essendo stato comandante della XLVI legione stanziata sull'alto corso del Niger, e l'abilità del mercante, essendo discendente di una grande famiglia di commercianti cartaginesi, e basando tutte le sue ingenti ricchezze sul traffico di avorio e pelli pregiate con i ricchi regni dell'Africa Nera. Sto parlando di Settimio Severo, che alle None di Giugno del 393 d.C. (1146 aUc) sconfigge l'ultimo rivale rimasto, Didio Giuliano, comandante della XXIX legione della Battriana, il quale a sua volta ha fatto avvelenare Ponzio Afro, generale dell'armata d'Etiopia. Settimio si fa Arco trionfale fatto erigere da Settimio Severo a Palibothra (oggi Paraliputhra) amici sia i militari, dei quali è un esponente, elevando al rango di generali e tribuni elementi indigeni che nelle loro province d'origine godono di grande prestigio, sia i Pretoriani, dei quali fa il proprio corpo d'élite. Ma soprattutto si fa appoggiare dalla grande borghesia mercantile, che ha visto decadere parecchio i propri traffici nel corso del triennio turbolento, promettendo loro stabilità interna, sicurezza delle rotte commerciali, ed una nuova politica di conquiste per raggranellare nuovi tesori ed aprire nuovi mercati. Ed è proprio con i borghesi più ricchi, colti ed influenti che egli ricostruisce il Senato, assente dalla scena di Roma da settant'anni, venendo così a configurare una versione riveduta e corretta di quel Principato Mercantile a cui pensavano coloro che avevano eletto Claudio Museo. Da notare che Settimio Severo rimpingua il Pretorio con i rampolli delle famiglie borghesi, i quali poi potranno fare fortuna nell'esercito divenendone i veri cervelli, per cui con lui cessa la lunga contrapposizione tra borghesi e militari, i quali invece vengono ora a diventare una classe sola.

 

Rivalità tra i figli di Settimio ed espansione in India

Nei primi cinque anni del suo regno (393 - 411 d.C.) Settimio Severo mette ordine nello Stato sconvolto dalle lunghe guerre civili, fa restaurare le grandi vie e fa presidiare le carovaniere che portano in India, in Cina e nell'Africa centrale; procede inoltre a riprendere possesso delle province momentaneamente perdute, dove si sono formati degli effimeri regni. Nel 398 d.C. (1151 aUC) egli sconfigge a Calicut una coalizione di maragià indiani, riprendendo di fatto il controllo del Deccan; nel frattempo il suo primogenito Geta occupa la valle del Gange, e l'anno seguente assedia con successo Palibothra (oggi Paraliputhra), la capitale di Asoka il grande, sfondando per la prima volta i confini fissati da Arrigo Olibrio; nell'anno 400 egli riesce ad ottenere la sottomissioni delle popolazioni del delta del Gange, occupa Tamalites (più o meno dove oggi si trova Calcutta) e per la prima volta si affaccia sul Golfo del Bengala. Le legioni romane non erano mai arrivate fino a lì.

Settimio però ha un altro figlio, Marco Aurelio Severo Antonino detto Caracalla dal nome della tipica veste indiana (sari) di cui egli diffonde la moda, il quale non vuole essere da meno del fratello, e nel 399 passa i monti Ghati, già fissati come linea di confine da Arrigo Olibrio, ed occupa i quattro piccoli regni preariani di Chola, Pandya, Tamil e Kerala, nel sudest indiano, coalizzatisi inutilmente contro di lui dopo secoli di lotte. Conquista anche la città di Madras, di cui fa la capitale della nuova provincia da lui creata.

I due figli sono in evidente lotta per ottenere il favore paterno, e così, facendo a gara a chi conquista terre più ricche, finiscono per incontrarsi a Mesulipata (oggi Bandar), sulla foce del fiume Tangabadhra, e dunque per ridurre tutta l'India sotto l'autorità romana. La sottomissione dell'interno invece richiederà ancora parecchi anni.

Nel frattempo, i navigatori dell'Arabia Felice, già famosi prima della conquista romana, hanno ripreso l'esplorazione e la colonizzazione delle coste dell'Oceano Indiano, e si sono trasformati anche in missionari dopo la conversione in massa al Cristianesimo (372) ad opera del santo vescovo Cirillo di Alessandria. La nuova fede, unita al desiderio di trovare nuove terre dove praticare una religione invisa ai dominatori Romani, dà loro nuovo slancio, ed essi dal 395 al 410 colonizzano prima l'isola di Taprobane, oggi Ceylon, nominata nel poema epico indiano Ramayana con il nome di Lanka, sede dell'orrido demone Rhavana; e poi le isole Maldive. Mentre però queste sono disabitate, e sono popolate proprio da marinai sabei, l'isola di Ceylon è abitata da fieri popoli Tamil che si oppongono in ogni modo all'invasione ed alla colonizzazione. Saranno i generali di Caracalla nel 415 a ridurli all'obbedienza dopo una dura campagna; comunque l'isola resterà divisa in due provincie, Taprobane (capitale Methora) a suovest, e Tamraparnis (capitale Trincomalae) a nordest.

Una scena tratta dal poema epico Ramayana: Rama affronta in duello il demone Rhavana sull'isola di Ceylon

Caracalla

Settimio Severo muore nel 411 d.C. (1164 aUc), dopo aver riportato i confini dell'Impero fino a coincidere di nuovo con quelli di Virbio Marcello, e dopo essere riuscito a dividere tutta l'India di qua dal Gange in province romane. Egli si fa giurare dai due figli, Caracalla e Geta, che hanno trionfato assieme a Roma nel 405, di regnare assieme come Coaugusti; ma essi sono insofferenti di spartire lo stesso spazio, memori dell'antica rivalità che li ha divisi durante la campagna indiana, e che li divide tuttora. E così, decidono di comune accordo di riavviare la politica degli imperatori di due secoli prima: uno dei due Augusti regnerà da Roma e si occuperà delle province già pacificate, l'altro governerà sulle province periferiche, rafforzerà le conquiste recenti e, possibilmente, ne farà di nuove. Geta, che il Senato giudica più accorto e miglior diplomatico, viene scelto per restare a Roma, e così egli invia il fratello verso la frontiera del Gange per realizzare il sogno che era già del loro padre: invadere anche l'India di là dal Gange, quella che oggi noi conosciamo come Indocina. Caracalla però si ferma in Persia con la scusa di una improvvisa malattia, ed attende la notizia che i suoi sicari hanno ucciso Geta. Fingendosi addolorato ritorna a Roma, dove il Senato lo conferma unico Augusto; egli però non scarica la colpa sui Cristiani o sugli Ebrei, preferendo incolpare i Tughs, gli adoratori della tenebrosa dea Khali che sono sempre stati fierissimi avversari di Roma. Probabilmente su questa scelta pesa anche il suo apprezzamento per il denaro dei banchieri Ebrei e per l'opera colonizzatrice degli Arabi cristianizzati, mentre implacabile è il suo odio per la setta che tanto filo da torcere gli ha dato in India.

E' la sua volta, ora, di nominare Caesar il luogotenente Macrino e di inviarlo oltre il Gange, mentre lui rimane a Roma e si dà alla bella vita, divenendo famoso per le proprie stravaganze, non ultima la veste indiana cui si deve il suo nomignolo. Macrino si rivela subito un ottimo generale perché sfrutta le perpetue lotte intestine tra le centinaia di tribù che abitano l'attuale Birmania, e riesce alfine ad ottenere la sottomissione dei Cirradi, la stirpe dominante immediatamente di là dal Gange. Prima li riduce a regno vassallo, e con l'aiuto dei mercanti arabi che hanno fondato numerose basi commerciali sulle coste dell'India Trans Gangem (Indocina) diffonde tra di loro la cultura greca che già sta spopolando in India, anche grazie allo sfegatato amore per quelle terre dimostrato da Caracalla; poi (anno 415) li annette come provincia di Cirrhadia (nel sesto secolo diverrà Birmania) con capitale Temala, oggi Rangoon, e porta il confine romano sul fiume Besynges (chiamato Syttang dalle popolazioni indigene). Si prepara quindi ad invadere l'Assam, che resiste alla penetrazione romana, quando gli vengono all'orecchio le stranezze dell'Augusto. Questi, dopo alcuni saggi provvedimenti come la Constitutio Antoniniana, con la quale estende la cittadinanza romana a tutti i cittadini dell'immenso Impero, ha infatti lasciato riemergere la propria natura sanguinaria, che lo ha portato ad eliminare il fratello per restare unico Augusto, ed ha cominciato a commettere nefandezze e stragi, anche contro quei navigatori arabi che tanto lo hanno aiutato in India: ha fatto persino chiudere il santuario della Mecca, dove gli Arabi venerano una pietra nera che ritengono portata dal cielo dall'arcangelo Gabriele e che, da bianca che era, è diventata nera per i peccati degli uomini (presumibilmente si tratta di un meteorite).

 

Macrino ed Eliogabalo

Macrino decide allora di tornare a Roma via mare, lungo le coste dell'India ed attraverso il Mar Rosso, nel 417 si fa ricevere dall'Augusto sostenendo di volergli presentare un piano di guerra per la conquista di tutta l'Indocina, allontana la sua scorta approfittando della familiarità che ha con lui, con la scusa di volergli comunicare dei segreti di guerra e, quando è solo con lui, lo assassina. Anzichè nascondersi o fuggire, però, si presenta immediatamente ai pretoriani e si costituisce loro, assumendosi tutta la responsabilità del proprio gesto. Il Senato si riunisce d'urgenza nel giro di due ore, e subito Macrino si presenta davanti ai Patres Conscripti, spiegando di essere colpevole perchè ha tradito il proprio signore, anche se non ha mai tradito il Senato ne' il Popolo Romano. Tutti i senatori rimangono colpiti dal suo discorso, tanto che, anzichè condannarlo come vorrebbe la guardia personale di Caracalla, lo dichiarano Liberatore della Patria e lo eleggono Augusto per acclamazione. Gli storici non sono mai riusciti a dirimere se egli fosse veramente intenzionato a pagare per il proprio gesto, come Muzio Scevola davanti a Porsenna, o se la sua è stata solo un'abile manovra per subentrare a Caracalla senza eccessivo spargimento di sangue. Ad ogni modo il popolo crede alla prima tesi ed acclama Macrino come uno dei più grandi uomini della storia dell'Urbe; egli allora si stabilisce a Roma e si appresta a rimettere mano alle finanze dissestate dalle interminabili guerre in India e soprattutto dagli sperperi del proprio predecessore, ma dopo soli sei mesi uno degli ufficiali della disciolta guardia d'elite di Caracalla lo assassina a tradimento. Ha luogo un vero colpo di stato del partito severiano, che mette il Senato di fronte al fatto compiuto ed impone come imperatore Marco Aurelio Severo Antonino II, figlio di Giulia Soemiade e nipote di Giulia Mesa, cognata dell'imperatore Settimio Severo. Questi era stato confinato in Persia, dove è divenuto sacerdote di El Gabal, divinità solare locale a cui è tradizionalmente legata la sua famiglia. Primo tra gli imperatori romani, egli ne assume addirittura il nome diventando Eliogabalo (dal greco élios, "sole"). Per istigazione della madre e della nonna, che contano sui forti legami esistenti tra l'esercito e la dinastia dei Severi, Eliogabalo viene proclamato imperatore a soli quattordici anni, e dedica ogni sua energia solo a promuoverenella capitale il suo culto solare di tradizione orientale, mentre ogni cura dello stato è lasciata alla madre, prima imperatrice de facto della storia di Roma. Egli pretende tra l'altro tra l'altro dai suoi sudditi un complesso cerimoniale di origine persiana: pare addirittura che le strade di Roma debbano essere tutte cosparse di petali di fiori, quando egli le attraversa sulla sua lettiga! Sotto il suo impero la Persia diviene la regione dominante dell'Impero, ed infatti egli affida a strambi personaggi persiani tutte le principali cariche dello Stato, alienandosi così le già scarse simpatie del Senato.

 

Alessandro III Severo

Alla fine i Senatori, stanchi del suo culto personale, ordiscono una congiura e lo eliminano insieme alla madre (422 d.C. - 1175 aUc). Essi eleggono allora Marco Aurelio Severo Alessandro, nominato Cesare già da Eliogabalo, del quale è lontano parente. Il nuovo Augusto prende il nome di Alessandro III Severo e, come già il suo predecessore, anch'egli governa sotto l'influsso della madre, Giulia Mamea. Fortunatamente si tratta di una donna saggia, e così Alessandro si circonda di valenti consiglieri, tra i quali non si possono non ricordare i giuristiMoneta di Alessandro III Severo Giulio Paolo e Domizio Ulpiano. Amante della cultura e delle arti, rispettoso del Senato, egli dimostra subito ottime doti di governo abolendo la crocifissione. In odio al fanatismo religioso del suo predecessore, egli instaura un'era di pace sociale e di tolleranza religiosa, emettendo tra l'altro il primo editto (editto di Assisi) che vieta espressamente le persecuzioni religiose contro Cristiani, Ebrei, Zoroastriani e contro le mille sette indù; per questo, tutte le minoranze lo venerano come un santo o poco meno. C'è chi dice che la sua tolleranza verso i cristiani sia da imputarsi alla sua nutrice che appartiene a tale religione, secondo altri a convincerlo della bontà dei principi cristiani è sant'Omario (Omár), monaco arabo cui si deve la prima evangelizzazione della Somalia. Che Alessandro III abbia fatto mettere una statua di Cristo crocifisso nel Pantheon di Roma, è però una diceria mai suffragata da alcuna prova.

A detta unanime degli storici suoi contemporanei, Alessandro Severo ha un animo pacifico e non ama le guerre di conquista ma, sotto la pressione dei militari che temono di perdere i loro privilegi in seguito alla fine delle perpetue guerre di espansione, nel 425 d.C (1178 aUc) dà il via libera alla guerra contro l'impero Khmer, vasta formazione politica dell'Indocina che preme contro il confine del fiume Besynges, e secondo alcuni è questo il vero inizio della terribile guerra tra le due massime potenze del tempo: Roma e la Cina.


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