La fissione nucleare  

Enrico Fermi, uno dei più grandi fisici di tutti i tempi, e il più grande fisico italiano insieme a Galileo Galilei, nacque a Roma il 29 settembre 1901, e fin da piccolo dimostrò di avere una memoria eccezionale. Era ancora adolescente quando scoprì su una bancarella del mercato romano di Campo dei Fiori un trattato intitolato "Elementorum physicae mathematicae" del padre gesuita Andrea Caraffa, pubblicato nel 1840, che contava ben novecento pagine in latino; Fermi lo comprò, lo lesse e si innamorò di questa disciplina. Durante gli anni del liceo un amico di famiglia, l'ingegner Adolfo Amidei, restò impressionato dalla straordinaria intelligenza di Enrico, guidò la sua formazione prestandogli diversi trattati di livello universitario, e gli suggerì di non frequentare l'Università di Roma, ma di partecipare al concorso per entrare alla prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa. La dissertazione presentata da Fermi, « Caratteri distintivi dei suoni e loro cause », lasciò sbalorditi i professori, essendo a livello di una tesi di laurea. Il diciassettenne Fermi ottenne così il primo posto in graduatoria. Mentre studiava, la sua preparazione in meccanica quantistica raggiunse livelli talmente elevati che Luigi Puccianti, direttore dell'Istituto di Fisica presso la Scuola Normale, gli chiese di organizzare alcuni seminari sul tema: i suoi professori infatti erano ferrati in francese, ma Fermi conosceva il tedesco, ed aveva accesso a tutta la letteratura sulla Meccanica Quantistica di Schrödinger, Heinsenberg, Born. Il 4 luglio 1922 si laureò con una tesi sperimentale sulle immagini di diffrazione dei raggi X prodotte da cristalli curvi; si trasferì a Göttingen presso la scuola di Max Born e poi, grazie all'interessamento del famoso matematico Vito Volterra, a Leida presso l'istituto diretto da Paul Ehrenfest. Tornato in Italia, nell'autunno del 1926 vinse il concorso per la prima cattedra di fisica teorica in Italia, all'Università di Roma, e conobbe Orso Mario Corbino (1876-1937), professore di Fisica Sperimentale nonché alto esponente del regime fascista, che divenne il suo mentore e finanziatore. Nel 1926 Fermi formulò per la prima volta la sua celebre equazione della statistica di Fermi-Dirac a cui obbediscono le particelle elementari a spin semintero, oggi chiamate in suo onore fermioni.

I "ragazzi di via Panisperna" in una foto del 1933. Da sinistra: Oscar D'Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi

A questo proposito, vale la pena di ricordare un aneddoto sulla vita di Fermi raccontato da George Gamow nel suo besteseller « Trent'anni che sconvolsero la Fisica », e narratogli dallo stesso scienziato italiano. Dopo le prime importanti scoperte, quando era ancora un giovanissimo professore dell'Università di Roma, Mussolini in persona gli conferì il titolo di « Eccellenza ». Una sera fu costretto ad assistere ad una riunione dell'Accademia d'Italia a Palazzo Venezia, e c'era una stretta sorveglianza perchè Mussolini stesso doveva parlare a quella platea. Tutti i suoi colleghi arrivavano su lussuose macchine straniere guidate da autisti in uniforme, mentre lui arrivò guidando lui stesso la sua piccola Fiat. Sulla porta venne fermato da due carabinieri che gli chiesero chi fosse e per quale motivo fosse lì. Secondo il racconto di Fermi medesimo, egli non se la sentì di dire alle guardie « Sono Sua Eccellenza Enrico Fermi », temendo che non gli avrebbero creduto e lo avrebbero cacciato via. Per togliersi d'imbarazzo, rispose allora: « Sono l'autista di Sua Eccellenza Enrico Fermi ». « Ebbene », replicarono le guardie, « entra, parcheggia e aspetta il tuo padrone »!

Intanto Enrico Fermi cercava, congiuntamente con Corbino, di trasformare l'Istituto di Fisica in via Panisperna a Roma in un centro di avanguardia a livello mondiale; per questo, radunò attorno a sé un cenacolo di colleghi e studenti, tutti appassionati come lui di ricerca scientifica. Nacque così il gruppo che più tardi divenne famoso come "i ragazzi di via Panisperna". Il primo ad essere assunto fu Franco Rasetti (1901-2001), cui seguirono Emilio Segrè (1905-1989), Edoardo Amaldi (1908-1989), Bruno Pontecorvo (1913-1993), il chimico Oscar D'Agostino (1901-1975) ed Ettore Majorana (1906-?), il cervello matematico del gruppo. Orso Mario Corbino provvedeva a far avere loro i necessari finanziamenti, e i ragazzi di via Panisperna intrapresero studi di fisica nucleare, usando strumenti fabbricati artigianalmente da loro stessi. Così Corbino annunciò l'inizio di questo tipo di ricerche: « molte possibilità sono aperte sulla via dell'aggressione del nucleo atomico, il più seducente campo della fisica di domani. [...] La sola possibilità di nuove grandi scoperte in fisica risiede perciò nell'eventualità che si riesca a modificare il nucleo interno dell'atomo. E questo sarà il compito veramente degno della fisica futura ». Mentre da un lato portava avanti le ricerche teoriche che lo condussero alla scoperta del decadimento beta, dall'altro Fermi con i suoi allievi cominciò a bombardare tutti gli elementi conosciuti non con particelle alfa, come facevano i coniugi Joliot-Curie, ma con neutroni, prodotti da radon e berillio e fatti passare attraverso uno strato di acqua; i campioni bombardati venivano portati di corsa (perchè la radioattività era talora effimera) dall'altra parte dell'Istituto, dove venivano analizzati con un contatore Geiger costruito da Fermi e colleghi. Quando, il 22 ottobre 1934, giunsero a bombardare l'uranio, ottennero un incremento incredibile dell'attività dello stesso, che all'inizio fu erroneamente attribuita alla comparsa di due elementi chimici artificiali. Fermi, non certo di questa interpretazione, voleva mantenere il riserbo sulla scoperta, ma Orso Mario Corbino la rese pubblica con toni trionfalistici, battezzando i presunti nuovi elementi Esperio ed Ausonio. In realtà Fermi non aveva affatto scoperto nuovi elementi, ma aveva ottenuto le prime fissioni nucleari indotte da neutroni rallentati dall'acqua della fontanella. Questa scoperta fu riconosciuta come tale nella notte tra il 17 e il 18 dicembre 1938 da due chimici nucleari tedeschi, Otto Hahn (1879-1968) e il suo giovane assistente Fritz Strassmann (1902-1980), che si erano basati su un'intuizione della grande fisica Lise Meitner (1878-1968); quest'ultima però non ebbe alcun riconoscimento perchè donna. Enrico Fermi vinse comunque il Premio Nobel per la scoperta del rallentamento dei neutroni, che è alla base della tecnologia dei reattori nucleari.

Continueremo più avanti a narrare l'avvincente vita di Enrico Fermi; per ora, focalizziamoci sul problema della fissione nucleare. In pratica, un nucleo di un elemento molto pesante, se colpito da un neutrone di velocità opportuna, si spezza in due (o più) nuclei, situati verso la metà della Tavola Periodica, i cui numeri di massa sono in genere compresi tra 75 e 160. Infatti l'urto da parte del neutrone pone il nucleo in rapidissima vibrazione. Il nucleo di uranio (lo stesso con cui lavoravano Fermi, Hahn e Strassmann), a causa dell'elevato numero di protoni, è poco stabile, e quindi, dopo una serie di deformazioni, si spezza in due frammenti, in genere due nuclei altamente radioattivi, detti prodotti di fissione, con notevole sviluppo di energia. Supponiamo per esempio che un nucleo di 235U si scinda in due nuclei, ognuno dei quali ha numero di massa pari a circa la metà di quella iniziale, anche se, come mostra il grafico sottostante, è molto più probabile una fissione asimmetrica che una simmetrica, e valori di A molto alti o molto bassi sono assolutamente poco probabili:

Dalla tabella dell'energia di legame per nucleone si deduce che l'energia di legame per nucleone dell'uranio è pari a circa 7,6 MeV/nuc, mentre quella relativa ad A = 127 è di circa 9,5 MeV/nuc. Per ogni nucleo che si rompe in due parti pressappoco uguali si ha perciò una liberazione di energia di circa 0,9 MeV per nucleone, ed essendo nel nostro caso i nucleoni 235, ogni fissione dell'uranio libera un'energia di 235 x 0,9 = 211,5 MeV. Per avere un'idea di tale ordine di grandezza, basti pensare che, quando un atomo di carbonio viene ossidato secondo la nota reazione C + O2 → CO2, si liberano solo 4 eV, cioè un'energia 50 milioni di volte minore di quella che si sviluppa in un processo nucleare!

Naturalmente, siccome un nucleo di carbonio-12 pesa molto meno di uno di uranio-235, il confronto va fatto a parità di massa. Con facili calcoli si ottiene che, mentre la combustione di un grammo di carbonio sviluppa un'energia di circa 9 Wh, la fissione di un grammo di uranio libera la bellezza di 2,2 MWh, cioè comunque un'energia 200.000 volte superiore a quella della combustione chimica!! E non è tutto, perchè oltre ai prodotti di fissione P.F., la reazione emette anche un certo numero di neutroni:

n + 235U → P.F. + 2,43 n + 200 MeV

Cosa significa "2,43 neutroni"? Si tratta in verità di un valore medio. Cioè, in alcuni casi è emesso un neutrone solo, in altri casi due neutroni, in altri casi tre, in altri quattro; moltiplicando il numero dei neutroni per la loro frequenza relativa e sommando il tutto, come si fa in Statistica, si trovano appunto 2,43 neutroni. Questi neutroni possono colpire altri nuclei, i quali fissionano, generando nuovi neutroni che colpiscono altri nuclei, e così via. Si ha insomma una reazione a catena. In teoria, basta un neutrone solo per innescare la reazione di fissione in tutta massa di uranio! In realtà, molti neutroni vanno perduti senza dare luogo a fissione, e per ottenere la reazione completa di tutto l'uranio occorre una massa minima, detta massa critica, che per l'uranio-235 vale circa 50 Kg. È chiaro che, se riuscissimo ad innescare la fissione in una massa critica di uranio e a controllarne l'intensità, "spegnendo" la reazione quando vogliamo noi, avremmo a disposizione una fonte d'energia assai più conveniente del carbone o del petrolio.

Tuttavia, c'è un problema. Infatti i neutroni emessi dalla reazione di fissione sono veloci, cioè si muovono a velocità relativistiche; ricordando la definizione di energia cinetica, a tali velocità corrisponde l'energia di alcuni MeV. Invece, i neutroni necessari a scindere l'uranio devono per forza essere molto più lenti, con energie dell'ordine dell'eV. La Teoria Cinetica dei Gas ci dice che più una particella è veloce, più alta è la sua temperatura assoluta; per questo, si parla anche di neutroni termici, cui corrisponde una temperatura ambiente (circa 300 K). Poiché la reazione a catena possa autosostenersi, dunque, occorre che i neutroni vengano moderati, cioè rallentati. Se ricordate, infatti, Fermi e i ragazzi di Via Panisperna ottennero la fissione dell'uranio solo quando interposero tra la sorgente dei neutroni e il campione d'uranio uno strato di acqua tolta (pensate un po'!) dalla vasca dei pesci rossi nel giardino dell'Istituto di Fisica. L'acqua infatti è in grado, tramite urti anelastici successivi, di rallentare i neutroni senza assorbirli tutti, e quindi è un ottimo moderatore. Un altro moderatore molto utilizzato è la grafite.

Enrico Fermi in un disegno di George Gamow (da "Trent'anni che sconvolsero la Fisica", 1965)

Enrico Fermi in un disegno di George Gamow
(da "Trent'anni che sconvolsero la Fisica", 1965)

Ma come fecero Fermi e collaboratori, ad ottenere la fissione nucleare controllata? Per saperlo, passate con me alla prossima lezione.