Venexia in America!

di Homer


1472-1479: La Serenissima è impegnata da tempo in guerre con i Turchi, su tutti i fronti, dalla Grecia, all’Egeo,alla Dalmazia e pure in Istria, senza contare le lotte con gli altri Stati Italiani. In questo anno la veneziana Caterina Cornaro sposa il Re di Cipro, mentre tutti i domini veneziani resistono alla enorme massa turca. Nel 1473 i nobili Ciprioti cacciano la Cornaro da Cipro in seguito alla morte del Re. L’Anno successivo una flotta veneziana al comando di Pietro Mocenigo entra a Famagosta imponendo la restaurazione della Regina e tornando nell’Adriatico rompe l’assedio turco di Scutari, in Albania. Nel 1477 i Turchi assediano Lepanto che resiste, mentre però varcano Isonzo e Tagliamento, entrando in Friuli. Nel 1478 cadono sia Croia che Scutari, e l’anno seguente con la pace con la Sublime Porta Venezia cede gran parte delle Cicladi, l’intera Eubea,l’Albania, il Negroponte e Lemno oltre a diecimila ducati per il commercio nell’Egeo.

1480-1500: Santa Maura e Cefalonia cadono in mani Turche che incendiano pure Otranto. Tra 1481 e 1484 Venezia sostiene una guerra contro Ferrara e Napoli che si conclude con la riconquista del Polesine e di Rovigo. Nel 1487 Bartolomeo Diaz termina la circumnavigazione dell’Africa. Nel 1489 Caterina Cornaro cede a Venezia l’interezza di Cipro, mentre due anni dopo i Veneziani perdono a favore dei Turchi Modone e le fortezze della Morea. Nel 1492 Colombo apre le rotte dell’Atlantico, la Serenissima è conscia di dover studiare queste nuove rotte e così si inizia a pensare cosa fare in futuro, soprattutto perché nel 1498 Vasco Da Gama raggiunge Calicut e lo stesso anno per la prima volta i Veneziani non hanno abbastanza denaro per accalappiare tutte le spezie al porto d’Alessandria, urgono nuove soluzioni, così viene deciso di lanciare un navigatore Veneziano alla circumnavigazione dell’Africa, è Giovanni Caboto. Nel 1499 è ancora guerra e i Turchi giungono fino a Zara e massacrano la popolazione di Corone. Il Caboto arriva nel 1500 al Capo di Buona Speranza e l’anno successivo arriva a Calicut, per comprare le spezie direttamente, il tutto è un grandissimo successo commerciale e nel 1506 Venezia inaugura tratte commerciale continue con l’India, togliendo il monopolio ai Portoghesi, il tutto ricade sulla crisi per gli Ottomani che si vedono privati di ampie entrate sul commercio, visto che ora i Veneziani si approvvigionano direttamente dal produttore.

1501-1530: Al ritorno del Caboto vengono finanziate ulteriori esplorazioni in Oriente e nel 1508 sono aperti empori a Calicut e a Goa con il disappunto Portoghese, che dopo l’Occupazione di Ormuz pensava che Venezia non avrebbe più potuto approvvigionarsi. Nel 1508 la Lega di Cambrai contro Venezia riunisce Impero,Spagna e Francia e signorie Italiane come Mantova e Ferrara. Nel 1509 la guerra vede la Lega e il Papa suo alleato vicinissime al loro intento, con il controllo veneto delle sola laguna e di Padova, ma a fine anno la situazione si risolleva un po’, l’anno seguente il Papa passa dalla parte di Venezia, negli anni successivi i continui cambi d’alleanze e intrighi rendono impossibile una esatta ricostruzione storica da parte mia, perciò li evito, la guerra di fatto si conclude nel 1529 e lo status quo per Venezia, mentre Carlo V apre il suo predominio sull’Italia. Nel 1520 arriva la Riforma Luterana nella Serenissima che non viene contrastata per l’ideologia della separazione tra Stato e Chiesa, farà pochi proseliti. Nel 1530 finisce il dominio Veneziano dei vari porti pugliesi.

1531-1600: In questi anni parte il figlio di Giovanni Caboto, Sebastiano, che viaggiando verso occidente naviga dapprima nei Caraibi e poi scende verso sud, fino al Rio de la Plata, nel 1530 i suoi luogotenenti marciano a piedi per trovare il mitico regno del Birù (Perù), giungono fino alla Bolivia, viene lasciato un piccolo insediamento chiamato San Marco a presidiare il Rio de la Plata. Nel 1537 la Sublime Porta attacca e i Veneti perdono Corfù e numerose altre isole nell’Egeo, mentre assediano Nauplia e Monemvasia minacciando allo stesso tempo Creta. Nel 1540 viene ancora firmata la pace che cede ai Turchi gli ultimi possedimenti della Morea, Nauplia, Monemvasia, le isole occupate e l’entroterra dalmata, la popolazione slava tenta di riversarsi in Dalmazia ma i Veneti si rifiutano, lasciando la Dalmazia italofona, seppur quasi deserta. Altre spedizioni verso San Marco giungono lì e iniziano una operazione di occupazione della zona circostante mentre Caboto nel 1547 naviga nei Caraibi e impianta numerose basi nelle isole Sottovento. Dal 1562 il Sultano Turco vuole prendere Cipro e inizia nel 1564 prendendo Chio e nel 1570 Cipro è evacuata eccetto Famagosta che è assediata, la quale cade nel 1571 ed è sede di un atto osceno, la scorticazione di Bragadin, e lo sterminio dei difensori dopo la promessa del Sultano che gli rendeva salva la vita. Nel 1583 sorge la Compagnia Veneta delle Indie Occidentali, che si propone la colonizzazione delle Isole Sottovento, mentre nel 1591 la zona di San Marco è organizzata con un governo locale, seppur povera di ricchezze, la colonia cresce di popolazione.

1601-1699: I Primi anni vedono più che altro ad un consolidamento delle difese nell’Egeo e delle esplorazioni commerciali in Oriente e nei Caraibi. Nel 1613 inizia la guerra contro i Pirati Uscocchi, difesi dall’Austria, nel 1517, dopo diversi eccidi e assedi si torna allo status quo, con il riconoscimento dell’Adriatico come lago Veneziano, inizia la costruzione della cosiddetta “Armada Grossa”, una flotta di velieri da affiancare alla tradizionale “Armada Sottile” composta da barche a remi per poter affrontare la potenza spagnola. Nel 1630 la peste colpisce Venezia. Nel 1639 la Compagnia Veneta delle Indie Occidentali occupa l’isola di Pellestrina (St.Vincent per noi), stabilendovi una base per la lotta contro gli Spagnoli, anche se nell’isola deve essere ancora debellata la resistenza indigena. Nella Guerra dei Trent’anni, la Serenissima mantiene una posizione del tutto marginale nel conflitto. Nel 1644 i Cavalieri di Malta fanno scalo a Creta dopo aver affondato una flotta turca, e nel 1645 una flotta turca, che pareva andasse a Malta sbarca a Creta occupando la piazzaforte di Canea, per iniziare la guerra di Candia contro Venezia per il possesso dell’Isola. Nel 1646 i Veneziani sconfiggono i Turchi a Negroponte e avviando un blocco strettissimo per i Dardanelli. Nel 1647, oltre a Pellestrina è colonizzata anche l’isola di Famagosta (St. Lucia). Nel 1648 il blocco dei Dardanelli causa la caduta del Sultano Ibrahim II. Nel 1651 i Turchi sono sconfitti a Paro dai Veneti. Nel 1656 le navi Veneziane al comando di Lazzaro Mocenigo sconfiggono i Turchi e arrivano sotto una pioggia di fuoco e a costo della vita a minacciare la stessa Istanbul, causando un panico generalizzato a corte. Nel 1660 giunge a Candia un contingente francese d’appoggio ai difensori, mentre nel 1661 i Turchi perdono a Milo. Il 5 settembre 1669, dopo 24 anni di assedio, 29.000 caduti tra i difensori e 108.000 tra gli assedianti, Francesco Morosini firma la resa di Candia con l'onore delle armi e nel 1671 Creta è definitivamente persa. Nel 1672 è occupata anche l’isola di Candia (Dominica), nelle isole Veneziane inizia uno scellerato sterminio degli Indigeni grazie al lavoro coatto, che costringe nel 1674 alla prima importazione di schiavi neri sull’isola di Pellestrina. A San Marco invece, la colonizzazione di quella che per noi è l’Argentina procede a rilento. Nel 1684 Venezia aderisce alla nuova Lega Santa contro i Turchi e conscia della sua superiorità navale dichiara guerra per prima ai Turchi, per la prima volta. Lo scalo commerciale portoghese di Goa è strappato ai Portoghesi nel 1685 e nel 1687 gli stessi per paura di ulteriori perdite cedono Timor Est a Venezia. Tra il 1684 e il 1686 i Veneziani prendono Santa Maura, Corone, La Maina, Navarino, Modone, Argo e Nauplia. Nel 1687 Francesco Morosini conquista mezza Grecia compresa Atene e l’anno successivo è presa anche la Morea. Nel 1699 dopo continui perdi e riconquista con la pace di Carlowitz, l’intero Peloponneso è ceduto a Venezia che però lo cederà ad amministratori locali eccetto per i porti più importanti e le fortezze in due anni.

1700-1800: Tra il 1700 e il 1714 diverse lotte con le grandi potenze nei Caraibi e nelle Indie che causano la perdita di Timor Est di nuovo ai Portoghesi dopo appena diciotto anni nel 1705. Nel 1714 i Veneziani lottano contro i Turchi, ma a causa d’un intrigo ordito da Austria e Impero Ottomano è costretta a cedere la Morea al Turco. Continui screzi con l’Austria fanno crollare la potenza Veneziana e anche le colonie iniziano ad alzare la testa e già nel 1772 Famagosta si solleva per cercare l’indipendenza, reprime tutto il Plenipotenziario Veneziano delle Indie Occidentali Sebastiano Venier. Nel 1777 scompare la Compagnia Veneta delle Indie Occidentali, e l’amministrazione diventa civile. San Marco ormai controlla tutto l’estuario del Rio d’Argento (Rio de la Plata) e si appresta a colonizzare tutta la zona esterna dell’Argentina. Nel 1789 va al potere l’ultimo Doge, Lodovico Manin. Nel 1797 il governo è costretto a dichiarare la fine della Repubblica Veneta e chiama i Francesi in città, i Marinai Schiavoni e la popolazione cacciano i Francesi per la prima volta, reissando il vessillo di San Marco, e la flotta è a favore del ritorno del Doge, così Napoleone è costretto a sconfiggere i Veneti e se dapprima li voleva alleati alla Francia, dopo la conquista li cedette all’Austria con il Trattato di Campoformio. Goa è annessa dai Britannici il giorno stesso della fine della Repubblica, mentre nelle colonie iniziano delle agitazioni prima che anch’essa siano annesse da potenze straniere. Così nel 1797 Famagosta e Pellestrina si dichiarano indipendenti eleggendo Doge rispettivamente Sebastiano Venier (si è riciclato) e Adelmo Visentin, nel 1798 segue Candia che si erige in una repubblica con Presidente Francesco Rizzo. San Marco diventa indipendente un anno dopo come Repubblica con Presidente Provvisorio Simone Boscolo. Nel 1800 Famagosta e Pellestrina si confederano dando vita alla Repubblica delle Isole di Famagosta e Pellestrina.

Homer

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Bandiera della Repubblica delle Isole di Famagosta e Pellestrina Bandiera della Repubblica di Candia
Bandiera della Repubblica delle
Isole di Famagosta e Pellestrina
0000 Bandiera della
Repubblica di Candia
0000
Bandiera di San Marco che diventerà Argentina
Bandiera di San Marco
che diventerà Argentina

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Ecco il commento in proposito di Adriano Boni:

Ma che lingua si parlerebbe nelle Indie Occidentali Veneziane? Prendiamo l'esempio reale: il francese del Quebec (e della Louisiana). poiché i francofoni del Nordamerica sono discendenti per maggior parte di coloni originari dalla Normandia e dalla Bretagna, emigrati tra il '600 e il '700, la loro parlata ricorda molto la variante locale, e antiquata del Francese di quelle zone.

In un scenario del genere, una comunità di veneti o più in generale di elementi allogeni venetizzati, parlerebbe una sorta di italiano con l'accento settentrionale, con elementi lessicali del veneto antico.

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Renato Balduzzi gli risponde:

Non credo. Il francese del Quebec e della Louisiana assomiglia molto alle forme regionali della Normandia e della Bretagna. Ma in quelle regioni è sempre stata parlata una forma vernacolare del francese. Diciamo, con ampie semplificazioni, che era ed è differente dalla lingua standard quanto lo può essere il grossetano o il perugino dall'italiano standard.

Il veneto invece è una lingua a tutti gli effetti, non solo abbastanza diversa dall'italiano standard (anche quello dell'età moderna), ma anche considerata dai suoi parlanti come un linguaggio prestigioso, aristocratico. Considerando che fino al 1800 inoltrato l'italiano era una lingua che si apprendeva come il latino, vedo più facile che sia il veneto a fungere da base su cui si sedimenterebbero elementi lessicali toscani, galloitalici e naturalmente nativi americani. Questo ovviamente senza contare che, in caso di unificazione italiana, i veneti farebbero di tutto per conservare la loro specificità, a maggior ragione in America, dove l'italiano non serve per le comunicazioni ed è quindi solo un impiccio.

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Adriano Boni insiste:

Quello che mi chiedo, e voglio chiedere a tutti voi, nel caso di una lingua italiana nelle Antille e in Sudamerica, quali differenze potevano essere intercorse tra le due sponde dell'Atlantico.

Ecco alcune divergenze che potevano aversi prodotto nel tempo le due lingue:

1) L'uso del passato prossimo al posto di quello remoto:
- italiano standard: ieri mangiai una mela
- italiano d'America:ieri ho mangiato una mela

2) L'uso di "essere dietro a" al posto del gerundio:
- italiano standard: sto mangiando una mela
- italiano d'America: sono dietro a mangiare una mela

3) L'uso di "o" al posto dei dittonghi in "uo":
- italiano standard: uovo, lenzuolo, nuovo, vuoto
- italiano d'America: ovo, lenzolo, novo, voto

4) L'uso di "s" al posto della "c dolce":
- italiano standard: cielo, amicizia
- italiano d'America: sielo, amisizia

5) il pronome personale soggetto quasi sempre obbligatorio:
- italiano standard: mangio una mela
- italiano d'America: io mangio una mela

6) Il troncamento delle vocali finali, soprattutto dopo consonante in "n":
- italiano standard: sperone
- italiano d'America: speron

7) Alcune differenze lessicali:
- italiano standard: cambiare, macchia, sicurezza
- italiano d'America: cangiare, tacca, sicurtà.

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E questo è l'autorevole parere di MAS:

Penso che le differenze tra l'italiano d'America (legato alla colonizzazione veneta del Nordamerica (prima dell'unità d'Italia, che ipotizziamo avvenga nel 1861 come nella nostra Timeline, con un distacco delle colonie dalla Madrepatria veneta nel 1797) e l'italiano (tosco-italiano) adottato dallo stato unitario, sarebbero state assai più evidenti.

Sicuramente l'americano sarebbe più ricco d'arcaismi e, al tempo stesso, di neologismi e le differenze grammaticali sarebbero più marcate (nei dialetti veneti e lombardo orientali c'è l'uso del pronome clitico "me a go mangiat oena mela - mi a go mangià una mela"), molti termini risulterebbero incomprensibili (tortor o pedriol = imbuto; persega o persec = pesca, pedersém = prezzemolo; selem = sedano; schei = soldi ecc.), i verbi avrebbero forse una forma interrogativa (nel lombardo orientale e in quelli veneti esiste: an vai? e non an va?), con l'uso del pronome clitico penso che il pronome non sarebbe obbligatorio (come pure in italiano).

Tipico del veneto è anche l'interrogativo-esclamativo sottinteso o vuoto usato retoricamente; alcune varianti possiedono la particella enfatica A utilizzata per rafforzare i verbi o presentarli come novità (anche nel lombardo orientale).

Il mia (minga dei lombardi occidentali) farebbe parte dell'americano.

Per farla breve, un italiano e un americano si capirebbero solo poco più che un italiano con un ispanoamericano (s simile alla nostra e non allo spagnolo), e leggere l'americano sarebbe solo di poco meno ostico che leggere in portoghese (più simile nello scritto all'italiano che lo spagnolo).

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Adriano Boni avanza un'altra pazzesca proposta:

E se fosse stato Il Nordamerica la cosiddetta "Nuova Venezia", invece dei Caraibi e dell'Argentina? Il veneto (italo)americano sarebbe diventato la lingua più importante del mondo... così tanto da essere dominante rispetto all'italiano d'Europa!

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Renato Balduzzi va a ruota libera:

La prospettiva è davvero interessante. Ad esempio, Boston e Charleston non si chiamerebbero così, ma piuttosto "Bustòn" o "Ciarlestòn". New York sarebbe "Nova Venexia", con relativo stato omonimo. Le città dal nome ricalcato da località inglesi avrebbe un corrispettivo lombardo veneto. Birmingham potrebbe chiamarsi Berghemo (dal nome locale Berghem), Atlanta sarebbe presumibilmente ribattezzata Atalanta (!), Washington avrebbe, presumo, un altro nome, magari del locale liberatore delle colonie dal dominio veneziano o italiano.

Vediamo l'impatto della lingua sul nostro immaginario collettivo: la musica internazionale sarebbe cantata in veneto. I Beatles sarebbero probabilmente rimasti un fenomeno locale inglese, oppure avrebbero dovuto adattarsi al mercato internazionale cantando "Per piaser mi" in luogo di "Please please me" o "la te ama" invece di "she loves you". Mi domandavo però se il "country veneto", ma anche il "blues veneto" sarebbe stato simile a quello odierno. Probabilmente, mentre il country sarebbe una musica di festa, che discenderebbe direttamente dai canti polifonici da osteria (quelli dei Girasoli, tutti basso e fisarmonica per intenderci), il blues potrebbe nascere dai canti da lavoro degli schiavi neri nelle immense pianagioni americane sulla riva del Piave d'America (il Mississippi), derivato a sua volta dai canti di lavoro dei contadini padani.

Il mito dei cowboy sarebbe stato il medesimo, anche se forse più colorato di lombardo che di veneto, dato che dal '600 la Lombardia è sempre stata all'avanguardia nell'allevamento bovino. I cow boy sarebbero quindi per buona parte bergamaschi, mantovani e bresciani, che utilizzano tra loro una lingua specifica (magari simile al gaì, linguaggio dei pastori delle Alpi centrali) che li preclude al resto del mondo. Gli indigeni americani forse sarebbero visti in modo più accondiscendente, accostandoli alla figura dell'uomo selvatico del folklore alpino, tutto sommato positiva. Gli western quindi sarebbero presumibilmente molto diversi dai classici a cui siamo abituati, con un Gioan Rota al posto di John Wayne che parla un linguaggio duro e incomprensibile, in buoni rapporti con indigeni solitamente saggi e pacifici.

Gli hamburger probabilmente sarebbero gustati con la polenta, piatto nazionale americano. Le immense piantagioni di mais delle Grandi Pianure avrebbero sfamato per generazioni milioni di americani. Ma anche la cultura del maiale, e in generale dell'insaccato, fortemente viva in tutta l'Europa centrale, avrebbe preso piede. Forse avremmo fast food dove si vende luganega al centimetro. Inoltre, gli immigrati friulani avrebbero reso gli Appalachi e la California delle vere e proprie oasi del vino. Magari la Virginia, che è in un'ottima posizione, si sarebbe chiamata Vitigna!

La letteratura. Nella nostra timeline la prima timida letteratura americana affonda le radici nella tradizione preromantica inglese. C'è da scommettere invece che la letteratura veneto-americana si nutrirebbe di neoclassicismo. Probabilmente, sarebbero nati sul suolo americano letterati che avrebbero scritto cose molto simili a quello che scrissero Alfieri e Foscolo: tragedie di ispirazione mitologica e poesie difficilissime, lunghissime e fitte di riferimenti alla letteratura classica. Mentre in Italia questa tendenza sarebbe stata spazzata via dal Romanticismo (Manzoni con il suo 5 maggio fu uno degli ultimi esponenti), si sarebbe conservata in America, dove tra l'altro il vernacolo avrebbe conquistato man mano le sfere letterarie che inizialmente erano appannaggio della lingua italiana. Nel corso del '900 questo stile neoclassico dovrà per forza essere scalzato da qualcosa di più moderno. Forse, per affinità linguistica tra veneto e spagnolo,
dal Sudamerica potrebbe permeare il realismo magico di Gabriel Garcia Marquez.

Diverso il discorso sul teatro. Il Veneto ha dato i natali a Goldoni, uno dei più grandi autori di commedie di tutti i tempi. L'influsso della Commedia dell'Arte potrebbe essere fortissimo sul cinema, che partorirebbe copioni simili a quelli delle nostre commedie dialettali. Forse si potrebbe ancora riscontrare un eco del Ruzzante e della sua "satira del villano" basata sul rapporto conflittuale tra città e campagna. Importantissimo poi il rapporto con le maschere popolari, come Arlecchino, il Gioppino che rappresenta i contadini delle grandi pianure, Brighella ossia il simbolo dell'uomo furbo che fa fortuna nel Nuovo Mondo, Pantalone l'avido mercante veneziano che rappresenta il nemico degli interessi nazionali, che forse ispirerebbero i cartoni animati e le prime comiche slapstick. E magari su di loro potrebbero basarsi sit-com o cartoni animati sulla falsariga dei Jefferson o dei Simpson della nostra Timeline!

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E MAS chiosa:

L'idea del bergamasco-bresciano parlato nel far-west m'intriga assai: avremmo i 'aker (cow-boys), indià (indiani) e a Potranga (Pittsburgh) o a Cadindià (Indianapolis) la parlata somiglierebbe a quelle delle nostre valli; a Hità del lak Halat (Salt Lake City o Sità del lago Salado in americano ufficiale) avremmo una hità ölta e una hità baha... Pazzesco.

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C'è anche il contributo del Marziano:

Erdogan, nonostante tutti i guai che ha e quelli che combina, riesce a trovare il tempo & la testa di andare ad introdurre le presentazioni di un libro di un intellettuale islamista, su chi ha davvero scoperto l'America. Tale signore sostiene che i primi veri contatti organizzati e (relativamente) continui tra America ed Eurasia ci furono a partire dal IX Secolo, per opera di marinai indiani. Ovviamente marinai turchi (o almeno turcofoni) ed islamici. Fin qua è Storia, nel senso che davvero in Turchia c'è chi scrive di queste cose ed Erdogan che va ad introdurre le presentazioni di tale libro. Libro nel quale si accenna a resti di moschee che Colombo avrebbe trovato a Cuba. Io reputo più probabile che "Michigan" derivi da "Micene", come qualcuno scrisse tempo fa, che non questa tesi. Ma nel caso in cui, invece, le cose fossero davvero andate così, quali sviluppi ipotizzare?

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Cui replica puntualmente MattoMatteo:

Se Colombo torna indietro vivo, è possibile che i reali spagnoli siano ancora più interessati alla conquista del nuovo mondo, per "liberare i poveri indigeni dalla prigionia dei maledetti musulmani, e riportarli alla luce di Cristo". Nel suo secondo viaggio Colombo è accompagnato da molte più navi, con a bordo molti soldati; la conquista di Cuba (e successivamente del resto dell'America) sarà molto più brutale.

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Questa poi è la pensata di Marco Zamprogno:

Non Colombia, ma Querinia

Nel luglio 1431 la caracca veneziana Gemma Querina al comando del suo proprietario, il nobile veneziano Pietro Querini, è spinta da venti contrari fin alle isole canarie; qui la nave subisce anche la rottura del timone, che nella nostra timeline avverrà 5 mesi dopo, e i marinai non riescono ad opporsi ai venti alisei che li spingono sempre più ad occidente. Il capitano, resosi conto dell’impossibilità di invertire la rotta, decide di assecondare i venti nella speranza di avvistare qualche terra che gli consenta un approdo ed effettuare le riparazioni. Durante il viaggio sono costretti a liberarsi anche del prezioso carico di spezie, ma non delle 700 botti di Malvasia che hanno bordo; dopo circa venti giorni alla deriva riescono finalmente ad avvistare l'isola di Barbuda. Purtroppo la rottura del timone impedisce di governare la nave che viene semplicemente ancorata nei pressi della barriera corallina. I marinai devono sbarcare con la scialuppa per rifornirsi d’acqua e procurarsi i materiali sufficienti almeno per una riparazione di fortuna. L’isola risulta abitata da indigeni ai quali a gesti Querini e i suoi uomini riescono a dimostrarsi non ostili. Effettuate le prime riparazioni di fortuna, i Veneziani si dirigono verso la vicina isola di Guadalupa dove, intraprendono delle difficili trattative con il re locale per ottenere l'aiuto necessario a trainare la nave in secca per riassettarla. Restano sorpresi del valore che questi selvaggi danno al ferro, in cambio di alcune asce e del prezioso Malvasia riescono ad ottenere l'aiuto richiesto, a rifornire la nave di provviste (soprattutto carne e pesce essiccati e alcuni strani tuberi commestibili ) e ottengono anche alcuni piccoli oggetti d'oro. A questo punto i marinai vorrebbero salpare alla volta di casa ma Querini cerca di convincerli ad esplorare l'arcipelago, in fin dei conti hanno perso il carico e quei pochi oggetti non bastano certo per ripagarlo... Come continua? Quattro possibilità:

1) i Veneziani salpano verso casa
2) oppure esplorano l'arcipelago
3) arrivano al continente
4) o ancora, naufragano su una delle isole caraibiche.

E poi?

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Paolo Maltagliati però obietta:

Non un gran momento per finanziare spedizioni avventurose, ahimé, con Tessalonica appena persa e la guerra con Filippo Maria ancora in corso (e peggio, con quella faina di Francesco Sforza che l'anno dopo ne sposa la figlia).

Certo che se le tariffe applicate dal sultano mamelucco Barsbay ai veneziani dovessero farsi ancor più intollerabili, paradossalmente la forza della disperazione potrebbe magari indurre a qualche avventata spedizione verso l'ignoto. Ma la vedo dura... Per cui, se anche dovessero/volessero riprovarci, secondo me non prima della pace di Lodi, quindi quasi un venticinquennio più tardi.

Uno scenario interessante sarebbe un incrocio tra questa accidentale scoperta e la politica di alleanze in Italia (e Spagna). I veneziani hanno bisogno di veleggiare verso occidente e ci sono alcuni punti in cui 'attirerebbero l'attenzione': all'uscita dall'Adriatico, all'imbocco del Tirreno (dal canale di Sicilia o dallo stretto di Messina) e, soprattutto, a Gibilterra.

Ergo, per quanto poco volentieri, i veneziani dovranno/vorranno allearsi con Alfonso il Magnanimo, con una serie di conseguenze difficili da analizzare nello specifico, ma posso buttare qualche input:

1) tutela aragonese o, viceversa, crociata aragonese contro i nasridi, foraggiata dal leone marchesco, che in cambio ottiene basi commerciali nell'emirato di Granada.
Papa Callisto si incavola, giacché non si spiega perché invece di andare contro Maometto II, come creanza vorrebbe, vanno contro altri infedeli.

2) con una crociata contro i Nasridi o con l'obbligo di imbarco sulla 'muda granda del mar oceano' di colpo si risolverebbe il problema di Gian Giacomo Piccinino, capitano di ventura scomodo che con il beneplacito di Alfonso voleva ritagliarsi un dominio nella toscana meridionale.
Qualcuno capirebbe che c'è sotto qualcosa?

3) nulla vieta a priori di pensare a eventi proporzionalmente simili a quelli accaduti in hl, ma non vedo molto i veneziani fare i conquistadores. Non nel xv secolo, perlomeno. I catalani già di più, ma anche loro mi sembrano 'antropologicamente poco portati'. Ritengo quindi che la 'colonizzazione' sia con modalità più simili, ossia iniziando dalla costruzione di fondachi, 'quartieri occidentali' nelle città azteche e progressivamente sempre maggior ingerenza nella politiche interne dell'impero mesoamericano, peraltro sempre più dipendente, tecnologicamente, dagli occidentali. Annessione (e conversione) di fatto non prima del tardo '500.

4) naturalmente la rivoluzione commerciale avrebbe il suo impatto: cacao e tabacco entrerebbero subito nel circuito commerciale europeo e, forse, anche il mais lo farebbe molto prima che in hl (e non si chiamerebbe granturco).
Non credo sarebbe diversa invece la parabola del pomodoro.
Le cioccolaterie veneziane sarebbero imitate in tutti i principali centri del continente!

5) Alla fine, seguendo il detto di Gian Giacomo Trivolzio, parliamo di conseguenze politiche derivanti dagli introiti economici. La pace di Lodi potrebbe tornare a farsi pericolante.
Maometto II potrebbe diventare un inconsapevole catalizzatore.
Venezia si unirebbe per forza di cose al fronte antiturco in occasione dell'attacco a Otranto, e magari spunterebbe la riconquista di qualche centro in Grecia o Albania. Ma invece si smobilitare gli stradiotti...
L'obiettivo congiunto di Napoli e Venezia sarebbe lo smembramento dello stato pontificio.
Milano dubito si opporrebbe se non a mere parole(anzi, potrebbe ritenere più utile unirsi alla banda bassotti?), non nel 1480 (Ludovico il moro deve ancora consolidare il suo potere interno).
Lorenzo farebbe un gran casino, quello sì. Ma la Francia le ha appena prese di santa ragione a Guinegatte e non penso possa avere voglia di perdere forze in Italia se prima non ha ribaltato la situazione per l'eredità di Carlo il Temerario. Quindi, picche.
Paradossalmente, il più pericoloso sarebbe lo zio di Ferrante, Ferdinando. Ma su questo passo al punto successivo.
Per Massimiliano vige, in reverso, l'osservazione fatta per la Francia. In quel momento era prioritario chiudere i conti per l'eredità della moglie. Può più che aizzare i tirolesi contro i veneziani, certo.

6) A chi lascerebbe cosa, il caro Alfonso?
Francamente, è il problema principale. Sospetto che Granada/i possedimenti nel nuovo mondo andrebbero a Ferrante.
Ma chi lo sa. E chi lo sa che non si possa giungere a una guerra civile tra il ramo bastardo e il ramo legittimo dei Trastamara tra il '58 e l'80 del '400.

Nota a margine: Se scoppia la guerra di successione aragonese e si concludesse con il successo di Ferrante, la guerra di successione castigliana vedrebbe molto probabilmente la vittoria della Beltraneja e di re Alfonso del Portogallo, con la conseguente unione tra Castiglia e Portogallo stesso...

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E Tommaso Mazzoni commenta:

In caso di guerra civile in casa Trastamara, io tifo per Ferrante e successori; Ferdinando il Cattolico mi sta antipatico.

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Passiamo a questo punto la parola a Federico Pozzi:

Uomini di legno su navi d'acciaio

Il titolo è un rovesciamento della frase pronunciata dal commodoro Ferguson, che durante la guerra civile americana si vantò di guidare « uomini d'acciaio su navi di legno ». Ma non è né di lui né della guerra civile americana che parla quest'ucronia., bensì della corazzatura delle navi. Leggendo qua è la ho scoperto che moltre galee "capitane" e la famosa "gran bastarda" dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni (non ancora cavalieri di Malta) erano ricoperte da piastre di metallo inchiodate per renderle più impenetrabili alle cannonate; dunque sarebbero nate nel Mediterraneo e ai primi del 500 le prime navi "corazzate". Questa abitudine probabilmente sparì per tre motivi:

1) Costo dei materiali;
2) Sostituzione progressiva della Galea con le navi d'alto bordo (galeoni, fregate, caravelle ecc);
3) Lentezza nei movimenti: queste navi erano delle specie di "castelli" galleggianti come le galeazze veneziane.

Ma che succede se invece questa abitudine rimane anche per i grandi velieri? Le cannonate diverranno meno efficaci, ergo o bisogna anticipare di molto la "scoperta" del proiettile (e tutto quello che ne consegue), o la gran parte delle battaglie navali andranno risolte con l'abbordaggio (di conseguenza ci vorranno equipaggi più grandi e navi più grandi). Probabilmente tutte le navi somiglierebbero fin dal '500 a quelle della classe "Agincourt" che erano costruite per metà in legno e per metà in metallo. È possibile che navi completamente di ferro vengano varate già verso la metà del '600? Se sì, le navi in metallo si affermerebbero prima e forse durante la guerra civile americana apparirebbero già le corazzate monocalibro come la "Dreadnought". In questo caso durante la prima guerra mondiale il tipo di nave più diffuso sarebbe la "supercorazzata" come la Yamato o la Bismarck. Naturalmente con l'affermarsi dell'arma aerea tali mostri di ferro e cannoni andrebbero nel dimenticatoio (come è successo nella nostra Timeline); bisognerebbe però riscrivere buona parte della storia navale militare del mondo. Vincerebbero gli inglesi a Trafalgar? Sarebbero sconfitti gli italiani a Lissa? Forse l'idea di usare "navi di ferro" quindi molto lente servirebbe ad accelerare la corsa per trovare "qualcosa" che le faccia muovere più in fretta... il vapore?

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Enrico Pizzo gli replica:

Direi che l'abbandono della blindatura in ferro sia avvenuto per il progressivo aumento del calibro dei cannoni imbarcati. 
Le galee erano essenzialmente armate con "spara-confetti" ma già nel '600, con la transizione verso navi più grandi, è aumentato il calibro delle armi.
Immagino che la blindatura su queste galee fosse costituita da piastre di ferro inchiodate sul fasciame.
Sto solo pensando ad alta voce ma credo che fissando delle piastre di ferro tramite chiodi sia possibile staccarle tramite il fuoco dei cannoni. 
Comunque fino alla seconda metà del '600 i combattimenti tra navi si riducevano ad un duello tra unità che spesso si concludeva con l'abbordaggio.

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E Generalissimus aggiunge:

Navi di legno comandate da uomini con la testa di ferro hanno sconfitto navi di ferro comandate da uomini con la testa di legno: lo disse Tegetthoff dopo Lissa. Comunque esempi di navi corazzate esistevano già dal V secolo a.C., ma l'applicazione della corazzatura aveva altri scopi: proteggere lo scafo dai tarli marini. Infatti la corazzatura era inefficace in caso di speronamento. Stesso discorso per quanto riguarda la decisione della Royal Navy di dotare tutte le sue navi di carena ricoperta di rame dal 1760 in poi: serviva a limitare i danni nel caso il vascello finisse in secca.

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E ora, la domanda di Federico Pozzi:

Non accadde mai che i due grandi imperi delle Americhe, quello Azteco (che forse faremmo meglio a definire "territorio di caccia imperiale", visto che gli aztechi tentarono poco di integrare le regioni assoggettate preferendo tenerle "libere" per poter avere vittime da catturare nelle famose "guerre delle ghirlande" o guerre fiorite) e quello Inca si incontrassero o si scontrassero; è possibile che qualche flebile notizia dei due imperi sia pervenuta alle due corti, ma la distanza e le difficoltà naturali che li separavano impedì che i due grandi imperi venissero a contatto. E se invece accadesse? Naturalmente prima dell'inevitabile arrivo degli europei.

Storicamente è impossibile perché l'Impero inca fiorì e crollò in meno di un secolo, e probabilmente quello azteco era di costituzione altrettanto recente; anzi, probabilmente "L'Impero" azteco vero e proprio fiorì e crollò per una breve stagione solo sotto Monctezuma II; non ho dubbi che gli incas, più numerosi e probabilmente anche più militarmente preparati, avrebbero sconfitto gli aztechi, riducendoli ad una nazione sottomessa come loro costume, poi avrebbero deportato metà della popolazione in luoghi lontani e insediato sulle terre sottomesse i loro coloni.

Gli Incas però avrebbero potuto imparare qualcosa che gli aztechi non conoscevano e loro sì: la scrittura per immagini! Il metodo di comunicazione degli Incas basato su cordicelle colorate e annodate era molto meno efficace e comunicativo. Senza dubbio gli Incas avrebbero drasticamente ridotto i sacrifici umani: infatti praticavano il sacrificio umano ma in misura molto ridotta e non avrebbero certamente approvato le orge di sangue, probabilmente gli Incas avrebbero reagito davanti ai templi rigurgitanti di sangue esattamente come gli spagnoli: "Inti (il sole ) non può volere questo! E tantomeno Viracocha!" Gli Inca erano molto sensibili in fatto di religione, tanto da distruggere tutte le statue moche (dopo aver conquistato il regno mochica-chimù e raso al suolo la loro capitale) che rappresentavano posizioni sessuali "sconvenienti" per la rigida moralità incaica.

Gli aztechi sottomessi avrebbero ricevuto molti vantaggi, tra cui il Lama e le armi in rame, però sottostando al tallone incaico: tutto sta a vedere quanto questa conquista avviene, ovvero quanto tempo prima che gli spagnoli sbarchino a Veracruz. Se la conquista è recente gli aztechi si schiereranno dalla parte dei Conquistadores massacrando fino all'ultimo incas presente e essendo ben felici di guidare gli spagnoli verso Cuzco; questo però eviterebbe la caduta e la rovina di Tenochtitlan. Se invece lo sbarco degli spagnoli avviene quando gli aztechi hanno avuto tempo di essere integrati nella società incaica, l'Inca a Cuzco potrebbe essere informato ben prima dell'arrivo degli stranieri e senza dubbio il suo comportamento non sarebbe stato così altalenate e accondiscendente come fu nella nostra Timeline quello di Monctezuma II. Gli Inca non credevano a Quezalcoatl: il loro dio supremo era Inti, la cui forma umana reincarnata Viracocha era impersonata dall'Imperatore stesso. Cortes ad attenderlo non avrebbe trovato benvenuti ma scontrosi incas che gli avrebbero presentato facce ostili e probabilmente l'invito a tornarsene immediatamente da dove era venuto se non voleva incorrere nella furia del signore delle quattro parti del mondo; è persino possibile che per gli spagnoli sarebbe stato impossibile sbarcare a Vera Cruz dato che gli Incas solevano sorvegliare le coste con torri d'avvistamento e fortezze di pietra che mettevano in guardia la guarnigione più vicina (in genere raggiungibile in mezza giornata di corsa dalle torri).

Non ho dubbi che Cortes probabilmente sarebbe riuscito comunque a farsi largo nel Messico, ma per Pizarro potrebbe essere assai complicato farsi largo nel Perù: una volta saputo chi era il nemico e come era organizzato gli Inca avrebbero messo da parte le futili guerre con gli Aimara e con le tribù amazzoniche per prepararsi a respingere il nemico, sicuramente NON ci sarebbe stato nessun incontro (e nessuna battaglia) a Cajamarca, gli spagnoli avrebbero trovato solo indigeni inferociti e punte di lancia, probabilmente oramai anche abili a cavallo e dotati di armi di metallo, e ricordiamoci ch la guerra per spazzare via gli Incas privati del loro Imperatore-Dio costò dieci anni di fatiche e sangue agli spagnoli e non si spense mai del tutto...

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Allora Perchè No? gli risponde:

Ma le tre vicende cha più avevano indebolito gli Inca erano:

- La guerra civile tra Atahualpa e suo fratello appena finita quando Pizzaro entrò in scena;
- Le epidemie, arrivate con gli Europei ma più veloci di loro, avevano già colpito l'area inca e fatto una strage.
- L'ordine sociale Inca, e in particolare i templi e loro terre, sopratutto i templi dedicati agli imperatori defunti, diventati grande potenze che avevano impoverito lo Stato.

Si potrebbe ipotizzare una Timeline dove queste condizioni non sono raggiunte e dove i Conquistadores si trovano di fronte a un impero all'apice della sua potenza. Ma per il contatto con gli Aztechi, non so, ci sono tutte le terre tra l'attuale Quito e la regione di Messico, una distanza enorme. Prima degli Aztechi ci sarebbe uno numero incredibile di popoli e tribù da sconfiggere. Sarebbe stato forse possibile con uno sviluppo tecnologico ben più veloce e una scrittura. Fa parte della Timeline del fumetto ucronico Luxley, dove un megalomane imperatore Inca unisce TUTTE le Americhe prima d'imbarcarsi verso Est, scoprire l'Europa e conquistarla, combattuto da Robin Hood (ma ovviamente il megalomane imperatore é un viaggiatore del tempo).

Ma senti la mia proposta. Huayna Capac, padre di Atahualpa, muore probabilmente di vaiolo (portato dagli Spagnoli) più o meno nel 1527, e con lui muore l'erede ufficiale Ninan Cuyochi, provocando la guerra tra Huascar e Atahualpa. Atahualpa sta avanzando verso Cuzco per eliminare Huascar, dopo la sconfitta delle armate di quest'ultimo, quando incontra gli Spagnoli a Cajamarca. Dunque, se Huayna Capac non muore, o se Ninan Cuyochi non muore, l'impero rimane unito e mai il Malqui (imperatore) si sarebbe trovato in una situazione cosi vulnerabile di fronte agli stranieri. Ninan Cuyochi invia suo fratello Huascar ad incontrare Pizarro e sarà lui ad essere fatto prigioniero, lo Spagnolo prova a tenerlo come ostaggio. Il Sapa Inca, consigliato dal capace Atahualpa, suo fratello, rifiuta e lascia che Huascar sia bruciato sul rogo. Inizia allora una guerra spietata che vedrà la morte di tutti i Spagnoli e l'inizio delle lunghe e sanguinose guerre Inca per la monarchia iberica.

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Anche Iacopo vuole essere della partita:

POD: Inizio del Secondo Millennio, Oceano Pacifico. A seguito di un'esplosione demografica e di una serie di inaspettati avanzamenti tecnologici, inizia la breve ma fondamentale Era dei SIgnori del Mare Polinesiani. I pirati polinesiani si spingono in ogni angolo del Pacifico, arrivando a saccheggiare gli stati Indonesiani e persino il GIappone. L'intera costa orientale del continente americano è sconvolta dalle loro razzie. Come i loro contemporanei Vichinghi, i pirati Polinesiani si danno prima al saccheggio, quindi iniziano a stabilirsi sulla terraferma e a sottomettere i popoli conquistati. Nel giro i poche generazione vengono assimilati, ma trasmettono ai nativi alcuni tratti caratteristici della loro cultura -non ultima l'arte di costruire navi in grado di affrontare traversate oceaniche.

In Messico i Polinesiani causano il rapido collasso e la distruzione dello stato Tolteco. La regione piomba in un periodo oscuro, nel quale i vari signori della guerra appartenenti ai popoli settentrionali cercano di imporsi sui discendenti dei polinesiani stanziatisi lungo le coste. Nello Yucatan emerge uno stato Maya-Polinesiano che sviluppa una flotta importante e estende la sua influenza sui Caraibi.

Nella regione andina i Polinesiani spazzano via la civiltà Huari e causano il crollo di Tiwanako, Nei secoli successivi si sviluppano vvarie città-stato Polinesiano-Aymara. Il periodo successivo alle invasioni polinesiani vede una continua dialettica tra le città-stato della costa e quelle della sierra. A emergere vittoriosa in questi scontri è la città di Chan Chan, unica ad aver resistito all'invasione polinesiana grazie alla difesa offerta dalle paludi che la circondano. Gli abitanti di questa città di fango creeranno il primo impero rivierasco esteso ad entrambe le metà del continente.

Dal 1000 ca al 1150 ca: Epoca dei Signori del Mare

Dal 1150 c al 1300 ca: Medioevo Amerindio.

Dal 1300 ca al 1450 ca: Egemonia Chimù. In questo periodo i naviganti di Chan Chan si impongono come potenza commerciale. All'apice del loro potere, appoggiano gli Aztechi contro i Tepanechi, con lo scopo di impedire che il Messico venga unificato e che quindi possa sorgere una potenza pari alla loro. Assoldano mercenari Aztechi per difendere i loro alleati di Cusco contro l'invasione dei Chanca. Il potere di Chan Chan comincia a tramontare quando i suoi alleati guadagnao più potere: gli Aztechi si impongono nel Messico, prendendo il posto dei Tepanechi, mentre gli Inca di Cusco diventano prima di protettori, quindi i padroni di Chan Chan.In questo periodo le armi in rame e i lama sono introdotti in Messico, mentre la scrittura sillabica apapre in Perù.

Dal 1450 al 1550: Epoca degli Imperi Guerreggianti:gli Inca tentano di espandersi verso nord come i loro predecessori Chimu, mentre gli Aztechi tentano di impossessarsi delle risorse minerarie delle Ande. Un secolo di guerre di corsa per mare e di guerriglia nelle giungle dell'Istmo piega entrambi gli Imperi. Nello stesso periodo i Maya hanno esteso la loro influenza dalle foci del Rio delle Amazzoni a quelle del Mississipi, diventando una grande civiltà marinara.I Maya sanno bene di non poter retere né alla potenza militare Azteca né a quella Inca, si alleano ogni volta con il più debole dei due Imperi, prolunga ad arte il conflitto.

Dal 1550 al 1650: Epoca dell'Invasione Spagnola: gli Spagnoli sono accolti piuttosto freddamente dai Maya. Le caravelle e i galeoni degli europei sono sistematicamente aggredite da pirati su barche a bilanciere e saccheggiate. La penetrazione spagnola si limita alla conquista di alcune isole dei caraibi, comunque ottenuta a prezzo di enormi fatiche. Chi invece accoglie con gioia i nuovi venuti è l'Impero Azteco. Con l'aiuto dei Mexica gli Spagnoli fondano una colonia commerciale alle foci del Rio Grande. Spagnoli e Aztechi alleati, armati di picche dalla punta d'acciaio e armi da fuoco, distruggono le città Maya dello Yucatan. Epidemie di vaiolo e altre malattie europee dimezzano la popolazione amerindia. Alla fine di questo periodo una spedizione spagnola tenta di conquistare l'impero Inca, ma giunta a Cuzco vi trova una guarnigione portoghese intenta a costruire una cattedrale: l'Incae il suo popoli hanno accettato la fede cristiana e hanno stretto alleanza con i portoghesi.

Il resto lo lascio alla vostra fantasia.

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C'è persino la proposta di Paolo Bertini:

In un'altra Timeline Gavin Menzies ha ragione, la cosiddetta Ipotesi del 1421 è vera e la flotta di Zheng He scopre davvero il continente da noi chiamato America. Ecco le Tredici Colonie di Fusang... (da questo sito)

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Aggiungiamo la domanda postaci da Perchè No?:

Nord e Sud America sono due placche separate, sono veramente due continenti diversi anche se legati dall'istmo di Panama (ma l'Asia e l'Africa sono legati dal Sinai e ciò causa lo stesso problema). E se avessero dare un nome diverso ai due continenti? Quali nomi sarebbero sarebbero scelti? Direi Colombia per l'America del Sud. Oppure Bolivaria, o Equatoria, vista la posizione geografica?

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Never75 propone invece:

Io l'America del Sud la chiamerei Pachamamia, dal nome Pachamama, la dea Inca della Terra. Alla fine anche Europa e Asia sono nomi mitologici...

Colombia produrrebbe la stessa sineddoche di America/USA, per di più aggravata (almeno loro si possono chiamare anche statunitensi, come in effetti li chiamano sempre tutti i lusitofoni e ispanofoni), poi potrebbe sembrare l'ennesima imposizione europea/colonialistica. Ricordo  un colorito scambio di battute che ebbi con un canadese quando visitai le cascate del Niagara dal lato canadese:

Io: This is a really nice place in America!
Locale: Here is not America: this is Canada!

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Chiudiamo per ora con il parere in proposito di Federico Sangalli:

Non sono convinto dei nomi nativi per il continente americano. A differenza dell'Africa, il continente dove sussistono più rinominazioni rispetto alla nomenclatura coloniale (Alto Volta = Burkina Faso, Congo = Zaire, Costa d'Oro = Ghana, e via dicendo), gli abitanti delle nazioni americane sono parte di ambedue le culture, nativa ed europea, i gruppi etnici si sono mischiati e convivono da secoli. In Africa la cacciata degli europei ha lasciato una popolazione nella quasi totalità autoctona e non-europea ma nell'America (non a caso) Latina interi paesi sono in maggioranza europea (come l'Argentina) oppure a popolazione mista e culturalmente molto legati al retaggio europeo. Pachamamia per un continente interamente cattolico mi sembra poco appropriato. Naturalmente vale anche nell'altro senso: oggi come oggi fanno i processi inquisitori al povero Colombo solo per averlo scoperto, il continente; riuscite a immaginarlo di ribattezzarlo col nome di un conquistador? Finora Esperia mi sembra il nome migliore, i padri fondatori del Sudamerica ammiravano l'Antica Grecia (pensate che il primo congresso panamericano della storia, a Panama nel 1826, si chiamò Congresso Anfizionico di Panama, in onore della Anfizionia, la tipica "lega fraterna" delle città-stato greche). Sennò un altro navigatore tra i primi sbarcati nel continente: Cabralia, magari?

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