Unione Sovietica e Sacro Romano Impero

di Bhrihskwobhloukstroy


L’argomento può risultare antipatico per la sua apparente assurdità, ma l’intenzione è di configurare un Mondo realistico in cui coesistano, senza alcuna forzatura storica, due poli (esplicitati nel titolo) oggetto della nostalgia di alcuni ucronisti presenti in questo sito.

I sei poli geopolitici

È sùbito evidente che l’Unione Sovietica non può ricalcare l’intero Patto di Varsavia, perché questo annullerebbe il secondo polo, il Sacro Romano Impero e la Monarchia Asburgica; del resto, se i confini dell’Unione Sovietica sono legati a qualche Stato precedente lo sono soprattutto all’Impero Russo (mi scuso per l’offensiva ovvietà) e perciò è facile giustificare, con una divergenza come la mancata ascesa al potere di Napoleone, un confine occidentale coincidente con quello del 1809 (ossia con Finlandia e Bessarabia) ma che in Polonia rimanesse quello del 1795 (dopo la Terza Spartizione della Rzeczpospolita): rispetto a quello dell’URSS dopo la Seconda Guerra Mondiale, non avrebbe l’exclave di Kaliningrad, il Memelland, la Galizia Orientale, la Rutenia Subcarpatica e la Bukovina Settentrionale, ma in compenso conserverebbe la Finlandia, Kars e Ardahan e, probabilmente (v. sotto), la Bulgaria nei confini del Trattato di Santo Stefano (nonché il Xīnjiāng, l’intera Mongolia, l’Alaska e le Hawai‘i).

Gli altri poli geopolitici di questa ucronia sono l’Impero Britannico, la Francia, la Monarchia Asburgica col Sacro Romano Impero, la Repubblica Popolare Cinese e l’Impero Giapponese. Mancano gli Stati Uniti, ancora nei confini anteriori all’Indipendenza (qui persa perché non ci sono state Guerre Napoleoniche a impedire una riconquista da parte del Regno Unito).

Austria e Russia dalla Guerra di Successione Spagnola alle Guerre Balcaniche

Perché la Monarchia Asburgica sia un polo mondiale (una Superpotenza), deve aver conservato la Corona di Spagna, compreso l’Impero Ispanoamericano: il modo più diretto è una vittoria nella Guerra di Successione Spagnola (che, fra l’altro, avrebbe portato all’Austria la Baviera e, senza Guerra della Quadruplice Coalizione, lasciato la Sicilia ai Savoia). Da questa ne consegue una seconda in quella di Successione Polacca (e nella connessa Settima Guerra Austro-Turca), con confisca dei Feudi Imperiali Sabaudi; per amor di “equilibrio”, possiamo postulare che la Francia ottenga ugualmente la Lorena, ma che la Toscana e Parma vengano reincorporate dall’Imperatore e Francesco Stefano sia compensato con la Corsica (eventualità mai così realistica come in quegli anni). È sufficiente che il Trattato di Belgrado (1739) non modifichi quello di Passarowitz del 1718 perché del progetto di spartizione dell’Impero Ottomano fra Caterina II. e Giuseppe II. (1781-1782) si realizzino non solo le annessioni storiche alla Russia, ma l’Austria ottenga (avendo già l’Oltenia e Belgrado) Chotyn, Nicopoli, Vidin e tutti i territorî a Ovest della Linea da qui all’Adriatico, incluso il Golfo di Drin, inoltre il Dominio di Terra Veneziano, l’Istria e la Dalmazia in cambio della Morea e di Creta e Cipro.

Ancora e per colmo di equilibrio, si può immaginare una Restaurazione della Francia, dopo le Guerre Rivoluzionarie, nei confini del 1793 (solo, in questo caso, appunto senza la Corsica), dopodiché le massime divergenze – oltre alla sopravvivenza del Sacro Romano Impero – sarebbero la riunificazione della Scandinavia e le mancate Indipendenze americane. Espansione della Grecia sotto Venezia; niente Napoleone III. (a parità di tutto il resto, è possibile che in Francia perduri la Seconda Repubblica) né Guerre Austro-Sarde né Austro-Prussiana (Holstein in cambio della ratifica della Grande Austria) né Franco-Prussiana; Bulgaria (forse addirittura sotto un Principe russo) e Romania secondo il Trattato di Santo Stefano (1878). Nella Prima (e unica) Guerra Balcanica, la Bulgaria raggiungerebbe in Tracia il confine del Trattato di Londra (1913).

L’Unione Sovietica

Qui arriviamo al dunque. Non ci sono le condizioni per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale; potrebbe nascere ugualmente l’Unione Sovietica? Non c’è una risposta univoca; possiamo però distinguere alcuni scenarî e ordinarli per verosimiglianza.

Fra quelli senza alterazioni genealogiche, uno è che tutto prosegua più o meno inalterato e si arrivi senza crisi successorie all’attuale situazione, per cui i – nella Storia reale Pretendenti – Sovrani di Russia e Prussia coincideranno entro qualche decennio. Un altro è che invece deflagri un conflitto almeno fra Imperi Centrali (qui Sacro Romano Impero e Impero d’Austria) e Russia, con esito simile a Brest Litovsk, eventualmente con successiva Guerra Russo-Tedesca omologa all’Operazione Barbarossa ma con partenza dal confine di Brest Litovsk e quindi punto di arrivo agli Urali. Un altro ancora è che, magari in una crisi come quella del 1929, tutte le Monarchie dell’Europa Centrale e Orientale crollino. Esiste tuttavia almeno un quarto scenario, forse non il più probabile ma comuqnue realistico: che il conato rivoluzionario abbia successo solo in Russia (con o senza l’aggiunta della Bulgaria) e pertanto sorga l’Unione Sovietica (ormai senza più Lenin, ma con Trockij insieme a Stalin); siccome questa non è un’ucronia con un solo Punto di Divergenza, bensì finalizzata a un risultato, ritengo sufficiente che lo scenario rientri fra le possibilità plausibili per esaminarlo in particolare, senza con ciò volerlo presentare come il più probabile (per non esagerare le divergenze da quello più economico, tenderei a pensare che l’Impero Ottomano sopravviva, pur attraverso una fase nazionalistica caratterizzata dall’egemonia politica dei Giovani Turchi; senza Prima Guerra Mondiale, Londra e Vienna concorderebbero sulla necessità di non creare vuoti di potere).

Allo stesso modo imposterei il dilemma se alla fine prevalga ugualmente su Trockij Stalin (dopo la cui morte, d’altronde, avverrebbe lo stesso la Destalinizzazione) e se poi intervenga una fase brežneviana. Può darsi che questi siano gli esiti con le maggiori possibilità, però è quasi certo che non sono gli unici e, nella fattispecie, mi interessa di più l’eventualità – fra le altre – che l’Unione Sovietica conservi l’originaria pluralità di indirizzi e quindi conosca, per esempio, sia un periodo trockista sia uno buchariniano. Come ben osservato nella discussione sull’ucronia «Morte anticipata di Stalin», «nel PCUS era molto diffusa – a prescindere da Stalin – l’idea che fosse prioritario consolidare la Rivoluzione in Russia e quindi adottare una politica estera meno interventista, mirante principale a evitare la creazione di un asse antisovietico». Il principale successo sul piano internazionale (e internazionalista) sarebbe la Repubblica Popolare Cinese, anche se temo che, a maggior ragione che nella nostra Storia, si sarebbe pur sempre arrivati a una rottura fra le due Potenze Comuniste.

Niente Seconda Guerra Mondiale

Entro questo scenario, mi pare che le probabilità che Carlo VII. (I. d’Austria, IV. di Spagna) o il giovane Ottone V. (I. d’Austria e Spagna) attacchino l’URSS per un qualsiasi motivo (fosse anche la restaurazione dei Románovy, ospitati negli Imperi Centrali), per quanto non irrisorie, siano comunque decisamente minori che il contrario, per cui considero più verosimile che non abbia luogo alcun conflitto paragonabile anche soltanto lontanamente alla Seconda Guerra Mondiale, neppure nella sola Europa Centro-Orientale (né nel Pacifico).

Com’è facile immaginare, le questioni più complicate riguardano la Cina. In questa ucronia, il Partito Comunista Cinese ha lo stesso sostegno – se non ancor di più – da parte dell’Unione Sovietica; il Giappone, però, non solo scampa alla mortale inimicizia degli – inesistenti – Stati Uniti, ma gode pure del continuato aiuto di Londra. È chiaro che, perfino di più che in Europa, dobbiamo tenere aperte tutte le eventualità; fra queste, comunque, oserei optare per un congelamento della Seconda Guerra Sino-Giapponese come quella di Corea, con da un lato la Repubblica Popolare Cinese (ma le Zone di Influenza dell’Impero Russo direttamente ereditate dall’Unione Sovietica) e dall’altro la Sfera di Influenza Giapponese (senza spazio per la Cina Nazionalista). Xí Jìnpíng nascerebbe ugualmente, solo non a Pechino, bensì nella Cina Popolare (probabilmente a Xī'ān).

Il Mondo nel 1985

Alla pur sempre possibile elezione di Gorbačëv a Segretario Generale del PCUS, l’Imperatore Ottone avrebbe 72 anni e mezzo (e ancora 26 da vivere, superando di tredici Francesco Giuseppe, con tutto ciò che ne consegue in termini di simbologia e identità). A quell’epoca, il Mondo è diviso in:

- Commonwealth Britannico (inclusi gli Stati Uniti a Est del Mississippi, tranne la Florida Occidentale e Orientale) e Protettorati;
- Portogallo (compreso il Brasile);
- Congo (Sassonia-Coburgo-Gotha);
- Etiopia;
- Francia e Comunità Francofona;
- Svizzera;
- Paesi Bassi Settentrionali;
- Unione Scandinava;
- Austrispania (con l’Impero Ispanoamericano, fino all’Oregon e alla Florida) e Sacro Romano Impero (ancora comprendente la Corsica – Secondogenitura asburgica – e dalla fine del XVIII. secolo lo Stato Pontificio);
- Romania (Austrispania/Impero, Scandinavia e Romania, forse i Paesi Bassi ed eventualmente la Svizzera formano l’Unione Mitteleuropea);
- Sicilia (Savoia), con Alta Sovranità su Malta;
- Venezia (e Grecia);
- Unione Sovietica (forse con la Bulgaria), fino alla Mongolia, all’Alaska e alle Hawai‘i;
- Impero Ottomano;
- Egitto;
- Arabia;
- Persia;
- ʾAfḡānistān;
- Repubblica Popolare Cinese;
- Giappone e Dipendenze (Manciuria &c.);
- Siam.

Confronto fra Unione Sovietica e Imperi Centrali

Il senso di questa ucronia è di confrontare l’Austrispania/Sacro Romano Impero con un’Unione Sovietica che non ha conosciuto lo Stalinismo e perciò alquanto diversa da come la conosciamo: senza proiezioni centroeuropee (l’attuale Ucraina sarebbe in gran parte sovietica, ma le regioni occidentali rientrerebbero nell’Austria), tuttavia nel complesso considerevolmente più estesa; soprattutto, al posto delle politiche staliniane avrebbe sperimentato quelle di Trockij e/o di Bucharin.

L’Austrispania sarebbe una Superpotenza nettamente conservatrice, di forte impronta cattolica, ma anche caratterizzata – come tutta l’Unione Mitteleuropea – da politiche socialdemocratiche (può darsi che il Regime “Socialista” dei Paesi del Patto di Varsavia non faccia testo, ma gli Anni Settanta e i primi Ottanta sono stati, in Germania e Austria, caratterizzati nella Storia reale dai lunghi Cancelleriati di Helmut Schmidt e Bruno Kreisky; in Spagna era l’epoca di Felipe González, in Italia il Pentapartito era comunque a guida nominalmente “socialista”, sia pur con doverose virgolette; Socialisti e Cristiano-Sociali erano al Governo con Jacques Santer nel Lussemburgo, senza considerare gli Stati – come quelli scandinavi – che in questa ucronia non rientrano negli Imperi Centrali). Nell’Impero Ispanoamericano, che rispetto a quello storico sarebbe come l’attuale Canada rispetto alla sua fase coloniale, è pressoché certo che non ci sarebbe stato niente di paragonabile alle Dittature di Stroessner, Pinochet, Noriega &c.; per ovvie ragioni, è escluso altresì il lungo monopolio del Potere da parte dal Partito Rivoluzionario Istituzionale in Messico.

Una curiosa, ma prevedibile analogia fra Unione Sovietica e Austrispania sarebbe la struttura parlamentare, dove alle due Camere del Sovet Supremo corrisponderebbero rispettivamente il Reichstag e il Reichsrat delle Nazionalità. Una dissimmetria istituzionale sarebbe invece il rapporto fra l’Unione e lo Stato più esteso, che in Unione Sovietica sarebbero concentrici, mentre nell’Austrispania il fulcro geopolitico – l’Impero d’Austria – sarebbe eccentrico rispetto al Regno più esteso, la Corona di Spagna, oltre al fatto che tutta l’Austrispania sarebbe da un lato soltanto in Unione Personale col Sacro Romano Impero (già solo per il fatto di essere l’una una Monarchia Ereditaria e l’altro Elettiva), dall’altro però sovrapposti sul territorio di tutti i Feudi Imperiali Asburgici (a parte le Secondo- e Terzogeniture). L’Unione Mitteleuropea sarebbe simile all’attuale Unione Europea (in particolare all’Eurozona), ma evidentemente con Forze Armate (non chiamate “Sistema di Difesa”) integrate, non essendoci un’Alleanza Politico-Militare sovraordinata o alternativa per i Paesi Membri.

Il quarantennio più recente

Una notevole parte delle aree oggi sviluppate della Cina rientrerebbe nella Sfera di Influenza Giapponese; la Repubblica Popolare Cinese sarebbe, nel 1985 ucronico, alquanto più arretrata – oltre che più ristretta – che nella Storia reale, ma ora del 2022 diventerebbe una Potenza mondiale quasi come quella che conosciamo.

Il Mondo a sei poli si presenterebbe dunque come un insieme assai vario di sistemi. Molte persone sarebbero le stesse, ma senza l’influenza ideologica e l’egemonia pratica degli Stati Uniti il Commonwealth sarebbe decisamente meno ‘thatcheriano’ di come lo abbiamo sperimentato. La Francofonia sarebbe molto più potente e del tutto sovrana. In Mitteleuropa e America Latina si avrebbe, ugualmente, lo Stato del Benessere, in forma più socialdemocratica e/o cristiano-sociale. L’Unione Sovietica sarebbe il Paradiso del Comunismo, ma in Cina avremmo il Socialismo con Caratteristiche Cinesi come oggi. La Sfera di Co-Prosperità Asiatica rappresenterebbe verosimilmente il miglior modello per le Destre.

I rispettivi Capi di Stato potrebbero essere gli stessi della Storia reale, compresi Ursula von der Leyen come Presidente della Commissione Mitteleuropea (ovviamente l’Imperatore sarebbe Carlo VIII./II./V. d’Asburgo-Lorena) e Xí Jìnpíng; qualche dubbio in più può riguardare Putin come Segretario Generale del PCUS e Presidente dell’URSS (ammesso che questa carica venisse comunque creata).

La questione monetaria

Dato che nessun blocco geopolitico è in grado di mettersi contro gli altri (una a coalizione di cinque contro uno non ha di che tenersi unita; in una coalizione a quattro contro due, l’unico modello in teoria vincente, nessuno sarebbe in grado di egemonizzare gli altri tre) e che ognuno ha quindi più convenienza a politiche di buon vicinato che imperialistiche, i sei poli – ciascuno dei quali si trova in pressoché perenne crisi finanziaria – possono avere motivo di perseguire il progetto di una Moneta Unica, stavolta mondiale.

Il rischio di una Moneta Unica senza Stato è, con ogni evidenza, la divisione internazionale in gabbie economiche; d’altra parte, i sei blocchi sono troppo diversi per potersi unire in una struttura sovranazionale. È possibile allora che si creino delle federazioni a due o più; a due potrebbero essere Commonwealth + Sfera di Co-Prosperità Asiatica da un lato, Francofonia + Imperi Centrali dall’altro e Unione Sovietica + Cina dall’altro ancora, altrimenti a quattro/due si potrebbe pensare a Capitalisti da un lato e Comunisti dall’altro. Un confine forse insuperabile è quello fra le due Cine; su quello fra Imperi Centrali e Unione Sovietica si può invece discutere, perché non è detto che debba sussistere una Guerra Fredda eterna (visto che il Mondo ha sei poli e non solo due).

Rutenia asburgica e Ucraina sovietica

Un caratteristico confine geopolitico interno a una “Nazione” sarebbe quello fra l’Ucraina occidentale (asburgica, chiamata come da tradizione Rutenia e con Capitale Leopoli) e quella orientale (una Repubblica Socialista Sovietica, con Capitale Kyïv/Kiev); Volodymyr Zelens’kyj vivrebbe in quest’ultima e potrebbe felicemente essere un rappresentante dell’intelligencija ebraica dell’Unione Sovietica. Più che una differenza nel tenore di vita (la Società Comunista sarebbe altrettanto prospera dello Stato del Benessere; casomai avrebbe meno sprechi), salterebbe all’occhio – oltre alla diversa lingua veicolare, tedesco in Austria e russo in Unione Sovietica – l’opposto ruolo della Religione di Massa, privato e residuale in Unione Sovietica, pubblico e ostentatamente solenne – e perciò spesso contestato dagli Oppositori – in Austrispania (dove, fra i Ruteni, continuerebbe a prevarlere la Chiesa Uniate).

Per il resto, si tratterebbe in generale di due società in fondo abbastanza austere, l’una per la morale del risparmio, l’altra nel rispetto del principio «da ciascuno secondo le sue forze, a ciascuno secondo le sue esigenze»; non sarebbero tuttavia povere, anzi di fatto fonderebbero nell’abbondanza il proprio consenso sociale.

Bhrihskwobhloukstroy

.

Alessio Mammarella gli risponde per primo:

Mi sembra uno scenario interessante. Sei potenze mondiali non sarebbero troppe (troppi "galli nel pollaio" determinerebbero instabilità e conflitti) né troppo poche (solo 2-3 determinerebbero un equilibrio troppo statico e non a caso questo numero viene considerato nelle distopie). Mi sembrano anche più credibili, quei blocchi di quelli "continentali" che si immaginano talvolta, e che sono troppo teorici.

Il modo come ci si arriva è anche interessante, meno traumatico rispetto al percorso fatto in HL anche se permane un grande punto, il potere resta concentrato nel continente europeo e gran parte del territorio restante è in rapporti di soggezione coloniale con l'Europa. Da questo punto di vista mi viene in mente che dovrebbero esserci per forza in giro dei movimenti, quantomeno a livello culturale, ostili alla supremazia europea. Penso prima di tutto all'India, area di grandissima storia e civiltà che si troverebbe davanti agli occhi la propria condizione di colonia contro il riconoscimento di Cina e Giappone come potenze mondiali al pari di quelle europee.

Nelle Americhe, anche se l'esperienza degli Stati Uniti fosse archiviata come una parentesi di pochi anni, essa potrebbe originare un "mito" in grado di sopravvivere nel tempo. Mito che magari potrebbe attecchire successivamente in Brasile: quello infatti è il caso in cui esiste il maggior divario in termini di risorse tra colonia e madrepatria. Questo mondo potrebbe quindi essere uno in cui il Brasile si sviluppa in modo diverso da oggi e con un maggiore peso politico?

C'è poi un grande silenzio, in questo scenario, circa il Vicino Oriente, la questione petrolifera e l'islamismo. Gli stati della regione vengono menzionati (non sono stati dimenticati, questo no) però ci sarebbero quelle due grandi questioni da esaminare. Nel XX secolo, l'economia e conseguentemente la politica sono state governate dal petrolio. Ecco, come sarebbe la situazione petrolifera in questo scenario? Buona parte delle risorse petrolifere mediorientali sarebbero comunque in mano all'Impero Britannico e alla Russia/URSS, direttamente (colonie del Golfo Persico per i britannici; Azerbaigian per i russi) sia indirettamente (tramite l'influenza di ambedue sulla Persia) ma l'Impero Ottomano e l'Arabia sarebbero due grandi produttori di petrolio indipendenti. Ora, se l'Impero Ottomano non viene preso in considerazione in questo scenario come "potenza" (io credo che sia perché questa ucronia tende a rappresentare uno sviluppo "ai giorni nostri" di equilibri di tempi lontani, XVIII e XIX secolo... periodi in cui l'Impero Ottomano non era considerato una potenza ma una entità declinante) allora sarà comunque importante per qualche potenza che non è particolarmente dotata di risorse energetiche. In questo scenario, tra le 6 potenze prese in considerazione ce ne sono in effetti due che non sembrano controllare grandi zone petrolifere. Una è la Francia e l'altra è la Cina. Quindi, neppure a farlo apposta, abbiamo due potenze in cerca di petrolio, e due produttori indipendenti del Vicino Oriente in cerca di una potenza protettrice.

E poi c'è la questione dell'estremismo. Vero, il panarabismo e il fondamentalismo islamico sono stati indotti anche dalla spartizione coloniale del Vicino Oriente e dalla successiva formazione dello Stato di Israele, ma stavano nascendo già a fine '800, quindi credo che ci sarebbero state anche in questo scenario. La monarchia saudita è intrinsecamente legata al fondamentalismo, quindi presumo che anche in questo scenario se ne sarebbe fatta promotrice. L'Impero Ottomano invece potrebbe essere sia sulla difensiva sia sull'offensiva. Sulla difensiva rispetto al nazionalismo arabo e curdo (che si sarebbe fatto sentire nelle regioni dell'attuale Iraq anche per motivi economici, per il desiderio di mantenere a beneficio delle popolazioni locali gli introiti petroliferi) ma sull'offensiva verso i territori dell'Impero Russo popolati da musulmani di etnia turca/azera/turcomanna). Ciò mi fa pensare che la potenza che avrebbe allacciato rapporti privilegiati con l'Impero Ottomano sarebbe stata inevitabilmente considerata un nemico dalla Russia.

Poiché questo è uno scenario (mi sembra di capire) in cui le potenze confinanti non sono continuamente in guerra fra loro, ma al contrario hanno trovato un equilibrio per avere rapporti di "buon vicinato", tendo a pensare che la potenza cliente dell'Impero Ottomano a livello petrolifero non sarebbe stata la Cina (confinante diretto della Russia) bensì la Francia. Riepiloghiamo quindi la mappa del mondo a livello petrolifero:

- Impero Britannico: colonie del Golfo, Nigeria
- Russia/URSS: Azerbaigian, Siberia, Alaska
- Austrispania: Golfo del Messico, area caraibica (Venezuela) e del sud (Argentina)
- Giappone: Malesia/Indonesia (qualche forma di accordo con l'Impero Britannico e con i Paesi Bassi per acquistarne il petrolio)
- Francia: territori dell'Impero Ottomano (Iraq)
- Cina: Arabia Saudita.
Questa "mappa del petrolio" ci porta qualche informazione in più rispetto ai rapporti tra le potenze:
- Impero Britannico e Giappone sono alleati;
- Francia e Russia/URSS sono avversarie in quanto la Francia è cliente privilegiato dell'Impero Ottomano, sponsor del panturchismo/turanismo nei territori meridionali dell'Impero Russo;
- La Cina si rifornisce prevalentemente dall'Arabia Saudita e quindi finanzia i movimenti panarabisti ostili al dominio turco e quelli fondamentalisti che considerano il califfato (ottomano) corrotto dagli occidentali e indegno.
- Poiché Cina e Giappone non possono essere alleati, la cosa più probabile è che anche i rapporti tra gli impero britannico e russo siano rimasti di rivalità come ai tempi del "grande gioco".

In sintesi, credo che la situazione delle alleanze tra le potenze mondiali, in questo scenario, sarebbero: Impero Britannico, Francia e Giappone da una parte; Russia/URSS, Austrispania e Cina dall'altra. Ciò spiegherebbe la mancanza di grandi tensioni lungo il confine tra Russia e Austrispania, che è sicuramente un elemento di successo di questo modello, perché impedisce che una enorme porzione del territorio europeo sia concepita come un campo di battaglia. vero è che, secondo questa mia ipotesi, un confine "caldo" potrebbe essere quello francese, con un territorio metropolitano gallico quasi circondato dall'Austrispania. Anche questo potrebbe essere un fattore di americanizzazione: con una Francia metropolitana rimasta di dimensioni esigue rispetto ai grandi imperi austrispanico e russo, il centro di gravità del mondo francofono potrebbe spostarsi sempre di più oltreoceano. Vero che la Louisiana (in senso ampio, non il piccolo stato attuale) non è l'area dove si sono sviluppate le maggiori metropoli americane (NY e Chicago sarebbero città britanniche, Houston, Los Angeles e San Francisco città austrispaniche) ma senza gli Stati Uniti il popolamento di quella regione potrebbe determinarsi diversamente, e non escluderei la nascita, lungo la ricca valle del Mississippi, di grandi città francofone che con il tempo potrebbero diventare dei centri di gravità alternativi a Parigi per il mondo francese. D'altra parte, il mondo francofono canadese qualche influenza ce l'ha, ed è molto più esiguo per popolazione rispetto a quello che ha la regione dell'ex Louisiana francese.

Ultima questione (e scusate se mi sto dilungando) quella nucleare. In questo scenario non c'è la II Guerra Mondiale, quindi probabilmente neppure quell'enorme sforzo di ricerca che ha condotto al controllo dell'energia nucleare. Nonostante ciò, è possibile che gli scienziati siano arrivati comunque a inventare la bomba atomica e il reattore nucleare. In questo caso, è possibile che le 6 potenze mondiali riconosciute siano tutte potenze "nucleari" ma probabilmente, non essendo tali bombe mai state usate, le potenze ne deterranno pochi esemplari sperimentali la cui esistenza viene tenuta scrupolosamente segreta. Solo l'energia nucleare sarebbe usata pubblicamente e magari ci sarebbe una sottocultura complottista che sosterrebbe la possibilità di usare l'energia nucleare per produrre armi terribili. Tonnellate di libri sull'argomento, ma poi i video dei debunker su youtube spiegherebbero benissimo che l'energia nucleare non può essere usata per fabbricare armi, e che la cosiddetta "bomba atomica" è solo una bufala dei bigotti che hanno paura di ogni novità tecnologica... Tornando serio, la questione nucleare ci interessa perché ovviamente anche la distribuzione geografica dell'uranio è strategica al pari di quella del petrolio. Tutte le principali potenze mondiali dovrebbero avere accesso all'uranio a eccezione forse del Giappone, che quindi, come nel caso del petrolio, sarebbe dipendente dalla sua alleanza con l'Impero Britannico.

Riepilogando: secondo me questo scenario è uno scenario bello e interessante da studiare. Queste 6 potenze determinerebbero uno scenario mondiale stabile ma non statico. Pacifico ma non paradisiaco. I principali fattori di evoluzione/rischio potrebbero essere:

- la volontà di indipendenza della popolazione indiana, probabilmente spinta dall'esempio della Cina (da mira degli appetiti europei a potenza mondiale);
- lo spostamento gravitazionale del mondo francofono (e forse anche di quello anglosassone, inevitabilmente) verso il Nordamerica nonostante la precoce eliminazione degli Stati Uniti;
- la possibilità che il Brasile si emancipi dal controllo del piccolo Portogallo e che faccia da apripista a movimenti indipendentisti anti-coloniali;
- la lotta parallela tra movimenti panturchisti/turanisti contro la Russia/URSS e di movimenti panarabisti/fondamentalisti contro l'Impero Ottomano;
- (non ne ho parlato quando ho affrontato la questione del Vicino Oriente, ma può essere un ulteriore elemento) ci potrebbe essere comunque una Rivoluzione Iraniana? Come impatterebbe su questo scenario?

.

Anche Tommaso Mazzoni dice ciò che ne pensa:

Mi sembra evidente che il governo del blocco lusitano si trasferirebbe a Rio/Brasilia entro la fine del XIX secolo. Altrettanto evidente per me è l'istituzione di un Commonwealth Council in cui i rappresentanti Indiani e Nordamericani avrebbero la lion share, entro la fine del XX. Il Commonwealth diventerebbe uno stato federale transcontinentale. Più ostica la questione francese, se si decidono a mandare in pensione l'antifederalismo di Roberspierriana matrice allora la Francofonia può riorganizzarsi in uno Stato federale simile, e ridurre le controversie con autonomie e rappresentanza

.

Bhrihskwobhloukstroy gli replica:

Ho l’obbligo urgente di una precisazione: non ho citato la Guerra dei Sette Anni, che in Europa potrebbe perfino non aver avuto luogo, però in America sì e la conseguenza è stata quella della Storia reale (o, se non altro, non vedo ragioni perché non sia stato così; i diversi esiti delle precedenti Guerre di Successione non hanno alterato lo scenario nordamericano, se non per il fatto che la Spagna è asburgica anziché borbonica, ma comunque a quella quota cronologica alleata della Francia e anzi a maggior ragione che nella Storia reale non nemica dell’Inghilterra).

Per questo, a meno di costruire una nuova ucronia simile in tutto fuorché in questo (ovviamente sempre possibile), in Nordamerica le pertinenze geopolitiche sarebbero solo tre (dopo la riconquista degli Stati Uniti): Austrispania, Impero Americano (ossia britannico) e Russia (in Alaska). Il confine fra i primi due sarebbe anzitutto il Mississippi (a parte la Florida, interamente all’Austrispania); ai primi del XIX. secolo verrebbe fissata la spartizione dell’Oregon.

.

Alessio aggiunge:

Grazie per la precisazione Guido, è oltremodo utile. Non c'era alcuna intenzione da parte mia di costruire una ucronia parallela (non ce n'è bisogno, è già molto interessante l'originale) avevo semplicemente in mente la mappa del Nordamerica al momento dell'indipendenza americana e negli anni successivi. Se la Louisiana non esiste (o meglio, è semplicemente una parte dell'America austrispanica) allora vuol dire che quello spostamento del centro di gravità francese oltre l'Atlantico non ci sarà. Se non c'è, tuttavia, resta il problema di una Francia metropolitana confinante su più lati con un'altra potenza e costretta in uno spazio tutto sommato angusto. L'unica parte del mondo francofono che è abbastanza grande per rappresentare qualcosa di alternativo al blocco europeo è, esattamente come in HL (al tempo della II Guerra Mondiale) la cosiddetta Françafrique. Il centro alternativo a Parigi potrebbe essere in questo caso Dakar.

L'importanza della Françafrique, combinata con l'alleanza strategica con l'Impero Ottomano potrebbero rendere la Francia una potenza musulmana?

La conseguenza potrebbe essere un attrito con l'Austrispania che non si basa solo sui tradizionali confini del Reno e dei Pirenei, ma anche sulle minoranze musulmane dei Balcani. Se non ho capito male, i territori che hanno fatto parte storicamente della Jugoslavia e dell'Albania sarebbero tutti parte dell'Austrispania. Ecco, lì potrebbero esserci minoranze musulmane turbolente sponsorizzate non tanto dall'Impero Ottomano quanto direttamente dalla Francia. Sarebbe un equilibrio invertito rispetto a oggi: non croati e musulmani (pro-occidente) contro i serbi (pro-Russia) bensì croati e serbi (austrispanici e amici della Russia/URSS) contro musulmani (pro-Francia).

A proposito di mondo musulmano, nel commento precedente non ho menzionato l'Egitto. Non l'ho fatto perché non è un paese petrolifero, ma chiaramente la posizione dell'Egitto va esaminata, è un grande paese. Essendo stretto tra Francia e Impero Ottomano, l'Egitto potrebbe essere:

- un alleato di Russia/URSS e Cina, e sostenere in tal caso il panarabismo con convinzione in funzione antiottomana e antifrancese;
- un alleato di britannici e francesi, e quindi con una leadership politica che vede il paese come Egitto e non come la parte di una realtà più ampia;

Anche qui, come nel caso dell'Iran, a fare la differenza sarebbe l'eventuale rivoluzione. "A occhio" penso che il colpo di stato in Egitto dipese anche dalla fondazione di Israele e dalla guerra persa cercando di impedirla. In ogni caso, se Nasser fosse spuntato fuori e avesse tentato di nazionalizzare il Canale di Suez, facilmente sarebbe stato sopraffatto e forse la regione del Sinai sarebbe stata attribuita all'Impero Ottomano in modo da non lasciare a un solo paese il controllo sulle due sponde. L'Egitto sarebbe stato quindi addomesticato da francesi e britannici, ma ciò avrebbe reso ancora più intransigente l'opposizione anti-occidentale e panarabista. Interessante annotare che ai tempi della crisi di Suez un certo Muammar Gheddafi (che poi si sarebbe considerato un allievo di Nasser) era un adolescente, in quella fase in cui si costruiscono i propri miti. In questo scenario potrebbe essere un adolescente arabo nell'Impero Ottomano, che vede (il suo eroe panarabista) cadere stritolato dalla pressione politica e militare occidentale e con il suo "Califfo" che sostiene gli occidentali contro il popolo arabo. Insomma, che cosa farà Gheddafi da adulto? Diventerà lui il leader dell'Impero Ottomano? Si farà Sultano/Califfo oppure governerà come Visir? Trasformerà il Sultanato in un "Repubblica delle masse"? Che cosa farebbe Gheddafi con uno stato così esteso e potente tra le mani?

Oppure, al posto di Gheddafi potrebbe salire al potere un altro ambizioso plebeo, tale Saddam Husayn dallo sperduto villaggio di Tikrit? Anche lui potrebbe tentare di sovvertire l'ordine mondiale usando il potenziale del paese...

.

Riprende la parola Bhrihskwobhloukstroy:

Come in altri casi, anche in questa ucronia il mio scopo era di delineare un contesto con determinate differenze rispetto alla Storia reale, dopodiché tutti gli aspetti ulteriori (non esplicitamente pensati per imbastire l’ucronia) costituiscono il vero oggetto della discussione, un po’ come se il messaggio iniziale fosse l’ambientazione di un gioco e tutto il resto rappresentasse il gioco vero e proprio, nel nostro caso la discussione ucronica.

Partecipo dunque alla discussione senza alcuna pretesa; faccio quasi finta di non aver avuto alcuna parte nell’elaborazione del contesto e scrivo quel che scriverei se questo fosse dato, quindi cercando di immaginare come potrebbe risultare il Mondo e senza alcuno scenario predefinito.

Mi baso su tutta la discussione avvenuta fin qui, che mi permetto di dare per presupposta. Per cinque questioni credo che sia indispensabile chiarire un punto rimasto – come tanti altri – oscuro: Edoardo VIII. abdicherebbe o no? Nella Storia reale lo si sa ed è pure noto che molto difficilmente sarebbe stato diverso, perciò si tratta di capire se le divergenze che questa ucronia contiene (per definizione) siano sufficienti a comportarne di conseguenza una anche per questo aspetto. Espresso in termini molto semplificati, qui non esiste un’Asse rivale del Regno Unito: l’Austrispania, a prescindere da Edoardo, ha una tradizione nel Novecento ormai bisecolare di vicinanza all’Inghilterra (in questo caso rafforzata dalla personalità dell’Ambasciatore a Londra, il Conte Albert von Mensdorff-Pouilly-Dietrichstein, fra l’altro terzo cugino dello stesso Edoardo e che qui sarebbe non solo rimasto ambasciatore almeno cinque anni in più, ma soprattutto avrebbe verosimilmente continuato a influenzare la politica britannica di Vienna per ulteriori due decenni e mezzo), per cui non avrebbero alcuna rilevanza le idee di “Alleanza Ariana” fra il Reich e un’eventuale India indipendente, mentre l’Impero del Sol Levante, come visto, avrebbe nell’Impero Britannico o il più importante alleato (del quale dunque non minaccerebbe la Perla con la parola d’ordine «L’Asia agli Asiatici!»).

Mi pare allora che si diano le condizioni per scorgere qualcosa di simile (a parte il lato statunitense della simmetrizzazione, qui evidentemente escluso fin dall’inizio) alla terza delle dieci «ucronie bizzarre» proposte dieci giorni fa da Valerio, in particolare «l’integrazione nell’Impero Britannico dell’India, a modello “tutti cittadini metropolitani inglesi”» (nei giorni scorsi non è stata – purtroppo – sviluppata e forse vi ha avuto qualche peso il commento inserito a conclusione della stessa ucronia: «non penso che durerebbe molto ed anzi la sua eredità ne sarebbe compromessa»); in ogni caso, a prescindere da questo e pure da Edoardo VIII., al più tardi dopo la morte di quest’ultimo potremmo ben avere Elisabetta II. Imperatrice dell’India (al limite come Elisabetta I., se proprio si volesse sottolineare la distinzione dall’Inghilterra) a risollevare, come nella Storia reale ha fatto in altre occasioni, la popolarità della Monarchia, magari appunto anche nel Subcontinente (dove ciò che ci interessa è che sarebbe verosiilmente scongiurata la spaccatura sia fra Musulmani e Induisti sia la sua alternativa ‘nazionalistica’ fra Arii e Dravidici, che vediamo per esempio a Ceylon).

Com’è ovvio, il passaggio delicato è fra Giorgio V. ed Elisabetta. Se Edoardo VIII. non abdica, la permanenza dell’India nell’Impero (nel Commonwealth è comunque rimasta, quasi tutta) mi pare assai probabile (considerate anche le pur storicamente poche concrete politiche di governo del Monarca, che nella loro efficacia diplomatica contrastavano vistosamente con le incendiarie valutazioni politiche anticomuniste e antisemitiche del Medesimo); se invece subentra Giorgio VI., l’assenza sia del Nemico geopolitico costituito dal Terzo Reich (con, fra l’altro, la sua ideologia “ariana”) sia di qualsiasi non dico conflitto, ma perfino screzio col Giappone (che avrebbe vitale necessità di evitarli) possono bastare a giustificare una conclusione ‘conservativa’ rispetto all’Epoca Coloniale della Storia reale e divergente rispetto a noi, alla fine appunto Elisabetta come Imperatrice dell’India.

In Persia, la situazione sarebbe assai diversa; tuttavia, qualche considerazione è forse possibile lo stesso. In questa ucronia, senza Prima Guerra Mondiale, partiamo dalla Convenzione Anglo-Russa del 1907, che ha diviso il Paese in tre zone, due delle quali in quota rispettivamente russa e britannica; al posto delle due occupazioni militari da parte di entrambe le Potenze (l’Unione Sovietica durante la Seconda) nelle Guerre Mondiali, possiamo immaginare con la massima verosimiglianza che, da un lato, la Repubblica Socialista Sovietica Persiana sopravviverebbe (o, se non altro, verrebbe alla fine ristabilita) nel Nord (a grandi linee la Zona di Influenza Russa del 1907), mentre Londra, di conseguenza, patrocinerebbe comunque il Colpo di Stato del 1921, ma in ultima analisi con effetto solo nel Sud (la somma della Zona di Influenza Britannica del 1907 e di quella del 1946). Con una tale divisione, nel Sud monarchico mancano quasi tutti i presupposti della Rivoluzione storica del 1979, che al Nord è invece inibita dal contesto politico completamente diverso in questa ucronia. Per tutto ciò, penso che la Rivoluzione come l’abbiamo conosciuta si possa seriamente escludere e sostituire con la – di molto precedente – Repubblica Socialista Sovietica Persiana nel Nord come parte dell’Unione Sovietica, mentre il Sud rimarrebbe una Monarchia (un Impero) in strettissima alleanza con l’Impero Britannico.

L’Impero Ottomano sarebbe di certo una Potenza, grazie al petrolio; altrettanto sicuramente, il suo principale nemico sarebbe l’Unione Sovietica e perciò godrebbe non solo del – come visto, più o meno interessato – sostegno francese, ma anche di quello britannico (debitamente ricompensato nel modo che si può senza sforzo immaginare). Unito alla mancanza della Prima Guerra Mondiale, questo forse già basta a scongiurare il Genocidio Armeno. Ancora più probabile è che, presto o tardi, l’anglofilo – quasi inglese – Mustafa Kemal diventi Gran Vezir (lo scrivo nella grafia che egli stesso avrebbe ugualmente riformato). In questo contesto, dal sistema delle Milletler (le Nazioni o “Comunità” non musulmane) si manterrebbe se non altro, anche nei periodi di più intenso nazionalismo, la nozione che, per parte loro, Turchi, Arabi e Curdi siano un’unica Nazione (questo era un dogma per lo stesso Atatürk e lo è ancora oggi): in un Vicino Oriente dove la Turchia è ridotta ai confini attuali ciò risulta soltanto un elemento di imperialismo turco, ma in un‘ucronia che conserva l’Impero Ottomano costituirebbe un elemento fortissimo, oserei dire decisivo, per la coesione della maggioranza delle Popolazioni dell’Impero (a tenere a freno le tentazioni persiane di sfruttare il nazionalismo separatista curdo in Turchia provvederebbe Londra, nell’ottica di un equilibrio geopolitico a favore dei proprî interessi).

Ciò si riflette anche sull’Egitto. Come nei casi precedenti, mi baso su quanto già discusso e parto perciò da una sua assodata collocazione in orbita anglo-francese. In aggiunta, il quadro delineato per l’Impero Ottomano e, come sempre, la mancanza della Prima Guerra Mondiale permettono di modificare la visione del Paese «come Egitto e non come la parte di una realtà più ampia» (in contrapposizione al Panarabismo), perché il contesto delle alleanze consentirebbe alla Sublime Porta di continuare a rappresentare l’Egitto come parte dell’Impero e in ogni caso la nozione di Nazione turco-arabo-curda ingloberebbe il Panarabismo nella medesima ideologia del Panturchismo o addirittura (con applicazione della proprietà transitiva) del Panturanesimo. Nonostante tutte le perplessità che ciò può suscitare, questo basta a dividere in linea di principio i Socialisti (filosovietici) dai Panarabisti (che almeno in parte rientrerebbero fra i Conservatori turcofili).

Inferisco dalla discussione che la Libia sarebbe rimasta nell’Impero Ottomano e non sarebbe stata annessa dalla Sicilia Sabauda; in effetti, quest’ultima sarebbe più che mai (anche con un Umberto I. vissuto più a lungo) un Protettorato Britannico e né nel 1912 né tantomeno dopo Londra avrebbe avuto interesse ad alterare l’equilibrio della regione.

Le considerazioni sull’Impero Britannico hanno una ricaduta anche sulla questione del Brasile. A parte il confronto con l’Impero Ispanoamericano, che sotto gli Asburgo è storicamente sempre stato parte della Corona di Spagna sullo stesso piano di qualsiasi altro Regno o Vicereame (e non quindi Colonia) e perfino al tempo delle Riforme Giuseppine o del Centralismo Assolutistico di Francesco II./I. e di Francesco Giuseppe avrebbe avuto da Madrid la stessa autonomia di Venezia da Milano nel Lombardo-Veneto (ossia sarebbe stato sullo stesso piano della Spagna Peninsulare: una divergenza clamorosa rispetto ai Borboni – per quanto dobbiamo in questi ultimi distinguere ciò che nasceva dalla Dinastia e dalla sua matrice francese da quanto era comunque il portato dell’epoca e perciò verosimilmente si sarebbe verificato in qualsiasi caso – e in grado di assimilare la condizione dell’Ispanoamerica a quella storica del Canada), la collocazione del Portogallo in orbita britannica imporrebbe pressoché certamente una soluzione modellata sul Commonwealth per la questione brasiliana, come appunto il Canada rispetto al Regno Unito (fra parentesi, ricordo che perfino il Mozambico fa parte del Commonwealth britannico, dal 1995).

Infine, un accenno alla Françafrique. Dopo la Guerra di Successione Spagnola, sarebbe stato nientemeno che il Re-Sole ad accettare (il ritorno al)l’accerchiamento asburgico della Francia. Nel 1756 ucronico non ci sarebbe stato un verso e proprio Rovesciamento delle Alleanze, ma sarebbe in ogni caso iniziata l’Alleanza Austro-Francese (o Franco-Austriaca) poi interrotta dalla Rivoluzione, ma ripresa nella Restaurazione; da allora in poi gli unici elementi in grado di minacciarla sarebbero stati forse la Rivoluzione del 1848 e soprattutto la morte di Rodolfo (se nelle stesse modalità della Storia reale), a causa dei sospetti dell’Arcicasa su Clemenceau. Almeno due secoli di alleanza fra Parigi e Vienna – impensabili o comunque inediti nel XVI. secolo – una rassicurazione la possono ben dare; siamo comunque distantissimi dalle condizioni della Seconda Guerra Mondiale...

Certo, il Mediterraneo occidentale sarebbe un crocevia di tre Potenze: la Francia fra Territorio Metropolitano originario e nuovi Dipartimenti d’Oltremare, l’Austrispania fra le sue due principali componenti (o, meglio, fra Maiorca e la Sardegna, entrambe nella Corona di Spagna), l’Impero Britannico fra Gibilterra, Minorca (che qui rimarrebbe a Londra) e il Protettorato Sabaudo della Sicilia (a sua volta Sovrano Feudale su Malta, che invece non è direttamente britannica). Ciò non impedisce, d’altronde, la proiezione appunto eurafricana della Francia, che a questo punto può anche tenere la stessa politica di Centralismo giacobino che conosciamo dalla nostra Storia, fino al famoso «Nos Ancêtres les Gaulois» insegnato nelle scuole senegalesi o ivoriane (con la differenza che in questa ucronia, come abbiamo avuto occasione di vedere altre volte, anche l’Austrispania svilupperebbe una sorta di Celtomania – magari, per la precisione e per distinguersi, Galatomania – neoclassicistica; del resto, la stessa Gran Bretagna ha serenamente coltivato una Britannomania non inibita dall’omologa Celtomania francese).

Ebbene, quale interesse avrebbe Parigi (anche a Dakar i giornali pubblicherebbero, come accaduto in altri quotidiani locali francesi, gli orari dei cinema di Parigi) a sostenere contro il proprio più tradizionale alleato un movimento secessionista di matrice religiosa (quanto di più lontano dall’idea laica di Stato) pericoloso anche per sé? Ne avrebbe tutti i motivi la Sublime Porta, in ciò tuttavia tenuta a freno da Londra; meno l’Arabia, che in questo settore rischierebbe di fare solo il gioco della Turchia.

In tutto questo quadro – appunto «stabile ma non statico» – ho alla fine avanzato proposte abbastanza conservatrici, complessivamente fondate su una considerazione dell’Austrispania come Potenza in buoni rapporti anche con le Potenze Occidentali oltre che con l’Unione Sovietica, che resterebbe invece la principale ispiratrice dei Movimenti Socialisti anche in Mesopotamia e Libia. Immagino che la discussione potrà continuare e ulteriormente approfondirsi su questa controversa prospettiva. Per intanto sintetizzo la ‘catena di alleanze’ che immaginerei (da... Sinistra a Destra, anche se forse in senso politico le prime due andrebbero scambiate fra loro e la terza e quarta pure):

Cina-URSS-Mitteleuropa-Francia-Commonwealth-Giappone

(in realtà l’Unione Mitteleuropea sarebbe equidistante fra URSS, Francia e Commonwealth).

Un addentellato: lo Stato Libero del Congo (dove la lingua coloniale sarebbe introdotta dalla Dinastia, quindi in questo caso il tedesco) potrebbe essere il principale fornitore estero di uranio per gli Imperi Centrali (al cui interno le miniere più importanti sarebbero in Africa del Sud-Ovest – attuale Namibia – se Colonia tedesca e comunque in Colorado, Nuovo Messico e Alta California – in particolare l’attuale Wyoming – nella Nuova Spagna) e in generale per l’Unione Mitteleuropea (che dispone anche del deposito idrotermale di Ilimaussaq in Groenlandia).

.

Alessio torna alla carica:

Ok, quindi come sosteneva anche Tommaso lo scenario più probabile è che l'India e il Brasile vedano aumentare nel tempo il loro peso nel mondo ma senza diventare indipendenti e quindi senza rischio che rivendichino un ruolo di potenza rendendo il sistema instabile.

Molto interessante (non per gli iraniani, poverini in questo scenario di divisione e sottomissione, ma per l'originalità del caso) la questione della Persia: in questo scenario di fatto non esisterebbe un grande stato persiano, ma esisterebbero una parte sovietica (con la conseguenza che il Mar Caspio sarebbe un lago sovietico... ci sarebbe da tenere per la sua sorte, come accaduto al lago d'Aral?) e un emirato affacciato sul Golfo non diverso (se non per le dimensioni più ampie) dai vari Kuwait, Qatar, Bahrein...

A questo punto vediamo se nelle valutazioni fatte finora abbiamo lasciato indietro qualcosa...

Per esempio non abbiamo parlato del Corno d'Africa. Guido ha menzionato nel suo scenario iniziale uno stato etiope che probabilmente, per tacito accordo fra le potenze, non è stato oggetto di colonizzazione. Eritrea e Somalia avrebbero potuto essere colonizzate in quel caso dai britannici vista la loro situazione di supremazia nel Mar Rosso e nel Mare Arabico. L'Etiopia, avendo una dimensione e una entità imperiale, forse rivendicherebbe quei territori in astratto, ma accettando realisticamente la propria condizione di inferiorità. L'estrema arretratezza del paese potrebbe rendere possibile anche in questa TL l'avvento di un regime comunista fanatico e violento.

Altra area interessante, l'Indocina. Anche se la mancanza delle guerre mondiali non indebolisce la Francia al punto da favorire la lotta indipendentista, in ogni caso la vicinanza con la Cina e il buon rapporto di quest'ultima con l'Urss potrebbero rendere comunque possibile a Ho Chi Minh e Giap condurla. Ecco forse la mia tendenza a immaginare una decolonizzazione almeno parziale vi sembrerà ossessiva ma considerando che in HL in Indocina si è combattuta una guerra lunghissima (1946-1954; inizio '60-1975; successive guerre tra Vietnam e Cambogia) mi sembra difficile pensare che non ci sarebbero stati neppure dei tentativi. Possiamo comunque ipotizzare che la Francia avrebbe vinto la sua guerra sul piano militare, subendo però probabilmente lo stesso processo politico interno che hanno vissuto in HL gli Stati Uniti (che lo hanno vissuto non a causa della sconfitta, ma a causa della crudeltà/inutilità di quel conflitto). Magari le polemiche contro la guerra avrebbero determinato lo scioglimento della famosa Legione Straniera.

Sempre restando in quella regione, un altro caso da esaminare potrebbe essere quello dell'Indonesia. A differenza dell'Indocina, l'Indonesia aveva come madrepatria coloniale una potenza di secondo livello come i Paesi Bassi, quindi in teoria la lotta anticoloniale avrebbe potuto essere più agevole. D'altra parte però, i Paesi Bassi in questa TL sarebbero parte dell'Unione Mitteleuropea (che non so se sarebbe come la UE oppure sarebbe semplicemente il "vestito nuovo e più grande" dell'Austrispania). In ogni caso l'Austrispania sarebbe stata certamente al fianco degli olandesi potendo anche basarsi su una presenza in loco (le Filippine e gli arcipelaghi della Micronesia). Ribelli spacciati, dunque?

Beh, sarebbe da capire il ruolo del Giappone. Come dicevo nei miei interventi precedenti, le risorse dell'Indonesia sono vitali per il l'impero del Sol Levante. Avevo ipotizzato che a quelli risorse il Giappone potesse accedere in via privilegiata grazie a un buon rapporto con gli olandesi mediato dai britannici, tuttavia non avevo considerato la partecipazione dei Paesi Bassi all'Unione Mitteleuropea e di conseguenza il loro allineamento con gli interessi strategici ed economici dell'Austrispania.

Ora, puntiamo l'occhio di bue sul Giappone in questo scenario: se la Russia/URSS controlla non solo l'Alaska ma anche la Mongolia e le Hawaii, significa che si è portata in vantaggio in Estremo Oriente in un tempo in cui il risveglio nazionalista del Giappone non era ancora iniziato (e infatti senza la spacconata del commodoro Perry, in tipico stile americano, probabilmente il vecchio sistema avrebbe retto ancora degli anni, forse un decennio o magari due...tempo preziosissimo). È facile allora immaginare che i russi abbiano assunto il controllo anche della Manciuria e addirittura della Corea chiudendo del tutto ai giapponesi la via del Nord. Ciò significa che attraverso la guerra con la Cina i nipponici hanno ottenuto il controllo della sola Taiwan restando quindi orientati in direzione sud e...chiusi proprio dai domini dell'Austrispania nelle Filippine e in Micronesia, e alle prese con la concorrenza austrispanica nell'accesso alle risorse dell'Indonesia (petrolio, gomma e metalli servono anche all'industria tedesca, che presumibilmente anche in questa ucronia sarà una delle più sviluppate al mondo).

So che la finalità di base di questo scenario è irenista ma io penso che ci siano le condizioni per avere perlomeno una corrente di pensiero, in Giappone, orientata a desiderare lo scontro con l'Austrispania e la decolonizzazione delle Filippine e dell'Indonesia. Ovviamente in questo scenario uno scontro diretto non è concepibile, l'Austrispania, volutamente o incidentalmente è una iperpotenza probabilmente più forte di qualunque altro soggetto, che potrebbe essere affrontata solo da una coalizione di tutte le altre potenze insieme (ovviamente improbabile). Tuttavia, che il Giappone possa appoggiare dei movimenti nazionalisti e anti-coloniali ci sta.

Ovviamente, la strategia del Giappone va valutata anche in relazione all'influenza britannica. Nella prima fase della sua ascesa, l'impero del Sol Levante sarebbe stato indirizzato dai britannici in una posizione anti-russa. Probabilmente i giapponesi si sarebbero proposti come sostenitori dell'indipendenza coreana, ma senza conseguenze pratiche perché, con la Corea già saldamente in mano russa, una invasione del paese sarebbe stata improponibile. Così come un attacco alla flotta russa, che avrebbe avuto a disposizione i porti coreani e non solo Port Arthur e Vladivostok.

Ciò significa che la crescita del Giappone sarebbe stata più lenta rispetto alla HL e che quindi il nazionalismo sarebbe stato guidato più dagli interessi economici che dalla semplice ansia di dimostrare la forza del paese.

Il Giappone sarebbe stato visto come più simile a quello di oggi, una potenza soprattutto economica alla ricerca di risorse per alimentarsi, piuttosto che come uno stato militarista disposto a fare la guerra con chiunque.

D'altra parte, in mancanza della I Guerra Mondiale il Giappone non avrebbe avuto neppure la possibilità di avvantaggiarsi sulla Cina scavalcando l'influenza degli europei.

È anche possibile che, proprio per questo diverso ruolo del Giappone, i rapporti sino-nipponici siano meno aspri che in HL, tanto da far pensare a forme di collaborazione tra i due paesi. Chiaramente, se la Cina fosse diventata un paese comunista le relazioni di sarebbero raffreddate, ma solo per una questione ideologica, non per una contrapposizione irrisolvibile tra i due paesi. Il governo cinese nazionalista avrebbe potuto comunque essere ospitato a Taiwan, a questo punto sotto la protezione Giapponese. La presenza di una corposa armata cinese a Taiwan, residuo della guerra civile, avrebbe potuto rappresentare una sorta di jolly militare a disposizione del Giappone? Un po' come i cubani che hanno partecipato a numerose guerre in Africa, i cinesi di Taiwan, indirizzati, protetti e riforniti dal Giappone, avrebbero potuto combattere nelle varie guerre anti-coloniali asiatiche, dall'Indocina, all'Indonesia, alle Filippine.

Che posizione avrebbero assunto i britannici in questo caso? Nello scenario che stiamo esaminando sarebbero in buoni rapporti tanto con il Giappone quanto con l'Austrispania: forse sarebbero rimasti neutrali, mentre ovviamente la Francia stata sulla stessa barca dell'Austrispania e l'URSS certamente a favore della decolonizzazione. La Cina, ho già detto che avrebbe presumibilmente sostenuto la lotta indipendentista dell'Indocina, non so se avrebbe sostenuto anche quelle promosse in modo più o meno esplicito dal Giappone.

Dettaglio suggestivo (avete già visto che ho cercato di collocare personaggi della storia reale come Gheddafi o Saddam in questo scenario) a guidare la lotta indipendentista nelle Filippine potrebbe essere un giovane medico argentino, un certo Ernesto detto "Che" Guevara?

Riepilogando: assodato che l'assetto politico delle Americhe sembra perfetto per evitare la decolonizzazione (e quella dell'Africa, molto arretrata, non sarebbe stata possibile senza l'indebolimento europeo seguito alle guerre mondiali) in Estremo Oriente qualche tentativo serio di decolonizzazione avrebbe potuto esserci grazie alla presenza di Cina e Giappone. La Cina avrebbe probabilmente sostenuto la lotta indocinese, per ragioni di prossimità geografica, il Giappone quella delle Filippine e dell'Indonesia per ragioni soprattutto economiche.

Che Guevara potrebbe combattere nelle Filippine e lì essere martirizzato come in HL oppure diventare eroe nazionale e padre della patria filippina.
Cina e Giappone potrebbero essere contrapposte se la prima fosse comunista come in HL, ma in generale i loro rapporti non sarebbero così cattivi perché i giapponesi non avrebbero mai abusato della Cina come accaduto in HL. Analogamente non sarebbero così cattivi i rapporti del Giappone con la Russia/URSS, perché il ritardato risveglio del Giappone avrebbe reso impossibile la guerra russo-giapponese ed eliminato alla radice tutto il conflitto strategico per l'area Mongolia-Manciuria-Corea. Resterebbe solo la reciproca diffidenza tra i diversi sistemi politici.

Questo significa che i rapporti tra le potenze potrebbero essere diversi da come avevo immaginato all'inizio. Non due terne contrapposte (che peraltro ricordavano le due alleanze pre-Grande Guerra) ma una situazione più articolata con:

- Impero Britannico e Francia in posizione centrale, supremi garanti del sistema internazionale (probabilmente anche paesi di riferimento per l'architettura commerciale e finanziaria del mondo);
- URSS e Cina in posizione di opposizione (ideologia politica ostile all'ordine costituito, sostegno alla lotta per la decolonizzazione);
- Austrispania in posizione di mediazione (aderisce all'ordine internazionale ma si pone in modo dialogante con URSS e Cina);
- Giappone in posizione egoista (non esita ad avversare l'ordine internazionale quando lo considera necessario).

.

Bhrihskwobhloukstroy puntualizza:

Un punto tocca la ‘cornice’ iniziale: non è intrinseco allo scopo dell’ucronia (perché è un’ucronia con uno scopo: confrontare l’URSS e gli Asburgo), ma l’avevo delineato senza la dovuta riflessione. La posta in gioco è enorme: addirittura l’esistenza di un Impero sotto controllo giapponese (la Manciuria) entro i confini della Cina Imperiale. Il punto di divergenza è notissimo: le spedizioni del Commodoro Perry, che in questa ucronia non avrebbero luogo né sarebbero sostituite da qualcosa di analogo.

Il particolare importante, naturalmente solo secondo la mia modestissima opinione, è che un mese dopo Perry è arrivato l’Ammiraglio Putjátin. È ben vero che storicamente si è trattato anche di una conseguenza dell’iniziativa di Perry, ma d’altra parte in questa ucronia la Russia è appunto più proiettata nel Pacifico (come hai ben evidenziato nel messaggio). È difficilissimo bilanciare le enormi conseguenze che si sarebbero potute avere o meno senza Perry e nessuna conclusione è garantita, neppure lontanamente; solo, tutto sommato inclinerei a pensare che spedizioni russe avrebbero avuto luogo comunque, forse perfino prima (anche se non è affatto detto), ma in ogni caso in tempo per innescare tutta la catena di eventi che alla fine ha portato alla Guerra Russo-Giapponese e tutto il resto (di cui in particolare ci interessa l’Impero di Manciuria). In questa prospettiva – che mi rendo conto di quanto sia precaria, come del resto qualsiasi alternativa – si potrebbe forse conservare l’impostazione iniziale, che nei suoi riflessi ai nostri giorni comporta l’esistenza di due Cine, una sotto controllo giapponese e una Repubblica Popolare più o meno come oggi (anche se priva di importantissime Provinc[i]e costiere).

Un po’ paradossalmente, tutto ciò rafforza quanto scrivi sulla Decolonizzazione indotta dal Giappone: il Sol Levante frena sull’India per ovvie ragioni diplomatiche, ma ha tutta la libertà di puntare contro le altre Potenze coloniali, in particolare più l’Austrispania che la Francia. Un attacco diretto provocherebbe, in questa ucronia, una crisi senza precedenti dall’epoca delle Guerre Rivoluzionarie francesi (una Guerra Austrispano-Giapponese analoga alla Guerra Russo-Giapponese, ma questa volta senza supporto britannico al Giappone); è quindi più verosimile che il contrasto sia coperto sotto le forme di un’insurrezione anticoloniale. Ernesto Guevara – il cui viaggio in America Latina gli avrebbe presentato un quadro di certo meno disastroso di quello storico reale – potrebbe essere coinvolto nelle vicende delle Filippine dopo il suo trasferimento in Nuova Spagna (21. settembre 1954), di cui l’arcipelago era una Dipendenza; il periodo dell’attività rivoluzionaria comincerebbe dal 1955 circa. Si può immaginare che non avrebbe mai accettato di collaborare con chiunque fosse legato al Regime Giapponese, mentre i suoi rapporti con l’Unione Sovietica – in particolare senza episodî come la Crisi dei Missili – sarebbero rimasti molto migliori che nella Storia nota.

Questo porta dunque a una domanda-bivio: la Guerra di Liberazione delle Filippine sarebbe stata condotta, sia pur nel modo meno diretto possibile, dal Giappone – presumibilmente fino alla Vittoria (anche se bisogna vedere come ciò potesse essere sancito in un Ordine Internazionale assai diverso dal nostro) – oppure da Guerriglieri Marxisti (in questo caso Trockisti) guidati dal Che (e che più probabilmente sarebbero finiti sconfitti)?

Aggiungo, a questo proposito, un dettaglio sulle Colonie Austriache. In questa ucronia, le vicende settecentesche permettono lo sviluppo dei piani coloniali di Vienna; evidentemente ben poco, però necessario quanto altrimenti mai, in connessione con l’Impero Ispanoamericano: in ordine cronologico, le Colonie in India (dapprima Bankipur e Kovalam nel 1722, poi Karwar, Mangaluru, Valapattanam nel 1776 e soprattutto le Nicobare nel 1778), Delagoa (= Maputo) con la sua baia in Mozambico (1778), un secolo più tardi (1878) il Borneo Settentrionale (di massima rilevanza per le Filippine), infine la Terra di Francesco Giuseppe (1873) e Jan Mayen (1882).

Altre Colonie del Reich sarebbero quelle storiche; una questione particolare sono invece quelle italiane nel Corno d’Africa: la Baia di Assab fino a Ras Sintian sarebbe in questo caso austrispanica (è difficile evitarlo, tutto converge verso quest’esito), per cui Londra (che annetterebbe comunque Zeila nella Somalia Britannica) dovrebbe puntare su un rafforzamento ottomano ed egiziano per difendere Massaua (che dunque continuerebbe a far capo all’Impero Ottomano); l’Asmara rimarrebbe parte dell’Etiopia. Luigi Federico Conte di Menabrea e Marchese di Valdora sarebbe suddito austrispanico, ma i Savoia si potrebbero ugualmente aggiudicare, come unica Colonia (dato che il ritorno di Tripoli ai Cavalieri di Malta sarebbe precluso dalla politica britannica di equilibrio nel Mediterraneo, a sua volta comprendente l’imperativo – con quanto ne consegue – di evitare che un medesimo Stato controlli entrambe le sponde dello Stretto di Sicilia), la Somalia che nella Storia reale è stata loro (come italiana).

Le commemorazioni odierne obbligano a nominare nella discussione la Sicilia. Sarebbe dal 10. giugno 1713 un Regno (sia pur ancora Feudo spagnolo) con Dinastia residente a Palermo (i Savoia). L’estinzione della Linea Maschile il 27. aprile 1831 sarebbe stata un’irripetibile occasione per l’Austrispania di reincamerare la Sicilia, ma Palmerston avrebbe avuto buon gioco a costringere Metternich a determinare la reinvestitura del Feudo al Ramo dei Principi di Carignano. I fattori storici che hanno determinato il frazionamento della proprietà nelle aree occidentali dell’isola si riproporrebbero anche in questa ucronia, ma non la carenza di personale per la pubblica sicurezza, per cui è possibile che il fenomeno della Mafia venisse a costituire l’oggetto delle ossessioni repressive di Umberto I. (che se vivesse quanto il padre morirebbe di morte naturale intorno al 1902 e se quanto il figlio intorno al 1922) e di conseguenza finisse con una precoce emigrazione delle Famiglie (da vedere dove, essendo scomparsi Stati Uniti d’America).

.

Diamo la parola a Findarato Anàrion:

Una piccola e ininfluente nota sul Portogallo: sogno la cristallizzazione del Regno Unito di Portogallo, Brasile e Algarves (magari rinominato in Portogallo, Brasile, Mozambico e Angola, elevando di dignità le colonie più estese) che conosceremmo come come quelli del nostro mondo di Gran Bretagna e Nord Irlanda e quello di Danimarca, Fær Øer e Groenlandia, o dei corrispettivi ucronici di cui stiamo discutendo.

Al contrario di degli altri due Regni Uniti citati ed eventualmente esistenti anche nel mondo ucronico a sei Potenze, il Regno Unito di Portogallo, Brasile, Mozambico e Angola sarebbe il migliore candidato ad avere il baricentro sempre più in America.

Per quanto riguarda la Francia, concordo che un peso maggiore lo potrebbero avere le sue terre africane, ma immaginavo il baricentro della Francosfera non allontanarsi troppo dal Mediterraneo, magari accentrandosi su Tunisi, suggestiva per avere un revival di Cartagine, ma troppo decentrata e troppo vicina alle terre Austrispaniche, quindi magari sarebbe Algeri una migliore candidata per essere il nuovo centro della Francosfera, o magari solo il centro di riserva, qualora le cose dovessero andare male in Europa.

Immagino che, in questo mondo, il concetto di “Colonia” sia stato sostituito da quello di “Commonwealth”, altrimenti mi aspetterei prima o poi una giusta e naturale decolonizzazione.

.

Alessio Mammarella insiste:

La guerra d'indipendenza delle Filippine potrebbe essere l'equivalente di quella che nella nostra TL è stata la guerra dei Khmer Rossi. Attenzione, nessuna volontà da parte mia di paragonare il Che al crudelissimo Pol Pot, semplicemente il paragone è nel tipo di manovra strategica sotterranea delle potenze. Gli Khmer Rossi erano maoisti ma godevano sotterraneamente anche del supporto americano, in funzione anti-vietnamita. Ecco la guerra d'indipendenza filippina potrebbe essere condotta in questa TL da guerriglieri marxisti guidati dal Che, ma con l'appoggio logistico sotterraneo del Giappone (in funzione anti-austrispanica). Così l'avevo immaginata, sostanzialmente. Il Che, nei suoi discorsi, non avrebbe certo parole tenere per il Giappone imperialista esattamente come i Khmer Rossi, a parole, non erano certo estimatori degli Stati Uniti.

La precisazione sulla Somalia mi porta a tornare sulla questione Corno d'Africa. Se devo dire la verità, io non credo che il Regno di Sicilia avrebbe avuto risorse adeguate per possedere una colonia africana, ma mettiamo che, l'Impero Britannico voglia fare un regalo a un piccolo paese alleato fedele...

Io penso comunque che se l'Etiopia conoscerà la dittatura marxista come in HL (cosa che come dicevo considero probabile per le condizioni di grande arretratezza del paese) allora la Somalia potrebbe essere attaccata. Diciamo allora che la Guerra dell'Ogaden potrebbe essere uno dei pochi conflitti presenti sia in HL sia in questo scenario alternativo. In questo caso però io prevederei una vittoria dei siculo-somali e una spallata al regime etiope, con probabile ritorno della monarchia.

.

Bhrihskwobhloukstroy riprende il filo del discorso:

In effetti le due massime questioni dell’ucronia sono da un lato il Comunismo realizzato (nell’Unione Sovietica) e dall’altro il Colonialismo nell’Austrispania e, altrettanto se non più ancora, altrove.

È sempre utile tenere presente la distinzione di due modi del Colonialismo moderno: le Neoeurope e la Sovranità sugli Indigeni. Le Neoeurope sono state vere e proprie espansioni per conquista e la Decolonizzazioni in questi casi è semplicemente una secessione interna alla Potenza imperialista: spesso non ha comportato – nonostante l’emissione di proclami in contrario – alcun effettivo miglioramento delle condizioni delle Popolazioni che in precedenza possedevano la terra. Il Colonialismo come sovraimposizione della propria Sovranità su Popolazioni indigene è invece una forma di conquista paragonabile a qualsiasi altra, potenzialmente senza significativa espansione demica; la Decolonizzazione è la fine di tale Sovranità completa, ma ovviamene se è sostituita dal Neocolonialismo significa passare dalla padella alla brace.

In questa ucronia entrambi i Colonialismi si svolgono secondo i modi storicamente noti; non c‘è tuttavia la secessione delle Neoeurope (che di per sé costituiscono il culmine del Male) e questo non rappresenta un peggioramento rispetto alla Storia reale, anzi in un certo senso mitigano il crimine pregresso, perché si risolvono in un’estensione dei diritti della Nazione imperialista. In questo senso, la sostituzione di Colonia con Commonwealth fa parte di un processo di unificazione territoriale paragonabile a quelli ottocenteschi (in teoria; in pratica sono state secessioni), anche se evidentemente non cancella affatto le colpe precedenti (l’invasione di un territorio altrui e l’etnocidio – non genocidio – dei suoi Abitanti); è così che diventa possibile pensare allo spostamento del baricentro di un Impero (per quanto poi il processo sia complicato nei dettagli).

In Indocina e nelle Filippine siamo invece di fronte a una Sovranità – rispettivamente francese e (austr)ispanica imposta a Popolazioni preesistenti, che sono oppresse politicamente, ma non sul piano etnico e demografico: la liberazione da questa Sovranità sovraimposta è invece parte di un gioco di rivalità fra Potenze imperialistiche. Nella Storia reale, in effetti, le due vere idee di fondo in gioco erano per Pol Pot l’asserita Indipendenza (su cui ha sempre insistito, molto più che sulla Giustizia sociale o – come noto – la lotta alla Povertà) e per gli Stati Uniti il contenimento, senza esclusione di colpi, dell’Unione Sovietica. In questa ucronia, qualunque movimento antiaustrispanico nelle Filippine avrebbe, allo stesso modo, come prima vera motivazione l’Indipendenza, rispetto a cui il sostegno giapponese avrebbe valore puramente strumentale, mentre dal punto di vista del gioco fra Potenze il principio è il contenimento dell’Austrispania (come hai perfettamente descritto) e in generale degli Europei, a prescindere dal fatto che attuino o meno politiche colonialistiche.

Come il più che decennale sostegno statunitense ai Khmer Rossi è stato uno degli episodî più spregiudicati della già spregiudicata Guerra Fredda e si è risolto col conseguimento degli scopi statunitensi (non dei Khmer Rossi) e in conseguenza della loro vittoria nella Guerra Fredda, così dovrebbe essere in questa ucronia: ciò presuppone però che il Giappone e l’Austrispania siano in un rapporto di reciproca ostilità paragonabile a quello fra Stati Uniti e Unione Sovietica (rispettivamente), che invece è piuttosto quello (ucronico) fra Giappone e Cina Popolare o al massimo fra Giappone e Unione Sovietica. Ci chiediamo dunque chi vinca il conflitto: dal punto di vista statunitense, la Cambogia controllata dal Viêt Nam rappresentava un Paese sottratto in ultima analisi a un proprio Alleato (subordinato) da un Alleato subordinato del loro principale Nemico, quindi in questa ucronia un parallelo preciso dal punto di vista giapponese potrebbe essere che un Paese di un proprio Alleato subordinato (il Siam?) passi sotto il controllo di un Alleato subordinato della Cina o dell’Unione Sovietica a sua volta sottrattosi a un Alleato del Giappone, per esempio una Birmania (Myanmar) sinofila; allora la vittoria statunitense in Cambogia sarebbe rispecchiata da una vittoria nipponica in Thailandia nel momento in cui i Birmani si ritirassero e la Cina riconoscesse la propria sconfitta.

L’Indipendenza delle Filippine con sostegno giapponese – ossia la sottrazione netta di un territorio da sempre in mano a un Alleato del proprio Alleato – si configurerebbe invece, nella Storia reale e dal punto di vista statunitense, come l’Indipendenza della Namibia dal Sudafrica (appunto Alleato del principale Alleato degli stessi Stati Uniti): significativamente, è avvenuta solo in concomitanza con la fine della Guerra Fredda. A questo punto, istituite le proporzioni Viêt Nam : Cambogia (per gli Stati Uniti storici) = Birmania : Siam (per il Giappone ucronico) e Namibia : Sudafrica (per gli Stati Uniti) = Filippine : Austrispania (per il Giappone ucronico), dobbiamo confrontare le possibilità del Sudafrica con quelle dell’Austrispania. Gli Stati Uniti sono stati in grado di esercitare sufficienti pressioni sul Sudafrica perché alla fine rinunciasse all’Africa del Sud-Ovest; riuscirebbe il Giappone a esercitare sufficienti pressioni sull’Austrispania perché rinunci alle Filippine?

.

E Alessio ribatte:

Dopo commenti molto lunghi, un commento laconico: no. Tutte le sei potenze di questo scenario sono così estese e ricche di risorse che è praticamente impossibile che perdano qualcosa, salvo che in caso di accordo e pressione congiunta di tutte le altre potenze. La rivalità atavica tra Impero Britannico e URSS garantisce che una tale coalizione non si formi mai. Il Giappone, eventualmente, è la più piccola delle potenze e quella che più rischia di pestare i piedi alle altre e mettersi nei guai.
Questa è la garanzia di stabilità del modello a livello di rapporti internazionali.

A questo punto direi che la nostra lente potrebbe passare sui rapporti interni e valutare il livello di coesione interna delle 6 potenze. Per esempio, in Austrispania si parlerebbe tedesco o spagnolo? Quale sarebbe il temperamento della società? Quello mitteleropeo o quello latino?

.

Per ora la discussione è chiusa da colui che la aveva iniziata:

Tutte le comunità hanno al proprio interno un repertorio di lingue e delle regole per scegliere quale usare a seconda della situazione; di solito ce ne sono almeno due (talvolta molto simili fra loro) e, in generale, si qualifica come acroletto quella delle situazioni formali (cerimonie religiose, politiche, documenti scritti, istruzione) e basiletto quella di tutte le altre. In Italia, per esempio, l’acroletto è la varietà locale di italiano, che in certi luoghi è anche basiletto, mentre in (molti) altri – e fino a qualche decennio fa dappertutto – era il cosiddetto dialetto (“cosiddetto” perché dialetto ha anche un altro significato) ad avere la prerogativa delle funzioni di basiletto (”prerogativa”, perché era considerato ridicolo parlare in famiglia o fra amici l’italiano, sia pure regionale).

Molti Stati hanno, con politiche più o meno volute, espanso le funzioni dell’acroletto a scapito del basiletto. In Inghilterra, Francia, Germania (settentrionale), Italia (nordoccidentale) &c. questo fenomeno ha costituito l’abbandono dei “dialetti” (fra virgolette, perché i dialetti sono lingue come tutte le altre e hanno come peculiarità quella di essere più strettamente apparentate fra loro; il duplice uso di dialetto, fra questa accezione e quella di ‘basiletto’, provoca molta confusione).

Tradizionalmente, nei Paesi Asburgici la situazione sociale è stata abbastanza conservativa e questo vale in modo caratteristico anche per gli usi delle lingue; in pratica, ciò significa che i basiletti sono sempre – in quei periodi – rimasti molto vitali, senza cedere all’acroletto. Fra l’altro, questa è una delle principali cause – oltre ovviamente all’imperialismo dinastico, che ne creava le condizioni – per cui i Dominî Asburgici sono stati tipicamente plurilingui: per il fatto che nessun acroletto prevaleva sui basiletti e di conseguenza la varietà linguistica abbondava. Soprattutto in Spagna, il cambio di Dinastia è stato dirompente da questo punto di vista; è infatti con i Borboni che il catalano – il quale, di per sé, sarebbe molto più vicino del castigliano al francese – ha iniziato la propria fase di declino, culminata col Generalísimo Franco.

Di solito si indica nella Francia il modello opposto (di espansione dell’acroletto, anche a spese di altri acroletti, prima di tutto il latino), ma ovviamente nelle Neoeurope l’espansione dell’acroletto è stata ancora più forte (tranne che nella Russia Asiatica, dove i basiletti sono rimasti relativamente meglio che altrove) e soprattutto negli Stati Uniti, come già dimostra il fatto che, a parità di tempo intercorso dalla Guerra dei Sette Anni, il francese è vivissimo in Canada (benché gli insediamenti vi fossero meno densi), mentre è solo una fra le tantissime lingue residuali in Louisiana (per quanto Colonia a suo tempo più sviluppata).

Per quanto riguarda l’Austrispania ucronica, dunque, i basiletti sarebbero stati quelli già presenti: slavi, ungherese, tedesco, neolatini e basco in Europa, castigliano e lingue locali nelle Indie (Occidentali – in senso lato, esteso a tutte le Americhe – e Orientali, in pratica le Filippine e il Borneo Settentrionale). Le lingue amerindie sarebbero state almeno come nel Messico attuale (ma probabilmente più usate). Naturalmente, questo dipende anche dalla proporzione fra Locali e ‘Coloni’ (chiamiamo così gli Immigrati dall’Europa o eventualmente altrove, perché di fatto si tratta di coloni, come per esempio nel caso dei Tedeschi o Irlandesi o Italiani negli Stati Uniti, in Brasile, Argentina &c.): dato che nella Storia reale le Indipendenze Americane hanno segnato un enorme aumento dell’Immigrazione dall’Europa (e poi altrove), in questa ucronia è da mettere in conto che tale colonizzazione sarebbe stata minore, per quanto decisa potesse aspirare a essere la politica di valorizzazione dell’Impero da parte del Governo metropolitano.

Quel che più ci interessa, però (e, credo, il vero senso dell’interrogativo), è l’acroletto (o, meglio, gli acroletti). In questo caso, abbiamo la risposta nella Storia reale: latino poi tedesco poi ungherese nel Regno d’Ungheria (con probabile promozione del croato nel Triregno, se non c’è un Ausgleich come quello del 1867, qui relativamente meno probaile), polacco e tedesco in Galizia e Lodomiria (con progressiva promozione dell’ucraino), gli stessis ma con rapporto inverso in Slesia, tedesco con progressivo recupero anche del ceco in Boemia e Moravia, latino e italiano a Trieste e Gorizia (in queste e a Trento anche il tedesco), nei Dominî ex-Veneziani, nel Regno Longobardo della Nazione Gallesca, francese nei Paesi Bassi Meridionali e in Savoia, italiano e castigliano nelle Due Sicilie e nei Feudi della Corona di Spagna nel Regno Longobardo, castigliano in Sardegna, catalano e castigliano in Aragona; in tutto il resto del Reich (non solo nelle parti austriache) tedesco, in tutto il resto della Corona di Spagna castigliano (sloveno e basco, per esempio, sarebbero solo basiletti, ma ovviamente usatissimi).

Fin qui niente di strano; l’ucronia porta però anche a una terza domanda, quella relativa alla lingua veicolare (propriamente mesoletto) fra tanti non solo basiletti (come dappertutto), ma perfino acroletti. È qui che emerge la peculiarità della struttura degli Imperi Centrali: nel Regno di Germania e nel (parzialmente sovrapposto) Impero d’Austria latino e tedesco, nel Regno Longobardo latino (con l’aggiunta del castigliano nei Feudi della Corona di Spagna), nella Corona di Spagna castigliano (con più o meno diffuso impiego residuale del latino). Dappertutto, il tedesco sarebbe comunque la prima lingua straniera; in Germania e Austria tradizionalmente lo era l’italiano, poi nella Storia reale sostituito dal francese, mentre in questa ucronia lo sarebbe, progressivamente, dal castigliano. Il latino avrebbe un impiego paragonabile a quello attuale nella Città del Vaticano (onnipresente a livello ufficiale, assai ridotto invece – ma pur sempre maggiore che altrove – nel parlato); il tedesco nei Paesi neolatini e il castigliano in Germania e Austria avrebbero il ruolo che oggi compete, in tutte queste aree, all’inglese (forse anche un po’ di più).

L’Austrispania sarebbe dunque mitteleuropea nella parte tedesca, latina in quella ispanica; avrebbe entrambe le caratteristiche nell’intersezione delle due, i Feudi della Corona di Spagna nel Regno Longobardo (che, a mo’ di riassunto, sarebbero: Lombardia, Parma e Piacenza, Monferrato, Piemonte, Aosta, Nizza, Finale, Stato dei Presidî).

Infine, che cosa penserebbero dell’Austrispania i suoi Sudditi?

Anzitutto, ci sarebbero i gregarî di carattere: molti di quelli che oggi si sentono, per esempio, Italiani si sentirebbero, in quest’ucronia, Austrispanici; solo relativamente pochi – gli Italiani per scelta convinta e meditata – vorrebbero la Secessione (col che tenderebbero a confondersi coi Padanisti, dai quali li dividerebbe la questione del tutto teorica del confine Sud della Patria per la cui Indipendenza battersi).

Poi ci sarebbero i varî ammiratori di una o più altre Potenze: quelli dell’Unione Sovietica, della Cina (forse un po’ meno dei precedenti), della Francia, del Commonwealth e... Perché No del Giappone?

Poi ci sarebbero gli insoddisfatti, come me, che cercherei rifugio nelle ucronie di uno Stato Unico Mondiale o comunque dell’Eurasia (con tutto il Mediterraneo) o almeno dell’Indoeuropa, se non solo dell’Europa e del Mediterraneo (mentre la tragica realtà sarebbe che l’Austrispania non unirebbe nemmeno i territorî degli antichi Celti...).

Un paio di noi (entrambe personalità piuttosto forti) vivrebbero al di fuori degli Imperi Centrali: me li immagino sulle stesse posizioni politiche che hanno realmente e penso che non ci troveremmo d’accordo sui punti citati (e su altro).

Tutto molto normale...

.

Non possiamo tuttavia evitare di riportare la lettera che Paolo Maltagliati ha scritto al nostro Bhrihskwobhloukstroy:

Caro Bhrihskwobhloukstroy, mi piacciono tantissimo le tue considerazioni e le tue conclusioni. Purtroppo il fatto è che il modello nazionalistico ha ideologicamente stravinto. E non parlo solo della ricostruzione a posteriori della storia fatta dall'Italia nata dal Risorgimento.

Parlo in generale a livello europeo e mondiale. Le appartenenze concentriche sono state eliminate dalla storia del pensiero occidentale a livello così profondo, che si fa fatica persino a pensarle (e retrospettivamente dunque si applica il concetto di appartenenza esclusiva tipico del modello nazionalistico a tutta la storia passata).

In altre parole, Guido, quando tu hai polemizzato dicendo che i sacri confini(espressione mia, ma per semplificare il concetto) non sono una verità di fede, né cristiana cattolica, né marxista... Sbagli. O meglio, hai perfettamente ragione nel fatto che non lo siano, hai torto nel ritrnere che sia semplice pensare che non lo siano. Intere generazioni SONO convinte, nel migliore dei casi, che siano una inevitabilità storica e che in fondo, lo stato nazionale e nazionalistico (di solito repubblicano, ma non è poi così fondamentale la forma di governo) sia l'unico stato eticamente accettabile per un mondo moderno. Sono il progresso insomma. Mentre gli stati pluri..."nazionali" (con tutta l'equivocità del termine) su base dinastica siano un relitto del passato.

Aggiungo che la proiezione retrospettiva del nazionalismo (salvo una sola e strana eccezione, causa di infinite discussioni inconcludenti con colleghi e amici di una certa parte d'Italia) fa in modo di fraintendere il significato stesso di quei termini che pur tu ora stai usando nelle tue argomentazioni.

L'impero è uno stato nazionalisticamente inteso come tedesco e solo tedesco. L'elemento romanzo non poteva sentirsi pienamente obbediente all'imperatore in quanto tedesco, quindi straniero. In quanto straniero, il suo intento era ovviamente opprimere più o meno iniquamente i non appartenenti alla sua cultura e non parlanti la sua lingua. Poteva anche esserci stato un sovrano 'buono' o anche molti, ma come, biblicamente, potevano esserci stati dei faraoni 'buoni' con gli ebrei. Questi ultimi erano pur sempre dominati e anelavano alla libertà.

La strana eccezione a cui mi riferivo non fa che paradossalmente inverare il concetto di fondo: Federico II viene difeso a spada tratta perché, secondo retorica, non solo è uno dei 'sovrani stranieri buoni', ma è un sovrano 'straniero che ha rinnegato il suo popolo di partenza - tedesco - per immedesimarsi e assimilarsi con il popolo di arrivo - siciliano'.

Gira e rigira, sempre nazionalismo è: nessuna appartenenza sovraordinata, ma solo appartenenze mutualmente esclusive (e confliggenti), aut aut.

Potremo pur dirci che questa favoletta è semplificazione e, per chi come noi conosce la storia, finanche falsa. Eppure ne siamo cresciuti imbevuti e staccarcene è operazione difficilissima (e sempre più difficile, ma è un altro discorso).

Lo stato-nazione è infine divenuto pressoché realtà, attraverso genocidi, etnocidi e eliminazioni culturali. Il mio off topic nostalgico sul dialetto nel thread sull'alaska (di cui peraltro mi scuso: l'imbarazzato silenzio e il passare oltre con cui è stato accolto mi ha fatto comprendere la misura della mia idiozia comunicativa) fa capire che in una certa misura la cosa HA FUNZIONATO: eliminazione della lingua e della cultura locale a scapito di quella 'nazionale'. E diciamocelo, al sud la cosa non ha funzionato perché in primis è lo stato che non ha mai funzionato particolarmente bene.

Facciamo un altro esempio, credo noto: come viene descritta la guerra dei cent'anni nelle tre paginette scarse che il manuale delle superiori gli dedica. Più o meno velatamente, la guerra dei cent'anni assume di solito una valenza positiva. Perché? Perché "finalmente" si forgiano (nell'odio reciproco, ma tant'è, quello deve perbenisticamente rimanere implicito) le identità 'nazionali' inglese e francese. Insomma, che un re 'straniero' inglese domini delle terre francesi è un assurdo che finalmente la storia provvede a correggere.

Facciamo un ulteriore esempio: l'Africa subsahariana post indipendenze.
Sappiamo benissimo tutti che le continue guerre interetniche piagano ripetutanente una gran parte dei sopraddetti stati.
Si dice spesso e con ragione che il problema sono i confini fatti con il righello dai bianchi imperialisti, ma così dicendo si rischia di fraintendere la vera colpa: l'esportazione (sia essa interessata o involontaria, il risultato è il medesimo) del modello nazionalistico europeo in quelle aree, dove l'etnogenesi era ancora in corso. È logico che se in un quadrato tracciato per terra in cui vivono insieme 100 tribù (o anche solo due) fai capire che comunque ce ne deve essere una culturalmente superiore e che afferma la sua identità sulle altre, il risultato non può che essere quello visto.

Conclusione 1: serve urgentemente un modello sovraordinato non nazionalistico che inizi un lungo lavoro culturale atto al superamento di un modello ideologico di stato che tutti credono non tanto il migliore, quanto ormai l'unico possibile.

Conclusione 2: caro Bhrihskwobhloukstroy, la tua straordinarietà, (e con essa l'ammirazione) per male che possa fare questo commento, appare ancora più evidente, perché sei riuscito a 'uscire' da solo da una lettura dogmatica e piegata sul nazionalismo dell'intera storia dell'umanità, propinata come dominante e che influenza tutti noi. E che, sorprendentemente, l'internazionalismo marxista non ha scalfito affatto, anzi, se pensiamo al fatto che gli stati più paranoicamente nazionalisti attualmente sono quelli ex socialisti ed ex sovietici.

Conclusione 3: Questo discorso ineluttabilmente tornerà, perché la nostra tendenza è ragionare sulla storia sempre più da gamers, ossia 'come faccio a fare in modo che i MIEI pezzi vincano e occupino la scacchiera/lo schermo il più possibile', invece che 'come faccio a creare un mondo complessivamente migliore'. Proviamo però a renderci conto che è un problema che tornerà, anzi, sta già tornando quello delle 'appartenenze multiple e sovraordinate'. E che, o ci costringe ad abbandonare davvero il modello di stato nazione nazionalistico, o finisce in un - di nuovo, per l'ennesima volta - bagno di sangue.

.

Più tardi Bhrihskwobhloukstroy è tornato alla carica con questa proposta:

Lo scontro politico nel Mondo (quasi) unito

Questa è un’ucronia su una (presunta) utopia. È ambientata nel Presente, ma ucronico: il Mondo è quasi tutto unito – in varî gradi e in diversi modi – in un unico Blocco Politico-Militare (compresi i Poli), tranne il Giappone, che è rimasto chiuso come prima dell’8. luglio 1853.

Fra il 1914 e il 1971 è stata introdotta una Moneta Unica in tutto il Blocco Politico-Militare mondiale (che per semplicità chiamo Repubblica Universale) e contemporaneamente si è abbandonato il Sistema Aureo; fra il 1945 e il 1975 è entrata in vigore la Legge del Prezzo Unico in tutta la Repubblica Universale.

La Disoccupazione – a parte Minorenni, Studenti, Assistiti e Pensionati – in pratica non esiste (di fatto non ha un lavoro solo chi vive di rendita e affida a proprî Dipendenti l’amministrazione del patrimonio); il Prelievo Fiscale è occasionale e limitato.

Oltre ai varî Parlamenti territoriali, la Dieta Mondiale (con un Seggio ogni Mille Elettori) è eletta a Suffragio Universale illimitato (dei Maggiorenni), secondo il Sistema Proporzionale puro e con Collegio Elettorale unico.

Come si sia arrivati a questo punto non è rilevante ai fini dell’ucronia (perciò chi non è interessato è invitato a saltare questo capoverso e i successivi tre); solo per poter essere in grado di rispondere su qualsiasi particolare, adotto il consueto schema dell’ucronia che ho finito per sviluppare di più (per pure circostanze di interazione con gli altri Ucronisti): dal Punto di Divergenza del 1176 (Battaglia di Legnano), gli Imperatori hanno dapprima esteso i proprî Dominî Dinastici alla Sicilia, Sardegna, Legazioni, Lombardia, Marca, Austria (compresa la Svizzera), Boemia, Brandenburgo e Pomerania (secoli XII.-XV.), unendovi le Corone d’Ungheria e Polonia (secoli XIV.-XV.), poi con Carlo V. la Spagna e tutta la Borgogna (inclusi i Paesi Bassi Settentrionali); Filippo II. è rimasto Re di Inghilterra e Irlanda, Massimiliano II. e Rodolfo II. di Lituania (aggiungendo anche i Principati Danubiani), fino alla Riunificazione dell’Austriberia (compreso il Portogallo) con Leopoldo I.

Nel frattempo, i Paleologhi sono rimasti Imperatori di Bisanzio e, dopo di loro, i Gonzaga (dal 1746 i Lorena); in Francia i Guisa hanno vinto sui Borboni; Cristiano II. è rimasto Re di Danimarca e nel 1590 i Lorena sono subentrati alla sua secondogenita Cristina; in Svezia sono rimasti i Wasa cattolici, dal 1610 anche Imperatori e Autocrati di Tutte le Russie, finché dopo Cristina è stato eletto Carlo V. di Lorena (III. di Danimarca e Norvegia, IX. di Svezia). Col Matrimonio del Millennio (12. febbraio 1736) si pongono le basi per l’Unione Personale fra l’Austriberia (incluse Polonia-Lituania nonché Inghilterra e Irlanda) e i Dominî Lorenesi (Danimarca e Norvegia, Svezia e Russia, dopo quattro anni il Sacro Romano Impero e dopo altri sei anche l’Impero d’Oriente), cui si aggiungono la Francia nel 1825 e la Scozia (con il suo Impero Coloniale e i Dominî Sabaudi ed Estensi) qualche anno dopo il 1916.

Fra il 1829 e il 1878 tutto l’Impero Ottomano (espansosi solo in Asia – inclusa l’intera Arabia interna – e Africa) diventa Protettorato della Monarchia Cristiana (come si chiama il complesso degli Stati Asburgo-Lorenesi, fra cui nove Imperi: Sacro Romano Impero, Bisanzio, Russia, Austria e i cinque di più recente costituzione, Francia, America [inglese], Nuova Spagna, Brasile e Indie Orientali), fra il 1851 e il 1896 il Siam, fra il 1889 e il 1936 l’Etiopia, fra il 1901 e il 1913 tutta la Cina, fra il 1907 e il 1941 la Persia; fra il 1885 e il 1913 il Congo, la Nigrizia e tutto il resto dell’Africa diventano Colonie europee, in parte comuni ai varî Stati, in parte attribuiti a singoli fra questi.

L’unico Stato europeo non soggetto agli Asburgo-Lorena è il Regno di Bassa Navarra. Alla morte (29. settembre 1936) del Re Alfonso Carlo I. di Borbone, circolano dubbi sulla legittimità della nascita del padre (Alfonso, storicamente XII. di Spagna) del legittimo successore Alfonso II. (= Alfonso XIII. di Spagna); alla morte di quest’ultimo (28. febbraio 1941), si contrappongono il secondogenito (più anziano superstite) Giacomo II. Enrico V. (sposato morganaticamente), il terzogenito Giovanni V. e, dal 1943, Carlo VII. Pio (a noi noto come Carlo VIII. d’Asburgo-Borbone di Toscana e Spagna), sostenuto dal terzo cugino, l’Arciduca Goffredo I., Granduca Elettore di Würzburg (= Goffredo I. d’Asburgo-Toscana). Il decisivo intervento dell’ottantenne Arciduca Eugenio di Asburgo-Teschen, da quasi mezzo secolo Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Teutonico e Portaspada, a favore dei pronipoti Borboni determina la conferma di Giacomo II. Enrico V. (cui sarebbe succeduto il fratello Giovanni V. il 20. marzo 1975) a condizione che la Bassa Navarra accetti di federarsi alla Monarchia Cristiana e allo stesso Ordine Teutonico nell’Unione Mitteleuropea.

(Da qui riprende la versione “breve” del messaggio:)

Le Istituzioni Parlamentari, sempre rimaste nel Sacro Romano Impero, in Ungheria (tranne che negli anni 1849-1867), Polonia, Lituania, Portogallo, Castiglia, Aragona, Inghilterra e Irlanda, Scozia e già esistenti in Francia al momento dell’Unione (21. novembre 1825), sono state introdotte in Svezia nel 1719, nell’Impero Americano nel 1790, in quelli Iberoamericani fra il 1810 e il 1826, a Bisanzio nel 1844, in Danimarca nel 1849, in Austria nel 1848-1849 e poi dal 1860-1861, in Russia dopo il 1906.

Come non ci sono state le due Guerre Mondiali (né già quella di Successione Polacca, le Napoleoniche, quelle dei Ducati, di Crimea, Austro-Sarde, Austro-Prussiana, Franco-Prussiana, Balcaniche &c.) o perfino la Guerra Fredda (col suo corredo di conflitti per procura), non si è nemmeno mai arrivati alle Guerre nell’ex-Jugoslavia o nell’ex-Unione Sovietica della Storia reale, tantomeno a quella fra Russia e Ucraina (neanche nel Bacino del Don).

Waldemar Waldemarsson Putin sarebbe uno svedese di Nyenschanz (nome tedesco di S. Pietroburgo in epoca svedese) di origine moscovita, il possidente Xí Jìnpíng, ingegnere chimico, sarebbe suddito tedesco, l’imprenditore Donald Johannes Trump e lo storico militare Ronald Dion DeSantis sarebbero di origini austriache (rispettivamente del Palatinato Elettorale e del Ducato di Spoleto), l’uno nell’Impero Americano e l’altro in quello di Nuova Spagna, come lo sarebbero i mennoniti Von der Leyen di Krefeld, uno dei quali sposato dall’economista austriaca Ursula Gertrud Albrecht di Bruxelles, nata da una famiglia sassone del Principato Vescovile di Corvey. Carlo III. di Windsor-Mountbatten sarebbe solo un Principe cadetto del Casato di Oldenburgo, discendente altresì dei Battenberg, dei Sassonia-Coburgo-Gotha e dei Guelfi di Hannover. Austriaco dei Paesi Bassi borgognoni sarebbe Emmanuel Macron e anche la suddita pontificia Giorgia Meloni sarebbe di origini austriache (sarde e bresciane per parte di padre e messinesi per parte di madre). Ognuno di loro potrebbe verosimilmente far parte di una Dieta, magari (anche) di quella Universale di cui sopra.

L’illimitata disponibilità di denaro permetterebbe al Potere Legislativo ed Esecutivo di dare attuazione a qualsiasi Legge; anche il Potere Giudiziario godrebbe di mezzi e risorse umane abbondantemente sufficienti a farantire l’immediato esercizio della Giustizia. L’apparato di Polizia (fra cui i Dragoni, corrispondenti ai Carabinieri) avrebbe dimensioni enormi e garantirebbe un controllo costante e capillare della Società.

In questa situazione, l’applicazione della Legge è notevolmente effettiva (la Criminalità Organizzata non ha modo di resistere alla repressione dello Stato né ha le risorse economiche per fare concorrenza a uno Stato comunque molto più ricco; le partite di stupefacenti vietati vengono inesorabilmente sequestrate; furti e rapine non sono materialmente attuabili e la refurtiva non potrebbe essere riciclata; i limiti di velocità sono capillarmente sorvegliati; le Forze dell’Ordine hanno il Monopolio della Violenza; l’evasione fiscale non può proprio esistere perché non ci sono tasse né imposte, se non eccezionali); la rieducazione avviene in aree (semi)desertiche (per esempio, in Siberia) e il controllo è effettuato per mezzo di droni.

Alla prevenzione dei disastri dovuti al dissesto idrogeologico sono riservati enormi stanziamenti, ma – per così dire – naturalmente l’Uomo non è in grado di dominare e nemmeno di prevedere del tutto la Natura; così pure i fenomeni meteorologici estremi sono sufficienti a generare un clima di depressione e pessimismo, contro il quale la Politica ha una quantità limitata di mezzi. Su questo tema, lo scontro politico può essere della massima asprezza e forse è inevitabile che si arrivi a una stabile contrapposizione fra “Conservatori” (“Fisiocratici”) e “Progressisti” (“Tecnocratici”).

L’assenza di qualsiasi freno all’accumulo di ricchezza (se non gli incentivi, da parte dello Stato, al reinvestimento dei guadagni) può provocare, in queste condizioni, da un lato un arricchimento generalizzato (non solo medio, ma diffuso), dall’altro però anche forti disuguaglianze (pur senza povertà). Ciò ha tutte le probabilità di riflettersi in uno scontro politico fra “Egalitaristi” e “Libertarî”, che potrebbe investire anche le Chiese Cristiane.

Diffuso aumento della ricchezza e vasta estensione territoriale dello Stato costituiscono condizioni molto favorevoli per l’affermazione di una società coalescente, potenzialmente anche più di oggi e che, per reazione, potrebbe innescare la richiesta di limiti alla mobilità delle persone. Evidentemente, il Potere avrebbe tutto l’interesse alla costruzione di identità collettive nuove e “solidali”, ma la narrazione della Monarchia come espressione delle necessità del Popolo potrebbe comportare di accedere alle richieste basate sulle pulsioni identitarie locali e, di nuovo, conservative.

In un Mondo del genere, il Marxismo potrebbe formulare un ulteriore sviluppo dell’analisi del Modo di Produzione Capitalista, che qui sarebbe di fatto trasfigurato in forme nelle quali il Potere trascende la Lotta di Classe, dal momento che il Grande Capitale al contempo riceve l’assistenza dello Stato e ne subisce la concorrenza, perché non può competere in termini di Offerta di Lavoro; il Plusvalore continua a essere sottratto al Proletario, il quale però se lo vede abbondantemente compensato in forme di Servizi Pubblici e Assistenza Sociale (che rappresentano un elemento nuovo nel sistema, giacché questo non è più a Somma Zero).

.

Gli replica Alessio Mammarella:

Su quali basi di attribuiscono le nazionalità alle varie persone? (La svedesità di Putin mi è sembrata abbastanza logica, ma perché Xi Jinping sarebbe un suddito tedesco? Capisco che la Cina in un mondo unito sarebbe inevitabilmente stata colonizzata dagli europei, ma perché proprio "tedesco"? - consideriamo che se questa ucronia parte dal XII secolo, non è detto che Lutero e Fichte avrebbero prodotto il nazionalismo tedesco - e poi, perché "suddito" se siamo in una repubblica universale basata su criteri democratici?)

Vorrei poi esprimere la mia visione. Certamente un governo mondiale sarebbe l'unico modo per poter lottare contro la grande criminalità, che tanto per fare un esempio di avvantaggia molto dall'esistenza dei paradisi fiscali. Il problema è che la pluralità degli stati, se da una parte agevola i criminali, dall'altra rappresenta una via d'uscita per i dissidenti politici. Chiunque nel mondo sa che, se dovesse trovarsi sotto un tiranno, potrebbe fuggire da qualche altra parte. In caso di governo mondiale i cittadini avrebbero la certezza della sicurezza (sicurezza dalla criminalità) ma avrebbero anche il rischio della libertà (perché se fosse il governo mondiale a essere tirannico, dove si potrebbe mai fuggire? L'unica forma di fuga sarebbe il suicidio). Questa è la ragione per cui sono dubbioso sulla tesi che una repubblica mondiale sarebbe un obiettivo cui tendere.

Per quanto riguarda l'aspetto politico-idelogico di questa riflessione... io credo che, anche a voler ignorare la principale questione posta dalla Rivoluzione Francese (la tripartizione medievale della società in bellatores, oratores e laboratores) quest'ultima prima o poi sarebbe venuta fuori. Non credo proprio che si sarebbe potuti arrivare a idee socialdemocratiche saltando quel passaggio. Pertanto anche la struttura della repubblica mondiale, basata su un sistema nobiliare (regni, principati ducati...) sarebbe stata in discussione oppure sarebbe in discussione oggi. A farsi portatori di questo tema potrebbero essere quelli che sono stati chiamati tecnocratici e che certamente avrebbero in mente anche quelle idee di razionalità normativa e amministrativa che in HL sono state lanciate durante l'era napoleonica.

Sui temi economici... in questa riflessione l'assunto dominante è di sicuro quello neoliberista, ossia che la globalizzazione dei commerci sia una panacea di per sé, con la precisazione che l'inesistenza dell'evasione fiscale e l'eliminazione della criminalità organizzata dovrebbero servire a correggere i principali problemi dell'ordinamento economico attuale. Ebbene, pur non essendo io marxista, penso che la disuguaglianza sia un fattore che distorce i rapporti umani, e che quindi andrebbe non dico annullata, ma perlomeno tenuta sotto controllo. Io forse sarei un tecnocratico egualitarista.

.

Bhrihskwobhloukstroy ritorna alla carica:

Provo ad abbozzare non tanto delle risposte, quanto delle riformulazioni meno ambigue di quel che avevo inteso scrivere sui singoli punti elicitati.

La premessa è che, dopo parecchi anni di ucronie, alcuni di noi hanno sviluppato una tendenza a specializzarsi su certe in particolare, molto curate (come la Magellania o l’Impero Romano Feudale); anch’io, sia pure da un lato con molta meno cura e dall’altro senza condividerle in forma scritta (esplicita), rientro in questo novero e l’ucronia che ho qui presupposto è una delle poche che ho provato a sviluppare. Non si tratta dunque di una proposta di discussione sulla specifica ucronia (la lettura del cui svolgimento è infatti irrilevante), ma sulle idee politiche attuali, attraverso il contrasto con un Mondo alternativo.

L’ucronia fa da solo da contesto, per poter avere uno scenario alternativo specificabile in ogni particolare senza dover perdere tempo a discutere di dettagli fuori tema rispetto alla questione principale; ma ammetto volentieri che l’‘eccezione’ rappresentata dal Giappone costituisce una questione a parte. Sarebbe stata un’ucronia a sé nell’ucronia e tempo fa la volevo proporre da sola (ossia la classica «che cosa sarebbe successo al Giappone senza la Spedizione del Commodoro Perry?» collocata nel contesto di quella del Mondo unito dagli Asburgo-Lorena, dove non esistono né gli Stati Uniti d’America né l’Impero Britannico come lo conosciamo né le rivalità coloniali con la Russia e la Francia), ma ho poi deciso di includerla in questa discussione perché può essere funzionale al tema dello scontro politico, in quanto – forse solo con la condizione della persistenza del Sakoku – mette alla prova lo scenario del Mondo Unito inserendovi un’eccezione (la più verosimile, credo). Trovo molto interessante riflettere non solo su come sarebbe il Mondo Unito, ma su quale sarebbe lo scenario più vicino al nostro Mondo e nel quale però possiamo avere lo stesso risultato (del Mondo Unito)...

L’assunto dominante della riflessione non voleva essere (né credo che sia) quello neoliberista, in quanto la “panacea” non consiste nella globalizzazione dei commerci (condizione di sicuro insufficiente e forse perfino non necessaria), bensì nello Stato unico, che è una nozione da un lato molto più impegnativa e dall’altro non per forza liberista.

Tale Stato unico prende il nome di Repubblica perché la Rivoluzione Francese – se c’è stata (l’ho lasciato impregiudicato) – non ha avuto un’influenza decisiva come nella Storia nota e di conseguenza anche Repubblica ha conservato come accezione principale quella latina, che ancora aveva nell’Ancien Régime, di parasinonimo di ‘Stato’ (senza specificazione se monarchico o meno), così come Universale (questo era più chiaro ed è stato colto da tutti) non si riferisce al Cosmo, ma al solo Globo Terrestre (oltretutto soltanto nella dichiarazione, perché il Giappone non vi è incluso). Repubblica è quindi un semplice storicismo lessicale; la “Repubblica Universale” è in realtà un Blocco Politico-Militare costituito soprattutto da Monarchie. Nemmeno rappresenta «un obiettivo cui tendere» (o se non altro non viene qui proposto come tale), ma piuttosto un esperimento mentale – a fini contrastivi – che ritengo utile alla riflessione teorica sulla dinamica dell’interazione fra Politica e Ideologia; quanto poi al fatto che sia costituito per lo più da Monarchie, si tratta di un puro accidente dello sviluppo ucronico – che, ripeto, non è rilevante – per semplicità storica (naturalmente, siccome la Storia non è immobile, non è neppure la conservazione delle Monarchie di Antico Regime; si tratta di Monarchie di gran lunga più simili alle attuali e comunque – ancora una volta – se fosse stato possibile sviluppare l’ucronia con altrettanta facilità in direzione repubblicana l’avrei fatto).

Colgo però l’opportunità di una digressione sul dubbio relativo alla via d’uscita per i Dissidenti politici, perché questo fa parte della discussione cui miravo. È chiaro che è così: in uno Stato mondiale non c’è alcuna forma di fuga (non considero tale neanche il referente della parola che hai usato e che, per ragioni di famiglia, evito perfino di scrivere). Allora, però, allargherei il contesto alla più generale condizione che, nel Mondo, non vi sia nessun rifugio desiderabile, a prescindere dalla circostanza che il Mondo sia o meno diviso in Stati: anche adesso, per esempio, almeno per me – che non mi sento affatto di poter affermare di vivere in uno Stato libero – non c’è alcuna parte del Mondo in cui rifugiarsi (eppure di certo il Mondo non è unito).

Dunque il momento cruciale non è l’Unione, ma la Tirannide (e il suo rischio): dove c’è è indesiderabile, a prescindere dal resto. Il presupposto non esplicito è invece che il rischio della Tirannide sia maggiore in uno Stato unico (perché statisticamente un insieme di Stati ha meno probabilità di essere caratterizzato per intero dalla Tirannide), ma, quando ci si trova – come, credo, oggi (è una opinione che so non condivisa da altri fra i Destinatarî) – in una Tirannide diffusa dappertutto, il rischio teorico non ha più rilevanza, dato che ciò che si vorrebbe evitare è già presente.

Tengo a sottolineare che, ai fini dell’argomentazione, non ha importanza se la mia percezione sia corretta o no; quel che basta è che esista e questo è innegabile. Il fatto che altri non l’abbiano non cancella quello che ci sia chi la prova.

Tutto ciò è pertinente alla discussione, perché immagino appunto che l’opposizione politica attribuirebbe grande importanza al tema e, in particolare, desidererebbe la rottura dell’Unione, onde poter avere almeno la possibilità che si dia qualche Stato senza la (percepita) Tirannide. Questa è una novità rispetto ai punti che avevo immaginato; ci sarebbero dunque Partiti Indipendentisti (“Secessionisti” per la versione ufficiale) e raccoglierebbero il consenso di almeno una parte degli scontenti, soprattutto (in tal caso) libertarî; altri cercherebbero qualche forma di rifugio nelle aree del Pianeta meno abitate o – inevitabilmente – meno controllate dal Potere, come le Americhe o l’Oceania o l’Africa (in ordine cronologico di annessione).

Indipendentismi e Secessionismi presuppongono le Nazionalità. Qui sono attribuite sulla base della Geopolitica (a quale “Soggetto Federale” appartiene, in questa ucronia, il luogo di origine [della famiglia] delle persone nominate) e, per quanto riguarda Xí Jìnpíng, deriva dalle linee di spartizione della Cina postulabili nell’ucronia (è uno dei casi cui alludevo quando ho scritto di aver adottato quest’ucronia «per essere in grado di rispondere su ogni particolare», compresi quelli puramente esemplificativi come appunto la “nazionalità” di Xí Jìnpíng): tenute ferme le aree che nella Storia reale sono state assegnate agli Imperi Britannico, Russo &c., nel dubbio sulla sorte delle restanti Provinc(i)e Cinesi ho ritenuto di optare per una spartizione completa anziché (come invece col Congo in Africa) il mantenimento di una sorta di “Politica della Porta Aperta”, perché le annessioni ai grandi Imperi territoriali immediatamente adiacenti (Russia, Inghilterra, Francia) avrebbero richiesto una forma di compenso per quelli delle altre parti – non confinanti con la Cina – della Monarchia Cristiana, segnatamente per la Germania (qui intesa come Teilreich del Sacro Romano Impero) e, siccome il Xiàn (‘Contea’) di Fùpíng, donde è originaria la famiglia Xí, rientrava fra gli obiettivi del solo Secondo Reich nella Storia reale, ne ho tratte le conseguenze, limitandomi a presupporre l’equazione fra Primo e Secondo Reich.

Nazionalità non è Nazionalismo e perciò, ammesso e non concesso (ma se vogliamo ne possiamo volentieri discutere) che quest’ultimo nel caso tedesco sia stato crucialmente determinato da Lutero e Fichte, non ne consegue che lo sia stata anche la prima, senz’altro esistente da ben prima di loro (inclusa una sua consapevolezza nella coscienza dei Contemporanei), come pure – oserei aggiungere – lo stesso Nazionalismo (basta leggere gli Atti del Concilio di Costanza, ma ci potremmo spingere a epoche di molto anteriori).

La “Repubblica Universale” non è «basata su criterî democratici»; è il cieco prodotto della Storia geopolitica. Che poi, date queste condizioni, abbia visto l’emersione di forme istituzionali democratiche è un effetto delle Politiche del Consenso e della gestione dello Stato (come ritengo che sia avvenuto anche nella Storia reale), ma – senza effetti permanenti della Rivoluzione Francese – i Cittadini non sono tali, bensì restano, ahinoi, Sudditi, che ci piaccia o no (a me no). Questo lo scrivo perché mi rendo conto dell’equivoco che posso aver ingenerato e ne chiedo scusa. Ribadisco d’altronde che non ritengo «basata su criterî democratici» neppure la nostra attuale situazione (compresa, in ogni caso, l’attribuzione della Nazionalità) e quindi considero che il paragone fra questo fittizio scenario e il nostro Mondo rimanga lecito e sensato.

Regni, Ducati e Principati sono anch’essi il portato dell’ucronia: il Mondo si è unito (quasi tutto) così e perciò gli Attori di tale processo rimangono, così come nel nostro sono rimaste le Nazioni nelle forme in cui si sono determinate soprattutto nel Medioevo, pur trovandosi ormai (come i Regni, Ducati &c. di questa ucronia) in un contesto del tutto diverso e nel quale presentano un certo grado di anacronismo (la “Svizzera Lombarda” o “Italiana”, per esempio, è un caso di area linguisticamente compiutasi a partire dal XIII. sec. d.C. in base dall’andamento dei confini dei due Teilreiche del Sacro Romano Impero – entrambi spariti dalla Storia – e geopoliticamente determinata dai rapporti di forza militare fra i Dodici Cantoni e la Francia nella prima metà del XVI. secolo nonché fra gli Asburgo di Spagna e Austria da un lato e Francia e Svezia dall’altro nel XVII., ma oggigiorno continua a influenzare tanti aspetti della vita politica ed economica, dai confini dell’Unione Europea – che, tanto per dire, arrivano a costringermi a svuotare l’auto di qualsiasi prodotto commerciabile, ogni volta che devo attraversare il fiume sotto casa – al pendolarismo lavorativo, al prezzo della benzina e al turismo commerciale).

Anche questo è, almeno in parte, una novità rispetto ai punti che avevo immaginato; ci sarebbe un’opposizione “tecnocratica” al mantenimento dei confini interni tradizionali (fa parte dello scontro politico).

Una conferma delle previsioni la vedo nel tema della (dis)uguaglianza. Di per sé, lo Stato (Mondiale) non avrebbe l’obiettivo di tenere sotto controllo la disuguaglianza né di promuovere l’uguaglianza, ma, mentre anche di fatto non farebbe alcunché per quest’ultima, la disuguaglianza non avrebbe la possibilità reale di crescere senza limiti, perché l’inesorabilità delle Crisi di Sovrapproduzione porterebbe a continue nazionalizzazioni e l’assenza di significative politiche privatizzatrici (contrarie agli interessi del Potere, che qui è lo Stato in quanto tale, non come Comitato d’Affari della Grande Borghesia) determinerebbe un progressivo trasferimento del Grande Capitale allo Stato stesso, che diventerebbe il massimo Capitalista, al contempo però erogando il Benessere (evidentemente come strumento per il Consenso, ma pur sempre compensando con ciò la sottrazione del Plusvalore). Poiché anche l’Apparato Statale crescerebbe in proporzione, in questo processo le disuguaglianze fra gli uomini tenderebbero a essere contenute (benché non proprio “controllate”): i Grandi Capitalisti sarebbero sempre di meno e i Dirigenti dello Stato sempre di più.

Tuttavia, l’assenza di spettacolari disuguaglianze non eliminerebbe né la disuguaglianza in sé né quindi l’opposizione da parte degli Egalitaristi, che, per esempio, potrebbero insistere sulle Leggi Patrimoniali (in particolare sull’Eredità, che in questo particolare contesto non provocherebbe fughe di capitali giacché appunto non ci sarebbero Paradisi Fiscali o simili).

Lo scontro politico sulla disuguaglianza coinvolgerebbe anche la persistenza degli St(r)ati Sociali della Nobiltà e del Clero, anche se l’origine prima (o la ragione ultima) delle polemiche – le esenzioni caratteristiche dell’Ancien Régime – non sussisterebbe più, dato che, con la fine del prelievo fiscale, tutti sarebbero nella stessa condizione da questo punto di vista e le distinzioni sociali rimarrebbero semplicemente una questione di vuoto prestigio o poco più (dunque diverse rispetto a oggi solo da un punto di vista nominale).

Non so se ho correttamente interpretato le parole «saltando quel passaggio». In generale, non penso (ma non so se intendessi proprio questo) che per arrivare dall’Ancien Régime a idee socialdemocratiche fosse (e sia stato storicamente) indispensabile passare dalla Rivoluzione Francese e dalla Fase Napoleonica: significherebbe affermare che l’Illuminismo non avesse la forza sufficiente per imporre stabilmente una quantità (adeguata al Mondo) di «idee di razionalità normativa e amministrativa». Anche di questo potremmo volentieri discutere; però, per quanto riguarda l’ucronia, mi avvalgo del voluto silenzio sulla Rivoluzione Francese, che potrebbe pur aver avuto ugualmente luogo (e aver fallito più o meno come, almeno nel breve periodo, anche nella Storia reale); l’unica fase effettivamente assente è quella specifica napoleonica, perché i Buonaparte sarebbero stati... Sudditi austriaci, più o meno secessionisti, ma comunque non francesi.

.

In seguito Strataghemma ha aperto un'altra discussione:

Vi sfido a creare una linea temporale in cui esistano contemporaneamente l'Impero Romano (definito come uno stato che trasformi il Mediterraneo in un suo lago e che si ritenga discendente del potere di Roma magari con tanto di abitanti che si definiscono romani, per intenderci va bene anche un impero Ottomano che si prende la sponda nord, non sono importanti nè l'acroletto nè la religione di stato nè la forma di governo), gli Stati Uniti d'America (definiti come uno stato, non importa anche qui come è costituito, che abbia il dominio sui due continenti americani e che sia totalmente indipendente da stati del vecchio mondo, anche se può discendere da uno di loro), e l'Unione Sovietica (definita come uno stato socialista che possa affiancarsi agli altri due nominati prima nel rango delle superpotenze, non importa dove nasce nè quali lingue sono parlate a qualunque livello sociolinguistico). Punti bonus se i Romani, i Sovietici e gli Americani hanno una corsa allo spazio come nella nostra guerra fredda.

.

Gli replica Federico Sangalli:

La sfida è interessante. Il POD più semplice e più "conservativo" sarebbe che il SRI sia ricostituito al Congresso di Vienna in base al principio di legittimità dopo essere stato brevemente abolito da Napoleone. In questa TL la Germania non si unificherà mai perché sarà già "unita" (anche se non nel senso che conosciamo noi, basato sul concetto di stato-nazione, quale certamente il Sacro Romano Impero non era). Gli Asburgo conserveranno il titolo imperiale e entro la fine del regno di Francesco III (il nostro Francesco Giuseppe) sarà stata adottata una soluzione accentratrice e modernizzatrice secondo i confini previsti dalla nostra "soluzione grosso-tedesca". In questa linea temporale la Prussia rimane uno stato sottoposto a Vienna in quanto vassallo dell'Imperatore, sia perché gli Hohenzollern avevano sentimenti molto romantici nei confronti del vecchio impero (tant'è che nel 1848 rifiutarono la Corona imperiale proprio perché era stata offerta loro dal popolo e non da un'assemblea dei Grandi Principi Elettori abolita da trent'anni) sia perché un maggiore applicabilità del principio di legittimità non consegnerebbe loro le strategiche regioni renane con le loro miniere, industrie e forza demografica. L'unificazione italiana qua non si realizza perché il Regno di Sardegna non aveva la forza per battere neanche la sola Austria e le vicende del 1859 dimostrano che la Francia non avrebbe combattuto contro Austria e Prussia messe assieme. Semmai Napoleone III si fa promotore per unire gli altri stati italiani in una confederazione italiana a guida pontificia secondo il disegno neo-guelfo per guadagnare alleati da contrapporre a Vienna. In questa TL la Germania è guidata da Vienna, dunque non si getta nel riarmo navale cui gli Asburgo erano poco interessati perché rivolti verso i Balcani e il Mediterraneo e non verso l'Atlantico dove competere con la Gran Bretagna richiedeva mezzi adeguati. Londra e SRI non rompono, anzi si allineano sempre più, fino a siglare un'intesa da contrapporre al patto franco-russo. Lo scoppio della Grande Guerra vede l'SRI e l'Impero Britannico, alleati col Giappone e forse con l'Impero Ottomano e gli Stati Uniti, contrapporsi al Terzo Impero Francese, alla Russia zarista, a tutti gli stati italiani meno lo Stato Pontificio neutrale. La vittoria dei primi appare alla fine inevitabile data la superiorità delle forze in campo: la Russia cade e viene investita dalla Rivoluzione Bolscevica, trasformandosi nell'Unione Sovietica; la Confederazione Italiana è sciolta e i singoli stati diventano protettorati austriaci; ottomani e romano-imperiali si dividono i Balcani; la Francia diventa una fragile repubblica e viene umiliata. Le condizioni per una nuova guerra mondiale ci sono tutte ma, a queste condizioni, nel 1919 si realizzerebbero le condizioni da te richieste: esisterebbero gli Stati Uniti, addirittura gli stessi della nostra linea temporale, in grado di dominare con la loro influenza tutto il continente americano; esisterebbe un grande stato socialista denominato Unione Sovietica, molto simile a quella della nostra linea temporale, almeno in una prima parte. So che le versioni "conservative" spesso risultano poco creative, ma purtroppo provare a iniziare più indietro diventerebbe molto più complicato e forse richiederebbe anche delle forzature storiche per dare l'esito richiesto (e io sono un'ucronista che preferisce immaginare dai punti di partenza piuttosto che da quelli di arrivo, quindi non sarei molto adatto a farlo).

.

Strataghemma si informa:

L'Impero Romano da chi è rappresentato qui? Nè SRI nè Impero Ottomano mi pare che siano riusciti a controllare tutto il Mediterraneo, e comunque il fatto che siano divisi impedirebbe la loro identificazione come un'entità unica.

.

E Federico annuisce:

Hai ragione, avevi scritto Impero Romano e io avevo letto Sacro Romano Impero. Ma si può risolvere: vinta la Grande Guerra, la Confederazione Italiana di ideazione franco-italiana è sciolta e la Penisola ricade sotto il dominio imperiale, che così riprende i confini medievali e molto di più. L'Imperatore tornerebbe a farsi incoronare a Roma dal Papa. Questo impero andrebbe da Tunisi a Helsinki e da Calais a Valona, sarebbe dunque nella posizione ideale per dominare il Mediterraneo seppur in condominio con i britannici, che però con la decolonizzazione lascerebbero il campo all'Impero. Non essendoci un'altra potenza in grado di competere con esso, il Mediterraneo diventerebbe un lago imperiale quanto il Golfo del Messico è un lago statunitense.

.

Invece Shark Peddis suggerisce:

Per l'impero romano, io mi stavo immaginando dei Re Cattolici più attivi nel Mediterraneo (magari il Portogallo accetta di finanziare Colombo) con la complicità e il sostegno delle borghesie catalanofone e promettendo feudi alla nobiltà castigliana e aragonese (in generale, questa Corona spagnola sarebbe a trazione catalano-aragonese). Poi magari Carlo I (V imperiale) o Filippo fissa la capitale a Valencia, Barcellona o Napoli (o direttamente a Roma, almeno de iure?). Si completa conquista ducati Greci, e magari a sto giro si conquista Tunisi.
Non saprei come gestire la successione di Carlo, se viene divisa come in HL come minimo magari a Filippo non vengono date le Fiandre e quindi una seccatura in meno.

.

Ritorna alla carica Bhrihskwobhloukstroy:

Il Canto dei Longobardi

In vista delle celebrazioni del primo Centenario della fine della Guerra Prammatica (18. ottobre 1848), all’inizio di settembre dell’anno precedente S.M. Imperial-Regia Cesareo-Cattolico-Apostolica Ferdinando sempre Augusto in Cristo, Quarto, Quinto e Primo del Suo Nome, Imperatore e Autocrate dei Romani e di Tutte le Russie, Re Cristianissimo e Fedelissimo, Difensore della Fede &c. &c., dietro suggerimento del Cancelliere e Presidente del Consiglio dei Ministri Principe Clemente Venceslao Nepomuceno Lotario di Metternich-Winneburg (zu Beilstein), decide che nell’occasione e in tutte le successive sia opportuno che venga eseguito un inno ufficiale di Stato anche per il Regno Longobardo della Nazione Gallesca e dà ordine alla Plenipotenza in Pisa affinché si bandisca un concorso pubblico all’uopo.

Ne risulta vincitore, premiato dal Viceré di Lombardia, Corsica e Venezia Arciduca Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena, Il Canto dei Longobardi, composto fra l’8. e il 10. settembre 1847 dal Nobile Genovese e Sardo Goffredo Mameli dei Mannelli (col concorso del R.P. Atanasio Canata da Lerici) e musicato in tempo di quattro quarti nella tonalità di Si bemolle Minore dal conterraneo Michele Novaro.

La prima strofe (doppia quartina di senarî, il penultimo ipermetro per seguire la melodia) recita:

Fra noi Longobardi
Di stirpe Gallesca
E l’Austro-Germania,
L’Europa Tedesca,

Sia sempre Concordia,
Eterna l’Unione:
Grandissima Nazione
La Storia formò.

.

Chiudiamo per ora con l'originale contributo di Dario Carcano:

Dialogo tra Niccolò Machiavelli e Karl Marx

Machiavelli: Comunque, non sono d’accordo con molte cose della tua teoria.
Marx: Con cosa di preciso?
Machiavelli: Innanzitutto, la distinzione tra struttura e sovrastruttura mi pare quantomeno aleatoria. Tu sostieni che i rapporti di produzione, ossia la struttura, determinino la sovrastruttura, in cui rientrano diritto, religione, rapporti sociali. Esatto?
Marx: Sì, esatto.
Machiavelli: Bene, ma allora dove finisce la struttura e dove inizia la sovrastruttura? I rapporti di produzione sono stabiliti nel diritto, anche consuetudinario, che però tu consideri sovrastruttura. Tu consideri anche la religione sovrastruttura, eppure ci sono grosse differenze teologiche tra – per esempio – cattolicesimo e calvinismo nel rapporto tra uomo e ricchezza, e non sempre il passaggio dal feudalesimo al capitalismo ha visto anche il passaggio dal cattolicesimo al calvinismo. E anzi, il calvinismo è molto più capitalista di quanto il cattolicesimo sia feudalista. Quindi, ribadisco il mio punto: la distinzione tra struttura e sovrastruttura è totalmente arbitraria, e ogni marxista o presunto tale può aggiustarla a suo piacimento a seconda della propria agenda politica e della propria interpretazione del marxismo.
C’è poi un altro punto su cui sono in disaccordo: cosa impedirebbe ad una società socialista di non ricadere nelle stesse problematiche della società capitalista, in primis la nascita di tirannidi?
Marx: Sarebbero completamente diversi i rapporti di produzione. Innanzitutto, non esisterebbe più una gerarchia economica di una minoranza di capitalisti che detengono più potere economico (e quindi politico) della restante parte della popolazione; in secondo luogo, una società socialista sarebbe inerentemente più democratica perché il popolo eleggerebbe dei rappresentanti il cui unico compito è rappresentare, che potrebbero essere rimossi se andassero contro il volere del popolo.
Machiavelli: Tutte cose che sicuramente renderebbero più difficile la nascita di una tirannide, ma insufficienti a scongiurarla del tutto. Anche quando il potere è sulla carta distribuito egualmente tra tutto il popolo, sarà sempre una minoranza a gestire concretamente lo Stato; questa minoranza potrà essere più o meno allargata, e scelta con meccanismi più o meno democratici, ma sarà sempre una minoranza, e in quanto tale non sarà esente dalla progressiva degenerazione qualitativa delle minoranze al potere. Una minoranza mantiene il potere finché non emerge un'altra minoranza abbastanza organizzata da riuscire a mobilitare il popolo contro la minoranza al potere, e questo vale anche per le minoranze socialiste.
Marx: Ma nel socialismo questo cambio sarà possibile in maniera democratica.
Machiavelli: Caro Marx, una minoranza consente un’alternanza democratica solo ad una opposizione che sia parte della stessa minoranza al potere. Una minoranza altra rispetto a quella al potere sarà sempre ostracizzata, a costo di distorcere le procedure democratiche o ricorrere a metodi autoritari. Anche in una società capitalista.
Marx: Caro Machiavelli, parlate bene per essere uno che teorizzava il regno di terrore dei principi.
Machiavelli: Le voci sulle mie simpatie autoritarie sono largamente esagerate.
Marx: Lo so, però la vostra ammirazione per Cesare Borgia era molto reale.
Machiavelli: Ammiravo Borgia perché ritenevo fosse l’unica persona capace di unire l’Italia, e difenderla dai principi stranieri.
Marx: Il vostro pensiero è troppo influenzato dall’hic et nunc, e non tiene in considerazione le grandi correnti della Storia.
Machiavelli: E invece la vostra filosofia è troppo influenzata dalla grande Storia e perde di vista la Storia particolare. Si danno troppe cose per scontate già solo nel dire che esistano delle grandi correnti della Storia.
Marx: Ma è così. Le contraddizioni del sistema economico capitalista prima o poi renderanno possibile un rovesciamento del sistema da parte del proletariato e la creazione della società socialista.
Machiavelli: La Rivoluzione proletaria, come la chiami tu, sarà solo una minoranza che mobiliterà il popolo contro la minoranza al potere. Il tuo discepolo, Lenin, lo ammise implicitamente quando parlò del Partito come Avanguardia del proletariato.
Marx: E cosa ci sarebbe di male in questo?
Machiavelli: Di per sé nulla, solo che conferma ciò che sostenevo prima. Ossia che una società socialista non sarà esente alle dinamiche di potere che caratterizzano il dominio delle minoranze; e ti dirò di più: non lo sarà nemmeno una società comunista, perché anche nella più democratica delle società il potere sarà concretamente gestito da una minoranza.
Marx: Tu quindi sostieni che finché non cambieranno i popoli, e non nascerà un popolo davvero virtuoso, si ricadrà nelle stesse dinamiche di concentrazione di potere che caratterizzano la degenerazione di ogni regime, a prescindere dai rapporti di produzione e dal sistema economico.
Machiavelli: Sì, è esatto. Anche una democrazia socialista può degenerare in oclocrazia se la società non è guidata e istruita da uomini insigni. Proprio per questo la Repubblica romana è durata così tanto: perché ha avuto guide illustri che hanno saputo istruire il popolo.
Marx: La Repubblica romana è implosa quando il ceto di piccoli proprietari terrieri che costituiva l’ossatura dell’esercito repubblicano è stato mandato in rovina dai grandi latifondisti, non per un presunto peggioramento del ceto dirigente romano.
Machiavelli: Vero anche questo, ma i mutamenti economici sono solo una parte dei fattori che contribuiscono al cambio di regime e al rovesciamento di una minoranza.
Marx: Comunque, ti concedo che tu hai formulato una teoria rivoluzionaria molto migliore rispetto a quella di certi miei seguaci.
Machiavelli: E io che i comunardi parigini e i bolscevichi di Lenin sono stati ottimi applicatori del mio pensiero.

.

Per farci sapere che ne pensate, sctiveteci a questo indirizzo.


Torna indietro