La vera storia dei Baschi

di Paolo Maltagliati


La scelta di K'rg

K'rg era partito con il suo popolo, i suoi armenti e i suoi cavalli da una terra lontana, a oriente. Era una terra dura e fredda, raccontavano gli anziani. Numerose tribù si contendevano pascoli sempre più magri. Il padre di K'rg, quale capo, dovette prendere una decisione: abbandonare le loro ancestrali dimore per fuggire in cerca di erba fresca e verde per il bestiame. Aveva sentito che in direzione delle porte del mattino vi era acqua in abbondanza, prati e foreste a non finire. Ma il volere della sciamana era inflessibile: il luogo era maledetto. Prova ne era che chi, per fame, aveva provato a dirigersi in quella direzione, non aveva più fatto ritorno. Ma la situazione era troppo grave. Ios aveva ritirato da un pezzo la sua generosa mano da quel luogo, e non si poteva fare altrimenti. In direzione delle porte del tramonto tutto pareva morto e freddo, mentre più si correva verso il mattino, più i campi sembravano recuperare la vita. Il padre di K'rg venne allora maledetto dalla sciamana, che gli gettò per l'ira le ossa per le predizioni addosso. Il giovane figlio del capo prese però la parola: “Io, K'rg ho udito la voce di mio padre che mi chiama all'obbedienza verso la mia famiglia. Io, K'rg ho udito la voce della sciamana che mi chiama all'obbedienza verso gli dei. Sia la sorte a stabilire da chi dovrò essere maledetto!”. Detto questo, narravano gli anziani, il ragazzo si chinò, raccolse le ossa da predizione che giacevano ai piedi di suo padre e si girò, dando le spalle sia a lui, sia alla sciamana. Si mostrò poi nuovamente ai due. Aveva le braccia tese, e i pugni chiusi. Parlò nuovamente: “Ho nascosto un osso in ciascuna delle mie mani serrate. Sciamana, padre, scegliete una mano. Darò la mia fedeltà a colui il quale sceglierà la mano che nasconde l'osso più lungo”. Il capo si limitò ad annuire. La sciamana invece parlò: “Sta bene, giovane K'rg. Ma sappi che Ieu, nostro grande padre, troverà il modo di vincere anche se tu non lo desideri”. Il capo scelse. Suo figlio sapeva che quello era l'osso più corto. Allora, prima di aprire l'altra mano davanti alla voce degli dei, fece in modo, con la pressione del suo palmo, di spezzare l'osso a lei destinato. Voleva infatti seguire il padre, ma voleva che tutta la tribù sapesse che il volere di Ieu padre non era nelle parole della sciamana. Ma appena aprì anche l'altra mano un corvo piombò sul suo palmo aperto, lasciò cadere dalla bocca una lunga costola di cervo e ingoiò i due pezzi d'osso, rimanendo soffocato. Ieu aveva deciso: K'rg doveva obbedire alla volontà degli dei.

.

Di coloro che avevano volto lo sguardo verso le porte del mattino

La tribù si separò: il capo, assieme alla sua famiglia andò a oriente, così come aveva deciso. K'rg restò indietro, con il resto della tribù. Ma non intendeva restare. Si arrischiò ad affrontare le terre morte a occidente. Attraversò terre fredde e terre calde, ma non riusciva a fermarsi. La sua gente lo implorava, ma lui era stato posseduto da un sacro spirito e fece voto di non fermarsi né voltarsi mai fino alla sua morte. Legò anche i suoi figli a questa promessa. I suoi eredi avrebbero camminato e camminato fino a che non avessero trovato la fine della terra e le porte del tramonto. Ma durante la marcia la sua gente crebbe. E ad ogni tappa qualche famiglia scuoteva la testa e diceva: “questo è il nostro posto. Qui dimoreremo fino a che la nostra carne e le nostre ossa non verranno consumate”. Alcuni raccontano che K'rg, l'ultima notte della propria vita infranse il proprio voto. Attanagliato dalla nostalgia di sua madre e suo padre, dei suoi fratelli e delle sue sorelle si volse indietro. Fece una cosa che non aveva mai fatto nessuno prima e che nessuno farà dopo per generazioni e generazioni. Si aggrappò alla schiena della più forte giumenta della tribù e vi salì sopra. La cavalla sentì un peso su di sé e spaventata si impennò e si mise al galoppo. K'rg non mangiò né bevve: Ieu padre gli aveva tolto fame, sete e fatica e aveva dato all'animale la velocità del suo fulmine. Divorò le distanze e si trovò in poco tempo nelle dimore ancestrali. Ma non si fermò. Giunse nelle terre verdi tanto agognate dal padre e vi trovò dimore di uomini. Ma non erano come i popoli che avevano trovato sul loro cammino e di volta in volta sconfitto e disperso grazie alla sua guida. Erano tante, tantissime e il numero di persone talmente grande da essere paragonabile a quello delle stelle del cielo. In mezzo alle loro enormi capanne c'era una ancora più grande, fatta della stessa pietra di cui erano fatte le montagne. Quegli uomini erano bassi e avevano strani occhi allungati. Si avvicinò lentamente alla capanna di pietra che svettava contro il cielo. Un uomo che pareva essere il capo di quella enorme tribù era morto ed era pronto a far volare il suo spirito verso il cielo con il sacro fuoco, proprio come facevano loro. Al luogo del funerale si stava avvicinando una processione di uomini con le mani legate dietro la schiena. Dovevano essere prigionieri di tribù sconfitte. Ad un ordine di uno che, con tutta evidenza, doveva essere il loro sciamano, i prigionieri vennero uccisi e buttati nel sacro fuoco. Allora K'rg pianse, perché comprese il destino maledetto che la sua famiglia aveva patito in quella terra così bella e rigogliosa. Senza guardare una seconda volta si issò nuovamente sulla schiena della sua giumenta e tornò all'accampamento senza che nessuno se ne fosse accorto. Il mattino seguente riunì gli anziani e raccontò la sua avventura, rammentando loro di tramandarla alle generazioni future. Essi pensarono fosse un assurdo sogno e non diedero peso alle sue parole. Ma la moglie di suo figlio minore udì, come il bambino che era nel suo grembo, che sussultò, immaginando sfrenate corse assieme ai puledri. A quel bambino fu dato il nome di Saka, e nella stirpe che da lui si generò la storia continuò ad essere ricordata.

.

Il tradimento

K'rg aveva vincolato solo la sua propria famiglia al voto di marciare verso l'estremo occidente, ma non aveva esteso questo vincolo alla tribù, né biasimava coloro che decidevano di fermarsi. Ma accadde che dopo la sua morte, e la morte dei suoi figli, e quella dei figli dei suoi figli il suo giuramento si faceva lontano nel tempo. I suoi discendenti cominciarono a dire: “Cosa ci accadrà di male se ci fermiamo per qualche anno nello stesso posto? Il nostro amato antenato fuggiva da una terra arida ed inospitale, ma noi abbiamo tutto intorno buone terre in cui costruire i nostri accampamenti. E che dire, poi delle genti che si burlano di noi per il nostro incessante peregrinare. E' vero, pagano a caro prezzo le loro burle, uccidendo i loro guerrieri e prendendo le loro donne come schiave. Ma le parole di scherno sono entrate nelle nostre orecchie e non basta il sangue per farle tacere! Facciamo dunque come loro, costruiamo capanne solide e rimaniamo, dunque. Non infrangeremo il voto, sarà solo per qualche tempo!” La maggior parte dei discendenti di K'rg diede ascolto a questi pensieri, ma tra loro vi era anche un giovane che sospirò e decise di continuare il viaggio solamente con la propria famiglia ed il proprio seguito, anche se nessun altro li avrebbe seguiti. Ma gli anziani della gente di K'rg, che nel frattempo si era fatta numerosa, un giorno si avvicinarono al giovane e dissero: “ragazzo, sappi che abbiamo preso invidia della tua tenacia. Tu fai sfigurare di fronte a te tutti i capi delle tribù del popolo di K'rg e per questo non verrai perdonato. Fuggi presto da noi! Non permettere che i parlatori ti cavino la lingua, i forti ti spezzino le gambe o i coraggiosi ti sfidino! Ascolta le nostre parole. Il tuo gesto non sarà dimenticato facilmente: il tarlo roderà e roderà per generazioni e alla fine colpirà. Forse non i tuoi figli, forse non i figli dei tuoi figli, ma prima o poi colpirà. E per quel giorno il tuo popolo dovrà essere forte per affrontare la marea. Trova il modo per renderlo pronto”.

.

Una nuova terra

Il ragazzo, ancor più risoluto dopo aver udito gli anziani, non perse tempo, raccolse le sue cose e le sue genti e partì, ancora e sempre verso occidente. Davanti a sé trovò una catena montuosa che si stagliava sulla pianura circostante. Senza curarsi del destino di coloro che si lasciava alle spalle la attraversò, per giungere in una terra nuova, in cui vi erano pochi grande pianure, molti monti e molte foreste. Vi era spazio a sufficienza e poi, del resto, forse poteva fare come le genti che lì abitavano: invece di essere custodi di branchi di cavalli e armenti, vivere dei frutti della terra. Ieu era un dio geloso, ma forse sarebbe stato in grado di convivere con una compagna. Dopo aver ucciso gli uomini e catturato le giovani, secondo il costume fiero dei veri guerrieri della stirpe di K'rg, decise di esplorare quella terra e farla sua. Non voleva tradire la promessa di non infrangere il voto, ma in quelle regioni seguire il corso del sole, che dispettoso si nascondeva tra i picchi innevati, le nebbie e i fitti boschi sembrava più arduo del previsto. Si ricordò anche del monito degli anziani di fare della sua stirpe un popolo numeroso e forte. Venne preso da uno strano torpore e fece strani sogni. Non quelli di battaglie e marce nel freddo e nel caldo. Quelli erano i sogni di Ieu pade. I ricordi delle avventure che aveva affrontato nel sonno svanirono appena aprì gli occhi. Ma di una cosa si ricordò: che non erano i sogni di Ieu. Doveva giungere alle estreme porte del tramonto che, sentiva, erano vicinissime, fare sua quella terra, far diventare la sua gente un popolo grande e temuto: non c'era che una via per riuscire in tutti e tre i compiti: abbandonare gli usi delle steppe e adottarne di nuovi. Per questo, come prima cosa, disse ai suoi figli: “Noi eravamo soliti mostrare il nostro valore disperdendo le genti che ci si paravano dinnanzi nelle grandi pianure. Ma qui non possiamo agire nel medesimo modo. Le genti di queste regioni traggono il loro nutrimento dalla terra e crescono rapidamente in numero, ma non sono capaci di combattere. Noi questo sappiamo fare, combattere, ma non siamo in grado di diventare numerosi, poiché le greggi danno sostentamento a malapena bastante per quanti siamo ora. Smettiamo perciò di ucciderli. Diventiamo piuttosto loro signori. Noi li difenderemo da qualsiasi pericolo e potranno così estendere i loro campi. Con grandi campi potranno provvedere a sfamare anche noi. In questo modo supereremo con i nostri guerrieri la somma dei guerrieri di tutte le tribù della stirpe di K'rg che ci siamo lasciati dietro”. Convinti dalle sue parole si misero a fare come egli (U'raap, questo il suo nome) aveva detto, e sotto i suoi figli, e i figli dei suoi figli crebbero. Ma Ieu padre era un dio troppo geloso, e aveva stabilito che prima o poi li avrebbe costretti a tornare alle antiche tradizioni. E dopo li avrebbe maledetti e distrutti.

.

La strada delle stelle

Molte generazioni dopo i figli di U'raap si erano diffusi su tutta la nuova terra, lentamente sottomettendone le genti. Ma molte di esse, non volendo perdere la libertà si nascondevano in regioni sempre più impervie e inospitali, verso occidente in cui la stirpe di U'raap del popolo di K'rg non era ancora giunta. Ma il voto di giungere alle porte del tramonto era sempre valido e non passò molto tempo che una dopo l'altra, tutte le tribù recalcitranti venivano raggiunte. I K'rg però a questo punto avevano raggiunto le sponde del grande mare, in cui, ogni notte, il sole sprofondava. Essi si abituarono poco a poco alla vista del mare, come in precedenza si erano abituati alla visione delle alte montagne. Ma non riuscirono mai ad amare veramente né l'uno né le altre. Il loro cuore era ancora involontariamente legato alle sconfinate pianure. E su questo i popoli della nuova terra ancora liberi dal potere della stirpe di U'raap confidarono per nascondersi un'ultima volta: si rifugiarono infatti in una lunga serie di strette valli tra i monti che davano direttamente sul grande mare. Questi popoli chiamarono questa regione il “cammino degli astri”. Essi infatti veneravano le stelle ed erano in grado di predirne i moti. Le stelle erano come loro: piccole luci gentili e poco ingombranti. Non come il sole di Ieu padre, tanto forte e sicuro di sé da sovrastare ogni altro lume in cielo. Sull'estrema punta occidentale di questo cammino vi era una spianata, in cui essi costruirono il loro tempio più sacro e nascosto. Per loro, infatti, l'occidente era il punto di origine, la culla della vita. Proprio come per i K'rg le porte del tramonto rappresentavano la fine del viaggio.

.

La fine ed un ennesimo nuovo inizio: la maledizione di Euskara

Una bellissima principessa U'raap, chiamata Euskara, decise che era giunto, al fine, il momento per la stirpe di K'rg di adempiere alla promessa: raggiungere le porte del tramonto. Questo per lei voleva significare conquistare il sacro tempio al termine del cammino degli astri, per aspergersi nelle acque del grande mare nel punto più occidentale delle terre emerse. Ma l'altare era difeso da una coraggiosa e altrettanto bella sacerdotessa. Ogni estate Euskara si poneva alla testa dei suoi guerrieri e dopo aspre battaglie veniva puntualmente respinta dai guerrieri della sacerdotessa. Un giorno le due si incontrarono sul campo di battaglia. La sacerdotessa, appena vide Euskara decise di parlarle faccia a faccia. Fece perciò un sortilegio e la intrappolò in una specie di strano sogno ad occhi aperti. Le due giovani erano sedute su un enorme prato pieno di papaveri che si estendeva a perdita d'occhio. La sacerdotessa aspettò pazientemente che l'altra si riavesse dalla sorpresa, poi le rivolse la parola: “Benvenuta, principessa Euskara. Non preoccuparti per i tuoi uomini, non perderanno la battaglia perché tu non sei alla loro testa. Quando finiremo questa piccola conversazione tra donne ti riporterò nell'esatto istante in cui ho incrociato il tuo sguardo sul campo”.
Furente, Euskara puntò il suo coltello alla gola dell'altra e rispose: “Brutta strega, dove ci hai portato? Rispondi o ti uccido!”
L'altra, senza perdere la calma ribatté prontamente:“Ma se mi uccidi, come uscirai dal mondo dei sogni?Siediti ti prego, e lascia che io ti insegni alcune cose. La sapienza del nostro popolo sta svanendo. Voi K'rg avete dato il vostro contributo, ma sarebbe comunque successo. L'unico modo per farla continuare a vivere è infonderla in un nuovo corpo, in un nuovo popolo custode che le dia nuovo vigore”.
Ma Euskara non si fidava della nemica:“Non ho capito bene le tue parole, strega. Ma se in alternativa allo sprecare del tempo ascoltandoti, il mio fato è passare l'eternità in questo campo di papaveri, allora non ti ucciderò. Ma non abusare della mia pazienza”.
“Non ne abuserò, te lo giuro”, fece la sacerdotessa. “Innanzitutto però ti dirò una cosa: sappi che dalla tua risposta qui dipenderà il destino del mondo. La mia vita è protetta da una maledizione. Una maledizione che il tuo stesso antenato U'raap ha trasmesso. E' stato lui a decidere di lasciar vivere i popoli di quella che voi chiamate nuova terra e noi terra di mezzo, invece di sterminarli. In cambio i suoi eredi, con la nostra arte sarebbero stati in grado di crescere in numero e forza e difendersi dalle orde egli eredi di coloro che U'raap si è lasciato dietro di sé. Anche tu sai questa leggenda, eppure vuoi sterminarci, con il rischio di far ricadere la maledizione sul tuo popolo. Perché?”
Euskara tornò alla carica:“Come tu hai detto, è una leggenda. Io voglio essere la serva di un'altra leggenda, raggiungere l'estrema punta dell'ovest, essere bagnata dalle acque del grande mare presso le porte del tramonto”.
Stavolta fu la sacerdotessa ad obiettare:“Disprezzi una leggenda, ma sacrifichi la tua vita ad un altra? Sappi che in ogni mito, a mio giudizio vi è un fondo di qualcosa di vero. Una saggezza perduta, un anelito che il nostro signore celeste ci hanno messo in cuore. Tu lo chiami Ieu padre, noi Iluvatar, ma, in fondo, la cosa non fa poi gran differenza. Il tuo desiderio di arrivare all'estremo occidente è lo stesso dei miei antichissimi antenati, che, le nostre leggende tramandano, vennero da una terra ad occidente del grande mare, che nella nostra lingua si chiama Atalante, anche se anticamente era detta Numenor. Deve essere un impulso con il quale sono stati creati tutti gli uomini che aspirano a vedere la luce di Iluvatar. O di Ieu padre. Solo che la modalità con cui tu vuoi raggiungere questa luce ti impedirà di vederla. Dopo che ci avrai sterminato, infatti, sarai ancor più inquieta, vagherai senza scopo e morirai infelice. Ti consegno la possibilità di creare un dominio saldo e duraturo sulla terra di mezzo, se accetterai quel che noi ti insegniamo”.
La principessa guerriera però si stava spazientendo. Non credeva ad una parola di ciò che la strega diceva. O forse no. Ed era per questo che non voleva sentire. Aveva paura che potesse essere vero. Comunque forzò se stessa a dire:“No! Non ho alcuna intenzione di sottomettermi a voi!”
“Non ho parlato di sottomettervi, Euskara”, fu la pronta risposta dell'altra. Ho parlato di insegnare, è differente. Molto è perduto, ma molto si può recuperare dai giorni antichi, se solo unissimo i nostri due popoli”.
“E se io rifiutassi?”
“Libera di crederci o no, allora la maledizione si compirà: nuovi popoli continueranno a giungere da oriente e soppiantarvi. Non solo. La tua stirpe, che da te prenderà il nome, si rintanerà negli stessi luoghi in cui ci siamo nascosti noi. Forse resisterà, non so, non riesco a vedere così lontano. Ma i popoli eredi di K'rg che prenderanno il vostro posto si dimenticheranno presto che voi siete mai stati imparentati con loro. La loro invidia cancellerà la vostra memoria. Penseranno che voi qui ci siete sempre stati, un popolo non di dominatori ma di sottomessi. Passeranno sette volte mille anni prima che qualcuno cominci a riconoscere la vostra parentela con le tribù che ora stanno attraversando le montagne nebbiose. Ossia gli eredi del popolo di K'rg delle tribù di Go'hid, Skla, Taal, De'hut, Dak, Llirr, e di Door. Nomi che anche i vostri vecchi tramandano, credo. E per giunta vi sono molte altre stirpi che sono nate nel frattempo. Scegli ora. Io ho parlato anche più del consentito. Tocca a te. Ah, un'ultima cosa. Perdonami, non mi sono presentata. Mi chiamo Atheasùle. Nella lingua dei miei antenati significa “spirito del bene”. Ricordati di questo nome, principessa, perché la tua gente avrà sempre bisogno di cercarlo, lo spirito del bene”.
Euskara rimase pensosa a lungo. Alla fine le venne da scuotere la testa. I misteri cui aveva accennato la sacerdotessa erano troppo grandi per essere veri. Troppo grandi per la testa di un uomo. Preferiva rimanere ancorata alla realtà semplice che aveva sempre incontrato. Era più facile. Le bastò quel cenno e tornò alla sua battaglia. La vinse, questa volta. Visse inquieta per il resto della sua breve vita, mentre nello stesso istante in cui si bagnava nelle acque del grande mare come aveva giurato di fare, Tuatha e Gael, della tribù di Go'hid attraversavano le montagne nebbiose a sud. Più a nord provavano la stessa avventura Galind e Sudin, gemelli della casa di Aes. 
Non sono gli anziani che raccontano questo perduto dialogo, ma solo il vento e i petali rossi di quel campo, nei giardini di Yavanna, in Valinor.

Paolo Maltagliati

.

Diamo ora la parola a Basileus TFT:

GLI STATI SUCCESSORI

Per "stati successori", si intendono quegli Stati nati dopo la conquista di Costantinopoli del 1204, che hanno portato avanti la tradizione romea per circa 200 anni contro i "barbari".
Anche quando cadde l'impero occidentale ci furono vari tentativi da parte delle elite locali di creare un dominio romano, erede dell'impero, da contrapporre ai nascenti regno romano-barbarici.
Di tutti, il più noto è il dominio di Soisson, durato poche decine di anni.
Ma che accade se, parallelamente al mondo bizantino, anche gli Stati-successori dell'Occidente sopravvivono a lungo, se non tutti almeno qualcuno.

Ecco una lista dei possibili, fatti a memoria:

- Soisson: attorno all'omonima città francese, regno durato qualche decina d'anni e poi assorbito dai Franchi

- Impero d'Occidente riparato in Dalmazia: luogo di rifugio dell'Imperatore Nepote, che progettava la riconquista dell'Italia con 7-8000 soldati dalmati, ucciso poi da un traditore attorno al 480

- Regno di Pannonia: in Pannonia gli elementi romani, seppur non indipendenti, sopravvissero fino all'epoca di Carlomagno. Visto che la Pannonia era un grosso bacino militare, sarebbe ipotizzabile una sua resistenza in primis agli Ostrogoti

- Dominio dell'Ebro: Attorno alla valle dell'Ebro, in Spagna, si registrano almeno due tentativi di ribellione ai Visigoti, attorno al 480

- Regno di Volubilis: effimero dominio romano-moro nel nord del Marocco attuale, poi disperso dalle tribù berbere

- Regno Arturiano: Cornovaglia e Galles di romani e britanni, uniti contro i Sassoni, riescono a resistere

- Terra dei Bretoni: Bretagna romana, storicamente annessa ai Franchi

- Barbacini: poche migliaia di uomini semiromanizzati e pagani in Sardegna, che tuttavia si opposero con successo ai Vandali e godettero di autonomia formale sotto Bisanzio

Nota: Clodoveo invece non può essere annoverato in questa lista, nonostante avesse consiglieri romani, parlasse latino e governasse con l'aiuto della Chiesa e delle elite (gallo-)romane, perchè per "successore", si intende popolazione e elite locali che creano un dominio di continuità ideale col passato, in contrapposizione ai nuovi dominatori. Poco importa se Clodoveo fosse stato approvato da Costantinopoli, come effettivamente fu per Odoacre: sarebbe stato comunque uno straniero che occupava manu militari i territori romani ed era diverso per cultura e lingua.

.

Gli risponde come al solito il grande Bhrghowidhon:

In parte si tratta di mera terminologia (che si chiamino «Stati Successori» o no, la sostanza non cambia), in parte di fatti concreti.

Parto da questi: la Romanizzazione linguistica fino al 395 d.C. è stata limitata alle Città (dove era iniziata solo da un secolo e mezzo; fino al 313 soltanto parziale), quindi la Britannia, abbandonata dalle Legioni nel 410, non vi ha preso parte; di conseguenza anche la Bretagna, la cui Romanizzazione è stata a sua volta interrotta nel V secolo, non è diventata neolatina. Questi Stati (che sono i Mūnĭcĭpĭă romani corrispondenti alle antiche Cīuĭtātēs tornate indipendenti) sono Alleati dell'Impero Romano, ma non hanno alcun titolo alla Successione, perlomeno non quanto i Bulgari o i Franchi, per esempio (si noti che il Primo Impero Bulgaro era, invece, di lingua latina, quindi ben più adatto a essere annoverato fra gli Stati Successori!).

Nella Penisola Iberica, il conflitto è stato fin dall'inizio fra Fŏedĕrātī germanici e Bagaudi: Roma era rappresentata dai Visigoti ecc., quindi o sono Stati Successori i Visigoti e gli altri Regni Romano-Germanici o non lo è nessuno (la Romanizzazione fra i Bagaudi era come quella dei Baschi: nulla o addirittura negativa, in quanto chi vi aderiva si deromanizzava se prima era stato Romano).

In Pannonia la situazione è ancora diversa: gli elementi neolatini rimangono addirittura fino alla fine del IX secolo, ma appunto attraverso Regni non romani, quindi se Clodoveo – che rappresenta il paradigma dei Re Romano-Germanici – non è considerato (qui si torna alla questione terminologica) «Stato Successore», non lo può essere nemmeno la Pannnonia (e a questo punto neanche l'Impero Bulgaro), perché in queste regioni la Romanizzazione è stata portata avanti sostanzialmente e completata proprio dai Regni Romano-Germanici.

È infatti poco noto che la maggior parte dei Paesi Romanzi è tale non solo né tanto per l'Impero Romano, quanto per i Regni Romano-Germanici: se non consideriamo questi ultimi «Stati Successori», certamente la Romanizzazione prosegue lo stesso ma non possiamo considerare Stati Successori neppure quelli dove la Romanizzazione è avvenuta o stava avvenendo per gli stessi motivi. In altri termini: se blocchiamo la formazione dei Regni Romano-Germanici in Pannonia ecc., non è che rimangano aree romanizzate, bensì aree preromane, che quindi diventano slave. La prova è che, dove non ci sono stati Regni Romano-Germanici, è puntualmente avvenuta la Slavizzazione, che la Toponomastica ci dimostra innestatasi direttamente sulle lingue preromane e non sul latino (tranne che in Dalmazia, dove però l'Impero Romano è rimasto).

Volubilis non è affidabile, perché se ancora al tempo di S. Agostino perfino i centri dell'Africa Romana erano ancora semilatlinizzati, figuriamoci che cosa poteva essere la Mauritania...

In breve, restano la Gallia e la Dalmazia. In Spagna, ciò che non è romano-germanico (o bizantino) resta basco o iberico o ispanoceltico; in Britannia, basta la Storia a mostrarci che cosa è successo (la Germanizzazione inizia soltanto a metà del VI secolo e su una base totalmente celtica); in Pannonia, ciò che non diventa romano-germanico è destinato alla Slavizzazione; in Mauritania, Libico-Berberi erano e tali rimangono. In Sardegna, se avviene una Riconquista Bizantina tutto va come nella Storia nota, altrimenti è come il Paese Basco.

Gli Stati Successori dell'Impero Bizantino invece sono stati tutti in aree greche da secoli; quelli dell'Impero d'Occidente in realtà ci sono stati davvero, solo che lo sono stati... dell'Impero Bizantino: Venezia, Istria, Dalmazia, lo Stato Pontificio, Gaeta, Napoli, Sorrento, Amalfi, Puglia e Calabria, Sicilia, Sardegna (adesso sì). Già la Gallia di Siagrio è un caso estremo e appena appena diverso dai Bagaudi per il fatto di essere filoimperiale e non antiromano (linguisticamente era invece allo stesso livello): nell'Orbe Bisantino, corrisponde agli Imperi Bulgari.

.

Basileus TFT domanda:

Ora sarebbe da trovare come far sopravvivere queste nazioni all'Alto Medioevo.

.

Bhrghowidhon non lo lascia certo senza risposta:

Come il Regno dei Franchi è stato un elemento di attrazione per quasi tutti i Germani (a parte Angli, Sassoni e Juti), così si dovrebbe immaginare un Impero Gotico-Gepidico che eserciti un’azione centripeta, bloccando l’Istmo Ponto-Baltico a ogni movimento dalle Steppe (una specie di Chānato dei Chazari, sempre centrato sulla Crimea, ma di matrice germanica orientale anziché īrānica turchizzata).

Nelle Glosse antico-altotedesche di Wessobrunn (seconda metà dell’VIII secolo) si legge «Gallia. uualholant. | Chortonicum. auh uualholant.» (auh = “anche”); nelle Glosse di Kassel «Germania franchonolant. Romani Uualha», nelle Glosse di Sankt Blasien «Rutuli Walcha, Itali, ab Italia»; il francese Gaule deriva da Walha, nome francone dei Celti, mentre l’inglese Wales (Galles) deriva da Wealhas, il nome anglosassone dei Celti. Si noti che, sempre nelle Glosse di Wessobrunn, si legge anche «Italia. lancpartolant. Auſonia auh lancpartolant.»

Tutto questo dimostra in maniera indubitabile che, almeno fino a dopo Carlomagno, accanto al nome dei singoli Regni Romano-Germanici sussisteva ancora la denominazione pregermanica e addirittura preromana della vasta area comprendente Britannia, Gallia Transalpina e Cisalpina, senza distinzione fra Bagaudi, Regni Britannici, Diocesi Galloromane ecc.: «Walha», in tedesco «Walholand». Se dunque veri e proprî Stati Successori dell’Impero Romano in Occidente (anche se non propriamente «dell’Impero Romano d’Occidente»; bensì di quello riunificato sotto Bisanzio) sono stati Venezia (con Istria e Dalmazia), Stato Pontificio, Ducati di Gaeta, Napoli, Sorrento, Amalfi, Puglia, Calabria, Sicilia (fino ai Musulmani) e Giudicati Sardi, una grande Nazione non germanica sotto i Regni Romano-Germanici (o Germanici tout court, nell’Eptarchia Anglosassone) per tutto l’Alto Medioevo è stata appunto la «Walha» (in italiano «Gallia», da non confondere con la Gallia in senso latino, che ne è un sottoinsieme; questa Gallia altomedioevale = «Walha» comprende anche il Galles, tant’è vero che l’aggettivo etnico è «gallese» – da «Gallia» – e non †gallesese, come propriamente sarebbe da «Galles»).

Questo spiega altresì come mai la Francia si chiami in latino «Francogallia» (in opposizione alla «Anglogallia» e alla «Lombardogallia», la Lombardia in senso lato, ossia tutta l’Italia tranne Roma, Venezia e gli altri Stati Successori dell’Impero Romano). La riprova di tutto ciò è che gli stessi Longobardi hanno visto mutare il proprio nome da Langobardī – come era in latino, regolarmente dalla forma germanica di partenza *Langabardōz “lunghe barbe” – a Longobardi con la /o/, che è un composto celtico realmente esistente, in irlandese longbard “poeta (che riceve il compenso) di (un) vasello” (long = “vasello” e “vascello, nave”): evidentemente, solo dei Celti potevano paretimologizzare il nome Langobardī in Longobardi (i Romani avrebbero piuttosto scelto di usare «Longibarbī»).

Quindi la leggenda di Re Artù Imperatore d’Occidente è uno dei miti nazionali del Walholand e allude al senso di appartenenza comune di tutti i Walhas, dalla Britannia alla Cisalpina (Bagaudi o no).

.

Basileus TFT approva e rilancia:

Mi sembra una spiegazione eccellente. Il punto ora sarà far sopravvivere questi "Stati postromani non germanici".

Per quanto riguarda i britanni, i bretoni, i baschi dovrebbe essere relativamente semplice, ma per la Dalmazia, l'Ebro e Soisson, i vicini sono decisamente ingombranti.

Per quanto riguarda Venezia, Gaeta, Napoli e il resto, la loro autonomia arriva molto dopo, o ipotizziamo diversamente oppure dobbiamo spostarci almeno al 700?

.

E Bhrghowidhon gli replica:

Se la Divergenza parte dalla permanenza dei Germani in Europa Centro-Orientale, che implica il mancato arrivo degli Unni (o il loro respingimento da parte di Ermanarico), il ruolo di questi ultimi dovrebbe essere dei Goti e dei loro Successori, alla duplice condizione che siano in grado di estendersi (come Attila) fino ai Franchi e di resistere (meglio dei Gepidi) agli Avari. A questo punto avremo una Germania stabile e salda fra il Don, il Mar Nero, il Danubio, il Reno, il Mare del Nord e il Baltico; contemporaneamente una sorta di “Grande Galles” ex-romano dalla Britannia alla Cisalpina (Walholand); Roma, Napoli, Venezia ecc. non saranno mai Stati Successori, perché rimarranno Impero Romano (riunificato dopo il 476). Ulteriori Protagonisti saranno, dalla prima metà del VII secolo, il Chānato dei Chazari (ma potrebbero essere invece ancora gli Avari se non addirittura gli Unni) e il Califfato degli ’Umayyadi.

Il meccanismo dovrebbe essere: Bisanzio anticipa i Sāsānidi ‘dirottando’ contro questi ultimi gli Unni Neri, in una morsa a tenaglia insieme agli Unni Bianchi (inizio del V secolo); fra V e VI secolo l’Impero Romano si riunifica, ma nel frattempo i Germani (Impero Gotico) lo attaccano giovandosi anche della collaborazione degli Unni Neri; Bisanzio riconosce la completa indipendenza del “Grande Galles” (si chiamerà «Ĭmpĕrĭŭm Găllĭārŭm, Hĭspānĭārŭm ĕt Brĭtănnĭārŭm», dal nome delle Prefetture da cui nasce) fino all’Ītălĭă Ănnōnārĭă compresa e insieme respingono i Germani, mentre in Oriente si accorda con gli Unni Bianchi contro gli Unni Neri. Questi alla fine del VI secolo vengono sostituiti dagli Avari e all’inizio del VII dai Chazari (che eventualmente spingono gli Avari e i Bulgari contro gli Unni Bianchi), mentre nello stesso VII secolo gli Arabi approfittano del contrasto fra gli Unni Neri (e i loro Successori, Bulgari Avari e Chazari) e Bisanzio per espandersi, come nella Storia nota, arrivando all’inizio dell’VIII secolo fino in Spagna, dove vengono a fatica rallentati e fermati dal Walholand. Gli Avari prima e i Chazari poi tengono sotto pressione i Germani (che includono anche tutti gli Slavi).

In questo modo, il sistema è a sette Potenze: Bisanzio, il Walholand, i Germani, i Chazari, i Bulgari, gli Avari e gli Arabi. Chazari e Arabi sono praticamente identici alla nostra Storia, rispetto alla quale Bisanzio conserva anche tutta l’Ītălĭă Sŭbŭrbĭcārĭă, forse Ravenna e Venezia, probabilmente l’Istria e sicuramente la Dalmazia; il Walholand corrisponde al Sacro Romano Impero con la Spagna Settentrionale e la Britannia, ma senza la Germania a Est del Reno, che invece rimane nell’Impero Gotico (sempre fra Baltico, Mare del Nord, Reno, Danubio, Mar Nero e Don). Molto diverso è invece il ruolo degli Avari e dei Bulgari, che si stabiliscono nell’Īrān Settentrionale e Orientale fino ai Ghaznavidi.

Dal X secolo arriveranno nuove sfide (Germani Settentrionali, Magiari, Peceneghi, poi Cumani), che colpiranno soprattutto i Britto-Galli del Walholand, l’Impero Gotico e i Chazari. Se Roma e Bisanzio resteranno in Comunione Confessionale, temo che d’altra parte uno Scisma sia inevitabile con Milano e tutta la Cristianità Celtica. Le affiliazioni religiose dovrebbero essere: Bisanzio Cattolicesimo Ortodosso, Walholand Cattolicesimo Gallicano (Milano), Goti Arianesimo, Chazari Ebraismo, Califfato ’Islām, Avari e Bulgari forse Manicheismo e Nestorianesimo?

Se sui Brittogalli continua a regnare la Dinastia Arturiana, potrebbe portare il titolo di Brigantini; nell’Impero Gotico è invece possibile che giungano al potere i Germani Settentrionali (come nella Rus’).

.

Per farci conoscere il vostro parere su queste ucronie, scriveteci a questo indirizzo.


Torna indietro