1966, Marigolds for Vietnam

di Dans


Nel 1966, durante la guerra del Vietnam, l'Italia e la Polonia provano ad intavolare una trattativa diplomatica, tramite i rispettivi ambasciatori a Saigon, Giovanni D'Orlandi e Janusz Lewandowski, per giungere ad un compromesso globale sul Vietnam che fosse accettabile tanto dagli Stati Uniti che dal Vietnam del Nord (l'operazione Marigold).

Tramite una serie di colloqui tripartiti presso l'ambasciata d'Italia, con  l'ambasciatore americano a Saigon, Henry Cabot Lodge, Lewandowski, in diretto contatto con Hanoi, può stilare una lista di 10 punti che riassuma la posizione americana e che possa fare da base per un negoziato diretto tra Washington e Hanoi.

La lista, stilata per l'incontro del 30 novembre, comprende i seguenti punti:

1- gli USA sono interessati ad una soluzione pacifica tramite negoziato
2- l'obiettivo non è la resa degli avversari degli USA; lo status quo nel Sud deve essere cambiato
3- gli USA non sono interessati ad una presenza militare permanente o a lunga scadenza nel Sud
4- gli USA sono pronti a discutere proposte che coprano tutti i problemi importanti
5- gli USA non si opporrebbero ad un governo del Sud in base alla volontà popolare, con la partecipazione di chiunque attraverso libere elezioni democratiche
6- la riunificazione sarà decisa dai vietnamiti una volta ristabilita la pace ed organi rappresentativi
7- gli USA sono pronti ad accettare e rispettare una vasta e completa neutralità del Sud
8- gli USA sono pronti a cessare i bombardamenti sul Nord, senza che ciò comporti un riconoscimento o conferma del Nord sull'infiltrazione delle sue forze nel Sud
9- gli USA non accetteranno una riunificazione sotto la pressione delle armi
10- non è realistico aspettarsi che gli USA dichiarino in futuro l'accettazione dei 4 punti di Hanoi.

Il 3 dicembre Cabot Lodge fa sapere la risposta di Washington, che acconsente ad un incontro con un rappresentante nordvietnamita a Varsavia per il 6 dicembre o poco dopo, pur mantenendo delle riserve interpretative sui punti 2 e 8 della lista.

Dal 5 al 7 dicembre a Varsavia il ministro degli esteri polacco Rapacki e  l'ambasciatore americano Gronouski sono a colloquio; Rapacki vorrebbe risolvere il problema delle divergenze interpretative prima di inoltrare il documento ad Hanoi, ma deve rinunciarvi, inoltrando il tutto il 6 dicembre.

Tuttavia, il 13 e 14 dicembre, una serie di bombardamenti colpisce direttamente Hanoi e Haiphong, colpendo anche il Liceo Polacco: un possibile effetto collaterale, ma una diretta provocazione per Hanoi, che dopo la diminuzione dei bombardamenti a novembre (dovuta per gli americani al cattivo tempo, ma per i nordvietnamiti segnale dell'instaurazione dei contatti) quantomeno non si aspettavano un'intensificazione oltre che una ripresa degli stessi. Il Politburo di Hanoi trancia quindi il collegamento tramite Varsavia.

Eppure i bombardamenti vengono confermati, il 6 dicembre, da personalità (Johnson e Rusk) che sono ben al corrente del tentativo diplomatico e degli avvertimenti di Rapacki e Fanfani sul possibile effetto negativo.

Secondo quanto riportato dal giornalista comunista australiano Wilfred Burchert l'anno dopo, Hanoi aveva accettato le riserve americane ed un suo rappresentante era già in viaggio per Varsavia, quando gli Stati Uniti ripresero i bombardamenti su Hanoi.

...e se...

1) Rapacki trasmette immediatamente i 10 punti ad Hanoi
2) colloquio USA-RDV a Varsavia il 9 dicembre, interlocutorio ma positivo
3) McNamara preme su Johnson perché sospenda i bombardamenti su Hanoi e Haiphong durante lo svolgimento dei colloqui
4) il piano di pace Lewandowski-D'Orlandi può essere messo in atto.

5 dicembre 1966:
Gronouski incontra Rapacki e Michalowski, suo collaboratore esperto del Vietnam
Rapacki richiede a Gronouski una precisazione dell'affermazione sulle divergenze interpretative sui 10 punti; Gronouski nega in modo completo di essere autorizzato a fare qualcosa di simile prima di aver contattato il proprio governo; Rapacki, comprendendo la necessità di urgenza nelle trattative, soprassiede e si convince ad inviare immediatamente ad Hanoi il testo dei 10 punti di Lewandowski ritenendo che i chiarimenti richiesti avrebbero potuto essere forniti dagli Stati Uniti nel corso del primo contatto con l'ambasciatore nordvietnamita, "nel caso che esso abbia luogo" [1].

6 dicembre 1966:
1) incontro in Texas tra Johnson e i suoi consiglieri per discutere una possibile pausa dei bombardamenti: Johnson si lascia convincere da Rostow e dai militari, contro il parere di McNamara, a mantenere immutata la scaletta delle incursioni aeree. Gronouski viene informato.
2) il governo nordvietnamita accetta la proposta americana di colloqui a Varsavia e autorizza il suo ambasciatore a prendere parte al primo, interlocutorio, incontro. Richiede che ai successivi prenda parte un rappresentante speciale, già in viaggio per Varsavia. Ribadisce che la RDV non tollererà il tentativo americano di negoziare da una posizione di forza ( = una intensificazione dei bombardamenti). Rapacki informa Gronouski e fissa il primo colloquio tra i due ambasciatori il giorno successivo.

7 dicembre 1967:
Primo colloquio tra Gronouski e l'amb. RDV a Varsavia, alla presenza di Rapacki e Michalowski.
- l'amb. RDV richiede una esposizione precisa ed ufficiale della posizione americana, in modo da potere passare, nelle successive consultazioni, alla discussione delle "differenze di interpretazione".
- Gronouski riafferma la volontà della parte americana a dare inizio ad un negoziato, chiedendo conferma dell'identica volontà nordvietnamita. Chiede di fissare il luogo e la data delle future riunioni. Replica che non è autorizzato a dare esposizione ufficiale della posizione americana, ma che può confermare i 10 punti di Lewandowski, fatte salve le "qualificazioni" di Cabot Lodge.
- l'ambasciarore RDV esprime la sua delusione per quest'ultimo punto, ribadendo che non è interessato al pensiero di Lewandowski, ma a quello di Washington. Conferma la volontà della Repubblica Democratica del Vietnam di giungere ad una soluzione globale del conflitto tramite negoziato [2]. E' d'accordo nel fissare data e luogo dei prossimi incontri, alla presenza del rappresentante speciale inviato da Hanoi, e richiede se Washington vuole ugualmente inviare un rappresentante speciale. Propone come sede il ministero degli esteri polacco e come data l'11 dicembre. Ribadisce che ogni futuro incontro sarà annullato nel caso Washington cerchi di negoziare da una posizione di forza; lamenta, a questo proposito, i pesanti bombardamenti americani su Hanoi del 2 e 4 dicembre, chiaramente un'intensificazione dell'azione aerea americana, e secondo alcuni una diretta provocazione.
- Rapacki ribadisce a Gronouski che futuri bombardamenti su Hanoi e Haiphong potrebbero essere fatali per la continuazione dei colloqui, e chiede se Washington non ritiene utile una pausa. Conferma la disponibilità polacca per un nuovo incontro presso il ministero in data 11 dicembre.
- Gronouski accetta data e luogo proposto per il futuro incontro. Informa che il governo degli Stati Uniti, a fini di maggiore segretezza, non intende per ora inviare rappresentanti speciali. Dichiara che l'andamento dei bombardamenti sul Vietnam del Nord non ha niente a che vedere con gli sforzi in corso dei governi polacco e americano per avviare un negoziato americano-nordvietnamita. Notifica la decisione Usa di mantenere invariato il calendario e gli obiettivi dei bombardamenti sul Nord Vietnam, come stabiliti da mesi:
a) in primo luogo, perché ogni possibile sospensione dei bombardamenti deve essere accompagnata da una identica e reciproca concessione, ad es. la fine delle infiltrazioni vietcong al Sud, secondo la formula dichiarata dal presidente Johnson a San Antonio
b) in secondo luogo, per evitare che una tregua aerea attiri le attenzioni della stampa come segno di un negoziato latente, che deve essere mantenuto segreto
- l'amb. RDV esprime la sua profonda delusione anche riguardo a questo punto. Afferma che, in base alla formula San Antonio per la reciprocità e identità della cessazione dei bombardamenti, la RDV potrebbe continuare a non bombardare gli Stati Uniti. Afferma che il Fronte Nazionale di Liberazione del Sud Vietnam è una forza politica autonoma da Hanoi, per la quale il governo della RDV non può parlare. Ribadisce che ulteriori bombardamenti su Hanoi e Haiphong metteranno fine ai colloqui ancora prima del loro inizio, dimostrando la mala fede degli Stati Uniti.
- Rapacki invita Gronouski a richiedere al proprio governo di considerare la possibilità, se non di una pausa, almeno di una safe area attorno ad Hanoi e Haiphong, al fine di mostrare la propria volontà negoziale. Informa che la stessa Polonia non avrebbe potuto continuare nel suo ruolo di mediatrice se non fosse stata convinta che da parte americana si era posto fine all'intensificazione dei bombardamenti [3]. Richiede all'ambasciatore RDV se tale concessione sarebbe ritenuta significativa.
- l'amb. RDV risponde, a titolo personale, che tale concessione, per quanto limitata, potrebbe essere presa in considerazione dal Politburo
- Gronouski ribadisce che ciò che può venire interpretato come intensificazione, può essere in realtà solo la ripresa di un ritmo normale dopo una pausa dovuta al cattivo tempo. Accetta di inoltrare la richiesta al Segretario di Stato Rusk.

Gronouski telegrafa a Rusk:
- l'avvenuto primo contatto, e l'apparente volontà negoziale dei nordvietnamiti
- il futuro colloquio con il rappresentante speciale inviato da Hanoi, stabilito per l'11 dicembre
- la richiesta nordvietnamita di una esposizione precisa ed ufficiale della posizione americana, da poter essere confrontata e discussa rispetto ai 10 punti di Lewandowski
- la richiesta nordvietnamita di una cessazione dei bombardamenti, almeno relativa ad Hanoi e Haiphong, a pena della cessazione dei contatti.
- la mancanza di garanzie nordvietnamite rispetto a questo punto e all'operato del FLN al sud.

Rapacki telegrafa a Rusk circa la necessità di una sospensione dei bombardamenti su Hanoi. Telegrafa a Lewandowski pregandolo di intercedere presso D'Orlandi e Lodge.

8 dicembre 1967:
Saigon: Lewandowski compie una visita allarmata presso D'Orlandi, lamentando il pericolo dei bombardamenti del 2-4 dicembre per la continuazione dei negoziati, pregando D'Orlandi di farlo comprendere a Lodge e a Rusk, in visita a Saigon il giorno successivo.
New York: Fanfani riceve un passo di Rapacki del 6 dicembre riguardo la pericolosità di ulteriori bombardamenti.

9 dicembre 1967:
Saigon: Cena all'ambasciata americana con Cabot Lodge, D'Orlandi e Rusk. D'Orlandi riceve un telegramma di istruzioni di Fanfani, che lo esorta ad intercedere presso Rusk per la sospensione dei bombardamenti su Hanoi, anche in base agli elementi emersi dal colloquio di Varsavia. D'Orlandi fa del suo meglio.

Varsavia: Gronouski riceve informazioni dettagliate dal Dipart. di Stato per il prossimo colloquio:
- dare lettura dei 10 punti, chiedendo conferma dell'identità del testo
- sottolineare che il testo, pur nel linguaggio di Lewandowski, presenta un quadro generale della posizione americana, sulla base del quale poter avviare negoziati diretti.
- rimandare un negoziato di sostanza sui 10 punti alle trattative vere e proprie.
- sulla riserva americana relative alle "importanti differenze d'interpretazione", rispondere che il chiarimento delle naturali molteplici interpretazioni di una dichiarazione tanto complessa e delicata sarebbe stato lo scopo normale del negoziato da avviare.
- a proposito del punto 8 (cessazione dei bombardamenti), riproporre l'idea della fase A - fase B (avanzata da Lodge il 14 luglio ed accennata da Lewandowski ad Hanoi)
- non addentrarsi nel punto 2 (cambiamento dello "status quo" a Saigon), in quanto il più problematico ("troublesome").

Il Dipartimento di Stato informava inoltre Gronouski di non voler al momento riformulare i 10 punti di Lewandowski, in quanto ciò:
a) obbligherebbe gli Stati Uniti ad assumere alcune posizioni più rigide
b) ogni formulazione direttamente attribuibile agli Usa potrebbe essere usata per mettere in difficoltà il governo di Saigon o i rapporti degli USA con esso.
Riferendosi ai termini utilizzati da Lewandowski, gli Usa possono sempre dire di non accettare i termini precisi utilizzati da Lewandowski, mantenendo con ciò un margine di manovra.
Si augura, inoltre, che venga evitata ogni ulteriore discussione con i polacchi sul problema vietnamita, e chi i polacchi non intendano partecipare ai negoziati.

Hanoi: bombardamenti americani sulla città, anche se più lievi di quelli del 2-4 dicembre
Il Politburo telegrafa a Varsavia per far sapere che, se questo è l'impegno degli americani nel negoziato, i colloqui si possono considerare chiusi.

Varsavia: L'amb. RDV a Varsavia comunica a Rapacki l'annullamento del colloquio previsto per l'11 dicembre. Rapacki convoca Gronouski e, dopo avergli ricapitolato l'andamento del tentativo di pace, osserva l'intempestività dei bombardamenti americani e comunica la decisione del governo di Hanoi di annullare il colloquio dell'11 dicembre, a seguito dei bombardamenti subiti dalla città di Hanoi. Gronouski avverte il Dipartimento di Stato che Marigold è in gravissimo pericolo e suggerisce che gli Stati Uniti si impegnino a non bombardare Hanoi e Haiphong durante i contatti miranti all'apertura dei negoziati [4].

10 dicembre 1967:
Washington: Rusk, di ritorno, è informato:
- delle istruzioni inviate dal Dipartimento di Stato a Gronouski
- del telegramma di Gronouski con:
1- l'immediato annullamento del colloquio dell'11 dicembre
2- la minaccia vietnamita di chiudere i colloqui di Varsavia
3- la richiesta di impegno americano a non bombardare Hanoi e Haiphong
- del telegramma di Cabot Lodge avente lo stesso fine

Rusk telefona a Johnson e consiglia una riunione del NSC per il pomeriggio, al fine di discutere gli avvenimenti di Varsavia e la proposta di Gronouski.

Riunione del National Security Council:
- Rusk informa della minaccia di Hanoi di terminare i colloqui, già avviati, e della proposta di Gronouski di impegno a non bombardare Hanoi e Haiphong
- i militari si oppongono, sostenendo che già troppi obiettivi militari sono stati cancellati dalla lista
- McNamara fa notare che i bombardamenti sul resto della RDV continuerebbero, non creando il rischio di una ripresa delle infiltrazioni al Sud, e che la sospensione sembra necessaria al fine di mantenere aperto una canale diplomatico finora insperato e che sta portando alla possibilità di negoziati diretti
- Rusk informa che, secondo lui, sarebbe possibile, ai fini del negoziato e della segretezza, continuare a dichiarare pubblicamente la continuazione dei bombardamenti, sospendendoli nei fatti per quanto riguarda un raggio di 10 miglia marine attorno ad Hanoi e Haiphong, ed aggiungendo, ai fini di reciprocità, la richiesta della stessa safe zone attorno a Saigon.
- Johnson è d'accordo con Rusk e approva la sospensione tacita attorno alle città.

Rusk telegrafa a Gronouski: gli Usa si impegnano a rispettare una tacita sospensione dei bombardamenti per un raggio di 10 miglia marine attorno ad Hanoi e Haiphong, a patto che i colloqui non vengano interrotti e che i vietcong facciano lo stesso attorno a Saigon. Non verranno modificate le informazioni date all'opinione pubblica in proposito, a fine di riservatezza.

Varsavia: Gronouski informa Rapacki dell'intesa. Rapacki replica che il governo di Hanoi non può prendere impegni da parte del FLN, e si rifiuta di trasmettere la comunicazione all'amb. RDV; suggerisce a Gronouski di far cadere la condizione di reciprocità, se veramente interessato al dialogo. Gronouski telegrafa a Rusk.

11 dicembre 1967:
Washington: Rusk parla con Johnson e McNamara. Johnson decide di provare a fondo la carta negoziale e di lasciar cadere la pregiudiziale di reciprocità sulla safe zone. Rusk telegrafa a Gronouski.

Varsavia: Gronouski comunica le istruzioni ricevute a Rapacki. Rapacki ne parla con Michalowski. Michalowski si reca presso l'amb. RDV per informarlo dell'impegno americano. L'amb. RDV telegrafa ad Hanoi.

Hanoi: il Politburo della RDV accetta l'impegno USA e autorizza l'ambasciatore RDV e lo speciale rappresentante ad un rinnovato dialogo con Gronouski.

12 dicembre 1967:
Varsavia: l'ambasciatore RDV convoca Rapacki e lo informa dell'accettazione da parte di Hanoi. Un nuovo incontro è fissato per il 13 dicembre. Rapacki convoca Gronouski e lo informa dell'avvenuta accettazione da parte di Hanoi e del nuovo appuntamento per i colloqui. Gronouski telegrafa a Rusk il buon fine dell'operazione.

Washington: Rusk telefona a Westmoreland e chiede la modifica al calendario dei bombardamenti, con la sospensione di ogni azione in un raggio di 10 miglia marine da Hanoi e Haiphong.

13 dicembre 1967:
Secondo colloquio tra Gronouski, l'amb. RDV a Varsavia e il rappresentante speciale di Hanoi, alla presenza di Rapacki e Michalowski
- l'ambasciatore RDV si felicita per il compromesso raggiunto e afferma la necessità che nessuna delle due parti, in futuro, cerchi di approfittare dei colloqui per ottenere vantaggi militari
- Gronouski dà lettura del testo dei 10 punti di Lewandowski e chiede conferma dell'identità del testo in possesso alla RDV
- l'amb. RDV conferma l'identità del testo in possesso di Hanoi con quello di Washington. Richiede una esposizione precisa ed ufficiale della posizione americana, in modo da potere discutere delle "differenze di interpretazione".
- Gronouski risponde che il Dipartimento di Stato non intende farlo, ma intende base il negoziato sul testo dei 10 punti che, pur nel linguaggio di Lewandowski, presenta un quadro generale della posizione americana, sulla base del quale poter avviare negoziati diretti, rimandando un negoziato di sostanza sui 10 punti alle trattative vere e proprie.
- l'amb. RDV richiede almeno chiarificazioni sulla riserva americana relative alle "importanti differenze d'interpretazione"
- Gronouski risponde che il chiarimento delle naturali molteplici interpretazioni di una dichiarazione tanto complessa e delicata sarebbe stato lo scopo normale del negoziato da avviare.
- l'ambasciastore RDV chiede a quali dei 10 punti si riferiscano le differenze interpretative.
- Gronouski cita, come esempio non esaustivo, i punti 2 e 8. A proposito del punto 8 relativo alla cessazione dei bombardamenti, Gronouski propone in maniera personale che potrebbe risultare accettabile ad entrambe le parti una scansione in due fasi per una intesa globale di de-escalation: una fase A con la cessazione americana dei bombardamenti sul Nord Vietnam, senza contropartita; una fase B con reciproche concessioni da definirsi, ad esempio l'arresto dell'invio di ulteriori forze in Vietnam e l'arresto delle infiltrazioni dal Nord Vietnam.
- l'amb. RDV ritiene interessante la questione e dichiara che riferirà al proprio governo. Richiede ulteriori informazioni a proposito del punto 2, sul cambiamento dello status quo a Saigon.
- Gronouski ritiene di non essere autorizzato a dare ulteriori spiegazioni, neanche a livello personale, sul punto 2.
- Rapacki ribadisce che sarà opportuno lasciare la discussione relativa al contenuto dei 10 punti al negoziato formale da definire.
- l'ambasciatore RDV è d'accordo. Ne propone l'inizio entro una settimana, in modo da avere informazioni dettagliate da Hanoi. Il prossimo incontro è fissato per il 20 dicembre.

Durante la settimana Gronouski chiede a Rapacki di far sì che dal prossimo colloquio siano presenti solo rappresentanti americani e nordvietnamiti, non polacchi. Gronouski si dispiace per la poca considerazione americana dei buoni uffici polacchi, ed esprime le sue perplessità sulla buona riuscita di un negoziato diretto. Aggiunge che probabilmente i rappresentanti nordvietnamiti non accetteranno un negoziato senza la presenza di terze parti.
Rapacki inoltra la richiesta americana ai nordvietnamiti, che rifiutano, e riporta il rifiuto a Gronouski.
Gronouski telegrafa il rifiuto a Rusk, ed accetta la presenza dei polacchi al negoziato.

1-20 gennaio 1966:
Continua il negoziato a Varsavia sui 10 punti:

1- Soluzione pacifica tramite negoziato (problema del non vantaggio)
Gli Usa si ricollegano alla formula di San Antonio, e chiedono l'esplicita esclusione di quelle che considerano possibili azioni in malafede di Hanoi:
- attacchi alle posizioni americane nella zona demilitarizzata
- ondate di terrorismo urbano su larga scala
- accresciute infiltrazioni
in un periodo in cui non ci fossero bombardamenti americani e fossero in corso conversazioni di pace, rivelerebbero malafede da parte di Hanoi.

Azioni escluse dalla RDV in caso di inizio dei negoziati e fine dei bombardamenti:
- attacco contro Khe Sanh
- invasione delle due province settentrionali del Vietnam del Sud o tentativo di separarle dal resto del paese
- lancio di una seconda ondata di attacchi contro una o più città
- mossa a sensazione, ad es. un attacco su Camp Carroll
[considerazioni di Davidson presentate da D'Orlandi a Su]
"Ovvio che da momento in cui le due parti si incontreranno, simili cose non potranno verificarsi"
--> Hanoi può aderire formalmente alla formula del Non-Vantaggio, impegnandosi in realtà a ben poco

2- Cambiamento dello status quo a Saigon
Gli Usa iniziano col fare intendere semplicemente l'avallo alla procedura costituzionale del 1966-67, considerata da Hanoi una farsa. Hanoi richiede un governo di ampia coalizione, che includa anche membri del FLN, ed escluda come "criminali di guerra" i membri del presente governo Ky. Washington chiede che il punto sia lasciato per ultimo, Hanoi replica che sarà fondamentale per la riuscita globale del negoziato. Alla fine il compromesso è per un governo di coalizione, secondo la formula 10+2+2, con 2 rappresentanti del FLN e 2 membri del governo Ky, presieduto da Tran Van Do, già ministro degli esteri di Ky. Il governo tecnico di coalizione di Tran Van Do avrà il compito di organizzare elezioni libere e democratiche, entro un anno, su tutto il territorio del Sud Vietnam

5- Governo del Sud in base alla volontà popolare, con la partecipazione di chiunque attraverso libere elezioni democratiche.
Le elezioni libere e democratiche nel Sud porteranno alla costituzione del nuovo governo a Saigon.

6- Riunificazione una volta ristabilita la pace ed organi rappresentativi
Condizioni per la riunificazione:
- fine della guerriglia vietcong
- instaurazione di un Parlamento rappresentativo a Saigon
- decisione del Parlamento, eventualmente supportata da un referendum popolare
- tempo: circa 2 anni

7- Rispetto Usa della neutralità del Sud 
3- ritiro di truppe e basi Usa
Da effettuarsi gradualmente, nel periodo che intercorre tra lo stabilimento del Parlamento e la decisione sulla riunificazione del Vietnam (tendenzialmente 2 anni)

8- Cessazione dei bombardamenti sul Nord
Impegni nordvietnamiti in caso di cessazione totale dei bombardamenti:
(Harriman)
- cessazione degli attacchi coi lanciarazzi su Saigon e altri centri del Sud
- limitazione delle infiltrazioni attraverso la zona smilitarizzata

9- Gli Usa non accetteranno una riunificazione sotto la pressione delle armi
- Nuova Commissione Internazionale di Controllo: USA, URSS, Polonia, Italia
- garanzia "forte" delle superpotenze: possibile ripresa del conflitto in caso di non rispetto degli accordi da parte di Hanoi e del FLN

20 gennaio 1967:
i negoziati si interrompono prima della definizione dei dettagli

Febbraio 1968:
offensiva del Tet, prima della conclusione e firma degli accordi
- USA e RDV si rendono conto che una vittoria puramente militare sul campo è impossibile per entrambi
- Johnson annuncia l'apertura di negoziati diretti ad un accordo, e il suo ritiro dalle elezioni presidenziali

Aprile 1968: Accordi di Losanna:
Intesa globale USA-RDV
- governo di coalizione a Saigon, formula 10+2+2; esilio di Ky, 2 membri militari, 2 membri Fln
--> governo tecnico elettorale x elezioni generali nel 1968: Tran Van Do, già ministro degli esteri di Ky
- status intermedio del Vietnam del Sud come paese neutrale
- fine dei bombardamenti americani sul Nord Vietnam
- fine della guerriglia vietcong al Sud
- sganciamento graduale delle truppe Usa dal Vietnam e smantellamento delle basi
- riunificazione da decidersi una volta pacificato il Sud e dotato di organi rappresentativi
- nuova commissione internazionale di controllo, con garanzia delle grandi potenze (Usa e Cina)

Settembre 1968: elezioni generali al Sud
- FLN maggioranza relativa, buon risultato di cattolici e buddisti, confermato Tran Van Do
- Assemblea Costituente del Vietnam del Sud
- insediamento della Commissione Internazionale

Novembre 1968: elezione di Nixon

Conseguenze a medio termine:
- maggiore disponibilità di fondi, armi ed equipaggiamenti per la NATO:
maggiore credibilità della garanzia americana sull'Europa [Melvin Laird, segretario alla Difesa 1969-73, trova che 10 miliardi $ di armi ed equipaggiamenti assegnati alla Nato erano stati usati sottobanco in Vietnam]
--> effetto su Euromissili, eurocomunismo
- minore sviluppo economico del Giappone e conquista dei mercati europei [sviluppo iniziale sui mercati del Sud Est asiatico, drogati dalla maggior circolazione di dollari]
- minor deficit di bilancio e indebitamento estero degli Stati Uniti
--> minore slittamento del dollaro: possibile "fine dolce" di Bretton Woods anziché il crollo del 1971
- Italia: trasformazione del PSI in una forza socialdemocratica saldamente alleata alla DC, crollo del PSIUP, diminuzione del PCI.

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Riferimenti:
- Mario Sica, Marigold non fiorì, ed. Ponte alle Grazie, Firenze 1991
- Giovanni D'Orlandi, Diario Vietnamita

Note:

[1] posizione assunta da Rapacki dopo tre giorni di inutili trattative con Gronouski
[2] posizioni prospettate da Rapacki a Gronouski negli incontri del 5-7 dicembre
[3] parole di Rapacki a Gronouski il 7 dicembre
[4] Reazioni e posizioni effettivamente tenute dopo la chiusura nordvietnamita a seguito dei bombardamenti del 13-14 dicembre, qui anticipata rispetto ai bombardamenti del 9, a fini politico-diplomatici. Cfr. Sica, pp. 82-83.

Dans

La profezia del compagno Fidel!

La profezia del compagno Fidel!

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La palla passa a Perchè No?, che così ci ha scritto il 15 luglio 2021:

Il 15 luglio è l'anniversario delle dismissioni nel 1960 di Kishi Nobusuke, premier autoritario giapponese che ha portato il suo paese sull'orlo della rivoluzione.

Kishi era un tipo molto particolare, aveva organizzato il lavoro forzato in Manciuria e Corea prima della guerra, usando lavoratori-schiavi cinesi e coreani senza curarsi delle loro forze o della loro salute. Fu anche membro del governo di Tôjô Hideki durante la guerra e fu il suo "protégé". Dopo la guerra fu arrestato ma protetto dagli Americani perché considerato pronto a collaborare e capace di ricostruire l'economia giapponese.

Nel 1957, sotto pressione americana, fu scelto come premier (e più tardi accolto nel congresso americano, definito come amico del popolo americano quando sapeva sicuramente dei piani di Pearl Harbor). Fu un premier autoritario e corrotto, con legami strettissimi con la mafia giapponese che gli serviva da ausiliaria contro i movimenti di sinistra.

Nel 1959, Kishi negozia con Eisenhower la revisione del trattato di sicurezza, che fa del Giappone un paese sotto protezione USA, l'opinione giapponese é molto ostile al trattato ma Kishi pensa di essere capace di controllare questo dettaglio. Si reca a Washington e firma il trattato nel gennaio 1960.

Inizia allora la battaglia della ratifica, il partito socialista organizza una vasta coalizione riunendo tutti i partiti più alcuni disertori del partito di Kishi (il PLD). Le manifestazioni si moltiplicano. La federazione studentesca (comunista) Zengakuren moltiplica le dimostrazioni e le proteste. Lo scopo é quello di ritardare la ratifica mentre Kishi aspetta Eisenhower nel giugno 1960.

Il 19 maggio, Kishi tenta di forzare il voto di ratifica ma i deputati protestano organizzando un sit-in nel parlamento. In risposta Kishi fa entrare 500 poliziotti ed espelle l'opposizione, facendo ratificare il trattato con solo i suoi alleati presente. Il colpo di forza fa scendere i Giapponesi nelle strade per delle manifestazioni mostruose, le più importanti della storia del paese, includendo molti apolitici o membri del PLD. James Hagerty, rappresentando il presidente Eisenhower, é attaccato al suo arrivo e deve essere salvato dai Marines. Vedendo il suo partito scendere in campo contro di lui, Kishi è disperato.

Il 15 giugno gli studenti del Zengakuren penetrano nel parlamento e si scontrano con la polizia che spara e uccide la giovane Kanda Michiko. Lo scandalo è grandissimo e tutti invocano le dimissioni del premier, si preparano delle manifestazioni ancora più massicce. Il PLD si riunisce in emergenza per votare una mozione che chiede a Kishi di dimettersi.

Kishi Nobusuke ha allora solo una soluzione, pensa di mobilitare le Forze di Autodifesa per occupare Tokyo e riportare l'ordine nelle strade. Contatta anche Boss Kodama Yoshio, suo alleato e il maggior capo yakuza dell'epoca, per mobilitare i suoi uomini contro i capi del movimento di opposizione, usando degli assassini se necessario. Il progetto è fermato per un soffio dopo la minaccia della totalità del suo governo e dell'imperatore stesso. Finalmente Kishi annuncia l'annullamento della visita di Eisenhower e promette di dimettersi entro un mese, cosa che fa il 15 luglio.

Ma se Kishi usa veramente la forza, cosa avviene? Aveva ancora abbastanza sostegno nell'esercito e nella yakuza per far riuscire il suo golpe e prendere il controllo di Tokyo, ma dopo questo? Messi davanti ail fatto compiuto, il PLD e gli Americani avrebbero probabilmente confermato la loro fiducia a Kishi contro i movimenti sovversivi al servizio di Mosca. Un regime autoritario sarebbe insediato, l'imperatore chiuso nel suo palazzo senza diritto di comunicare benché ufficialmente tutto si fa con la sua approvazione. L'articolo 9 pacifista della costituzione viene annullato e le Forze di Autodifesa tornano a essere l'Esercito Imperiale, il Giappone si riarma, le elezioni sono limitate per garantire il controllo del PLD che diventerà presto l'unico partito autorizzato.

Ma il Zengakuren, i sindacati e molti Giapponesi non avrebbero lasciato fare e si può prevedere una fuga dei deputati socialisti, forse fino in Hokkaido, forse creando un governo parallelo e chiamando alla difesa della patria. All'epoca la situazione era abbastanza violenta e tesa per condurre a una guerra civile che si sarebbe combattuta tra il cuore del paese (Tokyo-Osaka) e le sue periferie. Il governo di Sapporo (pure proclamandosi fedele all'imperatore) sarebbe rapidamente sostenuto da Mosca e Pechino e dunque riceverebbe l'ostilità degli USA.

Ma cosa fanno gli Americani mentre ci sono delle elezioni presidenziali e un grande numero di soldati USA nell'arcipelago? Lasciano fare? Partecipano? Cosa farebbe Kennedy? Questo potrebbe fargli perdere le elezioni?

P.S. Per vostra conoscenza, lo stesso Kishi Nobusuke è il nonno dell'ex premier Abe Shinzô e del ministro della difesa Kishi Nobuo.

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Gli risponde Federico Sangalli:

Sarebbe comico se la cosa degenerasse in una Guerra del Giappone invece di quella del Vietnam, e gli ultra-nazionalisti come Yukio Mishima di suicidassero in massa perché la scelta è tra combattere per quella massa di abbietti burocrati corrotti come alleati di questi stessi Stati Uniti che, secondo loro, con le loro invasioni, prima con Perry, poi con McArthur, hanno disonorato, profanato e corrotto il Giappone imperiale, con l’unico esito di farlo diventare una colonia USA, oppure schierarsi con l’altrettanto ripugnante e sovversivo fronte di sindacati, associazioni studentesche, pacifisti, socialisti e gruppi vari con la Cina Maoista e l’URSS come sponsor per diventare, nel migliore dei casi, una specie di India estremo orientale (cioè una nazione socialista con economia pianificata simpatizzante per il blocco orientale ma neutrale e membro del movimento non-allineato). A questo punto voglio una versione di "Apocalypse Now" dove al posto del Colonnello Kurz c’è un ufficiale giapponese nostalgico dell’epopea imperale della Seconda Guerra Mondiale che, rifiutando i rivoluzionari ma sentendosi macchiato nell’onore a combattere per la Yakuza e compagnia, impazzisce e si crea un regno personale tra i monti dell’entroterra nipponico in una sorta di “terza via” nella guerra civile finché non viene assassinato dagli americani!

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Altra idea di Perchè No?:

Tutti conoscono la costituzione pacifista del Giappone del dopoguerra e il suo articolo 9, che vieta il ricorso alla guerra. Pochi sanno che questo articolo é stato votato da un gruppo di deputati giapponesi usciti dalla clandestinità contro il parere degli Americani che volevano mantenere un esercito giapponese in grado di difendere l'arcipelago contro l'URSS. Quando scoppia la guerra di Corea avranno solo la possibilità di creare la JSDF, le forze di autodifesa, molto ridotte. Ma se l'articolo 9 viene tolto dalla costituzione su decisione americana? Il Giappone potrebbe risorgere come potenza militare in anticipo e forse partecipare agli conflitti del XX secolo? Quali conseguenze nella partecipazione nipponica alla guerre di Corea, Vietnam, Irak, eccetera? Quali le conseguenze nelle relazioni con la Cina e l'equilibrio regionale?

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Gli replica Inuyasha Han'yō:

Un grosso cambiamento potrebbe verificarsi negli anni ’60, se il Giappone, allora retto dal premier Eisaku Sato(1964-72), esponente del Partito Liberal Democratico decide di seguire l’esempio di Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, inviando truppe nel Vietnam del Sud a sostegno degli USA contro i Viet-cong. Diciamo che ciò avviene nel 1965/66, dopo le olimpiadi di Tokyo. I giapponesi si ritrovano alle perse con le stesse grane incontrate dagli americani, in primis una feroce guerriglia. Quando i soldati nipponici rientrano in patria in bare avvolte nelle bandiere prende vita un movimento pacifista, composto principalmente da comunisti e socialisti, che inscenano una serie di proteste di piazza contro il governo, colpevole di aver inviato i propri giovani (magari arruolati con la leva obbligatoria) a morire oltremare in una guerra ingiusta e imperialista. Il culmine delle proteste si tocca nel 1968, col movimento pacifista sempre più forte (anche nella HL ci furono proteste contro il governo, che non condannava l’intervento americano in Vietnam).

In questa TL le elezioni generali dell’anno successivo vengono vinte da Tomomi Narita, candidato del JSP (Japan Socialist Party, il Partito Socialista), che nella HL si piazzò secondo con il 27% dei voti. La vittoria dei socialisti spezza l’egemonia del PLD, che durava fin dal 1955, e con esso anche la democrazia bloccata (che nella nostra TL dura tuttora).

Narita ritira le truppe giapponesi dal Vietnam, riconosce la Repubblica Popolare (nella HL ciò avvenne nel 1977) e avvia relazioni più amichevoli con i suoi vicini, mentre rallenta (ma non troppo, onde evitare guai) le relazioni con gli USA. Non so quali riforme potrebbe attuare sul piano interno.

Tuttavia nel 1973 il suo governo deve fronteggiare la crisi petrolifera, causata dalla decisione dell’Arabia Saudita di tagliare le forniture verso l’Occidente, che ha sostenuto Israele nella guerra del Kippur. I Liberal democratici, ora all'opposizione, scatenano una campagna denigratoria contro di lui. Se riesce a gestire bene la cosa, magari puntando sulle centrali nucleari, alle elezioni generali del ’76 viene rieletto (ma morirà nel 1979, e quindi dovrebbe subentrargli qualcun altro), altrimenti dovrà lasciare il posto a Takeo Miki, candidato del PLD, che ritornerà in sella. Questi potrebbe riprendere la politica di riarmo (probabilmente interrotta dai socialisti), dichiarando che tale scelta è necessaria per proteggere il paese dai vicini ostili (in primis URSS e Cina), e tale motivazione potrebbe essere usata anche dai suoi successori...

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Al che Perchè No? puntualizza:

Interessante. C’è però una cosa che devo precisare. Il Giappone non è veramente un paese pacifista, la sua costituzione gli impedisce di avere un esercito in libero uso ma occupa il nono posto nella classifica delle spese militari del 2022. Politicamente non è neutrale, sempre nella linea degli USA già all’epoca della Guerra Fredda e ancora oggi. Ha anche posizioni aggressive rispetto ai suoi vicini (Russia, RPC, Corea del Sud e del Nord, tralasciando le ragioni). Dunque un’ucronia senza l’articolo 9 vuol dire uo Giappone libero di usare le sue forze armate nei conflitti al fianco degli USA e nelle loro conseguenze. Non bisogna creare qualcosa di nuovo per giustificare l’evoluzione che ne esce.

Sono generalmente d’accordo con Inuyasha con qualche distinguo:

- Il Primo Ministro Eisaku Satô è rimasto noto come il Premier che ha proposto al Giappone di dotarsi dell’arma nucleare (gli USA non sono stati d’accordo).

- Negli anni '60 si potrebbero ancora trovare dei veterani della guerra che hanno servito in Indocina (allora francese), avendo forse ancora dei contatti sul posto. Potrebbero essere ben accolti in Sud Vietnam.

- Il movimento studentesco del 1968 era abbastanza forte, se si aggiunge la reazione alla guerra, la possibilità di un’alternanza politica potrebbe essere realistica (benché presto limitata, i socialisti giapponesi potevano essere socialmente assai conservatori anche loro).
Se avviene il '68 giapponese, potrebbe seguire l’esempio europeo producendo dei cambiamenti sociali, in particolare nel diritto del lavoro, i diritti delle donne ecc. Se ha successo, allora la gioventù di sinistra non evolverebbe verso la radicalità e il terrorismo (niente Armata Rossa Giapponese).
Sfortunatamente per Inuyasha questo significa anche un cambiamento maggiore nell’evoluzione dei manga. Probabilmente non ci sarebbero Dragon Ball o Akira e molti altri. Al loro posto inizierebbe l’epoca del manga sociale e ottimista, Hayao Miyazaki evolverebbe in questo senso.

- Il governo socialista riconoscerebbe la RPC come legittima ma andrebbe oltre, sarebbe possibile ottenere finalmente scuse ufficiali per i crimini di guerra e l’inizio di un riconoscimento ufficiale. Faciliterebbe le relazioni con la Corea e la Cina per i decenni seguenti, permettendo di sistemare le dispute di frontiera.
Questo governo potrebbe ridistribuire meglio il prodotto dello sviluppo industriale e creare un sistema di protezione sociale più esteso di oggi (anche se il sistema di protezione sociale giapponese non è cosi male).

- Ci sarebbe lo stesso un’alternanza verso la destra da un momento all’altro, come in una democrazia normale. Ma per carità evitiamo Takeo Miki, in Giappone è considerato come una disgrazia al punto che il suo stesso partito ha dovuto rovesciarlo. Era molto conosciuto per suoi errori, al suo posto si potrebbe preferire Nakasone (il Reagan giapponese).

In breve sarebbe un’Asia più sicura e un Giappone più democratico. Tuttavia...

Temo ci sia un piccolo problema. Se all’inizio degli anni '60 c’è gia un esercito giapponese attivo (e comandato da ex-gerarchi del Giappone imperiale), nel 1960 sarebbe possibile vedere Kishi Nobusuke (Primo Ministro ed ex criminale di guerra) prendere veramente il potere con uo golpe come era sua intenzione per impedire le manifestazioni di massa. Nella nostra TL il suo partito ha dovuto fare un golpe legislativo preventivo contro di lui, ma se l’esercito lo appoggia? Il Giappone sarebbe una dittatura di destra per i decenni seguenti; Washington lascerebbe fare in maniera cosi aperta ad un uomo che conosceva e aveva aiutato a concepire i piani di Pearl Harbor? Mah...

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Tommaso obietta:

Il ritorno di un regime autoritario guidato dai militari secondo me sarebbe malvisto dagli states che lo interpreterebbero come una rinascita dell'ideologia Kokutai; di conseguenza Kishi si beccherebbe un proiettile dalla Cia, e nulla cambierebbe.

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Perchè No? torna alla carica:

Sono gli Americani ad aver approvato la sua nomina a premier e sapevano già tutto su lui. Poi Kishi non voleva il ritorno del kokutai, non era Yukio Mishima. Voleva un classico regime autoritario per lui e i suoi amici yakuza, sotto la guida americana come garanzia di fronte al pericolo rosso. La Guerra Fredda da sola basterebbe a conservarlo al suo posto malgrado un golpe (vedi Park Cheung Hee in Corea del Sud solo due anni dopo). Ancora di più se Kishi lascia che gli USA mantengano truppe in Giappone (voleva farlo) e invia truppe nipponiche in Vietnam dietro richiesta di Washington.

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Diamo ora la parola a Generalissimus, che ha tradotto per noi questo video di Youtube:

 E se l'America avesse "vinto" la Guerra del Vietnam?

Prima che passi allo scenario, lasciate che vi spieghi perché ho messo la parola "vinto" fra virgolette: la Guerra del Vietnam non fu una guerra puramente americana, anche se gli USA rimasero coinvolti pesantemente negli anni '60 e '70 il conflitto stava infuriando dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il Vietnam dichiarò la sua indipendenza dalla Francia.
Il conflitto in Vietnam può essere descritto solo come diviso in due fasi: mezza rivoluzione per l'indipendenza e mezza guerra civile.
La prima fase venne combattuta contro il colonialismo francese e giapponese, e la seconda fra il Nord e il Sud divisi.
La seconda fase fu quella nella quale rimasero coinvolti gli Stati Uniti, ma questa fase non fu solo un conflitto tra Comunisti e non Comunisti, ed è per questo che il titolo è leggermente fuorviante, visto che non sarebbe stata l'America a vincere la Guerra del Vietnam, ma sarebbe stata una vittoria sudvietnamita col sostegno americano.
Perciò lo scenario tecnicamente è un "e se i Sudvietnamiti avessero vinto la loro guerra civile e gli Americani avessero ottenuto più influenza in Indocina?", ma questo non sarebbe stato un titolo attraente.
Ora che abbiamo definito i contorni, passiamo allo scenario.
Diciamo che sono gli anni '60 e che gli USA hanno inviato truppe in Vietnam: l'America sta sostenendo in tutto il governo sudvietnamita e sta utilizzando truppe di terra contro i Vietcong e l'NVA.
Gli USA come riuscirebbero a vincere questo intervento contro il nord Comunista e interrompere il diffondersi del Comunismo? Beh, la soluzione migliore per una fine rapida dell'espansione del nord sarebbe un'invasione su vasta scala del Vietnam del Nord, ma questo è impossibile, dato che qualsiasi invasione di una nazione Comunista avrebbe fatto automaticamente precipitare gli USA in una situazione da Terza Guerra Mondiale contro URSS e Cina.
Gli USA non possono semplicemente bombardare il Vietnam del Nord fino a costringerlo alla sottomissione, come dimostra la storia lo abbiamo fatto tante volte ed esso ha semplicemente cambiato i percorsi di approvvigionamento o usato tecnologie più semplici per raggiungere i suoi obiettivi.
L'unico modo per vincere la guerra era l'invasione militare completa del nord con truppe di terra e tutto il resto.
Questo video considererà due scenari: uno in cui non ci sono minacce di ritorsione da parte di URSS e Cina e l'America invade il Vietnam del Nord, e il secondo nel quale l'America riesce a creare un governo stabile a Saigon e riesce a respingere le aggressioni del nord al punto che NVA e Vietcong non riescono più a combattere.
Scenario 1: per qualche motivo a Sovietici e Cinesi semplicemente non importa nulla del Vietnam del Nord, quindi gli USA possono far partire l'invasione.
Le truppe americane assaltano presto Hanoi, rovesciano il governo Comunista e installano un governo filoamericano.
Come sarebbero il mondo e il Vietnam, se gli Americani ce la facessero? Beh, prima di tutto il Vietnam verrebbe unificato sotto l'influenza americana, il governo del sud controllerebbe anche il nord, gli investitori americani avrebbero commerciato anche con l'appena conquistato nord, i media americani avrebbero dichiarato la Guerra del Vietnam un enorme successo e l'avrebbero usata per mostrare la potenza americana.
La principale minaccia per gli USA e l'appena unificato Vietnam sarebbe una potenziale invasione cinese del nord, nel caso la Cina cambi idea sull'occupazione americana.
Gli USA farebbero piani segreti che comprenderebbero tutte le opzioni per contrastare questa minaccia cinese, verrebbero inviate più risorse nel nord e le basi militari verrebbero trasferite lì, così da sedare ogni rivolta dei Vietnamiti Comunisti.
Questa ribellione tra i Nordvietnamiti sarebbe una minaccia importante per l'occupazione americana, il Comunismo era molto popolare tra i villaggi rurali, perciò la campagna sarebbe stato un focolaio della ribellione contro gli Americani.
Molti Vietnamiti paragonerebbero gli Americani invasori ai Francesi e nutrirebbero un forte risentimento verso gli Occidentali che hanno rovesciato il loro governo.
Il Comunismo, per i Vietnamiti, era un fronte unito contro il colonialismo, ed è per questo che Ho Chi Minh divenne Comunista.
Per i Vietnamiti il Comunismo non era sacro per le sue teorie anticapitaliste, ma semplicemente per le idee anticolonialiste espresse dai Comunisti, perciò presumo che ci sarebbe una rinascita del Comunismo e l'America dovrà affrontare una ribellione Comunista.
Questa ribellione probabilmente verrà sedata dalla potenza di fuoco americana, ma il risentimento continuerà ad esserci, anche se sarà solo temporaneo; alla fine, dopo anni di occupazione, forse alla metà degli anni '70, gli Americani inizieranno a ritirare le truppe dal Vietnam.
Sarà più o meno come la vietnamizzazione della nostra TL, ma invece della guerra riguarderà il potere politico vietnamita.
In questo scenario il Vietnam avrebbe influenze occidentali come il Giappone o la Corea del Sud, il suo governo avrebbe legami con gli Americani e la sua economia sarebbe capitalista, se questa nazione prospererà o meno lo lascio alle vostre opinioni.
Scenario 2: gli Americani rendono completamente inutile l'Esercito del Vietnam del Nord e neutralizzano tutte le forze Comuniste.
Questo potrebbe avvenire tramite un'enorme campagna di bombardamento e una riuscita interruzione del Sentiero di Ho Chi Minh, a prescindere da quanto questo sia improbabile.
Dopo aver fatto questo, le forze americane dedicano più risorse all'installare un governo stabile nel Vietnam del Sud e rimangono coinvolte nella regione fino ai giorni nostri, come in Corea.
Il Vietnam del Nord perde lentamente e gradualmente il sostegno della Cina, e quando i Cinesi instaurano relazioni con gli USA il paese rimane isolato.
Ma, proprio come nelle relazioni tra Cina e Corea del Nord, i Cinesi a volte sosterranno il governo di Hanoi contro gli USA.
L'Esercito del Vietnam del Nord viene reso inutile, ed è incapace di organizzare un attacco su vasta scala al sud, i Vietcong vengono distrutti e ogni forma di guerriglia è inutile contro le forze sudvietnamite meglio addestrate.
In pratica questo scenario sarebbe molto simile a quello della Corea: il Vietnam del Sud lentamente si riformerebbe, diventando sempre più democratico con l'aiuto dell'Occidente, e migliorerebbe la sua economia, ma questa è solo una previsione ottimistica, potrebbe benissimo rimanere una dittatura come nella nostra TL.
Oggi Vietnam del Nord e del Sud sono ancora divisi e i loro popoli desiderano l'unificazione, il nord è ancora sostenuto dalla Cina e il sud dall'Occidente, anche se le relazioni sarebbero normalizzate e nessuna delle grandi potenze desidera creare tensioni.
Forse il Vietnam del Nord rispecchierebbe il Vietnam odierno, o diventerà una folle dittatura in stile Corea del Nord? lascerò decidere voi.

La Guerra del Vietnam segnò profondamente gli Stati Uniti, perché l'idea che gli USA avessero perso una guerra contro i guerriglieri vietnamiti dopo aver sconfitto i Nazisti e battuto l'Inghilterra imperiale fu scioccante per molti Americani, dei quali molti persero fiducia nel sistema dopo aver visto le atrocità e le cose fatte dalle truppe americane all'estero, e questo cambiamento mise fine al modo in cui gli USA guardavano al mondo e al modo in cui si comportavano.
Una domanda interessante alla quale rispondere sarebbe "e se la Guerra del Vietnam fosse andata in modo diverso? E se gli Stati Uniti avessero vinto la guerra?" Questa è la domanda di questa storia alternativa.
Parte 1: il Sudest asiatico.
I motivi per i quali gli USA persero la Guerra del Vietnam sono molti, il primo è che i Vietnamiti combatterono una campagna di guerriglia, gli USA non avevano un'unica area da conquistare per sconfiggere così l'NVA, e perciò quando gli Americani si avvicinavano all'NVA bastava semplicemente ritirarsi in silenzio nella giungla, riorganizzarsi lì e rimettersi in forze, e il secondo motivo principale è che la patria nordvietnamita era protetta: dopo aver combattuto la Guerra di Corea, nella quale i Cinesi intervennero dopo che gli Americani misero all'angolo la Corea del Nord, prolungando il conflitto, gli USA non volevano davvero attaccare un'area confinante con la Cina, perché i Cinesi li avrebbero attaccati dopo che essi avrebbero invaso il Vietnam del Nord, e anche senza aiuto cinese i Nordvietnamiti si sarebbero potuti ribellare e ottenere nuove truppe nella loro patria.
Generalmente l'unico modo per affrontare le tattiche di guerriglia è far sì che la popolazione locale non possa supportare la guerriglia, e le opzioni per fare questo vanno dal veramente orribile al leggermente meno orribile: da una parte dello spettro c'è l'uccidere e annientare la popolazione locale, così che non ci sia una base economica che alimenti la guerriglia, dall'altra parte c'è il togliere il cibo ai villaggi locali, così che ne abbiano abbastanza per sostentarsi ma non abbastanza per nutrire i guerriglieri.
Questo lascia gli USA con un enigma, perché a meno di non far commettere crimini di guerra ai soldati, rimangono poche possibilità per affrontare i guerriglieri e praticamente rimane solo la strategia usata dagli Inglesi in Malesia, ovvero controllare la quantità di cibo che arrivava ai villaggi, in modo che potessero nutrirsi da soli ma non nutrire i guerriglieri, però anche così gli USA dovrebbero affrontare i Nordvietnamiti che riforniscono i Vietcong di armi, e questo mix rende la vittoria significativamente più difficile.
Quindi perché gli USA vincano la guerra i Nordvietnamiti dovrebbero decidere di non combattere una campagna di guerriglia, ma una guerra convenzionale.
Con questo tipo di guerra gli USA avrebbero una potenza di fuoco e un addestramento migliori, e riuscirebbero facilmente a sconfiggere le forze nordvietnamite e cacciarle oltre il confine.
Il primo e più ovvio effetto di una vittoria americana in Vietnam sarebbe che Vietnam del Nord e del Sud rimarrebbero entità separate.
Il Vietnam del Sud probabilmente si trasformerà in un qualcosa tra le Filippine e la Corea del Sud, dato che ha elementi di entrambe le culture, e quindi sarebbe una nazione del secondo mondo con legami con gli USA e un sistema capitalista e democratico.
Al Vietnam del Nord sarebbero potute accadere due cose dopo la guerra: la prima è quella che avvenne nel nostro mondo, dove è diventata semplicemente un'altra nazione Comunista ed è sopravvissuto al crollo dell'Unione Sovietica.
La seconda possibilità è che reagisca alla crescente ricchezza del sud trasformandosi in un paese più estremista, come la Corea del Nord, e in questo mondo il Vietnam del Nord somiglierebbe parecchio a quel paese.
Parte 2: gli Stati Uniti.
Per mia esperienza diretta, i movimenti contro la guerra si diffondono solo quando un paese perde una guerra, perciò, se gli USA vincessero la Guerra del Vietnam in fretta non ci sarebbe il tempo di organizzare l'enorme movimento contro la Guerra del Vietnam, che a sua volta non potrebbe appellarsi alla popolazione generale, perché il pubblico americano vedrebbe la Guerra del Vietnam come un'enorme vittoria in stile Guerra del Golfo.
La Guerra del Vietnam cambiò molto il movimento hippie: prima della guerra gli hippie avevano pochissimi scopi, si radunavano semplicemente con chi la pensava come loro, ma grazie alla Guerra del Vietnam poterono accogliere tutti quelli che non volevano essere reclutati, e questo li spinse in politica, cambiando completamente la natura della fine degli anni '60.
Perciò, in un mondo dove la Guerra del Vietnam è finita prima e gli USA hanno vinto, gli hippie non verrebbero mai coinvolti nella politica e noi non avremmo mai avuto la musica di protesta, gli stereotipi degli hippie che molti hanno imparato a detestare, e la parte liberale degli anni '60 avrebbe una vibrazione politica molto differente.
Gli hippie esisterebbero comunque in questo mondo, ma svanirebbero perché non hanno mai avuto uno scopo per esistere e non hanno mai avuto il posto nella politica che hanno avuto nella nostra TL, e sarebbero più come i beatnik o le flapper.
Un altro cambiamento culturale che subirono gli Stati Uniti a causa della Guerra del Vietnam fu la perdita di fiducia nel governo.
Quella in Vietnam fu la prima guerra trasmessa completamente in televisione, e perciò fu la prima guerra della quale la popolazione poté vedere gli orrori del fronte direttamente nelle sue stanze, e agli Americani questo non piacque affatto.
Pensavano che il governo dovesse rendere il conflitto meno sanguinoso, e le notizie delle atrocità commesse dalle truppe americane fecero crollare sempre di più la loro fiducia nel governo, facendogli iniziare a pensare che non fosse molto competente e non stesse conducendo bene la guerra.
Oggi solo il 20% della popolazione americana si fida del governo, e penso che in questa TL la percentuale sarebbe più alta anche con gli scandali Watergate ed NSA.
Parte 3: il resto del mondo.
L'altro grande cambiamento negli Stati Uniti non sarebbe nella sfera culturale, ma nella politica estera: il Vietnam segnò così tanto gli USA che la loro politica estera divenne molto più cauta, così da evitare di far scoppiare un altro Vietnam, ma con una vittoria in quella guerra avverrebbe il contrario: gli Stati Uniti penserebbero di poter essere coinvolti con truppe americane in qualsiasi nazione del terzo mondo contro i Comunisti, e questo condurrebbe ad una vittoria degli USA e all'espansione del capitalismo.
Perciò è più probabile che in questo mondo gli Stati Uniti usino truppe contro le nazioni Comuniste, perché questa strategia ha già funzionato in Corea e Vietnam.
Probabilmente pochi di voi sanno della Guerra dell'Ogaden, perciò la spiegherò brevemente qui: negli anni '70 la Somalia era uno stato sostenuto dai Sovietici, mentre l'Etiopia era sostenuta dall'Occidente, ma nel 1977 l'Etiopia subì un colpo di stato Comunista e allo stesso tempo la regione etiope dell'Ogaden, etnicamente somala, si ribellò contro il governo centrale.
La Somalia, per aiutare i suoi cugini in Etiopia, invase quel paese, ma l'Unione Sovietica non fu affatto felice di ciò, tolse gli aiuti alla Somalia e li diede all'Etiopia.
Allo stesso tempo l'Occidente iniziò a rifornire la Somalia perché sconfiggesse l'Etiopia Comunista, ma alla fine gli Etiopi batterono i Somali con l'aiuto dei Comunisti.
In questo mondo gli Stati Uniti aiuterebbero i Somali contro l'Etiopia perché preoccupati dal fatto che i Comunisti potrebbero prendere il controllo di tutto il Corno d'Africa, controllando così tutto il traffico in transito lungo il Canale di Suez, e perciò gli USA coadiuverebbero militarmente la Somalia contro l'Etiopia con truppe di terra come fecero in Corea e Vietnam, visto che la cosa ha funzionato in tutte e due le occasioni precedenti.
Se l'invasione italiana dell'Etiopia nel 1938 ebbe problemi, gli USA vincerebbero la guerra molto in fretta, diversamente dagli Italiani che trovarono difficoltà nello sconfiggere l'Etiopia, e quello italiano fu francamente il peggior esercito della Seconda Guerra Mondiale.
E così l'Etiopia verrebbe conquistata dalle potenze occidentali, e dopo la guerra si allineerebbe con l'Occidente.
In questa TL la Somalia non precipiterebbe mai nel caos totale come nella nostra TL, a causa degli investimenti americani per sconfiggere l'Etiopia, dei soldi che le truppe americane spenderebbero in quel paese, e dei rifornimenti che raggiungerebbero la Somalia.
Dopo la Corea, il Vietnam e l'Etiopia la maggior parte delle nazioni Comuniste capirebbero la follia dell'invadere un paese non Comunista, temerebbero la vendetta americana e negli anni '70 e '80 non vedremo molte guerre simili.
Vedremo anche un'espansione degli alleati americani, visto che i paesi inizierebbero a pensare che avere gli USA come alleati sarebbe un'ottima idea, considerato che ti proteggerebbero da tutti i paesi vicini che vogliono farti del male.
Questo terrorizzerebbe l'URSS, che inizierebbe a temere che gli USA stiano diventando troppo potenti e che il Comunismo stia perdendo importanza, e quindi tenterebbe con ogni mezzo di tenersi stretti i suoi alleati, agendo molto più bruscamente e militarmente in caso di minacce ad uno di essi.
Ma dato che la maggior parte degli alleati o possibili alleati in pericolo dell'Unione Sovietica sono in Africa o in America, e quindi inaccessibili direttamente a causa del controllo degli oceani da parte della US Navy, l'URSS investirebbe pesantemente su Cuba perché agisca al posto suo, concedendole denaro e armi.
Se la Cuba Comunista cadrà dopo il collasso dell'Unione Sovietica a causa dei maggiori investimenti Sovietici è dubbio.

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Pochi conflitti ai quali hanno partecipato gli Stati Uniti recano la stessa infamia e controversia della Guerra del Vietnam.
Negli anni precedenti al conflitto, durante i quali era nota come Guerra d’Indocina e veniva combattuta tra le forze francesi e quelle indipendentiste, gli Stati Uniti rimasero neutrali, e difatti esitarono a lasciarsi coinvolgere, dato che con l’inizio della Guerra Fredda essi adottarono non solo una politica anticomunista, ma anche di antimperialismo europeo, cosa che, riguardo all’Indocina e poi in gran parte dell’Africa, lasciò gli Stati Uniti fra l’incudine e il martello.
Il leader delle forze indipendentiste vietnamite Ho Chi Minh, nazionalista e Comunista, lanciò degli appelli agli Stati Uniti nella speranza di ottenere il loro sostegno contro la Francia.
Nel frattempo anche gli stessi Francesi si stavano avvicinando essi stessi al Comunismo, col loro partito Comunista che stava acquistando sempre più popolarità mentre le risorse infinite delle loro colonie si dileguavano.
Si trattava di una scelta difficile tra l’aiutare una fazione Comunista contro una imperialista o il contrario, e dato che la prima opzione portava con sé il rischio di far penetrare più in profondità i Sovietici nell’Europa occidentale, per non parlare dell’Asia orientale, gli Stati Uniti si mossero per sostenere la Francia, all’inizio in modo leggero, solo tramite aiuti finanziari o logistici.
Ufficialmente gli Stati Uniti non schierarono truppe sul terreno, per citare il presidente Repubblicano Dwight D. Eisenhower: “Abbiamo votato per il metodo più economico per impedire che avvenga qualcosa che per gli Stati Uniti d’America avrebbe un significato tremendo”, riferendosi al concetto della Teoria del Domino, secondo la quale i Sovietici avrebbero espanso gradualmente la sfera Comunista per invadere e alla fine circondare le nazioni occidentali.
È una nozione che venne riecheggiata dai suoi successori Democratici, John Fitzgerald Kennedy, Lyndon B. Johnson e, in misura minore, dal Repubblicano Richard Nixon, che però a quel punto era più preoccupato di come la perdita di un territorio avrebbe danneggiato la fiducia di Americani e occidentali e avrebbe rinvigorito i Comunisti, e da qui venne la sua strategia di concludere la guerra con “pace e onore”.
Anche se Nixon fece terminare la guerra essa di fatto si era già presa il suo tributo in termini di orgoglio, fiducia e determinazione americane.
Alla fine le forze americane si ritirarono dal Vietnam, lasciando quello che rimaneva dei combattimenti ai disorganizzati Sudvietnamiti.
Le forze Comuniste del nord presero presto il potere nel sud e nelle vicine Cambogia e Laos, riunendo la nazione come forza filosovietica che poco dopo sarebbe entrata in conflitto con la Cambogia appoggiata dai Cinesi, o Kampuchea Democratica, come era nota all’epoca.
Questo conflitto, noto come Terza Guerra d’Indocina, sarebbe stato motivato dal desiderio di dominio nella regione.
Le inimicizie storiche e i disaccordi ideologici avrebbero aperto una breccia nella facciata internazionalista Comunista che già si stava sgretolando.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, beh, come detto prima, la loro fiducia e orgoglio subirono un colpo dal quale probabilmente dobbiamo ancora recuperare.
Ogni sforzo militare seguente incontrò enormi valutazioni, giustificate o meno, e non è azzardato dire che la ferita più grave inferta all’America in quel conflitto fu psicologica e culturale.
Ma se tutto questo cambiasse? E se in una TL alternativa gli Stati Uniti riuscissero ad ottenere una vittoria sia politica che culturale, sconfiggendo le forze Comuniste senza perdere il sostegno del pubblico in modo così drammatico? Beh, da quello che risulta le forze americane stavano offrendo ottime prestazioni in battaglia.
In termini di numeri, addestramento, risorse e armi gli Stati Uniti erano diverse spanne avanti alle forze dei Vietcong e dei Nordvietnamiti, il problema sorgeva quando ci si chiedeva se fosse il nord o il sud ad avere più voglia di sopravvivere.
Il Vietnam del Nord, anche se aveva adottato ideali collettivisti e Comunisti, aveva nel suo nucleo un movimento nazionalista che mirava all’unificazione dei suoi territori storici e alla libertà totale dall’oppressione delle potenze straniere, inclusa perfino la confinante Cina Comunista.
Il Vietnam del Sud era invece un tentativo francese prima e americano poi di mantenere la presa su una regione che non era né completamente occidentalizzata né completamente colonizzata.
La sua leadership era impopolare e veniva percepita come un fantoccio della Francia o dell’occidente.
Il suo governo veniva spesso visto come repressivo e non rappresentativo del popolo, e i suoi abitanti, che erano filo-occidentali, arrivarono semplicemente a preferire l’emigrazione in Francia o negli Stati Uniti piuttosto che difendere la propria terra.
Nel frattempo altri, in particolare gli agricoltori rurali, arrivarono a percepire gli Stati Uniti come la vera forza invaditrice occupante, e si allinearono con i Comunisti.
Nonostante le industrie, le infrastrutture, l’istruzione e la produzione agricola della regione videro un boom, alla sua popolazione mancavano lo stesso zelo e motivazione del nord, ed è per questo che l’intervento americano e francese fu cruciale perché il sud continuasse ad esistere.
Esso semplicemente non voleva esistere quanto il nord, e alla fine, quando perfino gli Stati Uniti iniziarono a pensare che non ne valeva più la pena, il Vietnam del Sud cessò di esistere.
Questo vuol dire che senza qualcosa per la quale valga seriamente combattere e intorno alla quale riunirsi, l’unico modo per mantenere il Vietnam libero dai Comunisti per il resto della Guerra Fredda sarà un’occupazione militare a tempo indefinito stile Medio Oriente, anche se questa potrebbe terminare gradualmente con una politica di vietnamizzazione più estesa, ovvero la lenta sostituzione dei soldati in quella nazione con forze vietnamite appena addestrate, che per questo lavoro avrebbero anche bisogno di un leader carismatico e dedito alla causa dell’indipendenza vietnamita come Ho Chi Minh, ma non Comunista.
Perciò, come potrete probabilmente capire, questo è molto più complicato di quanto sembra, e soprattutto va fatto all’interno di una specifica cornice di tempo per impedire la disillusione statunitense nei confronti del conflitto e di conseguenza un calo degli sforzi che nel nostro mondo portò gli USA a ritirarsi.
Ci sono due modi in cui questo potrebbe avvenire: il primo è semplicemente distruggere il Sentiero di Ho Chi Minh che attraversava il Laos.
Il Sentiero di Ho Chi Minh era il percorso segreto di invasione settentrionale utilizzato per infiltrare agenti, armi e informazioni nel sud, ed ebbe un ruolo importante nello sforzo bellico settentrionale.
All’inizio ci furono richieste di fare esattamente questo, distruggere il sentiero, ma il Presidente Johnson si rifiutò di farlo per non compromettere la neutralità del Laos.
Se il sentiero fosse stato distrutto i Vietcong sarebbero rimasti senza coordinazione e risorse, cosa che li avrebbe fatti rimanere alle strette e avrebbe costretto il nord o ad accettare la presenza americana nel sud, cosa che non voleva fare, o a lanciare un’offensiva diretta dal loro confine, che sarebbe stata facilmente sconfitta con una giustificabile rappresaglia.
L’alternativa a tutto questo sarebbe stata una reazione più aggressiva in seguito all’Offensiva del Têt: quest’offensiva fu un attacco a sorpresa contro il sud eseguito dai Vietcong durante il capodanno vietnamita, e fu un assalto a livello nazionale a diverse città nella speranza di scatenare una rivolta.
Quello che rende questo evento così importante è il ruolo tremendo che ebbe nel far calare la credibilità del presidente non solo fra il pubblico, ma anche tra le forze armate e il governo, dato che egli aveva rilasciato diverse affermazioni e rapporti ottimistici poco prima di quella che i media mostrarono come una catastrofe, rendendo sicuro agli Stati Uniti che in realtà la guerra non sarebbe stata vinta e che prima che finisse sarebbe stato necessario che altri 200.000 soldati si sarebbero dovuti unire alla lotta.
Contrariamente alla reazione del pubblico e dei media, però, quest’offensiva risultò in perdite enormi per il nord, dato che privò i Vietcong dal 50 al 70% delle loro forze e ispirò nel sud il risentimento necessario per intraprendere azioni contro il nord Comunista, ma la spavalderia americana svanì e il movimento contro la guerra acquistò slancio.
I soldati americani iniziarono a parlare di tornare a casa, e quella che in origine il nord considerava una grande sconfitta ora veniva vista come la più grande delle vittorie, perché rivolse la coscienza degli Stati Uniti contro il proprio governo, una strategia che gli stessi Sovietici avevano già intuito e della quale sfruttarono i vantaggi per tutta la Guerra Fredda, o, per citare un ex capo di stato maggiore vietnamita, “L’America perse a causa della sua democrazia, per mezzo del dissenso e delle proteste perse l’abilità di creare la volontà di vittoria”.
Supponiamo che in questo mondo l’Offensiva del Têt diventi un’immediata chiamata alle armi per i Sudvietnamiti: all’epoca il Presidente Thiệu, che in quel momento era lontano dalla capitale, lasciò che il suo vicepresidente, Kỳ, lo mettesse in ombra come eroe di questo evento e che si prendesse carico della nazione.
Nel nostro mondo il presidente veniva percepito come un politico corrotto, una reputazione forse non troppo lontana dalla realtà, e non aiutava il fatto che fosse Cattolico in una nazione prevalente non Cattolica e che il suo vicepresidente, che all’epoca era un suo importante rivale popolare fra i militari, venne costretto ad abbandonare il suo incarico.
In realtà il presidente era poco più di una figura rappresentativa, ed era di fatto il Vicepresidente Kỳ, assieme al suo comitato militare, ad avere il vero potere, o piuttosto a far sì che le cose venissero portate a termine.
Facendo dimettere il suo vicepresidente, Thiệu in pratica negò al Vietnam del Sud la sua più grande opportunità di forza militare e unità nazionale, ma in questo mondo le cose vanno in maniera un po’ diversa: il presidente, capendo il bisogno di intraprendere azioni rapide e riconoscendo l’autorità e le capacità del suo secondo in comando, decide di fare un passo indietro e di permettere a Kỳ di dirigere liberamente l’esercito come più gli aggrada e di infiammare il pubblico contro quello che, come è evidente, è un nemico condiviso che minaccia tutti.
Grazie ad una migliore mobilitazione, in questa TL i danni sono significativamente ridotti, e c’è una rappresaglia del sud su larga scala.
I media americani riporteranno l’incidente, ma invece di dipingerla come una vittoria di un nord che ha sfruttato la mancanza di preparazione da parte degli Stati Uniti, ritraggono invece un attacco gestito male del nord che ha risvegliato un gigante che dorme.
Dato che la guerra sembrerà favorire ancora una volta gli Stati Uniti e il sud, il sostegno del pubblico rimarrà alto e il movimento contro la guerra si rimpicciolirà.
Se presumiamo che in questa TL Nixon vincerà comunque le elezioni, il suo riavvicinamento con la Cina e l’URSS alla fine isolerà il Vietnam del Nord, mettendolo nella posizione di accettare le richieste occidentali, sempre ammesso che a questo punto non sia stato già sconfitto, la migliore ipotesi di quando finirà la guerra sarà probabilmente tra il 1970 e il 1973.
Le due metà del paese si riuniranno sotto la leadership del Presidente Kỳ, che rimarrà al potere ma permetterà lo svolgimento di nuove elezioni per la nomina di ministri e rappresentanti come dimostrazione di ritrovata unità della nazione e mantenimento della fragile pace.
Il Partito Comunista verrà messo fuorilegge e i suoi sostenitori più radicali verranno arrestati o purgati, ma ad alcuni elementi Comunisti minori verrà permesso di rimanere e gli verranno perfino concesse posizioni di potere, dato che Kỳ riconosceva apertamente che i Comunisti erano più vicini ai desideri dei Vietnamiti di giustizia sociale e vita indipendente.
Questo si tradurrà in una ridistribuzione e in un programma di quote per alcune fattorie, ma alla fine l’inefficace collettivizzazione delle terre vista nel nostro mondo verrà scartata.
Un’affermazione interessante che è stata fatta spesso sul Vietnam è che nonostante il successo del nord nel vincere la guerra, questi, quando si assunse il compito di ricostruire la nazione, incontrò difficoltà tremende.
Il sud, invece, col sostegno dell’occidente, riuscirà a dare il via all’industrializzazione, e la sua produttività aumenterà drasticamente.
È probabile che il Vietnam di questo mondo sarà ancora più avanzato e molto più preparato ad affrontare la rivale Cambogia nel suo consolidamento di potere in Indocina, portando l’intera regione nel blocco anticomunista.
Ora, nonostante una forte posizione anticomunista e l’ammirazione per il progresso occidentale, sarebbe diventata una grande priorità asserire l’indipendenza vietnamita sia dall’occidente che dall’oriente.
L’asserzione di Kỳ dell’indipendenza vietnamita incontrerà il grande sostegno della popolazione sia del nord che del sud, dato che ancora una volta, andando oltre le etichette di Comunismo e anticomunismo, il Vietnam vorrà nel suo profondo liberarsi dal dominio delle potenze più grandi.
Perfino lo stesso Kỳ vedeva la guerra come una vergognosa battaglia tra fratelli alimentata dagli interessi stranieri.
Col passare degli anni l’illusione del ristabilimento della democrazia svanirà gradualmente, e Kỳ assumerà poteri dittatoriali in una maniera simile a quella delle dittature sudamericane.
La nazione attirerà le risorse americane necessarie per impedire una nuova ascesa dei Comunisti, risorse che verranno dirette al miglioramento degli standard di vita del Vietnam e lo renderanno un eccellente modello per l’Asia sudorientale, nonostante la repressione politica del governo.
Per gli Stati Uniti una vittoria in Vietnam di questo genere farà grandi cose per il morale della nazione e le relazioni fra civili e governo, diminuendo di molto il livello di dissenso politico e sociale tra i baby boomer e avvalorando le strategie di contenimento adottate finora dagli USA.
I soldati americani oltremare verranno gradualmente sostituiti da un rivitalizzato esercito vietnamita, e gran parte di essi verrà riportata a casa, eccetto una piccola forza di pace al nord.
Nonostante quello che pensano alcuni, una vittoria in Vietnam, anche se riaffermerà l’efficacia del contenimento, non incoraggerà più azioni militari delle stesse dimensioni viste in questa guerra in altre nazioni.
Gli Americani riconosceranno ovviamente quanto è stato devastantemente costoso questo sforzo, e anche se l’opposizione agli sforzi bellici del governo è diminuita sarà piuttosto ovvio a tutti, specialmente a coloro che sono in alte posizioni militari e di governo, che ci sono approcci migliori dell’occupazione a pistole spianate di una terra straniera, e verrà fatta la scelta di appoggiare gruppi anticomunisti moralmente compromessi, in segreto, ovviamente.
Questa è una tattica già utilizzata dagli Stati Uniti, ma che poi perse favore a causa della sfiducia dei civili nel governo e sarebbe poi stata stroncata dalla War Powers Resolution, dal Clark Amendment e dal Boland Amendment, che in breve ridussero le capacità dell’esecutivo di ordinare o sostenere azioni militari senza l’approvazione del Congresso.
Poiché in questo mondo l’azione militare ha avuto successo ma si è dimostrata estremamente costosa, questi metodi più subdoli e segreti potrebbero diventare più attraenti e accettati dall’establishment, soprattutto in caso di sostegno a quelli che potrebbero essere visti come regimi coloniali od oppressivi come quelli di Sudafrica, Rhodesia e Israele.
In questo mondo verranno costituiti nodi operativi dai quali verranno identificati ed eliminati i gruppi Comunisti e dissidenti nei paesi loro vicini, arrivando alla conclusione che anche se queste azioni sono moralmente compromettenti non sarebbe pratico fare altrimenti e che questi mali necessari saranno sicuramente impopolari fra il pubblico, perciò, per amore della sicurezza nazionale e del mondo dall’espansione Comunista queste operazioni devono rimanere clandestine.
In teoria tutto questo sarà più o meno come la pianificata espansione dell’Operazione Condor, un progetto di collaborazione con le dittature del Sudamerica per identificare, sopprimere ed eliminare potenziali minacce Comuniste.
Germania Ovest, Inghilterra e Francia furono molto interessate a questo progetto, e considerarono l’implementazione di tattiche simili in Europa occidentale, cosa che potrebbero fare in questa TL.
Anche se presumiamo che la CIA subisca un colpo simile a quello seguente allo Scandalo Watergate, se queste operazioni estese sono state già messe in moto è assolutamente possibile che rimangano in piedi sotto forma di un Safari Club esteso.
Il Safari Club era un’organizzazione che sarebbe diventata nota come una “seconda CIA”, formata dalle agenzie di intelligence congiunte di Francia, Israele, Sudafrica e Arabia Saudita, giusto per fare qualche nome, che aveva l’obiettivo di prendersi carico delle operazioni di intelligence anticomuniste nel caso l’agenzia di intelligence americana si fosse ritrovata con le mani legate dalle leggi.
Questo mondo alternativo, almeno fino a questo punto, sarà uno nel quale gli Stati Uniti riescono a tenere i loro segrete nascosti meglio.
La Guerra del Vietnam, al di fuori della geopolitica, ha avuto un profondo impatto sulla psiche americana: il popolo americano, la coscienza della nazione, vide lo sporco interiore della guerra e si voltò dall’altra parte disgustato, non fidandosi più della sua mente e del suo corpo sui mali necessari e sulle decisioni difficili che aveva fatto una volta.
In questo mondo alternativo tutto questo non succede, la guerra viene vinta proprio come avevano detto i politici, e a scanso di scandali tra i partiti politici gli Stati Uniti vedranno un’ascesa della positività.
Le relazioni con la Cina e i Sovietici miglioreranno, mentre l’attenzione dei media verrà distolta dai conflitti internazionali verso problemi interni, permettendo alla Guerra Fredda di essere combattuta in silenzio e lontano dalla vista, permettendo al pubblico di andare avanti con la propria vita beatamente ignaro.

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Altra fatica di Generalissimus, che stavolta ha tradotto questo video:

E se Castro non fosse mai arrivato al potere?

Per molti Americani Cuba è una nazione Comunista da prima che nascessero.
Per più di 50 anni Cuba è stata sottoposta ad un embargo da parte degli Stati Uniti, anche se per uno strano caso le relazioni stanno di nuovo migliorando tra gli un tempo feroci nemici.
Perché Cuba è diventata Comunista? Per diversi fattori: il coinvolgimento americano, il sostegno ad un dittatore e l'ascesa di Fidel Castro, che portò Cuba sotto il dominio di un unico partito.
La sua ascesa al potere fu una delle più influenti del 20° secolo e portò la Guerra Fredda a due passi dagli USA, iniziando quasi una guerra nucleare come risultato.
Ma ora dopo mezzo secolo la diplomazia è tornata a far sentire la sua voce, e questo fa sorgere la domanda: e se le comunicazioni fra gli USA e Cuba non si fossero mai interrotte? E se in una TL alternativa Castro non arrivasse mai al potere? E se non rendesse mai Cuba Comunista? Beh, ecco uno scenario, ma prima di arrivarci ecco un po' di storia veramente semplificata, se volete saltarla cliccate su Castro.
Cosa condusse davvero alla Rivoluzione cubana? Le sue origini risalgono alla nascita di Cuba.
Fin dalla Guerra Ispano-Americana Stati Uniti e compagni avevano forti interessi nelle risorse, nei territori e nel governo cubani, trovarsi a 200 chilometri da una potenza in ascesa non era la situazione migliore per la piccola isola-nazione.
L'Emendamento Platt nella costituzione cubana praticamente lasciava gli USA in controllo dei diritti e degli affari cubani senza che l'isola venisse annessa.
Questo emendamento venne abolito negli anni '30 col trattato tra i due paesi, ma la partnership tra Cuba e l'America rimase pesantemente sbilanciata fino agli anni '50, le compagnie statunitensi controllavano le risorse più importanti come lo zucchero e altre coltivazioni.
Avanti veloce fino al 1952: Cuba sta per tenere le elezioni ma, sapendo che le avrebbe perse, Fulgencio Batista organizza un colpo di stato militare contro il governo, cancellando le elezioni e sospendendo la costituzione democratica del 1940.
Questa mossa fece infuriare molti, incluso un giovane avvocato candidato al governo di nome Fidel Castro.
Sotto il governo di Batista la corruzione e le influenze esterne dilagarono, i mafiosi aprirono casinò all'Avana, le imprese americane utilizzavano la terra come volevano, e il suo dominio divenne disprezzato da molti Cubani impegnati in politica.
Credendo che il governo non potesse essere cambiato dall'interno, Fidel, assieme a suo fratello Raul e un centinaio di altri ribelli, attaccarono una base militare per impossessarsi delle armi, ma quest'azione si concluse in fallimento, con la maggior parte dei ribelli giustiziati ed entrambi i fratelli sbattuti in prigione.
Batista li rilasciò a causa della pressione, e i Castro fuggirono in Messico per elaborare nuovi piani.
Fidel, Raul e un medico argentino chiamato Ernesto "Che" Guevara trovarono nuovi sostenitori e tornarono a Cuba nel 1956, solo per essere massacrati di nuovo ed essere costretti a fuggire sulle montagne.
Batista pensava che nessuno sarebbe potuto sopravvivere sulla Sierra Maestra, ma da quella zona Castro ottenne altri sostenitori e il suo esercito raggiunse le 300 unità.
Nei due anni successivi il suo esercito, il Movimento del 26 Luglio, rimase sulle montagne, guadagnandosi lentamente il sostegno dei locali mentre combatteva le forze di Batista.
In tutta Cuba il risentimento contro il regime esplose, e nel 1957 un fallito tentativo di assassinio contro Batista da parte di alcuni studenti e la brutale repressione degli oppositori del suo governo portarono gli USA a prendere le distanze da Cuba.
Castro ottenne il riconoscimento internazionale per la sua guerra contro il dittatore e venne lodato dai media di tutto il mondo.
All'epoca Castro non stava combattendo per il Comunismo, era semplicemente un combattente per la libertà.
Nel 1958 Batista inviò oltre 10.000 soldati nella Sierra Maestra per porre fine all'offensiva di Castro, ma quest'operazione finì in fallimento e Castro riuscì ad andare all'offensiva contro il governo.
Nel 1959 Batista capì che il suo regno era finito e scappò da Cuba per andare in esilio.
Castro condusse il suo esercito attraverso l'isola, conquistando facilmente le città lungo il suo percorso ed entrando all'Avana da eroe.
Ma la sua immagine di eroe iniziò a venire erosa, dato che i piani di Castro per una Cuba democratica divennero una promessa a vuoto.
All'inizio ci furono delle purghe contro gli ex sostenitori di Batista, ma poi Castro si rivolse gradualmente contro i non Marxisti, anche se erano dei suoi ex alleati.
Presto Cuba divenne uno stato Comunista monopartitico.
E se Castro non arrivasse mai al potere? Diciamo che in questa TL alternativa Castro viene ucciso invece di essere catturato e mandato in carcere per l'assalto alla base militare, entrambi i fratelli Castro, Fidel e Raul, vengono giustiziati prima ancora del processo.
Fidel non pronuncia mai il suo famoso discorso La Storia mi Assolverà, il Movimento del 26 Luglio non nasce perché entrambi i suoi fondatori sono morti, "Che" Guevara non va mai a Cuba ad aiutare la rivoluzione e non diventa un'icona mondiale.
Questo non vuol dire che la rivoluzione si fermerà, dato che alla fine degli anni '50 Batista era estremamente odiato da tutti i Cubani.
Il suo regime uccideva migliaia di civili, censurava la stampa, metteva a tacere gli oppositori politici e trasformò Cuba in uno stato di polizia.
Se il movimento di Castro fosse finito prima di iniziare è probabile che altri gruppi avrebbero preso il suo posto, uno di questi era il Direttorio Rivoluzionario Studentesco, che lanciò attacchi contro i sostenitori di Batista.
Anche senza Castro, il regime di Batista aveva i giorni contati, e in questa TL Batista perde comunque il sostegno del governo americano per via della sua repressione degli oppositori.
In questa TL ci vorrebbe più tempo perché cada, ma sembra che sarà una conclusione inevitabile.
Il futuro di Cuba dipende da chi prenderà il potere dopo la caduta di Batista, molto probabilmente sarà un moderato che mira ad elezioni democratiche e giuste.
Molti ribelli, inclusi quelli che hanno combattuto con Castro, non combattevano per il Comunismo, ma per la democrazia.
In HL il gabinetto di Castro includeva moderati che volevano le elezioni, prima di fuggire dopo aver visto le vere intenzioni di Castro.
Senza Castro è molto improbabile che Cuba diventi uno stato Comunista, molto probabilmente sarà uno stato democratico con idee Socialiste, come gli stati europei e latinoamericani moderni.
In questa TL alternativa Cuba avrebbe una democrazia legittima basata sulla costituzione del 1940, presumendo che il governo rimanga stabile nei successivi 50 anni.
Questo non significa che sarà tutto rose e fiori, anche senza Castro e monopartitismo a dominare Cuba ci sarebbero limitazioni alla libertà di parola e ad altre forme di espressione politica.
Castro portò alcuni cambiamenti positivi a Cuba, le sue riforme del welfare sociale aiutarono a colmare il divario tra ricchi e poveri, emanò nuove leggi per eliminare le discriminazioni razziali e di genere e fece arrivare l'istruzione nelle parti rurali di Cuba.
Se al potere ci fosse un leader più conservatore è probabile che in questa TL alternativa il progresso sociale a Cuba sia molto meno avanzato, e gli USA controllerebbero ancora la maggior parte delle risorse di Cuba.
Amo l'America, è la mia patria, ma è arcinoto che alle nazioni potenti piace controllare quelle più piccole, e questo veniva visto perfino come un problema da John Kennedy, che affermava "Credo che tra tutti i paesi del mondo, inclusi quelli sotto il dominio coloniale, la colonizzazione economica, l'umiliazione e lo sfruttamento siano peggiori a Cuba, in parte a causa delle politiche del mio paese durante il regime di Batista".
Essendo a soli 200 chilometri dalla costa, la situazione geografica sfortunata rendeva quelle isole un inevitabile forziere per gli interessi americani, senza la presa del potere da parte dei Comunisti e l'isolamento del paese Cuba sarebbe rimasta una repubblica delle banane al servizio delle compagnie americane.
Forse in questa TL alternativa ci saranno delle riforme per distribuire meglio le risorse tra la popolazione cubana, le riforme terriere sarebbero il problema più urgente.
L'Avana oggi sarebbe un'importante città turistica per i paesi americani vicini, ma non sarebbe la Las Vegas che era sotto Batista, semplicemente perché la mafia non avrebbe molta influenza, ma sarebbe comunque una delle città più prospere dell'emisfero occidentale.
Gli effetti della mancanza di Castro sono chiarissimi, cambierebbe la gran parte della situazione politica in America Latina.
Castro era più del leader influente che tendiamo a considerare oggi, non voleva diffondere il Comunismo solo a Cuba, ma anche nel resto del mondo.
Finanziò movimenti di guerriglia di sinistra in America Latina e contro le potenze coloniali in Africa, mandando persino truppe in Nicaragua e Angola.
In questa TL alternativa le rivoluzioni Socialiste non vengono finanziate dal governo cubano, e così gli USA non finanziano dittatori di estrema destra per combattere le milizie di sinistra cubane.
La Crisi dei Missili cubana ovviamente non avviene, trasformando la politica della Guerra Fredda.
La Crisi dei Missili terrorizzò l'URSS e gli Americani a tal punto che stabilirono una linea di comunicazione, così che quella situazione non si ripetesse mai più.
La demografia di Miami e della Florida meridionale cambierebbe, nella nostra TL ci fu un esodo da Cuba quando Castro prese il potere.
Senza la salita al potere dei Comunisti ci sarebbe una minore influenza ispanica in Florida.
Questo è solo uno degli innumerevoli scenari, ma una cosa è certa: senza Castro è molto improbabile che Cuba passi al Comunismo.
Cuba sarebbe come una qualsiasi delle democrazie latinoamericane, non perfetta ma certamente con più libertà politiche rispetto alla nostra TL.
Sarebbe ancora sotto una forte influenza americana, ma a causa delle pressioni forse le risorse potrebbero essere restituite al popolo cubano, ma questa è un'ipotesi ottimistica.

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Sempre Generalissimus ha tradotto per noi un altro video di Youtube:

E se il piano terroristico contro Cuba prendesse il via?

Gli Stati Uniti erano arrabbiati per la perdita di Cuba.
Immensamente arrabbiati.
Arrabbiati come quando vi ritrovate con la connessione wi-fi lenta.
I generali erano arrabbiati perché Cuba era passata al Comunismo e per l'imbarazzo della Baia dei Porci, ma avevano una soluzione.
Una soluzione oscura ed estrema: attacchi terroristici contro la propria stessa popolazione.
Questa era l'Operazione Northwoods, un piano per detronizzare Castro, ora reso pubblico, consegnato al Presidente Kennedy dagli Stati Maggiori Congiunti nel 1962.
Il piano serviva ad ottenere il sostegno in patria per un'invasione di Cuba.
Gli USA avrebbero commesso ogni tipo di attacco terroristico contro i propri cittadini, dato la colpa a Castro, e fatto chiedere la guerra ad un'opinione pubblica infuriata.
Gli USA si sarebbero poi appellati alla comunità internazionale, definendo Cuba una minaccia per l'emisfero occidentale da rimuovere.
Kennedy rifiutò questo piano, e alla fine Lyman Lemnitzer, che firmò il piano, venne rimosso dall'incarico, diventando Comandante Supremo Alleato della NATO.
L'Operazione Northwoods non andò più avanti di così, e a Cuba e USA venne risparmiata la guerra.
I generali persero quel round contro Kennedy e non ci furono attacchi contro gli Americani.
Due anni dopo ci fu l'Incidente del Golfo del Tonchino e gli USA iniziarono le operazioni in Vietnam.
Ma cosa succederebbe se in una TL alternativa l'Operazione Northwoods partisse, o, irrealisticamente, con l'approvazione di Kennedy, o, più probabilmente, alle sue spalle? Ecco uno dei tanti scenari: il documento non parla di inscenare un solo incidente, perciò non sappiamo al 100% come sarebbe stato eseguito il piano, ma abbiamo un'ampia gamma di idee, perciò menzionerò solo i suggerimenti presenti nel documento reso pubblico sull'Operazione Northwoods.
C'erano piani per: inscenare un attacco a Guantanamo; far esplodere una finta zattera di rifugiati cubani; attaccare davvero Guantanamo; far esplodere una vera zattera di rifugiati cubani; dirottare un aereo civile; uccidere Cubano-Americani innocenti o fare attentati dinamitardi nelle principali città americane; abbattere un aereo passeggeri, nello specifico uno pieno di studenti universitari; ehm, un incidente in stile "ricordatevi della Maine"; e una non specificata diffusa campagna terroristica dei Comunisti cubani nelle principali città americane.
Dopo uno qualsiasi di questi attacchi gli USA avrebbero dato immediatamente la colpa a Castro, fornendo prove artefatte.
L'invasione di Cuba ottiene il pieno supporto da parte di un pubblico americano infuriato, e i cittadini patriottici correrebbero ad arruolarsi per suonarle ai Cubani.
Il piano fu suggerito nel Marzo 1962, e quindi la Crisi dei Missili non era ancora avvenuta, e non sarebbe scoppiata che in estate, quando i Russi iniziarono a costruire siti di lancio sull'isola.
Per i generali l'Unione Sovietica non era una preoccupazione, perché Cuba non faceva parte del Patto di Varsavia, ma se gli USA l'avessero invasa questo sarebbe risultato in enormi tensioni con l'URSS o una guerra nucleare.
Non è facile dire come sarebbero cambiate le relazioni se scoppiasse un conflitto simile con Cuba.
Una guerra convenzionale, comunque, porterebbe via le vite di migliaia di Americani e Cubani innocenti, secondo il Pentagono un'invasione americana di Cuba avrebbe causato almeno 18.000 morti americani e innumerevoli morti cubani.
In questa TL Castro verrebbe rovesciato in modo relativamente rapido, o verrà ucciso o verrà costretto alla clandestinità, ma questo non vuol dire che i problemi degli Americani sarebbero finiti.
Alcuni Cubani prenderebbero le armi contro gli Statunitensi a causa della storia di incursioni americane nell'isola, e gli Americani si ritroverebbero a combattere contro la guerriglia.
Non è facile prevedere come sarà questo nuovo governo cubano, questo è solo uno scenario, dato che ci sono innumerevoli modi in cui potrebbe andare questa TL alternativa.

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Altro lavoro di Generalissimus:

E se la Crisi dei Missili di Cuba degenerasse?

Nel 1861 Richard Gatling inventò un'arma che tramite la semplice rotazione di una manovella poteva fornire la potenza di fuoco di quaranta uomini e ucciderne altrettanti.
Le motivazioni che spinsero Gatling a crearla erano semplici: se un'arma è così distruttiva sarà un deterrente che instillerà nelle nazioni il terrore di andare in guerra.
Ma Gatling si sbagliò, perché la sua invenzione fu usata dall'Unione contro i ribelli solo un anno dopo.
I conflitti diventarono semplicemente più distruttivi, il fine giustificava ancora i mezzi senza tenere conto del numero di morti.
La filosofia di Gatling alla fine si avverò, ma non per mezzo della sua arma: le bombe atomiche sono così devastanti da essere diventate loro il deterrente invece della sua arma.
Il terrore della distruzione totale impedisce ai paesi di utilizzare l'opzione militare di cui avrebbero potuto usufruire secoli prima, ed è per questo che ci troviamo nell'era di pace più lunga della storia umana.
Ma ci sono stati alcuni momenti in cui quella mitragliatrice Gatling venne quasi usata: per due settimane nel 1962 ci fu una tale confusione e tensione che sembrava che il fine giustificasse i mezzi.
I Sovietici stavano costruendo in segreto siti missilistici a Cuba, e questo per gli Stati Uniti era inaccettabile .
In un'era in cui gli ICBM non potevano attraversare l'intero pianeta, questi missili così vicini volevano dire che adesso milioni di Americani erano vulnerabili, e anche se gli USA avevano missili in Turchia, questo a quanto pare era un problema, un problema riguardo al quale gli Americani sembravano pronti a combattere.
La Crisi dei Missili di Cuba fu senza dubbio il momento più vicino in cui l'umanità arrivò all'estinzione.
La risposta alla domanda di questo video è piuttosto ovvia, c'è solo un esito che può risultare dall'escalation della Crisi dei Missili, la guerra nucleare totale.
Questo video non è stato pensato per cambiare gli esiti, se gli USA avessero fatto partire la rappresaglia contro Castro o i Sovietici è inevitabile che le atomiche avrebbero iniziato a volare e sarebbero morte milioni di persone, questo scenario riguarda i pochi giorni di conflitto prima che il mondo finisca.
La Crisi dei Missili durò tredici giorni, contando ogni singola ora, e questo video tratta di quelli che sarebbero potuti tranquillamente essere, ma così non è stato, gli ultimi giorni della civiltà umana.
È un Ottobre 1962 alternativo, l'intelligence rivela che i Sovietici stanno lavorando con il regime Comunista di Castro per installare silo per missili nucleari.
Questi hanno un'autonomia che può fargli raggiungere qualsiasi luogo degli Stati Uniti, Seattle esclusa, e il Presidente Kennedy crea immediatamente una squadra di consiglieri chiamata EXCOMM.
Kennedy affrontò una stanza piena di consiglieri che cercavano di convincerlo che l'unico modo per assicurare la sicurezza dell'America era un'invasione su larga scala per distruggere quei siti missilistici.
Nella nostra storia il mito secondo il quale i Kennedy rimasero con la mente fredda mentre i generali gli consigliavano diversamente è vero solo a metà... Letteralmente.
Solo uno dei Kennedy rimase calmo e attese informazioni, secondo dei nastri riguardanti gli eventi resi pubblici di recent Bobby Kennedy, contrariamente a quanto descritto da lui nel suo libro Tredici Giorni, era un inflessibile falco di guerra che non voleva altro che vendicarsi contro Castro per la Baia dei Porci, ed era assolutamente a favore dell'utilizzo della forza per distruggere i silo missilistici.
In questa TL alternativa non bisogna cambiare molto, tutto quello che deve accadere è che il presidente riceva dei consigli sbagliati.
John Kennedy cede alle opinioni di suo fratello e di tutti gli altri e autorizza un'invasione su vasta scala di Cuba per neutralizzare i missili e rovesciare Castro.
Oggi noi consideriamo questo piano folle, e anche se in esso c'era una logica in realtà non ce ne era molta.
Le informazioni affermavano che Cuba aveva solo una testata nucleare mobile, e finché i Cubani non avessero utilizzato alcuna atomica contro gli Americani il piano sarebbe stato eccellente, ma se lo avessero fatto allora Cuba sarebbe stata cancellata dal fuoco nucleare.
La speranza era che non lo avrebbero fatto e che l'invasione avrebbe mantenuto il conflitto limitato, evitando la Terza Guerra Mondiale, ma per il momento gli Americani implementano il blocco.
Il blocco non è un deterrente, serve più a guadagnare tempo mentre l'invasione viene preparata.
I preparativi impiegherebbero una settimana, nel frattempo l'aeronautica verrebbe messa in massima allerta e i B-47 verrebbero preparati.
La mobilitazione è iniziata e a questo punto il pubblico americano è stato informato della crisi, anche se non sa che i piani sono già in esecuzione.
Per non causare sommosse negli stati del sud, questi non vengono informati dei potenziali missili diretti contro di loro nel caso il conflitto sfuggisse di mano.
I movimenti militari vengono spiegati come una difesa contro l'aggressione cubana e il bilancio stimato delle vittime tra le forze americane nella prima settimana si aggira intorno ai 20.000 morti nel caso le atomiche non vengano usate.
I negoziati falliscono e il piano d'invasione viene implementato a fine Ottobre 1962, quando le forze americane raggiungono le coste di Cuba, che viene invasa da nord.
Se quest'invasione sarebbe stata un attacco a sorpresa, una Pearl Harbor ad opera degli Americani, o un attacco di cui sarebbero stati informati i Sovietici, era materia di dibattito nell'EXCOMM, ma in tutti i casi i Cubani vengono schiacciati.
Le campagne di bombardamento americane colpiscono i siti missilistici, mentre sulle spiagge si svolge uno sbarco anfibio nei pressi dell'Avana.
Il mondo è scioccato per quello che sta accadendo, al momento dell'attacco sull'isola ci sono 60.000 soldati sovietici.
Kennedy appare in televisione annunciando la minaccia che i missili pongono alla pace e alla stabilità americana e afferma che Castro ha dimostrato la volontà di danneggiare i suoi vicini.
Lo scopo di tutto questo è addossare tutta la colpa a Castro, così che i Sovietici abbiano una via d'uscita dal conflitto.
Nel frattempo qualsiasi resistenza cubana viene spazzata via, la forza d'invasione corazzata dilaga nel nord del paese e la maggior parte di essa si dirige ad est verso l'Avana.
Immagino che col passare dei giorni gli Americani incontreranno sempre meno resistenza cubana.
Gli Stati Uniti sono fiduciosi del fatto che i Cubani si arrenderanno, dato che le loro difese sono scarse e... Migliaia di Americani vengono vaporizzati in un istante.
I Cubani non avevano solo un lanciatore dotato di testate nucleari, assieme ai Sovietici avevano un centinaio di testate tattiche di cui gli Americani non sapevano nulla.
La forza d'invasione degli Stati Uniti rimane semplicemente intrappolata mentre testate nucleari tattiche vengono utilizzate contro le sue posizioni.
Viene implementato il piano B: bombardamenti nucleari contro Cuba.
Adesso la forza di invasione rimane intrappolata mentre entrambe le parti si scambiano atomiche e la guerra tradizionale diventa immediatamente obsoleta nei primi due giorni.
Al pubblico generale arriverebbero notizie intorno ad ogni ora.
Se tu fossi stato un civile statunitense avresti sentito notizie di carri sovietici a Berlino Ovest, ma poi le notizie si sarebbero interrotte.
Le bombe inizierebbero a cadere con l'inizio della rappresaglia sovietica.
Alla fine del conflitto, valutando le capacità delle forze americane e sovietiche, tecnicamente sarebbero gli Stati Uniti a vincere la guerra.
Morirebbero cento milioni di Americani e al massimo ne rimarrebbero in vita 80 milioni, mentre i Sovietici dovrebbero affrontare i bombardieri americani e i missili Jupiter, il loro intero paese verrebbe distrutto.
In definitiva, oltre questo punto in realtà non ci sarebbe più alcuna storia da raccontare, perché lo scambio nucleare ha distrutto la società umana o perlomeno la maggior parte di essa.
Quelli che sopravvivrebbero affronterebbero l'inverno nucleare e costanti carestie... John F. Kennedy, se verrà ricordato dalle future generazioni, verrà ricordato come l'uomo che ha premuto il pulsante.
La sua eredità diverrebbe la sua ossessione per Cuba, la guerra è stata un suo conflitto... E la sua vendetta personale contro Castro ha posto fine al mondo.

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Perchè No? fa osservare:

Nella serie ucronica francese "Jour J" c'era l'episodio "Apocalypse sur le Texas" con questa idea. Gli USA erano i "vincitori" ma si spaccavano in diversi governi opposti (il Nuovo Sud diretto dal presidente autoproclamato Charlton Heston, governo legitimo diretto dal presidente Kissinger) e altri Stati secessionisti (tra quali il Texas), l'URSS era una no man's land radioattiva. Francia e Gran Bretagna riprendevano allora il loro ruolo di grandi potenze in quanto uniche potenze nucleari superstiti, ma con la concorrenza rapida della Cina comunista e del Messico che ne approfittava per riprendersi i territori del Sud Ovest americano, in particolare contro la Seconda Repubblica del Texas per impadronirsi delle ultime bombe atomiche americane non lanciate.

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C'è poi la proposta di Massimo Berto:

Secondo voi, se JFK non fosse diventato Presidente per un qualsivoglia motivo, sarebbe cambiato qualcosa di decisivo nella storia d'America?

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Bhrghowidhon gli replica:

Sarei orientato per il no; naturalmente dipende soprattutto da chi ci fosse al suo posto, ma il Presidente non è appunto decisivo se non in guerra.

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Ed ecco il contributo di Enrico Pellerito:

Relativamente all'influenza che la mancata elezione di JFK alla Casa Bianca avrebbe potuto significare, certo è che qualcosa fu smossa nel 1960 quando gli Usa, pur con una maggioranza popolare risicata, scelsero di mandare un democratico a governare.
C'era voglia di cambiamento, le tensioni sociali e razziali stavano diventando un fastidio per molti Wasp, sempre più consapevoli che mantenere steccati e inferriate all'interno del corpo sociale non avrebbe portato a nulla di buono.
E c'era un'altrettanta voglia che le cose restassero, così com'erano e per sempre; la metà degli Americani si opponeva al processo d'integrazione ed anche ad una maggiore assistenza pubblica.
Una nazione spaccata e la prova che la situazione rischiasse di precipitare non sono le rivolte dei ghetti neri, ma anche gli attentati al Presidente, al leader del movimento dei diritti civili per gli afroamericani, il reverendo, per finire con Bob Kennedy.
Senza alcuni importanti passi sostenuti dall'amministrazione federale, il contrasto alla discriminazione razziale non ci sarebbe stato; chiaro che fu una politica cauta e che sarebbe stato necessario del tempo, cosa che gli attivisti radicali di colore non gradivano, ma fu un inizio e dopo le cose non sarebbero più potute essere le stesse.
Johnson, sebbene a differenza di JFK non intendeva ritirarsi dal Vietnam, aggravò il processo bellico, accontentando i vertici politici, militari e industriali che per differenti ma convergenti motivazioni, volevano l'acuirsi del conflitto, eppure sul tema dei diritti civili e dell'assistenza sociale non venne meno e il Civil Rights Act, il Medicare e il Medicaid lo testimoniano.
E per ultimo ci metto l'incentivato programma spaziale, che non sono affatto certo i repubblicani avrebbero sostenuto con la stesso peso.

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Anche Federico Sangalli dice la sua:

Questo è ciò che ho pensato io:

35esimo Presidente: Richard M. Nixon, Repubblicano, California, 1961-1966
Invase Cuba e il Vietnam nel 1961. L'anno seguente si sfiorò la guerra mondiale con la Crisi dei Carri Armati di Berlino. Tagliò i fondi alla nascente NASA e collaborò con John Edgar Hoover per contrastare il movimento dei diritti civili, a suo dire manipolato dai comunisti. A seguito di un fallito attentato nel 1963 da parte di uno squilibrato comunista e delle crescenti difficoltà nei conflitti esteri, divenne sempre più paranoico, fino a giungere al punto di spiare la sede del partito democratico alla vigilia della sua rielezione. Questo sfociò nello Scandalo Watergate che lo portò alle dimissioni nel 1966.
Elezioni:
1960 Richard M. Nixon (R-California)/Henry Cabot Lodge Jr (R-Massachusetts) vs Lyndon B. Johonson (D-Texas)/Humbert Humphrey (D-Minnesota)
1964 Richard M. Nixon (R-California)/Henry Cabot Lodge Jr (R-Massachusetts) vs Humbert Humphrey (D-Minnesota)/Terry Sanford (D-South Carolina)

36esimo Presidente: Henry Cabot Lodge Jr, Repubblicano, Massachusetts, 1966-1969
Diplomatico abbastanza abile, passò il resto del suo breve mandato a cercare di ritirare onorevolmente le forze via dal pantano cubano-vietnamita, cosa che si tradusse con la caduta di Saigon nel 1968 a seguito dell'Offensiva del Tet.

37esimo Presidente: Robert F. Kennedy, Democratico, Massachusetts, 1969-1977
Primo cattolico alla Casa Bianca e primo democratico dal 1953, fu il grande paladino dei diritti civili e della pace nel Mondo. Si ritirò definitivamente da Cuba e spinse forte l'acceleratore dell'esplorazione spaziale, coronata con lo sbarco sulla Luna di John Glenn nel 1977.
Elezioni:
1968 Robert F. Kennedy (D-Massachusetts)/Ralph Yarborough (D-Texas) vs Henry Cabot Lodge Jr (R-Massachusetts)/George Romney (R-Michigan)
1972 Robert F. Kennedy (D-Massachusetts)/Ralph Yarborough (D-Texas) vs Ronald Reagan (R-California)/Charles Percy (R-Illinois)

38esimo Presidente: Ralph Yarborough, Democratico, Texas, 1977-1981
Conosciuto soprattutto per essere stato il grande patrono/autore del Civil Rights del 1978. Perse la rielezione dopo essere stato giudicato troppo debole nella Crisi Iraniana del '79.
Elezioni:
1976 Ralph Yarborough (D-Texas)/Eugene McCarthy (D-Minnesota) vs Ronald Reagan (R-California)/James Rhodes (R-Ohio)

39esimo Presidente: George H.W. Bush, Repubblicano, Texas, 1981-1985
Pose fine alle missioni spaziali Apollo e cercò di contrastare l'aumento del debito e la crisi energetica aumentando le tasse e tagliando la spesa, cosa che in ultima analisi gli costò la rielezione.
Elezioni:
1980 George H.W. Bush (R-Texas)/ Kit Bond (R-Missouri) vs Ralph Yarborough (D-Texas)/Eugene McCarthy (D-Minnesota)

40esimo Presidente: Gary Hart, Democratico, Colorado, 1985-1989
Fu il testimone dei grandi accordi per il disarmo con l'Unione Sovietica di Gorbaciov, ma lo scoppio dello Scandalo Sexygate (o Scandalo Monkey, dal nome dello yacht ove il Presidente incontrava la sua amante) durante la sua campagna per la rielezione fu fatale per la sua carriera politica, tant'è che rinunciò a ricandidarsi per un secondo mandato, cosa che non accadeva dal 1928. Ebbe anche la prima donna vicepresidente, la Sindaca di San Francisco Diane Feinstein.
Elezioni:
1984 Gary Hart (D-Colorado)/ Diane Feinstein (D-California) vs George H.W. Bush (R-Texas)/ Kit Bond (R-Missouri)

41esimo Presidente: Robert "Bob" Dole, Repubblicano, Kansas, 1989-1993
Ex capogruppo repubblicano al Senato, beniamino dei conservatori fiscali e primo disabile (aveva un braccio atrofizzato) a diventare Presidente, sfruttò le sue conoscenze dei meccanismi congressuali per approvare una serie di riforme fiscali che ridussero notevolmente il debito pubblico. Sfortunatamente questo volle dire alzare le tasse e questo lo portò alla sconfitta per la rielezione.
Elezioni:
1988 Robert "Bob" Dole (R-Kansas)/ Jeanne Kirkpatrick (R-Oklahoma) vs Diane Feinstein (D-California)/Michael Dukakis (D-Massachusetts)

42esimo Presidente: Edmund Gerald "Jerry" Brown Jr, Democratico, California, 1993-2001
Dopo un decennio di tasse e politiche miranti più al pareggio di bilancio che agli sgravi per i cittadini, gli americani chiesero a gran voce un cambiamento di rotta e supportarono la campagna a tinte populiste del popolare Governatore del Golden State. Da Presidente si impegnò in una campagna anticorruzione e di decentramento amministrativo, sebbene il suo tentativo di introdurre un limite di mandato per i membri del Congresso fallì senza grandi speranze. Fu noto anche per aver voluto il primo vicepresidente nero della Storia, il Reverendo, Senatore del Distretto di Columbia e leader del movimento dei diritti civili Jesse Jackson.
Elezioni:
1992 Edmund Gerald "Jerry" Brown Jr (D-California)/ Jesse Jackson Sr (D-District of Columbia) vs Robert "Bob" Dole (R-Kansas)/ Jeanne Kirkpatrick (R-Oklahoma)
1996 Edmund Gerald "Jerry" Brown Jr (D-California)/ Jesse Jackson Sr (D-District of Columbia) vs Jeanne Kirkpatrick (R-Oklahoma)/ Lamar Alexander (R-Tennessee)

43esimo Presidente: John Sidney McCain, Repubblicano, Arizona, 2001-2009
L'America non era ancora pronta per un Presidente nero, per giunta per uno mezzo socialista come Jackson, e gli preferì l'eroe di guerra McCain, che ebbe ben presto modo di mostrare le sue attitudini belliche nella Guerra al Terrorismo e con le invasioni di Afghanistan, Iraq e Corea del Nord. Fu l'autore di importanti leggi sulla sicurezza e sulla prima legislazione contro i contatti tra finanza e politica dai tempi di Franklin Delano Roosevelt. Comunque il cattivo andamento della guerra in Medio Oriente, la Crisi di Formosa del 2007 e lo scoppio della crisi economica nello stesso anno affissarono il giudizio sulla sua presidenza.
Elezioni:
2000 John Sidney McCain (R-Arizona)/Fred Dalton Thompson (R-Tennessee) vs Jesse Jackson Sr (D-District of Columbia)/ Anne Richards (D-Texas)
2004 John Sidney McCain (R-Arizona)/Fred Dalton Thompson (R-Tennessee) vs John Kerry (D-Massachusetts)/ Albert Arnold "Al" Gore (D-Tennessee)

43esimo Presidente: Albert Arnold "Al" Gore, Democratici, Tennessee, 2009-2017
Paladino dell'ambiente, noto sopratutto per aver firmato gli Accordi di Parigi sul Clima. Sostenitore di una moderata riforma sanitaria (GoreCare), durante la sua Presidenza dovette affrontare le conseguenze delle Primavere Arabe e delle successive guerre civili e il braccio di ferro con la Russia per l'Ucraina.
Elezioni:
2008 Albert Arnold "Al" Gore (D-Tennessee)/ Russ Feingold (D-Wisconsin) vs Fred Dalton Thompson (R-Tennessee)/John Kasich (R-Ohio)
2012 Albert Arnold "Al" Gore (D-Tennessee)/ Russ Feingold (D-Wisconsin) vs John Kasich (R-Ohio)/ Robert "Bob" Corker (R-Tennessee)

44esimo Presidente: Russ Feingold, Democratico, Wisconsin, 2017-attualmente in carica
Primo ebreo alla Presidenza, vinse le presidenziali con un programma di riforme sociali in favore della comunità, comprendenti un sistema sanitario gratuito e pesanti regolamentazioni per le speculazioni di Wall Street. Uno dei maggiori problemi della sua amministrazione sono le violenze suscitate da gruppi estremisti di estrema destra, di matrice neonazista ed ispirati dall'ex candidato repubblicano Donald Trump.
Elezioni:
2016 Russ Feingold (D-Wisconsin)/Barack Hussein Obama (D-Illinois) vs Donald John Trump (R-New York)/Michael Richard "Mike" Pence (R-Indiana).

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Bhrghowidhon domanda:

Tanto di cappello, come sempre avviene! Complimenti davvero. E quindi c'è ugualmente qualcosa di simile agli Attentati dell'11 settembre?

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E Federico gli replica:

In linea di massima il rapporto tra Jihadismo ed Occidente nell'ultimo mezzo secolo si è sviluppato con il seguente schema: gli USA, per via saudita, finanziano, armano ed indottrinano milizie islamiste afghane perchè si oppongano agli invasori sovietici (1981-1989)-queste milizie, chiamate Talebani, prendono il potere in Afghanistan (1992) e formano un'organizzazione terroristica chiamata Al Qaeda (1988)-gli USA intervengono contro l'Iraq nella Prima Guerra del Golfo e per farlo inviano truppe in Arabia Saudita-scomparso il nemico sovietico, Al Qaeda e il suo leader Bin Laden sono oltraggiati dalla presenza di truppe infedeli nella terra culla dell'Islam e dichiarano le tradizioni occidentali e liberali (in grande ascesa dopo la vittoria nella Guerra Fredda) come il nuovo nemico (1990-1992)-primi attentati di Al Qaeda, sottovalutati dagli USA(1993-1999). Bill Clinton si fa sfuggire la cattura di Bin Laden in Sudan(1998)-si insedia George W. Bush, la cui compagnia petrolifera è una compartecipata con la Famiglia Bin Laden e ha fatto affari coi Talebani. Con colpevole negligenza vengono ignorati i rapporti e le prove di un complotto terroristico contro gli Stati Uniti (2001)- 11 Settembre 2001...
Poi il resto è noto, dalla morte di Bin Laden all'invasione dell'Iraq, dalla nascita dell'ISIS alle Primavere Arabe. In questa TL la linea rimane generalmente integra, o meglio così su due piedi non vedo motivi per cui dovrebbe interrompersi: Bush finanzia i Talebani come in HL, Dole partecipa alla Prima Guerra del Golfo e Brown, con il suo carattere anti-sistema ancor più marcato di Bill Clinton, avrebbe probabilmente ancora più difficoltà di lui a farsi autorizzare una missione di guerra in Sudan. McCain potrebbe probabilmente essere più attento di Bush sull'argomento e questo potrebbe influire sugli Attentati dell'11 Settembre: difatti non ho specificato quale attentato abbia dato il via alla Guerra al Terrorismo, ponendo che un tale attacco possa avvenire comunque, seppur solo parzialmente o in altra data.

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Aggiungiamo questa postilla di Generalissimus:

Ricordate il periodo in cui sembrava che tutte le opere di Stephen King dovessero prima o poi subire il destino di una trasposizione cinematografica o televisiva? Beh, da febbraio 2016 è andata in onda sul portale Hulu la miniserie in 10 episodi « 22/11/63 », tratta da una delle ultime e più atipiche opere del prolifico autore del Maine, pur con qualche modifica, a detta degli sceneggiatori. L'insegnante delle superiori Jake Epping scopre un portale per tornare indietro nel tempo fino al 1958. Gli viene l'idea di impedire l'assassinio di Kennedy e riesce a realizzarla, ma dovrà fare i conti con le conseguenze. Per qualche strano motivo, la maggioranza delle opere che prevedono un Kennedy sano e salvo dopo Dallas si trasformano in distopie...

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E Pavel Tonkov commenta:

L'ho letta, purtroppo è una distopia. Tempo fa avevo letto un libro molto simile intitolato « Nella città dei governatori » scritto da Simone Zagagnoni nel 2012. È la storia di un ingegnere informatico di Ferrara che acquista una casa nel centro storico della Città Estense. e scopre che nella cantina c'è una botola che lo porta nella Ferrara all'inizio del IX secolo.

E ora, un'idea di Perchè No?: JFK sopravvive all'attentato di Dallas!

Un'ucronia dove John F. Kennedy non è mai stato assassinato è davvero affascinante! Immagino la cosa in questi termini: Kennedy va a Dallas come nella nostra Timeline, ma un incidente qualunque fa cambiare il percorso della Limo One, o una lieve pioggia (o un avvertimento) lo fa passare su una macchina coperta. Nel caso più improbabile possiamo immaginare il solito eroe americano dei film che lo salva (avete mai visto questo film di Clint Eastwood dove fa un agente della scorta presidenziale?). Oppure l'attentato avviene ma fallisce, solo il governatore del Texas o ancora meglio Jackie Kennedy muoiono.

Kennedy é sano e salvo, il paese é sotto shock per la morte della first lady e piange oceani di lacrime davanti alle immagini del piccolo John Jr. davanti alla tomba della madre. L'effetto di simpatia é tale che Kennedy é rieletto senza problemi.

Oswald é accusato di aver sparato e sarà poi "eliminato", ma Kennedy e suo fratello scoprono ben presto le prove della congiura e del piano di "quasi colpo di stato" che era stato elaborato. Il primo ad essere tolto di mezzo é Lyndon B. Johnson, che era implicato, e che perde la vicepresidenza sotto accusa di corruzione. Robert Kennedy diventa il vice di suo fratello mentre Ted diventa Attorney General. Lo stesso accade al capo della CIA e a diversi grandi capi di industrie militari, del petrolio e della mafia che sono scoperti ma eliminati progressivamente e discretamente, in una vera guerra civile segreta tra servizi segreti.

Avendo bisogno di calma all'estero e di alleati, Kennedy si mostra ben pià morbido con l'Est ed inizia un dialogo con l'altro K. per una distensione più profonda. Quando Krushev é minacciato di essere rimosso dalla direzione dell'URSS, Kennedy lo appoggia e esige di trattare solo con lui. Una distensione riuscita sarebbe favorevole al collerico K. e potrebbe contribuire a mantenerlo al potere. Chissà, forse potrebbe nascere una guerra meno fredda, forse un trattato come l'Entente Cordiale?

Kennedy nella stessa ottica potrebbe ritirare prima le truppe dal Vietnam, lasciando due paesi con una certa guerriglia nel Sud più o meno estesa (il Vietnam sarebbe riunificato più tardi sul modello dello Yemen in un periodo meno teso). Al posto del 'Nam, Kennedy potrebbe lottare contro certi regimi sudamericani pericolosi (di destra o sinistra) per tenere occupata la macchina di guerra mentre sta per decapitarla.

Anche la fine della segregazione razziale avviene prima e più facilmente se Kennedy é li per assicurare i diritti (Johnson la fatto anche lui, ma in questa TL sarebbe più deciso, la protezione di Martin L. King sarebbe rafforzzata e non sarebbe assassinato). Kennedy potrebbe cosi crearsi una vasta clientela nella popolazione nera e liberale.

Kennedy vedrebbe ancor più la corsa al spazio come una maniera pacifica di mantenere la rivalità contro il "nemico" sovietico, e Armstrong potrebbe fare il suo balzo da gigante sulla Luna già nel 1967. La corsa allo spazio diventa la passione di Kennedy, lui potrebbe sostenerla anche dopo aver lasciato il potere, creando una fondazione all'origine delle innovazioni per la creazione di aerei spaziali, di una stazione spaziale e lunare e infine per il viaggio verso Marte.

In tutto il suo mandato JFK continua a giocare al vedovo in nero per emozionare la folla, anche se é un segreto di pulcinella che le sue "relazioni" effimere si contano a decine al punto che regolarmente ancor oggi nuovi figli illegittimi appaiono anche dopo la sua morte nel 2004. E se JFK sposasse Marylin Monroe, a sua volta sopravvissuta?

Nel 1967 Kennedy lascia il potere, ma la sua macchina da guerra é talmente forte che Robert Kennedy vince la candidatura democratica e succede a suo fratello alla Casa Bianca con Martin L. King come vice (forse questo é un po' troppo azzardato!) per altri otto anni di presidenza che cambiano ancora di più l'America. Però nel 1975 avviene la rivincita repubblicana, e dopo una folla di scandali finanziari che implicano la mafia e di scandali sessuali, Ted Kennedy é sconfitto (forse gli Americani ne avevano abbastanza della dinastia Kennedy) e lascia il posto a Nixon, che non farà niente di buono e riporta la TL a maggior conservatorismo, ma non torna alla guerra fredda com'era prima. Questo sarà l'opera di Reagan anni dopo.

Nel 1992, dopo anni di potere repubblicano, sarebbe il turno di John Jr. Kennedy di essere eletto con Bill Clinton come vice, proseguendo la dinastia democratica Kennedy sempre basata sul progresso tecnico e sociale. J.J. Kennedy potrebbe a questo punto dare una mano al giovane Barack Obama che inizia la sua carriera politica. Inoltre ho pensato che il vice di Obama potrebbe essere non Biden ma Caroline Kennedy, figlia di JFK e sorella di John John... chi più ne ha, più ne metta!

La mia è un'idea con conseguenze gigantesche, ma si può anche immaginare una presidenza Kennedy negativa con più corruzione e affari che progresso...

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Il contributo di Generalissimus ha fatto venire quest'idea alla prolifica Enrica S.:

Il filmato più nitido dell’attentato a Kennedy del 22 novembre 1963 è quello girato da Abraham Zapruder. In esso si vede una donna molto vicina all'auto del presidente al momento della sua morte, e che sembra aver ripreso tutto con una macchina fotografica (ma secondo alcuni con una telecamera). Dopo lo sparo, la gente scappa via terrorizzata ma lei no, si guarda intorno indifferente e poi va via con calma. Nonostante accurate ricerche dell'F.B.I., nessuno è mai riuscito a dare un nome a quella donna, che da allora è conosciuta con il nickname di Lady Babushka, avendo i capelli raccolti appunto con un babushka, un foulard solitamente indossato dalle anziane russe. C'è persino chi la ha creduta una viaggiatrice del tempo, venuta dal futuro per scattare fotogrammi di quel momento storico. Supponiamo però che, poco dopo l'attentato, la polizia arresti "Lady Babushka", scoprendo con grande sorpresa che si tratta di Galina Leonidovna Brežneva, figlia primogenita del Secondo Segretario del Comitato Centrale e Presidente del Presidium del Soviet Supremo Leonid Brežnev. Quest'ultima afferma che si trovava lì per semplice turismo, e che ha assistito per caso all'assassinio di Kennedy, ma ben presto emerge il fatto che è entrata negli USA sotto falso nome e che in passato ha avuto abboccamenti con vari esponenti del KGB. Alla fine Galina confessa che il mandante dell'omicidio di Kennedy è suo padre, deciso ad eliminare il popolare e giovane presidente della superpotenza rivale e ad addossare la colpa dell'omicidio al Primo Segretario del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e Presidente del Consiglio dei Ministri dell'URSS Nikita Sergeevič Chruščëv, così da potergli succedere dopo averlo silurato: Brežnev si era deciso a mettere in atto questo complotto dopo che Chruščëv a suo dire si era mostrato debole nella Crisi dei Missili di Cuba dell'anno precedente. Che cosa accade?

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Così le replica Federico Sangalli:

Ipotesi più probabile: il supervisore FBI per le indagini, Agente James Patrick Hosty, chiama due plotoni di agenti e gli ordina di far allontanare nessuno, neppure gli altri investigatori/interrogatori/poliziotti/uomini delle pulizie dal luogo dell'interrogatorio, pena sparare a vista, poi va direttamente da J. Edgar Hoover a riferire. Conoscendo Hoover, questa storia dovrebbe riuscire a fargli alzare un sopracciglio. A questo punto Hoover lancia un programma per coprire tutto, i vari testimoni sono "arruolati", promossi, corrotti, pensionati in una base radar in Alaska, fatto scivolare in bagno al momento sbagliato e via dicendo, quindi il Direttore prende tutto il dossier e va dal neopresidente Lyndon Baines Johnson. Conoscendo LBJ, passerà un buon quarto d'ora a imprecare con esclamazione pesantemente accentate in texano. Quindi concorderà col piano d'azione predisposto da Hoover perché "se si scopre che quell'Oswald ha anche solo mezzo cugino russo il Mondo potrebbe finire domani mattina". A questo punto tocca a Johnson prendere il dossier e chiedere di aprire la linea diretta col Cremlino: Tovarisch Nikita ha già chiamato per fare le condoglianze all'America qualche giorno prima e ora sta bevendo un po' della sua amata vodka ucraina quando squilla il famigerato Telefono Rosso. All'altro capo Johnson, per mezzo di un traduttore che riesce a eliminare l'accento texano ma non la freddezza nella voce del Presidente USA, lo informa di tutta la faccenda, facendogli sapere di aver già ordinato di recapitare tutte le prove per via aerea super raccomandata a Mosca. Johnson conferma l'idea di non rivelare nulla, di attribuire l'assassinio a un folle solitario e di cancellare dagli archivi ogni riferimento a Galina, facendo credere che non sia stata mai identificata, per evitare un disastroso conflitto tra le due potenze. Ma, l'assassinio di un Presidente americano non può certo restare impunito, è una questione di sicurezza e onore nazionale, per cui Johnson informa Nikita che tra ventiquattr'ore esatte ordinerà alla CIA di identificare, dare la caccia e assassinare in maniera più o meno occulta tutti i responsabili implicati nel complotto a partire dallo stesso Breznev. Chruscev convoca immediatamente una riunione ristretta dei massimi vertici del Politburò, a cui espone i fatti e le prove: il Consiglio alla guida dell'Unione Sovietica concorda sull'enorme rischio l'intera Unione per l'atto sconsiderato di un suo ambizioso oligarca, né sconfessa pienamente l'operato e dà mandato affinché si provveda al più presto, senza clamore e senza l'umiliazione di dover sopportare le azioni dei sicari della CIA. Chruscev quindi fa da Breznev stesso e gli consegna l'ordine del Politburò e una pistola d'ordinanza con un sol colpo. Quindi se ne va. Il giorno dopo il Presidente del Presidium Leonid Breznev viene trovato morto suicida con due bottiglie di vodka vuote e una pistola con le sue impronte a fianco. Funerali di stato, si annuncia che la figlia distrutta dal dolore a scelto di ritirarsi in una fattoria da qualche parte nella ridente Jakuzia mentre anche ad altri funzionari sovietici accadono altri "incidenti", a volte da parte dell'Agenzia, a volte per "pulizia interna" del KGB. Se la cospirazione fosse molto estesa e comprendesse altri membri dell'ala dura Chruscev potrebbe sopravvivere politicamente e continuare a guidare l'URSS, in caso contrario un rovesciamento avverrà lo stesso primo o poi anche se con altre modalità e un diverso leader come successore.

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Anche Perchè No? dice la sua in merito:

Un'ucronia ancora più fantasiosa: le teorie del complotto attorno alla morte di JFK non si sviluppano mai. Lady Babushka si fa conoscere e spiega che non correva perché le gambe le facevano male (e non amava Kennedy, troppo giovane). I diversi silenziosi sospetti dall'altra parte della barriera spiegano che erano li perché c'era un'ombra fresca, il famoso tizio con l'ombrello infatti non esce mai con quella perché é un tizio prudente (non si sa mai quando il tempo può peggiorare). Oswald non si fa uccidere da Ruby e può spiegare senza riserve che ha fatto tutto da solo anche se che non sa esattamente com'é riuscito a sparare cosi bene. La teoria del complotto dell'assassino di JFK potrebbe essere definita come la madre di tutti i complottismi. Senza quella forse la peste del complottismo non farebbe i danni che fa oggi.

P.S. Dimenticavo... Un altro personaggio losco rivela (segretamente) all'FBI di essere un viaggiatore del tempo e dunque non aveva nessuno motivo contro il presidente, dopo altre verifiche salta fuori che c'erano 50 altri turisti del futuro sul posto, tutti onesti cittadini che avevano pagato caro per vedere l'evento, la maggior parte felici di essere interrogati dai poliziotti del XX secolo, un bel ricordo per loro!

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Questo è il parere in proposito del nostro grande Bhrghowidhon:

Infatti è stato anche scherzosamente affermato che «Tutte le Teorie del Complotto sono frutto di un Complotto»…

Ho la netta impressione che la nozione di “Complott(ism)o” stia andando incontro al destino che ha avuto la Geopolitica dopo il Nazionalsocialismo. Il Terzo Reich ha fatto ricorso alla Geopolitica e di conseguenza quest’ultima è stata rigettata, dopo la Seconda Guerra Mondiale, come invenzione nazista, ma con ciò gli Stati hanno continuato a praticarla tanto quanto prima. In modo simile, il “Complott(ism)o” tende a venire identificato con i pregiudizi antisemiti e simili o i sostenitori della Terra Piatte, ma le Teorie del Complotto sono innumerevoli e diversissime fra di loro (lo stesso Anticomplottismo condivide alcune caratteristiche essenziali delle Teorie del Complotto), per cui è logicamente impossibile che possano essere tutte giuste (ossia: nessun Complottista aderisce a tutte le Teorie del Complotto, perché sono reciprocamente incompatibili) e in generale rimangono solo tre ipotesi:

1) tutte le Teorie del Complotto sono sbagliate e solo la Verità Ufficiale è giusta;
2) sia la Verità Ufficiale sia tutte le Teorie del Complotto sono false e non c’è niente a cui si possa credere;
3) la Verità Ufficiale e tutte le Teorie del Complotto tranne una sono false (la Verità sta in una sola delle innumerevoli Teorie del Complotto).

La prima posizione è quella del Potere, la seconda è quella dello Scetticismo e la terza è il denominatore comune a tutti i Complottismi.

La prima e la terza posizione sono simili (una Teoria è giusta, tutte le altre sono sbagliate), la seconda posizione può solo criticare e non afferma niente (tutto ciò che viene positivamente affermato è sbagliato, secondo tale posizione). La prima e la terza posizione sono simili anche nell’affermazione che la propria versione è l’unica giusta e tutte le altre sono sbagliate (formalmente è così anche la seconda, ma non ha una versione positiva da offrire). La differenza è soltanto che la prima posizione dice che la versione giusta non è una Teoria del Complotto, mentre la terza posizione dice che la versione giusta è una Teoria del Complotto, ma entrambe affermano che tutte le altre Teorie del Complotto sono false.

Naturalmente, ogni Verità Ufficiale deve dire che eventuali altre Verità Ufficiali diverse sono false, così come ogni Teoria del Complotto deve ammettere che tutte le altre Teorie del Compotto sono sbagliate. Questo è un punto di forza della Verità Ufficiale, perché tende a dire che, siccome una determinata Teoria del Complotto è sbagliata, tutte le Teorie del Complotto sono sbagliate (questo è un evidente errore logico, ma avviene pressoché sempre).

Ogni posizione afferma che i dati dell’avversario sono sbagliati o manipolati; la Verità Ufficiale ne attribuisce la manipolazione a qualche oscura manovra sotto traccia che si avvale della credulità della gente, la Teoria del Complotto ne attribuisce la manipolazione a una sottaciuta manovra del Potere (più o meno deviato) che a sua volta si avvale della credulità della gente (ma deve logicamente aggiungere che pure le altre Teorie del Complotto sono dovute a oscure manovre – eventualmente orchestrate dal Potere – per sfruttare la credulità della gente o depistare le opinioni).

Che dunque le Teorie del Complotto siano in assoluta maggioranza false e tendenziose è ammesso (esplicitamente o meno) da tutti; il contrasto è solo fra Versione Ufficiale (eventualmente una fra varie) e una singola Teoria del Complotto (mentre tutte le altre sono in ogni caso certamente false).

Alla fine, la differenza di metodo è semplicemente di ammettere o no che il Potere possa manipolare la Propaganda, ma che la Propaganda sia manipolata dal Potere è un dato storico che nessuno contesta, perché ognuno ammette che almeno in qualche epoca sia avvenuto. La domanda si riduce allora a questa: il Potere – oggi – negli Stati in cui viviamo può deformare la Propaganda? Abbastanza evidentemente sì. La deforma effettivamente? Il dilemma è tutto qui. Se sì, una (e una sola) delle innumerevoli Teorie del Complotto è quella giusta; se no, è giusta la Versione Ufficiale.

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Generalissimus ha avuto un'altra idea:

Il mandato presidenziale di John Fitzgerald Kennedy rischiò di non iniziare affatto.
Saputo della sconfitta di Richard Nixon contro JFK, lo squilibrato Richard Paul Pavlick, che odiava la famiglia Kennedy a causa della sua ricchezza, trasformò la sua macchina in un'autobomba e si diresse a Palm Beach, in Florida, dove si sarebbe fatto saltare insieme al neoeletto presidente.
Lo trovò l'11 Dicembre 1960 intento a prepararsi per andare a messa in una chiesa locale, ma quando vide che insieme a lui c'erano sua moglie e i figli, desistette, perché non aveva intenzione di fare loro del male.
Rimase in zona per indagare su come potesse uccidere Kennedy senza ferire altre persone, ma ormai i Servizi Segreti erano venuti a conoscenza delle sue intenzioni e lo arrestarono.
E se invece Pavlick non si facesse scrupoli e assassinasse Kennedy e la sua famiglia?

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Lord Wilmore ha obiettato:

Strano che in America qualcuno odi qualcun altro per la sua ricchezza: i più sono convinti che, se uno ha fatto fortuna, Dio è con lui...

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E il solito Federico ha chiarito:

La ricchezza come segno del favore di Dio è un concetto ideato da Calvino e ampiamente diffuso e accettato in America. Pavlick se non ricordo male aveva tra le sue motivazioni anche l'essere un feroce anti-cattolico, di quelli della prestigiosa serie "I cattolici sono tutti papisti anti-cristiani traditori del sacro ordine WASP dei Klan Uniti d'America" molto popolare negli States, che non sopportava l'elezione del primo cattolico alla Casa Bianca. Oltre a questo era anche un individuo paranoico convinto che il governo stesse avvelenando l'acquedotto locale e cose del genere. In base alla Costituzione l'assassinio del Presidente-Eletto, cioè chi ha vinto le elezioni ed è stato confermato dai Grandi Elettori ma non ha ancora prestato giuramento, porta all'automatica ascensione del Vice-Presidente-Eletto, quindi Lyndon Johnson diventerebbe il 35esimo Presidente il 20 gennaio 1961. Non essendosi ancora dimesso il seggio di Senatore del Massachusetts diverrebbe vacante e forse andrebbe a Bobby Kennedy, dato che lui e Johnson si odiavano e il nuovo presidente difficilmente lo vorrà ministro. La presidenza Johnson sarà tumultuosa: LBJ lancerà i grandi programmi sociali di cui fu portavoce in HL e favorirà i diritti civili ma allo stesso tempo probabilmente cederà ai suoi peggiori istinti, invadendo Cuba dopo la Baia dei Porci e autorizzando l'Operazione Northwood per organizzare finti attentati su suolo americano da addossare ai cubani. Probabile anche un intervento anticipato in Vietnam, sulla cui parte meridionale regnerebbe ancora Diem e i suoi tagliagole. Penso e spero che Johnson non cederà alle teste calde quando Ulbricht costruirà il Muro di Berlino, come il Generale Lucius Clay che suggerì di usare dei bulldozer montati su carri armati per abbatterlo, ma le relazioni non sarebbe amichevoli. La corsa allo spazio potrebbe avvenire grossomodo negli stessi termini. Sarei quasi pronto a scommettere che non ci sarà alcun attentato a Dallas, manco per sbaglio. Senza Crisi dei Missili Nixon verrà eletto Governatore della California nel 1962 e prenderà la vittoria come il segno che il popolo americano è ancora dalla sua, quindi si ricandiderà nel 1964 ottenendo probabilmente la nomination repubblicana. Un candidato anti-guerra, Eugene McCarthy o Wayne Morse probabilmente, emergerebbe per sfidare Johnson alle primarie e se riuscisse a ottenere abbastanza successo potrebbe costringere il Presidente a rinunciare alla rielezione come in HL. A quel punto RFK potrebe vincere la nomination e battere poi Nixon alle elezioni generali.

Qui sopra: un John Kennedy invecchiato disegnato da Dall-E, sistema di generazione immagini con l'intelligenza artificiale. Immagine tratta dal sito di Avvenire

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Ed ecco la nuova traduzione di un video di Youtube fatta per noi da Generalissimus:

E se JFK non fosse mai stato assassinato?

Il Presidente John F. Kennedy è uno dei presidenti più famosi della storia degli Stati Uniti: era giovane e carismatico, e anche se fu una figura speciale della politica americana divenne più famoso con la morte.
La storia di quest'uomo assassinato così all'improvviso in pubblico orripilò e affascinò allo stesso tempo il mondo.
Molte persone oggi si fanno la domanda alla quale ora cercherò di rispondere: e se JFK non venisse mai assassinato? E se continuasse ad essere presidente per la maggior parte degli anni '60? Quali sarebbero gli effetti sulla società americana e magari anche sul mondo? Guardando indietro agli eventi della sua presidenza e ai fatti storici, cercherò di predire come potrebbe sembrare questa TL alternativa se JFK sopravvivesse.
Quando la gente immagina un mondo con JFK in vita questo è praticamente un mondo dove Lyndon Johnson non diventa presidente.
Quando Kennedy fu ucciso Lyndon Johnson divenne presidente, e anche se entrambi avevano opinioni simili sulla politica interna le loro qualità come politici crearono risultati molto differenti per gli USA.
Perciò in questo scenario la cosa più precisa da fare è chiedersi cosa avrebbe potuto fare Kennedy di diverso da Johnson, guardando anche all'importanza che ebbe Johnson nel dare forma all'America di oggi.
Gli anni '60 erano dominati dalla violenza razziale e dalla rapida crescita del movimento per i diritti civili, leader come Martin Luther King Jr. chiedevano la fine della segregazione e di altre pratiche ingiuste fin dagli anni '50.
JFK simpatizzava con la lotta della popolazione nera, al punto che arrivò a telefonare alla moglie di MLK dopo il suo arresto e a fare pressioni per il suo rilascio, ma Kennedy non si espresse mai in modo chiaro riguardo ad essa fino agli ultimi giorni della sua presidenza.
Perché? Aveva paura di perdere il sostegno dei Democratici bianchi del sud in vista delle elezioni del 1964.
Quando alla fine parlò in favore dei diritti civili affrontò il dibattito come una questione morale, sottolineando che se l'America era davvero libera tutti gli Americani andavano trattati in maniera eguale.
La segregazione pubblica era ancora in vigore in tutti gli Stati Uniti dieci anni dopo che il processo Brown contro Board of Education l'aveva messa al bando nelle scuole pubbliche, i bianchi sia del nord che del sud non volevano che i neri si integrassero.
Il Civil Rights Act non serviva solo a mettere al bando la segregazione in pubblico, ma anche perché il governo federale proteggesse i diritti di tutte le razze, i generi ecc.
Ma JFK non visse abbastanza per veder passare la sua legge, dato che venne ucciso mentre era in esame.
Non fu fino alla presidenza di LBJ l'anno seguente che la legge finalmente passò, perciò, in questa TL alternativa dove Kennedy non muore, cosa accade? Il movimento per i diritti civili potrebbe subire un rovescio.
Perché? Le relazioni di JFK con il Congresso non erano buone, a cominciare dal fatto che aveva sconfitto Nixon con un vantaggio minimo e che era molto giovane rispetto all'età media dei membri del Congresso, e alla sua morte il suo Civil Rights Act era nel limbo alla United States House Committee on Rules, dove praticamente veniva tenuto in ostaggio perché non gli fosse permesso di progredire.
Ma la morte di Kennedy cambiò tutto, rimosse un Democratico del nord dalla presidenza e lo sostituì con un Democratico del sud, Lyndon Johnson.
Questa svolta fondamentale, ironicamente, salvò la legge di Kennedy, Johnson portò la torcia di Kennedy e si espresse in modo perfino più chiaro di JFK sui diritti delle minoranze.
Non gli importava di pestare troppi piedi così facendo, solo 5 giorni dopo la morte di JFK Johnson fece un comizio a favore dell'approvazione del Civil Rights Act, dicendo che se non avesse agito in questo modo avrebbe mancato di rispetto alla memoria di Kennedy.
LBJ aveva una cosa che Kennedy non aveva: l'influenza.
Aveva un passato al Congresso e sapeva come funzionava, sapeva come scansare le trappole che avrebbe utilizzato, usava il suo famoso "trattamento Johnson", stando in piedi davanti ai suoi interlocutori per convincerli o intimidirli senza mezzi termini e portarli dalla sua parte, arrivando a dire ad uno degli oppositori della legge: "Se ti metti in mezzo io ti travolgerò".
E nonostante tutti i giochi politici, gli aggiramenti e le tecniche dell'amministrazione Johnson il Civil Rights Act del 1964 venne approvato per il rotto della cuffia dopo 83 giorni di filibustieraggio.
In questa TL alternativa Kennedy non avrebbe l'influenza politica per far passare una simile legge, anche se prendesse a prestito tutta l'abilità di un Democratico del sud con ottime connessioni per farla passare, un Democratico del nord disprezzato non avrebbe alcuna possibilità.
O la legge sarebbe entrata in vigore dopo molto più tempo, o sarebbe stata scartata, o sarebbe stata molto meno efficace che nella nostra TL.
A causa di ciò, Martin Luther King e gli altri leader per i diritti civili chiederebbero ancora riforme contro la segregazione, se il governo federale non costringe gli stati a fermare le Leggi Jim Crow le proteste e la violenza razziale sarebbero più prolungate.
Vedremmo più repressioni della polizia, più autobombe e più assassinii, in pratica una strada più sanguinosa per porre fine alla segregazione che nella nostra TL finì prima.
In questa TL alternativa, senza il Civil Rights Act, leggi come il Voting Rights Act e il Title IX arriverebbero più tardi rispetto alla nostra TL.
Ci sarebbero comunque, ma se Kennedy fosse ancora vivo il movimento per i diritti civili avrebbe subito una sconfitta semplicemente perché JFK non aveva l'influenza di Johnson.
Parlando dell'influenza di Johnson nel Congresso, la presidenza di LBJ apportò immensi cambiamenti agli Stati Uniti: usò le stesse tattiche per le sue nuove riforme sulla legislazione, dichiarando guerra alla povertà e creando programmi per la sua Grande Società, un po' come fece Roosevelt per il suo New Deal.
L'amministrazione di Johnson portò direttamente al Medicaid, al Medicare, alla PBS, ad una maggiore sicurezza sociale, alla National Endowment for the Arts e a numerosi progetti conservativi e abitativi.
In questa TL anche Kennedy dichiarerebbe guerra alla povertà, dato che pianificava di fare le stesse cose di Johnson una volta rieletto.
Le politiche di Johnson altro non furono che continuazioni dei piani di JFK, ma Kennedy non avrebbe espanso le sue riforme così drasticamente come LBJ.
Kennedy avrebbe facilmente sconfitto il Repubblicano Barry Goldwater nel 1964, questo è fuor di dubbio.
L'atteggiamento di Goldwater verso la Guerra Fredda spaventava molti negli USA, e nella nostra TL questo condusse Johnson ad una delle vittorie più nette nella storia degli Stati Uniti.
Anche Kennedy avrebbe vinto e sarebbe rimasto presidente fino al 1968.
Non si può parlare di JFK senza chiedersi come avrebbe gestito il Vietnam: la guerra non ci sarebbe stata? O sarebbe caduto nella stessa trappola nella quale cadde Johnson e avrebbe inviato truppe americane nel sudest asiatico? Beh, osserviamo la mentalità di Kennedy durante la presidenza: Kennedy non voleva intervenire in Vietnam, non voleva che le truppe americane venissero coinvolte in una guerra diretta contro il Vietnam del Nord, ma non era neanche un mollaccione.
Era un anticomunista della linea dura ma realista, sapeva che non tutte le situazioni potevano risultare in una vittoria americana, ma avrebbe fatto tutti gli sforzi possibili per impedire l'espansione Comunista.
Non è possibile comprendere quanto Kennedy diffidasse dei suoi consiglieri militari, spesso andava contro le loro opinioni perché voleva percorrere una strada più pacifica e questo lo si può vedere col Laos e Cuba, dove non fece aggravare la situazione fino al conflitto aperto. Ogni volta JFK faceva quello che decideva lui.
In questa TL alternativa, visto che John F. Kennedy vive abbastanza per affrontare la grande sfida, il Vietnam, gli USA non si fanno coinvolgere completamente nella guerra.
JFK non si fidava dei suoi generali e del loro ottimismo riguardo al conflitto, aveva capito i pericoli che avrebbe potuto portare un simile pantano politico.
Kennedy avrebbe fatto tutto il possibile per minimizzare la situazione in Vietnam, sapeva che il pubblico avrebbe rapidamente chiesto una guerra se i Comunisti avessero avuto la meglio.
Aveva ragione: oggi dimentichiamo quanto in fretta gli Americani chiesero la guerra contro il Vietnam, la Gulf of Tonkin Resolution, il documento che diede inizio al coinvolgimento americano, venne approvata con una maggioranza schiacciante al Congresso.
Meno male che non agiamo più in modo così avventato.
La personalità come leader di Kennedy gli avrebbe impedito di far aggravare la situazione come fece Lyndon Johnson.
Ovviamente credeva nella Teoria del Domino e capiva la minaccia posta dal Vietnam del Nord, ma se la guerra ci fosse comunque sarebbe molto diversa.
I bombardamenti massicci, le missioni cerca e distruggi, le cataste di morti, furono tutte soluzioni ideate da Johnson, non da Kennedy.
Anche con uno sforzo americano completo per sconfiggere il Vietnam del Nord il Sud sarebbe caduto comunque, JFK sarebbe il presidente che ha perso il Vietnam.
Immagino che in questa TL alternativa oggi ci sarebbe un grande dibattito su se l'America si sarebbe dovuta far coinvolgere o meno.
Da un semplice punto di vista del costo umano oltre 60.000 soldati americani e innumerevoli Vietnamiti non muoiono nei combattimenti, ovviamente i Vietnamiti morirebbero comunque, ma non al livello della nostra TL.
Senza la Guerra del Vietnam le relazioni tra i cittadini americani e il governo sarebbero diverse, le immagini che i primi vedevano ogni sera non sostenevano la storia di una guerra riuscita che vantava l'amministrazione Johnson.
Il movimento hippie, o per meglio dire, la controcultura degli anni '60, esisterebbe comunque.
La controcultura fu creata da diversi fattori, dal movimento per i diritti civili al femminismo alla semplice ribellione contro la famiglia degli anni '50 alla "Il Carissimo Billy".
Scusa Nixon, ma gli hippie sarebbero esistiti comunque.
Comunque il movimento contro la guerra fece arrivare la controcultura tra i ragazzi delle università e i giovani, quelli coinvolti personalmente dalla leva.
Senza la guerra questa controcultura avrebbe impiegato più tempo per apparire nella società americana.
In questa TL alternativa è probabile che sia Nixon che Johnson si candidino alle presidenziali, ma è difficile predire chi vincerà, lo scenario diventa estremamente complesso, troppo per le dimensioni di questo video, lo lascerò alla vostra immaginazione.
Perché Kennedy fu così importante? Servì solo per due anni, perché ha avuto un impatto così duraturo? Credo fu perché Kennedy incarnava il futuro speranzoso dell'America.
Resiliente ed intelligente, il suo sogno era quello dell'America, la sua tragica fine pose fine a quel sogno e la riportò alla realtà.
Dopo la morte di Kennedy ci fu sicuramente un cambiamento: le rivolte razziali, la svolta culturale, gli Americani impantanati oltreoceano, gli anni '60 e '70 furono decenni difficili per gli Stati Uniti e perciò guardano indietro non è difficile vedere JFK come l'ultima sfavillante speranza di ciò che avrebbe potuto essere.
Certamente ci furono molti progressi dopo la sua morte, ma ci furono certamente anche molta sfiducia, tensione e ribellione.
Se JFK fosse sopravvissuto forse molte cose sarebbero state differenti, ma non lo sapremo mai davvero, questo era solo uno scenario tra le innumerevoli possibilità.

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Massimo Berto interloquisce:

Se fosse sopravvissuto, presumo che la linea di successione a JFK sia la seguente:

1960-1968 John Fitzgerald Kennedy
1968-1972 Richard Nixon 
1972-1980 Robert Francis Kennedy (vittoria sul filo di lana, Vicepresidente George McGovern)
1980-1988 Ronald Reagan
1988-1992 George H. Bush
1992-2000 Bill Clinton 
2000-2008 George W. Bush
2008-2016 Barack Obama (Vicepresidente John John Kennedy)
2016-oggi John John Kennedy (Vicepresidente Andrew Cuomo)

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Ancora Generalissimus aggiunge:

Mi è venuta un'idea: e se non fosse Kennedy a perire sotto i colpi fatali di un cecchino quel giorno del 1963, ma la sua controparte Sovietica Chruščëv?

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Pavel Tonkov rincara la dose:

E se invece Viktor Il'in riesce ad assassinare Brežnev il 22 gennaio 1969? Come cambia la storia dell'Unione Sovietica senza di lui?

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Federico Sangalli replica:

Kosygin o Podgornyj, ovvero gli altri due membri della troika che con Breznev aveva inizialmente retto lo stato sovietico dopo la rimozione di Chruscev, anche se all'epoca era ormai chiaro che Breznev era il grande autocrate. Più probabile una successione di Alexei Kosygin, all'epoca Premier dell'Unione Sovietica e propugnatore di una politica riformista, per il periodo 1969-1980, a cui poi potrebbe succedere Podgornyj tra il 1980 e il 1983. Con una politica riformista già lanciata negli anni settanta (e continuata sotto un Andropov 1983-1984 e poi un Gorbaciov) e senza l'economia brezneviana (stagnazione e spese folli per il riarmo) é anche possibile che l'URSS sopravviva.

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Pavel non si accontenta:

Può anche accadere il contrario: al posto di Brežnev viene eletto alla guida del PCUS il "falco" Mihail Suslov che, pur essendo scettico sull'invasione della Cecoslovacchia, fu favorevole all'intervento in Afghanistan ed alla repressione di Solidarność in Polonia. Alla sua morte nel 1982 gli succede Konstantin Černenko e, come ipotizzato nell'ucronia della Guerra Fredda eterna, nel 1985 viene eletto Viktor Grišin e nel 1999 è la volta di Vladimir Putin. Qui Putin guida un governo collegiale composto, ovviamente, da conservatori: Igor' Smirnov, Alaksandr Łukašenka, Saparmyrat Nyýazow, Islam Karimov, Viktor Janukovyč, Heydər Əliyev, Nursultan Nazarbayev, Vladimir Žirinovskij.

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Ritorna in campo Generalissimus:

C'è anche una variante nostrana a questo scenario. il Primo Ministro Giovanni Leone cade sotto i colpi di un cecchino. Segni fa partire il Piano Solo?

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Invece Inuyasha Han'yō ci ha chiesto:

Il 15 aprile 1969 alcuni velivoli militari statunitensi furono abbattuti dai nordcoreani sul mar del Giappone, causando 31 vittime. Sembra che Nixon (in carica da meno di due mesi), che pare avesse alzato troppo il gomito, ordinò una ritorsione nucleare contro Pyongyang, azione "bloccata" da Henry Kissinger, suo segretario di stato, il quale ordinò di non sferrare l'attacco e di attendere che il presidente tornasse sobrio. Ma se invece l'attacco fosse stato sferrato?

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E Federico gli ha risposto:

Situazione 1.1: Nixon ubriaco ordina di usare le atomiche.
Come da procedura il Comando Aereo Strategico di Omaha chiede il codice di autorizzazione presidenziale e il codice di conferma del lancio di un altro membro del Gabinetto.
I membri del Gabinetto rifiutano di confermare l’ordine presidenziale.
Il lancio è automaticamente abortito in quanto non è possibile confermarne l’autenticità.
Il Presidente torna sobrio e l’incidente viene insabbiato per anni.

Situazione 1.2: Nixon furibondo grida che sono tutti dei comunisti traditori, non torna sobrio e cerca di aggirare la gerarchia di comando per ordinare direttamente ai comandanti militari di attaccare la Corea del Nord.
Kissinger riunisce il Gabinetto e il Vicepresidente Spiro Agnew chiede di invocare il 25esimo Emendamento della Costituzione per dichiarare il Presidente momentaneamente incapace di esercitare le sue funzioni presidenziali.
Il Gabinetto vota a maggioranza per l’invocazione e inoltra con urgenza la richiesta di convalida al Congresso.
Nel mentre il Gabinetto provvede a tagliare le comunicazioni con lo Studio Ovale per isolare Nixon, il quale risentito continua a bere e delirare.
Il Congresso, appurate le condizioni del Presidente, convalida l’invocazione del 25esimo Emendamento: Nixon è sospeso dalla carica, Agnew diventa Facente Funzioni di Presidente.
Prima o poi Nixon torna sobrio, se non altro per esaurimento di alcolici, e dopo un post-sbronza colossale di due giorni rivendica di essere nuovamente sano e chiede di essere riammesso alla carica.
Segue battaglia legale in cui Nixon, già umiliato di suo, viene ulteriormente screditato dal circo mediatico di medici che gli danno dell’alcolista, dalle illazioni sulla sua salute e infine dalla pubblicazione delle registrazioni dello Studio Ovale con i suoi deliri di onnipotenza da ubriaco.
Con il resto dell’Amministrazione che teme di essere licenziata in tronco per vendetta e il resto del mondo che teme che si circondi di Yesmen che gli diano corda la prossima volta, Gabinetto e Congresso rifiutano di giudicarlo nuovamente abile.
Che Nixon si dimetta formalmente o no, Agnew completerà il suo mandato, cercando di riparare alla credibilità danneggiata dell’America solo per essere sbugiardato nel 1972 come evasore fiscale e antisemita. Edmund Muskie è eletto Presidente.
Questa serie di eventi porterà a una fortissima attenzione sulle condizioni fisiche e mentali e sulle abitudini e le moralità dei futuri candidati alla Presidenza e domande sull’argomento e visite specialistiche obbligatorie saranno richieste durante tutti i dibattiti.

Situazione 1.3: Mentre Gabinetto e Congresso discutono, Nixon trova il suo Generale LeMay e riesce ad atomizzare Pyongyang senza preavviso.
Scandalo globale.
La Cina occupa la Corea del Nord caduta nel caos e instaura un nuovo governo. Non ci sarà alcuna riconciliazione sino-americana e la Nord Corea chiederà compensazioni altissime agli USA.
Nixon è immediatamente sospeso dalla carica in forza al 25esimo Emendamento ed è poi sottoposto a formale impeachment dal Congresso, ma lo evita dimettendosi di suo.
Agnew tenterà di difendere i poteri di guerra del Presidente in quanto comandante in capo ma non ci riuscirà: il Congresso passa la War Powers Resolution con sei anni di anticipo, dichiarando che solo il Congresso stesso ha il potere di autorizzare azioni belliche non di auto-difesa e che il Presidente prende solo le decisioni operative.
Dietro questa pressione il nuovo Presidente Muskie si ritira dal Vietnam nel 1973.
Nixon riceverà l’immunità da Agnew in cambio delle sue dimissioni, anche per evitare un suo processo pubblico per crimini contro la pace e crimini contro l’umanità. Caduto in disgrazia, riprenderà a bere e morirà pochi anni più tardi.
Il potere di autorizzare attacchi nucleari viene riassegnato dal Presidente solo a un comitato composto anche dal Vicepresidente, dal Segretario della Difesa, dal Segretario di Stato, dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale e dal Capo di Stato Maggiore. L’America rinuncia ufficialmente alla possibilità di usare l’Atomica per prima e in seguito sarà costretta a ritirare i propri missili dall’Europa per via delle proteste popolari.

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Alessio Mammarella osserva:

Lo scenario 1.3 è certamente quello che contempla maggiori conseguenze. Se gli Stati Uniti stabiliscono una politica di "no first use" cade anche la dottrina difensiva NATO (risposta nucleare flessibile) e si apre la possibilità teorica per l'URSS si condurre una guerra offensiva (in quel periodo storico il Patto di Varsavia era in vantaggio nella prospettiva di una guerra solo convenzionale). Questo avrebbe un effetto tutto da valutare sulla politica dei paesi europei. In quegli anni la Gran Bretagna si stava ridimensionando ma cercava, allo stesso tempo, di mantenere un ruolo "speciale". La Francia si stava rafforzando, ma ponendosi in uno spazio "intermedio" tra USA e URSS (sia per tenere a freno la sinistra intellettuale interna, sia per vendere armi ai paesi "non allineati" del Terzo Mondo). La Germania stava lanciando la sua Ostpolitik.
La fine dell'ombrello nucleare americano (che ancora oggi non è venuto meno e influisce sulle scelte strategiche europee) che tipo di processo avrebbe favorito?

a) svolta militarista europea, con aumento delle armi nucleari di UK e Francia e/o maggiore forme di cooperazione (rinascita della CED?)
b) svolta nel senso di ancora maggiori aperture all'URSS?
c) scelte divergenti con conseguente spaccatura dei paesi europei.

A prescindere dalla risposta alla domanda precedente, come avrebbe dovuto comportarsi l'Italia in uno scenario del genere?

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E Andrea Villa aggiunge:

Se il supporto americano viene a cadere, la Democrazia Cristiana perde il suo maggiore alleato e contributore. Il partito Comunista Italiano prenderà probabilmente più voti, e potrebbe anche vincere le elezioni. SE ciò dovesse verificarsi, potremmo avere uno scenario come quello immaginato da Luciano Salce, con il paese inquieto che aspetta il temuto "bagno di sangue". Potrebbe anche avvenire un tentativo (da parte delle forze anticomuniste italiane, o dalle forze dell'ordine) di un colpo di stato volto a preservare l'ordine, e a seconda se questo riesce o no, potremmo avere un regime dittatoriale in Italia per diverso tempo (forse anche fino ad oggi) o una vera e propria guerra civile al cui confronto gli Anni di piombo sembreranno giochi di bambini...

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Alessio però corregge il tiro:

No, non intendevo un completo disimpegno americano dal punto di vista politico-militare, intendo semplicemente l'effetto di una diversa dottrina nucleare. Approfondisco un attimo.

La dottrina nucleare della NATO è denominata "risposta nucleare flessibile". Prevede che le armi nucleari possano essere usate:

- (chiaramente) in seguito a un attacco altrui con armi nucleari;
- in seguito a un attacco altrui con armi convenzionali a cui non è possibile porre altro rimedio.

In questo secondo caso, l'attacco verrebbe effettuato con armi nucleari tattiche ottimizzate cioè per essere usate sul campo di battaglia (quindi missili a raggio corto/medio, bombe a caduta e armi d'artiglieria) per distruggere truppe nemiche in avanzata.

Questo tipo di utilizzo è definito anche pre-strategico (o ultimo avvertimento) poiché se anche l'avversario risponde allo stesso modo, evidentemente si va verso lo scontro con armi strategiche, ossia con i missili a lungo raggio, le "armi da fine del mondo".

La logica che c'è dietro questa scelta è che l'avversario, dopo che "noi" abbiamo utilizzato le armi nucleari tattiche, cercherà un cessate il fuoco, per non arrivare alla MAD (mutua distruzione assicurata). Ovviamente questo è tutto un ragionamento teorico, mai nessuno (per fortuna) lo ha sperimentato concretamente.

Ora, che succede se gli Stati Uniti dichiarano il no first use? Succede che si impegnano a non utilizzare le armi nucleari per primi, quindi nel caso di una invasione convenzionale l'URSS attacca e vince senza che si arrivi a usare le armi nucleari perché da parte sovietica non ce n'è bisogno, da parte americana c'è l'impegno a non usarle.

Qui ovviamente entrano in gioco le ulteriori variabili dovute a UK e Francia: ambedue i paesi hanno un proprio deterrente nucleare, che possono usare liberamente perché il no first use è una scelta solo americana. Possono anche usare tutte le armi nucleari che hanno, e a quel punto l'URSS deve scegliere se rispondere o meno: se risponde c'è il rischio che ciò autorizzi gli americani a usare le loro armi. Se invece non risponde significa che deve incassare notevoli distruzioni (anche sulle proprie città, se francesi e britannici non si limitano alle armi tattiche ma lanciano tutto quello che hanno) senza poter restituire il colpo.

L'eventualità della risposta sovietica alle sole UK-Francia ci fa entrare a contatto con un'altra parolina tecnica, decoupling. Il problema del decoupling si potrebbe riassumere in questa domandina: Se la guerra si svolge solo in Europa, perché gli Stati Uniti dovrebbero condurre una guerra nucleare con l'Unione Sovietica e condannare anche il proprio territorio ed i propri cittadini? Non è detto quindi che l'URSS non risponderebbe a UK e Francia per timore della reazione americana: i sovietici potrebbero anche tentare la sorte e rispondere, tenendo conto che stanno comunque rispondendo a chi ha attaccato per primo e senza coinvolgere direttamente il territorio americano. (Questi sono temi piuttosto complessi, ho provato a riassumere al massimo).

Ora, la domanda politica è se i paesi europei avrebbero cercato di aumentare il loro potenziale militare (anche nucleare) per compensare una percezione di insicurezza dovuta alla scelta americana, oppure se avrebbero invece cercato di stemperare ancora di più le tensioni allontanando il rischio di conflitto con il Patto di Varsavia.

Poiché ciascun paese ha ancora oggi una sua politica, possiamo ben domandarci se tutti i paesi europei sarebbero stati concordi o avremmo visto per esempio la Gran Bretagna e la Germania che vanno in due direzioni divergenti. L'Italia penso che avrebbe "seguito" essendo i suoi politici sempre più focalizzati sulla politica interna ma questa ipotesi non ci può soddisfare, visto che non sappiamo neppure che cosa avrebbero fatto gli altri paesi...

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Federico riprende la parola:

L'ombrello nucleare rimarrebbe in piedi perchè se l'URSS vincesse la guerra convenzionale, Francia e Gran Bretagna userebbero le loro armi nucleari (che saranno state anche irrisorie rispetto alle altre potenze ma, come disse De Gaulle, "Noi abbiamo voluto le atomiche perché non si scherza con chi può ammazzare cento milioni di russi"), Mosca dovrebbe allora rispondere (se ti sparano rispondi al fuoco, allo stesso modo se subisci un attacco nucleare sei costretto a rispondere sennò l'intera idea del tuo deterrente cade) e a questo punto Washington potrebbe intervenire in difesa degli alleati, a fianco dei quali sta già combattendo convenzionalmente in forza al Patto Atlantico. L'allora Ministro della Difesa sovietico Andrei Grechko era fermamente convinto che le armi nucleare avrebbero dovuto essere usate sin dalle prime ore di una eventuale Terza Guerra Mondiale perché il loro uso era a suo parere inevitabile, quindi i decisori sovietici probabilmente continuerebbero a usare questo assunto.

Penso che i paesi europei potrebbero seguire l'esempio francese di uscire dall'infrastruttura militari della NATO ma rimanendo all'interno del trattato. C'è anche un altro aspetto non considerato: Kissinger si mangerà le mani ma l'avvicinamento con la Cina è completamente fottuto, è già tanto se Pechino non vendica l'alleato nuclearizzando Taipei o Seul. Nell'aprile del 1969 si era in piena Crisi sino-sovietica dell'Ussuri, le due maggiori nazioni comuniste erano sull'orlo della guerra e solo il mese prima i due eserciti si erano scontrati in una serie di scaramucce di frontiera. Non è molto probabile ma se la Cina rispondesse e lo scontro degenerasse in un conflitto tra Pechino e Washington probabilmente Mosca prenderebbe in considerazione di attaccare a sorpresa il vicino meridionale. Ma mi sembra più probabile l'altra strada: la Cina cessa automaticamente ogni minaccia contro l'URSS per confrontarsi con gli americani, niente apertura, Zhou En-lai cade in disgrazia, pur mantenendo il posto, e con lui Deng Xiaoping, che probabilmente finisce a riflettere sulla modernizzazione del sistema economico cinese producendo pedali per biciclette nel Deserto del Gobi. Il ministro della difesa e successore designato Lin Biao non cade in disgrazia, anzi ottiene più potere per preparare il paese a una guerra contro gli Stati Uniti. Alla morte di Mao i militari si rivolgono a Lin per mettere fuori gioco Madame Mao e le sue Guardie Rosse, assicurando così la successione di Lin. La Cina abbandona il Maoismo stretto per ritornare al Comunismo Sovietico incentrato sull'industria pesante, politicamente vi è un riavvicinamento a Mosca.

A proposito di Mosca, nei suoi ultimi anni Breznev era spesso ubriaco marcio, con evidenti problemi di salute (ebbe un grave infarto nel 1975) e affetto da una discreta demenza senile, e se i suoi avversari interni usassero l'argomentazione di "Non vorremmo finire come gli americani con Nixon, eh?" per pre-pensionarlo anticipatamente a fine anni settanta? All'epoca Kosygin e Podgorny erano già stati esclusi dal potere, per quanto ufficialmente ancora al loro posto, e Mikhail Suslov e Andrei Kirilenko erano i principali partner di Breznev nella "leadership collettiva" e ai vertici del partito. Allo stesso tempo il Ministro degli Esteri Gromyko, il direttore del KGB Andropov e i Ministri della Difesa Grechko e Dmitrij Ustinov di fatto controllavano la pianificazione politica-militare sovietica. Grechko morirebbe nel 1976, Kirilenko era il braccio destro di Breznev e dunque verrebbe demansionato in caso di sua fuoriuscita anticipata. É altrettanto evidente come nessuna rimozione sarebbe possibile senza l'assenso di Andropov e che Suslov non accetterebbe mai se non venisse mantenuta la "leadership collettiva", quindi potrebbe affermarsi una troika tra Suslov, Andropov e Gromyko. Andropov curerebbe il riavvicinamento a Pechino e coltiverebbe giovani riformisti come Gorbachev. Dopo la morte di Suslov nel 1981 lo stesso Gorbachev verrebbe incluso nella troika. Alla sua morte nel 1983 Andropov indicherebbe nelle sue ultime volontà che sia lo stesso Gorbachev a succedergli (lo fece in HL) e poiché il giovane Mikhail avrebbe più esperienza probabilmente potrebbe succedergli senza bisogno dell'interregno di Chernenko. Gromyko non dovrebbe fare obiezioni (fu lui a proporre formalmente l'elezione di Gorbachev in HL) e Ustinov non sarebbe mai diventato così potente senza le malattie di Breznev e Chernenko, quindi potremmo avere una Perestroika anticipata.

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Aggiungiamo la proposta di Michal I:

Nel 1967, poco prima della Guerra dei Sei Giorni, Nasser rimescolò completamente le carte in tavola, dove la tavola è il Sinai, e le carte sono la strategia egiziana nella regione in caso di guerra con Israele. La strategia precedente a questa folle manovra, voleva un esercito egiziano impegnato nella tattica della difesa elastica, al fine di logorare l'esercito Israeliano (perché, come disse Nasser: "Il nostro dovere è quello di infliggere almeno 10000 perdite al nemico. Non importa se, per farlo, noi dovremo perdere 100000 uomini, perché, se per noi sarà facile rimpiazzare la perdita di questo numero di uomini, per gli Israeliani sarà un grave problema rimpiazzare anche solo 10000 perdite."), per poi passare al contrattacco assieme agli eserciti giordano, siriano e iracheno e schiacciare Israele.

Ora, una delle principali cause della sconfitta Egiziana fu proprio questo rimescolamento di carte. Ma... se Nasser non attuasse tale rimescolamento? Israele ci sarebbe ancora, ai giorni nostri? Senza il "nemico Sionista", su cosa farebbe leva la propaganda di Khomeini? Il progetto dell'Unione Araba di Nasser (durato poco per via delle divergenze tra Siria ed Egitto sul modo di approcciare la questione Israeliana) resterà in piedi? Se sì, si estenderà? Ci sarà la guerra in Iraq (personalmente non credo)? Quanto sarà estesa, alla data attuale l'Unione Araba? E... senza possibilità di agire in Medio Oriente, dove rivolgeranno gli U.S.A. la loro politica estera?

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Gli replica però Yoccio Liberanome:

Israele avrebbe comunque vinto, anche se a prezzo di spaventose perdite. Già nella prima guerra arabo-israeliana ci furono pesanti perdite e per di più erano assolutamente impreparati a una guerra di tali porzioni. Anni dopo senza quello squilibrio di risorse avrebbero certamente vinto comunque.

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E ora, il fondamentale contributo di Federico Sangalli:

Oggi, alle 18:01 del 4 aprile 2018, sono passati esattamente 50 anni da quel tragico sparo che il 4 aprile 1968 uccise brutalmente il Reverendo Martin Luther King Jr, 39 anni, leader del movimento dei diritti civili, Premio Nobel della Pace nel 1964 e uno dei più grandi uomini che abbia mai calcato questo pianeta, sul balcone della Stanza 306 del Lorraine Motel di Memphis, Tennessee, lasciando un padre, una madre, una giovane moglie e quattro figli. Uomo di fede, pastore battista, nemico numero uno dell'ineguaglianza, del razzismo, dell'oppressione e della povertà, primo alfiere del pacifismo, della tolleranza e dell'uguaglianza, rivoluzionario e moderno martire, King rappresenta una delle più importanti icone del Anni Sessanta, del Novecento e in generale della grande lotta che, da Abramo Lincoln in poi, è stata portata avanti contro le ingiustizie e le sopraffazioni in ogni luogo, tempo e ambito. Mentre si celebra e si ricorda il suo grande messaggio ho pensato fosse perlomeno doveroso proporre un'ucronia in merito, la più ovvia forse, ma anche quella di maggior impatto: cosa sarebbe successo se quel 4 aprile King fosse sopravvissuto?

Sarebbe sicuramente rimasto il leader del movimento dei diritti civili, che, con la progressiva concessione dei diritti civili agli afroamericani, sarebbe stato allargato dai neri anche alle altre minoranze, in primis gli ispanici. King era poi uno dei più grandi esempi di Socialismo Cristiano (o Cristianesimo Socialista che dir si voglia) e un forte portatore di una vasta denuncia sociale contro la società capitalista modello americano, che si può riassumere con la sua famosa frase "In questo paese c'è il libero mercato per i poveri e il socialismo per i ricchi!". Non è un caso che l'attuale massimo esponente americano di questa critica sia portata avanti da un uomo, Bernie Sanders, che allora militava attivamente nelle file del movimento di King. Possiamo quindi immaginare che il suo messaggio non si sarebbe esaurito ma anzi si sarebbe allargato anche più in generale ai poveri, ai diseredati e agli esclusi dal sistema americano. In un periodo in cui l'America sperimentò forse la sua più grande mancanza di moralità da parte dei pubblici ufficiali, con le menzogne, i sotterfugi, gli inganni e gli atti sanguinosi dell'Amministrazione Nixon, King avrebbe potuto probabilmente diventare una sorta di "coscienza morale della Nazione". King non era un politico e non aveva ambizioni in tal senso ma potrebbe pensare che l'unico modo per compiere il suo disegno, profondamente radicato nella sua fede cristiana, sia andare in soccorso di un'America stanca, svuotata dal fallimento del '68, sporca del sangue dei Kennedy, macchiata dalle menzogne di Nixon e ferita dagli atti di Johnson. King, un nero, un predicatore, avrebbe potuto diventare Presidente degli Stati Uniti? Non lo so, ma in ogni caso la sua finestra in tal senso durerebbe forse un decennio al più: quando morì i medici che eseguirono l'autopsia rivelarono che aveva il cuore di un sessantenne, con ogni probabilità per il grande sforzo di essere stato alla guida del movimento dei direttivi civili, perennemente sulle barricate, scampando a una dozzina di tentativi di omicidio, minacciato dall'FBI, e tuttavia sempre in prima linea, per quasi 13 lunghi anni. Difficilmente King avrebbe potuto imbarcarsi in un'avventura faticosa come la politica dopo la prima metà degli Anni Ottanta. Cosa ne pensate? Quale sarebbe stato il futuro di Martin Luther King senza quella maledetta pallottola, quel 4 aprile 1968?

Chiedo scusa se non porto avanti uno sviluppo più impegnativo, ma, per pignoleria mia e rispetto al personaggio, annuncio la mia intenzione di scrivere un'ucronia più completa e dettagliata in merito. Tutti voi siete autorizzati per iscritto a pretendere la mia ucronia tra sei mesi e a sollecitarmi se non l'avessi ancora ultimata. Per iniziare ho scritto il suo ucronico Discorso di Memphis, quello che avrebbe dovuto tenere al raduno che si sarebbe svolto due ore dopo il suo assassinio per protestare contro le pessime e segreganti condizioni di lavoro imposte dal Sindaco di Memphis, Henry Loeb, ai lavoratori e alle lavoratrici neri del settore sanitario comunale e che qui tiene dopo essere scampato al tentativo di omicidio: per non arrogarmi alcun ruolo o potere soprannaturale, ho ripreso e unito parti di altri discorsi dello stesso King (e in parte anche del suo buon amico, Bobby Kennedy) e passi biblici da lui spesso usati, nella speranza di poter dare almeno una pallida rappresentazione di cosa avrebbe potuto dire. I suoi discorsi, sopratutto "I have a dream" e "I saw the Promise Land", sono tra i migliori esempi dir retorica e passione della Storia umana e colpisce il fatto che entrambi furono improvvisati. Non pretendo che la mia volgare imitazione possa competere e, se piacerà, entro domani trascriverò anche questi due discorsi per farne capire lo spessore e l'ispirazione.

Grazie a tutti per la lettura.

« Fratelli,
so che molti di voi avranno saputo del tentativo di assassinarmi poche ore fa e so anche che molti di voi saranno arrabbiati per questo, ma la nostra rabbia, per quanto forse giusta, verso l’atto, per quanto malvagio, di un nostro fratello bianco malato, non deve farci dimenticare gli insegnamenti di Nostro Signore: "Per amore dei miei fratelli e dei miei amici, io dirò "La Pace sia dentro di te!". Queste parole furono pronunciate quasi duemila anni fa e il loro significato grondante di Giustizia ed Amore deve illuminare oggi le nostre coscienze, le coscienze di tutti i Figli di Dio.
Quello di cui abbiamo bisogno, oggi, negli Stati Uniti d’America, non è la Divisione;
quello di cui abbiamo bisogno, oggi, negli Stati Uniti, non è l’Odio;
quello di cui abbiamo bisogno, oggi, negli Stati Uniti, non è la violenza o l’illegalità, ma l’Amore e la Saggezza e la Compassione l’uno verso l’altro, e un rinnovato e rinvigorito sentimento di Giustizia verso tutti quelli che ancora soffrono nel nostro Paese, che siano bianchi o che siano neri. La battaglia che stiamo conducendo qui non riguarda solo i lavoratori di Memphis o il Sindaco Loeb, ma riguarda l’Anima stessa nella nostra Comunità, di tutta l’America, e il Giudizio che, un giorno, Dio e i nostri discendenti ci daranno, come oggi noi giudichiamo le persecuzioni di Nerone e l’oppressione biblica dei Faraoni. La questione è la Giustizia, la questione è il rifiuto di trattare “esseri umani creati uguali dallo stesso Creatore” in modo equo ed onesto.
Da qualche parte, una volta, lessi che, in America, c’è il Diritto alla Libertà d’Assemblea.
Da qualche parte una volta, lessi che, in America, c’è il Diritto alla Libertà di Parola.
Da qualche parte, una volta, lessi che, in America, c’è il Diritto alla Libertà di Stampa.
E da qualche parte, una volta, lessi che la Grandezza dell’America sta nel Diritto di protestare per i Diritti. La questione dell’Ingiustizia non può essere oscurata da quella della Violenza, non dobbiamo permetterlo: non lasceremo che i cani e gli idranti dei Violenti ci facciano deporre il nostro Credo e i nostri Ideali. Non lasceremo che qualunque sopruso o attacco contro di noi ci facciano desistere e voltare dall’altra parte. Noi andremo avanti. Come ho detto ieri, non mi preoccupo delle minacce e delle intimidazioni: Dio mi ha permesso di salire in cima alla Sua montagna e di guardare aldilà. E allora ho visto la Terra Promessa. Un giorno potrei non essere più con voi, ma voglio che sappiate, stasera, che noi, come Popolo e come Comunità, avremo la nostra Terra Promessa! Come narrano le antiche parole dei Salmi “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me”. Non ho paura, non ho timore, non temo alcun uomo come mio nemico, perché ho visto la Gloria della Venuta del Signore. Vengo in pace, perché so che questa è la Sua Volontà. »
(Trascrizione del Discorso di Memphis, di Martin Luther King Jr, Memphis, Tennessee, 4 aprile 1968)

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Anche in questo caso Generalissimus ha tradotto tre video per noi:

E se Nelson Mandela fosse morto negli anni '80?

Di norma non mi interessano molto le teorie della cospirazione: in qualità di persona che ricerca costantemente l'esito plausibile di un dato evento, le idee degli Illuminati, degli UFO e del piano del governo per manipolare i nostri gatti e trasformarli in spie del Nuovo Ordine Mondiale non mi convincono.
Comunque stavo girando per il web e ho trovato questa cosa interessante chiamata Effetto Mandela, dove grandi gruppi di persone ricordano qualcosa che non è mai successo.
Per la maggior parte delle volte si tratta di qualcosa di innocuo, come dire che l'uomo del Monopoly aveva un monocolo quando in realtà non ce l'ha mai avuto, o che il nome della serie per bambini era Gli Orsi Berenstein e non Gli Orsi Berenstain, quando in realtà era proprio Gli Orsi Berenstain.
Comunque l'esempio più lampante è che molte persone credono che Nelson Mandela sia morto negli anni '80 e sono rimaste scioccate quando divenne una figura pubblica negli anni '90.
Ci sono innumerevoli teorie balzane che affermano che durante la nostra vita viaggiamo inavvertitamente tra varie dimensioni o che il Nuovo Ordine Mondiale stia cercando di manipolare la popolazione, ma è probabile che l'Effetto Mandela sia semplicemente cattiva memoria su larga scala, questo però mi ha fatto pensare a come verrebbe influenzata la storia se Mandela fosse morto negli anni '80.
Un mondo in cui questo accade sarebbe piuttosto diverso da quello attuale, e vale la pena analizzarlo, perciò oggi come sarebbero differenti i confini, la cultura e il mondo? In questa TL Mandela muore di malattia nel 1981 nella prigione di Robben Island.
Onestamente l'inizio di questa TL è piuttosto anticlimatico, e per alcuni anni accadranno poche cose, ma per vedere il quadro generale di cosa succederà dobbiamo andare avanti veloce.
Prima di tutto, alla fine degli anni '80 il Sudafrica dell'apartheid era in crisi e sapeva che era necessario un cambiamento.
Innanzitutto il basso tasso delle nascite implicava che la percentuale della popolazione bianca era in declino, dal picco degli anni '30, dove ammontava ad oltre un terzo della popolazione, la percentuale bianca era scesa al 13% nel 1991.
L'ascesa della popolazione nera stava facendo apparire il mantenimento del controllo semplicemente sempre meno tenibile.
In secondo luogo le sanzioni economiche del resto del mondo stavano facendo davvero male, e, infine, la Guerra Fredda era finita, gli Stati Uniti non erano più preoccupati che il Comunismo si impadronisse del mondo e non avrebbero più sostenuto alcuna nazione germanica Protestante capitalista e democratica nella speranza che avrebbe tenuto a bada gli Africani Comunisti.
Dopo il crollo dell'enorme colosso oscuro, l'Unione Sovietica, la completa attenzione del mondo in campo morale cadde sul Sudafrica, perciò, che piacesse o meno al regime, l'apartheid in qualche modo doveva terminare.
Il genio di Nelson Mandela sta nel fatto che riuscì a porsi come forza moderata alla quale i bianchi furono ben disposti a cedere il potere.
Dopotutto ci troviamo in Africa, dove in un batter d'occhio possono scoppiare guerre etniche che subito si trasformano in genocidi, i bianchi avevano molta paura di cedere il potere per il timore di una guerra razziale.
L'ANC, o Congresso Nazionale Africano, il partito di cui Mandela faceva parte e che da allora governa il Sudafrica, era in parte un'organizzazione terroristica, e Mandela riuscì a sopprimere quell'elemento in cambio di una posizione più moderata.
Mandela fu un pacificatore straordinario, si mise in una posizione che non avrebbe minacciato i bianchi e tenne a bada gli elementi violenti all'interno del Congresso Nazionale Africano.
In questa TL i bianchi sapranno che devono attuare delle riforme, ma non ci sarebbe una strada definita da percorrere.
Le pagine della storia sono piene di infiniti regimi che sono collassati dopo che hanno cercato di riformarsi, che si tratti dell'Unione Sovietica, della Francia pre-rivoluzionaria o della Dinastia Qing cinese.
In generale queste organizzazioni venivano tenute insieme solo dalla loro crudeltà, e ogni suo allentamento risultò in un loro disfacimento.
Mandela riuscì a creare l'immagine di un Sudafrica gestibile per tutti, senza la voce del compromesso il regime dell'apartheid avrebbe poche alternative e le forze conservatrici dominerebbero i colloqui sulle riforme.
Il piano principale era far sì che i Meticci, un gruppo il cui nome ha un significato molto diverso in Sudafrica, trattandosi di una popolazione di razza mista con antenati africani, europei e asiatici che vive intorno al Capo, e gli Asiatici, che discendevano soprattutto da Indiani, costituissero gruppi separati con diritti diversi da mettere contro la maggioranza nera Bantu.
Questo sarà troppo poco e troppo tardi, e la nazione probabilmente sprofonderà nella guerra civile.
Il regime dell'apartheid verrà visto come debole, la maggioranza nera della popolazione capirà che il regime sta cercando di cambiare il sistema per mantenerla permanentemente sottomessa, si ribellerà e ne risulterà una guerra tremenda.
I ribelli del Congresso Nazionale Africano verranno quasi interamente dalla popolazione a maggioranza Bantu, incentrata nel fertile nordest del paese.
La base di potere del governo si troverà nel Capo a minoranza Bantu, e sposterà lì la sua capitale, a Città del Capo.
Le guerre africane tendono a diventare scontri etnici e tribali nei quali rancori vecchi di secoli si trasformano in orge di violenza, e la situazione non si limiterà ai bianchi, anche gli Asiatici e i Meticci erano disprezzati.
L'ascesa dei regimi neri in Africa orientale portò sempre all'espulsione o alla soppressione della popolazione indiana e alla persecuzione delle tribù disprezzate, i Meticci probabilmente ricadranno sotto questa categoria.
Il regime bianco, che combatterà per la sua sopravvivenza, si alleerà con i Meticci e gli Asiatici, promettendogli eguali diritti se combatteranno con esso.
I Meticci e gli Asiatici, temendo per la loro vita, accetteranno.
Un buon paragone tra le guerre che si sono svolte nello stesso periodo sarebbe quella in Jugoslavia, dove secoli di tensioni balcaniche e il disfacimento della supremazia serba risultarono in un genocidio e in un bagno di sangue.
La guerra ovviamente creerà controversie in occidente, vedremo le stesse divisioni polarizzanti causate da ogni altro conflitto.
Le destre sosterranno il regime dell'apartheid perché è formato da bianchi Protestanti, ignorando i decenni di oppressione degli altri gruppi, mentre le sinistre sosterranno i ribelli perché sono dei combattenti per la libertà, ignorando il fatto che siano dei sanguinari maniaci genocidi.
Alla fine l'occidente prenderà la coraggiosa decisione di non fare nulla e di vantarsi di quanto sia moralmente superiore alle due parti in causa.
Gli Africani avranno il vantaggio dei numeri, mentre il governo avrà un'incredibile superiorità militare sotto tutti i punti di vista, siano essi tecnologici o addestrativi.
Usando la sua potenza di fuoco enormemente superiore, il governo riuscirà a sedare le rivolte a Città del Capo e a mantenere Johannesburg e Pretoria, che saranno sotto assedio e le cui colonne di rifornimento necessarie per sfamarle avranno bisogno di enorme protezione, ma non ci saranno abbastanza bianchi per mantenere il controllo delle campagne del nordest.
Negli anni '90 erano tutti fissati con la pace e la moralità internazionale, perciò gli Stati Uniti, l'unico egemone mondiale, chiederanno un trattato dopo uno o due anni di guerra.
Questo coinvolgerà la divisione del Sudafrica in due e la cessione delle città nordorientali ai ribelli, l'est del paese diventerà una nazione nera indipendente con capitale Johannesburg, che ovviamente cambierà nome in qualcosa di più africano, mentre l'ovest diventerà una nazione di razza mista con capitale Città del Capo.
Queste due nazioni ovviamente si odieranno l'un l'altra, e si svilupperanno molto diversamente.
Iniziamo con la nazione occidentale: il miglior paragone potrebbe essere l'Irlanda del Nord durante il Conflitto Nordirlandese, per sopravvivere il regime al governo dovrà concedere i completi diritti politici agli Asiatici e ai Meticci.
Ci sarà una forte minoranza Bantu nel Capo che verrà oppressa o minacciata tramite discriminazioni legali o una serie di sottili tecniche che la manterranno senza potere.
Ci sarà un grande movimento terrorista all'interno del Capo, sostenuto in segreto dal governo di Johannesburg per ottenere l'unità sudafricana.
Grandi numeri di bianchi e di Asiatici, residenti soprattutto a Durban, fuggirebbero verso il Capo per non far parte della nazione Bantu.
Anche l'economia sarà simile a quella dell'Irlanda del Nord, per mezzo del sistema di caste creato dall'apartheid le sfere più alte dell'economia, tecniche, dell'istruzione e formative si trasferiranno nel Capo, dandogli un'economia molto ben sviluppata, ma l'instabilità, la mancanza di competitività dell'economia sudafricana in generale e la distanza dagli altri centri economici la faranno stagnare.
Potrebbe comunque diventare un hub per la regione africana, ma per tutte queste ragioni potrebbe avere un tasso di suicidi simile a quello dell'Irlanda del Nord e non sarebbe un posto piacevole dove vivere.
La nazione nera potrebbe essere ancora peggio, un esempio preesistente potrebbe essere lo Zimbabwe, l'ex Rhodesia governata dai bianchi: il sistema delle caste razziali faceva sì che i non bianchi avessero pochissima istruzione o formazione economica, e quando la popolazione bianca venne cacciata l'economia sprofondò e lo Zimbabwe divenne la nazione più povera della Terra.
Gli Africani, vedendo quanto era ricca la classe dominante bianca, chiederebbero un sistema di welfare che lo stato semplicemente non potrebbe permettersi, e questo risulterebbe in un'iperinflazione della valuta e in un'ulteriore crollo dell'economia.
Infine nelle guerre di liberazione ottenevano il potere solo i leader più violenti, nel caso dello Zimbabwe Robert Mugabe, che fu uno dei peggiori dittatori di sempre, e in questa TL possiamo aspettarci un destino simile per il Sudafrica Bantu.
Perciò spero che questo video vi abbia fatto apprezzare di più Nelson Mandela, e che vi abbia fatto capire quanto è delicata la storia, sono figure come lui che la smentiscono e rendono il mondo un posto migliore.
Inoltre spero di aver gettato una luce sull'Effetto Mandela, dato che un mondo dove la gente ricorda che Mandela è morto negli anni '80 è un mondo dove il Sudafrica è diviso in due.

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Se vuoi parlare Inglese, tornatene in Inghilterra!
(Ucronia antirazzista)

Sapete, fa schifo dirlo, ma ci sono un sacco di razzisti nel mio paese! Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in un tweet dove qualcuno affermava di aver origliato una discussione tra una donna anziana che parlava una lingua straniera al telefono e un altro uomo.
Quando la donna ha attaccato è stata avvicinata da questo estraneo che le ha detto che in America doveva parlare Inglese, non Messicano.
Nota a margine: perché gli xenofobi dicono sempre che la gente in Messico parla Messicano? È davvero così difficile per i loro piccoli cervelli comprendere che in Messico si parla Spagnolo, proprio come noi negli Stati Uniti parliamo Inglese? Non sorprende affatto che alla fine si scopre che questo sacco d’immondizia senziente era un idiota: la donna non stava parlando Spagnolo, in realtà stava parlando Navajo, una lingua parlata dal popolo Navajo, un gruppo di nativi americani comune nel sudest degli Stati Uniti, che viveva in quella zona migliaia di anni prima che gli Europei mettessero piede sul continente.
Questa storia finisce con la donna che proclama orgogliosamente: “Se vuoi parlare Inglese, tornatene in Inghilterra!” Divertente, ma sfortunatamente non ho alcun modo per dimostrare che la storia sia accaduta veramente, per quello che ne so questo tweet potrebbe essere falso.
Ma… Sono propenso a credere che la storia sia vera, considerando che questa non è la prima volta che dei manifesti ambulanti a favore dell’aborto contestano il fatto che qualcuno con antenati Navajo debba stare in America, viviamo in un’epoca in cui sostenitori di Trump armati molestano un Rappresentante al Congresso dell’Arizona semplicemente perché ha la pelle scura! Ciononostante, questo tweet mi ha ispirato a farmi una domanda: e se ad un Inglese immigrato in uno stato nativo americano venisse detto che se vuole parlare Inglese deve tornarsene in Inghilterra? Come potrebbe nascere un mondo simile? Beh, ho un po’ di tempo libero perché in realtà non sto lavorando al video al quale dovrei lavorare, e me ne sono venuto fuori con questo scenario.
Iniziamo prima dell’Era Volgare, quando alcuni dei primi popoli immigrati in America sviluppano una malattia virale ignota nella nostra TL.
Anche se questa malattia è fatale solo raramente, cambia poco la storia antica dei nativi americani, e rimane lì fino al 1492, quando Colombo salpa per l’oceano.
All’insaputa dell’esploratore, alcuni uomini del suo equipaggio contraggono la malattia e alla fine la scatenano contro l’Europa, dove ha un effetto devastante sul continente.
Chiamata la Morte Rossa, il numero di vittime causato da questa malattia rivaleggia con quello causato dalla peste bubbonica quando infuriò per l’Europa nel XIV secolo.
Anche se ci sono focolai sporadici in Nord Africa, in Medio Oriente e nel resto dell’Asia, il lavoro dei medici Musulmani impedisce alla nuova malattia di avere un impatto consistente nel resto del Vecchio Mondo.
Sfortunatamente la seconda peste getta l’Europa nel caos, e le nazioni europee non riescono a resistere ai Turchi Ottomani, che entro il XVII secolo hanno conquistato l’Europa, incluse le Isole Britanniche.
Nel frattempo, anche se le malattie europee si sono diffuse in gran parte del Nord America, senza la pressione dei conquistatori e colonizzatori europei i nativi americani riescono a recuperare dal primo contatto e iniziano presto a godere dei benefici dello Scambio Colombiano, ovviamente senza il genocidio.
Il contatto con il Vecchio Mondo continua soprattutto grazie a dei commercianti che stabiliscono degli empori in posti come le foci del Mississippi e dell’Hudson.
Presto molte nazioni adottano le idee e le tecnologie del Vecchio Mondo, e iniziano presto a sorpassare quelle tribù che rimangono attaccate ai vecchi metodi.
Ci sono comunque delle piccole colonie, create soprattutto dagli Europei in fuga dal massacro turco, visto che gli Ottomani hanno dimostrato poco interesse nel creare proprie colonie e preferiscono commerciare col Nuovo Mondo.
Molte di queste colonie sono nate grazie a dei privati senza il sostegno di alcun governo nazionale, e quelle più di successo sono quelle che hanno trovato uno stato nativo americano che le sponsorizzi e protegga.
Questo è particolarmente vero per le colonie inglesi che sono entrate in contatto con gli Irochesi.

Nel XVIII secolo gli Irochesi diventarono una grande potenza del nordest americano.
Erano unici nel loro genere, perché in realtà erano una confederazione di cinque popoli: i Mohicani, gli Onondaga, gli Oneida, i Cayuga e i Seneca.
In seguito il popolo dei Tuscarora si sarebbe unito a loro come sesta tribù.
Gli Irochesi praticavano anche una forma di democrazia, anche se non avevano un vero governo centrale, ma il successivo assorbimento delle colonie inglesi come settima tribù cambierà questa situazione, dato che le idee inglesi sul governo trasformeranno la Lega Irochese in una vera federazione con una costituzione scritta.
Nel XIX secolo la Lega Irochese entrerà nel suo periodo espansionista e inizierà a diffondersi verso ovest.
Verranno conquistate molte altre tribù, ma ad alcuni popoli, come i Cherokee e i Navajo, verrà concessa la piena adesione alla Lega.
All’inizio del 21° secolo la Lega Irochese, o 55 Nazioni, si estenderà dall’Atlantico al Pacifico e confinerà a nord con la Confederazione degli Uroni e a sud con l’Impero Tlaxcalteco.
Grazie alle abbondanti risorse che troveranno sul continente, gli Irochesi diventeranno presto una ricca superpotenza industrializzata, e dopo la Seconda Guerra Panasiatica e la conclusione della Guerra Ombra in seguito al collasso dei Khanati Sindacati della Grande Mongolia, la Lega Irochese si ritroverà ad essere l’unica superpotenza del mondo.
Sfortunatamente, le cose non vanno altrettanto bene per l’Europa: la vita sotto l’Impero Ottomano è dura per i Cristiani bianchi europei, specialmente considerato che i Turchi tentano di convertire la popolazione all’Islam e distruggono innumerevoli chiese e altri siti sacri.
Ad inizio XIX secolo, comunque, gli Ottomani rigidamente organizzati in caste e troppo estesi verranno invasi dalla Persia guidata da un ambizioso generale che ha preso il potere dopo una rivoluzione che ha spodestato lo Scià, che vuole conquistare il mondo Musulmano e che riuscirà perfino a conquistare Istanbul.
Anche se questo parvenu persiano verrà sconfitto dopo una disastrosa invasione dell’India, l’Impero Ottomano decadrà e l’Europa si ribellerà al controllo turco.
Anche se ci saranno alcuni idealisti che proveranno a riunire l’Europa nel Terzo Impero Romano, alla fine saranno i leader locali a prendere il potere, e combatteranno con i loro vicini per il territorio.
Brevi tentativi di stabilire un dominio democratico verranno seguiti da uomini forti che prenderanno il controllo come dittatori.
Questo porterà a rivoluzioni, controrivoluzioni, guerre civili e repressioni che manterranno l’Europa generalmente sottosviluppata rispetto al resto del mondo.
Non aiuterà neanche il fatto che dopo la cacciata dei Turchi saranno i Musulmani di discendenza turca a tendere a dominare le classi più alte, mentre le maggioranze bianche Cristiane rimarranno nelle classi più basse.
Questo farà sì che molti Inglesi migreranno verso la Lega Irochese a partire dagli anni ’60 alla ricerca di una vita migliore, soprattutto in un paese dove gli Inglesi sono già una nazione membro.
La Lega è destinazione degli emigrati da sempre, specialmente dopo che si è industrializzata, ma in genere essa preferisce immigrati provenienti da altre nazioni native americane.
Anche se gli Inglesi sono una nazione membro da molti anni, sono sempre stati una piccola minoranza contenuta soprattutto nel nordest, ma adesso gli Irochesi hanno a che fare con grandi numeri di immigrati che vivono e lavorano in alcune delle loro città più grandi, fanno parte di una razza diversa, non parlano la loro lingua e sono monoteisti.
Col passare del tempo il sentimento anti-inglese inizia a crescere in tutta la Lega.
I tentativi della Lega di porre un freno all’immigrazione inglese porteranno solo ai tentativi degli immigrati di entrare nel paese illegalmente nascondendosi nei ponti inferiori delle navi, che gli farà guadagnare l’insulto razzista di topi di sentina.
Nel 21° secolo verrà fondato un numero record di gruppi d’odio in tutta la Lega.
Qualche commentatore li difenderà come una risposta all’ansia economica causata dagli immigrati inglesi che competono per il lavoro con i cittadini della Lega, ma altri temono che annuncino un’ascesa del suprematismo rosso, che ignora che gli Inglesi vivono nella Lega da generazioni e hanno reso grandi contributi alla sua cultura.
Gli Inglesi saranno spesso vittima di atti odiosi che andranno da Irochesi che intimeranno agli anglofoni di parlare Irochese a pestaggi e assassinii.
Ed è qui che finisce il mio scenario.
Non è l’ucronia più plausibile, ma la storia alternativa non deve essere sempre plausibile.
Infatti, uno dei punti di forza della storia alternativa è che può essere utilizzata per costringere il lettore a camminare per un chilometro nei panni di qualcun altro e far capire com’è la vita di qualcuno che è oppresso e discriminato, e spero di essere riuscito a fare lo stesso con questo scenario.
Perciò, la prossima volta che sentite qualcuno parlare al telefono una lingua che non è la vostra, continuate semplicemente la vostra giornata! Con tutta probabilità questa persona è molto simile a voi: qualcuno che sta cercando di fare del suo meglio per rendere migliore la vita sua e della sua famiglia, e la vostra presunzione su quale lingua sta parlando finirà solo con voi che sembrerete una persona terribile.

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E se Asa Philip Randolph avesse marciato su Washington nel 1941?

“La giustizia non viene mai donata, viene estorta, e la lotta deve essere continua, perché la libertà non è mai un fatto definitivo, ma un processo in continua evoluzione verso livelli sempre più alti di relazioni umane, sociali, economiche e politiche”.
Salve a tutti, sono Matt Mitrovich, lo storico alternativo, e quella che avete appena sentito era una citazione del leader dei diritti civili Asa Philip Randolph, che sarà il protagonista della mia prossima ucronia.
Asa Philip Randolph è un leader del movimento per i diritti civili spesso dimenticato che probabilmente merita molto più credito per il suo ruolo in essi di quanto gliene dia la storia.
Nato il 15 Aprile 1889 da genitori che credevano fermamente nell’uguaglianza razziale, Randolph crebbe in Florida, ma, a causa delle poche opportunità disponibili per una persona di colore all’epoca, alla fine si trasferì a New York City nel 1911, dove fece lavori saltuari mentre studiava al City College di New York.
Mentre era a New York Randolph venne a conoscenza delle opere di Karl Marx e dell’ideologia del Socialismo, che ispirò la sua forma di attivismo per i diritti civili.
Secondo Randolph era il capitalismo a dover essere incolpato del razzismo rampante in tutta l’America.
Per combattere sia il razzismo che il capitalismo Randolph incoraggiava i lavoratori neri ad unirsi ai sindacati, e fece diversi tentativi per organizzarli.
Nel 1917 Randolph fondò The Messenger con l’aiuto del Partito Socialista degli Stati Uniti d’America.
Questa rivista radicale si opponeva ai linciaggi, combatteva per una società integrata e incoraggiava gli Afroamericani ad unirsi ai sindacati.
Attraverso le sue pagine Randolph affermava anche che gli Afroamericani dovessero resistere alla coscrizione per combattere la Prima Guerra Mondiale, perché l’idea americana di rendere il mondo una democrazia migliore era, e cito, “Un’offesa tremenda all’intelligenza dei neri”, perché all’epoca i neri venivano linciati e gli veniva negato il diritto al voto, specialmente nel sud, ed erano vittime di segregazione e discriminazione in tutta la nazione.
Sfortunatamente questo attirò le ire dei federali, e per peggiorare le cose, i membri della sinistra afroamericani iniziarono a combattere tra di loro sulla questione di se sostenere o meno il Comunismo alla luce della rivoluzione Bolscevica in Russia.
Alla fine Randolph decise di non farlo e i lettori del Messenger calarono.
Forse un’altra persona si sarebbe arresa, ma Randolph continuò a combattere per condizioni di lavoro migliori per la gente di colore.
Nel 1925 fondò e guidò il primo sindacato a maggioranza afroamericana, la Confraternita degli Sleeping Car Porters, ovvero il primo vero tentativo di organizzare gli impiegati della Pullman Company.
Anche se il sindacato lottò per costringere la Pullman a scendere a patti con lui, dopo l’elezione del Presidente Franklin Delano Roosevelt il numero di membri del sindacato aumentò e alla fine la compagnia accettò di stipulare un contratto con esso nel 1937.
Come disse una persona, “Una piccola banda di fratelli neri resistette insieme e vinse contro una corporazione che affermava che non si sarebbe mai seduta a negoziare con i facchini”.
Questo successo spinse Randolph verso la fama nazionale, al punto che quando nel 1940 Roosevelt rilasciò una dichiarazione che confermava la segregazione nelle forze armate, Randolph e altri leader dei diritti civili proposero una marcia su Washington l’1 Luglio 1941 per protestare contro il razzismo nell’industria bellica, la segregazione nelle forze armate e per chiedere una legge contro i linciaggi.
Aprire l’industria bellica ai neri era molto importante, visto che aveva aiutato la gente bianca ad emergere dalla Grande Depressione, ma la segregazione impediva ai neri di godere degli stessi privilegi.
La marcia proposta da Randolph era ispirata in parte dalle proteste non violente del Mahatma Gandhi contro l’occupazione inglese dell’India, che Randolph sperava di replicare in America facendo sì che vi prendessero parte almeno 10.000 Afroamericani.
Per tutto il 1940 e il 1941 viaggiò attraverso il paese per promuovere la marcia, e anche se incontrò alcune resistenze da parte di bianchi e neri trovò comunque sostegno tra i leader e le organizzazioni nere.
La notizia si diffuse presto di bocca in bocca e sui quotidiani neri, vennero raccolti fondi per organizzare treni e autobus che trasportassero Afroamericani da tutta l’America, il piano prevedeva anche marce simultanee sui municipi di tutto il paese.
Quando arrivò il Giugno del 1941 qualcuno previde che invece di 10.000 avrebbero marciato su Washington, che all’epoca era una delle città più segregazioniste d’America, dai 50 ai 100.000 Afroamericani.
Alla fine fu cancellata dopo che Roosevelt emanò l’Ordine Esecutivo 8802, che vietava la discriminazione nell’industria bellica.
Alcuni attivisti furono un po’ indispettiti dal fatto che le forze armate non eliminarono la segregazione, ma ciononostante la marcia venne cancellata.
Randolph però pose fine alla segregazione nelle forze armate quando costrinse il successore di Roosevelt, Harry S. Truman, ad emanare l’Ordine Esecutivo 9981 nel 1948.
Vedete, quando Truman cercò la rielezione nel 1948 Randolph minacciò di organizzare una campagna di disobbedienza civile tra gli Afroamericani facendogli rifiutare di registrarsi per la leva.
Come disse Randolph: “I negri (sic) non sono dell’umore giusto per imbracciare un fucile per la democrazia all’estero fino a quando gli verrà negata la democrazia qui in patria”.
Temendo che Randolph avrebbe tenuto fede alla sua minaccia, Truman emanò l’ordine e Randolph fece di nuovo cedere il Presidente degli Stati Uniti d’America.
Ciononostante, Randolph non aveva ancora finito: nel 1957 Randolph si alleò con un altro leader dei diritti civili, il Reverendo Dr. Martin Luther King Jr.
Insieme organizzarono marce nel sud, dove subirono spesso attacchi della polizia e del Ku Klux Klan, ma questi, piuttosto che sconfiggere il movimento per i diritti civili, lo resero solo più forte mentre gli Americani di tutto il paese osservavano con orrore, grazie al miracolo della televisione, i loro compatrioti pestati da teppisti razzisti.
La violenza nel sud divenne un tale imbarazzo che il Presidente John F. Kennedy stilò una legge sui diritti civili per porre finalmente termine alle razziste Leggi Jim Crow nel sud, e poi, nel 1963, Randolph ottenne finalmente la sua marcia su Washington, dove King pronunciò il suo discorso I Have a Dream, che ancora oggi viene studiato nelle classi americane.
La marcia attrasse quasi 300.000 persone, e tenne vivo il movimento per i diritti civili nella coscienza pubblica.
Anche se l’assassinio di Kennedy ritardò temporaneamente qualsiasi legge sui diritti civili, il Civil Rights Act venne finalmente ratificato nel 1964 sotto l’amministrazione del Presidente Lyndon B. Johnson.
L’anno successivo venne ratificato il Voting Rights Act, che tra le altre cose proibiva ai governi, specialmente nel sud, di imporre agli elettori qualsiasi restrizione basata sulla razza.
Nel 1979 Randolph morì dopo aver guidato alcuni degli eventi più importanti del movimento per i diritti civili.
Come disse una volta il membro del Congresso John Lewis, “Non per sminuire il ruolo del Dr. King o di chiunque altro, ma senza Asa Philip Randolph non ci sarebbe mai stata una marcia su Washington.
La gente non dovrebbe mai dimenticare il ruolo che ebbe Asa Philip Randolph, dovrebbe essere visto come uno dei padri fondatori di una nuova America, un’America migliore”.
E forse abbiamo ottenuto un’America migliore, ma io non posso che chiedermi, e se Randolph marciasse davvero su Washington nel 1941? La promessa di marciare su Washington fu abbastanza perché uno degli uomini più potenti del mondo si piegasse a Randolph, e quando la marcia si verificò apportò all’America un cambiamento ancora maggiore, perciò ci si può chiedere cosa sarebbe successo se la marcia si fosse svolta prima, presumendo anche che dobbiamo trovare un POD: forse Roosevelt si rifiuta testardamente di fare qualsiasi promessa concreta per migliorare le vite degli Afroamericani come l’Ordine Esecutivo 8802, oppure Randolph si rifiuta di arrendersi riguardo la desegregazione delle forze armate, comunque sia la marcia si svolge l’1 Luglio 1941.
Perciò, cosa accade dopo? Beh, c’è la possibilità che le cose possano ritorcersi contro tutti coloro che sono coinvolti, dopotutto c’era la preoccupazione che l’arrivo a Washington di così tanti Afroamericani avrebbe sopraffatto tutti i servizi disponibili per i neri in città, cosa che avrebbe portato a duri scontri quando i manifestanti avrebbero tentato di utilizzare ristoranti e hotel che erano solo per bianchi, ma non c’è alcuna garanzia che questo si verifichi: gli organizzatori del 1941 si sforzarono certamente di trovare alloggio e rifornimenti per tutti coloro che erano in arrivo, e con l’America fermamente attirata verso la Seconda Guerra Mondiale penso che Roosevelt avrebbe fatto tutto il possibile per impedire che scoppiasse una guerra razziale nella capitale, se proprio non avrebbe potuto impedire alla marcia di prendere luogo.
A proposito della guerra, mentre stavo facendo questo video un paio di persone hanno espresso la preoccupazione che questa marcia avrebbe potuto essere vista come divisiva in un momento in cui c’era bisogno di unità nazionale a causa della guerra.
Questo è un punto valido, ma non sono convinto, francamente è difficile affermare che gli Afroamericani sarebbero stati in qualche modo antipatriottici se avessero tenuto una marcia per i diritti civili nel 1941, stavano letteralmente cercando di farsi assumere nell’industria bellica così che potessero costruire armi per le forze armate, quelle stesse forze armate nelle quali volevano servire con gli stessi diritti dei bianchi! Perfino Randolph sembrava pronto a contrastare questa tesi quando disse, e cito, “Nessuna propaganda può essere architettata e diffusa per far credere che i negri (sic) vogliano ostacolare la difesa.
Non può essere avanzata nessuna accusa che i negri (sic) stiano tentando di danneggiare l’unità nazionale.
Non vogliono fare nessuna di queste cose, ma di certo non ci può essere nessuna unità nazionale quando a un decimo della popolazione vengono negati i loro diritti basilari di cittadini americani”.
Anche la marcia su Washington del 1963 avvenne in tempi di guerra, nello specifico la Guerra del Vietnam; nel 1963 migliaia di truppe americane erano stazionate in Vietnam del Sud, e altre decine di migliaia sarebbero arrivate negli anni a venire, perciò se il movimento per i diritti civili è riuscito a sopravvivere a quella guerra forse può sopravvivere anche alla Seconda Guerra Mondiale.
Inoltre questa è la stessa America che si è stancata di Charles Lindbergh, il famoso aviatore, perché era un po’ troppo razzista e filonazista, perciò penso che questa America possa gestire una marcia per i diritti civili, non credete? E quindi la marcia del 1941 raduna quasi 100.000 Afroamericani e si svolge in maniera completamente pacifica, ma ottiene qualcosa? Beh, presumo che mostrerà al paese quanto possono essere ben organizzati gli elettori neri, che all’epoca potrebbe non significare molto nel sud, ma avrebbe un grande impatto negli stati del nord, dove gli Afroamericani avevano più diritti e potevano decidere le elezioni, un po’ come Truman temeva nella nostra TL, perciò Roosevelt avanzerà alcune riforme o tramite ordini esecutivi o tramite azioni congressuali.
Quindi, oltre alla desegregazione dell’industria bellica, potreste perfino vedere Roosevelt desegregare le forze armate prima del 1948, e questo significa che durante la Seconda Guerra Mondiale potrebbero combattere unità integrate.
Cambiamenti simili potrebbero perfino far accelerare la tabella di marcia di altre vittorie per i diritti civili: potremmo vedere un Civil Rights Act o un Voting Rights Act ratificati prima degli anni ’60, forse persino una fine anticipata della segregazione scolastica o una legge federale contro i linciaggi, e poi c’è la domanda su come sarà differente la vita di Randolph.
Nella nostra TL il candidato Socialista alla presidenza Norman Thomas cercò di far sì che Randolph si candidasse alla presidenza per il Partito Socialista degli Stati Uniti d’America nel 1948, ma Randolph rifiutò perché era più concentrato sul suo lavoro con i sindacati e il movimento per i diritti civili, ma in questa TL alternativa una riuscita marcia su Washington nel 1941 potrebbe convincerlo che potrebbe fare più bene correndo per un incarico nazionale.
La sua fama certamente attirerà il voto dei neri, ma le sue campagne contro ogni forma di discriminazione e il suo sostegno lungo decenni a favore del sindacalismo potrebbe attirare il voto di tutte le razze americane.
Come disse una volta Randolph: “La storia del sindacalismo in America dimostra che le classi lavoratrici non riconoscono alcun confine razziale.
Sfrutteranno prontamente un bianco come un nero, sfrutteranno qualsiasi razza o classe per fare profitti”.
Ora, non penso che avrebbe vinto, ma un po’ come la retorica populista di Huey Pierce Long costrinse Roosevelt a spostarsi ulteriormente a sinistra quando si arrivò al New Deal, Randolph potrebbe far sì che Truman faccia lo stesso nel 1948, o forse un Randolph che si candida significa che vincerà Dewey, chissà.
Adesso, so che alcuni di voi stanno pensando che questa è una TL molto ottimista, e sì, lo è, sto solo ipotizzando che diverse cose vadano nel migliore dei modi possibili, il che significa pochissime reazioni razziste e contro la sinistra, ma dopo essere sopravvissuto al 2020 penso che abbiamo tutti bisogno di un po’ di ottimismo, perché anche se la marcia su Washington del 1941 non è mai avvenuta, la semplice possibilità che avvenisse cambiò l’America, e quando avvenne nel 1963 cambiò di nuovo l’America, e anche se non possiamo cambiare la storia, quando guardiamo al futuro possiamo imparare da quello che quasi si verificò.
Asa Philip Randolph è un’ispirazione per tutti gli Americani, ci ha mostrato il potere che possiamo avere contro le forze dell’ingordigia e della bigotteria quando resistiamo uniti tutti insieme.

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Invece Enrico Pizzo avanza questa proposta:

La sera del 18 Luglio 1969 il Senatore Edward Moore Kennedy, ultimogenito dell'Ambasciatore Joseph Patrick Kennedy Senior, diede una festa nella sua casa sull'isola di Chappaquiddick.
Alla festa parteciparono, oltre a Kennedy, 5 suoi amici ed un gruppo di 6 ragazze carine.
Poco prima della mezzanotte il Senatore si allontanò in auto in compagnia di una delle ragazze, Mary Jo Kopechne, per riaccompagnarla gentilmente alla sua camera d'albergo nella vicina città di Edgartown.
Purtroppo durante il tragitto Kennedy, poco prima del Dike Bridge, perse il controllo della sua auto che finì in mare.
Riuscì a salvarsi ma non purtroppo la povera Mary Jo, che intrappolata nelle lamiere morì affogata. 😢
La mattina del 19 l'auto fu avvistata da alcuni pescatori che informarono subito le autorità locali, consentendo quindi il recupero del mezzo e della salma... 😔
Una volta recuperato il veicolo questo venne immediatamente identificato come di proprietà del Senatore e questi, appena udita la notizia alla radio, si precipitò prontamente dalle autorità per denunciare la tragedia ed assumersi le sue responsabilità.
Purtroppo per lui il semplice fatto che:

1 - Non aveva chiesto al suo autista di riaccompagnare la ragazza scegliendo di farlo personalmente
2 - La summenzionata aveva lasciato a casa di Kennedy la borsa con le chiavi della camera d'albergo
3 - Un agente della Polizia locale aveva visto l'auto del Senatore ferma poco dopo la mezzanotte in un luogo appartato
4 - Non aveva chiesto aiuto agli abitanti delle case che si trovavano nei pressi del Dike Bridge preferendo chiamare i suoi amici

fu sufficiente per convincere la pruriginosa opinione pubblica Statunitense che il Senatore non si era allontanato con Mary Jo con intenti cavallereschi bensì mosso da bestiale lussuria... 🤔 , stroncando sul nascere le sue possibilità di correre per la Presidenza degli Stati Uniti d'America.
Ma se quella sera il Senatore chiedesse al suo autista di riaccompagnare in albergo la giovane Mary Jo, Kennedy non verrebbe travolto dallo scandalo e potrebbe correre, e vincere, le Presidenziali del '76. Che accadrebbe?

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Passiamo alla domanda postaci da Inuyasha Han'yō:

« In confidenza posso affermare che non prevedo assolutamente di candidarmi a qualunque cosa negli anni 1964, 1968 o 1972... Chiunque pensi che io possa candidarmi a qualunque cosa che inizi in qualunque anno è fuori di melone. » Questa frase fu pronunciata da Richard Nixon nel 1964, durante un'intervista. Ovviamente le cose andarono diversamente, come ben sappiamo; candidatosi nel 1968, fu eletto alla presidenza e fu rieletto nel '72, rimanendo in carica fino al '74, quando fu costretto a dimettersi a causa dello scandalo Watergate. E se invece non si fosse candidato? Chi sarebbe stato lo sfidante di Hubert Humprey per la casa bianca? Che piega avrebbe preso la storia?

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Così gli ha risposto Federico Sangalli:

Il Presidente HHH

Ecco, dopo avervi devoluto diverse ore altrimenti destinante a meritato riposo, spero di aver assemblato qualcosa di soddisfacente, sforzandomi di essere sia esauriente (le elezioni del 1968 sono state davvero un punto di svolta per il riposizionamento dell'elettorato e di conseguenza dell'ideologia dei partiti, da un punto di vista etnico, sociale ed economico) sia chiaro (potrei davvero scriverci uno o due libri sopra questa roba, anche se forse più per logorroica che per conoscenza). I dati delle primarie e del voto delle delegazioni è basato sui reali movimenti politici locali del Partito Repubblicani e sui veri voti delle singole delegazioni stato per stato. Il calcolo dell'elezione finale è stato fatto basandosi sulle reali percentuali prese nel 1968, rimodellate in base a tendenze storiche, caratteristiche dei candidati e gruppi sociali locali. Il breve "siparietto" con Walter Cronkite l'ho messo per aggiungere un po' di suspense e staccare un po' da quello che assomigliava un po' ad un mattone per gli occhi: è rimodellato su alcune telecronache reali portate avanti dall'anchorman della CBS, compresa la sua celebre frase finale "E questo è tutto!". Spero di aver fatto bene, ma giudicherete voi: se così non è, credetemi che non s'è fatto apposta.

Dunque, l'anno è il 1968: gli strascichi dell'Offensiva del Tet ancora infiammano il Vietnam, mentre un'America ferita nell'orgoglio è attraversata da gravi tumulti sociali, proteste anti-belliche e rivolte razziali. Martin Luther King è morto, Bobby Kennedy e, per citare Woody Allen nei panni dell'americano medio, "neanch'io mi sento molto bene". Lyndon Johnson è così impopolare da essere stato costretto a ritirarsi da uno sconosciuto Senatore del Minnesota, Eugene McCarthy, in favore del suo Vice-Presidente e a sua volta ex Senatore del Minnesota Humbert Humphrey. Tra i repubblicani la via sembra spianata per Nixon, dietro il quale si apprestano a radunarsi i moderati e molti conservatori, ma ha sorpresa l'ex Vice-Presidente ed ex Senatore della California annuncia la sua intenzione di tenere fede alla promessa del 1962 e rimanere fuori dalla politica. A fine Anni Sessanta il Partito Repubblicano stava spostandosi verso Destra, un percorso iniziato già a metà Anni Cinquanta con l'anticomunismo dello stesso Nixon ma all'epoca ancora sotto traccia (Eisenhower non era molto distinguibile da un democratico medio, nominò giudici della Corte Suprema liberali e combattere il segregazionismo mandando i parà in Arkansas), giunto poi a una svolta con la nomina di Barry Goldwater nel 1964, un Senatore dell'Arizona leader dell'ala conservatrice repubblicana, che corse con una piattaforma di estrema destra che in sostanza si proponeva di mantenere la segregazione, vincere in Vietnam usando armi nucleari e arrestare tutti i comunisti. Goldwater fu inoltre il primo mettere l'accento su una campagna di deregolamentazizzazioni e liberismo che avrebbero trovato poi eco nella vittoria di Reagan (che non a caso scriveva i discorsi per Goldwater all'epoca; fu così che entrò in politica). Tuttavia vi era ancora una forte componente centrista-liberale, i cosiddetti RINO (Republicans In Name Only, soprannome dispregiativo datogli dai conservatori che pretendevano di essere i veri repubblicani), che anzi ritenevano la disastrosa sconfitta subita da Goldwater quattro anni prima come l'indicazione che una svolta a Destra fosse destinata al fallimento. La candidatura di Nixon finì per unire il partito dietro una figura rispettata e moderatamente conservatrice, che unì centristi, liberali moderati, conservatori non estremisti e indipendenti in un prodromo di quella che sarebbe diventata la celebre "Maggioranza Silenziosa", che finì con l'emarginare i due poli opposti. La mancata candidatura di Nixon lascia la base disorientata e il partito diviso. Inizialmente il Governatore del Michigan George Romney sembrò il favorito (un sondaggio di metà 1967, prima del ritiro di Nixon, lo dava al 25%, subito dopo il 39% dell'ex Vicepresidente californiano): un ex imprenditore di successo, che aveva amministrato il suo stato molto bene, era un noto sostenitore dei diritti civili ed era un fedele mormone, di cui era stato missionario. Poteva quindi riunire facilmente affaristi, liberali e religiosi dietro di lui, insieme a molti indipendenti e abbastanza moderati da vincere la partita. Il problema era la Guerra in Vietnam: Romney l'aveva sostenuta finché non era apparso chiaro il disastro e allora era diventato il candidato più pro-pace tra i repubblicani. La gente voleva davvero la pace e avrebbe forse perdonato la giravolta politica del governatore ma le sue gaffe furono micidiali: rispondendo a una domanda sul perché avesse cambiato idea, Romney disse infatti di aver subito il lavaggio del cervello ("brainwashed") dai militari e dai diplomatici. Ovviamente intendeva dire che l'establishment lo aveva ingannato come tutti gli altri traviandolo dalla reale comprensione del conflitto, ma la gaffe divenne una sorta di barzelletta che distrusse la sua credibilità e ne affondò la candidatura: il 28 febbraio egli si ritirò ufficialmente dalla corsa presidenziale, pur mantenendo la sua influenza politica. In sostanza il campo si divise in due: da un lato Nelson Aldrich Rockfeller, 60 anni, Governatore di New York e al suo secondo tentativo presidenziale, leader dei liberali, dall'altro il "giovane" Ronald Wilson Reagan, 57 anni, neo-eletto Governatore della California e alla sua prima avventura nazionale, sostenuto dai conservatori. Rockfeller tese a presentarsi come il candidato pragmatico e moderato, capace di vincere quei voti che erano scappati e andati persi nel 1964 a causa dell'eccesso destroso, e andava decisamente forte nel New England. Reagan all'opposto si presentava come il giovane sfidante idealista, sincero conservatore e patriota, desideroso di dare una frustata d'orgoglio a un'America ferita, e tirava bene sopratutto nel Sud e nel Midwest. Le primarie, su dodici stati assegnati, ne assegnarono 3 a Rockfeller (New Hampshire, Pennsylvania, New Jersey) e 5 a Reagan (Wisconsin, Nebraska, Oregon, Illinois, California. Quattro (Ohio, South Dakota, Massachusetts, Indiana) si affidarono invece ai "favorite sono", figli favoriti (dello Stato), ovvero dei popolari politici locali che ricevevano i voti del loro stato e avrebbero poi mosso i delegati a loro discrezione. Quando la Convention Repubblicana si aprì il 5 agosto a Miami Beach, Florida, nessun candidato aveva la maggioranza (a dir la verità, non ce l'aveva neanche Nixon in HL, per soli undici voti, ma, essendo chiaramente lui il candidato, vi fu scarsa opposizione e ricevette spontaneamente i voti rimasti), dando vita a quella che in gergo "Brokered Convention", una Convention "rotta", cioè divisa, spezzata e senza un candidato chiaramente in vantaggio sugli altri. Un primo sondaggio tra i delegati (in totale 1333, con una maggioranza pari a 667) riuniti lì, in Florida, dava Rockfeller in vantaggio con 357 voti, con Reagan a 337. Circa 188 delegati sembravano intenzionati a votare per candidati terzi e favorite sons (tra i quali Romney rimaneva il preferito, con 56 voti), mentre ben 414 delegati per ora non si sbilanciavano. Durante i primi due scrutini la maggior parte degli indipendenti (stati rurali che in HL votarono Nixon) si spostò su Reagan, che balzò a 627, a soli quaranta voti dalla nomination, mentre Rockfeller si fermò a 503. Restavano altri 200 delegati fermi sui loro candidati locali. Il secondo giorno ci fu una battaglia furiosa per aggiudicarsi le delegazioni incerte: Goldwater, alleato di Reagan, attaccò duramente Rockfeller per una relazione extraconiugale che gli era già costata la nomination quattro anni prima ma il campo era ormai così polarizzato che i sostenitori del newyorchese non demorsero e anzi contrattaccarono, ricordando il disastroso epilogo della candidatura del Senatore dell'Arizona. Reagan accusò Rockfeller di essere troppo morbido e liberale, in un momento di grave crisi per il paese, e affermò che solo lui avrebbe avuto "la mano ferma" per "ristabilire la Legge e l'Ordine che fanno grande l'America", ma Rockfeller accusò a sua volta l'avversario, affermando che quello che faceva realmente grande l'America era "il rispetto della Legge e della Costituzione" compresi "i diritti e le tutele della popolazione nera americana" che i conservatori volevano invece "vendere ai segregazionisti del Sud per un pugno di voti!". Anche il secondo giorno finì in nulla di fatto. Il terzo giorno il Comitato Direttivo del Partito convocò una riunione tra i due candidati nel tentativo di trovare una mediazione ma fallì: il Presidente del Comitato Ray Bliss, un politico minore dell'Ohio, era conosciuto e riconosciuto come un grande mediatore, specie nei confronti dei voti indipendenti e moderati e il suo motto era "Assimilare, non eliminare", ma le condizioni erano troppo avverse. Rockfeller uscì comunque speranzoso: Bliss aveva passato gli ultimi tre anni a cercare di riparare ai disastri di Goldwater per cui era fiducioso che non avrebbe aperto la strada al suo pupillo californiano. Effettivamente Bliss era seriamente preoccupato che l'estremismo di Reagan e la sua connessione con Goldwater potessero danneggiare nuovamente la reputazione del Partito Repubblicano e subito dopo andò a parlare on Romney e i candidati indipendenti. Poi, tra il quinto e il sesto scrutinio, Romney chiese la parola e annunciò il suo pieno sostegno a Rockfeller: l'endorsement del Governatore mormone del Michigan generò un vero e proprio esodo di voti centristi, già sotto pressione più o meno indiretta da parte dell'establishment del partito, in favore di Rockfeller. Reagan cercò di controbilanciare annunciando che avrebbe scelto come vicepresidente il Senatore dell'Illinois Charles Percy, conscio che se la delegazione dell'Illinois lo avesse votato compatta avrebbe vinto la nomination. Ma si rivelò troppo poco e troppo tardi e il suo annuncio venne coperto dagli endorsment in favore del newyorchese: il sesto scrutinio terminò con Rockfeller vittorioso a 678 voti, appena undici in più della maggioranza, con Reagan fermo a 635 e con una ventina di voti dispersi. In ultima analisi Reagan sapeva fare ottimi discorsi ma era ancora inesperto, "acerbo" politicamente, con appena un anno come governatore della California e con come uniche referenze quelle di un vecchio senatore estremamente destroso, e non riuscì a convincere un partito che temeva di ripetere il disastro se non fosse stato in grado di assumere un profilo rassicurante, conservatore ma inclusivo e in cui la maggioranza degli americani avrebbe potuto riconoscersi (in HL questo profilo fu Nixon, ma senza di lui Rockfeller è quello che risponde meglio a questa richiesta, molto più di Reagan). Restava la scelta del vicepresidente: i conservatori si aspettavano una nomina gradita, ma Rockfeller nominò invece Romney come suo compagno di corsa, lasciando intendere un accordo politico sulla scelta dei delegati.

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I vari ticket presidenziali ai blocchi di partenza. Da sinistra, il Governatore di New York Nelson Rockfeller e il suo collega del Michigan George Romney per il Partito Repubblicano, il Vice-Presidente Hubert Humphrey e il Senatore dell'Oklahoma Fred Harris per il Partito Democratico e per finire il Governatore dell'Alabama George Wallace e il Generale Curtis LeMay per il neonato Partito Indipendente Americano.

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Terminate le primarie, iniziò la campagna vera e propria. Alcuni lobbisti di area conservatrice aveva formulato una strategia, denominata "Southern Strategy" che presupponeva di catturare i voti del Sud, finora tradizionale bacino dei democratici, appellandosi all'opposizione per le leggi sui diritti civili, ma Rockfeller rifiutò cons degno una simile campagna e così fece Romney. Se anche lo avessero fatto, sarebbero apparsi decisamente poco credibili, con la loro ben nota fama di governatori liberali e pro-diritti civili di due stati con alcune delle città a più alta presenza di afroamericani. George Wallace riuscì così a calamitare gran parte del consenso conservatore nel Sud: la sua speranza non era tanto vincere la Presidenza, cosa che si rendeva conto essere un po' fuori portata, ma semmai impedire a chiunque di ottenere una maggioranza di Grandi Elettori, cosa che avrebbe obbligato la Camera dei Rappresentanti a scegliere il nuovo Presidente, un voto politico e umiliante, meno legittimo di un'investitura popolare, che avrebbe permesso ai deputati del Sud di strappare concessioni in cambio del loro vitale sostegno. Nonostante le divisioni tra i conservatori, Rockfeller sembrava in vantaggio su Humphrey nei sondaggi, a causa sopratutto dalla sfiducia nei confronti dell'amministrazione democratica uscente causata dalla Guerra in Vietnam. Per recuperare Humphrey si lanciò in un'aggressiva e intensa campagna elettorale, sperando di ripetere l'exploit di Harry Truman, che nel 1948, dato per sconfitto da tutti i sondaggisti, aveva vinto trionfalmente le elezioni. Rockfeller era deciso tuttavia a rimanere in vantaggio ma soffriva sopratutto delle critiche da destra, che gli rimproveravano di non essere abbastanza conservatore per vincere la Presidenza: il Governatore di New York ricordò quindi il suo sostegno alla polizia durante i suoi anni come governatore, le sue leggi anti-droga e il suo forte sostegno alla pena di morte come credenziali per una credibile politica "Law and Order" che rispondesse alla richieste di stabilità di molti cittadini, spaventati dall'ondata di tumulti che stava attraversando il paese all'indomani dell'Offensiva del Tet e dell'assassinio di Martin Luther King. Tuttavia molti a Destra non gli credettero mentre a Sinistra i più concordavano con Humphrey, che accusava le politiche "Law and Order" di essere solo una copertura per pregiudizi segregazionisti bianchi. Tuttavia anche questo contrattacco ebbe poco effetto, perché Rockfeller di tutto poteva essere accusato tranne che di essere un segregazionista: egli ribadì il sostegno alle leggi costituzionali americane, comprese le sentenze della Corte Suprema che avevano stabilito la desegragazione delle scuole. I due candidati facevano poi a gara nel sostenere l'estensione delle politiche della "Great Society", una sorta di secondo New Deal iniziato da Kennedy e continuato da Johnson: Humphrey ricordava la sua parte nella "Guerra alla Povertà" dichiarata da Johnson, Rockfeller si vantava dell'estensione del Medicaid nello stato di New York, che aveva reso il welfare newyorchese il più esteso d'America. Entrambi promettevano di allargare e difendere i diritti civili e erano favorevoli a una Corte Suprema liberale, concordando su molti temi, come l'aborto. Tuttavia paradossalmente Humphrey era quello che aveva più difficoltà a riunire dietro di sé l'elettorato liberale a causa della sua associazione con il Presidente Johnson e le sue politiche bellicose in Vietnam: Humphrey fu spesso criticato dai dimostranti pacifisti come un ipocrita ed ebbe difficoltà ad assumere una posizione chiara sul conflitto, nel timore di entrare in collisione con LBJ. A fine agosto Rockfeller era in vantaggio di sette punti nei sondaggi nazionali e il New York Times scriveva "La vecchia coalizione democratica si sta disintegrando, con un ignoto numero di membri dei sindacati che rispondono alle lusinghe di Wallace, i neri che minacciano di disertare il voto per protesta, i liberali disillusi sulla guerra del Vietnam e tentati da Rcokfeller, il Sud perso. In un tentativo di rimontare, il Vice-Presidente uscente scelse il giovane Senatore dell'Oklahoma Fred Harris, noto per la sua opposizione alla guerra e per le sue posizioni anti-segregazioniste, come suo compagno di corsa, sperando di attirare l'elettorato giovanile, i voti del Midwest, lasciati "scoperti" dal ticket repubblicano All Northern Liberal, e dei pacifisti. Per distanziarsi da Johnson e dalla sua amministrazione i democratici smisero di chiamarlo "il Vice-Presidente Humphrey", sostituendolo con un più congeniale "il candidato democratico Humbert Humphrey". L'ex Senatore del Minnesota si appellò per una nuova "politica della gioia" che superasse quella della disperazione e della divisione e ottenne un forte sostegno dai sindacati, che riuscirono a recuperare la maggior parte dei voti operai passati a Wallace: questi dal canto suo raggiunse il suo picco nei sondaggi a metà settembre, quando toccò il 29% (con Rockfeller e Humphrey pari al 35%), ma iniziò a declinare dopo la scelta del Generale Curtis LeMay come candidato vicepresidente, i cui commenti entusiasti in favore dell'uso delle armi nucleari in Vietnam destarono terrore e preoccupazione. Con il supporto per Wallace che via via svaniva nel Nord e nell'Ovest del paese, Humphrey riuscì finalmente a passare in testa. Humphrey sfidò quindi Rockfeller e Wallace a un dibattito televisivo, che si tenne nell'ottobre del 1968. Fu un dibattito memorabile: Humphrey attaccò duramente Wallace come un razzista bigotto che cercava di aizzare e sfruttare gli impulsi più violenti degli americani, Wallace si presentò come l'unica vera alternativa rispetto a due candidati dell'establishment fin troppo simili. Rockfeller mantenne un atteggiamento calmo, cercando di assumere l'aria presidenziale del saggio statista e molti lo lodarono per questo, ma in ultima analisi le sue risposte furono in gran parte oscurate dagli scontri tra gli altri due candidati. Al termine del dibattito Humphrey annunciò poi finalmente una chiara presa di posizione sul Vietnam, chiedendo esplicitamente la fine dei bombardamenti. Contemporaneamente Eugene McCarthy, il senatore idolo del movimento pacifista e precedentemente sconfitto da Humphrey alle primarie, fece un endorsement ufficiale ad Humphrey. Tutto ciò contribuì a dare una netta spinta al candidato democratico, spinta che si solidificò quanto Johnson annunciò la fine dei bombardamenti e l'avvio di trattative di pace coi vietnamiti il weekend prima delle elezioni. I membri dello staff repubblicano avevano immaginato una "Pace di Hallowen", come fu soprannominata, come tentativo da parte dell'amministrazione uscente di rafforzare Humphrey e avevano preparato una contromossa: informato della cosa da Bryce Harlow, un ex consigliere di Eisenhower che aveva ancora molte fonti alla Casa Bianca, l'assistente Bob Haldeman elaborò un piano che prevedeva, con l'aiuto di Anne Chennault, una giornalista cinese, moglie del famoso aviatore Claire Chennault e rappresentante della potente lobby asiatica repubblicana, del Senatore del Texas John Tower e dell'altro assistente John Mitchell, di contattare segretamente il governo sudvietnamita, presieduto dal Generale Van Thieu, per convincerlo a rifiutare e dunque far fallire i negoziati di pace in cambio della promessa di migliori condizioni dopo la vittoria dei repubblicani. Ma quando gli venne proposto Rockfeller esplose, definendolo "il più viscido tentativo di sovvertire l'ordine costituzionale americano dai tempi di Benedict Arnold" e licenziando immediatamente Mitchell, Haldeman e Harlow. Rockfeller preferì attaccare l'accordo annunciato chiamandolo una "falsità" inventata da Lyndon Johnson per ingannare gli americani, come aveva già fatto più volte, e per favorire il suo candidato. La cosa ebbe un certo effetto e quando infine si giunse al fatidico giorno i sondaggi mostravano Humphrey leggermente in vantaggio col 43%, Rockfeller secondo col 35% e Wallace stabilmente terzo al 22%.

La sera di martedì 5 novembre 1968 milioni di persone attesero davanti alla televisione che Walter Leland Cronkite Jr, il più amato ed autentico anchorman americano, definito "l'uomo più fidato d'America" dai sondaggi e "colui che sussurra all'Americano Medio" da Lyndon Johnson, annunciasse i risultati delle elezioni sulla CBS.

Ore 19:15, Ora della Costa Est
"Signore e signori, buonasera. Qui è Walter Cronkite, della CBS Evening News, per uno speciale sui risultati delle elezioni presidenziali che si sono tenute oggi, martedì 5 novembre 1968. Pochi minuti fa si sono chiusi i seggi in Indiana e Kentucky e stiamo ricevendo i primi exit poll: sembra che l'Indiana e i suoi 13 Grandi Elettori possano essere attribuiti con sicurezza a Rockfeller, ripeto, Nelson Rockfeller risulta in vantaggio in Indiana di circa sette punti percentuali. In Kentucky invece è ancora troppo presto per dichiarare un vincitore, con Rockfeller e Humphrey entrambi attestati sul 41%. In attesa di nuovi sviluppi dal Kentucky, possiamo già dare i primi risultati degli stati di Georgia, South Carolina, Vermont e Virginia, i cui seggi si sono chiusi subito dopo quelli dell'Indiana e del Kentucky: in Georgia possiamo confermare fin da subito una vittoria di George Wallace, il candidato indipendenti, che risulta avanti di ben quindici punti sugli altri due candidati. In South Carolina il margine risulta ancora troppo stretto per dichiarare un vincitore, con la vittoria contesa tra Wallace e Rockfeller. Possiamo invece attribuire con ragionevole certezza gli stati di Vermont e Virginia al candidato repubblicano, Nelson Rockfeller, che risulta in testa di quasi dieci punti in entrambi. Finora Rockfeller è in testa con 28 Grandi Elettori, seguito da Wallace con 12. Ci interrompiamo ora per una breve pausa pubblicitaria, torniamo alle 19:45 per i nuovi aggiornamenti, non mancate!"

Ore 19:45
"Signore e signori, bentornati sulla CBS, qui è lo speciale elezioni del Cronkite Evening News. Sono appena arrivati gli exit poll di North Carolina, Ohio e West Virginia e cercheremo di vederli subito, prima di tornare in Kentucky e South Carolina dove la gara è ancora aperta. In North Carolina Wallace e Rockfeller sono testa a testa per aggiudicarsi questo importante stato del Sud, con Wallace leggermente in vantaggio sull'avversario. Si tratta poi di un buon momento per il candidato democratico e Vice-Presidente degli Stati Uniti Hubert Humphrey, che risulta primo sia in Ohio sia in West Virginia, i primi due stati vinti dai democratici questa sera. Mentre in Kentucky la battaglia all'ultima scheda si sta ancora consumando, possiamo iniziare a dire con certezza che in South Carolina George Wallace è riuscito a portare a casa un'altra vittoria. Ripeto, Wallace vince la Sith Carolina e i suoi 8 Grandi Elettori. In questo momento abbiamo Humphrey passato in testa con 33 voti, Rockfeller secondo a 28 e Wallace terzo a 20. Quanto al voto popolare per ora sembra che Humphrey sia in testa con il 44% delle preferenze, Rockfeller al 36% e Wallace al 20%. Ora una pausa pubblicitaria, ci rivediamo alle 20, quando il grosso degli stati avranno chiuso i loro seggi. Arrivederci da Walter Cronkite"

Ore 20:10
"Bentornati con noi, signori e signore. Pochi minuti fa hanno chiusi i seggi gli stati di Alabama, Connecticut, Delawere, Florida, Illinois, Maine, Maryland, Massachusetts, Mississippi, Missouri, New Hampshire, New Jersey, Oklahoma, Pennsylvania, Rhode Island, Tennessee e Distretto di Columbia. Come immaginare si tratta di una gran mole di dati, per cui, in attesa di averli il più possibile completi, ritornerò prima al Kentucky: sembra che nello Stato dei Prati il Vicepresidente Humphrey abbia ottenuto una nuova vittoria, seppur solo di 2 punti percentuali. Quindi il Kentucky e i suoi 9 Grandi Elettori vanno ad Hubert Humphrey. Ma abbiamo ora i risultati degli altri stati: possiamo già dire adesso con certezza che George Wallace risulta vincente in Alabama con un ampio distacco. In Connecticut e Delawere sembra vi sia un testa a testa tra Rockfeller e Humphrey. In Florida stiamo assistendo a una sorprendente gara a tre tra Wallace, Humphrey e Rcokfeller, tutti e tre appaiati attorno al 33%. Humphrey risulta essere saldamente in testa in Maine e, seppur di un margine più ristretto, in Illinois. Anche il Massachusetts, stato natale del compianto Presidente Kennedy, è saldamente democratico mentre il Maryland è sospeso tra i due candidati tradizionali. In Mississippi Wallace è in testa con percentuali molto alte mentre in Missouri sembra che sia Humphrey a guidare la gara, ma il margine è ancora troppo sottile per poter fare previsioni. Stessa cosa in New Jersey, mentre Rockfeller risulta di gran lunga il vincitore in New Hampshire. In Oklahoma, stato natale del candidato vicepresidente democratico Fred Harris, sembra che i repubblicani abbiano un solido vantaggio, mentre la Pennsylvania è ancora incerta. Washington DC e il Rhode Island si confermano roccaforti democratiche dando i loro voti ad Hubert Humphrey mentre sembra che Wallace sia in vantaggio in Tennessee. A questo punto Humphrey ha 94 Grandi Elettori sicuri, Wallace 48 e Rockfeller 40, con molti stati incerti. Una pausa pubblicitaria, signori e signore, e torneremo tra poco con nuovi commenti sull'evoluzione del voto di questa sera!"

Ore 20:35
"Buona sera, signori e signore, abbiamo appena saputo che George Wallace è stato dichiarato vincitore in Arkansas, stato che ha dichiarato la chiusura dei suoi seggi dieci minuti fa. Sembra inoltre che i democratici abbiano prevalso in Connecticut mentre i repubblicani sono passati in testa in Delawere. Florida, Maryland, Pennsylvania, New Jersey, North Carolina e Missouri risultano invece ancora incerti. Ma abbiamo qui John Chancellor, che ha seguito come corrispondente esterno queste elezioni per noi: cosa ne pensi di questi risultati, John?"

"Beh, Walter, Humphrey sta facendo un lavoro straordinario: io ero lì, a Chicago, mentre la polizia e i manifestanti se le davano durante la Convention, e il fatto che ora Humphrey sia in testa la dice lunga su come la sua campagna sia riuscita a recuperare la fiducia degli americani. Potrebbe anche riuscire a eguagliare il suo eroe, Harry Truman, e la grande rimonta del 1948, ma sarei comunque prudente: finora hanno votato un gran numero di stati ex Confederati, in cui Wallace va particolarmente bene, e di note roccaforti democratiche, come il Massachusetts e l'Illinois, quindi è naturale che questi candidati ne siano avvantaggiati. Credo che Rockfeller recupererà nelle prossime ore, cercando di contendere la vittoria a Humphrey, anche se bisogna ammettere che l'emorragia degli elettori conservatori nei confronti di Wallace si sta rivelando particolarmente dannosa per i repubblicani. In ogni caso credo che dovremo attendere ancora un paio d'ore, e in particolare il voto di Pennsylvania, New York, California, Michigan e Texas per sapere il vincitore."

"Ancora un paio d'ore quindi, grazie John. Possiamo intanto annunciare che George Wallace si è aggiudicato la North Carolina, salendo dunque a 67 Grandi Elettori. Humphrey invece è a 102 e Rockfeller a 43. Ora una breve pausa pubblicitaria, prima di nuovi risultati elettorali. Arrivederci!"

Ore 21:15
"Buonasera, signori e signore, qui è Walter Cronkite e questa è CBS Evening News. Poco fa hanno chiuso i seggi in Arizona, Colorado, Kansas, Louisiana, Michigan, Minnesota, Nebraska, New Mexico, New York, North Dakota, South Dakota, Texas, Wisconsin e Wyoming, ma prima devo annunciare che il New Jersey è stato dichiarato vinto da Nelson Rockfeller. Secondo i primi exit poli possiamo proiettare Rockfeller come vincitore in Arizona, Kansas, Nebraska, New Mexico, i due Dakota e il Wyoming, oltre al suo stato natale di New York. Si tratta di una grande vittoria per i repubblicani che volano così a 135 Grandi Elettori. Ricordo che ne sono necessari 270 per vincere l'elezione. Il candidato democratico Hubert Humphrey risulta in vantaggio invece in Minnesota e Texas, il che lo porta a 127 Grandi Elettori. George Wallace sarà invece quasi certamente il vincitore della Louisiana, cosa che gli da 77 Grandi Elettori. In Colorado, Michigan e Wisconsin invece la situazione è ancora troppo incerta per poter chiamare un vincitore, ma è certo che questo sarà Rockfeller o Humphrey. Risulterebbe inoltre confermata la voce che circa mezz'ora fa attribuiva il Missouri ai democratici: ripeto, Hubert Humphrey ha vinto il Missouri e va così a 149 Grandi Elettori, con Rockfeller a 135 e Wallace a 77. Ora vi lascio a un'incredibile offerta, ma rimanete con noi per nuovi risultati e commenti su queste straordinarie elezioni. A tra poco!"

Ore 22:05
"Buonasera, signori e signore, qui è Walter Cronkite che vi parla, dallo speciale della CBS sulle elezioni presidenziali il cui spoglio è tutt'ora in corso. Poco fa hanno chiuso i seggi in Iowa, Montana, Nevada e Utah ma prima devo annunciare che Rockfeller risulta in testa in Michigan mentre Humphrey avrebbe conquistato il Maryland, il che lascia Humphrey in leggero vantaggio, 158 a 155. Ora, sappiamo che sia Baltimora, in Maryland, sia Detroit, in Michigan, hanno una notevole comunità di colore e vorrei quindi cogliere l'occasione per chiedere a David Brinkley come le questioni etniche e razziali hanno influito su questo voto, David?"

"Sicuramente hanno pesato molto, Walt: l'assassinio del Reverendo King è stata un'immane tragedia e i tumulti razziali che ne sono conseguiti confermano il grado di tensione tra bianchi e neri. Anche tra i candidati poi si nota la differenza, con Wallace che cavalca apertamente il cavallo del segregazionismo, cosa che lo rende popolare nel Sud ma ben poco al di fuori. Risulta poi interessante notare come la popolazione di colore si sia divisa in questi ultimi stati: mentre in Maryland e in Illinois ha confermato la sua tendenza democratica, in Michigan e New York vi è stata una notevole affluenza nera in supporto di Rockfeller e del suo vicepresidente Romney, Governatore del Michigan. Questo significa che i repubblicani non hanno perduto la capacità di parlare alle minoranze, cosa che invece era risultata acclarata quattro anni fa"

"Grazie, David, per la perfetta analisi. Possiamo ora confermare che Iowa, Montana e lo Utah, quest'ultimo in modo plebiscitario, probabilmente in sostegno al vicepresidente Romney, un noto mormone, si sono schierate per i repubblicani. In Nevada è ancora troppo presto per fare una previsione precisa. Il conteggio è Rockfeller 173, Humphrey 158, Wallace 77. Fondamentali risulteranno, come predetto dal nostro buon vecchio John Chancellor, California, Pennsylvania, Wisconsin e Florida. In quest'ultimo stato in particolare sembra che Wallace sia passato leggermente in vantaggio ma è ancora troppo presto. Tra un'ora avremo il voto della West Coast, non mancate di seguirci!"

Ore 23:07
"Buonasera, signori e signore, qui è Walter Cronkite che vi parla, in attesa dei primi risultati degli scrutini della Costa Ovest. Possiamo già annunciare una vittoria democratica alle Hawaii mentre Rockfeller è in testa in Oregon. La California e lo Stato dello Washington risultano invece ancora troppo incerti per poterli assegnare. Humphrey ha inoltre vinto il Colorado e sembra sia ora passato in vantaggio in Florida. Rockfeller è ancora in testa con 183 Grandi Elettori, seguito da Humphrey a 168 e Wallace fermo a 77. In attesa dei risultati di Florida, Pennsylvania, California, Wisconsin, Nevada, Alaska e Washington possiamo già darvi i primi risultati del nuovo Congresso: sembra infatti che i democratici abbiano mantenuto la maggioranza in entrambe le camere, con un maggioranza pressapoco invariata alla Camera e perdendo quattro senatori al Senato. Si preannuncia una gara all'ultimo conteggio..."

Ore 00:21
"E ne abbiamo la conferma: il Nevada, la Pennsylvania e il Wisconsin sono stati dichiarati vinti da Hubert Humphrey. In Florida sembra che ogni scheda sia decisiva mentre c'è ancora un certo margine d'incertezza lungo la Costa Ovest..."

Ore 1:12
"Buonasera, cari telespettatori: hanno appena chiuso i seggi nell'ultimo stato a votare, l'Alaska, e possiamo già dire con certezza, per ampiezza del margine e numero di rilevazioni concordi, che si tratta di una vittoria repubblicana. Lo stato dello Washington è andato invece ai democratici. Il contatore rileva 218 Humphrey, 186 Rockfeller, 77 Wallace. Aspettiamo ora gli ultimi dati dalla California e dalla Florida, i cui voti si riveleranno decisivi: se infatti i democratici riusciranno a vincere otterranno la Presidenza, in caso contrario toccherà alla Camera dei Rappresentanti scegliere il nuovo Presidente tra i tre candidati più votati, ovvero Rockfeller, Humphrey e Wallace. Attualmente i democratici controllano sia la Camera sia il Senato e sembra che sarà così anche nel prossimo Congresso ma è incerto se le delegazioni del Sud, nominalmente democratiche, supporteranno il liberale Humphrey senza cedere piuttosto ai richiami di Wallace e del suo American Indipendent Party, cosa su cui il Governatore dell'Alabama ha sempre puntato e potrebbe portare a un inedito stallo nella nostra Repubblica, che diverrebbe ostaggio delle richieste dell'uomo più segregazionista del Paese. Ma ora aspettiamo, tutto è nelle mani degli elettori della California e della Florida..."

Ore 1:35
"Ora abbiamo i dati definitivi e possiamo annunciarlo senza timore di smentita: con un margine di cinque punti in California e di due in Florida i democratici vincono entrambi gli stati. Possiamo ora proiettare con sicurezza Hubert Horatio Humphrey come il 37esimo Presidente degli Stati Uniti d'America, ripeto Hubert Humphrey è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Egli ha vinto le elezioni con 275 Grandi Elettori, in 21 Stati. Il suo più prossimo sfidante, Nelson Rockfeller, ne ha vinti 186, in 23 Stati, mentre il terzo candidato George Wallace ne ha ottenuti 77, in 8 Stati. Abbiamo ricevuto notizia che sia Wallace sia Rockfeller hanno chiamato il nuovo Presidente-Eletto per condire la vittoria e congratularsi con lui. Si è trattata di una gara appassionante e penso di interpretare il pensiero di tutti dicendo che è anche questo che rende grande l'America. Ora è finita: Hubert Humphrey è il nuovo Presidente degli Stati Uniti e questo è tutto. Da Walter Cronkite, CBS Evening News, buonanotte!"

Nota bene: la soprastante cartina è stata realizzata con un sistema di calcolo (Electoral College Calculator and Map Generator - Dave Leip's Atlas) che usa colori diversi rispetto a Wikipedia. Il Rosso sono i Democratici e il Blu i Repubblicani (prima del 2000 era comune, poi venne deciso di uniformare i colori e furono scelti quelli attuali), mentre il Verde è il Partito Indipendente Americano. Le varie sfumature e quindi l'intensità del colore indicano con quanta forza, cioè con quale percentuale, quello stato è stato vinto: più è chiara, più esile è stato il margine. Si va in ordine di dieci, quindi per esempio, in questa cartina, il verde acqua (Nord Carolina e Arkansas per il PIA) o il lilla (Florida per i democratici) significa una percentuale compresa tra il 30 e il 40%, all'opposto il coloro più scuro (lo Utah per i repubblicani) in questo caso corrisponde a una percentuale tra il 70 e l'80%.

Parlando in parole molto povere, i repubblicani non erano riusciti a mettere insieme quella vasta maggioranza di moderati e conservatori generalmente scontenti dell'amministrazione democratica (cosa che a Nixon invece riuscì in HL, ndr), anche se più per ostilità verso Johnson che verso i democratici, con i moderati he avevano votato per Rockfeller e i conservatori che avevano almeno in parte scelto Wallace, e questa divisione aveva consegnato la Casa Bianca a Humphrey. Parlando di statistiche, Rockfeller era riuscito ad andare molto bene tra i ricchi e meglio del solito tra i neri e gli italiani, ma aveva perso molto terreno nel resto della popolazione, specie tra i lavoratori a basso reddito, gli abitanti delle zone rurali e i membri dei sindacati, che avevano scelto in maggioranza Humphrey ma con comunque alte percentuali di elettori di Wallace (in HL Nixon vinse anche nella classe media e tra gli abitanti delle aree rurali, oltre a conquistare un membro del sindacato su tre. A latere questa elezione segnò l'inizio della fine dell'influenza politica e quindi economica dei sindacati, dato che i lavoratori affiliati agli stessi iniziarono a disobbedire agli endorsement delle loro stesse organizzazione-i sindacati appoggiavano quasi tutti Humphrey-, determinando la lenta erosione e disgregazione). I repubblicani ne uscivano sconfitti e azzoppati pesantemente al Sud, dove la Southern Strategy sembrava morta prima ancora di nascere e dove invece Wallace sembrava fare il bello e il cattivo tempo, ma comunque messi meglio di quattro anni prima e con le loro posizioni in New England rafforzate. I democratici confermavano la forza della sinergia con i sindacati e le minoranze, ritornavano senza scossoni il partito della pace e dei diritti civili e riconquistavano i giovani, mentre geograficamente perdevano la loro vecchia roccaforte sudista per puntare sui Grandi Laghi e le loro metropoli operaie ad alta presenza nera e sulla West Coast con le sue università ribelli. Questo consolida la mia idea del mantenimento del Partito Repubblicano come partito liberalconservatore del centro-nord e della fascia sociale medio-alta, con il Partito Democratico a fare il partito liberalprogressista del centro-nord e della fascia sociale medio-bassa e il PIA a fare il partito conservatore-regionalista del Sud e della fascia basso-rurale.

Sliding Doors: l'altra possibilità latente è che Reagan riesca a vincere la nomination nonostante gli sforzi della dirigenza, anticipando Rockfeller e offrendo la vicepresidenza al Senatore dell'Illinois Charles Percy, cosa che ha cascata innesca il passaggio della pesante delegazione dell'Illinois dalla sua parte e poi dei voti terzi. Meno probabile della vittoria di Rockfeller ma non impossibile, anzi possibilissimo: Reagan probabilmente avrebbe sabotato i negoziati di pace come effettivamente fece Nixon, visto che nel 1980 fece lo stesso, promettendo segretamente a Khomeini un accordo migliore se avesse continuato la Crisi degli Ostaggi di Teheran fino a dopo le elezioni, in modo da umiliare Carter, ma in ultima istanza questo risulterebbe indifferente, sia perché la possibilità di un reazionario alla Casa Bianca costringerebbe il Nord Vietnam a fare concessioni tali da far partire la pace (in HL invece, con due candidati che promettevano di fare la pace meglio dell'altro, Hanoi si mostrò tiepida, cercando di spingere gli americani a fare loro delle concessioni se volevano tanto la pace prima del voto, e consci che, comunque sarebbe andata, alla fine avrebbero vinto) sia perché Reagan avrebbe spaventato i moderati e litigato con Wallace per il voto dei conservatori reazionari, lasciando di nuovo Humphrey vincitore, probabilmente con un margine anche superiore a quello con Rockfeller.

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Il Presidente Hubert Horatio Humphrey, HHH per gli amici, mentre balla con la First Lady Muriel Humphrey al Ballo Inaugurale, il 20 gennaio 1969. Alla sinistra il suo predecessore, l'ormai ex Presidente Lyndon Baines Johnson con sua moglie Lady Bird Johnson.

Federico Sangalli

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C'è posto per l'idea di MorteBianca:

Questa ucronia vuole prendere sul serio la terza stagione di Stranger Things, togliendo però tutto il paranormale per rimanere nelle regole del gruppo. Per chi non sapesse della trama (no spoiler), nella terza stagione si scopre che esiste un'intera base segreta sovietica sotto il centro commerciale di una cittadina americana, Hawkins. Questa ucronia vuole esaminare la possibile nascita di tale base, la sua espansione ed il suo possibile futuro.

Il KGB approva un piano segreto di coordinazione spionistica: le spie russe dovranno individuare i punti meno sorvegliati degli stati uniti. I turisti di ritorno dagli Stati Uniti sono interrogati alla ricerca di postazioni ideali. Viene creato un elenco di possibili location. Alla fine la destinazione prediletta è Hawkins, piccolo villaggio nei pressi di una stazione di ricerca medica del governo. Viene ritenuto ideale in quanto connubio perfetto di zona di periferia poco controllata, vicinanza ad informazioni sensibili e luogo dove gli americani non si aspettano di trovare le forze sovietiche.

Iniziano le prime escursioni. Le spie sovietiche vengono mandate come semplici turisti in viaggio in America, vanno ad Hawkins, scattano qualche foto e poi ritornano. Le visite russe sono distribuite in modo da non destare sospetti, ed anzi deviando l'attenzione su altre città. I russi iniziano a conoscere a memoria il posto, la planimetria degli edifici, la storia degli abitanti.

Le spie russe iniziano a creare postazioni protette ad Hawkins: piccole scatole nascoste in punti specifici, capsule sepolte nelle campagne circostanti, segnali visibili solo ad ultravioletti per indicare scoperte importanti. La città diventa un luogo di ritrovo studiato per le spie sovietiche in viaggio negli Stati Uniti. Qua possono trovare armi, documenti falsi, radio trasmittenti sicure e cibo.

Prima spia stazionaria in zona. Il KGB approva il piano per mantenere almeno una spia costantemente presente ad Hawkins, con un sistema a turnazione. La Spia ha il compito di studiare il posto nel dettaglio, fornire supporto alle spie nei paraggi, lavorare e costruire abitazioni, lasciando un conto disponibile per altre spie.

Ormai diverse spie si sono succedute, accumulando anche un piccolo capitale (unito a soldi falsificati dall'Unione Sovietica stessa). Viene aperto un grande centro commerciale, l'Unione Sovietica utilizza i suoi contatti nell'alta finanza usati come copertura per investire subito nella nascita di una catena di ristoranti cinesi, aprendone uno nel posto.

Diverse spie lavorano nel ristorante, approfittandone per registrare audio e video da inviare in patria. Il luogo è occasionale punto di ritrovo per spie e contatti per le informazioni, ma sempre in modo indiretto. Nessuna spia sovietica in terra americana conosce dove si trova la Base, sanno solo dove trovarne gli occasionali residenti sparsi per gli Stati Uniti.

Si inizia a scavare sotto il centro commerciale un sistema di Tunnel per immagazzinare armi, dispositivi di spionaggio, computer e molto altro. Gli Agenti sovietici rubano tecnologie americane e le studiano, facendo avanzare le proprie di contro. Data l'enorme difficoltà nel riportare tali strumenti in patria, lo studio deve essere almeno in parte condotto lì sotto.

La base viene estesa per essere anti-atomica, impenetrabile e per resistere ad un vero assedio, con una costruzione lenta (coperta dal traffico di merci dei vari negozi di Hawkins). Arrivano i primi scienziati nella Base per studiare la tecnologia americana.

Il numero di scienziati per lo studio, di soldati per la sicurezza, di lavoratori specializzati per la costruzione e di spie non fa che aumentare. La base di Hawking diventa una piccola roccaforte sotterranea. Il sistema di spionaggio sovietico avanza mostruosamente, si possono ora permettere anche di fingere di avere spie molto più grossolane e deviare le indagini americane. Si intercettano le prime trasmissioni NASA e CIA.

Grazie alla Base (ormai divenuta una piccola città, dove gli ingegneri e i soldati russi considerano un immenso onore andare per non fare presumibilmente mai ritorno) l'Unione Sovietica riesce a sabotare Apollo, facendolo finire ogni volta in una catastrofe. Di contro il primo uomo sulla Luna atterra in condizioni perfette, con tecnologie sospettosamente simili a quelle umane. La stazione spaziale sovietica si espande. Gli Americani sono indecisi se rilanciare con Marte e basi lunari o se arrendersi, Democratici e Repubblicani si affrontano in questo senso.

La base si espande per comprendere sistemi di purificazione e riciclaggio di aria e acqua, centrali idroponiche per produrre cibo in autonomia e piccole centrali nucleari per alimentare il gigantesco complesso. Vengono costruite altre basi simili attorno. L'Unione Sovietica pianifica di mandare coloni stabili per lavorare e riprodursi ed inizia a mandare anche le famiglie dei lavoratori, con la costruzione di ospedali sotterranei e scuole.

Le leghe sindacali, i partiti di estrema sinistra, le formazioni afroamericane finanziate dalla rete interna dei Sovietici sono sempre più attive. L'FBI riesce però con una grande operazione ad identificare tutte le corporation colluse nella "Rete Rossa". Per quanto nessuno di loro sappia dove si trova, si parla di una "Base" in territorio americano.

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Non pago, Inuyasha Han'yō propone un'altra idea:

“La cavalletta non si alzerà più” è un romanzo nel romanzo, menzionato più volte dai personaggi de “La svastica sul sole”, un mondo dove, ricordo, l’Asse Roma-Berlino-Tokyo ha vinto la WW2 schiacciando completamente gli alleati. Esso è proibito nel Reich e in tutti i suoi satelliti, mentre in Giappone, nei suoi vassalli e nelle nazioni neutrali circola liberamente. Esso descrive un mondo dove la seconda guerra mondiale viene vinta dagli alleati, ma in modo diverso dalla nostra TL.

Nel romanzo infatti, nel 1940, Roosevelt rinuncia a un terzo mandato presidenziale, e al suo posto viene eletto un certo Rexford Tugwell, democratico, che nel nostro universo fu il 22° governatore di Porto Rico. Tugwell riesce a evitare la distruzione della flotta del Pacifico e a respingere l’attacco nipponico alle Filippine. Oltre Atlantico, mentre la Germania e l’Italia NON dichiarano guerra agli USA (forse come conseguenza del fallito assalto a Pearl Harbor) la Gran Bretagna conserva gran parte della sua forza militare ed industriale. Ad un certo punto, anzi, il regno d’Italia volta gabbana e si unisce agli Alleati. Berlino viene presa da forze congiunte anglo-sovietiche, e dopo la fine delle ostilità i pezzi grossi del Terzo Reich (Hitler compreso) vengono processati e condannati a morte.

Nel secondo dopoguerra Tugwell diffonde il New Deal su scala globale, inviando nelle nazioni più povere e sottosviluppate kit televisivi attraverso i quali i popoli di quelle terre imparano a leggere ed apprendono nozioni pratiche su come costruire pozzi e purificare le acque; in cambio, tutti questi luoghi diventano mercati di riferimento per le aziende americane. Anche la Cina, governata dal Kuomintang di Chiang Kai Shek (che in questa TL ha vinto la guerra civile contro Mao), vive un periodo di ricostruzione, benessere e crescita economica, grazie al supporto americano.

Passano 17 anni, ed ecco la situazione: nel 1962 il mondo è immerso in una Guerra Fredda tra l’impero britannico (ancora governato da Winston Churchill), che in questa TL oltre a mantenere il suo impero coloniale (India, Africa ecc.) ha imposto la sua egemonia sull'intera Europa, diventando più razzista ed espansionista, e dall’altro gli USA, dove invece la discriminazione razziale è solo un brutto ricordo del passato, e dove bianchi e neri convivono fianco a fianco senza pregiudizi, anche nel profondo sud, e che hanno come alleati Cina, Giappone e probabilmente America Latina. Quanto all’Unione Sovietica, essa è crollata, probabilmente poco dopo la morte di Stalin, sparendo dalla storia. In questo contesto Churchill ha creato, nelle colonie asiatiche (tipo Singapore) dei campi di detenzione per i cinesi residenti in quelle terre, in quanto sospettati di essere potenziali talpe al soldo di Nanchino e di Washington, e teme che Cina e USA possano minare la presenza coloniale inglese nell’area.

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Alessio Mammarella risponde prontamente:

Dal punto di vista letterario è un bel gioco: probabilmente "La cavalletta non si alzerà più" era una idea di romanzo ucronico che l'autore non riteneva di poter sviluppare adeguatamente e allora ha deciso di farla fagocitare da una più forte realmente diventata un romanzo.

Nel merito, l'ucronia presentata sembra esattamente speculare a quella principale del romanzo: un mondo diviso tra USA e UK invece che tra Germania e Giappone. Ma anche per produrre questo risultato occorrono delle forzature. Non si capisce per esempio dove la Gran Bretagna potrebbe trovare le risorse per condurre in pratica lo sbarco in Normandia in autonomia. Vero che il cambio di schieramento attuato dall'Italia dovrebbe smobilizzare il fronte africano, ma è presumibile che come in HL i tedeschi avrebbero invaso l'Italia e a quel punto, a meno di non abbandonare l'Italia al suo destino, i britannici non avrebbero potuto semplicemente spostare tutte le loro risorse dal Mediterraneo per preparare l'invasione della Francia.

Una possibile soluzione è che in effetti lo sbarco in Normandia non si verifichi e che l'offensiva contro la Germania scaturisca proprio da sud: le truppe italo-britanniche (magari il riposizionamento dell'Italia sarebbe stato organizzato meglio, e le forze armate sarebbero rimaste attive e idonee a combattere). In questo caso possiamo pensare che dopo una prima fase di resistenza italo-britannica all'invasione tedesca (per esempio fino alla "Linea Gotica") ci sarebbe stata la svolta offensiva tale da raggiungere le Alpi e superarle. Ciò significa che nel dopoguerra la Germania avrebbe potuto essere divisa in "nord e sud" invece che in "est e ovest". Cosa di poco conto comunque, se in seguito alla morte di Stalin si verifica non solo una sorta di 1989 anticipato, ma addirittura una dissoluzione più spinta visto che "sparisce dalla storia" (in HL la dissoluzione dell'URSS ha lasciato comunque la Russia, paese che è comunque ancora la centro delle vicende mondiali).

Interessante l'America di Tugwell: è in pratica l'America buona che tutti vorremmo, protesa generosamente (invece che prepotentemente) verso il resto del mondo. L'America della "nuova frontiera" immaginata da Kennedy e mai messa in pratica. L'autore qui ci svela secondo me una sua idea non ucronica, ma storica: l'imperialismo degli Stati Uniti deriva dalla lunga lotta contro il Giappone e dalla necessità di usare soluzioni estreme (i bombardamenti atomici sicuramente, ma anche quelli incendiari non erano da meno). L'America di Tugwell ha combattuto invece una guerra più breve ed evidentemente subito vittoriosa, quindi è rimasta più "innocente" nell'anima rispetto a quella reale. Questa perlomeno è la mia interpretazione...

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Anche Federico Sangalli dice la sua in proposito:

Ho sempre letto "La Cavalletta non si alzerà più" su due piani.
Sul piano storico-ucronico rappresenta un mirabile esempio di come il nostro giudizio sia influenzato dalle vicende storiche precedenti. Per esempio in un passaggio si menziona appunto che la Russia/Unione Sovietica è crollata, scomparsa dalla storia, dopo la guerra e si accenna al fatto che una nazione così agricola e arretrata non aveva sopportato il peso del conflitto. Ora, chiunque sappia un po' di storia del nostro Novecento troverebbe un po' strana questa frase perchè, se è vero che l'URSS aveva della carenze tecniche e una nutrita fetta di popolazione ancora rurale, l'immagine che abbiamo dei sovietici durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale è quella di una immenso apparato industriale pesante che rifornisce di armi, magari non di prima qualità ma abbastanza efficienti e in quantità enormi, l'Armata Rossa (pensiamo alle rappresentazioni dei film, alle parate, ai massicci dispiegamenti di massa,...). Ma il personaggio del romanzo non ha mai visto tutto questo. Quello che ha visto lui è che la Russia ha combattuto due guerre mondiale, le ha perse entrambe e dopo è crollata e si è disintegrata, per cui nella sua storia alternativa non può che concludere che a Mosca toccherà la stessa sorte anche se ufficialmente dalla parte dei vincitori, come di fatto già accaduto alla fine della Grande Guerra. Quindi immagino il collasso sovietico come qualcosa di più simile alla guerra civile post-rivoluzionaria che alla "primavera post-sovietica" dei primi anni novanta.
É un bel insegnamento per tutti noi ucronisti che spesso e volentieri facciamo abbondante uso dei "binari" tracciati nella nostra storia (due guerre mondiali, una negli anni dieci, l'altra negli anni quaranta; la guerra fredda; il terrorismo; le esplorazioni marittime; la divisione coloniale del mondo e così via). Per comprendere quando il nostro lavoro sia lungi dall'essere dottrina basta esercitarsi nello stesso gioco di Dick, la "contro-ucronia": provate a immaginare una TL alternativa, poi ponetevi al suo interno e, sforzandovi di usare solo le informazioni che potreste sapere in quello scenario, provate a immaginare la storia se il POD di partenza fosse andato come nella realtà è davvero andato. Vi accorgerete presto che la storia "reale" immaginata a calandosi in una TL alternativa tende a essere molto diversa da quella realmente accaduta.
Il secondo piano invece è quello della critica sociale, esercitata con sapiente ironia e sottile sarcasmo. L'autore parla di Stati Uniti che non solo hanno vinto ma in cui il razzismo e il segregazionismo sono stati accantonati perché combattendo fianco a fianco nella guerra mondiale bianchi e neri hanno imparato a rispettarsi e a diventare anzi simbolo di coesistenza razziale per i molti asiatici oppressi dall'Impero Britannico. Si può percepire l'ironia di un autore che invece sa benissimo che gli USA hanno sì vinto ma non hanno affatto messo da parte il loro secolare razzismo, con il quale ancora oggi, in molte zone del paese, gli afroamericani e non solo devono convivere.

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Chiudiamo le danze per ora con la domanda postaci da Lord Wilmore:

« Kissinger ebbe il merito di dare alla forza bruta [degli USA di Nixon] una saggezza, se si vuole un cinismo di stampo europeo, alla Talleyrand. Del conservatore illuminato aveva il disincanto non privo di visione. »
Così scriveva Aldo Cazzullo sul "Corriere della Sera" del 2 dicembre 2023, in occasione della morte a 100 anni del famoso statista. Secondo voi, regge il parallelo tra Kissinger e Talleyrand? O è una forzatura giornalistica?

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Così gli risponde Perchè No?:

Kissinger non ha neanche tradito un solo presidente, ancora meno re, imperatori e papi. Era un uomo troppo morale per raggiungere il livello del diavolo zoppo!

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Paolo Maltagliati gli tiene dietro:

Io non sono contro la descrizione di Astuzia e cinismo che ne fa, però in generale sono refrattario a paragoni di questo tipo (non per Kissinger nello specifico, ma perché il periodo è diverso, gli ideali e le filosofie anche e soprattutto lo stato che rappresentano con i rispettivi interessi geopolitici). Se proprio, forse più Metternich. O Disraeli.

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Invece Never75 suggerisce:

Per me somiglia di più a Bismarck o Cavour. Ha sempre astutamente fatto gli interessi di una Nazione, fomentando le divisioni delle altre. Il suo agire fu sempre per mera realpolitik, senza particolari tornaconti personali. Nel bene e nel male, fu un servitore della Nazione che si era scelto.

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E il grande Bhrghowidhon aggiunge:

Kissinger ha studiato in dettaglio e profondità il Congresso di Vienna e professava di condividerne lo spirito. È credibile che se ne potesse sentire come uno – o forse più di uno – dei Protagonisti; però i punti che ha esposto Paolo ridimensionano di molto il paragone. Se volessimo a sua volta cercare una misura per tale ridimensionamento, la potremmo forse mettere più o meno così: che un Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America durante la Guerra Fredda si paragoni – fosse pure per distinguersene – ai Protagonisti del Congresso di Vienna (in sostanza la ratificazione della Pace di Parigi) ha la stessa percentuale di realismo e di deformazione che poteva avere la presenza di Talleyrand fra i Vincitori delle Guerre di Coalizione o, per usare un paragone di Storia (ahia) italiana, il Cav. Berlusconi quando si è definito Presidente-Operaio. Tutti e tre sono stati presi sul serio da una Maggioranza relativa (ossia una Minoranza assoluta), quindi l’effetto pratico è stato come se avessero ragione, anche se tutti sapevano che non era vero.

La ragione è che, sempre come ha scritto Paolo, gli Stati Uniti nella Guerra Fredda rispetto all’Unione Sovietica e alla Cina avevano un ruolo che, al Congresso di Vienna, avrebbe avuto solo la Santa Alleanza messa insieme in un unico Stato (non dal 1814, ma da due secoli, quindi – per andare sul concreto – come se i Wasa avessero prevalso sui Romanov, Wallenstein sugli Hohenzollern e poi i Wasa e gli Asburgo avessero fatto un Patto di Mutua Successione, magari appunto attraverso i Lorena) rispetto agli avversarî, Regno Unito e Stati Uniti (rispettivamente; gli Stati Uniti dunque nel ruolo della Cina), con la Francia divisa in due e la Spagna occupata dal Regno Unito.

Immaginiamoci dunque Metternich come Cancelliere di Francesco II./I. contemporaneamente Sacro Romano Imperatore (con tutta la Lotaringia), Imperatore d’Austria (comprese l’Ungheria e la Polonia-Lituania e senza che la Prussia fosse mai diventata Regno) e Imperatore e Autocrate di tutte le Russie (un decennio o poco più dopo che Giuseppe II. fosse andato a Parigi – precocemente occupata e divisa – a proclamare «Je suis un Parisien»); poi pensiamo a quanto meno potente è stato il vero Metternich: questa è la differenza fra Kissinger e Metternich (donde consegue quella fra Kissinger e Talleyrand). In compenso, all’Equilibrio di Potenza di Kissinger mancava, di Metternich, l’idea d’Europa di quest’ultimo, che trasposta in termini da Guerra Fredda sarebbe stata nientemeno che il Mondo Unito (ricordiamoci che il Congresso di Vienna si esprimeva come «Noi, l’Europa»; quando leggo «Leuropa» vorrei prendere chi lo scrive e fargli pennellare cento volte sulle mura di Gerusalemme – per citare un famoso Vangelo dissacratore – il testo finale del Congresso di Vienna).

Perché Kissinger fosse come Talleyrand avrebbe dovuto (dopo essere scampato alle Leggi Razziali e aver anzi ricoperto incarichi di prestigio nel Terzo Reich) essere Cancelliere di una Germania restaurata nei confini del 1939 e con un Seggio Permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È verissimo che Aldo Cazzullo non ha voluto paragonare in tutto e per tutto le due figure storiche (bensì solo per un aspetto circoscritto), ma credo che il senso della domanda fosse questo.

Chapeau!

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