L'Europa disintegrata


Beccatevi questa distopia riguardante una futura disintegrazione politica dell'Europa in seguito alla rischiosa indipendenza del Kosovo, distopia che dobbiamo ad Ainelif e a Lord Wilmore:

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2008, 12 maggio: il Kosovo proclama l'indipendenza unilaterale da Belgrado. L'Unione Europea riconosce l'indipendenza, la Russia no, l'ONU cincischia.

2009: una dura crisi economica in Italia porta alla caduta del governo di Romano Prodi, Silvio Berlusconi torna al governo.
La presidente degli USA Hillary Clinton instaura buoni rapporti con la Russia che con Bush era entrata in una "guerra fredda" con gli statunitensi.

2010: inizia in tutta Europa l'effetto domino prodotto dall'indipendenza del Kosovo. La prima a farne le spese è la Gran Bretagna: lo Scottish National Party approfitta dell'inflazione che colpisce l'Inghilterra, e ad Edimburgo viene proclamato il Regno di Scozia indipendente.
Contemporaneamente la Serbia perde anche la Vojvodina, perchè in essa la minoranza ungherese segue l'esempio degli albanesi del Kosovo. Intanto manifestano inquietudine anche gli albanesi del Montenegro e della Macedonia. USA ed UE mettono in guardia Tirana dalla tentazione di creare una "Grande Albania" sconvolgendo i confini della regione.

2011: guai anche per la Francia di Sarkozy a causa della Corsica, che si proclama indipendente il 6 aprile, giorno del compleanno di Pasquale Paoli, l'eroe nazionale. Parigi minaccia la guerra ma poi è costretta a riconoscere l'indipendenza di Ajaccio.
Il Belgio cessa di esistere, suddiviso in Vallonia e Fiamminghia; Bruxelles è la capitale della Vallonia anche se completamente circondata da territorio fiammingo.
Ingresso della Croazia nell'Unione Europea.

2012: con il consenso israeliano il governo palestinese di Abu Mazen proclama la Repubblica Palestinese con capitale Abu Dis, sobborgo orientale di Gerusalemme; tale evento riduce drasticamente gli attentati di matrice islamica.
Fini va al governo sostituendo Berlusconi ormai troppo vecchio per governare il paese, propone di abbandonare l'euro e di ripristinare la Nuova Lira italiana, ma il suo progetto è bocciato. Fini si dimette per protesta e va al governo Pierferdinando Casini.

2013: il Québec in seguito a referendum si stacca dal Canada ed adotta come moneta l'euro. La federazione canadese resta tagliata in due.

2014: indipendenza dalla Spagna della Nazione Basca, che si ritira dalla UE.

2015: anche l'Ucraina si spacca in due. Le regioni centro-occidentali, filoeuropee, si separano da quelle meridionali e orientali, filorusse. Le prime restano indipendenti con capitale Kyiv, ed iniziano il cammino di adesione all'UE, mentre le seconde compresa la Crimea si riunificano alla Russia.

Le due Ucraine (grazie a Lord Wilmore)

2016: in seguito a referendum, parte dell'Alto Adige italiano (senza però la città di Bolzano) e il Tirolo austriaco si separano dalle rispettive nazioni, dando vita alla repubblica indipendente del Tirolo che aderisce all'UE. Il Voralberg resta fedele all'Austria ma isolato tra Svizzera, Liechtenstein, Tirolo e Germania, complicando sempre di più la carta d'Europa.

2017: con il Congresso di Ryad è decretata la spartizione dell'Iraq in tre nazioni: la repubblica sciita filoiraniana a sudest con capitale nella città santa di Najaf, la repubblica sunnita filoamericana al centro e a sudovest con capitale Baghdad, e la repubblica del Kurdistan a nord. Siccome la Turchia del "Sultano" Erdogan dichiara che non si ritirerà mai dalla sua porzione di Kurdistan, parte un vero proprio esodo di massa dai confini Turchi verso il Kurdistan ex iracheno. In Siria inizia una violenta lotta armata dei Curdi che intendono unirsi ai loro connazionali.

2018: la Scozia adotta l'euro ed entra nella UE, mentre molti arcipelaghi del Pacifico e dei Caraibi abbandonano il Commonwealth britannico per erigersi a repubbliche indipendenti.

2019: un referendum popolare in Catalogna dà il via alla sua totale indipendenza dal regno di Spagna, nasce il Regno di Catalogna che entra subito nella UE.
Indipendenza dalla Danimarca delle Faer Øer e della Groenlandia.
L'isola musulmana di Mindanao si stacca dalle cattoliche Filippine.

2020: l'Albania entra nella UE assieme al Montenegro e alla Macedonia del Nord; il cammino di adesione di Tirana è stato sbloccato solo dopo che il presidente albanese ha dichiarato ufficialmente che non si unirà al Kosovo ed ai connazionali di Montenegro, Macedonia del Nord e Grecia per formare una Grande Albania (i movimenti separatisti albanesi in Macedonia del Nord e Montenegro sono stati messi fuorilegge). Intanto i serbi del Kosovo e della Bosnia-Erzegovina si staccano rispettivamente da Pristina e da Sarajevo, unendosi alla madrepatria: primo ingrandimento territoriale della Serbia dopo vent'anni di mutilazioni.
Erdogan instaura una dittatura militare in Turchia assumendo pieni poteri e iniziando un proprio programma nucleare senza consultare gli alleati americani ed europei.

2022: gli Stati del Sud degli USA si autoproclamano Stati Confederati Uniti del Sud combattendo il governo di Washington e instaurando un governo dittatoriale e razzista. Inizia la Seconda Guerra di Secessione che indebolisce il colosso statunitense.
A Strasburgo si cominciano a studiare piani per una futura Europa unita politicamente e non solo economicamente, onde combattere la disintegrazione politica del continente. Quanto resta della Bosnia (musulmani e cattolici con capitale Sarajevo) è accolto nell'UE.
In Russia alcuni partiti politici propongono di richiamare i Romanov sul trono, restaurando il Secondo Impero Russo, ma perdono le elezioni. Il nuovo presidente russo è infine costretto a concedere l'indipendenza alla Repubblica di Cecenia ritirando l'esercito che da anni la occupava; in cambio però la Bielorussia torna ad unirsi a Mosca.

2023: la regione di Nunavut, a maggioranza Inuit, abbandona il Canada e si unisce politicamente alla Groenlandia.

2024: dopo lunghe contese la Transilvania si separa dalla Romania e torna a riunirsi all'Ungheria. Anche in questo caso la Romania è compensata della perdita con l'annessione della Moldova; i russofoni della Trasnistria però non ci stanno, proclamano l'indipendenza e poi si riuniscono come exclave alla Russia.
La Nazione Basca è costretta ad aderire all'UE per superare la sua devastante crisi economica.

2025: l'Argentina, travolta da una crisi politica senza precedenti, è costretta a concedere l'indipendenza alla nazione di Araucania. Poco dopo i Mapuche ottengono di costituire un analogo stato autonomo nell'estremo nord del Cile, con l'appoggio della Bolivia.
In tutto il Sudamerica si adotta una moneta unica, il peso sudamericano.

2026: controcorrente con la frammentazione politica dell'Europa, la Norvegia, la Svezia e la Danimarca danno vita ad un'unica federazione chiamata Regno di Scandinavia, sotto la corona del re Adolfo III. La Scandinavia si ritira dall'UE ed ancora la propria moneta (la corona) al dollaro americano. L'Islanda rifiuta di entrare a far parte della neonata federazione.

2028: proclamazione dell'indipendenza della Sardegna.
L'Indonesia si sfascia: diventano indipendenti Sumatra, Giava, Bali, Flores, il sultanato di Aceh, il Borneo, le Molucche e la Nuova Guinea Occidentale.

2033: indipendenza del Galles e dell'isola di Man; il Commonwealth viene sciolto. All'Inghilterra restano solo le isole del Canale e l'Irlanda del Nord, in cui però la minoranza cattolica protesta sempre più fortemente per unirsi all'Irlanda Eire.

2035: crollo del regime comunista in Cina: Tibet, Sinkiang Uighur e Manciuria diventano indipendenti, mentre la Mongolia Interna si unisce alla Mongolia e Taiwan si riunisce alla madrepatria.

2036: sconfitto militarmente un tentativo di secessione armata della Sicilia, spalleggiato dalle potenti cosche mafiose dell'isola.

2037: nell'80° anniversario del Primo Trattato di Roma, il Secondo Trattato di Roma istituisce un governo sovranazionale europeo che ha competenze in materia di politica estera, economia e difesa, mentre tutte le altre competenze restano agli stati nazionali. Solo la Scandinavia e la Svizzera non firmano il trattato. Questo appare come il solo modo per combattere la disintegrazione politica del continente, dopo che persino la Bretagna ha cominciato a reclamare l'indipendenza dalla Francia. L'Europa delle Regioni appare l'unica soluzione possibile per risolvere gli innumerevoli contenziosi territoriali apertisi con l'indipendenza del Kosovo dalla Serbia.

Ne valeva davvero la pena?

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Questo è il commento di Lord Wilmore in proposito del conflitto tra Russia e Ucraina:

Posizione della Russia: "L'Ucraina non esiste come nazione a sé stante, è solo la "Frontiera" tra la Santa Madre Russia protetta da Dio e da San Nicola e il malvagio impero satanico europeo."

Posizione dell'Ucraina: "L'Ucraina è la culla della nazione russa, Kyiv era già una grande capitale quando Mosca era ancora solo un villaggio di taglialegna, rappresenta sì la frontiera ma dell'Europa, e la prima linea contro la prepotenza dei Satana moscoviti."

Posizione dell'Europa: "L'Ucraina è l'aggredita, Putin è l'aggressore, e quindi dobbiamo dare più armi alla prima per accelerare la pace con la seconda."
Posizione di Joe Biden: "Ukraine? Where is Ukraine? Is it a Caribbean island?"

Posizione di Giuseppe Conte: "Non me ne frega un cazzo di Russia o Ucraina, basta che sia riconosciuto il ruolo di unico leader politico dei Cinque Stelle."

Posizione di Papa Francesco: "Piantatela di scannarvi a vicenda e fate la pace una buona volta, caramba!"

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Mattiopolis ha voluto provare a scrivere in proposito una sua cronologia distopica, con effetti esattamente speculari:

1995: Bossi proclama (come innocua protesta) la nascita della Repubblica Federale Padana. Inaspettatamente alcune frange estremiste del Nord Italia e addirittura alcune organizzazioni del Meridione come i movimenti indipendentisti o neoborbonici del Sud, che sperano di trarre vantaggi dalla secessione padana, danno supporto all'autoproclamato Presidente e la promessa di secessione diventa seria. Invece nei Balcani si decide la ricostituzione della Iugoslavia come repubblica federale.

1996: La scoperta di un complesso (e poco legale) giro di affari legato ad importanti politici nazionali fa precipitare l'Italia nel caos e la Padania ottiene l'indipendenza in un clima da guerra civile. La capitale è Milano e gli stati federati sono Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli. La nuova entità statale, in un impeto nazionalista, esce dall'Unione Europea e adotta come moneta la Lira Padana. La prima nazione a riconoscere la Padania è la Svizzera.

1997: La Repubblica Italiana inizia a morire: seguendo l'esempio padano, la Sicilia diventa indipendente appoggiata dalle cosche malavitose. Poco dopo una serie di attentati in Corsica da parte di gruppi indipendentisti porta al distacco dell'isola dalla Francia ed alla sua federazione con la Sardegna (capitale federale Ajaccio). La famiglia reale inglese viene accusata della morte di Lady Diana ed è proclamata la Repubblica Unita di Gran Bretagna (l' Irlanda Eire annette Belfast).

1998: Ormai in Italia il caos è totale, e il nazionalismo estremista si fa sentire: le frange più estreme delle forze armate tentano un colpo di stato, e per salvare la situazione vengono addirittura richiamati i Savoia che danno vita al Secondo Regno d'Italia. Intanto nei Balcani la nuova Iugoslavia perde pezzi: l'Istria compresa Fiume, le isole dalmate e le città di Zara e Ragusa secedono per annettersi alla Padania come decimo stato federato (Stato di Istria-Dalmazia).

1999: Le Fiandre secedono e diventano indipendenti. La Vallonia si unisce alla Francia mentre Bruxelles viene posta sotto l'amministrazione dell'UE in vista di una possibile svolta federale dell'Unione per contrastare l'ondata secessionista.

2000: Sono trascorsi cinque anni dall'indipendenza padana. Bossi viene rieletto.

2001: Dopo l'attacco alle Torri Gemelle l'economia dell'Italia smembrata cade a pezzi, così come ciò che resta dello stato. La Toscana si unisce allo stato padano (undicesimo stato federato), al sud viene proclamata la Repubblica Partenopea (i neoborbonici formeranno un partito monarchico), mentre i Savoia rimangono con il solo Lazio .

2002: L'assassinio di Chirac getta la Francia nel caos più totale ed anche lo stato transalpino perde pezzi: seguendo l'esempio corso, Aquitania, Alsazia e Bretagna dichiarano l'indipendenza. Le tesi neofasciste di Le Pen trovano quindi terreno fertile e con un vero e proprio colpo di stato quest'ultimo si impadronisce del potere ed abbandona l'Unione Europea. La Francia tenta di impadronirsi dei territori persi ma la tentata riconquista dell'Alsazia va doppiamente buca: anche i tedeschi avevano avuto una mezza idea di conquistarla, e quindi Le Pen dichiara guerra alla Germania. L'Unione Europea cessa di esistere, non avendo ormai più alcun potere.

Continua? Io avrei delle idee per proseguire la distopia...

Un'amara vignetta del grande Pier Aldo Vignazia

Un'amara vignetta del grande Pier Aldo Vignazia

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C'è anche la proposta di GJXIII:

L'attacco alle torri gemelle è stato sventato. Gli USA e i loro alleati non hanno mai attaccato l'Afghanistan, dove il regime talebano è protetto dalla Repubblica popolare cinese. In Afghanistan vengono scoperti importanti giacimenti di Petrolio, il primo partner commerciale di Kabul diventa la Cina, che costruisce un oleodotto destinato a portare il greggio fino alle raffinerie sul Mar Giallo, e grazie a questo accordo ha modo di incrementare in modo notevole la sua già rapida crescita economica.

In Iraq la famiglia di Saddam Hussein è rimasta vittima di un attentato, il paese è in mano ad integralisti islamici. In Iran il regime di Ahmadinejad annunci di aver terminato la costruzione delle sue sette centrali nucleari,ed il prossimo passo sarà la costruzione della sua prima bomba atomica, finalizzata alla distruzione dello stato di Israele.

Negli USA insorge la comunità Ebraica, il presidente Bush si schiera con Israele ,per qualsiasi azione contro l'Iran. La V flotta viene spostata davanti alle coste israeliane, e gli USA sono pronti a qualsiasi evenienza. Il Consiglio dell'ONU è impotente.

Nel 2004 negli Usa viene eletto a sorpresa il primo presidente afroamericano, Barack Hussein Obama II, che si smarca dalla politica bellicosa di Bush.

Nel 2006 in Italia la coalizione di centrodestra vince le elezioni politiche, Gianfranco Fini diventa Presidente del Consiglio, alla presidenza della Repubblica viene eletto Silvio Berlusconi.

Alla metà del 2007 una forte recessione colpisce gli Stati Uniti,una dopo l'altra falliscono le principali banche.

Nelle elezioni presidenziali del 2008 però George W. Bush, ripresentatosi, stravince le elezioni presidenziali e ritorna alla politica muscolare del "Grosso Bastone".

Nel febbraio del 2008 la crisi tra Russia e Georgia, causata dall'indipendentismo di Ossezia del Sud e di Abkazia, sfocia in guerra aperta: le truppe Russe occupano tutto lo stato georgiano, istaurando un regime dittatoriale loro amico; vani gli sforzi della comunità europea, la Cecenia assicua supporto alla Georgia, altre ex repubbliche sovietiche si schierano contro Mosca; di fatto la Russia si ritrova isolata e in preda a manifestazioni di piazza.

Nell'aprile 2008 la Cina, la Corea del Nord e l'Iran firmano un trattato di cooperazione militare, gli USA raddoppiano la presenza militare in Corea del Sud, il Giappone si dichiara favorevole ad accogliere sul suo territorio nuove basi USA, la Russia reprime in maniera drastica la resistenza Georgiana e Cecena.

Nel maggio 2008 l'India è sconvolta da una serie di attentati contro obbiettivi occidentali, rivendicati da Al-qaeda, i quali provocando più di 1000 morti, e quando truppe Pakistane con il supporto dell'esercito popolare Afghano sconfinano a nord, l'India decide di chiedere aiuto agli USA, che ai confini del nord.

Dopo una riunione d'emergenza dell'Onu, le truppe pakistane e afghane si ritirano.

Nel febbraio del 2008, Stati Uniti e India firmano un patto di collaborazione economica e militare, un contingente di 5000 militari USA e Indiani presidieranno il confine pakistano.

Nel marzo 2009 La situazione economica in Europa precipita: le principali Banche falliscono, i tumulti di piazza conoscono morti e feriti: la Grecia, la Spagna, il Portogallo e l'Italia escono dall'euro,seguiti poco dopo da tutti gli altri. Ma il ritorno alle monete nazionali fa precipitare tutta l'economia Europea, solo le nazioni più forti riescono a malapena a fronteggiare la crisi, che trascina nel baratro le principali Banche Nazionali. Manifestazioni di Piazza trasformano le città europee in veri e propri campi di battaglia, solo dopo mesi di guerriglia si riesce a far tornare l'ordine, ma il tutto ha provocato un riassetto totale del sistema economico europeo. Ogni paese si fa forte del prodotto interno per cercare nuovi mercati e nuovi partner di esportazione e importazione.

Nell'ottobre 2009 In Iran la repressione di Ahmadinejad provoca oltre 1000 morti nelle manifestazioni di piazza, e il leader iraniano annuncia al mondo che a breve sperimenterà la sua prima bomba atomica.

La Siria è sconvolta da una guerra civile che rovescia il rais Assad, istituendo una guida islamica, che si dichiara favorevole alla politica estera dell'Iran. Nel gennaio 2012 la Siria aggiunge il suo nome al trattato tra Iran, Afghanistan E Cina. La tensione mondiale cresce sempre più, e l'ONU non riesce a stemperare gli animi.

Sono le 6 del mattino del 20 febbraio 2012: nel deserto del Kavir l'Iran, fa esplodere la sua prima bomba atomica.

Israele si dichiara libero da qualsiasi trattato internazionale,e pronto a colpire l'Iran in qualsiasi momento: Israele "avverte" la comunità internazionale che in qualsiasi momento attuerà l'operazione "Gerico", per impedire la completa attuazione del nucleare iraniano.

Sono le prime ore del mattino del 1 aprile 2012 quando Israele attacca le centrali nucleari Iraniane. la risposta Iraniana non si fa attendere, la prima bomba atomica dopo Nagasaki scoppia in Galilea, le vittime sono migliaia. Come ritorsione, immediatamente Israele attacca la capitale iraniana. La Cina sposta una parte del suo esercito in Afghanistan, pronta ad intervenire qualora gli USA appoggiassero militarmente Israele. Gli USA raddoppiano le forze in India, e istituiscono un blocco navale davanti alle coste siriane.

L'Iran e la Siria chiedono aiuto alla Russia che, sconvolta dai continui attacchi terroristici di matrice islamista, si dichiara non disponibile per un aiuto militare. Intanto le truppe di Israele penetrano in territorio nemico, e in pochi giorni raggiungono Damasco, capitale della Siria. Siriani e Iraniani chiedono aiuto agli altri stati arabi, che a loro volta invocano l'aiuto della Cina. La NATO dichiara che risponderà adeguatamente se le navi americane ed europee saranno attaccate da forze arabe e cinesi. Nel novembre 2012 le presidenziali USA vengono vinte dal candidato Repubblicano, il conservatore Mitt Romney, che continua la politica del predecessore. La situazione precipita il 15 gennaio 2013, quando il Giappone e la Corea del Sud con un blitz occupano la Corea del Nord, che viene riunificata al Sud con capitale Seoul. Il conflitto è breve e sanguinoso e termina il 2 aprile 2012 con un sostanziale pareggio, perché tutti i contendenti escono distrutti dalla guerra e devono chiedere l'armistizio.

Il 1 maggio 2018 nasce la Confederazione degli Stati del Sud America. Dopo anni di tensione, riprendono gli scambi commerciali in un mondo completamente cambiato sia in termini militari che economici.

Il 10 agosto 2020 nasce anche la Federazione degli Stati d'Europa, succeduta all'Unione Europea ormai tramontata. Ne fanno parte tutti i paesi europei tranne il Regno Unito, la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, l'Islanda, la Russia, la Bielorussia e la Svizzera; aderiscono anche Georgia, Turchia ed Israele. Rinasce l'Unione della Repubbliche Sovietiche Sovrane, a guida marxista ma non più leninista; ne fanno parte tutte le 15 ex repubbliche dell'URSS tranne Lituania, Lettonia, Estonia, Ucraina e Georgia. La Cina diventa la prima potenza mondiale economica, ora che ha a disposizione notevoli risorse energetiche. Iraq, Iran, Siria, la maggior parte dei paesi arabi diventano protettorati cinesi. È firmato un patto di collaborazione fra Cina ed URSS. L'india risponde all'espansione cinese rafforzando i propri legami di cooperazione con gli Stati Uniti. Dollaro Americano e Rupia Indiana vengono agganciati l'uno all'altro. E nasce il polo informatico indo-americano, per lo studio e la realizzazione di nuove tecnologie informatiche e soprattutto robotiche, dato che gli automi stanno prendendo il posto degli operai umani.

Il 16 aprile 2022 la Cina e l'URSS in missione congiunta sbarcano di nuovo sulla Luna, a 50 anni dalle ultime missioni umane. Il 4 luglio successivo arrivano anche l'India, l'America e l'Europa, che lavorano assieme. Le potenze contrapposte impiantano sul satellite le prime basi scientifiche stabili.

Nel settembre 2026 la Cina e 'URSS fondano la propria colonia lunare. Nel dicembre 2030 i primi bambini extraterrestre nascono sulla Luna. Nel giugno 2035 inizia la costruzione della nave interstellare "GEOMARS 1", con l'obbiettivo di raggiungere Marte.

È il 27 febbraio 2037 quando la nave interstellare sino-sovietica "GEO MARS 1", con equipaggio formato da coloni lunari, decolla dalla Luna alla volta di Marte. Il 15 gennaio 2038, dopo un anno di viaggio, "GEO MARS 1" orbita intorno a Marte. Sei giorni dopo le navicelle da sbarco "GEO MARS ENTERPRISE" e "GEO MARS ORION" atterrano sul Pianeta rosso. Vi resteranno sei mesi.

Il 20 marzo 2043 arriva una seconda e più numerosa missione umana su Marte a bordo della "GEO MARS 2". Stavolta si riesce ad estrarre acqua dai poli di Marte per alimentare le prime città sotterranee. Il 1 gennaio 2080 la colonia su Marte raggiunge le diecimila persone. Inizia la colonizzazione del Sistema Solare, ed anche una nuova epoca nella storia dell'umanità...

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Rivoluzionario Liberale ci ha risposto proponendo la sua interessante teoria della "massa critica":

Forse a voi sembrerà assurdo, ma secondo me un popolo ottiene l'indipendenza quando raggiunge una certa massa critica (il nome l'ho inventato io), che nel caso di un popolo bianco di cultura europea è circa 4 milioni di abitanti. Gli USA furono indipendenti con circa 4 milioni. L'argentina idem, tre decenni dopo.

Questa massa dipende da diversi fattori:

a) dalla cultura del popolo: un popolo di cultura europea serve di meno, agli indigeni occorre una popolazione più numerosa, agli arabi grosso modo quanto gli europei.

b) dal militarismo della potenza dominante: una potenza commerciale (come la Gran Bretagna) cede l'indipendenza prima di una militarista.

quindi prima o poi (ma con differenze di 10-20 anni) tutti i popoli diventeranno indipendenti.

Faccio un esempio: gli USA desertici. Se gli USA fossero colonizzati meno da parte degli europei, oggi avrebbero gli stessi abitanti dell'Australia o del Canada, la rivoluzione americana sarebbe ritardata magari a metà '800 o addirittura al '900.

Anche nelle invasioni barbariche la demografia è stata determinante, i barbari hanno sfondato i confini dell'impero quando hanno raggiunto una massa critica.

Questa massa critica è sempre aumentata nel tempo: nel medioevo paesi come la Danimarca (ricordiamo Harald Hardrada, Margreta la Grande, Canuto il Grande), la Scozia, l'Aragona, Venezia, Genova erano potenze e oggi sono staterelli o regioni di stati più grandi. Dal medioevo ad oggi la massa critica per essere potenza è sempre aumentata e oggi si aggira sui 100-150 milioni di abitanti al minimo per un paese industrializzato, ma fino a 500 milioni per uno in via di sviluppo. Sono rimaste potenze solo gli USA, la Russia (ma siamo al limite), la Cina, e forse domani l'India, mentre il Giappone e la Germania, e anche la Gran Bretagna e la Francia non hanno più la massa critica sufficiente.

Non è necessario perdere guerre, territori, essere devastati o spartiti da potenze straniere, puoi non essere più una potenza semplicemente perché non hai più la massa critica sufficiente. Le guerre mondiali erano inutili perché la massa critica Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Giappone, Austria-Ungheria ed Ottomani l'avrebbero persa comunque indipendentemente dall'esito della guerra. E non saranno certo l'Alsazia, i Sudeti o Trento e Trieste a spostare l'ago della bilancia. Voi che ne dite?

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C'è però anche il parere fuori dal coro di Paolo Maltagliati:

Mmm... mi chiedo: cosa lega gli stati europei tra loro? No, non fraintendetemi, non ho dimenticato d'un colpo migliaia di anni di storia. E' che l'impostazione che sempre è stata data dalla cultura liberale europea, piuttosto tecnicista ed economicista, alla lunga, miracolo dei miracoli, a mio modesto avviso ha fatto breccia anche nel cuore della gente comune!

Quel che conta è star bene, a livello di benessere economico, a casa propria. La Germania, sotto sotto non sta cercando di garantire il benessere ai propri cittadini anche a scapito dell'apparente fratellanza tra nazioni europee? (e per quanto mi sembri politicamente scorretto, non riesco neanche troppo a biasimarla) "Finché il carrozzone di Bruxelles mi torna comodo, ci sto, ma dal momento in cui occorre trasformarlo e io ci smeno veramente in termini decisionali, beh, è un altro discorso..."

Forse però, a partire dalle nostre distopie sulla futura disintegrazione dell'Europa, si può arrivare ad un esito veramente inatteso. Nel senso che:

a) in seguito ala crisi del 2008-2012 la Germania della Merkel non cede, anzi si fa sempre più dura
b) la Spagna salta, principalmente perché ha le banche che fanno acqua
c) l'Italia salta, principalmente perché soffocata dalla crescita zero
d) dopo aver approfittato per un breve momento del crollo italico, la Francia salta: elefantiasi dell'apparato statale che si divora la crescita (problema anche italiano, ma per quanto ne so più serio ancora per Parigi)
d) l'Inghilterra, che nessuno sa mai bene come è messa a livello di indicatori economici perché è molto brava a nasconderlo dietro la propria sterlina, beh, salta
e) gli Stati Uniti, visti problemi economici propri e il ritorno alla grande dei Repubblicani che sotto sotto hanno ancora un viscerale antieuropeismo, rispediscono al mittente la petulante Gran Bretagna. che deve tornare all'europa umiliata e contrita
f) la Germania, che ha tirato la corda fino a farla spezzare, alla fine salta pure lei. Se gli europei si impoveriscono tanto, infatti, non comprano più ciò che esce dalle sue fabbriche
h) i poveretti, umiliati nell'orgoglio e contriti nel portafoglio, si riuniscono per decidere di federarsi per davvero prima di finire mangiati dai cinesi
i) nascono gli Stati Uniti d'Europa.

Humor nero, lo so... ma non sono riuscito a resistere!

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Ascoltiamo cosa ha da dirci Bhrihskwobhloukstroy:

Ci sono Paesi che fanno parte di una Comunità oggettiva più ampia del loro Stato: l’Anglosfera (cui Malta può partecipare quando vuole; l’alternativa è l’Unione Araba), la Francofonia (che comprende anche la Vallonia e la Romandìa, se volesse anche il Lussemburgo), la Hispanidad, la Lusitania nel caso del Colonialismo di matrice atlantica; i Paesi Turchi per la Turchia, come caso estremo – con molti dubbi – il Panslavismo (che linguisticamente è ancora abbastanza omogeneo – ma proprio al limite – rispetto all’Unione Latina o al Pangermanesimo in senso esteso, che invece ormai non sono più proponibili), infine la Russofilia per la Grecia e Cipro. L’Albania e il Kosovo/a potrebbero avere, molto in teoria, nostalgie neo-ottomane; per la Moldavia, i Paesi Baltici e la Finlandia esiste l’alternativa – dal fascino facilmente immaginabile (a parte che per le Minoranze Russofone, dove sussistono) – del ritorno alla Russia.

Per tutti gli altri non esiste alternativa all’Europa (o comunque la si voglia chiamare). Tutt’al più, i cinque o sei Paesi Nordici possono costituire una territorialmente dignitosa ma demograficamente minuscola Unione del Nord (o Nazione di Kalmar o quel che preferiamo), Germania Austria Lussemburgo Liechtenstein e Svizzera Tedesca (un tempo anche Olanda e Fiandre) sono Paesi Tedeschi (demograficamente significativi, territorialmente molto ridotti), ma per l’Italia, l’Ungheria e la Romania non c’è assolutamente niente e comunque il Panslavismo a guida russa è ormai improponibile per la Slavia Romana (Croazia, Slovenia, Slovacchia, Cechia, Polonia), oltre al fatto che, come abbiamo visto, per la Moldavia e i Paesi Baltici l’alternativa all’Europa è solo la Russia (la Finlandia almeno ha il Grande Nord), mentre l’Irlanda non sarebbe certo felice di aderire alla sola Anglosfera e la Catalogna si sente molto marginale nella Hispanidad.

Tutto ciò, combinato insieme, significa che Italia, Croazia, Slovenia, Ungheria, Romania, Moldavia, Slovacchia, Cechia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Irlanda e, se caso, Catalogna (probabilmente anche Albania e quindi Kosovo/a) resteranno per forza unite alla Grande Germania (Germania, Austria, Lussemburgo, di fatto anche Olanda e Fiandre, forse in prospettiva Svizzera e Liechtenstein) eventualmente estesa al Grande Nord (Danimarca, Fær Øer, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia). Al massimo, se immaginiamo l’Unione Nordica sopravvivere da sola come la Svizzera (col Liechtenstein) e la Catalogna rimanere con la Spagna, resta comunque un’Europa minima composta da Irlanda, Olanda, Fiandre (se si divide il Belgio), Lussemburgo, Germania, Austria, Italia, Croazia, Slovenia, Ungheria, Romania, Moldavia, Slovacchia, Cechia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, perfino (molto) più probabile che la sola Grande Germania con Svizzera e Liechtenstein.

Meno di questa Europa a 18 non è proprio possibile. Non ci posso fare niente se tende a sovrapporsi con la combinazione di Sacro Romano Impero, Impero Austro-Ungarico e Ordine Teutonico; solo l’Irlanda ne è eccentrica...

Il problema lo imposterei così:

1) Irlanda. Il suo Europeismo (come pure la sua Neutralità) è molto favorito dal rifiuto per l’unica alternativa proponibile, il rientro nell’Anglosfera, cui linguisticamente già appartiene; in ciò è simile all’Europeismo dei Baltici (in questo caso invece nettamente atlantista), alimentato dalla paura per l’unica alternativa, la riannessione alla Russia. Questo tipo di Europeismo è soprattutto ‘negativo’ (in senso non… negativo) ossia si riassume nella formula “se ci deve essere un’integrazione, sia con l’Europa piuttosto che con l’altra alternativa che passa il convento”.

2) Slavia Romana (Polonia, Cechia, Slovacchia, Slovenia, Croazia). Costituisce al proprio interno una certa unità; potrebbe confluire nel più ampio Panslavismo, ma oggi è impensabile a causa dell’eccessivo peso che vi avrebbe la Russia. Ogni Paese è abbastanza geloso della propria Indipendenza. Anche in questo caso l’Europeismo è di tipo ‘negativo’ e soprattutto è un’alternativa al Panslavismo. Fin dove è possibile frenare l’integrazione, la si frena (ma diventa sempre più antieconomico farlo).

3) Ungheria, Romania (e, prima o poi, Moldavia), Italia. In questi casi l’Europeismo è l’alternativa all’annessione da parte dei Vicini (la Slavia, per esempio) e all’isolamento assoluto che deriverebbe dall’assenza di una Comunità più grande dello Stato (a parte l’Europa) cui la Nazione senta di appartenere.

4) Olanda, Belgio (o solo le Fiandre), Lussemburgo, Austria. Per loro l’Europeismo è la mitigazione del destino cui prima o poi andrebbero incontro, il riassorbimento da parte della Germania. Più la Germania è diluita nell’Europa, meglio persisteranno le loro individualità (altrimenti diventerebbero Länder tedeschi).

5) Germania. Vista con sospetto da tutti, specialmente dai Vicini, per uscire dal potenziale isolamento deve neutralizzare le paure che suscita e quindi ha molta più convenienza a puntare a un’Unione più estesa che a una meno estesa ma più coesa (attenzione: non punta direttamente a un’Unione meno coesa, ma soltanto a una più estesa; se poi fosse anche coesa, meglio ancora, ma se si deve scegliere è meglio l’estensione che la coesione).

In complesso, tutti hanno interesse a un’Unione (nessuno punterebbe a una secessione, anzi!), ma la coesione interessa a pochi (potenzialmente alla Germania, purché non comprometta la massima estensione, che a sua volta è indispensabile per eliminare le paure suscitate da qualsiasi suo tentativo di evitare l’isolamento; per i Baltici e l’Irlanda è quasi indifferente, per tutti gli altri addirittura una minaccia all’Indipendenza).

Questa situazione porta a un’Europa coesa il minimo indispensabile. Per chi desidera più coesione, il primo passo sarebbe di implementarla fra la Germania e Paesi non direttamente confinanti né particolarmente ’minacciati’: Baltici, Irlanda, Italia, Romania e Moldavia. Questo potrebbe rompere l’atteggiamento tabuistico e quindi indurre qualche altro Paese (oggi timoroso) a imboccare la strada della maggiore coesione.

Naturalmente questo è lo scenario minimo, senza né Francia né Spagna né Portogallo né Paesi Nordici; per lo stesso motivo visto sopra, la Germania ha invece interesse a conservare nell’Unione tutti questi Paesi (che invece avrebbero ciascuno un’alternativa realistica all’Europa), perché quanto maggiore ne è il numero tanto minore è il timore suscitato dalla Germania stessa nei Vicini.

In questo periodo sia gli Stati Uniti sia, per altre ragioni (sostanzialmente di sopravvivenza geopolitica), la Russia e da ultimo perfino il Regno Unito mirano alla dissoluzione dell’Unione Europea e naturalmente puntano soprattutto ai Paesi che non hanno alternative all’Europa, quindi l’opposizione antieuropeista è al momento al massimo storico, ma nonostante ciò non esistono alternative all’Europa blanda e lasca com’è adesso e quindi non vedo come probabile un conflitto (di qualsiasi tipo) intraeuropeo.

La posta in gioco, invece, è la maggior coesione; qui sì che i suoi avversarî sono in posizione di forza. La Germania (che ne avrebbe la massima convenienza) può puntare al massimo a cercare un (blando e insufficiente) consenso presso i Baltici e l’Irlanda, nel migliore dei casi in Italia e Romania (+ Moldavia), ma siamo ben lontani dall’Europa-Stato.

La Francia invece può trovare in Europa un amplificatore della sua potenza. La Francia sarebbe una Potenza Mondiale già da sola e con la Francofonia una delle massime, però l’Europa le può portare ancora di più. In questa prospettiva, si potrebbe capovolgere l’identificazione del «troppo debole» e del «troppo forte» dei giorni scorsi (e degli anni scorsi): è la Francia a essere troppo forte per limitarsi alla Francofonia, mentre è la Germania a essere troppo debole per poter far raggiungere all’Europa una maggiore coesione.

Insomma, l’Europa a 18 è il minimo inevitabile ma non ha la forza per una maggiore coesione; solo l’iniziativa positiva della Francia gliela può portare. Naturalmente nella prospettiva francese sono importanti anche la Spagna e il Portogallo, ma a rigore non sarebbero indispensabili, quindi alla fine un’Europa minima e coesa potrà solo essere costituita almeno da Irlanda, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania, Austria, Italia, Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania (+ Moldavia), Slovacchia, Cechia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia. Le aggiunte possibili sono note e numerose, ma questo è proprio il minimo (per la coesione).

Un’Europa del genere sarebbe comunque centrata come potenza sulla Francia e a quel punto verrebbero immediatamente meno molti timori dei Vicini della Germania. Ancora una volta, ripeto che questo è uno scenario minimo, quindi meno probabile di quelli intermedî (in cui sono presenti anche la Spagna e il Portogallo). Come spesso avvenuto, comunque, torniamo alla constatazione che, se qualcosa può cambiare, deve partire dall’Unione di Francia, Germania, Italia e, in questo caso, probabilmente almeno l’Austria (la famosa sigla).

Tentativi di unificazione europea centrati sulla Germania si possono considerare (se si omettono Teoderico e i Goti nonché a maggior ragione prima ancora Attila):

- quello carolingio (da Carlomagno a Carlo il Grosso);
- quello svevo;
- quello dei Lussemburgo (abortito);
- quello asburgico (soprattutto da Carlo V. a Carlo VI., con pallida eco al Congresso di Vienna);
- quello mitteleuropeo (dal 1848 alla Prima Guerra Mondiale);
- quello nazionalsocialista.

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Alessio Mammarella dice la sua:

Potremmo allora parlare di una idea "grande europea e piccola europea" così come due secoli fa c'erano l'idea "grande tedesca e piccolo tedesca"? L'Unione Europea di oggi la potremmo paragonare alla Confederazione Germanica, ma in questo caso chi sarebbero l'Austria-Ungheria e la Prussia?

Non possiamo identificare la Germania nel ruolo che fu della Prussia, perché la Germania, come è stato ben spiegato da Bhrihskwobhloukstroy, ha una posizione più attendista che protagonista. Si può accontentare dell'estensione e, se gli altri chiedono coesione, potrebbe anche "farsi desiderare": Angela Merkel si dichiara concorde con la visione di Macron ed altri leader europei, ma poi istituzioni come la Corte Costituzionale tedesca, la Bundesbank (insomma quelli che qualcuno chiama "deep state") prospettano ostacoli di natura tecnico-giuridica che sembrano confermare il punto di vista di olandesi ed austriaci.

Chi interpreta il ruolo della Prussia, allora? Secondo me la Francia. Esattamente come la Prussia del XIX secolo, la Francia si è resa conto di avere un peso ormai troppo esiguo rispetto all'esperienza (pluri-secolare) alla capacità ed all'ambizione del suo establishment. Parigi è una città globale, in continua competizione con Londra, Mosca e altre metropoli globali. La Francia, ormai, è troppo stretta per Parigi.

Se la Francia recita il ruolo della Prussia, chi recita quello dell'Austria-Ungheria? Questo è difficile da dire perché, in realtà, il fronte del "rifiuto della coesione" è composto prevalentemente di paesi piccoli. Non possiamo riconoscere questo ruolo né all'Austria attuale né ai Paesi Bassi. La Polonia, un po' più grande, è un paese periferico al quale attribuiremmo troppo importanza in questo processo. Forse questo ruolo potremmo riconoscerlo al Regno Unito. Ok, c'è stata la Brexit, ma:

- prima di tutto la Brexit è un processo lungo e tribolato, su cui non è stata ancora detta l'ultima parola;
- se guardiamo poi alla Confederazione Germanica dell'800, l'Austria-Ungheria non faceva parte della Zollverein, l'unione doganale da cui derivò (per aumento di coesione) il II Reich;
- il Regno Unito fa comunque parte della NATO, organizzazione distinta dalla Unione Europea ma comunque ingombrante nelle scelte politiche dei paesi europei e quindi non trascurabile.

Ora, se il Regno Unito c'entra in questa vicenda, possiamo dare una lettura della Brexit legata a questo? Beh, intanto una interpretazione del genere può offrirci una spiegazione visto che la Brexit appare una scelta suicida sia dal punto di vista economico, sia perché mette a rischio l'unità del regno rinfocolando tendenze indipendentiste (Scozia e Irlanda). Voglio dire, gli alti costi economici e politici della Brexit possono essere giustificati dall'evitare che si realizzi il sogno di Napoleone. Provo a spiegarmi meglio. La Brexit è un esempio per tutti quei paesi, come la Polonia e l'Ungheria, che non sono legati all'Unione dal legame indissolubile incarnato dall'euro (è una mia ferma convinzione e non smetterò mai di dirlo una volta adottato l'euro, l'appartenenza alla UE non può essere messo in discussione... non perché sia vietato da qualche norma, ma perché provocherebbe danni finanziari giganteschi, sarebbe come pestare volontariamente una mina). Se passa l'idea che altri paesi potrebbero seguire l'esempio britannico, allora la paura che ciò possa accadere, riducendo il perimetro della UE e provocando perdite economiche e una sensazione di fallimento politico, potrebbe indurre i paesi che vogliono più coesione a rinunciarci, ad accontentarsi. Scriveva Guido che forse l'obiettivo dell'estensione è quello fondamentale, quello della coesione potremmo considerarlo una sorta di optional e forse è proprio questo atteggiamento che si voleva ottenere con la Brexit. Ciò malgrado tutti noi scrivessimo, qualche mese, fa che l'uscita dei britannici avrebbe rappresentato la rimozione di un ostacolo sulla via di una più stretta integrazione europea. E invece con i britannici (ufficialmente) fuori dalla stanza dei bottoni, altri si sono messi a fare resistenza passiva.

Quindi vi sembrerà strano dopo tutto questo parlare della Germania, ma secondo me dietro le quinte il vero scontro è tra francesi e britannici, che hanno una diversa visione dell'Europa (e che in fondo, con tutti i loro limiti, sono ancora potenze di rango mondiale, come dimostrano lo status all'ONU, il possesso di armi nucleari e di residui coloniali in tutti gli oceani).

Una proposta di Enrica S. per una moneta da un euro bulgara, da coniare quando questo paese entrerà nell'eurozona: sul dritto riporta l'effigie di San Giovanni di Rila

Una proposta di Enrica S. per una moneta da un euro bulgara, da coniare quando
questo paese entrerà nell'eurozona: sul dritto riporta l'effigie di San Giovanni di Rila

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Inuyasha Han'yō ci domanda:

La diplomazia nel corso della storia ha collezionato più fallimenti che successi. Quanto a Trump... Se escludiamo qualche raid sulla Siria e l'omicidio di Souleimani non ha condotto grosse offensive militari. E non sembra voler intervenire in Bielorussia (per ora). Inoltre come reagirebbe Putin di fronte a un intervento americano?

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Paolo Maltagliati però scuote la testa:

Io  non auspico a nessuno di vivere in alcun sistema politico che limiti fortemente la possibilità di esprimere dissenso o anche solo la propria opinione pacificamente senza correre il rischio di subire una qualche forma di violenza... Così come in generale non auguro a nessuno di vivere in un paese in cui la possibilità di perseguire compiutamente la piramide di Maslow sia impedita da fattori dipendenti dalle decisioni di chi detiene il potere. Quindi sì, certi attori politici passati e presenti possono a buon diritto essere considerati tiranni, ed è comprensibile che li si disprezzi e li si voglia fuori dai piedi. Però:

1) Non scordiamo il fatto che non esiste paese del mondo o sistema socioeconomico, religioso o culturale che non attui una qualche forma di controllo del pensiero delle masse e ne limiti le potenzialità espressive non violente. Anche il nostro. Che l'esistenza di una rappresentatività popolare possa considerarsi come metro di giudizio bastante per definire la giustezza morale di un sistema di governo è un assunto (pur legittimo) più spesso che no, inadeguato. Senza scomodare l'esempio di Hitler, se devo essere onesto dubito che Putin abbia mai avuto bisogno di falsificare i risultati elettorali in Russia o che abbia davvero bisogno di condannare e mettere in galera gli oppositori politici (come in effetti fa, per deformazione professionale post-sovietica) per vincere lo stesso. Eppure ciò non toglie che la stragrande maggioranza, di cui credo che tutti i membri di questo gruppo facciano parte, dell'opinione pubblica mondiale lo designa come un tiranno.

2) Corollario del punto di cui sopra. Non scordiamo il fatto che il potere non si basa solo sulla polizia, ma forgia anche il consenso (volgarmente, ci fa 'il lavaggio del cervello', il più delle volte senza rendercene conto), per cui, appunto, i sopracitati tiranni hanno in taluni (molti) casi l'appoggio della gran parte delle stesse masse da loro dominate.

Quindi, stanti questi due fattori, che vogliamo fare? Andare in guerra per farli tutti fuori e aspettare che la popolazione scelga Leaders moralmente accettabili secondo i nostri parametri?

Personalmente non è una prospettiva che non mi alletta. E non solo perché sono un codardo egoista che ha paura di essere preso a fucilate da qualcuno e morire, quale che sia la causa che me lo impone, ma perché iniziare una guerra è iniziare un atto teso a togliere deliberatamente la vita a qualcun altro. E questo sì che è pressoché oggettivamente un male.

Non riesco a desiderare una guerra, indipendentemente dal nemico. E vi dirò di più: non riesco fino in fondo a condividere il pensiero di Churchill sulla conferenza di Monaco. Appena vent'anni prima c'era stata una guerra (inutile) che era costata milioni di morti e incalcolabili devastazioni. È più che legittimo che in Gran Bretagna e non solo non ci fossero poi molte persone desiderose di scatenarne un'altra.

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Anche Federico Sangalli dice la sua in proposito:

Aggiungo, con fare pratico, che l'intervento esterno manu militari il più delle volte si rivela controproducente nel prevenire l'avvento di regimi autoritari e/o guerrafondai: la Prima Guerra Mondiale, per esempio, abbatté sì i regimi autoritari in Germania, Austria-Ungheria, Bulgaria ed Impero Ottomano, ma l'umiliazione della sconfitta imposta determinò l'affermarsi di regimi nazionalisti (Hitler, Dollfuss, Horty, Boris III, Atatürk) in tutti i suddetti paesi nel giro di quindici anni e lo scoppio di un secondo conflitto mondiale dopo altri cinque. La contrapposizione noi vs loro (io oppressore e tu oppresso però entrambi bielorussi contro nemici X esterno) è una delle armi migliori dei regimi di tutto il mondo e di tutte le epoche, dallo Zar ai sauditi ai nordcoreani alla Kulturkampf Guglielmina, non forniamogliela su un piatto d'argento. Per esempio il popolo ucraino ha rovesciato internamente il proprio autoritario Presidente e la rivoluzione ha avuto un tale trasporto popolare che oggi la possibilità che un presidente apertamente filorusso venga eletto in Ucraina sono bassissime, ma immaginiamo cosa sarebbe successo se l'Occidente avesse invaso l'Ucraina per deporre Yanukovitch: il nazionalismo ucraino, così ben infiammato dalle concessioni a Mosca del presidente-oligarca, sarebbe stato rivolto contro gli invasori occidentali, con spiacevoli paragoni con le passate oppressioni polacca e tedesca. Yanukovitch sarebbe stato rovesciato (sempre che la Russia non avesse deciso di far scoppiare una guerra mondiale) ma quanto sarebbe durato e quanto sarebbe stato debole il nuovo governo democratico ucraino, imposto da fuori e simbolo degli invasori? E quanto tempo sarebbe passato prima che un nuovo regime nazionalista prendesse piede? L'Iraq insegna che non si può portare la libertà con le bombe, perché da cittadino, con tutti i diritti e i doveri, ma di un mucchio di macerie non potrà che venire un uso dello strumento elettorale improprio con i valori che si desidera propagare.

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E Perchè No? commenta:

Personalmente la cosa che mi ha più deluso di Putin é la sua incapacità di immaginare la Russia dopo di lui. Tutto questo controllo e questa capacità a modellare la Russia secondo la sua volontà e l'unica cosa che riesce a immaginare é di rimanere al potere fino alla morte. Quando aveva lasciato il posto a Medvedev avevo sperato che fosse per rafforzare la sua opera. Avrebbe potuto produrre una nuova generazione di politici scelti ed educati nella sua linea, pur conservando il vero potere dietro il trono, e così assicurarsi una Russia rimasta come voleva per cento anni. Ormai cosa avverrà quando morirà? Il potere rimarrà nelle mani del suo partito, ma con politici assai meno capaci di mantenere il sistema putiniano (che richiede un leader forte e intelligente), rischiando infine di vedere questo potere declinare, o crollare (é una cosa che critico anche per De Gaulle: aver creato un sistema politico che solo un uomo come lui poteva pienamente usare).

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Ed ora, un'idea folle di William Riker:

Sarebbe possibile immaginare, in un futuro vicino o lontano, la fusione tra UE e NAFTA, e l'unificazione di euro e dollaro in un'unica moneta?

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Così gli risponde Dorian Gray:

Io credo di sì. Il primo passo sarebbe ovviamente la creazione di un cambio paritario tra euro e dollaro, che diventerebbero monete di pari circolazione nelle aree dell'Unione Monetaria Atlantica. Perché si verifichino entrambi i passi dovrebbe esserci una crisi economica molto grave che impone rimedi drastici per salvaguardare il commercio e la finanza nel "mondo occidentale"...

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E Falecius:

Se le cose continuando ad andare come stanno andando, può darsi che gli USA ci CHIEDANO una cosa del genere, da quel che ne ho capito. Comunque ci sono buone probabilità che l'euro acquisti importanza come moneta di riferimento a scapito del dollaro.

Quanto all'unione UE/NAFTA, a breve termine mi sembra ci sia un ritorno al protezionismo, ma difficilmente durerà molto. Può darsi che dopo questa fase si torni a parlare di aggregazioni più ampie. Più che altro, temo che una simile Unione Atlantica sarebbe in "guerra fredda" con una ipotetica Unione Asiatica (o meglio Afrasiatica)...

Cosa suona meglio, Ameuropa o Eumerica?

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William Riker risponde:

Euramerica è un nome che mi suona bene, anche se credo che prevarrebbe il nome UA (Unione Atlantica). Quale la sede della banca centrale? E del Parlamento comune? Secondo me parlamento a Québec, città francofona d'America, banca centrale a Bruxelles...

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Falecius però obietta:

Uhm, no, due città francofone sarebbero troppo. Dovresti mettere la banca centrale a Londra se vuoi lasciarla in Europa, oppure lasciarla a Francoforte, ma allora il parlamento? Québec è una possibilità, ma è un po' troppo lontana dai centri di popolamento.

O si sceglie una collocazione neutra e geograficamente intermedia (Praia? Reykjavik? Nuuk?) che vedo improbabile, oppure un luogo di grande valenza simbolica, tipo New York o Londra, entrambe anglofone, quindi a quel punto puoi lasciare la banca a Bruxelles o in qualsiasi paese europeo diverso da Gran Bretagna e Irlanda (o Malta).

Bruxelles e Strasburgo sono simboliche per l'Europa perché sono alla giuntura tra area latina ed area germanica (cattolica/protestante, in parte), che si presume(va) essere la principale frattura storica del continente da sanare (obiettivo decisamente raggiunto). Adesso sarebbero da ricomporre altre faglie: con l'Europa a 27 e prossimamente a 28 o 29, l'inserimento del mondo slavo e dell'ortodossia, e forse in un futuro non lontanissimo di un paese musulmano (un paese "arabo" ci sarebbe già, ed è Malta...). dal punto di vista simbolico oltre che geografico sarebbero più centrali Vienna, Praga, Atene e probabilmente, in futuro, Istanbul (nell'ipotesi di ingresso della Turchia, che è tutta da verificare).

In una prospettiva "atlantica" tutte queste divisioni passerebbero in secondo piano come componenti "interne" ad uno dei due costituenti principali. E' realistico aspettarsi che si chieda ad ognuno dei due di scegliere una propria "capitale", e quella nordamericana potrebbe essere in Canada, ma in area anglofona (Toronto?) mentre la miglior candidata per l'Europa rimarrebbe Bruxelles soprattutto in caso di dissoluzione del Belgio, oppure un centro più ad est (ma presumibilmente non in Germania; Vienna e Praga sarebbero buone candidate, sul piano simbolico sarebbe molto bello se si scegliesse Trieste ma la vedo difficile. Varsavia è troppo a nord-est e troppo poco simbolica, in caso di ingresso della Svizzera se la giocherebbero anche Ginevra e Zurigo). Oppure, considerando la presenza di Spagna e Messico, un blocco ispanofono potrebbe richiedere rappresentanza; a questo punto Siviglia, la città dell'antico consiglio delle Indie, potrebbe avere una chance... (o anche Las Palmas de Gran Canaria, sempre per il discorso di prendere un luogo geograficamente "in mezzo").

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Ed ecco il contributo di Never75:

Sto leggendo la graphic novel "V per vendetta" di Alan Moore: è molto bella e, specie per il periodo che stiamo vivendo in Italia e in Europa, tristemente d'attualità. Ve lo consiglio: è una distopia a tutti gli effetti. Queste sono le premesse: l'autore immagina che la crisi dei missili a Cuba sia sfociata in un olocausto nucleare in cui le Americhe, l'Africa e quasi tutta l'Europa sono state ridotte a deserti o, al contrario, allagate. Solo le Isole Britanniche parzialmente si salvano dalla distruzione totale, anche se i danni rimangono notevoli (ovviamente l'autore è inglese! un po' come i mangaka che immaginano sempre che è il Giappone l'unica nazione a salvarsi ed a reagire alle invasioni extraterrestri!).

Oltretutto nel breve termine in Inghilterra si instaura una dittatura di stampo nazi-fascista nella quale immigrati, omosessuali e dissidenti politici vengono inviati in campi di concentramento ed il potere politico viene tutto concentrato nelle mani di un solo leader che tutto osserva e comanda. Polizia, Esercito, Economia e Chiesa sono sotto il suo perenne occhio, molto simile al Grande Fratello Orwelliano. Che accade se una situazione del genere si verifica davvero in Gran Bretagna, o ancor meglio in Italia?

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Il francese Perchè No? ha composto per iscritto questo fulmineo dialogo semiserio come reazione all'ennesima crisi belga:

Il signor Fiandra e la signora Vallonia vanno a New York incontrare il signor ONU.

« Non possiamo più vivere insieme, é impossibile! » dicono i due. « Vogliamo separarci! »

« È una decisione grave » risponde l'ONU. « C'è un sacco di problemi, e poi c'é il rischio di guerra civile. »

« Ma ché guerra civile, possiamo vivere da buoni vicini noi due. »

« Ma se é così… perché questa separazione? »

« Già il nostro matrimonio é stato combinato, mamma Inghilterra e papà Olanda pensavano che il cugino Francia faceva troppo gli occhi dolci a Vallonia. Tutto é stato fatto troppo in fretta e da quel momento litighiamo. »

"Lui si mostra troppo egoista!" proclama Vallonia.

« Lei é pigra. » rincara Fiandra.

« Beh, dal momento che si fa tutto in maniera consensuale, forse non sarebbe un male » dice ONU. « Parliamo un po' dei dettagli di questa separazione, so che avete gia due lingue separate. »

« Oui. », « Ja. »

« Lei, Fiandra, vuole essere indipendente, e lei Vallonia, cosa sceglie? »

« Potrei diventare indipendente, a meno che il cugino Francia... » 

Francia, che li accompagna, interviene: « Non sarà possibile, ho già un sacco di problemi, sai che attraverso una crisi di identità nazionale e lo psicologo sarebbe contrario al tuo progetto. Per non parlare della crisi economica, e poi sai quanto Germania é gelosa! »

« Indipendente ». Conclude ONU. « Per il resto é più facile: trasporti, comunicazioni, energia, strade separate... »

« Questo era già in atto da anni, dietro mia richiesta », interviene Fiandra.

« Perfetto, e poi eserciti separati. »

« Ma come eserciti? A cosa potrebbe servirci? Siamo nel cuore dell'Europa e non ci preoccupiamo di politica mondiale! »

« Polizia e leggi separate? »

« Volete dire che dovremmo riscrivere tutto un nuovo corpus di leggi? Ma ci abbiamo messo più di un secolo l'ultima volta! Vallonia, ti va se conserviamo tutti e due le stesse leggi ? »

« Preferisco così, e poi é difficile trovare uomini nuovi per la polizia: conserviamo gli stessi tizi, cambieremo solo il nome e la divisa. »

« Chiusura delle frontiere? »

« Ma come? Siamo in Europa, é impossibile chiudere le nostre frontiere o avere controlli doganali: no, questo non cambierà. » esclama Fiandra.

« E poi, come farò per andare in vacanza sul mare? E tu, Fiandra, per riposarti nelle mie Ardenne? No, questo non va », prosegue Vallonia.

« Moneta separata? »

« Perché? » dichiarano i due. « Abbiamo gia l'euro. »

"Aiuti sociali separati?"

"Certo che sì!" esclama trionfante Fiandra.

« Visto con quale avarizia mi davi questi aiuti, non ne voglio: chiederò aiuto all'Europa e farò un lavoro fantastico, tu non mi hai mai incoraggiato! » risponde con amarezza Vallonia.

« Ehm, passiamo avanti. Tutto questo é chiaro, volete vivere quasi come prima, vicini ma separati. »

« Sì, é cosi. »

« Passiamo al resto. Quale capitale avete scelto ? »

« Bruxelles! » rispondono entrambi all'unisono.

« Ma come Bruxelles? Non é neanche in Fiandra! » si scandalizza subito Vallonia.

« Non lascerò la mia capitale economica, e poi ci sono tanti neerlandofoni quanti francofoni a Bruxelles, lo sai! » si difende Fiandra.

« Brutto stronzo ! » « Troia! » argomentano i due.

"Calmatevi. Non siete nel vostro paese, ma nel mio ufficio", li interrompe ONU con pazienza. « Siete fortunati, questo genere di problemi di separazione sono la mia specialità. Il problema è che tutti e due avete buoni argomenti per conservare Bruxelles. Immagino che non volete lasciarla all'Europa. »

« No, non sappiamo cosa potrebbe farne questa pazza. »

« E poi, cambiare capitale costa tantissimo: si devono costruire ministeri, traslocare archivi, scrivere uno status speciale per la città, senza parlare di cercare nuovi funzionari ! »

« V… vero » esitano Fiandra e Vallonia, sempre più curiosi.

« Dunque vi propongo questo, é un po' ardito e la coppia precedente, Israele e Palestina, non ne ha voluto sapere per Gerusalemme, ma sembra perfetto per voi: conservare tutti due la stessa capitale! »

« EEEEEEH? »

« Sì, l'ala sinistra di ogni ministero andrà a Fiandra, l'ala destra a Vallonia. Un palazzo presidenziale per ciascuno. »

« Di questo non abbiamo bisogno, possiamo conservare Alberto come re di Fiandra e Vallonia separate, é un buon uomo e non vogliamo buttarlo fuori. »

« Ancora meglio. Due amministrazioni con due lingue ma nello stesso posto, siccome non ci sono rischi di guerra non vedo cosa ci sia di male. I Bruxellesi seguiranno il governo che corrisponde alla loro lingua. Dato che la polizia e le leggi non cambieranno, non ci saranno problemi di sicurezza. Che ne dite? »

« Si può fare, almeno all'inizio, sarebbe più comodo per me », pensa Fiandra.

« A me piace quest'idea, sarà meno traumatizzante per il popolo. Sappiamo tutti che é un momento difficile per quei poverini. »

« Bene: moneta, polizia, leggi, capitale, amministrazione e capo di Stato comune, cambiano solo il nome e la bandiera: facciamo così, vi rivedo la settimana prossima, per firmare i documenti del divorzio consensuale », conclude ONU.

« Grazie mille, siamo contentissimi! » ringraziano Fiandra e Vallonia mentre si alzano per ripartire insieme.

Solo Francia é rimasto seduto, e stupito esita a dire: « Qualcuno vorrà ancora accusarmi di razzismo, ma questo é uno scherzo belga, non è vero ? » ^__^

Ah, dimenticavo: dopo quest'incontro il signor ONU ha ancora uno caso da sistemare, la richiesta di emancipazione di Padania dalla sua oppressiva madre Italia!

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Viene il turno di Enrica S.:

Il 18 settembre 2014 il popolo scozzese dice di sì all'indipendenza del suo paese dal Regno Unito con il 55,3 % dei voti. Nella primavera del 2016 la Scozia diverrà pienamente indipendente, ma con che status? E con che moneta? Dovrà presentare domanda per aderire all'UE; lo farà?

Ecco una possibile bandiera di quello che potrebbe restare del Regno Unito di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord:

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E Bhrihskwobhloukstroy aggiunge:

Circa 25 anni fa aveva avuto qualche diffusione un'analisi geografica dell'Europa che poneva in evidenza due fasce di Regioni, una "Mediterranea" dalla Catalogna alla Toscana e una "Lotaringia" dai Paesi Bassi alla «Padania», a sua volta connessa all'Inghilterra Sud-Orientale. Un'Associazione Interregionale delle due Fasce potrebbe contribuire a focalizzare un nuovo legame della Gran Bretagna con l'Europa?

In un libro di qualche decennio fa avevo provato a difendere una tarda variante (bizantina del XIV secolo) di una lezione della Geografia di Tolomeo (III 10) presentata dal Codice Flor. Laurenziano XXVIII 49 e dal Mediol. Ambrosiano gr. 997 [D 527 inf.], l'etnonimo Britogálloi al posto di Britolágai (fra Dacia e Sarmazia) e implicitamente mi ero permesso di suggerire che si potesse trattare di un composto da cui si erano formati i nomi - morfologicamente semplici - di «Britanni» (attestati anche in Galizia [intesa come Callaecia], Cisalpina e Italia, non per forza di cronologia solo altomedioevale) e «Galli» (tutto ciò, allora, nel quadro della Tesi del Gallobritannico ossia l'ipotetico Nodo Genealogico comune ai due Rami Celtici del britannico e del gallico): in effetti, nel metalinguaggio glottologico si trova talvolta il neologismo «britto-gaulois» in tale accezione classificatoria, per cui un'Associazione Interregionale che comprendesse Gran Bretagna, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania, Svizzera, Austria, Cechia, Moldavia e Italia (la cui popolazione attuale risiede per la Maggioranza Assoluta in Regioni a sostrato celtico) potrebbe davvero assumere il nome di Britto-Gaul (in inglese) / Britto-Gaule (in francese) / Brittogallia (in italiano) &c...

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Andrea Mascitti aggiunge di suo:

Ossrvate questa immagine da me trovata nel web. Essa illustra na proposta nella quale si propone alla Scozia per rimanere nell'UE, una unione con Irlanda e Irlanda del Nord, con la creazione dell'Unione celtica di Scozia e Irlanda. Questo paese essendo a tutti gli effetti erede dell'Eire, sarebbe già parte dell'UE. Interessanti sono anche le due bandiere proposte per i due stati. Ma agli scozzesi e agli irlandesi basterebbe solo il sentimento anti-inglese per mettersi d'accordo in unico stato?

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E ora, la parola ad Alessio Mammarella:

La 13a stella

Aula Federico Caffé, convegno "La scelta della coesione - memorie di Maastricht"

Parla l'ex ministro della politiche comunitarie, on. ***

"Ragazzi, in questo corso universitario vi state preparando per essere la nuova classe dirigente di questo meraviglioso paese, uno dei paesi più ricchi e avanzati del mondo. Voi direste che ciò che abbiamo costruito negli ultimi trent'anni sia frutto dell'intelletto e del senso di responsabilità. Si lo è, ma io dico sempre è frutto anche un po' della stupidità. Sappiate che anche dalla stupidità possono nascere dei fiori. Lo so, non non è esattamente la stupidità quella che vi è venuta in mente ma chiamiamola così. Vedo delle risatine, almeno non ricorderete questa conferenza come noiosa. Ora da buon politico in pensione vi racconto un aneddoto.
Io mi ricordo quei giorni del 1992 in cui stavamo elaborando il famoso trattato di Maastricht si dibatteva su un punto importante: una volta deciso di dotare l'Europa della sua moneta unica, questa decisione avrebbe dovuto essere vincolante per tutti? Eventuali nuovi stati che avessero aderito all'Unione, avrebbero dovuto adottare anche l'euro? E, avrebbero dovuto farlo subito, oppure avrebbero potuto prendersi del tempo? L'idea prevalente, a un certo punto, era che l'euro avrebbe dovuto essere adottato solo dai paesi che lo volevano, e che gli altri sarebbero stati liberi di non averlo. Era una scelta fortemente voluta per gli inglesi, che di rinunciare alla loro sterlina non volevano sentire parlare. Dico inglesi e non britannici, perché lo sapete meglio di me, l'impuntatura sulla sterlina, e la successiva brexit, hanno messo fine a secoli di storia "britannica". Anche la Danimarca, certo. Quella Danimarca che per superare la crisi della corona ha dovuto vendersi la Groenlandia agli Stati Uniti.
Ma lasciamo perdere queste precisazioni e andiamo ai fatti. Noi eravamo lì, a discutere, quando spuntano dei giornali che riportano un discorso del Presidente Rumsfeld a Varsavia. Sapete, la cortina di ferro era caduta da pochi anni, la Germania si era riunificata, addirittura si era sciolta l'Unione Sovietica, lasciando il posto a una decina di nazioni indipendenti. Rumsfeld aveva detto, con franchezza che la Comunità Europea era utile, perché i paesi che facevano parte del Patto di Varsavia o addirittura dell'URSS avrebbero dovuto entrare nella NATO, e che il sostegno economico dell'Europa occidentale sarebbe servito perché potessero finanziare la ricostruzione del loro apparato militare con armi americane moderne. Aveva detto che l'Europa, in fondo, era nata per quello, come complemento economico della NATO, e che i paesi dell'Europa orientale sarebbero potuti entrare nella Comunità Europea senza preoccuparsi di adottare l'euro o di modificare le loro politiche, perché tanto l'idea di uno stato federale europeo era una utopia irrealizzabile, e ciò che contava era solo avere un blocco di paesi occidentali esteso il più possibile e vicino ai confini della Russia, il più possibile.
Queste dichiarazioni Rumsfeld non le aveva fatte con malvagità, ma semplicemente perché questo si diceva nei corridoi della Casa Bianca e soprattutto del Pentagono, dove lui era di casa essendo stato precedentemente segretario alla difesa, sotto il suo predecessore Ronald Reagan. Quelle dichiarazioni però ci punsero nell'orgoglio. Fu così che decidemmo che l'Europa non sarebbe dovuta crescere in estensione, ma in coesione. Quando il rappresentante britannico e quello danese lessero la nuova bozza, in cui prevedevamo come obbligatoria l'adozione dell'euro, ci dissero senza misure che nei loro paesi avrebbero dovuto tenere dei referendum per decidere se restare nella comunità. Tra l'altro, scrivendo in quel modo il Trattato di Maastricht, compromettemmo l'ingresso di altri paesi che già stavano pensando di aderire, ma che non avrebbero voluto l'euro.
Ecco, che è successo con l'EFTA... era una organizzazione di paesi che volevano cooperare economicamente ma non volevano o non potevano farlo in modo intenso come nel progetto europeista. All'inizio degli anni '90 sembrava che quella organizzazione fosse insoddisfacente rispetto alla Comunità Europea e diversi paesi che ne facevano parte stavano pensando di aderire... poi la svolta del Trattato di Maastricht li fece allontanare, e finì che l'EFTA invece di morire cominciò a raccogliere tutti i paesi dell'est. Paesi come la Polonia e l'Ungheria sono molto nazionalisti, e non adotterebbero mai l'euro. i paesi baltici forse avrebbero aderito al progetto europeo ma avevano troppa voglia di stare con Svezia e Finlandia, che ritenevano comunque i paesi "vincenti" del continente. E poi, chiaramente, i paesi balcanici che non hanno i requisiti per adottare l'euro.
In effetti, c'è anche chi sostiene che sia stato un fallimento della Unione Europea che tanti paesi ne siano fuori. Non vi dimenticate mai però che noi l'Europa l'abbiamo costruita, e non pensiate che sia una cosa scontata pagare lo stesso tipo e livello di imposte in tutti gli stati, avere un livello minimo di welfare in tutti gli stati, è un vero mercato unico il nostro, e non è scontato perché magari adesso potremmo avere stati dove si pagano molte tasse e altri dove se ne pagano poche, paesi con un livello di welfare eccellente ed altri con un livello di prestazioni sociali "africano". Potrebbero essere diversi anche i tassi di interesse. Voi adesso andate in banca e sapete che tra le tante cose potete acquistare anche i buoni della federazione. Rendono poco, ma perché sono considerati un investimento sicuro. Pensate un po' se ci fossero, come vent'anni fa, titoli del Belgio, della Grecia, dell'Irlanda. Magari potrebbero esserci paesi bersagliati dalla speculazione finanziaria con una pessima influenza sulle politiche pubbliche, sui cittadini e sulle imprese.
Pensateci sempre a quando vi dicono che l'Europa poteva più grande e potente, che è ridicolo che in tanti anni siano entrate solo Malta e Cipro nella Federazione...perché sicuramente con l'entrata di più paesi sarebbe stata più difficile da amministrare, meno coesa. Strano... ora che ci penso, Rumsfeld disse che era diventato Presidente perché il grande economista Milton Friedman aveva chiesto a Reagan di sceglierlo come erede politico. Voi che studiate in questo corso probabilmente conoscete alla perfezione Friedman e quanto non sia mai stato un europeista entusiasta. Eppure lo dovremmo ringraziare.
E ora parliamo del presente, lasciamo perdere questi personaggi del XX secolo. Certamente vi farebbe piacere avere il mio parere su quella che i giornalisti chiamano la 13° stella. Certo, anche se la Scozia dovesse entrare nella Federazione, non cambieremo certo la bandiera..."

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Nota: vi illustro come si sarebbe formata la Federazione Europea a cui ho pensato (partendo dai 12 pre-Maastricht).

- UK e Danimarca decidono di uscire già negli anni '90 perché in questo caso non ci sono le eccezioni previste a loro favore dal Trattato di Maastricht (che è invece netto nelle sue determinazioni);
- nel 1995 dovrebbero entrare Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria... ma questo allargamento risulta rinviato perché i paesi UE decidono di mettere la nascita dell'euro davanti a qualsiasi altra cosa;
- in seguito al debutto dell'euro e a ulteriori avanzamenti dell'integrazione (quelli in discussione oggi, riguardanti la politica fiscale, il debito pubblico...) i paesi di cui sopra rinunciano all'ingresso (perché anche Austria e Finlandia, che hanno adottato l'euro, si oppongono agli ulteriori passi in avanti di cui si sta discutendo... pertanto se il loro ingresso fosse stato condizionato ad accettarli, presumo avrebbero rinunciato);
- per quanto riguarda i paesi dell'est, è chiaro che tutti quelli che ad oggi non hanno l'euro non sarebbero più entrati essendo l'euro un requisito indispensabile (Polonia, Ungheria ecc...)
- Malta e Cipro ho immaginato che sarebbero entrati comunque perché hanno adottato l'euro e perché essendo piccole isole mediterranee non fanno parte di alcun blocco "alternativo" (poi Cipro ha anche legami molto forti con la Grecia).

Ho avuto il dubbio, in effetti, su paesi che oggi fanno parte dell'eurozona (Austria, Finlandia. paesi baltici, Slovenia, Slovacchia). Tutto è legato secondo me alla eventuale adesione di Austria e Finlandia. Dato per certo che la Svezia non sarebbe entrata (non adotta e non vuole adottare l'euro) se l'Austria avesse accettato di aderire si sarebbe "portata dietro" probabilmente Slovenia e Slovacchia e analogamente la Finlandia si sarebbe "portata dietro" i tre paesi baltici. Quindi penso che con lo stesso scenario, ci potrebbero essere:

- 12 stati (come nella mia previsione iniziale)
- 15 stati (i 12, più Austria, Slovenia e Slovacchia)
- 16 stati (i 12 più Finlandia e paesi baltici)
- 19 stati (tutti quelli menzionati).

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Segnaliamo anche quest'altra idea di Never75:

Degli Stati contemporanei che stanno attaccati col Vinavil, oltre al suddetto Belgio e all'incerta Italia, io metterei pure Israele. Non solo perchè è uno Stato molto recente, ma anche per la sua eterogenea popolazione. Non solo dal punto di vista etnico - che potrebbe competere alla pari con USA e UK - ma anche religioso. Oltre alle divisioni secolari tra Ashkenaziti e Sefarditi, sono all'ordine del giorno quelle tra gli ortodossi integralisti e gli "innovatori" riformati. A ciò si aggiungono, come in tutte le vere democrazie, gli scontri tra conservatori e liberali, laici(sti) e religiosi. Non sono lontano dall'affermare che, nei fatti, l'unico vero collante che tiene unito l'attuale Israele è la lotta per la sopravvivenza e soprattutto la guerra quasi perenne contro Palestinesi... e qualche Paese Musulmano. Secondo me, paradossalmente, se Israele fosse vissuto in pace negli ultimi 70 anni (in pratica, dalla sua creazione!) oggi di Stati ne avremmo perlomeno due. Tra l'altro ripetendo un precedente storico "biblico"! Proviamo a immaginare due Israeli. Uno molto simile all'Israele attuale.

Una repubblica parlamentare composta perlopiù da laici nel quale, però, tutte le principali etnie e religioni siano paritarie e non alcune discriminate a scapito di altre. Ai tempi della Guerra Fredda questo Stato, pur essendo formalmente neutrale, aveva stretto patti di amicizia e collaborazione con l'URSS. Al termine della Guerra Fredda si è riavvicinato alla UE e agli USA. Recentemente ha stipulato patti di amicizia con l'U.E., in vista di diventarne membro a tutti gli effetti. Nonostante le esigue dimensioni, appena 10.000 kmq, è uno degli Stati tecnologicamente più avanzati ed economicamente più competitivi. La sua capitale, Tel Aviv, pur di recente costruzione è una piccola metropoli, capace di rivaleggiare con le principali capitali europee in campo artistico-architettonico. In modo particolare sono da segnalare i bellissimi Palazzi del Centro Storico affrescati da Marc Chagall. Per il suo carattere cosmopolita, Tel Aviv, è sede principale dell'ONU.

Accanto a questa piccola ma importante nazione, c'è però un altro Stato, una teocrazia quasi assoluta. Quasi identico nelle dimensioni al primo (11.000 Kmq) ha però una popolazione molto inferiore. 2.500.000 c.a. contro quasi 9.000.000. Composto quasi al 90% da Ebrei ortodossi, al suo vertice c'è un re che vanta una discendenza dagli antichi Asmonei, ma in realtà le leve del potere sono in mano ai rabbini che hanno deciso di rifondare un quarto Tempio nella capitale Gerusalemme e hanno nominato perfino un sommo sacerdote Questo Stato, assai simile all'Iran nella HL, è molto litigioso ed è spesso in conflitto coi Paesi confinanti. Solo il deterrente nucleare ha evitato fino ad oggi lo scoppio di un conflitto di proporzioni atomiche. Alleato di ferro degli USA fin dalla sua nascita, il Regno d'Israele è anche il suo principale partner economico della regione e tuttora ospita diverse basi americane.

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Ma Ainelif gli ribatte piccato:

L'Italia non mi pare proprio una nazione attaccata col "Vinavil" come il Belgio: questo è un falso mito creato da secessionisti nostalgici con convinzioni ben poco realistiche (come chi elogia il regno duosiciliano come industrializzato con tutta la serie di deliri revisionistici antistorici). Al di là della nostra classe politica che fa rimpiangere a qualche elemento l'Antico Regime, siamo ben più uniti di Spagna, Belgio ecc.; gli indipendentisti delle varie zone lasciano il tempo che trovano, sono in tutto il mondo e hanno la stessa valenza delle scritte dei bagni negli autogrill.

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Pure il francese Perchè No? ha voluto dire la sua:

Forse la notizia non é stata trasmessa dai telegiornali in Italia ma in Francia, in questo autunno 2015, stiamo ridisegnando le regioni per ridurle da 22 a 11. Una vera e propria battaglia é iniziata da poco: i nomi delle nuove super-regioni che riuniscono insieme aree che avevano una propria identità (storica o contemporanea). Pper esempio la grande regione Alsazia-Lorena-Champagne-Ardenne che dovrebbe diventare la regione Grande Est (sempre meglio che ALCA come proposto da qualcuno, anche se mi piaceva il nome Est-Europa): p stato scelto un nome neutrale. Ma la sorpresa é venuta dalle consultazioni popolari che hanno fatto risorgere nomi storici che tutti credevamo dimenticati: Fiandre, Burgundia, Guyenne e anche Austrasia!

E al governo centrale di Parigi la cosa non piace per niente, secondo loro puzza di identità regionale per non dire di secessionismo. Il peggio sono stati i risultati per la grande regione Sud-Ovest (che riunisce Midi-Pyrénées e Languedoc-Roussillon). La maggior parte degli abitanti vogliono il nome Occitania, o ancora peggio: Occitania-Paese Catalano!

Ormai Parigi teme che la creazione di una grande Occitania sia l'inizio di un movimento simile a quello catalano in Spagna, proprio mentre quest'ultima sta per tentare l'avventura secessionista. E se la Catalogna diventa indipendente? Vedremo tra trent'anni l'Occitania francese imboccare la stessa via e rendersi indipendente di Parigi, forse unendosi alla Catalogna ex spagnola per dare vita a una Grande Catalogna? Ed ecco qui sotto le bandiere ipotetiche di questa Catalogna ed Occitania indipendenti: Tolosa e Barcellona, le due sorelle catalane?

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Federico Sangalli vuole aggiungere:

Faccio notare che, secondo la Costituzione spagnola, la secessione non è illegale, come affermato dalla Corte Costituzionale nel 2012, quando dichiarò che la concessione di un referendum secessionista era perfettamente legale, se a farlo era il governo centrale. Ma allora perché Madrid nel 2017 ha preferito perseguire la via della repressione? In effetti pochi lo sanno ma un analogo referendum indipendentista si tenne nel 2014, con medesimi risultati (boicottaggio da parte unionista, vittoria indipendentista, non riconoscimento da parte delle autorità spagnole) ma senza la violenza che abbiamo visto nel 2017. E infatti la cosa morì lì, nel senso che gli indipendentisti fecero la loro parata e vennero ignorati.

Le ragioni per cui il primo referendum (o meglio “consultazione popolare”, visto che Madrid aveva vietato il referendum in entrambi i casi) non suscitò la stessa reazione vanno probabilmente ricercati nelle dinamiche interne spagnole. In primis la situazione era meno degenerata nel 2014: tra i catalani prevaleva ancora la corrente “autonomista”, capeggiata da Artur Mas, che provò a trattare con Zapatero, su quella strettamente indipendentista, la crisi economica e sociale spagnola era ancora agli inizi, la questione catalana era iniziata pochi anni prima e non si trascinava invece da un decennio come nel 2017. Inoltre penso che i rapporti tra le forze politiche spagnole abbiano avuto un peso: nel 2014 Rajoy aveva la maggioranza assoluta delle Cortes e guidava un monocolore popolare, ma alle elezioni del 2015 scandali di corruzione e pessime scelte economiche portarono i popolari ai loro peggiori risultati dal 1989, con Ciudadanos che li insidiava dal centro proprio mentre Podemos e i repubblicani catalani esplodevano. Così facendo però questi ultimi tagliavano le gambe da sinistra ai socialisti, che restarono al palo lasciando il primo posto ai popolari. Nessuno riuscì a formare una maggioranza, Rajoy continuò ad interim finché nuove elezioni vennero organizzate nel 2016: i sondaggi predissero una lotta per l’anima del paese tra i Popolari e il ticket Podemos-comunisti, ma invece i socialisti si confermarono secondi. Ancora una volta nessuno aveva la maggioranza e così il leader socialista Pedro Sanchez fu eliminato da un colpo di stato interno per permettere ai socialisti di dare il loro apporto esterno a Rajoy. Lo stesso Sanchez l’anno dopo rivinse le primarie del partito facendo campagna contro il “patto col diavolo” stretto coi popolari e nel 2018 ribaltava la situazione, scalzando Rajoy col sostegno degli altri partiti. Per cui nel 2017 troviamo una Spagna e un Partito Popolare più deboli, con una famiglia reale inseguita dagli scandali e un’immagine della monarchia a pezzi, un premier perseguitato dalla corruzione, senza maggioranza e che si regge precariamente su un accordo con gli avversari storici, accordo che diventa lettera morta appena Sanchez ritorna alla guida dei socialisti. E tutto questo mentre i media conservatori spagnoli, in reazione alla minaccia al sistema tradizionale posta da Podemos, spingevano sulla retorica monarco-nazionalista castigliana, e Ciudadanos e i popolari facevano a gara per conquistare il voto dei nazionalisti unionisti. A questo punto il referendum indetto dai nazionalisti catalani, stanchi di farsi prendere in giro e insultare come sovversivi proprio mentre i loro voti erano richiesti da chiunque in parlamento, ha semplicemente fatto esplodere una situazione già deteriorata, scatenando una reazione violenta probabilmente dettata da calcoli politici.

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Michele Mauri ci ha inviato a sua volta questo contributo, dedicato alla ripresa delle ostilità nell'Ucraina dell'Est poco dopo Minsk II:

Nei giorni e nelle settimane successive al 24 febbraio, giorno ufficiale di inizio ritiro delle artiglierie, la situazione nel Donbass è rimasta relativamente tranquilla, l'esodo dei profughi si è arrestato, le strutture sanitarie hanno ricevuto rifornimenti di farmaci e attrezzature, così come i negozi di alimentari che sono tornati ad essere forniti di tutti i beni di prima necessità. Tuttavia appena oltre le città le unità militari delle due parti permanevano in stato di massima allerta e dall'ovest dell'Ucraina sempre nuovi battaglioni giungev.ano nel Donbass. Stessa cosa avveniva negli Oblast' russi confinanti con l'Ucraina.
Report non ufficiali, raccolti sui Social Media, raccontavano, ad una platea assopita, dell'arrivo di centinaia di mezzi corazzati russi ad una cinquantina di chilometri dal confine ucraino. Unità d'élite, il meglio delle truppe di Mosca, brigate aeromobili, truppe corazzate con in dotazione i più avanzati MBT della Federazione. Negli aeroporti, in particolare a Belgorod ed in Crimea, si assisteva all'arrivo di Su-34, SU-27, MIG-31 all'ultimo stadio di evoluzione e decine di elicotteri d'attacco, inclusi, i pochi ma temibili KA 50. Pochi in occidente, tra il grande pubblico, si accorgono di questa mobilitazione mentre tra gli addetti ai lavori la tensione rimane palpabile. Intorno alla metà di aprile la mobilitazione russa si estende, in maniera massiccia anche alla penisola di Crimea, dove sono presenti forze non inferiori ai 35000 uomini. Nelle zone di campagna tra Belbek (l'aeroporto militare ad ovest di Simferopoli) e l'istmo di Crimea sono stati dispiegati sistemi antiaerei S-400 ed S-300 PMU2, missili balistici Iskander, e nelle basi aeree, navali e delle forze missilistiche tattiche sono disponibili testate nucleari.
La NATO si riunisce ogni due settimane e il 20 aprile il Consiglio Atlantico dichiara che la Russia pone ormai una minaccia diretta all'Ucraina. Mosca risponde immediatamente alla dichiarazione NATO e rivela che il 23 febbraio 2015 ufficiali ucraini avrebbero concordato al pentagono, con i responsabili americani che si occupano dei rifornimenti di armi all'estero, di cedere all'Ucraina armi avanzate. A questo scopo, sempre il Cremlino, rivela che dal mese di Marzo 2015 addestratori americani si sarebbero recati in Ucraina con simulatori di missili multiuso (anche se prevalentemente anticarro) Javelin, e missili antiaerei Stinger di ultima generazione, mentre ufficiali e tecnici polacchi hanno contribuito a rimettere in linea decine di aerei MIG-29 e SU-27 spesso inefficienti a causa della carenza di ricambi, prontamente consegnati all'Ucraina dai depositi della riserva della Polonia e della Bulgaria.
Mosca ritiene, sebbene non lo dica in questi termini, che questo incremento delle capacità belliche dell'Ucraina sia in grado di compromettere un eventuale intervento delle forze armate della Federazione Russa a supporto delle regioni separatiste e della Crimea, nel caso in cui l'Ucraina riuscisse ad organizzare un esercito in grado di attaccare le aree di Deblachevo, Donetsk e Lugansk. In un simile caso le forze russe che affluissero in supporto dei separatisti dovrebbero essere pronte a subire ingenti perdite, perdite che potrebbero minare il consenso al presidente russo Putin. In caso di non intervento le ricadute politiche sul presidente russo potrebbero essere ancora peggiori e al Cremlino si vuole evitare in ogni modo che sulla fine dell'estate Mosca debba subire l'iniziativa militare di Kiev. Esiste poi presente e pressante la questione della Crimea. La Crimea dipende dall'Ucraina per la gran parte dell'approvvigionamento elettrico. Per quanto riguarda l'approvvigionamento elettrico la Russia sta per posare un cavo sottomarino in grado di alimentare la quasi totalità della penisola, ma per quanto riguarda l'acqua indispensabile all'agricoltura e all'industria dipende al 90% da Kiev e dal canale che pesca l'Acqua del Dniepr per portarla in Crimea. Questa problematica non è in alcun modo risolvibile, se non con l'accordo di Kiev o la conquista del canale nella sua interezza fino al fiume Dniepr.

12 Aprile 2015: Pasqua Ortodossa

Il mite inverno 2014/15 nel Donbass è alle spalle ed il caldo torna a farsi sentire dopo mesi di pioggia, neve e fango. Nello scorso mese di Marzo sono affluite ai confini con l'Ucraina circa 40000 uomini delle forze armate della Federazione Russa, mentre nell'ovest dell'Ucraina circa 350 addestratori occidentali (un centinaio di britannici e duecentocinquanta uomini della 173ª aviotrasportata americana) hanno lavorato duramente per preparare, non le forze regolari, bensì prioritariamente i battaglioni della Guardia Nazionale all'utilizzo delle armi avanzate che il Presidente americano ora ha ordinato di consegnare alle forze di Kiev.
La Russia ha più volte avvertito che far giungere armi avanzare a Kiev avrebbe reso “imprevedibile” l'evoluzione della situazione nel Donbass. Ma in realtà l'evoluzione della situazione è largamente prevedibile. Poco dopo la Pasqua, tra Novoazovsk e Mariupol, alcuni colpi di mortaio rompono la tregua. Cinque colpi centrano posizioni tenute dal battaglione Azov, che registra un morto e due feriti.
Come sempre la leadership di Kiev ordina di non rispondere al fuoco. Questa volta l'ordine di Kiev è sensato, ma visto che in passato Kiev aveva in altre occasioni ordinato di non rispondere al fuoco, anche quando ció aveva determinato la disfatta di intere unità di battaglioni composti sia da volontari che da forze regolari; così, a causa dei ripetuti errori di comando del passato, i comandanti dell'Azov decidono di contrattaccare e utilizzano i razzi Grad in loro possesso per colpire le postazioni avanzate dei filorussi. La risposta dell'Azov causa oltre 10 morti colpendo un Check Point dove stazionano alcune vetture di civili, nel tentativo di raggiungere parenti a Mariupol. La provocazione russa e la scomposta reazione del battaglione paramilitare determina a questo punto la ripresa delle ostilità su tutto il fronte.
Le forze ucraine subiscono il colpo dei sistemi di artiglieria filorussi riportati in 72 ore a distanza utile per colpire le postazioni delle forze di Kiev. A questo punto, e dinanzi al profilarsi dell'ennesima sconfitta e con la prospettiva di assistere all'accerchiamento di Mariupol, il presidente ucraino ordina lo stato di guerra e accusa la Russia di essere direttamente in guerra con l'Ucraina. Poco dopo le forze aeree di Kiev ricevono l'ordine di attaccare i mezzi e le postazioni filorusse ad est di Mariupol. Simultaneamente al levarsi in volo dai caccia di Kiev anche tutto il sistema di difesa aereo russo riceve un repentino ordine di cambio di assetto: “pronti al combattimento”. Le batterie antiaeree iniziano a tracciare i caccia di Kiev e gli intercettori a volare paralleli al confine tra Russia e Ucraina, questi si spingono fino sul mare di Azov a poche centinaia di metri dallo spazio aereo ucraino. Nel caos che ne deriva qualcosa di veramente grave accade, la scintilla di detonazione: una coppia di MIG-29 ucraini e di SU-27 russi si ingaggiano e lanciano gli uni contro gli altri, i missili con i quali sono equipaggiati.
Tre dei quattro aerei non rientrano alla base. Gli allarmi risuonano nelle sale controllo della difesa aerea e le batterie S400 e S300 russe inquadrarono con i radar di tiro qualunque oggetto voli sopra il Donbass. Pochi decine di secondi dopo una dozzina di missili antiaerei a lungo raggio si levano in cielo e puntano verso ovest segnando l'inizio formale della guerra tra Russia e Ucraina.
Nelle ore successive le divisioni corazzate e meccanizzate di Mosca entrano con la bandiera russa ben in vista nel Donbass e puntano direttamente su Melitopol, ignorando la cittadina costiera di Mariupol, la cui guarnigione governativa Ucraina resta isolata dal resto dell'esercito. Presa Melitopol, non fortificata e priva di una sostanziale difesa, si apre ora per le truppe di Mosca la via per la Crimea.
A nord invece entrano in azione le truppe aviotrasportate che si assicurano, non senza gravi perdite, l'aeroporto di Kharkov mentre nell'aeroporto di Belgorod continuano ad affluire i voli logistici a supporto dell'operazione militare contro Kharkov. In Europa orientale intanto scoppia il panico. I paesi baltici dichiarano la mobilitazione generale e lo stesso provvedimento viene preso dalla Polonia, mentre tutto il mondo attende con ansia, speranza e paura il discorso alla Nazione annunciato per le ore 20 di Washington dal presidente americano Obama, dal Cremlino Putin pensa più ad agire che a parlare.

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Val la pena di riportare qui le idee di matritum, tratte da questo sito:

Ho elaborato questa mappa su una possibile soluzione per il conflitto armeno-azerbaigiano. Il Condominio autonomo di Nakhchivan sarebbe infatti parte dell'Armenia e dell'Azerbaigian contemporaneamente. Comprenderebbe i territori dell'attuale Repubblica autonoma del Nakhchivan, due province armene (Vayots 'Dzor e Syunik') e diversi distretti dell'Azerbaigian (Kalbajar, Lachin, Qubadli, Zangilan, Tartar, Agdam, Khojali, Shusha, Khojavend e Jabrayil) e città (Shusha e Khankendi), compreso il territorio controllato dall'autoproclamata Repubblica dell'Artsakh (già Nagorno-Karabakh).

Avrebbe un alto livello di autonomia, una commissione governativa bilaterale armeno-azerbaigiana sarebbe competente per trattare solo alcuni argomenti. La capitale sarebbe la città di Nakhchivan e le lingue ufficiali sarebbero l'armeno e l'azero. Vi mostro anche la bandiera ufficiale. Ci sarebbero due nazionalità e i bambini di etnia mista potrebbero scegliere tra le due. Gli armeni potrebbero attraversare liberamente il confine verde, ma avrebbero bisogno di passaporti per attraversare quello blu. D'altra parte, gli azeri potrebbero attraversare liberamente il confine blu, ma avrebbero bisogno di passaporti per attraversare quello verde.

L'elezione di un nuovo governo di sinistra in Turchia migliora le relazioni turche con la Grecia. Entrambi i paesi, il Regno Unito ei rappresentanti di entrambe le parti
Ho pensato anche come risolvere il dramma di Cipro divisa in due senza apparente soluzione possibile. La Repubblica di Cipro diventa la Repubblica Greca di Cipro meridionale con una nuova bandiera, che include la zona cuscinetto delle Nazioni Unite e l'enclave di Kokkina / Erenköy, ma rinunciando al territorio sotto il controllo della Repubblica turca di Cipro del Nord. La Repubblica Greca di Cipro Meridionale e la Repubblica Turca di Cipro del Nord sono riconosciute come entità sovrane che si uniscono nella nuova Confederazione delle Repubbliche di Cipro, rinunciando a diventare stati indipendenti o ad unirsi ad un altro paese (Grecia o Turchia); la Grecia e la Turchia rinunciano ad annessione di qualsiasi parte dell'isola. Tutta Nicosia è separata da entrambe le repubbliche e diventa il territorio confederale e la capitale della confederazione; le capitali della Repubblica Greca di Cipro meridionale e della Repubblica Turca di Cipro del Nord vengono trasferite rispettivamente a Limassol (Λεμεσός in greco) e Kyrenia (Girne in turco). I territori delle basi di Akrotiri e Dhekelia diventano parte della sovranità cipriota, come parte della Repubblica Greca di Cipro meridionale. Ogni potere esecutivo e legislativo rimane nelle mani di ogni repubblica, mentre difesa ed economia spettano alle istituzioni confederali. Le leggi confederali devono essere ratificate dai parlamenti di ogni repubblica per entrare in vigore. Due membri su tre di tutte le istituzioni confederali devono provenire dalla comunità greco-cipriota e l'altra dalla comunità turco-cipriota. Il primo presidente della Confederazione deve essere membro della comunità greco-cipriota, ma, dopo due anni, sarà sostituito da un membro della comunità turco-cipriota che sarà presidente per un anno, poi sarà sostituito da una persona greco-cipriota per due anni, e questi da un'altra personalità turco-cipriota per un anno, e così via. La nuova bandiera della Confederazione delle Repubbliche di Cipro (accanto al nome) incorpora strisce rosse e blu che rappresentano le comunità greco-cipriota e turco-cipriota. Che ne pensate?

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Aggiungiamo il contributo di MorteBianca:

The Young King

L'intero Regno Unito è in lutto oggi. Sua Maestà William è morto in un tragico incidente aereo su cui l'M16 sta ancora indagando. Il triste annuncio è stato dato dalla radio centrale del governo londinese e diffuso in tutto il Commonwealth. Segni di lutto sono stati esposti da tutti i capi di stato. Il monarca non ha lasciato resti, la carcassa dell'aereo è stata trovata dopo diversi giorni nel pacifico. Oggi il Re è morto, in questo giorno siamo tutti britannici. Notevoli presenze anche il presidente della Repubblica Scozzese e della Repubblica Irlandese Unita. Nonostante le secessioni e gli animi tesi, la morte di un monarca da tutti noto per essere moderno, rispettoso della democrazia, affabile e rispettoso dell'auto-determinazione dei popoli ha riportato, dopo decenni, questi tre popoli ormai separati insieme nel lutto. Un gesto di grande dimostrazione di rispetto.

Il nuovo re, Giorgio VII, ancora sedicenne, si prepara per l'incoronazione da diversi giorni. Il giovane principe ha mostrato un cambio repentino e radicale nel suo comportamento, dalla morte del padre. Si dice che ci sia lo zampino di Carlo, il nonno che abdicò poco dopo il referendum d'indipendenza scozzese e la definitiva uscita dall'Euro. Pare che il giovane Giorgio sia venuto a parlare con l'ex monarca e chiedergli consiglio su come fare, lui che ora si ritrovava orfano, a regnare. Nessuno sa che le parole che Carlo ha sussurrato al nipote sono state "E' morto anche Giorgy su quell'aereo. Oggi è nato Giorgio VII". Il giovane Re, prima idolo dei social (Sia perché ritenuto "viziato e sbarazzino", sia perché "Irriverente, sbruffoncello, monello e ribelle", sia perché "Moderno e aperto" come la sua pro-pro-zia). Al funerale si è dimostrato fermo, educato, impeccabile, vestito completamente di nero. Non ha versato una lacrima, ma il suo volto truce ha reso molto bene l'idea di chi ha una ferrea determinazione nel cuore.

Il giovane Re, all'incoronazione, deve scegliere la modalità d'investitura. Alcuni dicono che dovrebbe essere una cosa sobria, moderna, meno ancestrale e assurdamente retorica. Giorgio, a sorpresa, sceglie proprio di mantenere il rito antico. Solo che chiama alcuni stilisti, coreografi e registi, organizzando l'incoronazione come un vero e proprio film, con le inquadrature perfette, una musica selezionata, un trucco e una precisione millimetrica. Lo scopo è rievocare al massimo il significato della monarchia per gli inglesi, l'idea che il monarca sia una divinità, qualcosa di non-umano, di superiore, di eterno. Un'assurdità insomma, ma che ben sceneggiata (come le spade laser) sembra reale. L'incoronazione è un grande successo, e dopo i due scorsi monarchi, poco carismatici, l'incoronazione di Giorgio con rito antico e tutti i fronzoli risulta efficace.

Nelle uscite, i discorsi, le passeggiate, in ogni cosa Giorgio è meticoloso, studia ogni parola e ogni gesto, ogni azione è inquadrata nell'ottica giusta, con tecniche moderne. Giorgio si espone molto e al tempo stesso non dice nulla (pare che i suoi discorsi vengano scritti da complessi algoritmi e i migliori sceneggiatori del Commonwealth). Parla spesso ai poveri, agli studenti, alle categorie lavorative. E' considerato un Re vicino al popolo, che dona gran parte dei suoi soldi in opere di bene, che raccoglie le richieste del popolo. Non si esprime mai contro il governo, ma sono gli altri a farlo per lui "Se solo i politici fossero come lei, Maestà" a cui Giorgio fa seguire un pacato silenzio, con un sorriso affabile che nasconde chissà quali possibilità. La popolarità del monarca cresce, sui social è seguito come non mai, le sue apparizioni e i suoi discorsi sono su Youtube e riascoltati come ispirazione, è una figura studiata.

Molti avvenimenti condiscono questa prima parte del suo regno, e ogni avvenimento che lui commenta aumenta la sua fama, il suo fascino, il suo mistero. Lo staff della monarchia cerca di zittire il monarca e limitarne la visibilità, come fu per la sua bisnonna Elisabetta II, ma Giorgio non si fa mettere i piedi in testa, e il suo successo è indiscusso.

Il giovane monarca inizia sin da subito a chiarire il suo ruolo. Giorgio sa di avere pochissimo potere, ma nei suoi discorsi privati rivela sin da subito una morbosa ammirazione per i suoi antenati, e più potere (non amore, non abilità) questi detenessero, più egli li ammirava. Il suo monarca preferito? Riccardo I "L'ultimo Re senza una costituzione a limitare il suo potere" dice Giorgio alla sorella. Il suo primo atto di riforma consiste proprio nel riprendere il controllo della sua vita. Il monarca infatti decide di andare a trovare una famiglia di terremotati nel Galles. Il suo ufficio si rifiuta categoricamente, prevedono invece un incontro con il capo di stato spagnolo. Giorgio, con molta pacatezza, ma un tono glaciale, dice "Io sono il Re, e andrò a trovare i miei cittadini". L'ufficio risponde picche. Non sanno in che casino si sono messi.

Il Re prima si rivolge alla chi di dovere in burocrazia. Impone la sua autorità di monarca (e anche di "Cliente" del servizio alla casa reale) per ottenere maggiori libertà, protestando per la prigionia a cui è sottoposto. Alcune di queste gli vengono concesse, come contentino più che altro. Si comprende che il "Giovane Re" ha le sue esigenze, lo prendono come un bambino. Peggio che mai. Quando il primo ministro viene a trovare il Re per discutere come al solito, è proprio con lui che si lamenta "Ogni cittadino inglese ha diritto a determinare il corso della propria vita privata e le proprie decisioni. Ma una legge non scritta e non vincolante mi impone di seguire un ritmo che non ho scelto, e che ritengo scorretto" Il primo ministro, basito, gli fa notare (con tutto il terrore che "correggere" il monarca può comportare) che lui, essendo il capo di stato, deve rispondere alle necessità del paese, non solo ai propri singoli desideri. Il Re si dimostra glaciale "Qualora sia il Parlamento, eletto dai miei cittadini, a prendere decisioni per la mia vita privata, lo accetterei. Qualora il Parlamento non avesse detto nulla, ma io stesso fossi concorde, accetterei. Ma se né il Parlamento né il Monarca accettano una decisione dell'ufficio della Casa Reale, allora si tratta di una indebita decisione sopra il volere reale". Il Primo ministro tenta ti rifugiarsi, dicendo che l'autorità degli uffici della casa reale è stata però concessa dal Parlamento per legge. Al che il monarca replica "Una legge che però non concede loro né tutto il potere ufficiale che hanno, né tutto il potere ufficioso che esercitano. Ci sono molte cose che mi impongono a cui potrei sfuggire, volendo impugnare la legge contro di loro, e ci sono state molte cose che l'Ufficio ha ingiustamente imposto ai miei antenati pur avendo questi una alternativa fisicamente possibile, ritenendola la cosa migliore. Il primo compito dell'Ufficio dovrebbe essere rendere la vita del Re, come capo di stato, più agevole possibile e di portare al minimo rischi ed imbarazzi. Sono sicuro che dunque preferiranno evitare uno scandalo costituito da un Processo fra il Re e l'Ufficio, in cui il Re vincerebbe sia per legge, sia come ovvia parte lesa. Confido che il Primo Ministro saprà evitare questo inutile passaggio. Lo farei io, ma ho le mani legate da una legge inesistente. Può andare". Dice il Re, mentre il primo ministro stava per replicare.

Il Primo Ministro fa passare fra le altre cose, il giorno dopo, una legge che offre il controllo dell'Ufficio della Casa Reale al Re stesso, tranne quando "Il Parlamento decisa altresì, la Legge impedisca una qualsiasi azione del Re, oppure il capo dell'Ufficio della Casa Reale che in fede del Parlamento ha tali poteri decide di non concedere per manifesta impossibilità le libertà al monarca". Giorgio invita subito il capo dell'Ufficio della Casa Reale nelle sue stanze, facendogli capire chiaro e tondo che da questo momento la sua opinione sarà quasi irrilevante, poiché ogni volta che lui si azzarderà a dirgli come parlare o come agire contro la sua volontà ed imporgli una via, il Re potrà portare la cosa in tribunale (affinché la zona grigia sia decisa per legge), dove ovviamente il Re avrà partita facile dato che non ci sono leggi precise che stabiliscano cosa deve fare e come deve farlo, come parlare o altro, e dovrebbe ogni volta dimostrare "oggettivamente" ai giudici come fare. Il capo dell'Ufficio sarà un semplice consultore, che dirà al Re come (secondo lui) dovrebbe comportarsi, senza avere reali poteri di fatto, se non quelli di manifesta lesa maestà da parte del Re stesso (come un discorso umiliante o assurdo in pubblico, ovviamente). Giorgio ha appena ottenuto il controllo della propria vita privata e pubblica, e da questo momento è lui a decidere dove andare, con il suo team di esperti dietro.

Il passo successivo è equalizzarsi da un punto di vista esistenziale. La sorella intende sposare un uomo divorziato, la cui ex moglie è ancora viva. L'Etichetta impone l'esilio benché ciò non sia legalmente obbligatorio. Il Re ironizza "Abbiamo fondato una religione sul divorzio, e ora siamo più ristretti dei cattolici?". Il popolo però è dalla parte della "coppia famosa", di nuovo. E siamo nell'epoca dei social, lo scandalo è più forte che mai, più virale che mai. Il Re si pone subito come paladino del popolo, criticando aspramente il costume "Ogni cittadino britannico ha il diritto di sposare chi vuole. Solo la famiglia reale è obbligata a sentirsi dire chi amare e chi no, violando un diritto umano fondamentale, sulla propria terra!". Alla fine il monarca potrebbe forzare la mano, ma non ne ha bisogno: è bastato il tumulto popolare a "smuovere" i politici che temevano di essere rieletti. Il monarca forza la mano con la concessione che ne segue, invece: il Re potrà sposarsi con chi vuole e quando vuole. Sulle leggi della successione stabilirà il Parlamento, la religione resta l'unica cosa obbligatoria, ma per il resto il Re decide come vivere la sua vita come gli altri "Non credo che l'Aristocrazia, di cui il Re fa parte, debba avere privilegi, credo nell'uguaglianza di tutti", stupisce il mondo con questa (ipocrita) frase.

Il Re sa di avere poco peso politico: ha il diritto di convocare il primo ministro e consigliarlo (ma non di fermarlo o obbligarlo a fare qualcosa), ha il diritto di sciogliere il parlamento (cosa che de facto fa solo su consiglio dei ministri, ma de iure può fare anche da solo), è il capo della Chiesa Anglicana. Ma sa che dalla sua ha due cose: l'estorsione ed il consenso popolare. Inizia a raccogliere numerose proposte di legge molto popolari nel Regno Unito, e nei suoi discorsi parla di come gli piacerebbe proporle in via ufficiale al Parlamento, ma non gli è possibile per via dei limiti del suo ruolo, può solo suggerirli al primo ministro "Ma voi potete fare qualcosa" dice il Re "I politici rispondono a voi, per Costituzione. Se direte loro di permettere al Re di fare proposte, solo proposte, di legge come un qualsiasi ministro, in modo che poi il governo le voti, tutte queste proposte avranno una possibilità, senza aspettare che un Partito di ascolti. Perché la corona vi ascolta, sempre". Il popolo inglese applaude, senza sapere a cosa stanno applaudendo davvero. Il Primo ministro arrossisce al colloquio, ma i vari partiti sono molto chiari: nei sondaggi i partiti "Anti-Re" sono dati in calo, e nelle primarie le fazioni Ultrarealiste aumentano. E' necessario cambiare le leggi. Adesso il Re può proporre le leggi (alcune di moto proprio, non richieste da altri), e il Parlamento le rifiuta. Ovviamente rifiutare una Legge proposta dal Re è pericoloso, sia per la sua figura (che non si vuole destabilizzare), sia perché il Re ha dalla sua il popolo inglese, scontentare entrambi è letale.

I politici approvano un nuovo decreto legge che cambia lo stipendio dei parlamentari, alzandolo. La maggioranza in parlamento c'è, la legge viene mandata al monarca. Il Monarca, come sappiamo, ha un limitatissimo diritto a rifiutare le leggi mandandole in Parlamento. Ed è quello che fa, cosa che non accade spesso. Ma la legge, ritornata in parlamento, ritorna quasi uguale al Re, che la rifiuta di nuovo, e ancora e ancora. Alla fine il Parlamento vota una nuova legge che limita i poteri del Re, e questa è obbligato a firmarla per Costituzione. Il Re allora usa il suo ultimo potere, quello del consulto: invita il Primo Ministro ogni due ore nel suo palazzo, lo trattiene per parecchio tempo, facendogli la sfuriata con il suo tono glaciale, e poi ricomincia. In questo modo ha paralizzato la politica inglese. Il parlamento inizia a votare una legge che limiti i poteri del Re e le sue capacità di rifiuto, e lui ancora una volta si rivolge al popolo "Quante altre volte i politici si metteranno contro la Corona, che ha a cuore solo gli interessi del suo popolo? Io oggi ho rifiutato l'ennesima proposta che alza gli stipendi del parlamento, perché non la ritengo una legge negli interessi del popolo. E se il popolo che io rappresento è d'accordo con me, allora i parlamentari che si rifiutano di ascoltare il mio rifiuto e che ora vogliono privarmi del diritto di dire "No", stanno mettendo il bavaglio all'Inghilterra".

Questa è un'accusa gravissima, il Re ha teoricamente negato la validità (in modo velato) del mandato dei politici inglesi. Lo scandalo è enorme, il popolo si solleva, un movimento a favore del monarca, contro chiunque voglia zittirlo "Non li rieleggeremo"; liste di nomi pubblici, persino minacce ai politici. Alla fine, vista l'aria che tira, il Primo Ministro viene mandato dal Re, con una proposta "moderata". Il Re ripete il suo giochetto fino a sfinire il Primo Ministro (e sa che se lui si azzarda a togliergli il diritto alla richiesta d'udienza, il popolo lo ammazzerà politicamente parlando), che cede alle sue proposte: Ora il Re propone le leggi e può rifiutare ogni legge (di qualsiasi ambito) del parlamento fino a tre volte (e rimandarla modificata, volendo). Può rifiutare infinite volte le leggi che riguardano la sua persona (Anche in modo minimo).

Il Re diventa un politico molto attivo, numerose leggi portano il suo nome. Fra politici e costituzionalisti cresce il dissenso, si parla di un monarca autocratico, ma il popolo non la vede così, ogni intervento del Re è stato nei loro interessi o per preservare la sua libertà privata, anche se i suoi poteri sono aumentati sensibilmente. Il Re propone sempre più leggi in vari ambiti, e il numero di leggi rifiutare aumenta, diventa una mossa tattica, sfruttando le debolezze interne alla maggioranza e le opposizioni. La sua popolarità è in costante salita. E' questo il momento in cui invita i cardinali della Chiesa Anglicana, con un vestito formalissimo ed ufficioso che gli regala un'aura di santità. Lui afferma che "La Chiesa Anglicana è in declino. E' in declino perché a differenza di quella Romana non abbiamo una leadership forte, e a differenza di quelle protestanti non c'è una ideologia precisa. Troppe disobbedienze, troppe fughe presso gli eretici romani, troppa corruzione, mi è giunta voce che persino degli atei si sono ritrovati a lavorare per questa istituzione mentendo. Tutto questo da oggi cambierà" Il Re sa che la politica ha messo poco becco su come la Chiesa funzioni, in gran parte questa si auto-regola, e sebbene il ruolo del Re sia molto limitato, non ci mette molto a far capire chi comanda: scomunica alcuni vescovi (odiati dal popolo), come prima mossa per poi scomunicare quelli che non riconoscono la sua autorità. Inizia a farsi sentire spesso, a pronunciare sentenze e proporre cambiamenti strutturali e non, e ogni volta che qualcuno dice qualcosa rammenta di essere il capo della Chiesa, e che dunque la decisione finale spetta a lui. Con il tempo manda "in pensione anticipata" numerosi vescovi, sostituendoli da uomini di sua fiducia. La Chiesa Anglicana viene cambiata, radicalmente: Cessa di essere religione di stato (cosa che è gradita a gran parte della popolazione ancora "Imbarazzata" dalla mancanza di laicità), ma il Monarca resta sempre contemporaneamente capo religioso e di stato, viene riformata per essere più centralizzata, più sotto il suo controllo, viene ripulita da opulenza e corruzione. Una mossa che gli fa guadagnare fama e successo. La Chiesa diventa ora la sua arma da usare contro i politici corrotti e le elites che ignorano il popolo colpito dalla crisi. I politici pensavano di essersi liberati di un'ulteriore influenza, togliendo l'unione stato-Chiesa. Si sbagliavano, ora la Chiesa era in antitesi allo stato anti-monarchico. Il Re inizia a scomunicare i primi politici. La Chiesa Anglicana diventa una sorta di intelligence, sotto il controllo della Corona, diffusa in tutto il mondo, che si collega a vari gruppi politici e non, di beneficenza e della finanza.

Il Re riforma il concetto di Aristocrazia, diminuendo i privilegi economici e il peso che questa ha sulle spalle dei cittadini. Lui ha una concezione diversa di Aristocrazia, crea l'Ordine dei Cavalieri Bianchi, con cui conferisce titoli nobiliari a eroi dell'esercito, pompieri che salvano vecchiette, pedoni che si fanno investire per salvare un bambino. Insomma, crea una sua mini-aristocrazia (su ciò ha potere totale), a discapito della vecchia aristocrazia. Si tratta di un ordine non ereditario. E' una nuova forma di cavalleria, non nepotista e politicamente non-privilegiata, che però ha qualche (meritato) privilegio economico. Ci sono vari gradi e gerarchie in questo Ordine, in cui il Re mette sapientemente anche membri dei Media, dell'Alta Finanza e suoi collaboratori. L'Ordine diventa una vera e propria massoneria interna al Regno. Si formano, nei partiti, gruppi apertamente ultrarealisti comandati da membri dell'Ordine. Il numero di nobili "di sangue" viene diminuito drasticamente, e il loro titolo sarà trasmissibile solo ai figli. Sono pochissime le famiglie che mantengono l'eredità in perpetuo, e sono solo cinque a mantenere un posto nella camera dei Lords. Gli altri posti adesso saranno ceduti a membri dell'Ordine scelti dal Re stesso, che ha cambiato la legge di collocazione. In questo modo ha piazzato persone vicino a lui nella camera dei Lord. I membri dell'Ordine hanno numerosi obblighi, fra cui quello all'Onore e quello alla beneficenza. Una fucina di eroi, di fatto.

Il Re a questo punto può controllare ogni legge che viene proposta, proporre leggi ed influenzare la religione, ma non gli basta, il parlamento ha sempre l'ultima parola e può bloccargli di tutto. Il governo sa che la sua popolarità è alle stalle, e per questo motivo il primo ministro decide di uscire con stile: attaccando il Re personalmente, e dichiarandolo autoritario ed anti-costituzionale. Sa che non sarà rieletto, ma ormai non gli importa più. Il popolo urla e protesta, ma il processo è ormai avviato. Governo contro Parlamento. La questione viene passata però alla Magistratura, la quale dopo un lungo dibattito riconosce che il Re ha agito nella legalità "Pur in modo estremamente inusuale e a volte volutamente manipolatorio". Tutto ciò viene definitivamente sancito da un editto della corte inglese, secodo cui "Il Re ha i pieni diritti di opporsi, con i suoi poteri, al Parlamento fino a quando ne ha la capacità". E' una grande sconfitta per il primo ministro, che rassegna le dimissioni. Il suo partito però non vuole passare dalle elezioni, e vuole fare un secondo governo (di comune accordo con gli altri politici) per far passare una serie di legge anti-Re, usando la regola del doppio rifiuto, in modo da andare via col botto. Giorgio VII però soprende tutti, sciogliendo le camere.

I politici protestano, ma è una mossa legittima, che il Re giustifica pure "Io, Giorgio d'Inghilterra, dichiaro che questo parlamento ha ormai palesato di contraddire le opinioni del popolo e i diritti del suo sovrano, ed in nome dei miei poteri sciolgo le camere chiedendo che il mio popolo abbia il diritto ad esprimersi". Mutandine lanciate sul palco.

Qualcuno consiglia al Re di creare un partito tutto suo "Non ancora", dice. Capisce che è più semplice avere uomini fedeli in tutti i partiti. E infatti le elezioni confermano la sua strategia. I partiti più pro-monarchia, o che hanno cambiato la loro posizione in merito, o che hanno più membri dell'Ordine, hanno successo. Ora il parlamento è pieno di uomini del Re o di uomini, molto più King-Friendly. E subito iniziano i successi di questo governo (Anche se il Re evidenzia solo i successi dei politici dell'Ordine, rimanendo distante dai singoli partiti), e anche le riforme del Re, molto più concorde con questi politici: la Camera dei Lords cambia la propria costituzione, ora tutti i nobili sono scelti dal Re, dall'Ordine (e tutti i Nobili saranno così), e il numero di Lord che lui sceglie è raddoppiato, così che la camera dei Lord diventi più una camera dei meriti. Il peso del Re aumenta sensibilmente.

Il Re subisce un attentato terroristico. E' ancora in vita, ma i suoi discorsi di fuoco dal palazzo reale trasudano di desiderio di giustizia per lui e per sua madre e suo padre. Il primo ministro deve ogni volta andare e venire dal palazzo reale, così il Re propone una legge "Il Parlamento, in via momentanea fino a quando il Re non sarà IN BUONA SALUTE, si trasferirà al palazzo reale". E' una vera e propria riforma a là Luigi XIV. La politica si sposta a casa del Re, e quindi lui può controllarla molto più facilmente. Il Re inizia a fare lobbyng in modo molto palesato, invitando i politici discordi nelle sue stanze per "parlare", osservandoli, obbligandoli in varie cerimonie e riti o atti di beneficenza in modo tattico, mentre uomini di fiducia vengono lasciati a fare il loro lavoro. Più che altro in questo modo il potere si avvicina alle sue mani pur non passandoci più di prima.

Giorgio VII aumenta il numero di divieti reali che gli sono concessi, aumenta il numero di aree su cui può mettere bocca negli interessi del popolo e proporre, intanto l'Ordine dei Cavalieri Bianchi diventa militante, con lezioni di arti marziali obbligatorie per gli aspiranti membri, ed iniziano a nascere milizie nei quartieri più disagiati per combattere la micro-criminalità assistendo la polizia, sono fedelissimi al Re, e spesso sono armati. I rapporti con l'Unione Europea e con la Scozia si fanno più tesi, per via di numerose leggi protezioniste e l'afflusso di immigrati. La situazione si fa politicamente tesa e l'opinione pubblica inizia a polarizzarsi, chiedendosi cosa ne pensi il Re.

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E ora, diamo la parola ad aNoNimo:

L'Europa Federale di Freddy Heineken

Freddy Heineken (1923-2002), il magnate olandese che ha trasformato la sua birra una marca universale, era anche un euroentusiasta. Verso la fine della sua vita, ha proposto di rimescolare i confini nazionali dell'Europa per rinforzare il suo obiettivo di un'unione sovranazionale vicina quanto non mai. Heineken ha collaborato con due storici per scrivere un libretto intitolato « Gli Stati Uniti d'Europa: una Eurotopia? » L'idea è attuale, per due motivi. L'Europa Orientale sta attraversando un periodo di agitazione, conseguente al crollo del comunismo, e l'onda di nazionalismo che ne è seguita ha condotto alla reviviscenza di parecchie stati (come gli Stati Baltici) ed al disfacimento di parecchi altri (come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia). Nel 1992 il Trattato di Maastricht ha trasformato una Comunità Europea all'inizio principalmente economica in un'Unione Europea più politica. La proposta di Heineken condurrebbe alla creazione di dozzine di nuove formazioni nazionali europee, che avrebbero un'estensione relativamente piccola, una popolazione etnicamente omogenea compresa fra 5 e 10 milioni di abitanti, ed un background storico certo. La teoria alla base dell'idea di Heineken è che un maggior numero di stati membri più piccoli sarebbe più facile da governare nel singolo quadro europeo che una combinazione di più grandi che competono per il predominio. Quelle che seguono sono una cartina ed una lista dei paesi proposti nell'Eurotopia di Heineken, con le loro capitali e il numero di abitanti. Sarebbe bello se fosse vero, eh? 

L'Europa Federale di Freddy Heineken

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1

Iceland

Reykjavik

252.000

2

Norway

Oslo

4.200.000

3

Sweden

Stockholm

8.500.000

4

Finland 

Helsinki

4.900.000

5

Denmark

Copenhagen

5.100.000

6

Scotland

Edinburgh

5.100.000

7

Ireland

Dublin

5.100.000

8

Northumbria

York

8.000.000

9

Lancaster

Manchester

5.400.000

10

Wales

Cardiff

2.900.000

11

Mercia

Birmingham

7.400.000

12

East-Anglia

Cambridge

5.300.000

13

Essex

London

8.300.000

14

Wessex

Plymouth

5.900.000

15

Kent

Southampton

5.400.000

16

Holland-Zeeland

The Hague

6.500.000

17

Ysselland

Arnhem

6.000.000

18

Flanders/Vlaanderen

Brussels

7.800.000

19

Hainaut/Henegouwen

Lille/Rijssel

7.100.000

20

Schleswig-Holstein

Hamburg

6.100.000

21

Hannover

Bremen

7.900.000

22

Brandenburg

Berlin

6.000.000

23

Sachsen

Dresden

7.900.000

24

Westfalen

Münster

7.900.000

25

Nordrheinland

Düsseldorf

9.200.000

26

Thüringen

Erfurt

8.300.000

27

Rhein-Moselland

Mainz

5.100.000

28

Frankenland

Nürnberg

5.100.000

29

Bavaria/Bayern

Munich

6.000.000

30

Baden-Württemberg

Stuttgart

9.600.000

31

Poznan/Posen

Poznan

6.200.000

32

Silesia

Wroclaw

8.200.000

33

Gdansk

Gdansk

5.500.000

34

Warzawa

Warsaw

7.600.000

35

Galicia

Krakow

7.400.000

36

Bohemia

Prague

6.300.000

37

Moravia

Brno

4.000.000

38

Slowakia

Bratislava

5.300.000

39

Austria

Vienna

4.500.000

40

Noricum

Graz

5.000.000

41

Picardy-Normandy

Rouen

4.900.000

42

Ile-de-France

Paris

10.300.000

43

Burgundy

Nancy

8.000.000

44

Neustria

Nantes

8.200.000

45

Aquitania

Bordeaux

7.400.000

46

Auvergne

Lyon

6.500.000

47

Provence

Marseille

6.500.000

48

Galicia-Asturias

Santiago de Compostela

4.400.000

49

Castilia

Madrid

9.100.000

50

Navarre-Aragon

Bilbao

4.100.000

51

Catalonia

Barcelona

6.000.000

52

Valencia

Valencia

5.500.000

53

Andalusia

Sevillia

8.000.000

54

Portugal

Lisbon

10.300.000

55

Switzerland

Bern

6.600.000

56

Piedmont

Torino

6.200.000

57

Lombardy

Milan

8.900.000

58

Venice

Venice

6.500.000

59

Tuscany

Bologna

7.500.000

60

Umbria

Rome

7.400.000

61

Apulia

Bari

5.700.000

62

Naples

Naples

8.600.000

63

Sicily

Palermo

7.100.000

64

Hungary

Budapest

10.600.000

65

Croatia

Zagreb

4.600.000

66

Bosnia-Herzegovina

Sarajevo

4.100.000

67

Serbia

Belgrade

8.500.000

68

Albania

Tirana

5.000.000

69

Transyvlvania

Cluj-Napoca

7.500.000

70

Moldavia

Bacau

5.000.000

71

Wallachia

Bucharest

9.000.000

72

Bulgaria

Sofia

8.900.000

73

Skopje

Skopje

1.900.000

74

Greece

Athens

10.300.000

75

Cyprus

Nicosia

688.000

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Riportiamo anche la proposta di MorteBianca:

Nel 2015 il miliardario Egiziano Neguib Sawiris ha offerto ai governi italiano e greco rispettivamente di acquistare un'isola per farne un luogo d'accoglienza per i profughi, e successivamente smistarli nei vari paesi d'origine. La proposta secondo il suddetto avrebbe il duplice vantaggio di poter risollevare l'economia della nazione accettante (che al prezzo di un'isola si ritroverebbe ricompensata di diversi miliardi) e anche i problemi connessi all'immigrazione clandestina e non.

Ora, che succede se una nazione tipo la Grecia o l'Italia accetta questo bizzarro affare?

Supponendo che sia la Grecia questa potrebbe diventare un vero e proprio "ricettacolo" d'Europa, in cui i vari paesi europei (pagando) spediscono i propri profughi, in uno scenario che ha del surreale. La Grecia in tal modo riuscirebbe a scontare parte dei propri debiti, e l'Isola diventerebbe un centro di smistamento.

Supponendo invece che sia l'Italia (magari l'Isola d'Elba) ho immaginato uno scenario più complesso: Renzi sbotta per il continuo rifiuto di Francia, Germania, Svizzera e Austria di accogliere i migranti e allora decide di "riprendersi" i soldi in più che deve spendere proprio dal debito verso l'Unione Europea e verso le singole nazioni che si rifiutano di prendersi in carico la propria parte (in proporzione, ovviamente).

La cosa, da che era un ricatto, diventa un accordo formale quando Sawiris e Renzi firmano in sede europea la vendita dell'Isola d'Elba. Ora tutti gli stati Europei cedono la propria fetta di immigrati all'Italia, che li smista subito verso l'Isola. Bufera mediatica negli ambienti Leghisti.

Il miliardario Sawiris, reduce dall'aver costruito una città da zero nel deserto egiziano, inizia a fabbricare una Megalopoli sfruttando ogni acro dell'isola, alimentandola ad energia solare grazie ad enormi torri solari circondate da pannelli che sono internamente alimentate da ventole che sfruttano il flusso di calore che muove l'aria da sotto a sopra in ciclo. L'Isola, come detto, diventa un luogo di smistamento. I criminali (siano essi definiti tali in Europa o meno) vengono incarcerati e poi mandati via, i rifugiati invece vengono rimandati nei paesi che devono accoglierli (e l'Italia deve riprenderseli in carico, bufera in ambienti leghisti), mentre i numerosi clandestini vari restano nell'Isola in "Attesa".

Tale statuto ambiguo è lasciato come tale volutamente. Vuoi per una legge di Maroni, vuoi per una provocazione di un deputato cinque stelle, vuoi per una battuta della Merkel, viene emulato il modello di "lavori" che alcuni immigrati svolgono in certe città italiane per "guadagnarsi" il soggiorno.

I clandestini in attesa vengono dunque fatti lavorare e, dopo un tot periodo, possono guadagnarsi il permesso di soggiorno se "ripagano" lo stato di quanto questo ha speso per mantenerli e se possono "permettersi" la cittadinanza, oppure passando un test culturale. Alcuni criticano fortemente la cosa, chiamandola "Lavoro forzato e schiavismo", alcuni la criticano per i motivi opposti "uno spreco di soldi per mantenere i clandestini a spese nostre", alcuni invece vedono l'opportunità di avviare l'integrazione dei clandestini e renderli produttivi da un lato, e dall'altro scrollarsi di dosso gli indesiderati.

Proteste o non proteste, vuoi o non vuoi, tutto l'accordo viene stipulato.

La Megalopoli continua a crescere, nel frattempo le forze europee coordinate dalla marina italiana riescono a fare una migliore opera di controllo degli sbarchi.

La Francia e la Germania, che hanno forti interessi nei loro debiti presso l'economia italiana, per smorzare il reflusso di capitale che devono al governo italiano decidono di prendersi comunque una parte dei clandestini, pur lasciando il grosso in Italia, e presto molti paesi li seguono.

In sostanza i paesi molto ricchi (che non hanno molto da perdere) e i paesi molto poveri (che non hanno investito molto in Italia) sono stimolati a prendersi la loro parte, mentre invece i paesi di mezzo sono stimoalti, in proporzione, a ricompensare l'Italia pecuniariamente.

La Megalopoli interculturale intanto continua a crescere, e diventa un vero esempio di integrazione: chi si comporta male viene rispedito al proprio paese d'origine, mentre per chi si comporta bene la permanenza è garantita, e può diventare permanente se accoppiata al lavoro, mentre sono tutti stimolati ad andare oltre il semplice "ripagare il debito" e ottenere la cittadinanza nei vari modi possibili (via matrimoniale/di nascita, vuoi per permanenza, vuoi per test, vuoi per acquisto eccetera), e trattandosi di un'isola "semi-indipendente" diventa anche una sorta di paradiso fiscale, con casinò e banche offshores.

Quanto è irrealistica?

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Ed ecco un'altra idea in proposito di Renato Balduzzi:

Una delle ultime sparate di Gheddafi, prima di fare una bruttissima fine (almeno nella nostra Timeline), consisteva nella proposta di dividere la Svizzera in tre parti e assegnarle in base alla lingua a Germania, Italia e Francia. Ovviamente si trattava di una provocazione, appunto, alla Gheddafi. Ma se qualcuno lo avesse ascoltato, se le sue "sparate" contro la mafia svizzera avessero demolito l'immagine del paese e coinvolto i suoi governanti in uno scandalo senza precedenti fatto di connivenza con le peggiori mafie e dittature del mondo, il sogno di Gheddafi avrebbe forse potuto avverarsi?

Probabilmente gli svizzeri non sarebbero molto contenti della situazione. Quelli più fortunati sarebbero i tedescofoni, che troverebbero un sistema socioeconomico abbastanza simile a quello precedente. Gli svizzeri francofoni sentirebbero un po' troppo il giogo di Parigi e sicuramente voterebbero in massa partiti federalisti. I più sfortunati sarebbero i ticinesi e i grigionesi, annessi all'Italia durante l'epoca berlusconiana, in uno stato che, premier o non premier, è da sempre centralista e burocratico, quasi l'opposto dell'efficiente e cantonale Elvezia. Prevedo agguerrite manifestazioni per il distacco dell'ex svizzera italiana, forse addirittura un fronte armato con i più estremisti, attentati a Berlusconi e agli esponenti di governo e instabilità a non finire in tutte le regioni di ex confine. Forse gli Svizzeri non si accontenteranno dell'autonomia, ma vorranno piuttosto l'indipendenza. E allora, ecco che altre città italiane tentano di attaccarsi al trenino: Sondrio, Como, Lecco, Bergamo votano per l'annessione alla Repubblica Cantonale del Ticino. I consensi potrebbero insenarsi anche nel Nord-est, da sempre assai autonomista, ma anche verso la Brianza e Milano. Se questi ultim territori fossero annessi... gli ex elvetici si porterebbero in casa quel Berlusconi che sono ben felici di non aver votato!

Ed ecco come potrebbe apparire l'ex Svizzera Italiana annessa alla penisola:

Regione autonoma di Ticino-Ceresio-Engadina

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Questa è l'osservazione in proposito del grande Bhrihskwobhloukstroy:

Questo è ciò che più ossessiona molti Ticinesi. Tangentopoli (tutti i Cittadini Italiani), Mafia (in generale la Criminalità Organizzata, vittime comprese, e tutti i Terroni), Immigrati (i Negri e assimilati, dai Latinoamericani ai Filippini) e gli ’Islāmisti (tutti i Musulmani, Integralisti o no) sono, per i Leghisti Ticinesi, volti dello stesso Nemico, il Sud. La visione politica (geoetnopolitica) di questi Ticinesi (occhio, non di tutti!) va letta e inquadrata nella Mitologia Storica del Nazionalismo Svizzero, costruito sull’opposizione a:

1) gli Asburgo (Prepotenti Alsaziani che dal proprio Castello svizzero di Habsburg hanno tentato di dominare l’Altopiano e, dopo essere stati sconfitti nel 1291, si sono rifatti in Oriente [= Austria] e poi meridionalizzati in Spagna installandosi anche a Milano e da lì continuando a minacciare la Svizzera – e, dopo il 1512, il Ticino – attraverso i Governatori Spagnoli espressione della Nobiltà Milanese e attraverso il Dispotismo “Asiatico” del Sacro Romano Impero, fino alla definitiva Liberazione della Svizzera nel 1648),

2) i Valois di Borgogna (confluiti anch’essi negli Asburgo),

3) i Savoia (in Svizzera Romanda, poi in Lombardia),

4) i Milanesi (dai tirannici Visconti e Sforzeschi alla Repubblica Cisalpina sconfitta a Melide e che, se avesse vinto, avrebbe – Ucronia ufficiale – trascinato il Ticino in Lombardia e poi nell’Italia Sabauda, Fascista, Democristiana, Corrotta, Americana ecc.),

5) i Francesi (soprattutto con Napoleone I).

Comune denominatore a questi “Oppressori” è la provenienza dalle Pianure (nebbiose, paludose o subtropicali), le Parti Basse del Mondo, fonte inestinguibile di Mali e Pericoli per l’Umanità e in particolare per quella pura delle Alpi: la Malaria, i Mediterranei, i Romani, i Milanesi, gli Spagnoli, i Terroni, i Saraceni (e tutti gli Arabi), i Musulmani in generale, i Turchi, i Mongoli, i Cinesi, gli Unni, i Russi, i Barbari (soprattutto Goti, Burgundi e Longobardi), i Tedeschi (dai Franchi Merovingi agli Svevi a oggi), i Nazisti, i Prussiani (dapprima a Neuchâtel e poi dal 1871 al 1918), gli Asburgo (dal Medioevo al XX secolo), i Savoia (altrettanto), i Bonaparte, i Giacobini, l’Unione Europea, gli Stalinisti, di fatto tutti i Comunisti, gli Immigrati, i Negri, gli Americani, la Finanza Mondiale (nemica delle Banche Svizzere).

Nella percezione di questi Ticinesi, il Ticino e le Valli Lombarde dei Grigioni sono l’unica parte del Versante Sud delle Alpi salvatasi da queste Catastrofi: l’accusa ai Politici di Berna è di essere – da tipici invidiosi ed egoisti del Versante Nord (protetto dalle Alpi) – proclivi a farsi corrompere dal Complotto Mondialista per svendere a tradimento gli indifesi Superstiti (Ticinesi &c.) del Versante Alpino più esposto (perché più pregiato – in quanto Versante al Sole, posizione fondamentale in montagna – e perché più vicino al Sud del Mondo, la parte maggioritaria del Mondo Basso) alle Minacce d’Oltrecortina, oggi in particolare quelle del Terrorismo e del “Terronismo” (Criminalità, Corruzione, Dissesto Finanziario, Ambientale, Sociale, Civile e Morale).

Va anche tenuto presente che, in qualunque parte della Svizzera, un Cittadino Italiano di nascita (anche se immigrato in Svizzera e naturalizzato) o un suo discendente non vengono normalmente percepiti come affini, per quanto relativamente, da parte dei Ticinesi, ma piuttosto come un sottogruppo dell’Etnia degli “Stranieri” (immigrati o no), perché tradizionalmente i Ticinesi classificano sé stessi (compresi i Grigionesi delle Valli Calanca, Mesolcina, Bregaglia e Poschiavo e senza tener qui in conto le Fedeltà Locali) come anzitutto Ticinesi, poi Svizzeri, poi Occidentali, poi Umani, di solito senza altre appartenenze (mentre, al contrario, molti Cittadini Italiani tendono a considerare i Ticinesi come Italiani rimasti fuori dalla Liberazione e dall’Unità d’Italia; come prevedibile, in Lombardia prevale una versione a metà fra le due, per cui i Ticinesi vengono sentiti come Lombardi rimasti – provvisoriamente – fuori dalla Lombardia e però – anche nel senso di “perciò” – rimasti più ‘puri’ dalle contaminazioni straniere, fra le quali, almeno in origine, la Lega Nord non è la sola a includere anche o soprattutto la Dominazione da parte dell’Italia).

Vorrei fare, a questo proposito, un'osservazione. Attualmente le Strutture più potenti al Mondo sono le Alleanze Politico-Militari (come la NATO), poi vengono gli Stati; la Alleanze sono Strutture aperte, gli Stati no, non possono mutare i confini reciproci e ciò causa gravi conflitti geopolitici (ciò che è di uno Stato non può essere di nessun altro, di qui le contese). Se l'articolazione interna agli Stati si sviluppa al punto di superare l'orizzonte geografico dello Stato, i confini interstatali perdono di drammaticità (questo sarebbe auspicabile, per esempio, nel Bacino del Don) e il panorama mondiale può diventare più simile a una catena che a un sacchetto di biglie.

Al di là delle generalizzazioni e delle metafore, un esito positivo potrebbe essere che il livello statale (negli Stati Uniti federale) divenga inutile nel momento in cui tutte le competenze siano passate o alla NATO o agli Stati Federati (o loro associazioni, che, non essendo rigide come gli Stati, possono ammettere appartenenze plurime, per esempio appunto del Bacino del Don o della Crimea sia all'Ucraina sia alla Federazione Russa). Alla fine, le associazioni regionali riguarderebbero questioni relativamente minori, mentre per le scelte internazionali più rilevanti tutti gli Stati Federati si troverebbero non solo insieme fra loro, ma a questo punto anche insieme agli Stati Federati di altre attuali Federazioni: tutti gli Stati degli Stati Uniti e del Canada potrebbero far parte (entro la NATO) dell'Anglosfera, ponendo finalmente fine alla disastrosa catena di conseguenze della Rivoluzione Americana (che è fra le cause delle Guerre Mondiali, ma su questo punto spero di fornire giustificazioni di dettaglio in una prossima ucronia: il Mondo senza Rivoluzione Americana).

Naturalmente anche le Alleanze Politico-Militari si dovrebbero estendere e sarebbe opportuno che la NATO si fondesse non solo insieme a tutte le altre Alleanze che attualmente fanno capo agli Stati Uniti, ma anche e soprattutto con l'Organizzazione per la Cooperazione di Shànghǎi (che renderebbe possibile appunto l'appartenenza comune alla Russia e all'Ucraina del Bacino del Don e della Crimea). Allora tutti gli Stati degli Stati Uniti e del Canada potrebbero far parte sia dell'Anglosfera sia della finora mai realizzata Unione Panamericana.

Una volta realizzate le vere Unificazioni Nazionali (superando gli attuali Stati attraverso lo smistamento delle loro competenze fra le loro Componenti interne e le Organizzazioni Sovranazionali), come l'Anglosfera, l'Unione Ispanica, la Francofonia ecc. sarà possibile anche l'Unificazione Europea, estesa dunque agli altri Continenti, sempre entro il quadro della NATSCO (North Atlantic Treaty and Shanghai Cooperation Organization.

Come spesso altre volte, sottolineo che in Europa una delle (vere) Unificazioni Nazionali che attendono da secoli è quella fra Svizzera, Francia, Italia, Germania e Austria (anche se la sigla sembra portare sfortuna, almeno per gli Italofoni) in una Confederazione (meglio: Federazione) organizzata come la Svizzera sul piano linguistico e come l'Unione Europea sul piano dell'integrazione legislativa (come noto, l'integrazione europea è maggiore di quella interna alla Svizzera), evidentemente con un'unica Politica Estera e di Difesa, che comunque sarebbe di competenza della NATSCO.

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Ed ecco l'idea di Paolo Maltagliati:

A me è venuta in mente l'ucronia contraria. Prendetelo con lo spirito leggero con cui è stato composto; anche io sono abbastanza conscio che gli Asburgo non avrebbero lasciato correre una espansione svizzera del genere senza batter ciglio... (Però può essere interessante chiederselo: quali fattori avrebbero permesso una quiescenza asburgica di fronte a tali confini?) Cosa sarebbe accaduto con una tale Svizzera al sorgere del risorgimento italiano? Se qualcuno ha voglia di spaccarsi reperendo cifre e facendo conti, sarebbe interessante comprendere a che percentuale giungerebbe al giorno d'oggi la 'quota di popolazione italiana' in Svizzera.

I Cantoni della svizzera insubrica

Battaglia di Marignano: Nonostante la cavalleria e l'artiglieria, il quadrato di picche svizzero mantiene ancora una volta la sua invincibilità sul campo. Per gli Svizzeri si tratta di una vittoria pirrica.
Nonostante Uri, Svitto, Glarona, e Zug fosero convinte di poter proseguire la guerra, gli altri cantoni, al contrario, erano seriamente timorosi delle possibilità della confederazione di poter resistere a nuove offensive del re di Francia, in particolare Sciaffusa e Friburgo.
Dopo numerosi abboccamenti e trattative, anche i cantoni filoimperiali decisero di accettare la via degli accordi con Francesco I.
Avrebbero lasciato il ducato di Milano sotto il controllo francese in cambio di considerevoli somme di denaro. Dal punto di vista territoriale, il re di Francia avrebbe riconosciuto alla confederazione le acquisizioni dirette del 1512, vale a dire:

Alle tre leghe:

Al Vallese:

In più, avrebbe riconosciuto il dominio di:

Alla Confederazione

Alle Tre Leghe:

Al Vallese:

Con il trattato di Noyon, l'imperatore Carlo riconosce l'infeudazione imperale alle tre repubbliche dei territori sopra descritti.

A ciò sono da aggiungersi, nel 1529, ulteriori modifiche e annessioni territoriali, come compenso per l'impegno svizzero contro Francesco II Sforza. Sarebbe stata l'ultima espansione militare della confederazione nella storia.

La Confederazione cedette al Vallese Ornavasso, Mergozzo ed il lago adiacente; ottenne però la Valle Strona, la Val Corcera (con Omegna), Il Mottarone e la costa occidentale del Verbano sino a Stresa e, soprattutto l'Alta Valsesia da Quarona, con il collegamento da Varallo alla val Corcera stessa lungo il Cusio.

Nel 1613, una ribellione della val d'Ossola in occasione degli scontri tra le Degagne ed il Vescovo di Sion, ottenne che anche Duomo diventasse una Decania, facendole passare da sette a otto (quindi fino al 1798 il nome ufficiale del Vallese fu di repubblica delle otto degagne)

I cosiddetti baliaggi lombardi della confederazione furono teatro di forti tensioni durante la diffusione della riforma protestante; nonostante la libertà formale di culto, l'unica religione ammessa nei baliaggi fu quella cattolica e ciò costrinse diversi nuclei protestanti a emigrare nei cantoni di fede riformata.

Nel 1798, la repubblica francese entrò in forza nella vecchia confederazione e, con la dieta di Aarau nacque la repubblica elvetica. Dall'esistenza breve e tormentata, l'esperienza si poté considerare conclusa con l'atto di mediazione del 1803, quando la Svizzera tornò al suo status confederale, per quanto diverse riforme costituzionali, democratiche e amministrative implementate negli anni precedenti, rimasero in essere. Per quanto riguarda i territori lombardi, essi vennero riorganizzati in cantoni:

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Così gli replica Bhrihskwobhloukstroy:

Anch’io ho fantasticato su questa ucronia da trent’anni a questa parte! Mi chiedevo: è ben vero che in Epoca Napoleonica i confini fra il Ticino e i Dipartimenti del Verbano e del Lario erano quelli dell’attuale confine fra la Svizzera e la Lombardia, ma in questo caso non è possibile che rientrassero nel Verbano (soprattutto se il Capoluogo ne è Luino invece che il qui impossibile Varese) tutto il Bacino del Ceresio, compresa la Val d’Intelvi?

Condizioni minime per Carlo V sarebbero state la garanzia perpetua del Diritto di Passo e del Mercenariato per l’Impero a esclusione della Francia; se anche l’Imperatore non ne avesse tratto alcun vantaggio al momento (ed è improbabile), quasi di sicuro gli Asburgo avrebbero vinto la Guerra dei Trent’Anni.

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C'è spazio per la domanda di Vanda Depaoli:

Quali sono i PoD per cui oggi ci siano 994 stati invece di 194 e molte più exclavi?

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Le risponde Tommaso Mazzoni:

Beh, primo: nessuna dinastia si estingue nella line maschile, mai.
Secondo, nessun processo di unificazione permanente fra stati ha successo; al massimo unioni personali.
La Guerra dei 30 anni si conclude con l'indipendenza totale di tutti gli stati. 500 sono quelli, dagli stati maggiori del mondo se ne possono ricavare da 10 a 20, direi che ci si arriva.

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E Bhrihskwobhloukstroy aggiunge:

Si potrebbe anche solo mantenere il Sacro Romano Impero, erano tutti e 671 Stati dotati di Sovranità Territoriale e non c'è bisogno di far estinguere le linee maschili; a questi aggiungere i contemporanei Regni Africani.

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Ma il colpo da maestro è quello di Paolo Maltagliati:

Il PoD minimo sarebbe che la divisione dell'africa in colonie segua criteri molto meno geometrici. Sommato al mantenimento dello S.R.I. nelle condizioni della pace di Westfalia, abbiamo già aumentato di mezzo migliaio scarso gli stati.

Ad ogni buon conto, proviamo a delinearli questi stati: 1) Portogallo; 2) Leon; 3) Castiglia; 4) Aragona; 5) Granada; 6) Navarra/Vasconia; 7) Foix; 8) Armagnac; 9) Provenza; 10) Bretagna; 11) Francia; 12) Lorena; 13) Borgogna; 14) Brabante; 15) Fiandre; 16) Olanda; 17) Frisia; 18) Inghilterra; 19) Scozia; 20) Powys; 21) Kaernew; 22) Ogledd; 23) Northumbria; 24) Meath; 25) Munster; 26) Leinster; 27) Ulster; 28) Connacht; 29) Liegi; 30) Utrecht; 31) Delfinato; 32) Nevers e Rethel; 33) Champagne; 34) Guienna; 35) Savoia; 36) Sardegna aragonese; 37) Arborea; 38) Corsica; 39) Sicilia; 40) Genova; 41) Piemonte; 42) Milano; 43) Mantova; 44) Guastalla; 45) Correggio; 46) Novellara; 47) Mirandola; 48) Parma e Piacenza; 49) Modena e Reggio; 50) Serenissima; 51) Patria friulana; 52) Romagna; 53) Montefeltro; 54) Castro; 55) Castellottieri; 56) Monaco; 57) Finale; 58) Siena; 59) Firenze; 60) Pisa; 61) Lucca; 62) Spoleto; 63) Patrimonium Sancti Petri; 64) Pentapoli; 65) Esarcato; 66) Gaeta; 67) Benevento o Lombardia minore; 68) Salerno; 69) Amalfi; 70) Capua; 71) Melfi; 72) Puglia e Calabria; 73) Graubunden; 74) Istria; 75) Rascia; 76) Zeta; 77) Croazia; 78) Slovenia; 79) Serbia della Morava; 80) Morlacchia; 81) Dalmazia; 82) Bosnia; 83) Macedonia; 84) Epiro; 85) Albania; 86) Isole Ionie; 87) Morea; 88) Tessaglia Melissena; 89) Valacchia Minore; 90) Attica; 91) Creta; 92) Eubea; 93) Cipro; 94) Nasso; 95) Vidin; 96) Dobrugia; 97) Bulgaria; 98) Mesembria e piccolo Ponto; 99) Impero romano d'oriente; 100) Valacchia; 101) Moldavia; 102) Transdnistria; 103) Transilvania/Siebenburgen; 104) Csanghia; 105) Siculia; 106) Banato; 107) Ungheria; 108) Nuova Serbia (Voivodina) ; 109) Crobazia; 110) Polonia; 111) Mazovia; 112) Galizia; 113) Volinia; 114) Kiev; 115) Crimea; 116) Novgorod; 117) Pskov; 118) Tver; 119) Yaroslav; 120) Ryazan; 121) Vladimir; 122) Moscovia; 123) Finlandia; 124) Carelia; 124) Sapmi; 125) Svezia; 126) Norvegia; 127) Gotland; 128) Gutnia; 129) Danimarca; 130) Islanda; 131) Lesbo; 132) Rodi; 133) Trebisonda; 134) Candar; 135) Karaman; 136) Aydin; 137) Teke; 138) Menteshe; 139) Cilicia Armena; 140) Nicea; 141) Turcomannia (Akhistan) ; 142) Guria; 143) Abkhazia; 144) Javakezia; 145) Orbeliania; 146) Lazistania; 147) Mingrelia; 148) Imerezia; 149) Circassia; 150) Vainakia; 151) Albania caucasica; 152) Calmucchia; 153) Armenia; 154) Antiochia; 155) Artsakia; 156) Azeria; 157) Assiria; 158) Drusia; 159) Alawia; 160) Libano; 161) Gerusalemme; 162) Palestina; 163) Giordania; 164) Curdistan; 165) Siria; 166) Irak; 167) Asir; 168) Nejd; 169) Hegiaz; 170) Yemen; 171) Mahra; 172) Oman; 173) Bahrein; 174) Kuwait; 175) Qatar; 176) Caldeia; 177) Mazandaran; 178) Zazzia; 179) Palavia; 180) Persia; 181) Balochistan; 182) Hormuz; 183) Socotra; 184) Bjarmaland; 185) Kazan; 186) Sibir; 187) Ingria; 188) Estonia; 189) Livonia; 190) Curlandia; 191) Auskaizia; 192) Samogizia; 193) Ucraina (da non confondersi con Kiev) ; 194) Avaria; 195) Cumania; 196) Bulgaria della Volga; 197) Patzinakia; 198) Mordvinia; 199) Mari el ; 200) Calmucchia; 201) Sarai (ex orda d'oro) ; 202) Astrakhan; 203) Cazaria; 204) Baskiria; 205) Udmurtia; 206) Komia; 207) Ciuvascia; 208) Tannu Tuva; 209) Buriazia; 210) Hakasia; 211) Jakuzia; 212) Coriaghia; 213) Samarcanda/Uzbekia; 214) Bukhara; 215) Tocaria; 216) Sogdiana; 217) Kirghyzia; 218) Zungaria; 219) Uiguristan; 220) Khiva; 221) Kazakia; 222) Mongolia; 223) Oiratia orientale; 224) Gandhara; 225) Sakastan; 226) Punjab; 227) Kashmir; 228) Mawar; 229) Gujarat; 230) Sind; 231) Hindustan (Delhi) ; 232) Vijayanagar; 233) Maratti; 234) Bahmani; 235) Bijapur; 236) Berar; 237) Ahmadnagar; 238) Bidar; 239) Golconda; 240) Buthan; 241) Nepal; 242) Orissa; 243) Goa; 244) Pondicherry; 245) Bengala; 246) Assam; 247) Maldive; 248) Ceylon; 249) Toungoo (Burma meridionale) ; 250) Ava (Burma settentrionale) ; 251) Shan; 252) Mon (Hantawaddy/Pegu) ; 253) Arakan; 254) LanNa; 255) Champassak; 256) Luang Prabang; 257) Vientiane; 258) Hariphunchai (Mon settentrionali) ; 259) Ayutthaya; 260) Lavo; 261) Khmer; 262) Dai Viet; 263) Champa; 264) Pattani; 265) Perlis; 266) Kedah; 267) Penang; 268) Perak; 269) Kelantan; 270) Terengganu; 271) Pahang; 272) Selangor; 273) Sembilan; 274) Malacca; 275) Johor; 276) Aceh; 277) Palembang; 278) Sunda; 279) Cirebon; 280) Demak; 281) Mataram; 282) Bali; 283) Brunei; 284) Sarawak; 285) Banjar; 286) Sabah; 287) Sulu; 288) Tidore ; 289) Ternate; 290) Sonda; 291) Makassar; 292) Seram e Molucche; 293) Timor; 294) Flores; 295) Maguindanao; 296) Cebu; 297) Tondo; 298) Irian; 299) Formosa; 300) Ryukyu; 301) Giappone; 302) Satsuma; 303) Choshu; 304) Tosa; 305) Ezochi (Ainulandia) ; 306) Ordos; 307) Manciuria; 308) Kachari; 309) Chutya; 310) Xixia (Tangutia) ; 311) Liao (Khitan) ; 312) Corea; 313) Cina; 314) Yue; 315) Dali.

Più 400 (circa) stati del S.R.I. (360 storici da Westfalia più altri 40 dati dai cantoni e città imperiali svizzere e ulteriori divisioni della Cisleithania) arriviamo tranquillamente a 715, mancanti America e Africa, che non ho fatto perché é più facile andare di pura soggettività in questi due continenti... Direi che è fattibile. Ovviamente i PoD usati(secondo l'ispirazione del momento) sono facilmente intuibili, almeno in linea generale. Altrettanto ovviamente è impensabile che tali stati non siano uniti in macroassociazioni, ma lascio libertà a ciascuno di delinearle come più desidera.

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C'è anche l'interessante annotazione di DMan9797:

Guardate la seguente cartina:

(cliccare per ingrandire)

Essa rappresenta il planisfero politico ridisegnato da me in modo che i singoli paesi abbiano una popolazione di 100 milioni di abitanti (cliccate per ingrandirlo). I diversi colori indicano le estensioni dei vari paesi. Il risultato è una mappa mondiale completamente stravolta. Cosa avrebbe dovuto accadere, perchè si arrivasse oggi a una cartina del mondo di questo tipo?

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Chiudiamo con il magistrale intervento di Bhrihskwobhloukstroy:

Vorrei suggerire alcuni dati oggettivi sulle nozioni di Nazione e Territorio. Per diradare qualsiasi dubbio, specifico sùbito la posizione cui inutilmente aderisco: considero l'Euroafroasia un'isola e me stesso abitante di quest'isola, perciò la Crimea come penisola di quest'isola e dunque parte della mia Patria-Heimat; non considero accettabile - se non appunto perché il Diritto Internazionale asseconda i Vincitori - la pretesa esclusivistica degli autoproclamati Stati: chi si considera - del tutto legittimamente - russo ha gli stessi diritti di chi - altrettanto legittimamente - si considera ucraino, di chi si considera sia russo sia ucraino, di chi non si considera nessuno dei due bensì tataro, europeo, eurasiatico, tedesco, caraita, bizantino, scita, cimmerio, indoeuropeo, kurganico ecc.ecc. Lo Stato Russo e lo Stato Ucraino sono prodotti della violenza (quello russo di circa una trentina di guerre di conquista da parte del Granducato Moscovita, quello ucraino della rottura dell'Equilibrio del Terrore a causa dell'investimento NATO nello Scudo Spaziale), sono costruiti su principî del tutto arbitrarî e la loro demarcazione è puro effetto di una stratificazione di stalli militari (niente a che vedere con gli uomini nella loro vita normale).

Le Nazioni sono appunto entità elaborate (di solito per altri fini, ma non importa) su una selezione spesso arbitraria di criterî che però, di per sé, sono misurabili oggettivamente: il rapporto fra Genetica, Lingua, Religione, Ideologia e Organizzazione Politico-Militare (nonché le rispettive trasformazioni lungo l'Asse del Tempo) di un insieme X di persone e un territorio (delimitato a piacere).

La Genetica è inservibile perché di fatto non coincide quasi mai con alcunché di politicamente rilevante; la Religione è da un lato così idiosincratica da frastagliarsi in innumerevoli versioni personali, dall'altro è fin troppo strutturata in appartenenze tradizionali che di nuovo sono inservibili ai fini politico-territoriali. L'Ideologia è in continua trasformazione e identifica al massimo fasi della vita di singole persone, figuriamoci se Popoli interi; l'Organizzazione Politico-Militare è la conseguenza e non la causa di ciò che vogliamo misurare.

La Lingua, almeno in molti dei casi che più spesso discutiamo, è invece insidiosamente passibile di essere usata come pretesto geopolitico. La misurazione della variazione linguistica rispetto al Territorio si chiama Dialettometria e, in base ai suoi dati, la diversità delle lingue slave è pari a quella fra lingue romanze occidentali; quella fra russo (standard) e ucraino è pari a quella fra genovese e milanese. La diversità fra lingue baltiche e lingue slave è pari a quella fra lingue romanze occidentali (milanese incluso) e lingue italoromanze (fiorentino incluso) o sarde. Se l'Italia è considerata una Nazione, la corrispondente Nazione nell'area che ci interessa è quella Baltoslava (dal lettone al bulgaro-macedone). Peggio, tutto ciò che accomuna l'Italia (non solo a livello linguistico) e non deriva autoschediasticamente dallo Stato Italiano accomuna anche una tale quantità al di fuori dell'Italia (per esempio, linguisticamente, tutto il galloromanzo e l'iberoromanzo, inclusa l'intera America Latina) che il sottoinsieme Italia non solo diventa di proporzioni ridicole, ma si dissolve letteralmente perché non è un sottoinsieme. Per esempio: il palermitano fa parte del siciliano, che fa parte dell'italoromanzo meridionale estremo, che fa parte dell'italoromanzo (che NON comprende niente a Nord della Linea Massa-Senigallia), che fa parte della classe neolatina; non esiste un livello che comprenda tutta e solo (o anche semplicemente in misura maggioritaria) l'Italia. Di conseguenza, la nozione di Italia com'è intesa oggi (ossia non solo la Penisola Appenninica, ma tutto il territorio dello Stato) è come una nozione che comprendesse mezza Russia e mezza Lituania, escludendo tutto il resto e pretendesse di essere coerente.

I Plebisciti del 1859 chiedevano se si fosse favorevoli all'Unione col Regno di Sardegna; ciò che è avvenuto dopo ha talmente alterato la situazione (la differenza fra Regno di Sardegna e Regno d'Italia era tale che il quesito del Plebiscito aveva perso qualsiasi senso). Non è che la situazione precedente fosse diversa da alcun punto di vista che non fosse politico-militare: nei Ducati - come nel Lombardo-Veneto - la lingua ufficiale era l'italiano, tutto si svolgeva in italiano, non c'era niente che non fosse in italiano fuorché la Messa (che era in latino anche nel Regno di Sardegna), in compenso il fiorentino non era lingua nativa di nessuno (né nei Ducati né nel Regno di Sardegna) e distava da ogni lingua locale quanto il russo dal lituano.

La presenza albanese in Puglia risale, al più tardi, al XV. secolo, quando in Crimea non c'erano più Slavi (in precedenza c'erano stati, fino all'epoca appena precedente a Erodoto e poi brevemente nel X. secolo) e non c'erano ancora né i Russi né gli Ucraini.

Nel XV. secolo non c'era differenza fra Russi e Ucraini; le differenze c'erano, ma erano fra singoli Principati (di Galizia, di Kiev, di Mosca ecc.), non esisteva alcun raggruppamento né di Ucraini né di Russi non ucraini (si chiamavano tutti Russi).

Gli Slavi che abitavano in Crimea prima dei Cimmeri (che vi abitavano prima degli Sciti, che hanno preceduto i Sarmati, venuti prima degli Alani, che vi abitavano prima dei Goti, che hanno preceduto gli Unni e i loro continuatori Bulgari, che vi si trovavano prima dei Chazari, che sono stati sostituiti dai Peceneghi, i quali sono stati rimpiazzati dai Cumani, che sono stati i predecessori dei Tatari, che sono la popolazione che i primi Russi = Ucraini hanno trovato in Crimea nel XVIII. secolo) parlavano preprotobaltoslavo, antenato delle lingue non solo baltiche e slave, ma anche dacomisie e tracie; i loro discendenti non sono né i Russi né gli Ucraini, ma appunto tutta la catena enumerata (sono stati inglobati nei Cimmeri, negli Sciti - col quale nome li chiama Erodoto, ma riferendone lessemi che sono preprotobaltoslavi - e poi nei Sarmati, Alani, Goti, Unni, Bulgari, Chazari, Peceneghi, Cumani e Tatari, che sono gli unici veri Indigeni, oltre a una percentuali di Immigrati Altaici oppure Īrānici turchizzati).

La Crimea, dunque, come prima caratteristica dopo la fase indoeuropea comune è stata preprotobaltoslavodacomisiotracia, che sta ai Russi e agli Ucraini moderni come i Dauni, Peucezi, Messapî e Apuli (= tutti i Popoli preromani della Puglia) stanno agli Albanesi moderni. I discendenti degli Apuli sono i Pugliesi, la cui lingua però continua il latino, mentre gli Albanesi parlano una lingua che continua l'illirico che era molto affine al dauno-peucezio-messapico; similmente, i discendenti degli Indoeuropei di Crimea sono i Tatari di Crimea (anzi, solo una parte di loro), che però parlano una lingua che continua quella di Popolazioni Altaiche della Mongolia Occidentale di 2000 anni fa, mentre i Russi e gli Ucraini parlano una lingua che continua il preprotobaltoslavo, che era identico alla lingua della Crimea antica.

Potrei continuare tutta la notte a elencare paradossi assolutamente oggettivi. Spero che questa scelta basti a mostrare come tutte le argomentazioni basate sull'appartenenza nazionale siano - a prescindere dalla discutibilità della nozione stessa di Nazione - dimostrabilmente erronee da qualsiasi punto di vista. Non conosco nessun altro campo nel quale le nozioni correnti sia altrettanto controfattuali quanto quello delle Nazioni...

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