Un posto al sole

di Federico Sangalli


Vi propongo una diversa storia del colonialismo italiano.

1869
Dopo molti sforzi, la spedizione del Capitano Cerruti ha successo e l'Italia riesce a fondare una colonia nella Papua Nuova Guinea settentrionale, con la funzione di colonia penale. Lo sviluppo di questa strategica base per il commercio di gomma, legni pregiati, lana australiana, the, petrolio e altri prodotti orientali subisce comunque un'impennata. Nello stesso periodo la Compagnia navale Rubattino acquista il porto di Assab, in Eritrea, per farne uno scalo per le rotte verso l'Estremo Oriente.

1882
Il governo italiano rileva la Baia di Assab dalla Rubattino ed inizia la creazione di una colonia in Eritrea. Dato il notevole traffico verso le proprie colonie in Estremo Oriente, l'Italia si impegna molto di più in Africa Orientale.

1890
L'Italia inizia la creazione anche della colonia di Somalia. Entrambe le colonie ottengono molti più fondi, più infrastrutture e migliori investimenti data la loro importanza nel mantenere i collegamenti con la Nuova Guinea Italiana, che ha nel frattempo toccato i trentamila abitanti.

1896 
La Battaglia di Adua si conclude con una grande vittoria italiana: l'Etiopia é sconfitta è ridotta a colonia. Menelik II va in esilio in Inghilterra mentre Crispi festeggia in pompa magna. 

1898 
La Guerra Ispano-Americana provoca un'impennata del prezzo del grano e causa tumulti a Milano e Torino ma il pugno duro di Crispi e l'entusiasmo per la vittoria in Etiopia evitano i Moti del Pane. 

1901
Non dovendo vendicare i morti di Milano, Gaetano Bresci rimane in America e Umberto I non viene assassinato. In compenso muore Francesco Crispi, ancora in carica dopo aver vinto le elezioni del 1897 e del 1900. Gli succede come Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, che inaugura un'era di grandi riforme e concessioni sociali.

1912 
Con la Guerra Italo-Turca voluta da Giolitti, l'Italia conquista la Libia ed il Dodecanneso. La sconfitta ottomana innesca le due Guerre Balcaniche, contribuendo a riattizzare i fuochi dei conflitti etnici della regione, che presto degenereranno in un conflitto mondiale. 

1913
Muore in esilio a Londra Menelik II, ultimo Imperatore d'Etiopia. Sua figlia Zewditu si dichiara legittima pretendente al trono etiope.

1914
L'assassinio di Francesco Ferdinando innesca la Prima Guerra Mondiale. Il filotedesco Umberto I preme per tener fede agli impegni con la Triplice Alleanza.

1915
Il 24 maggio l'Italia dichiara guerra all'Intesa (rimase celebre la canzone celebrativa "Le Alpi mormoravan"). Comunque le forze italiane sono poche e male armate e si limitano a rimanere impantanate nella guerra di trincea sui monti. 

1916
Dopo lunghi sforzi le truppe italiane del generale Luigi Cadorna riescono ad occupare Mentone. Gli inglesi inviano la pretendente al trono etiope Zewditu in Etiopia nella speranza di suscitare una rivolta anti-italiana ma il tentativo fallisce. 

1917 
I francesi contrattaccano e infliggono una dura sconfitta al Regio Esercito a Breil (Disfatta di Breil, che rimarrà nell'immaginario popolare come disastro per antonomasia). Tuttavia il bisogno di mantenere le forze anche contro i tedeschi impediscono di sfruttare il successo. Cadorna é comunque rimosso dal comando e sostituito da Armando Diaz. In Russia frattanto scoppia la Rivoluzione d'Ottobre contro il dispotico regime zarista. 

1918
Diaz riesce a rompere le linee francesi e conquista Nizza e Cannes. La Francia riesce a tener duro contro i tedeschi grazie al supporto militare americano ma non sono capaci di sconfiggere la macchina bellica. Tuttavia anche la Germania é sull'orlo del collasso a causa del blocco navale inglese e in entrambi i paesi si moltiplicano le manifestazioni contro la guerra. La Spagnola morte milioni di vittime. I contendenti esausti decidono pertanto che come "inutile strage" può bastare: la Pace viene firmata con la mediazione di Sua Santità Papa Benedetto XV a L'Aia, in Olanda, il 21 dicembre 1918. 

1919
Si tiene a Ginevra la Conferenza di Pace che sostanzialmente riconosce le posizioni conquistate dai due schieramenti o restaura lo status quo: la Germania deve evacuare la Francia ed il Belgio ma si ammette il Lussemburgo. Un plebiscito conferma poi l'Alsazia-Lorena alla Germania. L'Italia può tenersi Nizza e Cannes ma deve rinunciare alla Tunisia e una consultazione popolare conferma la Savoia alla Francia. Ad Oriente né la Germania né la Russia possono mantenere i territori dell'Europa Orientale per cui nascono Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia e Finlandia come nella nostra Storia. La Germania perde le sue migliori colonie, cioè Camerun e Tanganika (Tanzania), ma può tenersi il Togo e l'Africa del Sud-Ovest. Nasce la Lega delle Nazioni. 

1920 
In Germania i comunisti della Lega Spartachista tentano di rovesciare il Kaiser ma Guglielmo II schiaccia nel sangue la rivolta grazie alle baionette del FeldMaresciallo Paul von Hindenburg. L'Ammiraglio Alfred von Tirpitz, capo della Marina Imperiale e leader del partito ultranazionalista Partito della Patria, viene nominato Cancelliere: continua il regime monarchico, militaresco e reazionario tedesco. In Italia la crisi postbellica innesca una serie di agitazione politiche di matrice comunista e di violenze di piazza (Biennio Rosso): il neofondato Movimento dei Fasci di Combattimento ottiene sempre più potere e finanziamenti. Inghilterra e Francia riescono a reggere mentre Austria-Ungheria ed Impero Ottomano sono in profonda crisi. In Russia continua invece la Guerra Civile seguita alla Rivoluzione d'Ottobre.

1921
Si insedia il nuovo Presidente americano Warren Gamael Harding, repubblicano: gli USA ritornano nel loro splendido isolamento dopo la parentesi interventista di Woodrow Wilson. In Germania Tirpitz continua lo sviluppo della flotta e dei collegamenti coloniali: la nazione è troppo debole per sfruttare la sue già piccole ed impoverite colonie ma l'Africa del Sud-Ovest si rivela un'ottima destinazione come colonia penale per oppositori politici, in particolare comunisti.

1922 
Muore improvvisamente Carlo I, ultimo Imperatore d'Austria-Ungheria, lasciando il trono al neanche undicenne figlioletto Ottone: in breve l'impero collassa e le varie etnie proclamano l'indipendenza. Nascono così Ungheria, Cecoslovacchia e Galizia, mentre Croazia e Slovenia sono annesse alla Serbia, dando vita alla Iugoslavia. L'Austria mantiene invece la Monarchia come Regno d'Austria, con Ottone sotto reggenza. L'Italia decide di non avanzare pretese sui territori italofoni per evitare di aggredire l'alleato austriaco ma i Legionari Triestini di Gabriele D'Annunzio occupano Trieste, scatenando una crisi internazionale. I rivoluzionari di Mustafa Kemal Prendono infine il potere in Turchia, decretando l'abolizione dell'Impero Ottomano e il suo collasso: senza la vittoria dell'Intesa e gli Accordi Sykes-Picot non vi sono i mandati occidentali per cui nascono il Regno di Transgiordania (Giordania+Palestina), la Repubblica del Kurdistan, il Regno di Grande Arabia (Arabia Saudita+Kuwait+Iraq) ed il Regno della Grande Siria (con anche il Libano). In Russia i Bolscevichi di Lenin vincono la Guerra Civile Russa: nasce l'Unione Sovietica.

1923
Giolitti invia l'esercito contro D'Annunzio e schiaccia nel sangue il colpo di mano dei Legionari ma sfrutta la posizione di forza per trattare con l'Austria: Trento passa all'Italia mentre Trieste diventa una Città Libera. Tuttavia la propaganda fascista presenta la cosa come se il governo avesse rinunciato ad unire le terre irredente alla patria e soffia sul fuoco del nazionalismo. L'incidente di Corfù dello stesso anno, in cui Giolitti rinuncia a rispondere con la forza contro la Grecia, non fa che dare acqua al mulino dei fascisti.

1924
In atmosfera di caos e violenze e sotto l'onda del nazionalismo, il nel frattempo riorganizzato Partito NazionalFascista vince le elezioni, instaurando praticamente una dittatura grazie al braccio armato delle Camicie Nere. Il leader socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato i briglie le violenze, viene assassinato. Mussolini s'impegna subito per avere il potere assoluto (Leggi Fascistissime) e per adottare una politica estera più nazionalista. Muore Vladimir Lenin, Josif Stalin diventa dittatore dell'URSS.

1925
Mussolini fa occupare Trieste, costringendo l'Austria ad accettare il fatto compiuto.

1926
Senza la minaccia etiope alle spalle e con gli inglesi più deboli, il piano del Governatore dell'Eritrea Jacopo Gasparini va in porto: lo Yemen diventa un protettorato italiano con guarnigioni ad Aden e Socotra. 

1929
Ottone d'Austria diventa maggiorenne ed esce dalla reggenza, venendo incoronato primo Re d'Austria. Il potere è comunque in mano al Cancelliere Egelbert Dollfuss, leader di un movimento di ispirazione fascista. Con il Crollo della Borsa di New York inizia la Grande Depressione. 

1930
Muore il Cancelliere tedesco, Ammiraglio von Tirpitz: il Kaiser nomina suo successore il FeldMaresciallo Paul von Hindenburg. Muore anche Zewditu, pretendente al Trono d'Etiopia, sempre in esilio a Londra. Essendo priva di discendenza, la dinastia si estingue. 

1932
Franklin Delano Roosevelt vince le elezioni e diventa Presidente degli Stati Uniti: inizia il New Deal. In Germania si intensificano i violenti scontri tra fazioni politiche, in particolare contro il regime autocratico del Kaiser.

1933
Il Reichstag viene dato alle fiamme. Hindenburg proclama la Legge Marziale e mette fuorilegge tutti i partiti di estrema destra e di estrema sinistra, lasciando intatti solo conservatori, nazionalisti, cattolici e socialdemocratici, seppur ormai privi di potere. Migliaia di persone sono deportate o forzate ad emigrare nella colonia penale dell'Africa del Sud-Ovest, la cui popolazione tedesca incrementa notevolmente.

1934
Muore il Cancelliere von Hindenburg, il Kaiser nomina come successore l'ancora più reazionario e nazionalista FeldMaresciallo Erich Ludendorff. L'Agenzia Generale Italiana Petrolio (AGIP) rileva molti pozzi di petrolio in Mesopotamia ed ottiene generose concessione del Re Abdulaziz Ibn Saud, Sovrano della Grande Arabia. Senza le interferenze inglesi e la Guerra d'Etiopia, l'AGIP non perderà le proprie proprietà in Medio Oriente. 

1935
Con l'intenzione di distrarre la popolazione dal sostanziale fallimento delle politiche corporativiste fasciste (l'economia italiana non si è ripresa dalla Crisi del '29 e continua ad essere fondata sull'agricoltura latifondista che fornisce metà degli occupati), Mussolini decide di fondare il tanto agognato "Impero": il Regio Esercito, guidato dal Maresciallo Pietro Badoglio, invade pertanto l'Albania. In realtà la prima scelta sarebbe stata la Iugoslavia ma l'opposizione delle altre nazioni europee ne ha sconsigliato per il momento l'invasione. Mussolini inizia pertanto a lavorare sul suo progetto di un "Asse Mediterraneo" a guida italiana. Scoppia la Guerra Civile Spagnola tra le milizie falangiste di Francisco Franco e il governo repubblicano.

1936
Ludendorff (che fu a favore dell'Anschluss) é un ultranazionalista è un pangermanista convinto e pertanto appoggia un tentativo di colpo di stato mirato ad unire l'Austria alla Germania: Dollfuss viene ucciso ma la mobilitazione italiana costringe la Germania a non portare a termine il piano. Il braccio destro di Dollfuss, Kurt Schuschnigg, diventa il nuovo Cancelliere e forma immediatamente un'alleanza con l'Italia.

1937
Amareggiato, muore il Cancelliere tedesco Ludendorff, il Kaiser nomina il Generale Kurt von Schleicher nuovo Cancelliere. Bulgaria ed Ungheria firmano a loro volta alleanze con l'Italia in funzione anti-comunista e anti-iugoslava.

1939
Termina la Guerra Civile Spagnola con la vittoria repubblicana, grazie al mancato appoggio nazista a Franco, che viene fucilato. Il governo repubblicano lancia una massiccia purga di tutti quegli elementi politici e militari affiliati ai falangisti golpisti ma anche di molte organizzazioni anarchiche e comuniste resesi responsabili di crimini di guerra durante il conflitto: la colonia del Rio d'Oro viene adibita pertanto a colonia penale. 

1940
L'Unione Sovietica attacca la Finlandia nella Guerra d'Inverno, riuscendo infine a sconfiggerla. Mussolini intuisce come la paura per il Comunismo possa effettivamente dargli carta bianca purché mantenga Stalin fuori dal Mediterraneo e dichiara guerra alla Iugoslavia con la scusa di un innocuo incidente di confine. Ungheria, Bulgaria ed Austria partecipano al conflitto in alleanza con l'Italia. Senza Seconda Guerra Mondiale Roosevelt non si ricandida ad un terzo mandato e gli succede il suo Segretario di Stato, Corden Hull.

1941 
La Iugoslavia si arrende dopo una onorevole resistenza e viene smembrata dai vincitori: 
Istria e Dalmazia direttamente all'Italia, il Kosovo al Regno di Albania, viene restaurato il Regno di Montenegro con Vittorio Emanuele III come sovrano (essendo sua moglie Elena di Montenegro) mentre viene creato il Regno di Croazia con Amedeo di Savoia-Aosta come Sovrano; la Slovenia va all'Austria; la Vojvodina all'Ungheria; la Macedonia alla Bulgaria. La Grecia é molto preoccupata e il suo dittatore, il Generale Ioannis Metaxas, stringe una solida all'alleanza con l'Inghilterra. Muore il Kaiser Guglielmo II, gli succede il figlio Federico IV, decisamente più liberale del padre. Il Giappone frattanto attacca Pearl Harbour, dando inizio alla Grande Guerra del Pacifico contro gli USA.

1942
Stalin, preoccupato (visto quanto era paranoico non è che ci volesse tanto) per la massiccia levata di scudi in difesa della Finlandia, decide che si avvicina l'ora di confrontarsi che le potenze capitaliste e inizia a preparare l'Armata Rossa in tal senso. A Roma Enrico Fermi dà vita alla prima reazione nucleare controllata, da cui poi crea il primo reattore nucleare della Storia. Grande successo scientifico per l'Italia Fascista.

1943
Usando come scusa gli scontri etnici tra polacchi ed ucraini nella Repubblica di Galizia, Stalin lancia l'Operazione Bagatrion, ovvero l'invasione della Polonia. Inghilterra, Germania, Italia e Francia dichiarano guerra all'Unione Sovietica ma poco possono fare mentre il Generale Zhukov conquista Varsavia, Bucharest, Budapest e Belgrado, oltre ai Paesi Baltici. Il Kaiser Federico IV decide di legalizzare i partiti messi fuori legge dieci anni prima, tranne il Partito Comunista, per formare un governo di unità nazionale.

1944
Vienna ed Atene vengono conquistate dalla armate sovietiche. Un grande battaglia avviene alla porte di Berlino e vede la vittoria dei sovietici che occupano la capitale tedesca: il Cancelliere von Schleicher combatte fino alla morte tra le macerie della Cancelleria; Federico IV riesce a rifugiarsi invece ad Aquisgrana ove nomina nuovo Cancelliere il cattolico Franz von Papen. La difesa del Reno è affidata al Generale Erwin Rommel, supportato dai reparti migliori (cioè quelli che hanno comandanti abbastanza intelligenti da essere sopravvissuti al rullo compressore sovietico) francesi ed inglesi, guidati rispettivamente da Charles de Gaulle e da Bernard Montgomery: la linea di difesa regge. A Sud Tymoshenko si spinge fino in Veneto, annientando le truppe di Badoglio, mentre il Generale Giovanni Messe organizza una linea di difesa sul Piave. Nel Pacifico intanto gli USA hanno condotto la guerra più speditamente, visto che non hanno anche il fronte europeo da gestire, e il 6 giugno lanciano l'Operazione Overlord, ovvero l'invasione diretta del Giappone con altissime perdite. Invaso ed occupato, l'Impero del Sol Levante capitolerà definitivamente solo l'anno seguente.

1945
Gli Alleati riescono a lanciare una controffensiva che obbliga i sovietici a ripiegare oltre l'Elba mentre in Italia fallisce il loro tentativo di varcare il Piave. Il 6 agosto la prima atomica italiana viene sganciata su Belgrado, annientando de facto il Fronte Balcanico. Il 9 un secondo ordigno, lanciato da una base aerea finlandese, colpisce direttamente Mosca, uccidendo Stalin ed il suo entourage. L'URSS chiede la resa che viene firmata a bordo della Corazzata Hood nel Porto di Leningrado il 1 settembre 1945.

1946
La successiva Conferenza di Aquisgrana, a cui partecipano l'inglese Clement Attle, il francese Pierre Laval, il tedesco Franz von Papen e l'italiano Benito Mussolini, definisce le condizioni di pace postbelliche: l'URSS viene sciolta e da essa nascono Ucraina, Georgia, Armenia, Azerbaijan, Tannu Tuva, Kazakhstan, Turkmenistan, Basmakistan e Repubblica Federale Russa, con capitale San Pietroburgo. La Polonia si annette la Galizia e l'odierno Bielorussia. Gli Stati Baltici sono restaurati e la Finlandia riottiene i confini del 1940 con in più Kola e Karelia. La Romania guadagna la Moldavia ed il porto di Odessa. Vengono anche definite le zone d'influenza: la Germania stringe accordi con Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia, dando vita alla Seconda Lega Anseatica; l'Italia conferma le sue alleanze con Austria, Ungheria, Bulgaria, Albania, Montenegro, Yemen e Croazia e vi integra anche il Portogallo di Antonio Salazar, la Romania di Ion Antonescu e la Turchia di Inonu, creando il Patto di Roma; la Francia e l'Inghilterra, che non si fidano né di Berlino né di Roma, danno vita invece alla NATO con l'aggiunta della Spagna e successivamente dell'Olanda e del Belgio. 

1948
Dopo il massacro dovuto all'invasione del Giappone, l'opinione pubblica si schiera decisamente contro ogni coinvolgimento internazionale: il repubblicano Robert Alphonse Taft, fervente isolazionista, vince le elezioni e torna a chiudere gli USA in se stessi. Con il collasso del regime totalitario sovietico, moltissimi ebrei in fuga dai pogrom (anche molti nazionalisti anti-sovietici erano antisemiti) iniziano a riversarsi in Palestina sotto la guida del Movimento Sionista. La posizione accondiscendente degli inglesi e la ventata di retorica anti-colonialista postbellica inizia ad incrinare le posizioni britanniche in Medio Oriente.

1949
Dopo una lunga guerra civile, le forze nazionaliste di Chiang Kai-Shek vincono contro i comunisti di Mao Tse-Tsung e proclamano la nascita della Repubblica di Cina Nazionale. Con due test nucleari nel New Mexico e nel Mare del Nord frutto del lavoro di Robert Oppenheimer e di Heisenberg gli USA e la Germania diventano potenze nucleare alla pari con l'Italia. 

1951
Muore il Kaiser Federico IV, gli succede suo figlio Federico V, mecenate e liberale. Egli costringe il pur sempre autoritario von Papen alle dimissioni e lo sostituisce con un nuovo Cancelliere, sempre cattolico, il Sindaco di Colonia Konrad Adenauer. 

1952
Anche l'Inghilterra testa il suo primo ordigno nucleare. Joseph Patrick Kennedy (padre di JFK) riesce a sconfiggere l'isolazionista Taft e a diventare Presidente: egli propone per la prima volta l'idea di creare un "Comitato Direttivo" della Lega delle Nazioni guidato dalla Grandi Potenze. 

1955 
L'AGIP scopre il petrolio in Libia. Iniziano limitati investimenti volti a creare un'industria petrolifera nazionale, tuttavia dato la grave crisi economica postbellica (niente Piano Marshall) il regime incoraggia la migrazione nelle colonie in vista di opportunità migliori e ovviamente la Libia è presentata come il paese dei bengodi: quasi due milioni di italiani si trasferiranno negli anni successivi nelle colonie. 

1956
Il nazionalista con sfumature socialiste Gamal Abdel Nasser prende il potere in Egitto, proclama la Repubblica e nazionalizza il Canale di Suez: Inghilterra e Francia si oppongono e minacciano l'opzione militare ma l'Italia si schiera con l'Egitto e gli anglofrancesi devono fare retromarcia. Il risultato d'immagine è notevole, Mussolini si presenta come il difensore delle nazioni arabe dalle mire della NATO: la Grande Arabia, con cui già l'AGIP conclude affari d'oro, e l'Egitto si allineano con l'Asse. Per controbilanciare invece Transgiordania ed Iran si accordano con gli inglesi. Fallita rivolta democratica in Ungheria, repressa delle milizie fasciste. La crisi nucleare sfiorata a Suez convince i più ad accettare la proposta di Kennedy Sr: il neonato "Comitato di Sicurezza" della Lega delle Nazioni è formato dalle principali potenze nucleari, ovvero Italia, USA, Germania ed Inghilterra. 

1957
Muore l'Ammiraglio Miklos Horthy, dittatore dell'Ungheria dal 1922, gli succede come leader magiaro Ferenc Szalasi. A Ratisbona si incontrano il Re d'Austria Ottone I ed il Cancelliere tedesco Konrad Adenauer: nasce la Comunità Economica MittelEuropea (CEME), comprendente anche Polonia, Cecoslovacchia, Belgio ed Olanda. Sotto protezione italiana viene creata la Provincia Autonoma Ebraica, con capitale Tel Aviv.

Federico Sangalli

Le colonie italiane (cliccare sull'immagine per ingrandirla)

Le colonie italiane (cliccare sull'immagine per ingrandirla)

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Questo è il commento di Bhrihskwobhloukstroy:

Non ho capito in che cosa consistano il maggior impegno dell'Italia per vincere la Battaglia di Adua. La Prima Guerra Mondiale si conclude in modo squilibrato:
1) perché le Rivoluzioni in Russia avvengono più tardi se la Triplice è più forte?
2) che senso ha proclamare la pace dell'Aia sulla base dell'ŭtĭ pŏssĭdētĭs se poi l'Austria perde tutto, la Germania perde tutto (pure il Tanganjika) tranne il Lussemburgo e l'Italia guadagna ciò che non ha mai occupato (Corsica) o comuqnue ci prova con un plebiscito (Savoia)? D'altra parte non è neanche stătŭs quō ăntĕ, v. Russia e Francia
3) perché Carlo I si ammala, se non va in esilio?
4) perché crollano gli Imperi Austriaco e Ottomano, senza una sconfitta militare? Addirittura in Ungheria non rimangono nemmeno gli Asburgo...
5) perché l'Austria si accontenta di un pezzo di Slovenia?
...e in ogni caso è totalmente escluso che il Regno d'Italia ottenga Nizza e la Corsica, è letteralmente impossibile soprattutto se la Storia va per il resto come è andata.

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Gli replica Federico:

Maggior impegno ed attenzione verso la colonia dell'Eritrea in particolare e secondariamente anche verso quella di Somalia, in questa TL la costituzione di colonie in Estremo Oriente rende necessario il rinforzamento di quelle del Corno d'Africa come indispensabili trampolini di lancio verso l'Oriente. I traffici commerciali contribuiscono poi a migliorare infrastrutture ed economia locali mentre Roma vi dedica maggiori risorse (più uomini, più coloni, più denaro,....) data la maggiore importanza strategica di queste. Riguardo invece alla Prima Guerra Mondiale:
1) la Rivoluzione d'Ottobre non avviene più tardi, scoppia nel 1917 come in HL, non lo citata solo perché appunto continuava come nella Storia nota. Sotto il 1920 ho semplicemente scritto "In Russia continua la Guerra Civile seguita alla Rivoluzione d'Ottobre" ma non ho specificato quando questa sia scoppiata. Credo sia stata una mia mancanza, me ne scuso, la Rivoluzione scoppia comunque nel 1917 (l'Italia non valeva molto e ha comunque impegnato tutte le sue forze sul fronte occidentale, mentre gli austriaci avevano già dato prova che coi russi era meglio se stavano sulla difensiva e seguivano le direttive tedesche).
2) É ovvio che una "Conferenza di Pace" includa la mediazione dei punti più controversi: la Francia non avrebbe mai accettato niente di meno dei confini del 1914 e allo stesso modo l'Inghilterra mai avrebbe accettato l'annessione tedesca del Belgio (erano entrati in guerra per quello) sia per il suo ruolo da cuscinetto sia perché Anversa è ad un centinaio di miglia in linea d'aria da Londra, l'Austria non perde nulla, collasserà successivamente, la Germania (che ha perso tutto il suo impero coloniale durante la guerra, occupato dall'Intesa) si vede restituite le colonie del Togo e dell'Africa del Sud-Ovest, mantiene l'Alsazia-Lorena e si annette il Lussemburgo (e magari anche un pezzetto di Ardenne), per una nazione sull'orlo della catastrofe é un ottimo affare. La Corsica all'Italia é un di più, si potrebbe anche evitare, l'ho inserita solo nell'ottica dei referendum dei territori di confine. 
3) Poteva ammalarsi di polmonite in Austria come in Portogallo, la malattia non era legata ad un'epidemia locale ma al clima e in tal senso i monti del Tirolo sarebbero più freddi delle coste portoghesi. In ogni caso, anche se evitasse la malattia, Carlo I morirebbe ugualmente nel 1934 se non prima per mano di ultranazionalisti slavi (come capitò a Re Alessandro di Yugoslavia che aveva contro solo i macedoni, figurarsi quindi uno che ne ha contro otto, di popolazioni).
4) Anche se sono riusciti a sedersi al tavolo dei negoziati, la sconfitta Vienna ed Istambul l'hanno avuta eccome. Entrambi si sono rivelati fragili e spaccati al loro interno, non hanno guadagnato nulla dalla guerra e anzi hanno bruciato buona parte delle loro forze in questa: nella nostra Storia esplosero subito dopo la guerra, qui sopravvivono di pochi anni, non credo che nel 1919 fossero ancora salvabili, non più della Monarchia francese nel 1793. Comunque io non ho scritto delle condizioni dell'Ungheria, è possibilissimo che gli Asburgo rimangano Re Apostolici ma come in HL l'Ammiraglio Miklos Horty (o le Croci Frecciate) impedirebbe il reale insediamento e si proclamerebbe Reggente.
5) L'Austria guadagna "solo" la Slovenia per due motivi principali: il primo é che le nazioni vicine, che hanno tutte avuto dei trascorsi in proprio amichevoli con Vienna meno di quindici anni prima, preferiscono andare cauti e non aiutarla troppo, il secondo é che geograficamente non può ottenere di più, nel senso che ad Ovest sta l'Italia (Istria) e a Sud la Croazia, fantoccio dell'Italia stessa, mentre ad Est sta l'Ungheria. Semplicemente oltre alla Slovenia l'Austria non può aspirare a nient'altro.

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A questo punto Sparta propone:

Socotra è un'isola geograficamente africana, politicamente yemenita, quindi asiatica. E se l'Italia la conquistasse a fine ottocento per avere un maggior controllo di quella zona di mare e per eliminare i pirati Somali? Potremmo conservare l'isola ancora oggi?

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Enrico Pellerito gli risponde:

Anche senza il qui immaginato possesso italiano dell'arcipelago in questione, la base navale di Massawa (Massaua) consentiva di mettere in crisi il sistema navale militare e commerciale britannico nel Mar Rosso e Oceano Indiano, qualora, però, fossero state presenti notevoli forse aeronavali e tutta l'A.O.I. in grado di potersi difendere senza dover aver bisogno di rifornimenti dalla madrepatria. Dobbiamo quindi, dare per scontata o la neutralità italiana durante il secondo conflitto mondiale o meglio ancora, per come specifico oltre, una diversa scelta di campo.

Stabilito questo, affinché il piccolo arcipelago resti ancora al giorno d'oggi territorio italiano, necessita, come è stato detto, una netta prevalenza di italiani di ceppo bianco rispetto alle altre etnie presenti (situazione concretizzatasi attraverso il massiccio afflusso di coloni e la deportazione o l'allontanamento degli autoctoni); l'indipendenza come aspirazione, prescindendo dal fatto che i discendenti di questa maggioranza importata dall'Italia restino o meno legati alla patria d'origine, non è facilmente sostenibile, necessitando l'arcipelago di svariati supporti logistici che solo un'entità politica organizzata potrebbe soddisfare.

L'economia delle isole si basa tuttora su agricoltura, allevamento e pesca, mentre il turismo è allo stato embrionale e lo Yemen finora non è stato molto provvido a pianificare lo sviluppo locale con programmi di ampio respiro.

Possiamo immaginare che, invece, questo lo faccia l'Italia, specialmente durante gli anni di un boom economico successivo ai risultati ottenuti grazie anche al Piano Marshall.

Ricordo che del programma in questione ne beneficiarono tutti i paesi europei al di fuori dell'egida di Mosca, ad eccezione della Finlandia (per pressioni sovietiche) e della Spagna, che scottava così la sua ambigua posizione politica durante il conflitto; per questo è preferibile che l'Italia scelga di schierarsi con gli Alleati, ma al riguardo sappiamo che il discorso è molto complesso. Certamente oggi l'arcipelago sarebbe una meta importante per il turismo italiano e internazionale, conferendo cospicue entrate e solo di fronte a ciò alcuni ambienti locali, sebbene di origine italiana, potrebbero pensare ad un'indipendenza, ritenendo il grado di sviluppo economico raggiunto bastevole a garantire quei supporti logistici di cui ho accennato; probabilmente, però, la vera leva sarebbe in mano a società e gruppi finanziari provenienti da fuori e se questi sono italiani, qualsiasi questione di autonomia politica sarebbe fuori discussione.

Si potrebbe ipotizzare che, a causa dell'attuale crisi economica, quote azionarie delle dette società possano finire in mano a capitalisti di altre nazioni, in primis provenienti dalla penisola araba. A questo punto le eventuali discussioni di un'indipendenza dell'arcipelago vedrebbero con sospetto l'influenza araba sulla questione, provocando anche un fronte locale avverso ad un cambiamento politico che, di fatto, secondo me comporterebbe un'indipendenza politica di mera facciata, configurandosi, semmai una reale subordinazione gestionale da parte di nazioni quali l'Arabia Saudita, l'Oman, gli Emirati, il Qatar.

Concludo considerando possibile un aspetto che è oggi di importanza notevole, cioè quello che vedrebbe l'arcipelago di Socotra territorio nazionale italiano, meta da parte di molti migranti "illegali" provenienti dall'Africa. Avremmo, quindi, una "Lampedusa" nell'Oceano Indiano.

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Lord Wilmore aggiunge:

Mi è venuto in mente che Socotra potrebbe ospitare il Poligono Spaziale Italiano: l'Italia fu la terza nazione, dopo URSS ed USA, a lanciare nello spazio un satellite artificiale. Che ne dite?

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Anche Generalissimus dice la sua:

Un'altra Provincia d'Oltremare potrebbe essere l'isolotto di Clipperton, che permetterebbe all'Italia di avere diritti di pesca nel Pacifico. Come farebbe l'Italia ad ottenerlo? Comprato da Cavour, se è furbo (in HL voleva comprare Principe).

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Interviene William Riker:

Secondo me, con un po' di fortuna che le è mancata, l'Italia poteva ottenere anche di più di così. Io propongo:

Invece le colonie italiane di Costa d'Avorio (ex genovese), Tunisia, Libia, Eritrea, Etiopia, Somalia, Borneo Settentrionale e Samoa Italiane sono divenute indipendenti tra il 1951 e il 1962. Il Regno d'Italia conserva ancora oggi l'isolotto di Saseno, di fronte a Valona, annesso alla Provincia metropolitana di Lecce.

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A questo punto, Federico Pozzi fa notare:

Scusami, ma tutto questo non prevede deportazione di italiani sulle nuove colonie, massicci stermini di massa della popolazione locale, continuazione della linea politica Graziani-Badoglio in Libia, campi di concentramento nella Sirte dove i libici muoiono come mosche per denutrizione, torture, impiccagioni estemporanee, malattie e sete? Oltre, ovviamente, alla vittoria del Fascismo e del Nazismo nella Seconda Guerra Mondiale... un incubo!

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Il nostro Webmaster allora corregge il tiro:

Ehm... scusatemi, mi sono reso conto che, facendo l'elenco dei territori d'oltremare ancor oggi posseduti dall'Italia, mi ero dimenticato la premessa fondamentale. Niente Fascismo eterno, niente campi di prigionia dove libici ed etiopi sono sterminati, niente ucronia moralmente discutibile. Tanto per cominciare, il 12 maggio 1881 con il Trattato del Bardo gli italiani precedono i francesi in Tunisia, poi vincono ad Adua e l'Abissinia è ridotta a protettorato con un Negus fantoccio. Mussolini muore durante la Prima Guerra Mondiale, Dino Grandi resta socialista, Italo Balbo non fa il Ras di Cremona ma va a combattere la ribellione in Etiopia, scoppiata alla fine della Grande Guerra; Balbo la stronca e riduce l'Etiopia a colonia. Nel 1922 la Marcia su Roma organizzata da Gabriele d'Annunzio è facilmente stroncata dall'esercito regolare, il Vate va in esilio a Parigi gridando: "Ingrata patria, non avrai le mie ossa!" Le elezioni consegnano la maggioranza assoluta al Partito Popolare di Don Sturzo, il "pericolo rosso" è scongiurato, nuovo Presidente del Consiglio è Giorgio Montini (padre del futuro Papa Paolo VI). Breve parentesi di governo del Fronte Popolare, guidato da Filippo Turati, Giacomo Matteotti e Antonio Gramsci, negli anni '30, ma dura poco come in Francia, poi il PPI torna al governo. Il 3 settembre 1939 Francia, Regno Unito e Italia dichiarano guerra alla Germania Nazista, ma l'Italia è la prima ad essere invasa dal Brennero. Re Vittorio Emanuele III e il Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi fuggono a Tunisi, si instaura un governo fantoccio (Repubblica Sociale Italiana) guidato da Roberto Farinacci e Alessandro Pavolini. Dopo varie atrocità da ambe le parti gli Alleati liberano l'Italia che resta una monarchia, ottiene un seggio permanente all'ONU, fino al 1950 occupa Tirolo e Voralberg e strappa la Dalmazia fino a Dubrovnik/Ragusa alla Jugoslavia di Tito. Nel dopoguerra, grazie agli studi di Enrico Fermi e Ettore Majorana, il Regno d'Italia si dota dell'arma atomica compiendo esplosioni sperimentali nel deserto libico ed entrando nel "club atomico". Nel 1949 l'Italia aderisce alla NATO e nel 1957 alla CEE, della quale oggi è pilastro portante insieme a Francia e Germania riunificata. Oggi, grazie alle ex colonie, l'Italia ha una rapporto Deficit/Pil dell'80 % e non del 130 %. Che ne dite?

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E Federico Sangalli aggiunge:

Va decisamente meglio. Ecco i Presidenti del Consiglio dal 1922 in poi:

Luigi Facta, 1922-1924, Liberale, ultimo governo del Partito Liberale.
Giorgio Montini, 1924-1934, Popolare, primo governo del Partito Popolare.
Filippo Turati, 1934-1937, Socialista Unitario, parte del Fronte Popolare, primo governo di Sinistra d'Italia, morto in carica.
Alcide De Gasperi, 1937-1954, Popolare, tra il 1940 e il 1948 in Governo di Unità Nazionale come Capo del Governo Provvisorio dell'Italia Libera, il Presidente del Consiglio con il più lungo mandato della Storia d'Italia (17 anni) e il primo sotto la nuova Costituzione del '46, morto in carica.
Enrico Scelba, 1954-1958, Popolare
Amintore Fanfani, 1958-1963, Popolare
Aldo Moro, 1963-1968, Popolare
Mariano Rumor, 1968-1973, Popolare
Giulio Andreotti, 1973-1983, Popolare
Ciriaco De Mita, 1983-1988, Popolare
Arnaldo Forlani, 1988-1992, Popolare, dimessosi a seguito dello Scandalo Tangentopoli.
Carlo Azeglio Ciampi, 1992-1993, Indipendente, primo governo tecnico della Storia d'Italia e primo governo non a guida popolare dopo 55 anni.
Silvio Berlusconi, 1993-1996, Forza Italia, dimessosi per contrasti interni alla coalizione di governo.
Lamberto Dini, 1996-1998, Lista Dini, all'interno della stessa coalizione che sosteneva il primo governo Berlusconi.
Romano Prodi, 1998-2008, Partito Cristiano-Sociale, all'interno della coalizione L'Ulivo.
Silvio Berlusconi, 2008-2011, Forza Italia.
Mario Monti, 2011-2013, Indipendente, secondo governo tecnico della Storia d'Italia.
Pierluigi Bersani, 2013-2014, Democratico, dimessosi per motivi di salute.
Matteo Renzi, 2014-2016, Democratico, nominato Presidente del Consiglio dopo le dimissioni di Bersani, e dimessosi dopo la pesante batosta elettorale dovuta alla sconfitta sul referendum costituzionale.
Paolo Gentiloni, 2016-2018, Democratico, nominato dopo le dimissioni di Matteo Renzi.
Giuseppe Conte, 2018-attualmente in carica. Sostenuto dal Movimento 5 Stelle, dai Democratici e dalla Sinistra radicale.

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Anche Alessio Benassi dice la sua:

Ecco come si poteva realizzare la conquista italiana dell'Etiopia nell'ottocento. Nel 1869 l'esploratore Giuseppe Sapeto acquistò la baia di Assab sulla costa eritrea, per conto della compagnia Rubattino. In questo POD viene acquisto anche il territorio di Gibuti con il medesimo scopo.
La proprietà italiana su quelle terre viene ufficializzata nel 1882, il governo Menabrea invia un contingente a consolidare il territorio, infatti lo stato italiano ha acquistato la baia di Assab, di Gibuti e di Massaua.
Grazie all'accordo con il Negus Giovanni IV, il Regno d'Italia crea la colonia "primogenita" d'Eritrea.
Il controllo italiano di Gibuti, impedisce il rifornimento di armi al Negus, invece garantito nella nostra TL.
Il Negus Menelik II non ripudia il trattato di Uccialli, l'Italia si assicura il protettorato sull'Abissinia.
Intanto, nel 1889 il governo italiano pone le sue basi sulla costa somala, acquisendo diritti dai sultanati di Obbia e Migiurtina, occupando anche Mogadiscio al sultano di Zanzibar.
Fatta eccezione della Somalia britannica, l'Impero etiope è totalmente circondato dalle colonie italiane, Colonia d'Eritrea a Nord e Colonia di Somalia a sud.
In seguito ad una sempre maggiore avanzata italiana in Tigrai, Menelik tenta di allearsi con Ras Mangascià, ma questi in accordo con gli italiani si ribella al Negus per spodestarlo. Il Negus Menelik cade in battaglia contro, Mangascià diviene Negus come Giovanni V, riconosce il trattato di Uccialli e l'acquisizione di dominio sul Tigrai e sul Ogaden che viene annesso alla Somalia.
Nel 1906 Giovanni V muore, gli italiani occupano lo Scioa e Addis Abeba, il figlio Ras Sejum Mangascià viene de facto posto sotto il protettorato italiano.
Nel 1909 la morte improvvisa di Sejum porta all'annessione diretta dell'Etiopia da parte di Roma, con la nomina di un Viceré.

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E ora, la palla passa a Dario Carcano:

La 21esima e la 22esima regione

Il Dodecaneso

Capoluogo: Rodi
Superficie: 2.714 km²
Popolazione: 200.452

Occupato dall’Italia nel 1912 durante la guerra Italo-turca, l’Italia vi costituì ufficialmente una colonia nel 1914; durante il periodo fascista le isole mantennero una relativa autonomia, ad esempio gli isolani eleggevano i propri sindaci, anche se dal 1937 i sindaci vennero sostituiti da podestà di nomina governativa, come già era successo nell’Italia metropolitana. A questo si aggiunse un fallimentare tentativo di italianizzazione delle isole operato dal regime fascista, che compromise i rapporti tra italiani e isolani.
Durante la Seconda Guerra Mondiale le isole, in particolare Rodi, ospitavano un importante base militare italiana. In seguito all’8 settembre e alla capitolazione dell’Italia, il governatore delle isole Inigo Campioni scelse di resistere ai tedeschi e al loro tentativo di occupare il Dodecaneso. Grazie alla tenacia della divisione Regina, rinforzata da alcuni reparti della divisione Cuneo stanziata nella vicina Nasso, le isole rimasero italiane.
I britannici sbarcarono sulle isole nel novembre del ’43, e riconobbero l’autorità sul Dodecaneso del governo di Brindisi. Dopo la guerra la Grecia chiese che il Dodecaneso le fosse restituito, ma la guerra civile scoppiata in Grecia con i relativi timori di un suo passaggio al blocco comunista, fecero sì che l’Italia mantenesse le isole.
La Costituente, lungi dal ripetere gli errori del fascismo, immediatamente garantì al Dodecaneso lo stesso statuto speciale garantito alla Sicilia; gli abitanti ricevettero la cittadinanza italiana e nel corso degli anni ’50 accordi bilaterali con la Grecia garantirono il bilinguismo e crearono un unione doganale tra le isole e il resto della Grecia.
Oggi Rodi e le altre isole del Dodecaneso rappresentano una meta turistica sia per gli italiani che per gli stranieri; non sono pochi i greci del Dodecaneso venuti in Italia per lavorare, grazie anche al fatto che l’italiano viene insegnato assieme al greco. Non sono pochi i nazionalisti greci che considerano Rodi un terra irredenta, assieme a Cipro e a Costantinopoli, ma sono una minoranza nel loro paese e all’estero sono semplicemente ignorati, anche perché prima gli accordi bilaterali tra Italia e Grecia degli anni ’50 e poi i trattati europei stabiliscono la libera circolazione da e per le isole.

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L’Eritrea

Capoluogo: Asmara
Superficie: 121.320 km²
Popolazione: 6.527.689

L’Eritrea, nello specifico l’occupazione della baia di Assab nel 1869, rappresentò il primo tentativo coloniale del neonato Regno d’Italia. Base per le disastrose guerre in Etiopia del 1893-1896, e quarant’anni dopo per il tentativo mussoliniano, l’Etiopia venne incorporata nell’Africa Orientale Italiana nel 1936.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l’Italia perse le proprie colonie in Africa Orientale, occupate dagli inglesi e dal risorto Impero d’Etiopia; finito il conflitto si pose il problema del destino dell’Etiopia. Se la Gran Bretagna ipotizzava uno smembramento tra Etiopia e Sudan e la popolazione musulmana aspirava all’indipendenza, l’Etiopia mirava all’annessione completa dell’Eritrea, e per questo non esitò a ricorrere al terrorismo degli Sciftà per colpire le fazioni indipendentiste.
Le tensioni tra le diverse fazioni spinsero la Gran Bretagna ad accettare la proposta italiana di un amministrazione fiduciaria decennale sull’ex colonia, al termine della quale si sarebbe tenuto un referendum per deciderne il destino.
Deluso da questa decisione, nel 1950, con l’inizio dell’amministrazione fiduciaria, il governo di Addis Abeba scatenò un conflitto a bassa intensità contro gli italiani, con lo scopo di persuadere l’Italia ad abbandonare l’Eritrea e il Corno d’Africa.
Ma l’effetto di questo conflitto, al contrario, fu di alienare all’Etiopia il sostegno dei cristiani eritrei favorevoli all’annessione ad Addis Abeba.
Il referendum del 1960 prevedeva tre opzioni: Indipendenza; Annessione all’Etiopia; Annessione all’Italia.
Sia l’indipendenza che l’annessione all’Etiopia presentavano molti punti interrogativi; sull’indipendenza c’era il timore diffuso che appena partiti gli italiani l’Etiopia avrebbe invaso il nuovo Stato; l’annessione immediata era teoricamente bilanciata dalla garanzia di uno statuto autonomo, ma cosa impediva ad Addis Abeba di rimangiarsi la parola?
Al contrario, sull’annessione all’Italia c’erano più certezze; la lontananza di Roma era vista come una garanzia che l’Italia avrebbe rispettato l’autonomia dell’ex colonia, e inoltre avrebbe garantito che l’integrità territoriale dell’Eritrea sarebbe stata tutelata dall’Italia e, indirettamente, dagli Stati Uniti attraverso l’Alleanza Atlantica.
Vinse l’annessione all’Italia col 65% dei voti favorevoli.
L’Italia diede subito la cittadinanza agli eritrei, e concesse all’Eritrea uno statuto speciale che ne tutelasse le diversità linguistiche e religiose.
Ad ogni modo, la maggioranza degli eritrei parla fluentemente l’italiano, sia per l’insegnamento nelle scuole, sia perché molti hanno lavorato in Italia prima di tornare in Eritrea.

Dario Carcano

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Anche Andrea Mascitti ha voluto proporre una sua ulteriore provincia italiana d'oltremare:

Isole italiane dello Ionio


Le Isole Italiane dello Ionio, spesso chiamate Eptaneso (in greco: Ιταλικά Νησιά του Ιόνια, traslitterato: Italiká Nisiá tou Iónia), furono un gruppo di isole greche situate nel omonimo mare e appartenute all'Italia dal luglio 1919 al 10 febbraio 1947.
Il possedimento coincideva a grandi linee con il vecchio possedimento veneziano, ad esclusione dell’isola di Cerigo.

Storia

La conquista
Nel 1915 dopo l’entrata del Regno di Grecia nella Triplice Alleanza, e del Regno d’Italia nella Triplice Intesa, le Isole Ionie, di proprietà del Regno di Grecia, furono occupate dall'Italia, con l’obiettivo di chiudere l’accesso al Mar Adriatico occupando entrambi i lati del Canale di Otranto.
In pochi giorni grazie anche al contributo britannico l’Italia riuscì ad occupare tutte le principali isole: Corfù, Passo, Leucade, Itaca, Cefalonia e Zante, mantenendo l’occupazione per tutto il conflitto mondiale.

La colonia
Al termine della guerra, vinta dalla Triplice Intesa, in base agli accordi del Trattato di Versailles del 28 giugno 1919, l’Italia avrebbe dovuto sgombrare le isole e riconsegnarle alla Grecia ma tale clausola non fu rispettata perché subordinata alla cessazione di atti di ostilità contro l'amministrazione italiana a Rodi (strappata precedentemente all’impero Ottomano), apparentemente fomentati e appoggiati dal governo greco; atti che non smisero di verificarsi dando così all'Italia la possibilità di mantenerne il controllo.
Il 29 luglio 1919 fu sottoscritto un accordo dal ministro degli Esteri Tommaso Tittoni con il ministro greco Eleutherios Venizelos in cui l'Italia rinunciava alle isole del Dodecaneso, in cambio dell'appoggio greco a un “mandato” italiano sull'Albania e della cessione delle Isole Ioniche. Tale accordo, venne poi confermato prima nel trattato di Sèvres del 10 agosto 1920 (poi annullato) e successivamente nel trattato di Losanna del 1923, nel quale la comunità internazionale riconobbero per la prima volta all'Italia la sovranità a titolo definitivo sulle Isole Ioniche.
Il savonese Mario Lago si insediò come primo governatore civile il 16 novembre 1923.
Dal 1926 le isole vennero trasformate in "Governo delle Isole italiane dello Ionio" incorporando anche l’isola di Saseno.
Tra il 19 e il 24 maggio 1929 alcune isole furono visitate dal re Vittorio Emanuele III.

La presenza italiana
Durante il periodo fascista Mussolini, con l’obiettivo di italianizzare l’arcipelago, cerco di far “rifiorire” le influenze culturali veneziane favorendo inoltre l’arrivo di italiani.
Per esempio a Zante si cercherò di enfatizzare il fatto che fosse il luogo natale di uno dei più famosi poeti italiani Ugo Foscolo.
Le Isole Italiane dello Ionio ebbero un notevole sviluppo economico negli anni trenta, anche grazie alle floride attività economiche e commerciali della élite italiana, attivamente sostenuta dal governo coloniale. La densa attività di costruzione di edifici pubblici e infrastrutture valse al governatore Mario Lago la nomea di governatore dalle politiche morbide. A lui viene attribuito il cosiddetto periodo degli "anni d'oro", tra il 1923 e il 1936.
Poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale il possedimento fu elevato da colonia a provincia metropolitana, con la creazione della provincia dello Ionio anche chiamata Provincia di Corfù (CF).

La seconda guerra mondiale
Nei primi anni della seconda guerra mondiale l’Eptaneso fu un importante base navale e aerea italiana, circa 40 000 militari italiani erano stanziati nelle isole, che furono una rampa di lancio per l’invasione della Grecia nel 1941.
Dopo la capitolazione greca, all’Eptaneso fu aggregata anche l’isola di Cerigo.

Dopo l’armistizio
Dopo l'8 settembre 1943 l’Eptaneso venne attaccato dai tedeschi, che non volevano fornire agli Alleati una base operativa per l'attacco alla Grecia. Le isole furono teatro di violenti scontri tra italiani e tedeschi. A Cefalonia, Corfu, Zante e Leucade gli scontri continuarono per giorni, ma la superiorità numerica italiana e soprattutto l’arrivo quasi immediato delle forze britanniche impedirono la capitolazione delle isole.
Non ebbero stessa fortuna le forze armate italiane dislocate nelle Cicladi e nel Dodecaneso, dove furono vittime di eccidio da parte delle forze tedesche, il più tristemente famoso fu l’eccidio di Rodi.
Nonostante l’occupazione britannica, fu conservata l'amministrazione civile italiana, che continuo fino ai trattati di pace del 1947 quando avvenne il passaggio di sovranità sotto la Grecia.

Il ritorno alla Grecia e il ritiro degli italiani
Successivamente, con il trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, le isole passarono alla Grecia come prevedeva l'articolo 14 del trattato:

Articolo 14.
1. L'Italia cede alla Grecia in sovranità piena le Isole del Eptaneso
2. Le predette isole saranno e rimarranno smilitarizzate.
3. La procedura e le condizioni tecniche che regoleranno il trapasso di tali isole alla Grecia saranno stabilite d'accordo fra i Governi del Regno Unito e di Grecia ed accordi verranno presi per il ritiro delle truppe straniere non oltre 90 giorni dall'entrata in vigore del presente Trattato.

Il 15 settembre 1947 a Corfù vi fu la cerimonia che trasferì i poteri al governatore greco Periklis Ioannidis, sostituito nel 1948 da Nikolaos Mavris.
Il 7 marzo 1948 le isole si trasformarono ufficialmente nella Prefettura delle Isole Ioniche entrando quindi a far parte a tutti gli effetti della Grecia.
L'amministrazione greca attuò un regime di repressione dell'elemento italiano.
Il 31 agosto 1949 fu siglato un accordo tra il governo italiano e quello greco che prevedeva il rimpatrio entro un anno di tutti gli italiani restanti. I profughi dovettero svendere le proprietà, portando con sé solo pochi beni mobili. I pochi italiani rimasti avevano già in precedenza ottenuto la doppia cittadinanza.
Ancora oggi vi sono molti abitanti delle isole in grado di comprendere la lingua italiana, insegnata fino al 1950 nelle scuole e parlata soprattutto dagli anziani. L'italiano è conosciuto in quasi tutti gli esercizi commerciali anche per il consistente afflusso turistico.

Andrea Mascitti

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Dopo tutto questo, diamo la parola al grandissimo Bhrihskwobhloukstroy:

Questa ucronia è diventata esplicitamente a esito fisso e Punto di Divergenza variabile. La discussione quindi verte sulla plausibilità dei Punti di Divergenza e l’esito deve giustificare quanto proposto dal nostro Comandante (le accezioni di «nostro» in cui mi riconosco sono: “di questo Sito”, “dell’epoca attuale”, “della Storia vera”; qui è la prima). Inoltre, siccome proviene dallo stesso Comandante, abbiamo adesso anche la raccomandazione di evitare come minimo la prosecuzione del Fascismo dopo la Seconda Guerra Mondiale (eventualmente di fare del tutto a meno del Fascismo).

Fino a stamattina pensavo che ciò che intendo scrivere adesso fosse il pensiero implicito del nostro Comandante; chiaramente adesso vedo che la sua prospettiva è diversa, ma l’amicizia che ci lega mi permette lo stesso di intervenire come se fossimo – per dire – all’osteria a discutere di preferenze personali (questo è uno dei lati più belli delle amicizie di lunga durata). Inoltre, siccome siamo una Lista di discussioni serie e argomentate, la richiesta che avanzo è di dimostrarmi se esistono Punti di Divergenza più ‘economici’ di quello che avevo inteso e che adesso propongo esplicitamente. È ovvio che, se ne scrivo, si tratta di uno scenario dello stesso genere di quelli che descrivo di solito (altrimenti non interverrei, tanto più che si tratta di un’ucronia coloniale – direi anche colonialista – e come spesso ripetuto anch’io, tanto quanto il Comandante Riker, provo un vero e proprio disturbo a pensare al Colonialismo, quindi, se non avessi motivi serî e razionali per partecipare alla discussione, me ne guarderei bene).

Non voglio annoiare nessuno e ormai ci capiamo bene sùbito, perciò mi limito a brevi cenni. Le Canarie a Genova dal 1312 implicano che né la Francia né la Castiglia le rivendichino (o comunque se ne impossessino) nel frattempo (e questo frattempo include l’inizio del XV secolo); la Guyana genovese deve evitare di diventare portoghese o francese nel XVII secolo; São Tomé e Principe medicee devono evitare qualsiasi riconquista portoghese, Grenada veneziana qualsiasi riconquista spagnola; l’occupazione di Clipperton nel 1846 prima della Francia e del Messico esclude sia la precedente scoperta francese sia la menzione nella Costituzione Messicana; il Protettorato sulle Isole Cook proprio nel 1888 deve anticipare sia l’Impero Britannico sia la Francia; l’acquisto di Keraman e di Suquṭrah deve essere compatibile con la politica coloniale britannica; l’annessione dell’Isola degli Orsi e di Bouvet sarebbe contemporanea o addirittura successiva alle rivendicazioni tedesche (e, nel primo caso, anche russe); il Territorio Antartico Italiano si trova nel settore storicamente attribuito all’Australia (quindi all’Impero Britannico).

In altri termini: Genova deve prevalere su Francia, Spagna (Castiglia) e Portogallo, la Toscana e Venezia sulla Spagna, il Regno di Sardegna su Spagna e Francia, l’Italia sugli Imperi Britannico, Francese, Tedesco e Russo. Non è che ci si possa girare intorno o trovare un escamotage; nessuna Potenza si lascia prendere in giro. È uno scenario verosimile? Certo che lo è; basta trovare il Punto di Divergenza appropriato.

Non è sufficiente che il Regno (Sabaudo) d’Italia aderisca (come in altre ucronie ho proposto) al Secondo Reich (non basterebbe contro Gran Bretagna, Francia e Russia); non lo è che Genova e Venezia facciano parte (insieme alla Sardegna e al Portogallo) di un persistente Impero Spagnolo; neppure basterebbero i consueti punti cruciali di svolta cui spesso mi riferisco – la prosecuzione dell’Unione Russo-Polacca dopo il 1612 (con la Polonia-Lituania agli Asburgo dal 1575), dell’Unione Anglo-Spagnola dopo il 1558, la Francia a Filippo II o prima ancora ad Alberto I d’Asburgo – sia perché di per sé immotivati (avrebbero bisogno a loro volta di un Punto di Divergenza appropriato) sia perché non arrivano in tempo per lasciare Lanzarote a Genova (la Francia ad Alberto d’Asburgo sarebbe in tempo, ma non risolve il problema della Spagna). Se qualcuno ritiene che questi ragionamenti non siano corretti, lo prego vivamente di segnalarmelo.

Se invece su tutto ciò concordiamo, bisogna trovare un Punto di Divergenza anteriore al 1300 che giustifichi tutto ciò. «Giustificare» significa, concretamente, fare in modo che i Sovrani di Francia, Castiglia/Spagna, Portogallo, Regno Unito, Russia e Germania non si oppongano o, meglio ancora, favoriscano le annessioni in esame e il loro mantenimento da parte di Genova, Toscana, Venezia, Sardegna e Italia (specificamente nel 1899-1903 con Luigi Amedeo di Savoia-Aosta come Duca degli Abruzzi). Il Punto di Divergenza deve giustificare tutto ciò (non importa se comporta molte altre conseguenze; queste vanno messe per forza in conto, se derivano dal Punto di Divergenza).

Visto che tutti pongono condizioni e restrizioni, ne aggiungo due anch’io: una è la solita, di conservare il più possibile persone realmente esistite, quindi anche con la stessa speranza di vita naturale; la seconda, spero gradita, è che il Punto di Divergenza deve essere meno lontano possibile nel tempo (quindi, fra una Divergenza che parte – per esempio – da Carlomagno e una che parte da Adriano, preferirò la prima, perché più recente; d’accordo?).

Ordunque, a mio modestissimo parere il più recente Punto di Divergenza in grado di giustificare il mantenimento delle Canarie e della Guyana da parte di Genova, di São Tomé e Principe da parte della Toscana, di Grenada da parte di Venezia, di Clipperton da parte del Regno di Sardegna e delle Isole Cook, Keraman, Suquṭrah, dell’Isola degli Orsi e di Bouvet nonché dell’Antartide fra 44°38' e 56°11' E da parte dell’Italia è che al posto di Ugo Capeto venga eletto Re di Francia Carlo di Lorena e, perché ciò avvenga, è necessario che la politica ottoniano-pontificia di restaurazione del Sacro Romano Impero sia, con un minimo di Senno di Poi, un po’ più prudente nei confronti dei Capetingi e un po’ meno pessimista nei confronti dei Carolingi.

Perché lo fosse, bastava che le considerazioni esposte da Adalberone di Reims ai Grandi Elettori fossero condivise dai suoi stessi Mandanti politici (quindi è un Punto di Divergenza possibilissimo e mancato per un soffio).

I Carolingi legittimi si estinguerebbero nel 1012, quelli illegittimi nel 1101 (deposizione dell’ultimo maschio da parte dei Baroni del Regno nel 1085). Sia nell’una sia nell’altra data la candidatura rispettivamente più probabile o addirittura sicura sarebbe quella più prestigiosa fra i Franchi (essendo improponibile un Re Sassone per i Franchi Occidentali), ossia la Dinastia dei Lambertidi nel Ramo Tedesco dei Salii. Con i Salii e i loro legittimi successori Svevi, il Regno dei Franchi Occidentali sarebbe non solo Vassallo (come storicamente è stato fino a Filippo II Augusto), ma anche in Unione Personale col Sacro Romano Impero. Dopo il 1268, ammesso che il Dominio Svevo sul Regno dei Normanni finisca come nella Storia reale, i Legittimi Successori degli Svevi nel Regno dei Franchi Occidentali sarebbero i Re Anscaridi di Castiglia (da Alfonso X in poi) della Casa di Ivrea-Borgogna, mentre nel Sacro Romano Impero inizierebbero le fortune degli Asburgo. Forse potrebbe essere evitata la Guerra dei Trent’Anni (paradossalmente, anche l’ossessiva restrizione della Legge Salica in Francia); quel che importa in questa ucronia è che al momento in cui storicamente la Castiglia ha preso possesso delle Canarie sarebbe unita alla Francia, a sua volta Signora di Genova, per cui le Canarie potrebbero (non solo allora, ma fin dalla loro scoperta) rimanere a Genova. Sfido chi vuole a trovare un Punto di Divergenza più lineare e sicuro di questo.

Le conseguenze sono, evidentemente, che – con queste Unioni e queste Leggi di Successione – nel 1516 Carlo d’Asburgo sarebbe Re di Spagna e di Francia (e perciò, fra parentesi, anche Re dei Romani senza serî Rivali nel 1519). Un Filippo II a sua volta Re di Spagna e Francia (nonché poi anche del Portogallo) non avrebbe freni – e nel caso di sconfitta non ne avrebbero i suoi Successori – a tentare con qualsiasi mezzo di recuperare la Corona d’Inghilterra e Irlanda e, senza Fase Francese della Guerra dei Trent’Anni, entro il XVII secolo ci riuscirebbe(ro). Un’ulteriore conseguenza, meno vistosa ma altrettanto dirompente, sarebbe che, con Francia e Spagna unite da quasi due secoli e mezzo, nel 1509 Venezia non avrebbe scampo e il minimo che potrebbe succedere sarebbe la sua Dedizione all’Imperatore.

Le ricadute sulla nostra ucronia sono che la Guyana potrebbe in tutta tranquillità rimanere genovese, São Tomé e Principe essere investite ai Granduchi di Toscana e Grenada ceduta a Venezia nel 1651 per saldare i verosimili debiti contratti nelle pur probabili residue guerre della prima metà dello stesso secolo. Qualsiasi scenario in cui Spagna e Francia non fossero unite personalmente (e Spagna e Impero non fossero in Unione Dinastica) renderebbe – detto francamente – insostenibile la proponibilità dell’ucronia che stiamo discutendo.

Con Filippo II al posto di Enrico III di Valois, per la Polonia-Lituania l’alternativa sarebbe fra Asburgo di Spagna e Asburgo d’Austria, quindi in qualsiasi caso dobbiamo ammettere l’instaurazione di una Dinastia Asburgica nella Rzeczpospolita (N.B. non in semplice Unione Dinastica, ma Personale con la Francia-Spagna o con l’Impero-Boemia-Ungheria). All’apogeo della Potenza Ottomana, niente costituirebbe una garanzia per la Moscovia che l’Unione Dinastica (e poi Personale) con la Polonia-Lituania, che qui non sarebbe ‘soltanto’ dei Wasa Cattolici, ma della Dinastia di tutta l’Europa. È quasi inutile aggiungere che tutti i Paesi Bassi resterebbero Spagnoli, che il Portogallo rimarrebbe nell’Unione Iberica (come da Storia vera, già con gli Asburgo-Spagna la Sardegna verrebbe inclusa nel Consejo de Italia) e che non avrebbero luogo – per assenza di Contendenti – né la Guerra di Successione Spagnola (per cui i Savoia non ottengono la Sicilia e non la devono scambiare con la Sardegna) né quella di Successione Polacca (dunque il Consejo de Italia entro la Corona di Spagna continuerebbe a comprendere Lombardia, Finale, Presidî, Due Sicilie e Sardegna), tutt’al più – se qualcuno si volesse proprio azzardare – una Guerra di Successione Austriaca, comunque dall’esito scontato (Portogallo-Spagna-Francia-Inghilterra-Paesi Bassi-Austria-Ungheria-Polonia-Lituania-Russia – forse anche Svezia – contro eventuali Rivali... Comunque Parma e Piacenza restano alla Lombardia e Guastalla – qui, senza Guerra di Successione Gonzaghesca, coincidente col Ducato di Mantova – viene reincamerata dall’Imperatore il 15. agosto 1746); né Indipendenze Americane né Rivoluzione Francese né Guerre Napoleoniche (per cui il Regno Longobardo della Nazione Gallesca continuerebbe – oltre che a esistere, come Teilreich nel persistente Sacro Romano Impero – anche a chiamarsi Reichsitalien e il nome «Italia» non sarebbe proscritto a favore del solo nome di «Lombardia») né Blocco Continentale. Si noti che tutto ciò deriva direttamente dal Punto di Divergenza necessario per giustificare Lanzarote a Genova (e che ha già giustificato anche la Guyana a Genova, São Tomé e Principe alla Toscana e Grenada a Venezia); l’ulteriore vantaggio è che permette del tutto naturalmente che Clipperton (con l’Inghilterra alla Spagna si può perfino mantenere il nome inglese, senza far sorgere l’equivoco geografico con «Isola della Passione») venga, se non addirittura scorporata dal Vicereame della Nuova Spagna (alla Castiglia), almeno subinfeudata nel 1846 al Regno di Sardegna, pur sempre parte della Corona di Spagna (e Francia, così il cerchio si chiude salvando anche la cronologia e gli Autori della Scoperta).

Come Trieste è sempre rimasta Città Libera Imperiale fino al 1918, così è possibile che avvenga anche per Genova e Venezia (altrimenti per l’una si potrebbe ammettere, come in altre ucronie, una Secondogenitura Arciducale nel 1815 che diventerebbe automaticamente Unione Personale nel 1848 e, per l’altra, una Rivoluzione cui seguirebbe nel 1849 la trasformazione in Regno in Unione con la Lombardia Austriaca); la Dignità Regia accordata a Genova nel 1637 con richiamo al Regno di Corsica sarebbe disponibile dal 1848 per ricomporsi con l’altra originaria (1297) metà del Regno, la Sardegna (come nella Fusione Perfetta del 29. novembre 1847) e in questo modo possiamo far passare, come vuole l’ucronia, i Dominî Genovesi al Regno di Sardegna, che già dal XVII secolo è (anche storicamente) parte del Consejo de Italia.

Fra il 1848 e il 1871 è probabile che si proceda a un’unificazione delle Leggi di Successione dei varî Regni e inevitabilmente può prevalere solo la più restrittiva, quella salica (anche se in questa ucronia non è necessario che la Legge Fondamentale del Regno di Francia lo sia nella stessa misura che nella Storia reale). È anche da mettere in conto una progressiva convergenza del Reichsitalien col Consejo de Italia, man mano che i Feudi Imperiali – soprattutto i maggiori – vengono reincamerati dall’Arcicasa; nel 1888 sono rimasti, oltre alle linee Asburgo-Lorenesi, solo i Savoia e lo Stato Pontificio. Senza Clémenceau in posizioni di rilievo in Francia, Rodolfo d’Asburgo sopravvive (ma non trasmette la Corona all’unica figlia), senza Karađorđević Francesco Ferdinando altrettanto. Potrebbe essere proprio l’Erede al Trono a comprare il Borneo Settentrionale e annetterlo al Consejo de Italia, mentre Umberto di Savoia-Carignano, come Conte di Nizza oltre che Duca di Savoia e Principe di Piemonte, avrebbe tutte le credenziali per instaurare il Protettorato sulle Isole Cook per conto del Reichsitalien. In questa ucronia, tutta l’Africa (a parte quella ottomana), ma anche Sant’Elena, le Falkland/Malvinas, Diego García, Pitcairn ecc. (anche Maui e lo Spartan Reef; chissà se riusciremo a scrivere correttamente il nome della barriera corallina e dei metonimici occhiali da sole...) sono a disposizione dell’Impero Coloniale Britanno-Franco-Ibero-Italo-Germano-Russo (non metto in conto l’Austria, l’Ungheria e la Polonia-Lituania), quindi sia il Consejo de Italia (entro la Corona di Spagna) sia il Reichsitalien (entro il Sacro Romano Impero) hanno diritto a Colonie che possono coincidere con quelle enumerate dal nostro Comandante e naturalmente anche a Suquṭrah; la Tunisia è ovviamente del Regno di Sardegna e Corsica per via dei Tabarchini e dei Genovesi in generale, l’Isola degli Orsi e Bouvet vanno al Reichsitalien e quindi al Reich Tedesco come da Logica Storica e chi attua l’annessione, insieme a quella del Territorio Antartico, può ben essere un Luigi Amedeo di Savoia-Aosta come Duca degli Abruzzi per Investitura da parte di Francesco Giuseppe (era regolare politica imperiale allargare la Nobiltà dell’Impero a Feudatarî Italiani anche peninsulari (e, in questo caso, viceversa, come da tradizione spagnola: investire Nobili dell’Impero con Feudi nelle Due Sicilie). Da quando l’Impero Ottomano entra nell’Unione Mitteleuropea è altresì possibile l’insediamento di Coloni anche (ma non solo) dal Reichsitalien o dai Regni del Consejo de Italia in Tripolitania e Cirenaica nonché nel Dodecaneso.

Non c’è la Prima Guerra Mondiale e quindi Benito Mussolini, Socialista della Romagna Pontificia, non vi muore, ma non c’è nemmeno il Fascismo (Roberto Farinacci non diventa Ras di Cremona e Italo Balbo difficilmente può assumere cariche ottomane rilevanti in Tripolitania) né la Seconda Guerra Mondiale (con le conseguenti Occupazioni Militari). D’Annunzio potrebbe in effetti organizzare una Marcia su Roma e Don Sturzo potrebbe riscuotere un notevole successo in Consultazioni Popolari nella Monarchia Cattolico-Cristianissimo-Apostolica e non ci sarebbe alcunché di inverosimile in un ruolo di Intellettuali consacrati alla Scienza Politica per Turati, Gramsci e perfino Grandi (Pavolini magari continuerebbe la tradizione filologica di famiglia). Vittorio Emanuele III e Alcide de Gasperi si incontrerebbero solo al Reichstag Permanente; se e quando possa essere costruita la prima Arma Atomica resta materia di discussione. Il Tirolo, il Vorarlberg e la Dalmazia fino non solo a Ragusa/Dùbrȏvnik, ma a Cattaro e Spizza (se non Antivari), se appartengono alla stessa Monarchia è al Kaisertum Österreich (dove, senza Risorgimento, il toscano mantiene il proprio storico ruolo di lingua veicolare).

Già prevedo che bisticceremo, ma stavolta non ne vedrei proprio il motivo. Le analisi di Federopozzi hanno completamente raso al suolo quest’ucronia come intesa finora (non sono stato io, l’argomentazione è sua ed è ineccepibile). Se l’ucronia ciononostante può sperare di resistere senza finire nel moralmente discutibile, una delle condizioni è chiaramente quella di Tommaso Mazzoni, la permanenza della Monarchia e – mi stupisco a scriverlo – del Colonialismo (nonostante il mio Antifascismo sono ancora più contrario al Colonialismo che al Fascismo, però, come per Federopozzi, i fatti sono fatti, anche in ucronia), unita all’acutissima osservazione sempre di Federopozzi che bisogna anticipare il Punto di Divergenza al XV secolo (in realtà, come abbiamo visto, anche prima) e applicare un modello di Colonialismo ‘americano’ di Antico Regime. Ciò che non è stato finora preso in considerazione, ma che a questo punto mi sembra irrinunciabile (per assenza di alternative praticabili), è che in un Mondo siffatto non ci sarebbe affatto Decolonizzazione, saremmo nelle condizioni dell’attuale Russia Asiatica (dove il modello è rimasto tale e quale), anche perché, come per la Russia, si avrebbe continuità territoriale da ogni lato fra Madripatrie e Colonie. L’espansione demica europea potrebbe anche raggiungere dimensioni notevoli (come nel Commonwealth), ma senza Blocchi Nazionali altrettanto delimitati quanto nella Storia vera; certo, le Colonie sarebbe suddivise fra le varie Monarchie, ma sia in Europa sia nelle Neoeurope non ci sarebbe un Melting Pot, bensì una ‘Macedonia’ come appunto nell’Impero Ottomano (o, non molto diversamente, nell’Ungheria ex-Ottomana).

Già mi aspetto però l’obiezione di fondo: va bene tutto, ma qui l’«Italia» non è il Regno d’Italia Sabaudo, bensì la somma del Reichsitalien e del Consejo de Italia (in notevole parte sovrapposti) entro il Sacro Romano Impero e la Monarchia Cattolica (oltre a Paesi della Corona di lingua veicolare e cultura “italiana” nell’Impero Austriaco). Replico: è tutto come nella Storia effettiva, Scuole in toscano, Italofoni (anzi, addirittura plurilingui) nell’Amministrazione e nelle Forze Armate, assenza di confini e dogane, rete di trasporti, Politica Estera, di Difesa, ma anche Interna ed Educativa comune. Ci sono i Savoia che regnano regolarmente nel Ducato eponimo, in Valle d’Aosta, Piemonte e Nizza e possono perfino diventare almeno qualche volta Viceré di Sardegna (e Corsica) o delle Due Sicilie (oltre a sedere regolarmente nel Reichstag); se i Savoia non sono Re d’Italia è perché ogni Stato mantiene la sua Dinastia, che in alcuni casi può essere asburgica (a Modena-Reggio-Massa, in Toscana, per lo stesso motivo anche nel Lombardo-Veneto, più a lungo che storicamente nelle Due Sicilie e ucronicamente in Sardegna-Corsica) e altrove no (Stato Pontificio), come nel Modello Federalistico spesso invocato (anzi, qui l’Italia – come intesa oggi – è molto più unita che nel Modello Federalistico classico, perché la maggior parte dei Regni sono in Unione Personale fra loro). C’è anche un’Unione Europea (inizialmente Mitteleuropea, ma sùbito più estesa che l’attuale Unione Europea) e prevedibilmente non è a direzione sabauda (bensì, nel caso di questa ucronia, asburgica).

Non credo che il ruolo ufficiale della lingua latina costituisca motivo di scandalo. Quindi dov’è il punto cruciale? Che al vertice di tutto (Italia – geograficamente intesa – e Unione Europea) non c’è una Dinastia di lingua prima francese e poi toscana, ma una di lingua prima toscana e poi francese e, in aggiunta, tedesca (ma in questa ucronia ancora anche spagnola, compreso il catalano). Se poi teniamo conto che Umberto I era mezzo sabaudo e mezzo asburgico e di spiccate simpatie mitteleuropee, l’unica differenza residua è che Francesco Giuseppe (con i suoi successori, Rodolfo o Francesco Ferdinando o Carlo) è sovraordinato a Vittorio Emanuele III. Tutto qui.

Il punto più delicato può sembrare l'Elezione di Enrico IV; tuttavia nel 1085 era al massimo del Potere, di nascita era per metà francese, storicamente Filippo I era quasi suo coetaneo (perfino i due padri si chiamavano con lo stesso nome) ed egli pure scomunicato, Filippo era figlio mentre Enrico IV era marito di una Principessa di Kiev (e comunque Enrico V era figlio di una Sabauda). Sottolineo che questa ucronia introduce esplicitamente una forma di sviluppo finora poco presa in considerazione (anche se spesso usata in modo implicito): l'ucronia-cornice. La differenza rispetto a una ‘semplice’ ucronia è che l'ucronia-cornice serve a fornire un contesto in grado di permettere un determinato esito (o varî esiti), senza però rendere necessarî – bensì solo plausibili – i relativi Punti di Divergenza. Nel nostro caso, l'ucronia-cornice è l'Elezione di Carlo di Lorena al posto di Ugo Capeto – una gloriosa ucronia proposta da Romain per primo in questa Lista – e da questa ucronia-cornice (ossia dal suo Punto di Divergenza) non deriva per forza che tutti i possedimenti coloniali di cui abbiamo parlato siano esattamente così, però anzitutto questi esiti hanno assolutamente bisogno del Punto di Divergenza dell'ucronia-cornice e quest'ultimo, se anche non rende necessarî gli esiti, perlomeno è in grado di renderli molto verosimili.

In realtà il procedimento è già stato usato varie volte in modo implicito: specialmente quando si cerca il Punto di Divergenza per parecchi esiti specifici, è pressoché inevitabile inquadrarli tutti insieme in una grande ucronia già pronta (perché molto generale e potente), come per esempio quella di Ugo Capeto e Carlo di Lorena, ma questa stessa ucronia può fare da cornice a molti altri esiti e comunque ne può anche fare a meno (si potrebbe sviluppare l'ucronia di Ugo Capeto e Carlo di Lorena senza che il Duca degli Abruzzi annetta Bouvet, per esempio).

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La palla torna a Federico Sangalli:

Devo scusarmi, avevo intenzione di scrivere un contributo più breve ma purtroppo la mia logorrea ha preso il sopravvento e non ho resistito a seguire passo passo le linee geopolitiche italiane post-unitarie e i suoi vari tentativi di crearsi una struttura coloniale in giro per il Mondo. Enjoy it!

La conquista di Trento nella Terza Guerra d'Indipendenza poteva cambiare le nostre linee di politica estera? Non ne sono sicuro, l'Italia all'epoca si barcamenava in un periodo di incertezza, dovuta al fatto che le principali linee di politica estera (l'Unificazione Risorgimentale) erano state completate con la proclamazione dello stato italiano e la presa del Veneto e di Roma. Roma ora sperava di ricavare una posizione di potenza nel Mediterraneo, ma era conscia del fatto che le sue risorse non erano all'altezza delle altre potenze, per cui optava per un basso profilo e attenzione a non fare il passo più lungo della gamba. A contribuire a questo sentimento la sensazione di debolezza dovuto all'avere grossi segmenti della propria popolazione potenzialmente ostili, cioè il Brigantaggio Meridionale e il mondo cattolico offeso dalla Presa di Roma, che minacciava di saldarsi con l'atteggiamento altrettanto freddo se non apertamente ostile delle grandi nazioni cattoliche, Francia e Austria, che potenzialmente accerchiavano quella che era a tutti gli effetti una nazione agricola con un bilancio che la Terza Guerra d'Indipendenza aveva messo in profondo rosso. L'Italia cercò di uscire da questo stallo proponendo un alleanza con Germania e Gran Bretagna che bilanciasse la minaccia austro-francese, che però fallì perché Londra era nella sua fase di "splendido isolamento" e non aveva interesse a farsi coinvolger nelle beghe continentali. Ma Berlino prese nota: Bismarck all'epoca era ossessionato dall'evitare l'accerchiamento tedesco, che già si delineava tra un Francia in ginocchia ma vogliosa di vendetta e una Russia che mostrava forti screzi con l'Austria, la cui debolezza a sua volta lasciava scoperto il fronte meridionale. Tutto questo congiurava verso una nuova Coalizione Kaunitz (cioè quell'alleanza franco-austro-russa creata dal Cancelliere austriaco von Kaunitz che quasi distrusse la Prussia durante la Guerra dei Sette Anni), simbolo dei tentativi di soffocare la Germania in culla: Bismarck voleva evitare tutto questo e per tanto si prefisse l'obiettivo di isolare la Francia e trovare un accomodamento con la Russia, prima assieme all'Austria (i due patti dei Tre Imperatori) e poi da solo (il Patto di Contro-Assicurazione). Contemporaneamente si leggo con un'alleanza di ferro a Vienna per evitare che le debolezze dell'Impero Austroungarico prestassero il fianco a qualche mossa francese o russa tesa ad aprire un nuovo fronte a sud. Per lo stesso motivo Bismarck riteneva utile cercare un accordo con l'Italia, per completare la chiusura del fronte meridionale, ma i contrasti italo-austriaci erano forti. Bismarck così approfittò del Congresso di Berlino (1878), convocato per discutere dell'ultima guerra russo-turco, per suggerire alla Francia che se si fosse presa Tunisi la Germania avrebbe benedetto la cosa, con il consenso inglese che non voleva un dominio di un'unica nazione sul Canale di Sicilia. Nel 1881 la Francia occupa la Tunisia, su cui però l'Italia aveva grandi ambizioni e cui era stato fatto credere che fossero tutti d'accordo sull'occupazione italiana: lo Schiaffo di Tunisi indignò abbastanza l'Italia che propose così una nuova alleanza alla Germania per bilanciare le pressioni francesi. Bismarck, che ha ottenuto che la proposta venisse da Roma in modo tale da non presentare l'intera operazione come una minacciosa manovra tedesca, accetta a patto che sia inclusa anche l'Austria. Roma e Vienna si odiano ma tra i mugugni accettano perché entrambe hanno bisogno del sostegno tedesco, l'Italia in Africa contro la Francia, l'Austria nei Balcani contro la Russia.

Per queste ragioni la conquista di Trento non avrebbe alterato le direttive geopolitiche delle nazioni europee: certo, l'Austria odierebbe l'Italia di più, ma non potrebbe farci niente e comunque questa ostilità sarà almeno in parte bilanciata da una minore avversione irredentista da parte italiana. Dobbiamo dunque presumere che la Triplice Alleanza nascerà lo stesso e, con l'ascesa di Guglielmo II e la defenestrazione di Bismarck, questa diventerà uno dei due blocchi in cui sarà divisa l'Europa, contrapposto all'Intesa anglo-franco-russa.

A questo punto possiamo certo ragionare però se tale differenza possa influenzare la futura espansione coloniale italiana, ma dobbiamo sforzarci di mantenerla razionale, basata su fatti e proposte storiche effettivamente avvenute, e non su una sorta di Italia Über Alles che per magia conquista colonie ovunque senza la benché minima considerazione né delle proprie forze, né delle proprie condizioni politiche né degli equilibri internazionali.

Il ragionamento più logico e lineare che mi viene in mente è il seguente: Cialdini è meno prudente oppure è comandante in capo al posto di La Marmora che si è ammalato, insomma vince sul fronte, forse evita o vendica Custoza, senza dubbio affianca Garibaldi dopo Bezzecca e prende Trento negli ultimi giorni di guerra. Cialdini diventa così popolarissimo e l'eroe della Terza Guerra d'Indipendenza, mentre i piani alti già si fidavano di lui per la sua spietata repressione del Brigantaggio. Al contrario Garibaldil, senza il ritorno di fiamma in popolarità dovuto a Bezzecca e all'essere stato l'unico comandante italiano a vincere qualcosa durante la guerra, non tentativo l'Impresa di Roma: niente sconfitta di Mentana, niente annullamento della Convenzione di Settembre e niente ritorno delle truppe francesi nel Lazio da parte di un Napoleone III che non si fida più della parola del governo italiano. Non cade il Governo Rattazzi II, che rimane in carica almeno finché le necessità di bilancio, con l'approvazione dell'impopolare tassa sul macinato, e una serie di scandali finanziari non lo porteranno alle dimissioni nel 1868. Come in HL Vittorio Emanuele II incarica Cialdini di formare il nuovo governo: nella nostra storia Cialdini fallì e passò la palla a Luigi Federico Menabrea, un altro militare sabaudo. Stavolta invece Cialdini è molto popolare e riesce a formare il governo: emiliano e figlio di genitori non altolocati che ha fatto carriera partecipando ai moti risorgimentali, Cialdini suscita meno avversioni rispetto al sabaudo e aristocratico Menabrea e al suo governo di nobili e membri della corte. In questo modo il Governo Cialdini, che piace alla Destra Storica perché ne applica le politiche economiche, al Re, ai militari e anche all'estero perché tiene lontano Garibaldi da Roma, può durare un po' oltre il dicembre 1869: questo permette la continuazione di un progetto sponsorizzato da Menabrea nella nostra storia ma che non ebbe seguito, cioè la creazione di una colonia penale italiana in Patagonia. Menabrea infatti aveva concepito come soluzione ultima al problema del Brigantaggio la creazione di una colonia penale su modello inglese e francese in cui spedire i forzati più indesiderati: dopo aver scartato al momento le Indie Orientali, si volse al Sudamerica ove già si trovava la famigerata Isola del Diavolo nella Guyana Francese e mise gli occhi sulla Patagonia. All'epoca l'Argentina non aveva ancora colonizzato le varie terre desertiche patagoniche, abitate dagli indigeni Mapuche stile Selvaggio West, ed era limitata a circa un terzo della propria attuale superficie, nel nord, e tale sarebbe rimasta fino al 1878, quando il nuovo Ministro della Guerra e futuro Presidente Generale Juan Roca lanciò una campagna genocida contro i Mapuche e conquistò la Patagonia. Ma nel 1869 l'Argentina aveva una forte instabilità politica (il Presidente Mitré era stato rovesciato solo l'anno prima) ed era impegnata in una sanguinosissima guerra col Paraguay (la Guerra della Triplice Alleanza). Poco dopo, portata dai soldati tornati dal fronte, una violenta epidemia di febbre gialla porterà la capitale Buenos Aires sull'orlo dell'anarchia, con la fuga di un terzo della popolazione e caos diffuso. In HL l'Italia chiese una concessione, specificando di voler solo costruire una prigione, senza ambizioni imperialiste, ma l'Argentina rifiutò e prima che Menabrea potesse ragionarci sopra il governo cadde e l'idea venne abbandonata.

Ma ecco, possiamo immaginare Cialdini muoversi con più decisione e optare per un approccio meno rispettoso delle pretese argentine, come dall'tronde fece il Cile quando ignorò le proteste di Buenos Aires nell'annettersi gli Stretti di Magellano: una piccola flotta italiana potrebbe recarsi in loco e costruire un fortino, diciamo attorno a Capo Tres Puntas. I Mapuche non sarebbero un problema fintanto che il contatto sarà limitato alla costa e gli argentini non arriveranno da queste parti prima del 1881, quindi la cosa potrebbe funzionare: la piccola prigione potrebbe poi allargarsi e diventare un piccolo territorio d'oltremare, la Patagonia Italiana, sebbene rimarrebbe abbastanza dipendente dagli inglesi nelle Falkland, dal Cile e dalle nostre compagnie di navigazione oceaniche.

Ad aiutare il Governo Cialdini contribuirà la Guerra Franco-Prussiana, scoppiata nel luglio 1870, che spingerà a mantenere il popolare generale al comando. Si è parlato della possibilità che l'Italia attacchi la Francia per riprendersi Nizza, magari in occasione dei Vespri Nizzardi del 1871. In verità il governo italiano era sì diviso, ma solo sulla possibilità di aiutare Parigi: il Re, che aveva dato la sua parola d'onore a Napoleone III, premeva per soccorrere la Francia mentre gran parte della classe dirigente post-risorgimentale e della popolazione era piuttosto fredda, visto che la Francia era rapidamente passata dall'alleata della Seconda Guerra d'Indipendenza alla traditrice dopo l'armistizio firmato anzitempo a Villafranca senza la conquista del Veneto all'avversaria vera e propria per via della sua opposizione alla presa di Roma. La Francia fece un'effettiva proposta d'alleanza, ma quando si rifiutò di cedere Roma l'Italia declinò ogni aiuto: ora che Cialdini ceda o meno alle pressioni del Re è ininfluente perché in ogni caso la Germania non potrebbe arrecarci danno territoriale. Si potrebbe immaginare che l'Italia accetti di combattere con la Francia e rinforzi con truppe regolari il corpo di volontari che Garibaldi guidò nella nostra storia e vincendo a Digioen in una delle poche sconfitte prussiane del conflitto e che durante il ritiro delle truppe seguite alla resa francese i garibaldini intervengano per difendere i nizzardi dalla repressione francese, portando infine all'annessione della città: si tratta di un esito a mio avviso piuttosto improbabile, visto che la diplomazia italiana lavorerebbe invece per rimanere neutrali e ottenere il beneplacito di tutti all'annessione di Roma, avvenuta poi il 20 settembre 1870. Finita la Guerra Franco-Prussiana nel maggio 1871, il Governo Cialdini inizia a mostra segni di debolezza, specie davanti ai costi della colonia penale patagonica, alle dispute sulle leggi dei beni ecclesiastici, sulla sconfitta diplomatica causata dall'abdicazione di Amedeo I di Savoia e dal consueto desiderio di ricambio politico-parlamentare italiano. Dopo le nuove elezioni indette per permettere l'elezione anche dei deputati del Lazio nel novembre 1870, Cialdini rassegna le dimissioni a inizio del nuovo anno e viene sostituito da Marco Minghetti, che da presidente della commissione finanze è il grande alfiere della Destra Storica. Con lui la Destra arriverà all'apogeo, raggiungendo il Pareggio di Bilancio, ma subito dopo il rigore economico e l'austerità provocheranno le prime crepe: nel 1876, come nella nostra storia, la legge sulla nazionalizzazione delle ferrovie viene battuta e Minghetti deve dimettersi, aprendo la strada alla "rivoluzione parlamentare" che porta al potere il capo della Sinistra Storica, Agostino Depretis. Da qui la Storia riprende il suo corso normale, con la Sinistra Storica che, nonostante le sue radici risorgimentali, porta l'Italia nella Triplice Alleanza a seguito dello Schiaffo di Tunisi.
Torniamo un attimo indietro: tra il 1869 e il 1870 l'esploratore Emilio Cerruti aveva esplorato la Papua Nuova Guinea nordoccidentale, rivendicandola per l'Italia e ottenendo dai sultani delle isole di Aru, Kai e Balscicu la sottomissione all'Italia, sennonché non se ne fece niente per l'opposizione inglese ed olandese. Quando nel 1883 Roma cercò di nuovo di far valere questi diritti Londra (notare l'assenza dei Paesi Bassi, ormai esclusi dai giochi elle grandi potenze) si oppose nuovamente e la proposta morì lì. Immaginiamo invece che Cialdini decida di tenersi aperta anche questa strada: l'Italia crea delle piccole posizioni sulle isole in questione, tralasciando la Papua Nuova Guinea vera e propria, troppo contesa tra olandesi, tedeschi ed inglesi, posizioni che pian piano si espandono, s sempre con l'intento di trasformarle in un piccolo emporio commerciale e in una colonia penale. Nel 1880, dovendo provvedere ad una base ravvicinata che possa supplire meglio alle richieste della Papua Nuova Guinea Italiana (PNGI), il Governo Italiano accetta la proposta del Barone austriaco Gustav von Overbeck, proprietario di una grossa concessione a Sabah, nel Borneo Settentrionale, che ora vuole liquidare ad un governo straniero dopo il declino di Vienna di farsene carico (in HL Roma rifiutò e gli inglesi acquistarono tutto in seguito). Londra protesta ma il nostro ambasciatore nella City è nientemeno che Luigi Federico Menabrea, quello della colonia penale in Patagonia, che convince infine gli inglesi a ragionare, anche in vista della nuova Triplice Alleanza e della necessità di italiana di bilanciare la conquista francese della Tunisia. Nel migliore dei casi possiamo tenerci sia le tre isolette della NPGI sia Sabah (Borneo Italiano), oppure potremmo dover rinunciare ad uno dei due, probabilmente l'NPGI, ma ritengo la prima ipotesi più probabile.

Intanto, anche alla luce dei nuovi possedimenti in Estremo Oriente, la Baia di Assad viene acquistata, dando inizio alla Colonia dell'Eritrea (coì battezzata dal greco Eritros, rosso, dal nome del mare su cui si affaccia). Poco dopo scoppia la Rivolta Mahdista in Sudan: l'Inghilterra concede all'Italia il porto di Massaua se fornirà assistenza per evacuare, attraverso l'Eritrea, le guarnigioni anglo-egiziane lasciate isolate dai rivoltosi. Di fatto è un riconoscimento della nuova avventura coloniale italiana, la Francia mugugna ma Roma accetta. La penetrazione italiana irrita l'Etiopia dell'Imperatore Giovanni IV, che inizia ad attaccare le posizioni avanzate italiane per indurle a non penetrare nell'Acroro etiope: Roma in risposta inizia a sostenere Menelik, capo di un ramo cadetto e rivale di Giovanni IV per il trono di Addis Abeba. Nel 1887 gli etiopi attaccano una colonna italiana nella Battaglia di Dogali: rispetto all'HL possiamo immaginare che la necessità di rinforzare l'Eritrea come punto d'appoggio verso l'Estremo Oriente porti ad un generale rafforzamento delle posizioni italiane in Africa orientale, per cui la colonna, più numerosa, deve ritirarsi con gravi perdite ma non è annientata completamente, per cui il Ministro degli Esteri Robilant non deve dimettersi. Per cui Crisi ordina un contrattacco che ha un insperato successo dopo che nel 1889 Giovanni IV viene ucciso in battaglia dai mahdisti: l'Italia occupa la città di Harar (in HL ci apprestavamo a farlo, ma Menelik arrivò prima), mentre Menelik spodesta la famiglia regnante e diventa Menelik II. Per ringraziare gli alleati italiani firma il Trattato di Uccialli, con cui, nelle intenzioni di Roma, dovrebbe accettare il protettorato italiano, mentre la traduzione etiope vede solo una "assistenza" italiana ma non un rapporto di sottomissione. Le dispute sulla traduzione presto scavano un solco tra i due paesi, a cui si aggiunge la colonizzazione italiana della Somalia a nord del fiume Giuba, grazie ad accordi coi sultani locali. A metà degli Anni Novanta dell'800 le tensioni sono al culmine: i feudatari etiopi compiono sanguinose scorrerie contro le posizioni italiane con il tacito assenso di Menelik II. Nel 1891 l'Italia decide di rispondere sostenendo Mangascià Giovanni, unico figlio di Giovanni IV e rivale di Menelik II, e tale abboccamento non é interrotto dal Ministero degli Esteri, qua rimasto sotto la guida di Robilant, quello che adottò una strategia analoga contro Giovanni IV (anche perché l'Eritrea non ha così poche risorse da dover puntare tutto solo sull'alleanza con il Negus). Visto che l'alleanza con Mangascià rimane in piedi lui non cerca, per vendetta, di sobillare una rivolta in Eritrea e pertanto l'Italia non invade il Tigray: le truppe avanzate del maggiore Toselli non sono accerchiate e massacrate sull'Amba Alagi e il grosso dell'esercito del Generale Barattieri non è poi affrontato e sconfitto ad Adua dallo stesso Mangascià col sostegno di Menelik II stesso. Al contrario l'Italia continua il sostegno, trasformando il Tigray in un protettorato, finché qualche incidente, probabilmente nel 1899 quando Mangascià si rivolterà contro Menelik dopo il rifiuto di quest'ultimo di riconoscergli un ambito titolo nobiliare, non spingerà Roma a chiedere il rispetto del Trattato di Uccialli e, al rifiuto del Negus Menelik II, a lanciare un'invasione con l'alleanza di Mangascià: l'alleanza ha successo, Menelik viene rovesciato e Mangascià diventa Imperatore come Giovanni V. Alla sua morte nel 1906 gli succederà suo figlio, il diciannovenne Seyoum, che sarà facilmente circondato di consiglieri italiani.

In Italia Crispi non deve dimettersi nel 1896 per la disfatta di Adua e continua la sua politica colonialista: dopo molti tira e molla la sua insistenza supera l'incompetenza del console locale e l'Italia riesce a realizzare il piano del Ministro degli Esteri Emilio Visconti Venosta, creando una vasta concessione italiana nella provincia cinese dello Zhejiang, culmine dell'espansione italiana in Estremo Oriente. L'assassinio di Umberto I inizia il declina del politico siciliano, che alla fine muore nel 1901: l'uscita di scena di Crisi segna la fine della fase triplicista e filo-tedesca dell'Italia e l'inizia di una fase diplomatica più aperta a nuove alleanze. Simbolo di questa svolta saranno Giovanni Giolitti e il Visconti Venosta.

In particolare l'Italia mette nel mirino la Libia turca e chiede sostegno diplomatico a Berlino e Vienna in nome della Triplice ma i due alleati rifiutano sostenendo che la Triplice non si applica alle questioni mediterranee. Roma allora inizia la politica dei "giri di valzer", ottenendo il sostegno francese in cambio della non interferenza delle analoghe ambizioni di Parigi sul Marocco. Anche Londra è a favore. Nel 1905 la Prima Crisi Marocchina fa scricchiolare la Triplice: la Germania contesta alla Francia l'espansione sul Marocco ma si trova tutti contro, Italia compresa, che non vuole mettere a rischio le sue mire sulla Libia. Quando un irritato ambasciatore tedesco dichiara che l'Italia deve sostenere le pretese tedesche in base alla Triplice Alleanza, Venosta replica piccato che il trattato non può non valere per le questioni mediterranee quando si parla della Libia per l'Italia e poi valere in Marocco per la Germania. Presi di contropiede, Berlino e Vienna accettano riluttanti le mire italiane su Tripoli. Manca solo l'assenso russo, con Pietrogrado preoccupata dalle conseguenze destabilizzanti per l'Impero Ottomano nei Balcani, ma nel 1908 l'Austria si annette unilateralmente la Bosnia, causando una crisi internazionale: Serbia e Russia arrivano ad un passo dalla guerra e recedono solo su pressione anglo-francese e perché lo Zar è indebolito dalla sconfitta nel conflitto russo-giapponese. L'Italia chiede prontamente il compenso territoriale previsto dal trattato della triplice in caos di conquiste nei Balcani ma Vienna rifiuta: i rapporti italo-austriaci non si riprenderanno più. Con la benedizione russa l'Italia ora pianifica l'attacco alla Libia: senza la disfatta di Adua il colonialismo non sarà evitato come la peste per quasi quindici anni, così le forze italiane possono già invadere la Libia nel 1910 e successivamente occupare Rodi e il Dodecanneso come in HL. La sconfitta turca innesca le Guerre Balcaniche come nella nostra storia mentre contemporaneamente la Seconda Crisi Marocchina porta il Marocco sotto dominio francese. La Guerra di Libia e la delusione di aver conquistato uno scatolone di sabbia complica di molto la vita a Giolitti, che non può continuare la sua fortunata politica di alleanza con le forze progressiste: come in HL inizia per lo statista piemontese un periodo di assenza dal governo che, nella nostra storia, fu sul punto di terminare nella primavera del 1915, quando Salandra, senza ormai maggioranza, rassegnò le dimissioni. Giolitti fu accolto all'arrivo a Roma da biglietti di sostegno di ben quattrocento deputati, cioè la maggioranza assoluta della Camera, e fu convocato dal Re al Quirinale, ma Giolitti era ultraneutralista, convinto che la posizione migliore per l'Italia fosse restare fuori dalla Grande Guerra e semmai trattare sul prezzo della nostra neutralità o del nostro intervento, così quando scoprì che il Re e Salandra avevano già concluso, alle spalle del Parlamento, il Patto di Londra e che il sovrano era intenzionato a farlo valere a costo di prevaricare le prerogative dell'assemblea (qua si vedono tutti i limiti e le debolezze dello Statuto Albertino), Giolitti declinò la nomina, permettendo al Re di nominare di nuovo Salandra e di entrare in guerra. Ma in questo caso la guerra di Libia è avvenuta prima, Giolitti non è al potere quando i liberali subiscono una brutta batosta alle elezioni del 1913 e può essere chiamato tranquillamente a formare un governo che si preannuncia inevitabilmente di compromesso, con le varie correnti liberali, coi cattolici, con nazionalisti, con i socialisti, e chi meglio del Re del Compromesso Parlamentare, Giovanni Giolitti?

Così è Giolitti ad essere in carica allo scoppio della Prima Guerra Mondiale e questi mantiene l'Italia neutrale (anche con più facilità visto che avendo Trento l'irredentismo è meno forte), almeno fino all'ultimo, quando le forze monarchiche imporranno infine una partecipazione al conflitto.

Diciamo che nel maggio 1917 l'Italia entra in guerra, anche perché dopo il crollo della Russia l'Intesa è pronta ad offrire di tutto pur di avere un secondo fronte (gli Imperi Centrali invece non vogliono cedere nulla per veto austriaco): Cadorna è comunque un comandante ottuso e le sue "spallate" sono degli inutili bagni di sangue ma quando la Germania viene rovesciata dalla rivoluzione nel 1918 i tumulti si estendono all'Austria-Ungheria e il fronte crolla. La direttrice Gorizia-Trieste-Lubiana-Vienna seguita da Cadorna porta le truppe italiane fino alla città slovena mentre viene occupato anche il Tirolo Meridionale, strategico per controllare il Brennero e prevenire eventuali aggressioni da Oltralpe.

Alla conferenza di pace la questione adriatica, determinata dal fatto che Roma contrapponeva il principio dei trattati segreti a quello di nazionalità per rivendicare la Dalmazia (promessa a Londra ma a maggioranza slava) e poi faceva l'opposto per avere Fiume (italiana ma assegnata all'Impero austroungarico nel patto e poi alla Iugoslavia), una contraddizione che determinò il fallimento dei negoziati in HL, può essere risolta abilmente con uno scambio: Lubiana, città slava sotto occupazione italiana, in cambio di Fiume, città italiana sotto occupazione slava, a cui si aggiungono ovviamente il Sud Tirolo, Trieste e l'Istria con Pola. Il successivo Trattato di Rapallo di Giolitti assegnerà all'Italia anche Zara, mentre Spalato rimarrà alla Iugoslavia come sbocco sull'Adriatico. L'Italia ottiene anche il Togo, ex colonia tedesca. Niente mito della Vittoria Mutilata, niente ritorno di fiamma nazionalista, niente Fascismo.

Nel 1919 il Governo di Vittorio Emanuele Orlando delibera l'invio di 85 000 uomini in Georgia, con il sostegno inglese, parte del piano di invio di contingenti militari al fine di creare zone libere dal bolscevismo nell'ex Impero Zarista: poiché Orlando non deve dimettersi per non aver ottenuto granché a Versailles, il piano può andare avanti e le truppe sbarcano a Batumi verso la fine dell'anno. Allo stesso tempo altre forze occupano Adalia, in Anatolia, come parte delle zone di occupazione dell'ex Impero Ottomano: la Grecia, che mira ad occupare l'intera Anatolia, si oppone ma un accordo con il Primo Ministro Venizelos viene trovato, in base al quale l'Italia evacua Adalia e cede alla Grecia tutte le isole del Dodecanneso meno Rodi in cambio del riconoscimento di un protettorato italiano sull'Albania. Anche in questo caso il mancato cambiamento di governo evitare la revoca dell'accordo. Nel frattempo nel Caucaso l'Armenia chiede il sostegno italiano per difendersi dall'aggressione turco-azera, avvenuta in spregio dei confini attribuiti all'Armenia a Versailles (Armenia Wilsoniana): le truppe italiane respingono gli aggressori, permettendo agli armeni di mantenere i loro confini e di conquistare il Nagorno-Kharabab. La Turchia, come del resto fece in HL, si allea con il neonato governo sovietico ma i bolscevichi hanno un territorio immenso da difendere e non riescono a intervenire in tempo. La Turchia, per difendersi dall'offensiva greca nell'Anatolia centrale, proporre un armistizio che viene accettato: chiuso il secondo fronte, i turchi espellono i greci dalla testa di ponte di Smirne mentre gli italiani respingono gli attacchi bolscevichi. Nel 1921 la Crisi di Chanak provoca un breve conflitto tra Gran Bretagna, Grecia ed Italia da una parte e Turchia dall'altra: Llyod George deve dimettersi perché il suo governo e il Commonwealth erano contrari al conflitto e gli inglesi si ritirano alla chetichella, lasciando i greci padroni di Costantinopoli, col sostegno di Roma, che non vuole vedere le proprie forze nel Caucaso tagliate fuori. I turchi sono furiosi ma non posso colpire su due fronti e in più hanno numerosi problemi interni per cui ingoiano il boccone. Anche l'Unione Sovietica non è affatto contenta dell'intromissione italiana in Georgia ed Armenia, specie dopo l'ascesa del georgiano Stalin, e Mosca ed Ankara stringono un'alleanza.

Come ho già detto il Fascismo non prende il potere e l'Italia rimane democratica e allineata con il Fronte di Stresa: nel 1938 De Gasperi previene l'Anschluss sostenendo Carlo d'Austria (l'Impero Austroungarico si è dissolto ma con meno problemi dell'HL visto che non si è logorato per tre anni sul Carso, per cui gli Asburgo rimangono sovrani d'Austria) e il Cancelliere Dollfuss. Quando la Seconda Guerra Mondiale scoppia l'Italia è invasa e deve capitolare come la Francia: Re Vittorio Emanuele III, temendo per la Corona, firma l'armistizio con i Nazisti e si forma un governo collaborazionista a guida fascista, con l'Italia di Salò che sarà la versione nostrana della Francia di Vichy. Oppositori politici come De Gasperi e Matteotti, membri delle forze armate come un Italo Balbo fuggito in idrovolante à la De Gaulle e governatori coloniali come De Bono formano un governo dell'Italia Libera che con l'assistenza inglese prende il controllo delle colonie e continua la lotta.

Nel mentre il Giappone scende in campo e occupa i nostri possedimenti in Estremo Oriente (Concessione dello Zhejiang, Borneo Italiano, Nuova Papua Guinea Italiana). L'URSS valuta di fare altrettanto e occupare Georgia ed Armenia ma la Guerra d'Inverno con la Finlandia è un mezzo disastro e si decide di soprassedere per ora. Poi il 22 giugno del 1941 l'invasione tedesca trasforma Mosca in una alleata: visto che la Turchia è un alleata dei sovietici, Hitler ordina l'esecuzione dell'Operazione Gertrude. Le forze tedesche, con la complicità di Ungheria, Romania e Bulgaria, invadono i Balcani e li usano come trampolino di lancio per invadere l'Anatolia e colpire i pozzi mediorientali in assenza della strategia nordafricana. Gli anglo-sovietici occupano congiuntamente Iran, Georgia ed Armenia e intervengono in Turchia per fermare i tedeschi.

Alla fine della guerra, volendo mettere le mani sugli Stretti, l'Armata Rossa lancia una manovra avvolgente dai Balcani e dall'Anatolia ma non può impedire che Montgomery vi partecipi e quando la Bulgaria, che non ha mai dichiarato guerra a Mosca, chiede la pace, questa viene accettata dagli occidentali in loco, impedendo alle truppe di Stalin di arrivare a Costantinopoli. I sovietici in compenso si volgono ad Ovest e liberano la Iugoslavia.

A Yalta Stalin riconosce la Grecia e la Bulgaria come parte del blocco occidentale, abbandonando i partigiani greci al loro destino, in cambio del resto dell'oriente e del Caucaso: Armenia e Georgia vengono infatti annesse come repubbliche sovietiche ma in forza di ciò almeno gli armeni mantengono i loro confini del 1918. Poco dopo gli anglo-sovietici si ritirano da Anatolia e Persia, con la Turchia che si schiera col Patto di Varsavia mentre l'Iran vira verso l'Occidente: Costantinopoli diventa la Berlino del Vicino Oriente, strategico posto di confine altamente militarizzato. Anche i possedimenti italiani in Istria e Dalmazia, parzialmente liberati dall'Armata Rossa, suscitano problemi, sopratutto davanti alle intenzioni di Tito di espellere e massacrare la popolazione italiana per unirli alla Iugoslavia: tuttavia Tito viene fatto fuori dopo pochi anni per contrasti con Stalin (in HL la Iugoslavia non fu liberata dai sovietici ma dai propri partigiani, per cui Tito poté contare sull'assenza di forze occupanti che imponessero la linea di Mosca), il quale opta per un compromesso per non danneggiare i comunisti italiani, lasciando Trieste, Pola, Zara e Fiume in un limbo demilitarizzato come accadde effettivamente al Territorio Libero di Trieste prima del Trattato di Osimo. A fine della guerra l'Italia diventa una Repubblica, accusando i Savoia di collaborazionismo.

Nel 1960 l'Italia concede l'indipendenza ad Eritrea, Somalia, Togo e Libia, mentre termina il protettorato sull'Etiopia. Nel 1965 anche il Borneo Italiano ottiene l'indipendenza. L'Etiopia, guidata dal Negus Seyoum I fino al 1970 e poi dal figlio Seyoum II, ambedue riformisti, rimane monarchica, non conosce la spietata e disastrosa rivoluzione del Derg e la conseguente carestia e oggi esporta energia elettrica grazie alle dice sul Nilo realizzate con assistenza italiana. Inoltre si è risparmiata una pluridecennale guerra contro l'Eritrea. La Somalia è un po' più stabile, perché Sia Barre non ha mai fatto esercitazioni con truppe sovietiche, essendo un ascaro italiano, e quindi non è mai diventato comunista e non ha mai compiuto il golpe che nel 1968 rovesciò la Repubblica Somala. Il Togo non ha mai visto il golpe del 1963, portato avanti da ex soldati francesi, e si è lentamente democratizzato. Rimangono invece italiane la Patagonia Italiana, Rodi e la Papua Nuova Guinea Italiana, riorganizzate in ROMAS (Regioni d'Oltre Mare ad Autonomia Speciale).

Nel 1974 la Grecia lancia l'Enosis e tenta di riprendersi Rodi ma fallisce disastrosamente e il fallimento fa cadere la Giunta dei Colonnelli. Senza il tentativo d'invasione greco, Cipro non viene divisa. la Grecia rinuncerà ufficialmente ad ogni pretesa al momento dell'entrata nell'Unione Europea.

Dopo il crollo del Muro di Berlino l'Italia approfitta delle Guerre di Iugoslavia per riassicurare il suo controllo sui territori adriatici, ponendo fine alla situazione del Territorio Libero di Trieste, Istria e Dalmazia. Georgia ed Armenia, riottenuta l'indipendenza, riallacciano i rapporti con Roma che ne sponsorizza la candidatura e poi l'entrata nell'Unione Europea e nella NATO, con sommo scorno russo e turco. Nei Balcani la Grecia mantiene il controllo della Tracia Orientale e di Costantinopoli mentre la Bulgaria rimane una monarchia. L'Albania, protettorato italiano tra il 1919 e il 1940, occupata dai tedeschi, dopo la guerra è stata annessa alla Iugoslavia, da cui si è separata negli Anni Novanta portandosi dietro anche il Kosovo e la Macedonia Occidentale. Senza la questione kossovara Serbia ed Albania sono stati ammessi nell'Unione Europea assieme al Montenegro, mentre al contrario rimane fuori rispetto all'HL la Croazia che ha ancora dispute di confine con l'Italia. Visto che la Grecia ha subito lo stesso trattamento, Atene non pone il veto alla Macedonia, che oggi è candidata all'ingresso nell'UE. La Turchia al contrario ha visto la caduta del comunismo e l'ascesa di oligarchi islamisti ed autoritari stile Asia centrale, non candidandosi mai e rimanendo uno stato ostile in Medio Oriente.

E tutto questo solo perché Cialdini ha avuto un po' più di coraggio nel 1866...

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Gli risponde Dario Carcano:

Sei riuscito nella stessa ucronia a evitare l’avvento del fascismo e a trasformare l’Italia in una repubblica. Mi piace!

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E Bhrihskwobhloukstroy aggiunge di suo:

Complimenti per le ricostruzioni politiche molto attente e ricche di particolari ottimamente combinati, è davvero verosimile e fino al 1917 incontrovertibile. Se per quanto viene dopo di allora faccio qualche domanda, prendetelo come segno di deferente omaggio all’intelligenza.

Parto dal fondo: se nel 1938 fallisce il tentativo di Anschluß, la Seconda Guerra Mondiale risulta decisamente alterata. Abbiamo fatto varie ucronie apposta e ne dobbiamo tenere conto anche qui. Anzitutto, mi pare improbabile un coinvolgimento della Jugoslavia; in ogni caso, senza Anschluß a tempo debito (ossia storico) e senza Fascismo (Asse Roma-Berlino), anzi con l’Italia da invadere come conseguenza della Guerra con la Polonia (e a maggior ragione nel caso di coinvolgimento della Jugoslavia), non solo è categoricamente escluso – da qualsiasi punto di vista – che il Führer dichiari guerra agli Stati Uniti, ma è da revocare in dubbio la stessa Operazione Barbarossa.

Con ciò, come visto poco fa, non ne risulta certo una Vittoria della Germania, ma da questo a una Sconfitta Totale come nella Seconda Guerra Mondiale passa altrettanta differenza. In generale, non mi allontanerei da un quadro di Pace senza né Vincitori né Vinti.

Però tutto questo è a sua volta caduco a motivo del 1917. Non mi sento davvero di mettere in relazione l’Abdicazione della Dinastia Asburgica col Vostro Intervento nel 1915 anziché due anni dopo; la cause decisive, storicamente, sono state essenzialmente tre: 1) il disfacimento dell’Impero (e se quello c’è comunque, cade anche la Monarchia); 2) la Rivoluzione, con i suoi ideali Socialisti da un lato, Socialdemocratici dall’altro; 3) la Volontà Popolare di Riunificazione col resto della Germania (‘particolare’ sempre esorcizzato dalla Storiografia dei Paesi dell’Intesa).

Questa non è una critica, è solo una reimpostazione della questione; possiamo infatti arrivare alla conclusione del mantenimento della Monarchia (e se vogliamo perfino alla sopravvivenza di Carlo I.), solo però a condizioni in parte diverse.

Come anticipato (e senza alcun pericolo di esagerare), fino al 1917 l’ucronia è un meccanismo perfetto e ineccepibile. Conosciamo bene le condizioni di quel momento, sia nella Storia reale sia in questa ucronia: che Voi decidiate di cambiare (pubblicamente) Alleanza proprio allora mi sembra davvero incredibile. Non siete entrati in guerra quando c’era l’illusione del Blitzkrieg, non lo avete fatto quando eravamo nella massima crisi, lo fate adesso che c’è una sola Fronte aperta? Scusatemi, non ci riesco proprio a credere; in ogni caso, non sarà mai una conseguenza necessaria dell’ucronia, tantomeno del suo Punto di Divergenza. Da qui si cambia traiettoria. Se siete neutrali nel 1915, lo siete a maggior ragione nel 1917; casomai, dati i precedenti, Vi potrebbe venire la tentazione in caso di sfacelo degli Imperi Centrali nel 1918, ma in queste condizioni la Fronte Balcanica non si riapre e quindi – siccome non mi sogno certo di affermare che gli Stati Uniti non vincano – la Resa parte da Hindenburg e Ludendorff; ovviamente vengono sgomberate anche la Serbia e l’Albania (e quel pochissimo di Romania che era stato annesso) – e qui potete dare il meglio di Voi stessi annettendoVi (almeno di fatto) l’Albania come compenso per la fusione fra Serbia e Montenegro (la Jugoslavia si ferma a questo) – ma tutto il resto rimane invariato, il che vuol dire che, come la Romania approfitta della sconfitta della pur sua alleata Russia, così fanno anche gli Imperi Centrali e la Polonia (ricordiamoci che la Polonia era già rinata ed era destinata all’Unione Personale con l’Austria-Ungheria). Sarà anzi nell’interesse dell’Intesa mantenere l’equilibrio fra Bol’ševiki e Imperi Centrali a favore di questi ultimi, che al contempo fanno da Cordone Sanitario e hanno anche adeguate risorse per poter pagare fino all’ultimo le Riparazioni di Guerra (infatti voler esigere un indennizzo dal Nemico e prima disperdere tutti i suoi averi fra i suoi Vicini è un atto geopolitico paragonabile alla classica scena comica in cui uno sega il ramo su cui sta seduto; gli effetti se ne sono puntualmente visti).

L’abdicazione del Kaiser Guglielmo era una delle condizioni della Resa; quella di Carlo no. Quindi lo scenario diventa: - Voi Vi annettete l’Albania senza aver sparato un colpo; - noi rimaniamo nei confini di Brest-Litovsk (nessuno vuole riaprire il conflitto), sgomberiamo tutto il resto e paghiamo le Riparazioni di Guerra fino alla Crisi del '29.

Non solo; senza il Fascismo, anche il Nazismo è diverso e, ammessa la Repubblica di Weimar (che in questo caso, ricordiamoci, si estende fino alla Finlandia e alla Transcaucasia, eccettuate Polonia e Ucraina austroungariche) e la Vittoria delle Destre nel 1932, si arriva con ogni verosimiglianza a una Restaurazione Monarchica.

In Austria-Ungheria-Polonia-Ucraina, anziché Dollfuß è più probabile che sia Cancelliere Starhemberg o Schuschnigg; non c’è Anschluß alla Germania, ma della Germania – più o meno appunto intorno al 1938 – nel quadro del mai abbandonato progetto di Mitteleuropa (il Kronprinz Guglielmo è Re di Prussia, ma unico Kaiser è Carlo).

Dunque niente Crisi dei Sudeti né di Danzica, che sono già rispettivamente della Monarchia e del Reich; Stalin può nutrire nostalgie di riannessione della Georgia, ma si troverebbe tutti contro. Quindi niente Seconda Guerra Mondiale, Voi Vi tenete il Trentino, l’Albania e le Colonie, tutto il resto rimane a noi. Non sono stato io a fare tutti i passaggi da Cialdini a Giolitti (non ne sarei stato in grado): li prendo così come sono e ne traggo le conseguenze (su queste mi sento un po’ meno insicuro).

Da notare che Hitler è comunque al potere, anche se non detiene il Potere (tantomeno tutto); la macchina bellica del Reich ha perlomeno le stesse potenzialità della nostra Storia (ha dovuto pagare più Riparazioni di Guerra, ma detiene il sestuplo di risorse territoriali, compreso il petrolio del Caucaso). Se stabilisce con Stalin un accordo vantaggioso per entrambi (investimenti contro materie prime), è possibile che la prima Bomba Atomica sia mitteleuropea.

Probabilmente Carlo muore comunque prima di De Gasperi, che muore due anni prima di Starhemberg, cui dunque prima o poi succede Schuschnigg, che potrebbe rimanere in carica fino alla morte (nel 1977, quando forse anche Hitler è ormai nel novero dei più).

Gli Stati Uniti si realizzano nella Macroregione della Panamerica, mentre Francia e Regno Unito conservano i loro Imperi Coloniali. Il Giappone non ha dovuto puntare alla Guerra del Pacifico e quindi anche la Storia della Cina sarà molto probabilmente assai diversa; Brežnev non può tenere l’URSS contemporaneamente contro gli Stati Uniti (in America Latina), l’Impero Britannico (in Africa e India) e la Francia (in Africa e Indocina) in rivalità ideologica, contro l’Unione Mitteleuropea per il Revanchismo e contro il Giappone per la Cina.

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Passiamo alla pensata di Enrico Pizzo:

Con l'obiettivo di ricompattare il Fronte di Stresa e porre fine alla seconda guerra Italo - Etiopica nel Dicembre del '35 il Primo Ministro Francese Pierre Laval ed il Segretario di Stato Britannico Samuel Hoare prepararono un piano per la spartizione dell'Abissinia.
Il patto, ufficialmente volto ad una migliore definizione del confine Italo - Etiopico, prevedeva che le province Abissine dell'Ogaden e del Tigrai passassero sotto la sovranità Italiana, che avrebbe avuto anche l'influenza economica su tutto il Corno d'Africa, mentre l'Etiopia, seppur di ridotte dimensioni, sarebbe sopravissuta come nazione indipendente.
Mussolini si era informalmente disposto ad accettare il patto quando, il 13 Dicembre, la stampa Francese non ne venne a conoscenza denunciandolo come un tradimento verso gli Abissini.
Lo scandalo causato portò alle dimissioni di Laval e Hoare, oltre alla formale denuncia da parte del Governo Britannico.
Ipotizziamo invece che la stampa non venga a conoscenza dell'esistenza del Patto, consentendo così alla Società delle Nazioni di convocare una conferenza di pace a tre, Italia Francia e Gran Bretagna, in cui viene annunciato pubblicamente il raggiungimento dell'accordo ed il termine delle ostilità nel Corno d'Africa.
Come potrebbe cambiare la Storia?

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E ora, l'ucronia contraria di Inuyasha Han'yō:

Quando nell'ottobre 1935 l'Italia invase l'Etiopia Inghilterra e Francia, pur condannando l'aggressione italiana, non mossero un dito in favore della nazione invasa. Le forze etiopi, arretrate, furono sbaragliate da quelle italiane, munite di carri armati e gas venefici, il negus Hailè Selassiè andò in esilio a Londra mentre Mussolini proclama da Roma la rinascita dell'impero e la formazione dell'Africa Orientale Italiana,che sarebbe durata circa cinque anni, finendo poi a causa dell'occupazione delle truppe inglesi che restaurarono il negus sul trono. Ma se Londra e Parigi non si limitano a proteste formali e fossero intervenute in sostegno dell'Etiopia? Si aprono tre scenari:

1) Mussolini getta la spugna e si torna allo status quo, l'Etiopia diventa un protettorato inglese.

2) L'Italia perde Eritrea e Somalia, che vanno all'Inghilterra (o all'Etiopia, a titolo di "risarcimento" per l'aggressione).

3) Mussolini, che non è estraneo a decisioni suicide/insensate, decide di allargare il conflitto attaccando Algeria, Tunisia, Egitto e magari il territorio metropolitano francese, più Malta e la Corsica. Ovviamente tali azioni si rivelano un boomerang: le colonie vanno perdute, i franco-inglesi occupano la Sicilia, la Sardegna, il Piemonte, la Liguria e la val D'Aosta. Ora, a meno che non abbia luogo un 25 luglio anticipato, la penisola viene interamente occupata e il regime crolla di schianto. Se siamo fortunati perdiamo solo le colonie, se non lo siamo anche le isole e magari Aosta, Torino e Genova.

Quali sviluppi, in tutti e tre i casi?

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Gli replica Tommaso Mazzoni:

1) Figuraccia assoluta, Mussolini incolpa Badoglio e Graziani che vengono mandati a zappare l'orto, e qualche mese dopo segue il consiglio di Rachele, si ritira dalla politica e va ad allevare polli sotto la Rocca. Ciano viene eletto Primo Ministro, e riprende una politica Filo-britannica; Hitler deve cercare alleati altrove.

2) Idem, ma a questo punto il Duce viene proprio defenestrato da Vittorio Emanuele III, che nomina un monarchico di ferro alla presidenza del consiglio, e disarma il PNF.

3) 25 Luglio Anticipato, Hitler avrà qualche problema in più, perché, con l'Italia occupata anche solo parzialmente e gli eserciti Franco-Britannici gia mobilitati dovrà rivedere parecchi piani. Il regime crolla, il PNF è sciolto, le leggi Fascistissime sono abrogate; Vittorio Emanuele III abdica, e non essendo avvenuta la fuga a Brindisi, Umberto II vince il referendum, ma è costretto ad accettare una nuova e più democratica costituzione. Probabile vittoria delle Sinistre moderate.

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Anche Enrico Pellerito dice la sua in proposito:

Se la Francia e il Regno Unito intervengono davvero, dichiarando guerra all'Italia, le cose non sono semplici, ma l'itinerario ipotizzato è verosimile.
Il conflitto, non può certo limitarsi al territorio etiope, dove Mussolini può scordarsi di rinforzare ulteriormente l'Eritrea e la Somalia, trovando chiuso il Canale di Suez e diventando lo Stretto di Gibilterra una specie di trappola.
La guarnigione francese a Gibuti non è robusta, né lo è quella britannica nel Somaliland, però possono entrambe venire rimpolpate, dall'India per esempio, mentre altri contingenti britannici presenti nei territori africani possono venire spostati e dar man forte alle truppe etiopi, le quali avranno migliori possibilità per contenere gli Italiani, potendo pure, dopo un po', passare all'offensiva e riuscire ad occupare, sempre con il concorso degli alleati, le colonie nemiche.
Le quali colonie non è detto andranno sotto dominio del Re dei re e Leone di Giuda; forse l'Eritrea, che invece, credo si papperà la Francia, mentre la Somalia è troppo ambita per i Britannici che potranno così completare il collegamento terrestre tra il Golfo di Aden e il Kenia.
Passiamo in Libia.
In linea teorica, le truppe italiane presenti sulla "quarta sponda" sono parecchie, ma poco motorizzate.
Forze britanniche sono presenti in Egitto, in quantità ridotta, ma dalla loro, come accadrà nel 1940, c'è il vantaggio della quasi completa motorizzazione, oltre all'addestramento ad una guerra nel deserto che mette la mobilità al primo posto.
I Francesi non hanno ancora applicato in Tunisia la dottrina della fortificazione (lo faranno a partire dal 1936, dopo che fu evitata la guerra contro l'Italia proprio a causa dell'invasione dell'Etiopia e in previsione di future crisi), quindi potrebbero anche loro puntare ad un'azione combinata insieme ai Britannici dell'Egitto, tendente a infliggere potenti colpi agli Italiani, con il fine ultimo di conquistare la colonia e strapparla al nemico (Tripolitania e Fezzan alla Francia, Cirenaica all'impero britannico).
I Francesi possono schierare un dispositivo numeroso, non mobile come quello britannico, ma certamente molto di più di quello italiano.
Probabilmente la guerra si articolerà in offensive che terranno impegnati gli Italiani e toglieranno loro l'iniziativa, costringendoli a trincerarsi sulle prime linee e a fortificare i centri urbani; di volta in volta verranno persi capisaldi, attaccati dalle truppe corazzate e aggirati da quelle motorizzate, insomma qualcosa di molto simile a quanto accaduto in HL alla fine del 1940.
Quanto resisterà il Regio Esercito, considerando che, come per le unità consorelle in Eritrea e in Somalia, i rifornimenti dalla madrepatria verranno bloccati dall'azione della Marine Nationale e dalla Royal Navy?
Le cui flotte, in caso di scontro con la Regia Marina, pur subendo anch'esse cospicue perdite, saranno avvantaggiate, non dagli impianti radar che nel 1934 ancora non saranno installati sulle navi, ma certamente da una progressiva superiorità numerica e dall'impiego delle portaerei.
A questo proposito, ricordo che potremmo pure trovarci di fronte ad una qualche azione tipo un anticipato attacco notturno a Taranto, dato che ai Britannici non manca certo l'iniziativa, l'estro e i mezzi per attuarla; un "azzoppamento" della componente primaria della marina italiana sarebbe davvero un motivo per far ritenere la guerra persa, non potendosi più mantenere la difesa a garanzia delle importazioni via mare (in ogni modo già diminuite per l'applicazione, stavolta rigida ed osservata, delle sanzioni decise dalla Società delle Nazioni e ricordiamoci nel 1934 l'URSS entra nella lega in questione, mentre credo che una volta scoppiato un conflitto tra l'Italia fascista e le democrazie europee, difficilmente le compagnie petrolifere USA avrebbero proseguito a rifornire la prima).
Diversa la situazione in Europa.
Attaccare le Alpi non è agevole, né tanto meno salutare, sia per i Francesi, sia per gli Italiani.
Mi permetto di fare notare che il Midi francese non è tuttora abbondante di infrastrutture viarie che consentono un agevole e celere trasferimento di truppe mobili, onde procedere ad un'offensiva affrontando un apparato militare qualitativamente di poco inferiore, ma quantitativamente numeroso.
Al contrario, il Nord- Ovest italiano è molto meglio dotato di reti ferroviarie e stradali, il che permettere di trasportare meglio le truppe e garantire i rifornimenti (cosa che, ora vedremo, non è detto potrà essere garantita), ma handicap che vale per tutti e due gli eserciti, come ho detto, è cercare di valicare le Alpi e portare la propria potenza in territorio nemico; indubbio, invece, è il principio della difesa, che garantirebbe ad entrambe le nazioni una sostanziale impasse su quel/la fronte, limitandosi a scambi di colpi di artiglieria sulle opposte fortificazioni, che presumo vedranno vittoriosi i Francesi, come accadde nel giugno del 1940 e a scaramucce da parte di pattuglie che si scontreranno con le omologhe formazioni.
Secondo me, qualsiasi operazione di largo respiro dell'una o dell'altra parte sarebbe destinata ad infrangersi contro le fortificazioni e le difese nemiche.
Per cui dubito che possano avvenire occupazioni di parte della Savoia o del Piemonte, come di porzioni della Costa Azzurra o della Liguria; se poi i Francesi occuperanno ampie zone oltreconfine, dopo che si giunge ad un armistizio, è un altra cosa.
Sul resto dei rispettivi territori nazionali, potrà scatenarsi una guerra aerea con reciproci bombardamenti, e tecnicamente parlando, la Regia Aeronautica, in quel momento, può dirsi equivalente alle aviazioni nemiche, solo che anche qui può diventare una questione di numeri, potendo la RAF trasferire negli aeroporti della Francia centromeridionale una certa quantità di mezzi il che significherà fornire un notevole plus all''Armée de l'air.
Parabola significa che ci saranno feroci scontri tra i caccia avversari e notevoli disastri operati dai bombardieri, sulle città, gli impianti industriali, i porti, la viabilità di qualsiasi tipo, ma col tempo, parliamo di mesi, gli Italiani si troveranno in inferiorità e allora la difesa del cielo nazionale e del territorio comincerà a scemare e i danni ad aumentare, proprio perché assisteremmo ad un graduale ma sempre più sostenuto isolamento del Regno d'Italia, che dovrebbe fare riferimento alle risorse nazionali, di per se non certo notevoli.
Probabile che il grano potrà bastare, ma il carbone dalla Germania sarà difficile ottenerlo, perché la rete ferroviaria del Nord-Est sarà soggetta a continui martellanti bombardamenti da parte dei mezzi aerei a lungo raggio, mentre Mussolini, a quel punto. può dire addio al petrolio dall'URSS o dagli USA, a prescindere dal sempre più ferreo blocco navale.
Per carità, la flotta di superficie cercherò di contrastare il nemico e per quest'ultimo i sommergibili della Regia Marina costituiranno un problema (e si copriranno pure di gloria), ma il problema è che dopo un annetto comincerà a scarseggiare anche la nafta per rifornire le unità navali.
Lo stesso discorso vale per la benzina avio e per tutti gli altri tipi di carburante.
A mio modesto avviso, dunque, dopo aver perso le colonie africane e, non dico la Sardegna e/o la Sicilia (per le quali il blocco navale costituirà un problema ancor più pressante rispetto alla penisola) certamente il Dodecanneso.
Con i rifornimenti sempre più al lumicino, le prospettive possono essere quelle ipotizzate da Inuyasha, con una richiesta di armistizio per evitare una disfatta ancora più sonora.

1) se Mussolini getta la spugna prima di perdere territorio, come dice Tommaso fa una brutta figura e in politica interna la sua posizione s'indebolisce, anche se cercherà di evitare sconvolgimenti, ma che venga "affiancato" da alcune figure, come quella citata di Ciano, è il minimo.
Seguirà un periodo più o meno lungo, Tommaso parla di mesi, ma in teoria è possibile anche qualche anno, dove progressivamente il duce perderà peso politico e il suo prestigio resterà solo formale, fino al ritiro definitivo, per andare a fare compagnia nell'orto a Badoglio e Graziani o ad allevare polli.
Non vedo, comunque, il motivo per cui l'imperatore etiope debba accettare un protettorato straniero nel vero e proprio senso del termine, sarà qualcosa di un po' più soft, probabilmente, una tutela franco-britannica tendente a far diventare l'Etiopia un mercato per le due economie europee.

2) L'Italia perde "solo" l'Eritrea e l'Etiopia, certo non è una cosa immediata, le truppe presenti nei territori in questione cercheranno di opporsi, ma come abbiamo visto, e i vertici militari italiani ne erano perfettamente consapevoli, le opportunità a favore semplicemente non esistevano; concordo anche qui con le conclusioni di Tommaso.

3) Per i motivi sopra esposti, giudico difficile che si giunga all'occupazione del territorio continentale (ed anche insulare) italiano, ritenendo più probabile la ricerca di un compromesso prima che avvenga un sostanziale cambio di vertice a Roma, ma certo che se la guerra continua e il Duce s'intestardisce, ammesso gli riescano gli sbarchi in Corsica e a Malta (dovendosi confrontare le flotte), credo che dovrebbe dire addio a queste conquiste, insieme, come detto, a quanto l'Italia possiede di suo oltremare.

Se la protervia prosegue, allora si può pure pensare ad uno sbarco alleato nelle isole maggiori, ma ritengo, invece, che un 25 luglio anticipato avverrebbe prima di tali operazioni, già di fronte ad una simile minaccia e, sempre secondo me, non vedo motivo per un'abdicazione di Vittorio Emanuele; in ogni caso, se gli si volesse imputare la salita al potere del fascismo, il passaggio della corona ad Umberto sarebbe qualcosa di automatico, senza bisogno che si verifichino referendum.
Altamente probabile, comunque, il progressivo e graduale percorso verso una monarchia davvero parlamentare e una nuova e più democratica versione dello Statuto Albertino.
La Germania hitleriana dovrà assistere impotente agli sviluppi di questa guerra e la dimostrazione di potenza franco-britannica potrebbe influire sulla volontà a percorrere certe strade, come la stessa richiesta di procedere al referendum nella Saar, per non parlare dell'occupazione della Renania.
Se, comunque, Hitler cercherà di proseguire nei suoi intendimenti, nel futuro si troverà anche l'Italia a tentare di sbarrargli il passo.
Che questo possa essere davvero un problema per il "caporale boemo" è da vedersi, dato che il Regno d'Italia non potrà rappresentare un concreto pericolo militare, soprattutto con le probabili misure restrittive in questo campo imposte da Londra e Parigi dopo la conclusione del conflitto.
Forse una parte degli Italiani non sarà disposta a schierarsi contro la Germania, sperando in una "revanscistica" vendetta contro i recenti nemici che li hanno umiliati, e allora si potrebbe assistere ad un voltafaccia e, forse, ad una guerra civile, ma qui si apre un altro capitolo.

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E Never75 rincara la dose:

Mussolini aveva moltissimi difetti, ma di certo non era poi così sprovveduto. Se Francia e UK davvero avessero minacciato l'Italia con il rischio di dichiararle guerra, lui sapeva benissimo di non riuscire a battere DA SOLO neppure una delle due. Ricordiamo che a quell'epoca gli unici alleati del nostro Paese erano proprio Francia e UK, altri non ne aveva!

Secondo me finirebbe tutto più o meno come la crisi di Corfù del '23, con l'Italia che alle prime minacce fa dietrofront con le pive nel sacco. Mussolini ci perde talmente la faccia che all'interno del PNF è la volta della resa dei conti e magari pure Sciaboletta si sveglia e, d'accordo con altri gerarchi, pianifica un'eventuale sostituzione al vertice dello Stato. Insomma: la "crisi" etiope mette a rischio la tenuta del Regime se non la stessa dittatura, una sorta di Falkland o di Suez ma stavolta in salsa italiota.

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Non possiamo non citare l'autorevole parere di Enrico Pellerito:

In questo ultimo periodo mi sono confrontato con alcuni appassionati di storia militare relativamente ad un aspetto ucronico che ho sollevato. Diciamo che, rispetto agli storici non specificatamente "militaristici", la dinamica alternativa di un avvenimento storico bellico non risulta affatto ostica nell'ambiente che si interessa della materia, anzi; valutare scelte e comportamenti che sono intervenuti in un contesto specifico viene fatto, non solo tra i semplici cultori, ma anche e sopratutto fra gli strateghi, in uniforme o meno.

Di norma si distingue tra il caso, effetto imponderabile (e per questo mutevole) e la decisione umana, nella fattispecie quella di chi ha causato la disfatta propria e di coloro che guidava, onde cercare di giungere a probabili differenti conclusioni di una determinata battaglia. Parola d'ordine è, sempre e comunque, plausibilità.

Proprio i recenti dialoghi su alcuni eventi della storia bellica umana, dove mi sono confrontato con persone molto più preparate di me, mi hanno fatto riconsiderare quanto le implicazioni riguardo la plausibilità sono assolutamente necessarie per un approccio scientifico di questi argomenti. A tale proposito, alcune fra le ultime proposte ucroniche che si sono lette su queste pagine credo abbiano fatto poco riferimento proprio all'aspetto della plausibilità.

Immaginare un'Italia che si unifica nei periodi che sono stati prospettati è già un esercizio abbastanza difficoltoso, volendo tenere nella debita ed equilibrata considerazione le condizioni ambientali politiche, le forze in gioco, le ambizioni territoriali e le aspirazioni umane degli attori europei presenti nelle coeve epoche.

Volendo anche retrodatare un'Italia unita sotto un impero romano che non solo riesce a sopravvivere, ma addirittura ad espandersi colonizzando un'ampia parte del globo, è scientificamente difficoltoso.

Pure questa voglia di vedere colonie italiane un po' dappertutto mi sembra realisticamente inattuabile. Lo so bene che il nostro "lavoro" è immaginare, ma, per l'appunto, dobbiamo valutare il tutto nell'ottica della plausibilità su ricordata, senza fare ricorso alla faciloneria, con il rischio di sviluppare processi più fantascientifici (realizzabili in dimensioni parallele o su altri pianeti) che fantastorici sulla base di una modifica dei fatti succeduti sul nostro pianeta.

Che poi gli Italiani, dopo aver raggiunto una determinata tappa risorgimentale, si siano guardati intorno e abbiano voluto partecipare alla corsa alle colonie (quando ormai era rimasto ben poco di "ricco" da occupare) personalmente lo considero una mancata occasione per evitare di palesare un lato affatto umano.

Le porcherie che si sono fatte nei confronti degli arabi libici, degli Eritrei, dei Somali e degli Abissini sono state le stesse che altri popoli "bianchi" hanno fatto in Africa durante il colonialismo.

Un fratello di mio padre, classe 1910, venne richiamato in servizio ed inquadrato nei contingenti che avanzavano dalla Somalia contro l'impero d'Etiopia nel 1935.

Ciò che vide (donne incinte sventrate con le baionette, tiro a segno su civili che venivano incontrati ai margini delle strade durante l'avanzata, perfino sperimentare quanto esplosivo fosse necessario per "disintegrare" totalmente un uomo e mi fermo qui) lo disgustò a tal punto che, nonostante la retorica patriottica e fascista influenzasse moltissimo gli Italiani dell'epoca, pensò addirittura di disertare e riparare in Kenia, ma poi non lo fece per evitare ripercussioni ai familiari in Italia.

Attenzione, gli Abissini non erano da meno nel mostrarsi crudeli, ma qualsiasi atto nefando può giustificare una risposta bestiale?

Terminata la guerra non finirono gli episodi di feroce brutalità, come dopo l'attentato a Graziani nel 1937 e le varie operazioni di repressione per contrastare la guerriglia etiopica, ma anche senza fucilazioni e impiccagioni la stessa colonizzazione sarebbe stata (ed era) qualcosa di infame e di ignobile: sfruttare in modo pressoché schiavistico la manodopera locale, rapinare le risorse del territorio conquistato, perfino soddisfare i propri appetiti sessuali facendo leva sulla minaccia dell'uso della forza, stuprando allegramente senza temere ritorsioni giudiziarie.

E non è che il comportamento fosse tanto differente in Libia, in Eritrea e in Somalia. Qualunque colonialismo ha significato preponderantemente sfruttamento, violenza e rappresaglie. Pensiamo che si possa immaginare una politica colonialistica italiana differente? Per non parlare delle richieste governative riguardo al fatto che le colonie prefasciste dovevano restare sotto il dominio italiano. Paradossale che perfino le Sinistre guidate da Nenni e Togliatti non si opponessero a ciò.

Durante il convegno sugli interessi italiani in Africa che si svolse a Roma nel 1947, alti esponenti del Pci e del Psi non si fecero scrupolo di prendere posizione a favore dei "diritti" sulle ex colonie prefasciste (cfr. "Il Pci e il movimento dei paesi non allineati 1955-1975" di Marco Galeazzi).
Almeno in Francia, con l'eccezione particolare dell'Algeria, le sinistre mostrarono un po' più di coerenza ai principi cui si rifacevano, riguardo la politica da attuare in Africa e in Vietnam.

La detta mentalità colonialista italiana si perpetuò con il mandato fiduciario che le Nazioni Unite concessero nel 1950 per quanto riguardava la Somalia. Una parte dell'opinione pubblica italiana, compresa una fetta della classe politica, riteneva che detto mandato dovesse rappresentare l'occasione per mantenere un dominio effettivo in Africa, facendo di tutto per rallentare, boicottare e alla fine inficiare del tutto il processo di accompagnamento all'indipendenza della Somalia.

Le cose invece andarono in maniera differente e nel modo stabilito dalle Nazioni Unite.

Obbiettivamente, una capacità da parte degli Italiani di conquistare mezzo mondo a tal punto che oggi la lingua più parlata nel mondo sia quella del "si", mi pare davvero implausibile (almeno oggi l'italiano è la quarta lingua più studiata).

La supremazia di alcune entità confinanti avrebbe impedito, come in effetti accaduto, la possibilità concreta di un'unificazione anticipata in epoca medievale o moderna.

Nella migliore delle ipotesi, comunque, come diceva Bismarck, avremmo avuto "...un grande appetito, ma denti piccolissimi" per soddisfarlo.

En passant, relativamente alla discussione cui ho fatto riferimento all'inizio, ho chiesto di individuare un singolo scontro la cui diversa conclusione avrebbe potuto influenzare a tal punto le dinamiche storiche per come le conosciamo.

In particolare, considerando anche la mole di informazioni di cui oggi si può disporre e trattandosi di un fatto di storia contemporanea, io ho proposto la battaglia di Midway, ritenendo che una vittoria nipponica avrebbe potuto incidere sulle scelte strategiche degli Usa, con conseguenze davvero rischiose per gli alleati.

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E Bhrihskwobhloukstroy si è mostrato d'accordo con lui:

Il Colonialismo – le cui atrocità i novelli Camerati nostrani in occhiali da sole degli anni Duemila trasformano in ideale politico come fosse il Sionismo – è stato lo sfogo (sleale, perché accompagnato da uno squilibrio tecnologico al cui confronto i Mongoli in Europa erano nobili Cavalieri senza macchia) delle Potenze Atlantiche e della Russia bloccate su altre Fronti dalle reciproche contrapposizioni e dall'Impero Ottomano. L'Italia, intesa negli angusti confini del tardo XIX-XX secolo, era per mezzo millennio completamente circondata (e nel precedente non avrebbe avuto le condizioni per evitarlo poi) e Genova o Venezia non erano affatto Italia (se non nell'accezione sacro-romano-imperiale del nome), soprattutto se si fossero espanse avrebbero creato qualcosa di molto diverso dall'«Italia» (Venezia una sorta di Impero Neobizantino, Genova - come i Visconti o i Savoia o la Catalogna – una diversa Nazione romanza, più o meno una Grande Provenza) e in ogni caso per arrivare al famigerato Colonialismo avrebbero dovuto avere il completo controllo di un Regno Atlantico (come Portogallo, Spagna, Francia o Inghilterra) o perlomeno di una simbiosi con la Cina (come l'Olanda).

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Chiudiamo per ora con il contributo di Dario Carcano:

Ieri sera ho visto il film del 1981 "Il leone del deserto", diretto da Mustafa Akkad e incentrato sulla figura del patriota cirenaico Omar al-Mukhtar, nel film impersonato da Anthony Quinn.

Il film ha per oggetto la sanguinosa "riconquista" della Libia condotta dalle nostre forze armate tra il 1922 e il 1932, durante la quale al-Mukhtar fu leader della resistenza anti-italiana in Cirenaica.

La lotta di al-Mukhtar contro gli italiani, guidati da Rodolfo Graziani e dal duca Amedeo di Savoia-Aosta, interpretati rispettivamente da Oliver Reed e Sky du Mont, è impari fin dall'inizio: gli uomini di al-Mukhtar combattono con vecchi fucili e si spostano a cavallo, mentre gli italiani hanno mitragliatrici, autoblinde, aerei e carri armati. Questa disparità è ulteriormente evidenziata dal contrasto tra le case dei beduini, e i rifugi dei combattenti di al-Mukhtar, con lo sfarzo degli ambienti in cui si muovono gli italiani, sia i palazzi romani dove Graziani incontra Mussolini per riferire sull'andamento della guerra, sia lo studio a Bengasi dello stesso Graziani.

Una lotta impari, in cui però gli italiani non risparmiano i crimini e le atrocità quando, inaspettatamente, gli uomini di al-Mukhtar continuano a dare filo da torcere ai colonizzatori. Così Graziani ordina rastrellamenti contro la popolazione civile, deportazioni di massa, uso di armi chimiche (tra cui l'iprite, che troverà un ulteriore impiego in Etiopia), e infine la costruzione di un muro di filo spinato lungo 270 km da Bardia a Giarabub, così da bloccare agli uomini di al-Mukhtar la possibilità di ricevere rifornimenti dall'Egitto.

Alla fine, i mezzi degli italiani permettono a Graziani di aver ragione di al-Mukhtar. Dopo un confronto finale tra il protagonista e l'antagonista del film, in cui al-Mukhtar espone al generale italiano la sua visione sulle ragioni della guerra che per vent'anni ha condotto contro l'Italia, e un processo-farsa per tradimento in cui il difensore di al-Mukhtar, il capitano Roberto Lontano, subisce un duro rimprovero dai suoi superiori per aver preso troppo alla lettera il suo ruolo di difensore del patriota cirenaico, Omar al-Mukhtar viene infine giustiziato il 16 settembre 1931, nel campo di concentramento di Soluch, sotto agli occhi di oltre ventimila cirenaici. Le sue ultime parole furono il versetto del Corano "Innā li-llāhi wa innā ilayHi rāgiʿūna" ("A Dio apparteniamo ed a Lui ritorniamo").

Il film ha una storia quasi leggendaria in Italia, perché - a causa dell'argomento trattato - è stato a lungo censurato dal governo italiano, essendo ritenuto lesivo dell'onore dell'esercito italiano, e in oltre quarant'anni non è mai stato proiettato ufficialmente nei cinema (nel 1987 la DIGOS interruppe una proiezione in un cinema di Trento) ed è stato trasmesso in televisione una sola volta, nel 2009 da parte della TV a pagamento Sky, in occasione di una visita in Italia di Muʿammar Gheddafi (visita - l'unica visita ufficiale del dittatore libico in Italia - durante la quale il rais si presentò all'aeroporto di Ciampino accompagnato dall'anziano figlio di al-Mukhtar, con appuntata al petto la fotografia che ne ritraeva l'arresto), non un caso, considerando sia che Gheddafi ha sempre voluto dare di sé l'immagine di un eroe anti-coloniale, sia il proprio ruolo nella produzione del film di Akkad, che aiutò con un finanziamento di 35 milioni di dollari, in cambio però dell'inclusione di una scena (storicamente inesatta) che mettesse in cattiva luce i Senussi, in modo da separare la figura di al-Mukhtar, suo riferimento ideale, da quella di re Idris I, capo dei Senussi deposto dal colpo di stato di Gheddafi. Il film è reperibile su YouTube in lingua italiana a questo link.

Sotto, la foto dell'arresto di Omar al-Mukhtar, che Gheddafi in quei giorni puntava appuntata alla giacca dell'uniforme.

Passando ad un giudizio sul film vero e proprio, posso dire tranquillamente che "Il leone del deserto" è uno dei migliori film di guerra che abbia visto. La recitazione degli attori è ottima (e non potrebbe essere altrimenti, considerando il livello del cast nel film), i dialoghi mi sono piaciuti e il film offre, nel complesso, una rappresentazione storicamente fedele (anche se un po' romanzata) della sanguinosa 'riconquista' della Libia portata avanti dall'Italia e dal fascismo.

Su quest'ultimo punto, ci tengo a precisare il ruolo non solo del fascismo, ma di tutto il governo italiano. Infatti, troppo spesso nella stampa e saggistica italiana si tende ad attribuire i crimini del colonialismo italiano solo ed esclusivamente al fascismo, e a considerare le vittime del colonialismo 'vittime del fascismo', mettendo così sullo stesso piano gli italiani oppressi dalla tirannia fascista e i colonizzati oppressi dal regime coloniale.

Ma il fascismo è solo una minima parte della storia del colonialismo italiano, e i crimini commessi in Libia sono stati commessi da tutto lo Stato italiano, non solo dal fascismo. E lo stesso film vuole evidenziare questo aspetto nelle molte scene in cui, accanto al generale Graziani, viene mostrato il duca Amedeo di Savoia-Aosta, in quegli anni effettivamente impegnato in Cirenaica, sia in ruoli di comando (fu il vice-comandante della colonna italiana che prese d'assalto l'oasi di Cufra, che poi nei giorni successivi la conquista si abbandonò a violenze di vario genere contro la locale popolazione civile) sia nel ruolo di pilota d'aviazione, quelli che la Wikipedia italiana menzione come 'ardite azioni in volo sulla Cirenaica', mentre la Wikipedia in lingua inglese scrive come queste 'azioni ardite' fossero il mitragliamento dal cielo di beduini che non avevano altro mezzo di difesa se non fucili.

La presenza nel film del duca Amedeo sottolinea proprio come l'intero Stato italiano (monarchia compresa) fosse complice dei crimini del fascismo, e il colonialismo fascista sia stato la continuazione del colonialismo liberale, anch'esso caratterizzato da razzismo e violenza contro i civili. Una verità che però troppo spesso si vuole dimenticare, così come si preferisce tacere sui crimini perpetrati dalle forze armate italiane nelle colonie.

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Se volete contribuire alla discussione, scriveteci a questo indirizzo.


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