15 ottobre 1972, Milan-Atalanta 4-3

di Simone

15 ottobre 1972, Milan-Atalanta 4-3... e cambiò la storia del calcio italiano!!!

Cosa cambia se una squadra invece di perdere 5-0 perde 4-1 oppure 4-0? Non cambia un bel nulla, oggi, in campionato, visto che la differenza reti non é più considerata in caso di punteggio alla pari finale con altre squadre per decidere le sorti di una retrocessione... oggi, noi moderni, facciamo una gara di spareggio. Ma nel lontano 1973 la differenza-reti contava, eccome, per decidere le sorti di chi doveva ruzzolare in B.

E l'Atalanta si scavò la fossa proprio alla terza giornata di campionato, il 15/10/1972 a San Siro, quando venne sepolta di reti da un Milan scatenato, con Chiarugi, Rivera e company in incredibile giornata di grazia. Milan-Atalanta 9-3, e partita entrata nella storia, perché mai in 82 anni di campionato a girone unico in una singola partita si sono segnati 12 gol.

Dopo la disfatta di San Siro, l'Atalanta un poco si riprese e condusse un campionato abbastanza regolare , specie nella fase centrale, ma l'inopinata sconfitta casalinga all'ultima gara (su autorete!!) in casa col LR Vicenza il 20 maggio 1973 inchiodò i nerazzurri bergamaschi a 24 punti in terzultima posizione, assieme a Roma, Lanerossi Vicenza, Sampdoria.

E, fatta la differenza-reti, il terrificante 9-3 subito a San Siro condannò l'Atalanta alla B. Salvezza per Samp, Roma, Vicenza.

Ma se quel pomeriggio d'ottobre a Milano i rossoneri nel secondo tempo, paghi del 4-1 dopo la prima frazione di gioco avessero tirato i remi in barca? Può un singolo risultato influire non solo su una stagione ma su molti anni di storia del calcio?

Io dico di sì... e ve lo dimostrerò con la mia ucronia. Buona lettura, e fatemi sapere che ne pensate.

POD: il 15 ottobre 1972 nel secondo tempo il Milan, soddisfatto del 4-1 dopo i primi 45', decide di vivere di rendita e riprende la gara distratto e svogliato.

E infatti si assiste a una ripresa fiacca, col Milan che fa pura accademia, che concede spazi e terreno agli atalantini i quali segnano ben 2 reti, limitando il passivo a un onorevole 4-3.

Negli spogliatoi il "paron" Nereo Rocco é lapidario con la stampa: "Il Milan? Mi é piaciuto solo nel primo tempo. Ripresa disastrosa, inguardabile, il solito vizio del calcio italiano di adagiarsi sugli allori".

Per tutta la stagione 72-73 i risultati sono come nella nostra timeline, così la classifica, ma l'Atalanta arriva a maggio con 16 gol fatti e 28 subiti (16-33 nella nostra timeline), il Lanerossi Vicenza con 15-31, Roma e Sampdoria con una migliore situazione. Risultato, l'Atalanta si salva e in B ci vanno i biancorossi di Vicenza.

In estate il club bergamasco fa ben pochi ritocchi, se ne vanno il portiere Pianta (autore di molte gare incerte) e Musiello, Sacco e Vernacchia arrivano tra i pali Cipollini, poi in attacco Bonci e Gattelli ma il colpo grosso del presidente Bortolotti é l'arrivo dello stopper Vavassori (nostra timeline, Napoli) e di un altro giovane di nome Franco Causio dalla Juve (scambio con Musiello).

Il campionato 1973-74 vede anche Heriberto Herrera al posto di Giulio Corsini.

É un campionato non felicissimo per i nerazzurri, privi di Causio per un infortunio-4 mesi-e con Bonci non al meglio della forma, mal supportato da Divina e Carelli.

Dopo metà campionato gli orobici sono penultimi a 10 punti davanti solo al Genoa.

La musica non cambia neppure nel girone di ritorno, e neppure l'esonero di Herrera alla 18. ma giornata, sostituito da Oronzo Pugliese (negli anni 60-70 specializzato in "imprese", chiamato anche il "mago di Turi") riesce a raddrizzare le cose.

A maggio 1974 é serie B, 21 punti-5 vittorie, 11 pareggi, 14 sconfitte, 19 gol fatti e 37 subiti.

La piazza la prende un poco male e Bortolotti nell'ultima partita casalinga persa per 3-1 é subissato di fischi.

Tuttavia, nell'estate 1974 la dirigenza , facendo la politica dell'inserimento di giovani dal vivaio in rosa e facendo prestiti vantaggiosi con altre squadre, soprattutto grazie a un accordo con la Juve-che spedisce a maturare in B alcuni talenti in erba come un certo CABRINI , mette le basi di quello che diventerà un ciclo straordinario.

Serie B 1974-75:in panchina Bortolotti ha preso un certo GIUSEPPE MARCHIORO, tecnico giovane e ambizioso autore di un moderno calcio d'attacco e velocità.

Partita maluccio (5 partite, 1 vittoria, 2 pareggi e 2 sconfitte) l'Atalanta inizia piano piano a marciare a pieni giri.

Dopo il passo falso a Pescara (Pescara-Atalanta 2-1) alla 12. ma giornata, i nerazzurri iniziano a macinare gol e gioco. 2-0 all'Avellino, 4-1 a domicilio a Taranto, 3-0 al Catanzaro...

24 punti all'andata e 25 al ritorno, seconda piazza a 49 punti e serie A insieme a Verona e Perugia.

A Bergamo e provincia i tifosi fanno una bella festa... nessuno infatti, presagisce il futuro...

Marchioro resta in panchina, Bonci se ne va sostiutito da un giovane e promettente RENATO CURI, arriva Mastropasqua dalla Juve in cambio di Vavassori, ormai maturato a buon punto. Cabrini resta, arrivano anche Chinellato e dal Cesena il "vecchio " Frustalupi . Cipollini se ne va, sostituito da Ernesto Galli. Vanno pure Carelli, Dalle Donne e Divina.

La serie A 1975-76 ha una mina vagante:si chiama ATALANTA.

Sbanca Torino per 1-0, punisce il Milan 2-1, impone lo 0-0 all'Inter, umilia la Roma 4-0, ridicolizza il Torino in trasferta per 2-0, soffre e rimonta contro la Lazio per un 3-3 pirotecnico finale, Curi é in forma strepitosa, realizza ben 15 centri e debutta a maggio 76 in Nazionale al Torneo del Bicentenario, segnando una doppietta agli inglesi.

Purtroppo nelle ultime 5 gare 3 sono sconfitte e l'Atalanta si gioca l'Europa, ma il settimo posto é festeggiato da tutto l'ambiente. Curi é venduto a peso d'oro al Milan (ma il cuore non segue le ucronie e morirà comunque il 30 ott. 1977 ) e Cabrini, con una vicenda che appassionerà l'estate dei calciofili si rifiuta di ritornare alla Juve
L'Atalanta cederà alla vecchia signora alcuni pezzi del vivaio. Causio se ne va, ma col denaro fresco la società acquista un pezzo grosso:é RIVERA, in rotta clamorosa col Milan già da due anni.

Arriva poi uno sconosciuto PAOLO ROSSI dal Como.

Campionato 1976-77:l'Atalanta é una squadra di ogni rispetto, l'esperienza di Rivera, gli schemi di Marchioro, Frustalupi e Cabrini bandiere in difesa, l'attacco devastante di Rossi che a Bergamo esplode, danno vita a un incredibile duello con la Juve lanciata verso lo scudetto.

Quasi tutti sono attoniti, l'Atalanta é lassù al comando e lo sarà per ben 11 giornate su 30 e per altre 12 "ex aequo " con la Juve!!

Sarà un passo falso contro la Fiorentina (1-2 in casa) sfruttato dalla Juve cinicamente (2-0 al Verona) a far prendere la via del titolo a Torino.

Juve campione ma Atalanta seconda a un punto, Torino terzo.

L'ultima di campionato al Comunale di Bergamo sono in 40. 000, una bolgia, inutile la vittoria 1-0 col retrocesso Catanzaro, ma la festa si scatena con Bortolotti in lacrime osannato dai tifosi.

Festa per tutta notte, rovinata purtroppo dai soliti "Ultras" per lo più politicizzati (siamo nel 77!) e in combutta con vari "collettivi" universitari e studenteschi.

Bergamo vive una drammatica e angosciante notte di guerriglia urbana con incendi e sassaiole, attacchi a sedi della DC, del PCI, molotov contro concessionarie FIAT, vandalismi in zona universitaria, dozzine di auto rovesciate, bus messi di traverso in strada per impedire le cariche della "Celere" che deve chiedere numerosi rinforzi da città vicine, essendo il caos ingestibile, quasi una guerra.

Si odono pure numerosi colpi di P38 (ferito un carabiniere, prognosi di 35 giorni) e viene lanciato un ordigno rudimentale contro la CISL.

La guerriglia urbana (violentissima, 6 ore di scontri, 98 fermi di PS, 20 agenti e carabinieri feriti, numerosi contusi e feriti tra i dimostranti, la città bassa invasa dal fumo dei lacrimogeni, danni ingentissimi) non impedisce, comunque, alla stampa e agli addetti ai lavori di riempire d'elogi l'Atalanta.

Già in estate si staccano negli uffici societari qualcosa come 31. 887 abbonamenti e il Comune fa eseguire lavori a tempo record portando , con ponteggi prefabbricati, la capienza da 40 a 45 mila posti. E infatti a fine agosto vi é un nuovo "supplemento" di abbonamenti, che salgono a ben 35.093.

Cabrini e Rossi non si toccano, Rivera se ne ritorna al Milan in cambio di Tosetto e Buriani dal Monza, se ne va pure parte del centrocampo ma i sostituti ne sono degni. Spicca sugli arrivi un certo MAROCCHINO dalla Cremonese.

Campionato 1977-78: Marchioro, intoccabile, disegna la squadra alla perfezione.

Esce subito dalla Coppa UEFA (eliminata dai sovietici della Dinamo Tbilisi, sconfitta per 2-0 a Tbilisi e squallido 0-0 a Bergamo) ma si concentra tutto sul campionato.

Terzo a metà torno, la svolta é nella stanchezza che colpisce la Juve a primavera, complici gli impegni europei
Lo scontro diretto a Bergamo é vinto da una prodezza di Tosetto, ci si salva contro l'Inter al 90' (1-1) e poi via in discesa, fino al 7 maggio.

Si deve vincere contro la Roma, ed é vittoria all'Olimpico per 2-1. Di Rossi il gol su rigore al 74', il gol che regala a Bergamo, incredibilmente lo SCUDETTO 1977-78!!!

In una Bergamo militarizzata-sia per il caso Moro, sia per il ricordo dei disordini di domenica 22 maggio 1977-da oltre 3500 uomini della Celere e 1000 Carabinieri, si festeggia lo scudetto. Tutta una provincia fa baldoria e stavolta non ci sono incidenti di rilievo, a parte qualche tiro di sassi da parte di teppisti, subito neutralizzati. La festa é salva e per una notte una provincia non pensa ad Aldo Moro, che sarà trovato cadavere 48 ore dopo.

Nuove cordate di imprenditori locali entrano nelle quote societarie:denaro fresco utile, utilissimo, per un mondo che come Moloch brucia quattrini in forma sacrificale.

Le casse societarie sono in salute, gli abbonamenti salgono alla quota incredibile di 38. 116 (capienza stadio, 45000).

A luglio Marchioro se ne va al TORINO, che a sua volta gira a Bergamo l'allenatore RADICE.

Rossi e Cabrini fanno un patto:l asciare l'Atalanta solo in caso di vittoria nella Coppa Campioni 1978-79.

Lasciano Ernesto Galli (per l'Inter), Frustalupi che se ne va in B, Pirola per il Pescara, Marocchino per la Juventus sostituito dal validissimo BRIO.

Anche Scirea lascia, ma viene acquistato dal Perugia l'ottimo VANNINI.

In porta arriva BORDON. Ai mondiali argentini, nel giugno 78, l'Atalanta avrà nella rosa della Nazionale Cabrini, Rossi, Scirea (lascerà il club a luglio) e tra le riserve Marocchino, Galli, Tavola.

Campionato 78-79:si parte ad Ascoli con ben 6000 atalantini al seguito, ed é vittoria per 1-0.

Quindici giorni prima, a GLASGOW, il debutto europeo nella Coppa Campioni (oggi Champions League) finisce con un nulla di fatto, 0-0.

Il ritorno a Bergamo é un match incredibile:segnano i blues scozzesi con Mc Donald al 12', raddoppiano con Russell al 25'. Al 43'l'arbitro, il maltese Bonnet, espelle Parlane per un rude fallo su Mastropasqua e al 45'Buriani accorcia le distanze.

Al 69'é Cabrini a pareggiare e al 79'Tavola realizza un dubbio rigore che quasi scatena una rissa in campo. Anche Forsyth andrà in anticipo negli spogliatoi, Rangers in 9 e sconfitto 3-2.

Il pragmatico Radice capisce subito che la squadra rischia di logorarsi sul doppio fronte campionato-Europa e d'accordo coi giocatori e la dirigenza fa una scelta:arrivare il più lontano possibile in Coppa, far parlare l'Europa dei neroazzurri bergamaschi.

In campionato ci si prefigge almeno il quarto, quinto posto.

E infatti in campionato l'Atalanta non si spreca:vince risicata 1-0 contro Avellino e Bologna, due 0-0 contro Inter e Lazio, perde 3-1 contro la Fiorentina.

In Europa, arrivano gli ottavi contro i tedeschi-orientali della Dynamo Dresden, andata a Dresda e sconfitta per 1-0.

Il ritorno a Bergamo, davanti a 44000 spettatori, é un agile 2-0 per i nerazzurri, che segnano con Mastropasqua e Tosetto.

L'infortunio di Buriani a dicembre contro il Torino é una brutta tegola, seguito dalla squalifica di Cabrini per 5 giornate per un gestaccio contro l'arbitro nel match malamente perso a Vicenza per 2-0.

Arrivano gli ottavi di finale e l'avversario sono gli svedesi del Malmoe, squadra in netta ascesa.

A Bergamo é un pari per 1-1. Il risultato non cambia a Malmoe, altro 1-1 e "thrilling" ai supplementari quando Rossi calcia in rete e il portiere svedese blocca appena dopo la linea, un gol fatto che l'arbitro, l'ungherese Palotai, non vede.

Si va ai rigori, un mix di emozioni e sbagli da ambo le parti, con Bordon in serata di grazia che neutralizza con una parata spettacolare quello che avrebbe dovuto essere il tiro decisivo svedese.

Rossi va poi sulla sfera e segna. Atalanta in semifinale.

Bergamo, inutile dirlo, impazzisce. E perdona le brutte sconfitte contro Juve (4-0) e Napoli (3-1).

La semifinale é contro il PSV Eindhoven.

A Bergamo é vittoria risicata per 2-1, gara risolta negli ultimi 10 minuti da una prodezza di Buriani.

In Olanda le coronarie dei tifosi nerazzurri rischiano pesante, con 90' di assedio puro e due traverse... ma lo 0-0 non si sblocca!!! É finalissima, stampa e addetti ai lavori sono increduli.

Il tempo di chiudere il campionato all'ottavo posto e il 26 maggio 1979 a Monaco di Baviera vanno ben 16000 atalantini, un esodo mai visto di voli Charter e pullman, supportati da molti tifosi neutrali immigrati italiani di Monaco.

Si va contro gli inglesi del Nottingham Forest.

Prima della gara, vi sono alcuni episodi di violenza tra italiani e inglesi, e un atalantino finisce accoltellato e vedrà la gara in ospedale.

A Monaco é l'apoteosi, con un 2-0 :Cabrini al 23' e Tosetto al 66'.

L'Europa, attonita ma anche ammirata, assiste alla premiazione di quella che fino a 5 anni prima era una provinciale che pensava solo a evitare la B, e altalenava tra A e B.

Adesso sono i signori del calcio europeo. Pochi giorni e sul club orobico piovono offerte da nababbi per Cabrini e Rossi, i quali avendo mantenuto la promessa, si sentono liberi da vincoli.

L'Atalanta é allo zenit nel giugno 1979... ma il sole, ben presto, inizierà a calare.

Nonostante le proteste dei tifosi, Cabrini se ne va, alla Juve.

Idem Rossi, allettato da una offerta del Milan campione d'Italia del presidente Colombo, che spende una follia: 1.230.000.000 di lire.

E a luglio '79 vi é un giallo, per una mai chiarita aggressione notturna vicino alla casa di Bortolotti. Si parla di spari e di un tentato sequestro, ad agosto il presidente lascia la città per una vacanza all'estero-si dice che il forte flusso di denaro verso la società abbia provocato le mire ingorde dell'anonima sequestri.

Bortolotti inizia a diventare diffidente, lascia molto potere al "pool" di imprenditori soci nel pacchetto azionario, tra cui molti sono nuovi ricchi e tycoon della finanza, le spese iniziano a lievitare, si spende una pazzia per Giordano della Lazio e per Furino della Juventus, pagato una barca di soldi.

Anche Manueli se ne va, sostituito dal giocatore dell'Udinese Vriz, un acquisto che si rivelerà sbagliato.

Nel campionato 1979-80 si punta sullo scudetto, ritenendo tutti impossibile un bis di Coppa.

In Coppa Campioni - qualificati in quanto detentori del trofeo - si passa comunque il primo turno, contro gli jugoslavi dell'Hajduk (vittoria per 2-1 a Spalato, pareggio per 0-0 a Bergamo).

In campionato Furino si infortuna seriamente contro il Napoli (fuori causa per 3 mesi) però anche gli ottavi di Coppa si passano, eliminando i rumeni dell'Arges Pitesti (doppia vittoria, 2-0 a Bergamo e 1-0 in Romania).

In campionato si é terzi, dietro Milan e Inter.

Bruno Giordano però coinvolgerà la squadra nel pasticcio del calcioscommesse del marzo 1980, in particolare la Giustizia Sportiva indaga sulla gara Lazio-Atalanta 2-3 del 13 gennaio 1980.

Saranno coinvolti anche Mastropasqua e Marchetti, per la gara Atalanta-Avellino 0-2 del dicembre 79.

Giordano finirà in manette nel marzo 1980 e squalificato a fine aprile.

La mannaia dei giudici sportivi colpirà altri 6 giocatori nerazzurri, per un totale di 5 partite sospette. E in Europa, si va fuori, eliminati dagli spagnoli del Real Madrid ai quarti.

Priva di Giordano, Marchetti e Mastropasqua, la squadra molla la lotta scudetto, se la deve vedere con la contestazione dei tifosi, lo spogliatoio si rompe, il presidente non sa che pesci pigliare, e decide di non prendere le difese degli indagati, il tifo stesso si interroga smarrito sugli eventi, si spacca in innocentisti e colpevolisti.

Finisce la stagione al settimo posto, la squadra, ma in luglio le sentenze della Commissione d'Appello Federale si dividono tra la penalizzazione e la retrocessione.

Solo in virtù dei meriti sportivi del 1979, si decide di farla restare in A ma con 7 punti di penalizzazione. I migliori giocatori capiscono che un ciclo é finito, se ne vanno.

La riapertura delle frontiere porta un bidone in casa nerazzurra, é il brasiliano Luis Silvio (nella nostra TL va alla Pistoiese).

E per questo bidone, fortemente voluto dal capo degli osservatori atalantini, la dirigenza si spacca e litiga, e tre soci escono dalle quote azionarie.

Campionato 1980-81 disastroso, si arriva ovviamente ultimi.

LA serie B 1981-. 82 é anonima, si arriva dodicesimi , idem nel 1982-83 e nel 1983-84 diciottesimi, é la C1.

Si risale in B l'anno dopo , 1985, e solo col lavoro certosino di rifondazione della squadra, nel 1988 si ritorna in A.

Ma non sarà più l'Atalanta dei miracoli, bensì una rispettabile provinciale, con prestazioni degne di nota, qualche qualificazione in UEFA, nulla di più, un poco in A e un poco in B.

E anche oggi é B, ma al secondo posto... sognando sempre quei lontani fasti di Monaco del 1979, un sole troppo presto salito allo zenit e troppo presto andato a ponente.

Ma il calcio é come la vita, forse é una metafora della vita stessa, e anche nel reale troppo spesso gli uomini salgono le vette per cadere rovinosamente, vuoi per eccesso di sicurezza, vuoi per mancanza di realismo e umiltà.

E allora, nelle cadute, sarà dolce e amaro il sapore di lontani ricordi.

Così é la vita, così é la sua metafora ludica:il gioco del calcio.

Quella lontana domenica d'ottobre, una domenica" di sole fresco e luminoso", quei giorni di mezza stagione col cielo azzurro intenso, "il cielo di Lombardia, così bello così in pace" di manzoniana memoria, quel cielo che solo la mia Lombardia sa regalare nelle sue giornate serene e luminoso e che ti ripaga di un inverno di grigiore, é andata in scena a San Siro la partita dei record, 12 gol.

IO quel giorno non c'ero, anzi ero ancora ben lontano dal nascere - sarebbero passati altri 7 anni circa - eppure mi sarebbe piaciuto essere sulle gradinate a vedere quello spettacolo.

Forse qualcuno di voi c'era. Mi auguro che abbia goduto quell'incredibile 9-3.... e mi auguro che abbia gradito la mia ucronia... anche se ho "ridotto" lo score finale a un modesto 4-3.

Saluti cordiali a tutti, da Cremona.

Simone

Per farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.

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Anche Dario Carcano ha voluto scrivere la sua ucronia calcistica:

L'ultimo Re di Sardegna

31 ottobre 1970. Si gioca al Prater di Vienna Austria-Italia, valida per la qualificazione ai campionati europei del 1972; al 76’ il difensore austriaco Norbert Hof entra da dietro (e fallosamente) su Gigi Riva. L’esito è disastroso per l’attaccante di Leggiuno: frattura del perone della gamba destra.
Sei giorni dopo, il 5 novembre, senza il suo fuoriclasse e ispiratore, il Cagliari gioca contro l’Atletico Madrid la gara di ritorno degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni. Vincono gli spagnoli per 3-0.
Il grande Cagliari, che l’anno prima aveva vinto il primo scudetto di una squadra del Sud Italia, e solo dieci giorni prima aveva giocato la sua partita più bella, il 3-1 inflitto all’Inter che quell’anno vincerà lo scudetto, muore quella sera. Perché quando Gigi Riva tornerà l’anno successivo non sarà più lo stesso giocatore.
Oltretutto, quella sera Riva nemmeno doveva giocare; aveva l’influenza ma siccome sembrò riprendersi Riva chiese e ottenne di giocare. Ma invece la febbre lo avesse tenuto fuori da quella partita?

Da sinistra, in piedi: Nené, Enrico Albertosi, Angelo Domenghini, Giuseppe Tomasini, Comunardo Niccolai, Gigi Riva;
accosciati: Pierluigi Cera (capitano), Sergio “Bobo” Gori, Eraldo Mancin, Mario Martiradonna, Ricciotti Greatti.

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5 novembre 1970, si gioca al Vicente Calderón il ritorno degli ottavi di Coppa Campioni contro l’Atletico Madrid; i sardi, a cui basterebbe un pari per passare, si permettono di far segnare Domenghini al 32’. 1-0 e passaggio del turno.
In campionato, dopo una facile vittoria col Foggia, il 15 novembre il Cagliari affronta la Juventus a Torino. I bianconeri passano in vantaggio al 24’ con Anastasi, poi nel secondo tempo Gigi Riva vede e provvede; gol al 47’ e al 51’, con Gori che segna il 3-1 al 72’. Anastasi segna di nuovo al 90’, ma non basta. 3-2 per i sardi. Segue un ulteriore filotto di vittorie contro Fiorentina, Lanerossi Vicenza, Roma, Bologna, Catania, Torino e Napoli, che si interrompe il 17 gennaio nella partita interna contro il Milan, che si conclude a reti inviolate.
Dopo la vittoria col Verona la domenica successiva, il Cagliari chiude il girone d’andata al primo posto con 28 punti, con cinque punti dal Milan secondo in classifica.
Seguono un pari con la Sampdoria, una vittoria casalinga con la Lazio e un pari col Varese. Il 28 febbraio il Cagliari ospita l’Inter, terza in classifica con 26 punti (il Cagliari capolista ne ha 32). Il Cagliari inizia bene la partita, e Riva prende un palo dopo 15’, ma al 24’ Boninsegna si trova solo in area e Tomasini, ultimo uomo, lo abbatte da dietro. Rosso diretto per Tomasini e rigore per l’Inter, trasformato dallo stesso Boninsegna. Il Cagliari prova a reagire, ma dopo appena tre minuti Mazzola ruba palla a centrocampo e passa a Boninsegna, che da fuori area tira una fucilata imprendibile per Albertosi. 2-0.
Riva al 51’ segna il 2-1 di testa su calcio d’angolo, ma al 73’ è Mariolino Corso a chiudere la partita, con una delle sue punizioni a foglia morta.
La settimana successiva il Cagliari batte il Foggia, mentre l’Inter sconfigge il Milan nella stracittadina meneghina, portandosi al secondo posto, a quattro punti dai sardi.
Il 10 marzo il Cagliari al Sant’Elia gioca contro il Legia Varsavia i quarti di finale di Coppa Campioni; 1-0 per i sardi, rete di Domenghini al 22’.
La domenica successiva arriva a Cagliari la Juventus; il Cagliari passa in vantaggio al 9’ con un gol di Greatti, ma poi Capello e Bettega ribaltano il risultato. Riva prende una traversa, e un tiro di Gori non entra in porta per dieci centimetri. La partita successiva, in trasferta contro la Fiorentina, il Cagliari non va oltre l’1-1.
Il Cagliari soffre anche tre giorni dopo, il 24 marzo, nel ritorno contro il Legia Varsavia: i polacchi infatti vanno in vantaggio al 22’ con un gol di Pieszko, e poco sbagliano il gol del 2-0; a rimettere in sesto la partita ci pensa come al solito Rombo di tuono, che aiuta Greatti a trovare il gol dell’1-1 e poi segna quello del 2-1 che qualifica i sardi alla semifinale, dove avrebbero trovato gli olandesi dell’Ajax.
In campionato invece prosegue la rimonta dell’Inter, che grazie alla vittoria sul Catania e al contemporaneo pari del Cagliari contro il Lanerossi Vicenza, si porta a pari punti con la capolista, e una settimana dopo attua il sorpasso, complice la sconfitta del Cagliari contro la Roma.
Dopo una vittoria col Bologna, bisogna tornare a pensare all’Europa. Il 14 aprile a Cagliari arrivano gli olandesi dell’Ajax, inventori del calcio totale e che hanno in squadra un certo Johan Cruijff.
Partono molto meglio gli olandesi, che sfiorano il vantaggio due volte nel primo tempo e non fanno vedere palla ai padroni di casa. I sardi sono disorientati dal gioco degli olandesi, in cui, all’opposto dei sistemi usati in Italia (il catenaccio), i giocatori non hanno ruoli fissi ma possono giocare in ogni zona del campo.
Trascinati da Riva i cagliaritani fanno meglio nel secondo tempo, sia i sardi che gli olandesi hanno occasioni per sbloccare la partita ma anche questa volta nessuno riesce a segnare. Al Sant’Elia finisce quindi 0-0, l’accesso alla finale si sarebbe deciso due settimane dopo all’Olympisch Stadion di Amsterdam.
Due settimane in cui il Cagliari vince, senza particolari difficoltà, contro il Catania, riportandosi a un punto dall’Inter, per poi perdere la settimana successiva contro il Torino.
Così si arriva ad Amsterdam. Ricorderà Gigi Riva:

«Banditi e pastori, ecco come ci chiamavano quando andammo in Olanda. Invece noi vedevamo solo tante facce da emigranti. Venivano dalla Germania, dal Belgio, dalla Svizzera. Erano minatori, camerieri, operai. La loro gioia era la nostra»

C’erano pochi italiani quella sera, gli spettatori erano quasi esclusivamente tifosi della squadra di casa. Nessuno scommetterebbe una lira sui sardi; gli olandesi sono molto più forti, hanno un fuoriclasse in ogni ruolo, giocano in casa e sentono di aver già in tasca l’accesso alla finale. I sardi però sono una grande squadra, e stanno per dimostrarlo.
Gli olandesi partono subito forti e dopo appena 5’ passano in vantaggio con Keizer, e raddoppiano grazie a Neeskens dieci minuti dopo. Gli olandesi dominano, sono molto più forti, non lasciano toccare palla agli italiani per tutto il primo tempo. A due minuti dall’intervallo Suurbier pennella per Keizer il pallone del 3-0, ma Albertosi riesce a salvare sulla linea. Sulla ripartenza Riva quasi trova il gol del 2-1.
Il Cagliari è ancora vivo.
Secondo tempo. I sardi questa volta scendono in campo meglio e subito, al 46’, hanno la loro seconda grande occasione da gol. Servirebbe un episodio favorevole, e arriva quando al 57’ su un tiro di Greatti Stuy respinge male, Riva arriva per primo e insacca in rete. Gli olandesi potrebbero fare il 3-1 già due minuti dopo, con van Dijk che si è lasciato dietro mezza difesa dei sardi, ma dal nulla arriva Tomasini a salvare con un intervento da dietro un gol quasi già fatto. Gli olandesi protestarono chiedendo un rigore, ma Tomasini era sulla palla e l’arbitro Schulenburg aveva visto bene. Poi al 64’ arriva il gol del pari; Domenghini cavalca sulla fascia destra fino a quando non riesce a crossare per Riva, che di testa riesce a infilare il gol del 2-2.
Gli olandesi furiosamente cercano di riportarsi in vantaggio, ma Albertosi respinge ogni palla minimamente pericolosa. Ma bisogna fare il gol del 2-3, perché se si va ai supplementari vincono gli olandesi. I sardi hanno un occasione enorme al 73’ quando Riva trova Gori solo in area, ma Bobo la spedisce nel parcheggio dello stadio.
È l’84’, gli olandesi sono tutti nell’area del Cagliari per battere un calcio d’angolo, e così anche i sardi. Albertosi respinge ma non trattiene, la palla arriva in qualche modo a Riva, al limite dell’area, che vede Gori da solo a centrocampo. Gigi gli manda la palla e Bobo corre nella metà campo degli olandesi, finché non si trova davanti Stuy. Gori non è Riva; rombo di tuono quel pallone lo saprebbe mettere dentro in venti modi diversi, ma la palla ce l’ha Bobo, che dieci minuti prima aveva sbagliato un occasione simile.
Tutto lo stadio trattiene il fiato, e poi esplode il boato dei (pochi) tifosi italiani e dei calciatori del Cagliari, perché questa volta Bobo non ha sbagliato e ha segnato.
È la rivincita di Gori e Domenghini, “scartati” dall’Inter, della Sardegna, del Sud povero e contadino verso il Nord ricco e industrializzato, degli emigranti che hanno lasciato la loro casa per cercar lavoro. Ma soprattutto è l’apice di una grande squadra, il Cagliari, e del suo bomber e trascinatore, Gigi Riva, rombo di tuono.

In campionato purtroppo le cose non andarono altrettanto bene. Il pari col Napoli compromise seriamente le residue possibilità di bissare il titolo dell’anno precedente, e la settimana successiva l’Inter vinse matematicamente lo scudetto nonostante la vittoria dei sardi sul Milan. Nell’ultima partita del campionato i sardi non andarono oltre il pari col Verona. Il Cagliari quindi arrivò secondo in campionato con 44 punti.

Ma c’era ancora un titolo da conquistare, la Coppa dei Campioni, e a separare i sardi dal primo trofeo europeo di una squadra del Sud Italia c’erano i greci del Panathīnaïkos guidati da Ferenc Puskás; si giocava al Wembley Stadium di Londra, il 2 giugno. Ma rispetto alla partita con l’Ajax, quella coi greci fu quasi una passeggiata di salute.
Finì 2-0, gol di Gori e Domenghini, e Cagliari sul tetto d’Europa.

Il successivo inverno si sarebbe aggiunta la Coppa Intercontinentale, ma un brutto infortunio di Riva a novembre di quell’anno, contro l’Austria in nazionale, segnò la fine del Grande Cagliari, che nel campionato 71-72 sarebbe arrivato settimo.

Dario Carcano

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Passiamo a quest'idea di Giovanni Ricci:

Rino Marchesi è stato allenatore del Napoli nel 1984-85, della Juventus dal 1986 al 1988 e della Spal dalla fine del 1992 fino al tardo inverno del '93. In una recente intervista ha detto che nell'estate dell'87, partì per le vacanze sicuro del fatto che a fine agosto, sarebbero arrivati alla Juve 5 giocatori di una Sampdoria in crisi finanziaria, ovvero: Mancini, Mannini, Galia, Vialli e Vierchowod. Purtroppo per la Juve, la Samp ebbe i necessari finanziamenti e i bianconeri che già avevano venduto Manfredonia alla Roma e Serena all'Inter si dovette arrangiare con Magrin, Tricella, Alessio e quanto altro si poteva ancora trovare sul mercato.

Cosa sarebbe successo se il sogno di Marchesi si fosse avverato? Tra l'altro, Galia arriverà due anni dopo, Vialli 4 anni dopo e Vierchowod 7 anni dopo...

Nello stesso periodo, fa il suo ingresso nel mondo del calcio, l'imprenditore milanese Silvio Berlusconi, un tempo tifoso dell'Inter e che si converte al Milan per far quadrare il proprio bilancio e salvare una squadra in deficit.

Che succederebbe se il Milan non fosse in deficit e se Berlusconi non lo acquistasse?

Il campionato di calcio 1987-88 si apre con la voglia di riscatto del Napoli di Maradona, che l'anno precedente ha visto sfuggire per un soffio il tricolore ad opera di una Juventus un po' arrangiata ma che giocando le carte giuste ha portato a casa una doppietta (Scudetto e Coppa dei Campioni, dato che il goal che fu annullato a Manfredonia contro il Real Madrid agli ottavi nella nostra timeline, in questo caso non venne annullato ma permise alla Juve di passare il turno). La Juve dal canto suo, sta per scoprire un calcio che verrà definito “cannibale”, e che non bada a principi di equilibrio. Decisa a prolungare ad Aldo Serena il contratto di un anno, lo tiene e non vende alla Roma Leonello Manfredonia, il quale dal canto suo è disposto ad accettare un contratto di un solo anno. La squadra presenta cinque ex-giocatori della Sampdoria: Moreno Mannini, Roberto Galia e Pietro Vierchowod che in difesa si affiancano a Favero e Cabrini pronti ad alternarsi a loro e a sostituirli quando sarà il momento. Roberto Mancini e Gianluca Vialli che si schierano all'attacco insieme al neo-acquisto Ian Rush e Aldo Serena. Il centrocampo schiera ancora Laudrup, Lionello Manfredonia e l'intramontabile Michel Platini. A loro si alternano Buso e Vignola. La compagine torinese è un rullo compressore che miete vittime in Italia e in Europa, ma proprio alla partita più importante, non va in porto, perdendo la finale di Coppa Campioni. La squadra consola in tifosi portando a casa il ventiquattresimo scudetto e l'ottava Coppa Italia. Qualcosa non va in quella Juve, che segna tanto, ma a cui manca un topo player: Platini, a fine carriera, segna soltanto 6 goal in tutto il campionato, altrettanti ne segna Laudrup e 8 Rush. Sul versante italiano, Vialli segna 10 reti e altrettanti Mancini e Serena, soltanto 7 Manfredonia... qualche zampata da vecchi leoni come Scirea e Cabrini alzano il numero dei goal... ma si capisce manca qualcosa e al tempo stesso c'è troppo. Così la Juve vende Serena all'Inter e Manfredonia alla Roma, gira Buso e Laudrup alla fiorentina e acquista in cambio il giovane Roberto Baggio. Non conferma Rino Marchesi e al suo posto in panchina mette il trio Zoff, Scirea, Platini. La squadra cambia volto: per il campionato 1988-89 è poco più che spettatrice della rincorsa interista, ma in Europa detta legge vincendo la sua terza Coppa Campioni e aumenta il suo bottino portando a casa la nona Coppa Italia nella primavera del '90 manca per l'ennesima volta il triplete, cedendo nelle ultime gare, il tricolore al Napoli che finalmente riesce a cucire sulle proprie maglie lo scudetto. La Juve ottiene però la quarta Coppa Dei Campioni e la decima Coppa Italia. Il 1991 è l'anno del 25esimo scudetto, ma fallisce gli altri due obiettivi. La tripletta resta un sogno peri bianconeri fino al 1995, dopo aver vinto comunque altre tre Champions (1992,1993,1994) una Coppa Italia (1992) e uno scudetto (1993). Il 1995, è appunto l'anno in cui porta a casa tutti e tre i trofei. I trionfi della Fidanzata d'Italia non si fermano qui... ma questa è un'altra storia, o meglio un'altra ucronia.

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C'è spazio anche per l'ucronia di Nostradamus:

Il Grande Pescara

Successivamente alla vittoria della Serie B 2011/2012, il Delfino Pescara 1936 non smobilita come accaduto nella nostra timeline. Il presidente Sebastiani, infatti, cerca e trova nuovi soci: il 70% del Pescara viene rilevato dalla famiglia De Cecco, proprietaria del celebre brand di pasta e dalla Fater di Angelini, azienda che si occupa di produzione e distribuzione per l’Italia dei prodotti sanitari di Procter & Gamble (tra i quali, ad esempio Lines, Candeggina Ace, Pampers, Infasil, Tampax, ecc.).

Molto concitata è la finestra di mercato, con i grandi clubs che tentano di strappare i gioielli al Delfino che però, forte di una sicurezza economica mai vista prima, riesce a trattenere presso di sé i gioielli che l’hanno portato in Serie A, nonché l’allenatore Zdenek Zeman, e riesce anche a concludere buoni acquisti che fanno si che il club possa pensare ad una autorevole salvezza sul campo.

Nella stagione 2012/2013, l’11 tipo di partenza è Anania; Torosidis, Marquinhos, Romagnoli, Carvajal (in prestito dal Real Madrid); Alexander Merkel (in prestito dal Milan), Verratti, Florenzi (in prestito dalla Roma); Insigne, Immobile, Muriel (in prestito dall’Udinese). La squadra si presenta, quindi, come completamente rivoluzionata e basata su giovani calciatori. In panchina, comunque, altri protagonisti della promozione quali Nielsen, Togni, Soddimo, Caprari, Koné.

L’esordio è terrificante: il Pescara è schiacciato 0-3 in casa dall’Inter, mentre alla seconda fa 1-1 a Torino. Solo alla 3^ la prima vittoria: 2-0 alla Sampdoria, alla 4^ 1-1 a Bologna. Quattro vittorie consecutive, però, portano i biancazzurri a quota 17 punti all’8^ giornata, al 3° posto solitario.

Dopo due pareggi con Atalanta e Chievo, alla 9^ e 10^ giornata, ecco che all’11^ il Pescara liquida il Parma con un sonoro 4-0. Ma è alla 12^ che la squadra biancazzurra dimostra di fare sul serio: trascinata dai suoi giovani liquida 4-1 la capolista Juventus in uno Stadio Adriatico in visibilio: dopo soli 3’ Vidal porta in vantaggio i bianconeri, poi Verratti, Immobile, Muriel ed Insigne fanno venire giù l’Adriatico. Il Pescara è ora ad un punto dalla seconda in classifica.

La vittoria con la Juventus, però, pare essere controproducente: sconfitte con Siena, Roma e Napoli la fanno precipitare al 5° posto, con 25 punti all’attivo. La squadra reagisce, 2-0 al Genoa, 1-1 a San Siro col Milan, 2- 1 al Catania ed una grandissima vittoria (0-2) al Franchi di Firenze: la squadra chiude l’andata a quota 35, al 4° posto con Fiorentina ed Inter. Si tratta di un risultato insperato, con Pescara che ora sogna l’Europa.

Il girone di ritorno si apre con una sconfitta nello scontro diretto con l’Inter (2-0) a San Siro, poi nelle sei partite seguenti 5 vittorie, interrotte solo dall’1-1 di Palermo. Il Pescara è a 51 punti, terzo da solo. La squadra accusa una leggera flessione: sconfitta in casa dall’Udinese, pareggia a Bergamo, poi fa 1-1 in casa col Chievo: scavalcata dal Milan è ora a -2 dal 3° posto.

Alla 30^ giornata la sconfitta di Parma ed alla 31^ la sconfitta di Torino (7-1) contro la Juventus sembrano aver messo la parola fine al sogno biancazzurro di un anno in Europa, ma alla 32^ il Pescara reagisce: 3-2 al Siena, poi 1-1 a Roma con i giallorossi. Alla 34^ il Napoli è liquidato 3-0, alla 35^ vince 4-1 a Genova col Genoa.

La squadra arriva alla vigilia della 36^ giornata al 4° posto, a -3 dal Milan terzo e finora qualificato ai preliminari di Champions League: il Pescara, per raggiungere i rossoneri e scavalcarli in virtù della classifica avulsa deve solo vincere. All’Adriatico, c’è il tutto esaurito ed il pubblico delle grandi occasioni. Al 27’ Immobile porta avanti il Pescara, poi risponde Balotelli per il Milan, ma a 3’ dalla fine Muriel segna il decisivo 2-1: Pescara 3° proiettato verso il Preliminare di Champions League. Alla 37^ è solo uno 0-0 a Catania, ma anche il Milan stecca (0-0) contro la Roma. Si arriva all’ultima giornata con questa classifica nella lotta al 3° posto: Pescara e Milan 66, Fiorentina 65. Il Pescara è ormai sicuro della prima storica partecipazione in Europa League, ma ora l’Abruzzo vuole la Champions. In uno Stadio Adriatico gremito non c’è storia: il Pescara travolge 3-0 la Fiorentina e si qualifica per la Champions League 2013/2014.

A questo punto, la società blinda Zeman: altri 3 anni di contratto, riscatta il cartellino di Insigne ed Immobile, acquista El Shaarawy chiuso al Milan da Balotelli.

La formazione tipo della stagione 2013/2014 sarà: Scuffet (giovane portiere in prestito dall’Udinese); Santon (acquistato dal Newcastle), Marquinhos, Alessio Romagnoli (in prestito dalla Roma), Luke Shaw (acquistato dal Southampton, classe 1995); Calhanoglu (prelevato dal Karlsruher, in Germania), Verratti, Fernando (acquistato dal Gremio); Insigne, Immobile, El Shaarawy. Inoltre, prelevati calciatori quali Berardi che dalla Juventus non va in prestito al Sassuolo e Luca Toni in qualità di attaccante di riserva.

Il preliminare di Champions League è contro l’Olympique Lyon, ed all’andata il Pescara fa 0-0 all’Adriatico nel match di andata. Al ritorno in uno Stade de Gerland pronto alla festa, la gara finisce 1-1: vantaggio del Lyon con Gomis, risposta di El Shaarawy al 73’. Il Pescara è in Champions League. Al girone, gli abruzzesi, che partono dalla 4^ fascia, sono inseriti in un “gruppo della morte” con Manchester United, Bayer Leverkusen e Shakthar Donetsk.

Si arriva alla 15^ giornata, a dicembre, con il Pescara secondo in classifica a quota 35 punti, a -5 dalla Juventus capolista. In Champions League, alla 5^ giornata il Pescara è terzo ad un punto dal Bayer Leverkusen secondo, mentre il girone è saldamente nelle mani del Manchester United già primo. La gara decisiva contro i tedeschi si gioca in un Adriatico che fa registrare il tutto esaurito in termini di presenze: finisce 3-0 per un Pescara stratosferico che è agli ottavi di finale di Champions League.

Intanto, prosegue la cavalcata biancazzurra in Serie A: alla vigilia della ripresa di Champions, dopo la 24^ giornata, i biancazzurri sono a -3 dalla Juventus: 61 punti per i bianconeri, 58 per gli abruzzesi con il Pescara in piena lotta per il titolo. In Coppa Italia la squadra elimina lo Spezia agli ottavi di finale (3-0), l’Udinese ai quarti (2-1) e la Fiorentina (3-1 a Pescara, 1-1 al Franchi) in semifinale ed è qualificata nella finale del 3 maggio a Roma contro il Napoli.

In Champions League, agli ottavi di finale, si trova contro il fortissimo Paris Saint Germain. L’andata si gioca a Pescara e finisce 2-1 per gli abruzzesi. Il ritorno al Parco dei Principi finisce 1-1 con pareggio pescarese a ‘4 dalla fine (Verratti): il Pescara è ai quarti di finale di Champions League.

Intanto, in campionato il Pescara rallenta un po’ ed alla 31^ (vigilia dei quarti di Champions League) è a quota 74 a -4 dalla Juventus capolista: se non fosse per lo straordinario cammino bianconero, il Pescara sarebbe primo con distacco. In Champions, ora c’è il Chelsea di José Mourinho, uno degli avversari più ostici per l’unica squadra italiana rimasta in Champions. L’andata si gioca all’Adriatico, dove il Chelsea passa 1-0. Il ritorno, a Stamford Bridge, si apre con un assalto pescarese a cui il Chelsea resiste per 61’: il gol di Immobile spalanca le porte dei tempi supplementari. Gli extratime si chiudono sempre sullo 0-1 e si va ai calci di rigore. Il Pescara la spunta per 5-4 con errore decisivo di Fernando Torres e la qualificazione in semifinale degli uomini di Zeman è cosa fatta.

Ora la squadra in campionato molla, la Juventus è inarrivabile e si arriverà alla classifica finale con il Pescara a -8 dai bianconeri: un campionato fantastico, con la Juventus che lo vince a quota 99 punti. In qualsiasi altro campionato il Pescara sarebbe stato Campione d’Italia.

Le semifinali di Champions League sono contro l’Atletico Madrid di Simeone: l’andata al Vicente Calderon si chiude sullo 0-0, il ritorno è una festa per il Pescara. All’Adriatico termina 3-1 (Calhanoglu, Fernando, Insigne) ed il Pescara è in finale di Champions League a Lisbona il 24 Maggio 2014.

La finale di Coppa Italia il 3 Maggio 2014 si conclude con la vittoria del primo trofeo nazionale per il Pescara: il Napoli è liquidato 3-0 mandando tutto l’Abruzzo in visibilio.

Il dramma, però, si consuma alla finale di Champions: il Real Madrid, a caccia della “decima”, va sotto al 36’ (Immobile), poi pareggia al 4’ di recupero mentre l’Abruzzo si appresta a vivere un sogno che diventa realtà.  Sfortunato autogol di Alessio Romagnoli che imbuca Scuffet. I supplementari si chiudono sull’1-1, ma poi, ai calci di rigore, Immobile e Verratti sbagliano i due decisivi: il Real Madrid è Campione d’Europa. A fine stagione, la De Cecco e la Fater decidono di vendere le proprie quote societarie, riacquistate da Sebastiani: nella successiva Champions League un Pescara fortemente ridimensionato esce alla fase a gironi, perde la Supercoppa (4-0) contro la Juventus, chiude in Serie A al 12° posto. Zdenek Zeman lascia al termine della stagione 2014/2015.

Nel 2015/2016 una salvezza sofferta, conquistata alla 38^ per un solo punto sopra il Latina, poi il 2016/2017 è l’anno del ritorno in B. Il Pescara diventerà una squadra altalenante tra massima divisione e serie cadetta, in stile Livorno nel primo decennio degli anni 2000. Ma nella memoria dei tifosi di tutto il mondo resterà sempre il modello Pescara: quei ragazzi che, sotto la guida di un vecchio saggio, riuscirono a vincere una Coppa Italia e far tremare il potere juventino in Italia e madridista in Europa. Negli anni, sempre vivrà la leggenda di Zdenek Zeman e del suo “Grande Pescara”, la squadra di provincia che mise sotto scacco l’Europa.

Nostradamus

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