Il Processo di Villaverla

di Demofilo


Su La7 hanno trasmesso il film storico "Vincitori e Vinti", del regista statunitense Stanley Kramer, che parla del processo di Norimberga del 1948. Ecco che cosa sarebbe successo che anche in Italia fosse stato organizzato un grande processo contro i criminali fascisti e repubblichini. Il luogo di ambientazione è il mio paese natale, Villaverla, in provincia di Vicenza, il "paese delle ville", vista la presenza di numeri complessi architettonici come la cinquecentesca villa Verlato, realizzata dall'allievo del grande Andrea Palladio Vincenzo Scamozzi, e la seicentesca villa Ghellini di Antonio Pizzocaro. Senza dimenticare che ha un importante sito dell'archeologia industriale nella Fornace Pietro Trevisan, e che fu il paese natale del grande cardinale Elia Dalla Costa, maestro di don Lorenzo Milani. Ma andiamo ad incominciare...

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12 marzo 1945: il Comitato di Liberazione Nazionale, nella persona del presidente del consiglio Ivanoe Bonomi, e il governo approvano la cosiddetta "risoluzione di Roma", nella quale viene ufficialmente istituita una commissione permanente sui crimini fascisti, la quale dovrà vagliare la possibilità di istituire un vero e proprio tribunale speciale contro i reati commessi dal fascismo durante il ventennio e la guerra. La Commissione di Vigilanza istituita dagli Alleati e presieduta dal generale Mark Wayne Clark, liberatore di Roma nel giugno del 1944, approva la decisione di Bonomi e lo affianca con un gruppo di giuristi civili e militari alleati.

26 marzo 1945: viene ufficializzata la nascita del Tribunale Speciale Italiano, composto da Geoffrey Lawrence (britannico, giudice principale e presidente), William Birkett (britannico, sostituto), Francis Biddle (statunitense, giudice principale), John Parker (statunitense, sostituto), Henri de Vabre (francese, giudice principale), Robert Falco (francese, sostituto), Iola Nikitchenko (russo, giudice principale) e Alexander Volchkov (russo, sostituto).

28 aprile 1945: a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, Benito Mussolini, la compagna Claretta Petacci, e altri gerarchi del regime fascista come Alessandro Pavolini, vengono arrestati da Fermo Solari, partigiano del Partito d'Azione. Quest'ultimo, dopo una telefonata con Luigi Longo, partigiano del Partito Comunista nel Comitato di Liberazione Nazionale, insieme ad una brigata di Giustizia e Libertà, porta i fascisti a Milano. Mussolini e la sua cricca vengono detenuti nel carcere militare della città ambrosiana, naturalmente controllato a vista dal corpo militare del Comitato di Liberazione Nazionale.

2 luglio 1945: il ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano, annuncia ufficialmente in una conferenza stampa al palazzo del Viminale, sede del governo, il processo contro Benito Mussolini e i gerarchi del regime fascista e della Repubblica Sociale Italiana. Ferruccio Parri, presidente del consiglio, ricorda che anche i fascisti, responsabili di terribili nefandezze, hanno diritto ad un regolare processo ed ad una regolare condanna.

15 settembre 1945: il sottosegretario al ministero di grazia e giustizia, Concetto Marchesi, latinista e rettore emerito dell'Università degli Studi di Padova, annuncia l'inizio del processo il 2 gennaio 1946. Viene deciso che gli imputati potranno difendersi da soli, senza un avvocato d'ufficio.

26 novembre 1945: il cardinale Elia Dalla Costa, Arcivescovo di Firenze, chiede che il processo del Tribunale Speciale Italiano contro i fascisti sia tenuto nella sua città natale, Villaverla, in provincia di Vicenza. Dopo un incontro tra il guardasigilli Togliatti, il generale Clark della Commissione di Vigilanza Alleata e Parri viene contattata l'amministrazione comunale di Villaverla, nella figura del sindaco, il democratico cristiano Angelo Vezzaro.

23 dicembre 1945: il presidente del consiglio Alcide De Gasperi, accompagnato dal cardinale Dalla Costa, da Togliatti, dal generale Clark e dal Tribunale Speciale al completo, si reca nella città vicentina per un colloquio con il sindaco Angelo Vezzaro. Per l'occasione vengono ospitati nella sede municipale del comune e la signora Giuseppina Revrenna, moglie del sindaco, prepara un banchetto a base di coniglio. Viene deciso che il processo di terrà nella seicentesca villa Ghellini.

2 gennaio 1946: Geoffrey Lawrence, presidente del Tribunale Speciale Italiano, apre il primo processo internazionale per crimini compiuti da esponenti del regime fascista e della Repubblica Sociale Italiana. Benito Mussolini, Claretta Petacci, Alessandro Pavolini, Roberto Farinacci, Leadro Arpinati, Achille Starace, Guido Buffarini Guidi e Junio Valerio Borghese sul banco degli imputati: tutti si dichiarano non colpevoli.

13 aprile 1946: Leadro Arpinati viene trovato morto nella sua cella. Il corpo, dopo l'autopsia, viene sepolto nel cimitero di Bologna, la sua città natale.

1 maggio 1946: durante un comizio in piazza San Giovanni per la celebrazione della festa dei lavoratori, il ministro Palmiro Togliatti nega ogni tipo di provvedimento di amnistia nel processo di Villaverla.

15 maggio 1946: il giudice Geoffrey Lawrence legge la sentenza dopo dieci ore di camera di consiglio e una votazione all'unanimità del Tribunale Speciale Italiano: Benito Mussolini, Alessandro Pavolini, Roberto Farinacci, Achille Starace, Guido Buffarini Guidi e Junio Valerio Borghese condannati a morte per fucilazione e Claretta Petacci condannata a 10 anni di reclusione da scontare nel carcere di Milano. Lawrence, dopo aver ringraziato il governo italiano, gli Alleati e i colleghi del Tribunale Speciale, ha ribadito che il lavoro dovrà continuare. Nello stesso giorno, il guardasigilli Togliatti approva la nascita del "secondo processo" contro le seconde linee del vecchio regime.

20 maggio 1946: esecuzione, nel parco di Villa Ghellini, di Benito Mussolini, Alessandro Pavolini, Roberto Farinacci, Achille Starace, Guido Buffarini Guidi e Junio Valerio Borghese. I funerali delle salme vengono celebrati lo stesso giorno da monsignor Massimiliano Randon, parroco della Parrocchia San Domenico di Villaverla, e sepolte in una fossa comune a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como.

Demofilo

Partigiani italiani fotografati presso Mezzomerico, Novara

Partigiani italiani fotografati presso Mezzomerico, Novara

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Così gli risponde Sandro Degiani:

Sai una cosa, caro Demofilo? Io credo che già Norimberga sia stata un "alibi" per gli Alleati per processare e condannare una elite politica ed assolvere così il popolo tedesco dalle stesse accuse.

Processando i Capi Nazisti Tedeschi sopravissuti e dando loro le colpe dello sterminio ebraico, delle Guerra e delle atrocità commesse, gli USA sdoganavano il Popolo Tedesco che nel Führer aveva creduto fino alla fine dalle medesime accuse.

I Tedeschi ancora oggi portano il marchio e il peso del nazismo nell'anima e quando accusano Hitler e la sua ghenga in realtà lo fanno con gli occhi bassi, consapevoli di dire una bugia e adeguarsi alla "storia" anche se consapevoli di essere intimamente rei dei medesimi reati se non di miopia e di ignavia.

Era necessario ripulire la fedina penale dei Tedeschi in modo da partire subito dopo con il Piani Marshall di aiuti alla Germania sconfitta e creare la barriera contro i Sovietici e l'URSS che ha retto fino al 1990.
Senza la Germania l'influenza Sovietica in Europa avrebbe inghiottito tutti i paesi e spinto la cortina di ferro fino ai Pirenei.

Austria, Italia, Francia e Grecia avevano forti partiti comunisti, in Grecia arrivarono i colonnelli a raffreddare gli animi dei comunisti, in Italia ci fu la stagione delle bombe e delle stragi impunite (di destra e di sinistra) e le BR per contrastare il disegno di avvicinamento del PCI al governo, in una Francia sconvolta dalla crisi d'Algeria e orfana di De Gaulle venne il '68 e a fatica Pompidou restaurò il potere dello Stato democratico.

Dei nazisti in giro per il mondo gli USA se ne fregarono, dal Brasile alla Argentina, dalla Palestina al Sudafrica lasciarono in pace tutti i nazisti della prima e dell'ultima ora.

In fondo agli USA Hitler piaceva più di Stalin e di Mussolini... gli USA sono sempre andati d'accordo con i dittatori di destra, e le multinazionali americane facevano ancora affari con Hitler anche nel 1940, e fino a pochi giorni prima dell'entrata in guerra degli USA.

E per giunta gli USA non hanno mai capito un cappero delle situazione mediorientale, e dei paesi arabi in generale, lo hanno dimostrato in più occasioni, dallo scellerato appoggio dello Scià Rezha Palhevi alla guerra contro Saddam, dall'appoggio ai Talebani contro l'URSS all'attuale situazione Afghana che non riescono ne' a chiudere ne' a concludere.

Voi che ne pensate...?

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Questo è il parere in proposito di Federico Sangalli:

Quanto alla proposta di Demofilo, se Mussolini fosse stato consegnato dai partigiani agli Alleati non avrebbe potuto salvarsi di sicuro: non solo era uno dei tre acclarati leader di un'orda genocida che stava cercando di distruggere il mondo e le nazioni alleate, era considerato un autentico cane pazzo incapace di poter giocare un ruolo diplomatico anche tollerante nei suoi confronti (vedasi sua incapacità di restare nel Fronte di Stresa nonostante l'apertura di credito delle potenze occidentali) e tale memoria sarebbe rimasta a lungo, tant'é che undici anni dopo Anthony Eden, divenuto Primo Ministro, giustificherà l'intervento anglo-francese in Egitto dopo la decisione del Cairo di nazionalizzare il Canale di Suez con la necessità di fermare "il Mussolini egiziano", come definì Nasser. Valerio ha ragione, Mussolini era giudicato un nemico da appendere fino a morte sopraggiunta non solo dalle dirigenze, che lo ritenevano intrattabile come ho detto (non posso ora enumerarli tutte, ma un paio di settimane fa ho dato l'esame di Storia delle Relazioni Internazionali e non avete idea di quanti dispacci diplomatici ho letto di diplomatici occidentali che lavoravano alacremente per cercare una quadra in cui far rientrare l'Italia fascista in funzione anti-tedesca, solo per vedere il loro lavoro distrutto dalle improvvisate del Duce in contraddizione con gli stessi diplomatici italiani e con gli stessi gerarchi), ma anche dalle opinioni pubbliche alleate. Salazar e Franco non contano come esempi perché loro dalla guerra si sono tenuti ben fuori e si sono guardati bene dal far qualcosa che li facesse apparire come i kapò mediterranei di Hitler. Perché mai salvare la vita a un leader fallito e distrutto, la cui sola esistenza può ispirare rigurgiti chiaramente anti-alleati, impopolarissimo nel suo stesso paese, che bisognerebbe proteggere dai suoi stessi connazionali, quando lo si può eliminare pubblicamente, dando un esempio chiaro, chiudendo definitivamente il capitolo bellico mondiale, ottenendo il plauso dei tuoi alleati in loco, evitando brutti ritorni e tutto questo senza pregiudicare la possibilità, anzi facendola passare ancora più sullo sfondo grazie al sacrificio del pezzo grosso, di recuperare fascisti e fascistelli di seconda linea in funzione anti-comunista?

Mussolini era l'uomo più odiato d'Italia nel 1945: aveva condotto il paese in una guerra disastrosa senza il benché minimo sostegno all'interno della società italiana, né da parte della dirigenza, che non la voleva, né da parte della popolazione, che non la capiva; la gente doveva fare la fila con la tessera annonaria e vivere al buio per paura dei bombardamenti, tutto per causa sua; metà del paese era stato occupato dai nazisti; uomini, mariti, padri, nonni, figli e nipoti erano stati deportati ai lavori forzati in Germania, giustiziati dai tedeschi oppure periti in guerra, chi in Africa, chi disperso in Russia; donne erano state violentate; città bombardate e villaggi distrutti dalle rappresaglie. Che la bomba venisse sganciata dai tedeschi o dagli alleati era chiaro a tutti che il responsabile di quell'ecatombe nazionale faceva Benito di nome e Mussolini di cognome. Lasciarlo in vita e anzi riportarlo alla politica attiva darebbe un argomento fortissimo alle Sinistre per presentare gli americani come complici delle barbarie tiranniche fascio-capitaliste (che poi Roosevelt diede un salvacondotto a Grandi perché potesse mettersi in salvo dalla vendetta nazista in forza del suo ruolo nella di sfiducia al Duce ma mise un esplicito vero a che potesse rientrare in politica, sicché Grandi finì i suoi giorni in una piccola fattoria dimenticato da tutti. Mussolini non solo perdonato ma addirittura sostenuto in una seconda avventura politica è fantascienza). Washington non gli avrebbe mai lasciato una tale arma e Mussolini non valeva questo sacrificio, in nessun caso. Né ergastolo né esilio potevano bastare, ogni volta non capisco perché tutti accettino senza battere ciglio la condanna a morte di Tojo e dei gerarchi nazisti, anche di Hitler nell'eventualità di una fattura, ma inizino a ragionare sui cavilli legali delle responsabilità quando si viene a Mussolini. Probabilmente è una conseguenza della mentalità italiana, basata sull'implicita idea che "italiani brava gente, con la guerra noi non c'entriamo, non c'è stato alcun riciclo di ex fascisti", per cui si tende a pensare che, non essendo l'Italia colpevole (cosa tutta da vedere, finché erano le teste degli etiopi ad essere tagliate il regime era al massimo consenso), anche i suoi leader, Mussolini incluso, non avrebbero potuto essere processati sullo stesso piano dei loro colleghi dell'Asse. Ma queste sono fanfaluche, Mussolini e gerarchi sarebbero stati processati e condannati e il dittatore d'Italia avrebbe penzolato dalla forca. Imprigionarlo avrebbe dato più problemi che altro, lasciarlo libero voleva dire probabilmente vederlo seccato da qualche partigiano dopo due giorni o linciato da una folla inferocita e dopo tre mesi una corte assolvere tutti "per insufficienza di prove".

Proverò ora a immaginare un possibile risultato di questo Processo di Norimberga in salsa italiana (autunno 1946, lista di partecipanti del Gran Consiglio al voto dell'Ordine Grandi, più rappresentanti militari e politici tra quelli accusati di crimini di guerra):

Benito Mussolini, anni 63, condannato a morte per crimini contro la pace (guerra proditoria e aggressiva non provocata), crimini di guerra (in Etiopia e poi in Italia stessa) e crimini contro l'umanità (contro civili etiopi, italiani, libici e iugoslavi e per le deportazioni degli ebrei). Sentenza eseguita per impiccagione.
Roberto Farinacci (nel tribunale partigiano che lo processò prevale la corrente di consegnarlo agli Alleati visto che Mussolini è già stato consegnato), ex ministro, anni 54, condannato a morte per Fascismo, crimini contro la pace e crimini contro l'umanità.
Dino Grandi, ex ministro, anni 51, prosciolto dai capi d'accusa principali e passato al processo secondario, condannato all'ergastolo per la sua partecipazione al Fascismo, pena detentiva sospesa per la sua collaborazione prima durante i fatti del 25 luglio e poi come testimone dell'accusa. Rimane in vigore l'essere escluso da qualsivoglia posizione politica e dirigenziale. Vicino agli americani, migrerà in America Latina prima di tornare e morire nella sua fattoria nel modenese nel 1988.
Giuseppe Bottai, ex ministro, anni 51, condannato all'ergastolo per Fascismo, pena poi amnistiata come per Grandi per essersi arruolato volontario e sotto falso nome nella Legione Straniera dopo l'8 settembre per espiare le sue colpe. Escluso dalla vita politica vita natural durante, muore a Roma nel 1959.
Luigi Federzoni, ex ministro, anni 68, condannato all'ergastolo nonostante si professi monarchico e non fascista. Muore in carcere nel 1967.
Cesare Maria De Vecchi, ex Governatore della Somalia, anni 61, condannato all'ergastolo per complicità in crimini di guerra in Africa Orientale, Fascismo e tradimento per aver consegnato Piombino ai tedeschi l'8 settembre nonostante le azioni vittoriose della sua guarnigione. Rilasciato per motivi di salute nel 1950 dopo un ictus, muore a Roma nel 1959.
Alfredo De Marsico, ex ministro, anni 58, condannato per Fascismo a cinque anni di reclusione e l'interdizione dai pubblici uffici, muore nel 1985 a Napoli.
Umberto Albini, ex sottosegretario, anni 51, cinque anni per Fascismo.
Giacomo Acerbo, ex ministro,anni 58, condannato per Fascismo ad anni 48 di reclusione, muore in carcere nel 1969.
Dino Alfieri, ex ministro, anni 60, prosciolto perché in pratica troppo stupido ed inetto (parole di De Gasperi) per poter avere responsabilità, ma escluso dai pubblici uffici. Muore a Milano nel 1966.
Edmondo Rossoni, ex ministro, anni 62, condannato all'ergastolo per Fascismo, muore in carcere nel 1965.
Giuseppe Bastianini, ex governatore della Dalmazia, anni 47, condannato all'ergastolo per crimini di guerra contro gli iugoslavi, muore in carcere nel 1961.
Alberto de Stefani, ex ministro, anni 67, interdetto dai pubblici uffici per Fascismo, muore a Roma nel 1969.
Giovanni Balella, presidente di Confindustria, anni 54, assolto da tutte le accuse.
Tullio Cianetti, ex ministro, anni 47, condannato per Fascismo all'ergastolo, si dà alla fuga in Mozambico ove morirà nel 1976.
Carlo Scorza, segretario del PNF, anni 49, condannato all'ergastolo per Fascismo, evaso e fuggito in Argentina.
Guido Buffarini Guidi, ex ministro, anni 51, condannato a morte per collaborazionismo.
Enzo Emilio Galbiati, comandante della Milizia fascista, anni 49, ergastolo per Fascismo, muore in carcere nel 1982.
Gaetano Polverelli, ex ministro, anni 60, ergastolo per Fascismo, muore in carcere nel 1960.
Ettore Frattari, presidente del sindacato agricolo fascista, comandato a cinque anni per Fascismo.
Mario Roatta, ex generale, anni 59, condannato per non aver difeso Roma l'8 settembre e per crimini di guerra in Iugoslavia, evade prima della sentenza e si rifugia in Spagna. Condannato in contumacia, è ucciso a Madrid da sicari titini.
Francesco Giunta, ex governatore della Dalmazia, anni 59, condannato per crimini di guerra in Iugoslavia e per Fascismo, è poi estradato in Iugoslavia ed impiccato.
Rodolfo Graziani, generale, anni 64, condannato a morte per Fascismo, crimini di guerra e crimini contro l'umanità per i massacri contro civili libici ed etiopi.
Pietro Badoglio viene esonerato per la sua collaborazione con le autorità alleate nonostante le proteste etiopi.
Altri possibili e probabili.

Dopo la guerra la narrativa della Liberazione sarà leggermente diversa: invece della disputa sulla legalità della fucilazione sommaria di Mussolini e conseguente esposizione in Piazzale Loreto avremmo espertoni destrosi pronti a questionare la legittimità del processo fatto dalle autorità alleate ed italiane antifasciste a Mussolini. Senza Mussolini a guidare Salò la Liberazione nazionale sarebbe molto più votata alla lotta contro i gli invasori nazisti e i loro alleati: mentre da un lato la destra potrebbe sfruttare questo per diminuire le responsabilità del Fascismo ("Mussolini non avrebbe mai tradito il paese, sono stati i nazisti a portare via le nostre famiglie, al contrario sotto zio Benito non abbiamo neppure deportato gli ebrei") dall'tro si potrebbe dare alla Liberazione una connotazione decisamente più nazional-patriottica. Purtroppo l'irrazionale e pretestuosa strumentalizzazione politica del tema è tale da rendere difficile immaginare cose sensate e razionali sull'argomento.

Due piccole postille:

Debunking "Nenni salvato da Mussolini":
La storia di Nenni è un falso mito, che lo stesso Mussolini e poi gli ex/neofascisti cercarono di sostenere: in realtà Nenni, arrestato dai nazisti in Francia, fu estradato in Italia in quanto cittadino italiano e ricercato in Italia su mandato di cattura pendente da parte del Tribunale contro l'Antifascismo. Allo stesso modo furono estradati i sindacalisti Bruno Buozzi e Giuseppe Di Vittorio, catturati assieme allo stesso Nenni. Liberato dopo il 25 luglio e rifugiatosi in Vaticano, Nenni avrebbe poi aiutato la costituzione del CLN e sarebbe stato tra gli organizzatori della rocambolesca evasione che liberò Pertini e Saragat dal carcere di Regina Coeli, salvandoli così dal Massacro delle Fosse Ardeatine. Al contrario la figlia Vittoria Nenni, sposata con un antifascista francese, fu considerata come tale (e lei rifiutò di appellarsi, non volendo separarsi dal marito e dalle compagne della resistenza francese, né volendo diventare strumento di ricatto per il padre) e fu deportata e morì di stenti ad Auschwitz, a soli 28 anni.
Le sue ultime parole furono: "Dite a mio padre che non ho perso coraggio mai e che non rimpiango nulla".

Debunking "Le carte segrete di Mussolini":
L'idea che Mussolini avesse carte segrete che lo avrebbero salvato dal patibolo è un altro mito storico della stampa di Destra: se Mussolini avesse avuto carte segrete tali da poter ricattare gli Alleati significherebbe implicitamente dire che gli Alleati avrebbero commesso crimini tali da poter essere ricattati e che li avrebbero poi tenuti nascosti falsificando l'intera narrazione storica, il che, guarda caso, tira l'acqua al mulino di quelli che sostengono che i partigiani fossero degli assassini seriali, che Hitler non voleva la guerra ma i plutocrati e i comunisti l'hanno costretto, che tra l'uno e l'altro schieramento non ci fosse reale differenza e che dunque fare la morale al Ministro degli Interni quando questi passa il 25 aprile a chiedere la pulizia etnica dei Rom è da ipocriti. La verità storica è che però ad oggi, settantacinque anni e tre generazioni dopo, non è stato trovato un singolo documento, un diario, un benedetto pezzo di carta che attesti l'esistenza di queste fantomatiche Carte. Gli unici documenti che sono stati tirati fuori in materia, come i famigerati Diari Segreti di Mussolini di Dell'utriana memoria, si sono rivelati dei clamorosi falsi e pure fatti coi piedi. Per cui lascerei ai cercatori di pettegolezzi storici le fantomatiche carte e le ultime farneticazioni di un uomo sconfitto e fallito che aveva passato tutta la vita a mentire e ingannare e che cercava di convincere tutti e pure sé stesso che lui non era quel patetico disastro personificato che si era dimostrato.

Vostro Federico,
Dalla Libera Repubblica Partigianissima dell'Ossola.

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Questa è l'ulteriore proposta di MorteBianca:

Visto che in questa settimana vanno di tendenza le ucronie sulla WWII, cosa sarebbe successo se i Padri Costituenti avessero adottato una dottrina sull'Apologia del Fascismo simile a quella tedesca, ossia di totale e profonda censura e contrasto?

I testi di Mussolini e di altri autori affiliati al regime diventano quasi introvabili. D'Annunzio grande eccezione. Niente partiti non solo neofascisti ma anche di ispirazione neofascista. Per questo motivo formazioni come l'MSI ieri e Casapound oggi vengono stroncate sul nascere, i loro leader arrestati e la casa di Casapound sgomberata (tanto per cambiare).

Chiaramente i post-fascisti troveranno il modo di riciclarsi comunque. O in un Partito Nazionalista/Monarchico senza richiami al fascismo, anticipando Alleanza Nazionale di diversi anni (e prendendo molti meno voti per questo motivo, l'elettorato fascista non era pronto a tale transizione) oppure riciclandosi nella DC. Nella seconda opzione la DC sarebbe costantemente dominata da Andreotti e compagnia, la fazione di Sinistra probabilmente si scinderà e questo potrebbe portare ad un blocco di centrosinistra che quando scoppia Mani Pulite potrebbe ottenere una solida maggioranza anche per più legislature.

Meno richiami al fascismo nella cultura politica e sociale: Fini, quando fa il saluto romano, viene arrestato. Berlusconi, quando dice "il Duce ha fatto anche cose buone" è obbligato a dimettersi dalla neonata Forza italia. Salvini prende il 10% dei voti, la Meloni non esiste neanche. Al loro posto avremmo probabilmente tre macro-partiti di destra: uno centrista (Casini e poi Renzi), uno conservatore (Adinolfi) ed uno federalista (Maroni). I Savoia non vengono fatti rientrare (perché rifiutarono di riconoscere l'errore delle leggi razziali, e in questa timeline ciò avrà sicuramente un peso).

In Italia le formazioni di estrema destra prendono poco, come in Germania, mentre quelle centriste sono più grandi e forti. La sinistra e i centristi saranno coalizzati fino a quando i Grillini non spezzeranno tale blocco. Non credo ci siano le basi per una stagione Tecnico-Renziana, si passerà direttamente ad una sorta di governo Giallo-Verde in salsa federalista invece che xenofoba, e poi un governo Giallo-Rosso. I giovani sono molto meno razzisti e considerano l'argomento tabù, c'è meno apologia del fascismo e buongiornissimo kaffè sul Duce. Anche il sentimento antifascista potrebbe essere più tiepido. Gli Americani rinunciano all'idea di Gladio o quantomeno la depotenziano.

Il codice penale viene radicalmente rivisto, così come i Patti Lateranensi (probabilmente cambierà poco, la DC non avrebbe mai permesso di togliere la "preferenza cattolica", però potrebbe cambiare qualcosa fiscalmente). I Carabinieri potrebbero essere accorpati alla polizia come gendarmeria speciale.

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Ed ecco un'altra ucronia di Demofilo, che ringraziamo infinitamente. Sergio Luzzato nel libro "Il Corpo di Mussolini" ricorda le avventure della salma di Mussolini. Ecco cosa sarebbe sucesso se...

Le avventure della salma di Benito Mussolini

28 aprile 1945: Fermo Solari, partigiano del Partito d'Azione, telefona a Luigi Longo, partigiano del Partito Comunista nel Comitato di Liberazione Nazionale, comunicandogli della cattura di Benito Mussolini e della compagna Claretta Petacci a Dongo. Longo dichiara che il CLN ha ordinato l'immediata esecuzione del Duce e dei suoi compari. Il partigiano Walter Audisio è a capo del plotone dei partigiani che esegue l'ordine, sulle rive del lago di Como.

29 aprile 1945: Solari vuole portare i corpi a piazzale Loreto a Milano, luogo dove un anno prima i tedeschi avevano esposto dodici partigiani uccisi dopo una rappresaglia. Il coordinamento del CLN boccia la proposta di Solari e il corpo di Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi viene portato in prefettura a Milano, luogo dove il Duce aveva soggiornato dal settembre 1944 all'aprile 1945.

30 aprile 1945: il cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, si reca nella sede della prefettura dove discute con Ferrucio Parri, Sandro Pertini ed Enrico Mattei del CLN la possibile tumulazione delle salme. Viene deciso un rito comune e la sepoltura cimitero comunale di Milano.

1 maggio 1945: Festa del Lavoro. Alle 5.30 del mattino il cardinale Schuster e un gruppo di partigiani del CLN portano le salme nel cimitero e, dopo una breve benedizioni, il rito funebre termina con la decisione di un porre nessuna lapide ma una semplice croce di marmo.

3 maggio 1945: un gruppo di ex-militi della Repubblica Sociale Italiana, definiti stranamente "Fascisti Democratici", riescono a trovare la tomba del Duce grazie a delle carte che avevano carpito per mezzo di un informatore dalla sede della diocesi di Milano e dalla prefettura. I corpi vengono prelevati e viene apposto un cartello con la scritta "Allarmi! Allarmi! Allarmi siano tornati!". Il coordinamento del CLN si riunisce nello studio del cardinale Schuster e non viene decisa nessuna operazione a riguardo.

10 maggio 1945: il corpo di Benito Mussolini, di Claretta Petacci e dei gerarchi catturati a Dongo vengono sepolti nel giardino della casa paterna a Varano dei Costa, presso Dovia, frazione del comune di Predappio. Un gruppo di ex-combattenti vigila la piccola tomba senza insegne.

20 giugno 1945: i carabinieri arrivano a Varano ma non trovano nessuno nella casa che fu dei Mussolini. Soltanto una grande buca nel giardino.

25 giugno 1945: Giorgio Almirante presiede la cerimonia di tumulazione definitiva delle salme, in una grande sala ripulita ed abbellita, nelle foghe di Roma, il quartier generale dei reduci del regime e di Salò. Sulla tomba vengono iscritte le seguenti parole "Se mi uccidono, vendicatemi" e sopra una fiammella votiva continua ad essere accesa in memoria del Duce. Nello stesso giorno Almirante, l'ex-ragazzo di Salò Mirko Tremaglia e altri fondano il Movimento Sociale Italiano. Simbolo una fiamma, tricolore, che brucia sopra un trapezio (che assomiglia alla tomba di Mussolini) con la scritta MSI. Che non è soltanto la sigla del partito neofascita, ma anche l'affermazione "Mussolini Sei Immortale".

Domanda: Gianfranco Fini e tutta Alleanza Nazionale sanno cosa significa il loro benedetto simbolo ?!? E poi si lamentano perchè non sono ancora entrati nel Partito (Conservatore) Popolare Europeo?!? Si facciamo una cultura....

Demofilo

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Non basta. E se i principali Gerarchi del Regime Fascista non fossero diventate le "importanti" personalità del regime? Cosa avrebbero fatto se Mussolini fosse rimasto in Svizzera e non avesse, dopo la Prima Guerra Mondiale, fondato il movimento dei Fasci di Combattimento, poi diventato Partito Nazionale Fascista? Ecco una carrellata dei mancati Gerarchi con la loro diversa professione:

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Emilio De Bono: la sua carriera militare, che lo ha portato in Eritrea nel 1887, in Libia del 1912, sul Monte Grappa nel 1918 (sua la famosa canzone "Monte Grappa tu sei la mia patria, nella vita in libertà!), fu suggellata dal comando generale del IX Corpo d'Armata con tre medaglie d'argento e il conferimento dell'Ordine di Savoia con tanto di collare di san Maurizio che lo legava alla famiglia reale. Egli era formalmLente "cugino" del re-soldato Vittorio Emanuele III, il "sovrano della vittoria". Verrà nominato dal ministro della difesa e della guerra Armando Diaz (governo De Nicola) direttore della Regia Accademia di Modena.

Italo Balbo: dopo una breve parentesi giornalistica (la fondazione del "Corriere Padano" a Ferrara) partecipò come volontario alla Prima Guerra Mondiale nell'aviazione. Terminato il conflitto decise di perfezionare questa esperienza e entrò nell'Accademia Aeronautica di Livorno dove divenne ufficiale di squadriglia. Sarà ricordato per le sue imprese nelle attraversate di media-lunga portata: va infatti citata la trasvolata dell'Oceano Atlantico meridionale tra il 17 dicembre 1930 e il 15 gennaio 1931 compiuta da ben dodici idrovolanti da lui guidati. Tra il 1 luglio e il 12 agosto 1933 coordina la trasvolata dell'Oceano Atlantico settentrionale con ventidue idrovolanti: negli Stati Uniti è accolto trionfalmente e la VII strada di Chicago gli viene titolata. Re Vittorio Emanuele III lo promuove Maresciallo dell'Aria.

Roberto Farinacci: impiegato nelle Ferrovie dello Stato con forti simpatie socialiste, Farinacci fonda un suo foglio "Il Popolo di Cremona", ma viene ignorato. Al congresso del Partito Socialista Italiano nel 1921 a Livorno appoggia la linea Terracini ed è tra i firmatari della nascita del Partito Comunista d'Italia ma successivamente sarà espulso poiché si era scontrato con la classe dirigente "torinese" di "Ordine Nuovo" composta da Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti. Decide di iscriversi all'università per seguire i corsi di legge e diventare avvocato, ma dopo poco abbandona gli studi. Sarà arrestato con l'accusa di essere un "sovversivo" e morirà in carcere.

Dino Grandi: dopo aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale come volontario ed essere diventato sottotenente degli alpini comincia la carriera politica nelle liste dei liberali legati ad Antonio Salandra e Sidney Sonnino. Viene eletto alla Camera dei Deputati alle elezioni politiche del 1919 e diventa sottosegretario agli Esteri fino al 1924. Successivamente Grandi fonda con un gruppo di liberali conservatori, il Partito Nazionale Monarchico, e si presenta alle elezioni nel "blocchi nazionali" in appoggio dei liberali ed è riconfermato in parlamento con la presidenza della commissione esteri di Montecitorio. Nel 1929, eletto, diventa ministro degli affari esteri e durante la sua permanenza alla Farnesina curerà i rapporti sopratutto con la Gran Bretagna e le democrazie occidentali.

Leadro Arpinati: esponente della borghesia bolognese, fu nominato dal sindaco di Bologna assessore allo sport e fece della città emiliana uno dei maggiori centri sportivi della penisola. Il 31 ottobre 1926 inaugurò il nuovo stadio di Bologna "Cesare Battisti", il maggiore allora esistente in Italia e negli anni successivi confermò la grande passione per le attività ginnico-sportive organizzando manifestazioni e gare.

Giuseppe Bottai: volontario dei reparti d'assalto nella Prima Guerra Mondiale, decise di iscriversi all'università dove si laureò nel 1925 in lettere. Successivamente intraprese le carriera accademica: dottorando, portaborse, assegnista, docente esterno e successivamente, nel 1936 docente ordinario di storia della letteratura europea alla "Sapienza".

Achille Starace: dopo essere emigrato a Milano con la famiglia da Gallipoli in cerca di fortuna, viene assunto come spazzino e ripulitore di strade e marciapiedi. Gli viene assegnata una zona della città lombarda intorno a Piazzale Loreto, famoso per una pompa di benzina. Ogni giorno lo spazzino Starace si presenta puntuale, con la divisa e le scarpe pulite e inscena improbabili parate quando si avvia verso il magazzino delle scope.

Galeazzo Ciano: grazie all'amicizia tra il padre Costanzo Ciano, noto per le sue imprese nella Prima Guerra Mondiale, e il ministro degli esteri Dino Grandi, viene nominato segretario di legazione all'ambasciata d'Italia presso il Vaticano nel 1932. Nel 1935 viene promosso ambasciatore e mandato a Pechino fino al 1939, quando ritorna in Italia e viene assegnato come capo gabinetto del ministero degli affari esteri. Intanto si era invaghito di una ragazza, tale Edda Mussolini, figlia di uno scanzonato giornalista italiano emigrato in Svizzera, ma il padre gli impedisce di sposarla e così resterà scapolo fino alla tomba.

Ettore Muti: volontario nella Prima Guerra Mondiale, si dedica alla corsa delle automobili, alla boxe, alla gastronomia (soprattutto la sua deliziosa anguilla alla marinara) e alla cura del suo giardino a Ravenna. Viene assunto come impiegato all'anagrafe del comune di Ravenna, ma nel 1936 molla il lavoro e si trasferisce in Spagna dove compra un terreno, vicino a Guadalajara.

Alessandro Pavolini: figlio della buona borghesia fiorentina, si dedica alla lettura e alla scrittura con la pubblicazione di scritti mediocri e di bassa lega: "Il Giro d'Italia", ecc...

Demofilo

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Anche il grande Generalissimus ha voluto avanzare la sua proposta in merito:

Estratti dall’“Enciclopedia Completa dei Generali di Hitler (1939-45)”

Heinrich zu Dohna-Tolksdorf (15 Ottobre 1882 – 14 Settembre 1954): zu Dohna-Tolksdorf, conservatore della vecchia scuola, monarchico e antinazista, chiese volontariamente di lasciare l’esercito nel 1943, probabilmente disgustato da tutto quello che aveva visto fino a quel momento.
Si ritirò a vita privata nella nativa Waldburg, in Prussia Orientale, dove si dedicò alle attività dell’Ordine di San Giovanni del Baliaggio di Brandeburgo, del quale era membro, cosa mal vista da Hitler, che però non si fece scrupoli ad offrirgli il reintegro nella Wehrmacht completo di promozione a Generalleutnant quando le truppe sovietiche si avvicinarono pericolosamente a Königsberg.
L’ex generale però rifiutò sdegnosamente ogni offerta.
Riconosciuto dai Sovietici quando questi conquistarono la città e i dintorni, venne arrestato, ma a causa del suo ruolo piuttosto passivo negli eventi bellici gli venne permesso di trasferirsi in Germania Est, per la precisione a Magdeburgo, nel 1949, sebbene sotto strettissima sorveglianza.
Qui morì di cause naturali a 71 anni.

Otto Herfurth (22 Gennaio 1893 – 29 Ottobre 1955): Herfurth venne promosso Generalleutnant l’1 Gennaio 1945 e assegnato al comando della 18a Divisione di Fanteria in sostituzione di Hans Boelsen, seguendo il destino di quell’unità.
La fine della guerra trovò Herfurth e i soldati che gli erano stati affidati a combattere a Berlino, mentre tentavano di farsi strada combattendo per cercare, inutilmente, di sfuggire alla cattura da parte dei Sovietici e raggiungere le truppe americane.
Venne rilasciato dalla prigionia nel 1950 e gli venne permesso di stabilirsi nella nativa Hasserode, dove cinque anni dopo venne stroncato da un infarto.

Hellmuth Stieff (6 Giugno 1901 – 8 Giugno 1964): Quasi perennemente ai ferri corti con Hitler a causa del suo odio viscerale per il Nazismo, Stieff rischiò costantemente il siluramento, se non qualcosa di peggio.
Nel Febbraio del 1945 riuscì a convincere Hitler a farsi assegnare in un ruolo combattente sul fronte occidentale, dove però alla prima occasione, più precisamente durante l’Operazione Veritable, disertò e si consegnò alle truppe inglesi.
Rilasciato dalla prigionia nel 1948, Stieff, non potendo più tornare nella sua Prussia Occidentale ceduta alla Polonia, si si stabilì a Lubecca.
A causa delle sue innegabili qualità organizzative ricevette diverse offerte di collaborazione con la neonata Bundeswehr, ma rifiutò sempre.
Perse la vita pochissimo dopo aver compiuto 63 anni in un incidente stradale.

Henning von Tresckow (10 Gennaio 1901 – 16 Ottobre 1946): Sebbene fin dal momento della sua cattura da parte delle forze Alleate avesse sempre affermato di aver provato ad opporsi sempre più ad Hitler e alle sue politiche, per von Tresckow fu fatale il suo coinvolgimento nella Heuaktion, ovvero il rapimento di circa 50.000 bambini polacchi fra i 10 e i 14 anni perché venissero utilizzati come veri e propri schiavi in Germania.
In seguito al Processo di Norimberga venne dichiarato colpevole di genocidio e giustiziato assieme ad Alfred Rosenberg, cofirmatario dei documenti che autorizzarono la Heuaktion.

Arthur Nebe (13 Novembre 1894 – 16 Ottobre 1946): L’ex capo della Kriminalpolizei cercò di spacciarsi per il più professionale dei poliziotti nonché fervente antinazista, ma durante il Processo di Norimberga emersero testimonianze che lo inchiodarono per quello che era in realtà: un opportunista e un omicida di massa guidato unicamente dal razzismo e dalla voglia di fare carriera.
La giuria non poté fare altro che condannarlo a morte.

Paul von Hase (24 Luglio 1885 – 9 Novembre 1957): In qualità di comandante della città di Berlino fu a lui che venne affidata la guida di ciò che rimaneva delle forze di stanza nella capitale, dopo una promozione a Generaloberst poco prima dell’arrivo dei Sovietici.
Inutile dire che i suoi sforzi non cambiarono l’esito della battaglia.
Non riconosciuto colpevole di particolari crimini di guerra, gli venne permesso di tornare ad Hannover, dove si spense all’età di 72 anni.

Gustav Heistermann von Ziehlberg (10 Dicembre 1898 – 16 Ottobre 1946): Heistermann von Ziehlberg venne catturato dalle truppe americane alla fine della guerra, ma il Processo di Norimberga lo dichiarò colpevole dell’esecuzione sommaria di membri del SAS mentre si trovava in Italia, condannandolo alla fucilazione.

Hans von Sponeck (12 Febbraio 1888 – 23 Luglio 1956): La fine della guerra trovò von Sponeck a marcire in carcere, dove era stato rinchiuso da Hitler per aver disobbedito ai suoi ordini.
La libertà però rimase un’illusione per lui, perché il Processo di Norimberga lo dichiarò colpevole dei crimini di guerra da lui commessi sul fronte orientale.
All’inizio condannato a morte, la sentenza venne commutata in 20 anni di prigione.
Morì mentre era in custodia a 68 anni.

Fritz Thiele (14 Aprile 1894 - 4 Dicembre 1958): Thiele si ritrovò al comando delle comunicazioni quando scoppiò la Battaglia di Berlino.
Catturato dai Sovietici, dopo una breve prigionia decise di trasferirsi ad Amburgo, dove morì a 64 anni per un’infezione alle vie aeree.

Karl Freiherr von Thüngen (26 Giugno 1893 – 29 Gennaio 1959): Von Thüngen venne promosso General del Panzertruppen e messo al comando del Panzerkorps Großdeutschland.
Partecipò all’Operazione Vistola-Oder, e nella furia dei combattimenti venne catturato dall’Armata Rossa.
Venne liberato solo nel 1956 e, debilitato dalla prigionia, si spense nella nativa Magonza a 65 anni.

Wilhelm Canaris (1 Gennaio 1887 – 9 Aprile 1960): Il capo dell’Abwehr si consegnò spontaneamente agli Americani negli ultimi giorni di guerra, superando le linee tedesche di nascosto con un’automobile stipata con ogni genere di documento possibile e immaginabile.
Insieme a lui c’era il suo vice, Hans Oster.
Fornì testimonianze della massima importanza durante il Processo di Norimberga, e per il ruolo che ebbe durante la guerra se la cavò con una condanna lieve, cinque anni di carcere.
Trasferitosi a Dortmund alla fine della pena, si dedicò alla scrittura delle sue memorie, che divennero un best seller internazionale dalle quali venne anche tratto un film diversi anni dopo la sua morte.
Voci non confermate indicano che sia stato coinvolto nella creazione del Bundesnachrichtendienst.

Hans Oster (9 Agosto 1887 – 8 Maggio 1962): Il vice di Wilhelm Canaris si consegnò insieme a lui negli ultimi giorni di guerra.
I due più alti membri dell’Abwehr, visto il farsi tragico della situazione, si procurarono una grossa Mercedes, la stiparono all’inverosimile di ogni tipo di documento possibile e si diressero verso ovest cercando di evitare il più possibile le unità tedesche fino a quando una pattuglia di paracadutisti americani non si imbatté il loro quasi per caso.
Le sue testimonianze durante il processo di Norimberga furono molto importanti, e dato che ci furono testimonianze a suo favore che lo vedevano coinvolto nel salvataggio di Ebrei dai campi di concentramento, venne presto rilasciato.
Venne coinvolto nella creazione del Bundesnachrichtendienst, e morì per cause naturali a Gottinga, dove si era trasferito, a 74 anni.

Bernhard Waber (20 Maggio 1884 – 6 Febbraio 1957): Waber venne catturato dai Sovietici durante l’Offensiva di Belgrado e riconosciuto colpevole di saccheggi vari e di aver lasciato prosperare il mercato nero nell’ex capitale jugoslava.
Venne rilasciato nel 1955 e ritrovato morto un paio di anni dopo in un appartamento di Villaco dove viveva praticamente in stato di indigenza.

Wolf-Heinrich Graf von Helldorff (14 Ottobre 1896 – 16 Ottobre 1946): Von Helldorff venne catturato dalle forze americane mentre cercava di fuggire dalla Berlino assediata travestito da profugo.
In qualità di capo della polizia di Berlino, al Processo di Norimberga venne dichiarato colpevole di essere una delle menti dietro la Notte dei Cristalli e le vessazioni degli Ebrei tedeschi avvenute negli anni ’30.
Venne conseguentemente condannato a morte.

Erich Fellgiebel (4 Ottobre 1886 – 4 Settembre 1962): Fellgiebel venne catturato dalle truppe sovietiche a Berlino, e questo fu un grosso colpo per l’Unione Sovietica: in qualità di capo dell’arma delle trasmissioni dell’esercito tedesco, Fellgiebel era a conoscenza di praticamente tutti i segreti militari del Terzo Reich, incluso il lavoro in campo missilistico di Wernher von Braun nel Centro di Ricerca Militare di Peenemünde.
Le informazioni fornite da Fellgiebel furono utilizzate dall’URSS nella corsa allo spazio.
Dopo il suo rilascio nel 1952 gli venne permesso di stabilirsi a Dresda, dove morì di cause naturali a 75 anni.

Fritz Lindemann (11 Aprile 1894 – 22 Settembre 1960): Il capo dello stato maggiore dell’artiglieria venne catturato dall’Armata Rossa a Berlino.
Non ritenuto colpevole di particolari crimini di guerra, venne rilasciato dopo una breve prigionia e si stabilì a Lipsia, dove si spense a 66 anni a causa di un tumore.

Friedrich von Rabenau (10 Ottobre 1884 – 15 Aprile 1960): Costretto alla pensione anticipata da Hitler, all’avvicinarsi delle forze sovietiche fuggì da Berlino e si consegnò alle truppe statunitensi.
Non venne giudicato colpevole di crimini di guerra, perciò dopo il rilascio si trasferì a Marburgo, dove si dedicò alla sua passione, la teologia, e alle attività dell’Ordine di San Giovanni del Baliaggio di Brandeburgo.
Morì per cause naturali a 76 anni.

Eduard Wagner (1 Aprile 1894 – 23 Giugno 1954): Ebbe la sfortuna di essere catturato dalle truppe sovietiche durante la Battaglia di Berlino mentre cercava di consegnarsi agli Americani.
Avendo stilato assieme a Reinhard Heydrich i regolamenti che permettevano all’esercito e agli Einsatzgruppen di cooperare nell’assassinio degli Ebrei che vivevano in Unione Sovietica, venne ritenuto colpevole di crimini di guerra e in seguito giustiziato.

Friedrich Olbricht (4 Ottobre 1888 – 21 Luglio 1956): Inviato da Hitler sul fronte orientale nell’estate del 1944, rimase bloccato nella Sacca di Curlandia e lì rimase fino al termine della guerra, arrendendosi all’Armata Rossa.
Sebbene non fu accusato di particolari crimini di guerra non fu rilasciato fino al 1953, quando gli venne permesso di tornare nella natia Leisnig, dove morì a 67 anni per un’intossicazione alimentare.

Carl-Heinrich von Stülpnagel (2 Gennaio 1886 – 16 Ottobre 1946): Von Stülpnagel venne catturato dalle forze francesi in seguito al collasso della Sacca di Colmar.
Il Processo di Norimberga lo riconobbe colpevole di crimini di guerra commessi in Francia, e venne per questo condannato a morte e giustiziato.

Ludwig Beck (29 Giugno 1880 – 20 Luglio 1958): Beck alla fine della guerra si consegnò ai soldati statunitensi, e, non venendo riconosciuto colpevole di particolari crimini di guerra, gli venne permesso dopo una rapida prigionia di prendere domicilio a Wiesbaden.
In seguito alle elezioni federali tedesche del 1953 decise di rompere gli indugi ed entrare in politica, schierandosi col Partito di Centro Tedesco.
Alle elezioni federali tedesche del 1957 fu l’unico deputato di quel partito a riuscire ad essere eletto al Bundestag, ma morì meno di un anno dopo di malattia a 77 anni.

Friedrich Fromm (8 Ottobre 1888 – 12 Marzo 1957): Essendo il comandante dell’Ersatzheer, Fromm ebbe il compito di organizzare le ultime difese della Germania quando venne travolta dalle maree umane sovietiche.
Catturato dall’Armata Rossa, non venne accusato di particolari crimini di guerra, perciò dopo un breve periodo di carcere gli venne concesso di trasferirsi a Erfurt, dove venne stroncato da un ictus a 68 anni.

Erich Hoepner (14 Settembre 1886 – 8 Luglio 1953): Visto l’aggravarsi delle situazione sul fronte orientale, Hitler si vide costretto a reintegrare in servizio Hoepner, che però venne catturato dai soldati sovietici durante le Offensive della Slesia.
Dato che le unità ai suoi ordini cooperarono da vicino con gli Einsatzgruppen e implementarono l’Ordine del Commissario, il generale tedesco venne ritenuto colpevole di crimini di guerra e giustiziato.

Erhard Heiden (23 Febbraio 1901 – 15 Settembre 1970): L’ex terzo Reichsführer delle SS fuggì dalla Germania poco dopo la presa del potere di Hitler.
Dopo un breve soggiorno in Francia, da dove iniziò ad opporsi apertamente al regime Nazionalsocialista, si trasferì in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti, appena in tempo per assistere all’entrata in guerra di quel paese.
Stabilitosi a Milwaukee, sembra che chiese di poter entrare in servizio nello U.S. Army, venendo ovviamente respinto.
Dopo la guerra ritornò nella nativa Weiler-Simmerberg, della quale a partire dagli anni ’50 divenne a più riprese sindaco.
Era in carica quando morì a 69 anni a causa di complicazioni dovute al diabete di cui soffriva.

Günther von Kluge (30 Ottobre 1882 – 19 Agosto 1961): Von Kluge continuò a combattere sul fronte occidentale fino alla capitolazione della Sacca della Ruhr, dove, abbandonato e dato per morto dopo un pesantissimo bombardamento d’artiglieria, venne ritrovato dalle truppe canadesi in un bunker e subito ricoverato in ospedale, dove però dovette subire l’amputazione della gamba destra e l’asportazione dell’occhio sinistro.
Vista la sua partecipazione alle campagne sul fronte orientale l’Unione Sovietica ne chiese l’estradizione, ma la richiesta venne rifiutata.
Venne condannato a cinque anni di carcere e scontata la pena divenne, assieme al Feldmaresciallo von Manstein, consulente della NATO nell’organizzazione della Bundeswehr, incarico che mantenne fino al 1957, quando decise di ritirarsi a vita privata in una tenuta alla periferia di Aquisgrana.
Nel 1960 si mise al lavoro su delle memorie di guerra che però rimasero incompiute, poiché la sua salute già malmessa declinò rapidamente e si spense all’età di 78 anni.

Erwin von Witzleben (4 Dicembre 1881 – 8 Novembre 1961): Von Witzleben combatté sul fronte occidentale a partire dall’estate del 1944, ma venne catturato come conseguenza dell’Operazione Varsity.
Non venne considerato colpevole di crimini di guerra di qualche genere, e dopo la guerra riuscì addirittura a diventare il primo Ispettore Generale della Bundeswehr.
Morì di cause naturali a 79 anni, poco tempo dopo essersi ritirato dal suo incarico.

Erwin Rommel (15 Novembre 1891 – 14 Ottobre 1972): Rommel fu l’ultimo generale ad arrendersi sul fronte occidentale.
Non ritenuto colpevole di crimini di guerra, l’ex “Volpe del Deserto” dopo la guerra subì forti pressioni per avere un ruolo attivo nella formazione della Bundeswehr, ma a queste oppose sempre nettissimi rifiuti.
Si gettò invece anima e corpo nella politica, militando tra le file dell’Unione Cristiano-Democratica di Germania, sebbene Konrad Adenauer non lo vedesse di buon occhio e lo considerasse una figura troppo ambigua e troppo ingombrante.
Questo non gli impedì nel 1947 di diventare sindaco di Stoccarda e nel 1953 divenne Ministro Presidente del Baden-Württemberg.
L’ascesa politica di Rommel proseguì, e nel 1966 divenne il nuovo Cancelliere Federale della Germania, rimanendo tale fino alla sua morte, avvenuta poco prima del suo 81esimo compleanno a causa di un eclatante attentato eseguito da terroristi della Rote Armee Fraktion.

Nota: Sembra che Hitler giustiziò o costrinse al suicidio 84 dei suoi generali, ma qui ce ne sono solo 28, per il semplice fatto che non sono riuscito a trovare una lista completa degli alti graduati che ebbero questo amaro destino.
Naturalmente il PoD di questo mio divertissement consiste nel fatto che l'operazione Walkiria non avviene...

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In seguito lo stesso autore ha aggiunto:

Dato che sono un dannato cerchiobottista che non merita nessuna stima, ecco quest'altro divertissement ucronico:

Estratti dall’“Enciclopedia Completa dei Generali Sovietici (1917-91)”

Gaja Gaj (6 Febbraio 1887 – 11 Dicembre 1947): Il colonnello generale di origine armena Gaj si ritrovò al comando della 13a Divisione di Cavalleria della Guardia quando scoppiò la guerra contro la Germania, e seguì il destino di quell’unità, e di altre in seguito alla sua promozione a generale d’armata, fino all’Offensiva di Praga.
Dopo la guerra tornò a insegnare storia e arte militare all’Accademia di Ingegneria Aeronautica Militare “N. E. Žukovskij”, scrivendo anche due altri libri su questo argomento.
Morì a causa di una grave broncopolmonite.

Anatoli Gekker (25 Agosto 1888 – 3 Maggio 1959): Il georgiano Gekker si distinse durante le operazioni nel Caucaso ideate per contrastare l’Operazione Blu tedesca, concludendo la guerra col grado di generale d’armata.
Dopo il conflitto tornò al compito di addetto militare all’estero, più precisamente in Corea e poi in Cina.
Si ritirò a vita privata nel 1955, e morì nella nativa Tbilisi di cause naturali a 71 anni.

Iona Jakir (3 Agosto 1896 – 12 Giugno 1979): Uno dei massimi riformatori dell’Armata Rossa nel periodo precedente l’invasione tedesca.
Grazie alle sue teorie l’Unione Sovietica riuscì a infliggere colpi pesantissimi alle forze armate tedesche, anche se qualche osservatore esterno ha accusato Jakir di eccessiva durezza nella conduzione delle sue campagne militari.
Ciononostante i contributi di Jakir alla vittoria finale furono innegabili, e gli valsero la promozione a Maresciallo dell’Unione Sovietica e il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica.
Dopo la guerra divenne Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate Sovietiche fino al 1952, quando venne eletto membro del Comitato Centrale del PCUS.
Nel 1960 divenne Ministro della Difesa, carica che mantenne per cinque anni prima di diventare Presidente del Consiglio dei Ministri dell’URSS.
Si ritirò da ogni incarico nel 1974 e morì a 82 anni.

Vasilij Konstantinovič Bljucher (1 Dicembre 1889 – 9 Novembre 1983): Bljucher comandò a più riprese il Fronte dell’Estremo Oriente, e fu fondamentale nella distruzione dell’armata giapponese del Kwantung e nella conquista della Penisola Coreana.
Le sue azioni gli valsero la stella d’oro di Eroe dell’Unione Sovietica.
Dopo la guerra in molti pensarono a lui per un incarico politico, ma alla fine prevalse sempre l’opinione che Bljucher fosse più utile nell’Estremo Oriente russo, dove divenne Comandante in Capo delle Forze Sovietiche in Oriente.
Nel 1956 però divenne membro del Comitato Centrale del PCUS, e nel 1965 divenne Viceministro della Difesa, carica che mantenne fino al 1976, quando si ritirò dalla vita politica.
Morì a Jaroslavl’ a 93 anni.

Aleksandr Andreevič Svečin (17 Agosto 1878 – 29 Luglio 1948): Quando scoppiò la guerra contro la Germania gli venne affidato il comando della 172a Divisione Fucilieri e seguì il destino di quell’unità.
Concluso il conflitto col grado di colonnello generale, Svečin tornò ad insegnare all’Accademia dello Stato Maggiore Generale dell’Armata Rossa e manifestò l’intenzione di scrivere un nuovo trattato militare basato su quello che aveva visto e fatto durante la guerra, ma morì poco dopo per cause naturali.

Michail Nikolaevič Tuchačevskij (4 Febbraio 1893 – 13 Maggio 1977): Il principale modernizzatore e riformatore dell’Armata Rossa, non ché sviluppatore della teoria delle operazioni in profondità ottenne di nuovo l’incarico di Capo di Stato Maggiore Generale dell’Armata Rossa.
Fu in queste vesti che supervisionò la sconfitta delle forze armate tedesche e la caduta del Terzo Reich.
Grazie alle sue azioni venne premiato due volte con la stella d’oro di Eroe dell’Unione Sovietica, e immediatamente dopo la fine della guerra per lui si spalancarono le porte dell’incarico di Ministro della Difesa dell’URSS.
La sua ascesa politica però non si fermò qui, perché nel 1953 riuscì a diventare Segretario Generale del PCUS.
In questa carica, che mantenne fino alla sua morte a 84 anni, come durante la sua carriera militare, si distinse per il suo riformismo.

Michail Dmitrievič Velikanov (8 Gennaio 1893 – 30 Agosto 1968): Trasferito ad occidente quando scoppiò la guerra contro la Germania, gli venne affidato il comando della 2a Divisione Fucilieri, seguendo il destino di quell’unità fino all’Offensiva della Prussia Orientale.
Promosso generale d’armata, dopo la guerra tornò a comandare il Distretto Militare del Transbajkal fino al 1959, quando divenne membro del Comitato Centrale del PCUS.
Si spense a Rjazan’ a 75 anni.

Aleksandr Il’ič Egorov (25 Ottobre 1883 – 23 Febbraio 1970): Nel 1939 il Maresciallo Egorov divenne membro del Comitato Centrale del PCUS, e quando scoppiò la guerra con la Germania divenne Commissario del Popolo per la Difesa.
Finita la guerra si dimise da quell’incarico, ritenendo di aver assolto il suo compito, anche se continuò la sua carriera politica, entrando a far parte del Politburo.
Nel 1953 divenne Presidente del Presidium del Soviet Supremo, poi ottenne di nuovo la carica di Capo dello Stato Maggiore Generale.
Nel 1960 si ritirò dagli incarichi pubblici e si spense dieci anni dopo nella nativa Buzuluk.

Pavel Efimovič Dybenko (16 Febbraio 1889 – 28 Giugno 1956): Comandante del Distretto Militare di Leningrado, fu lui a dover rintuzzare le offensive tedesche contro quella città.
Si distinse per la brutalità nei confronti dei soldati del Terzo Reich, ma il suo pugno di ferro serviva semplicemente a mascherare la sua ignoranza delle questioni militari.
Qualche rovescio di troppo gli costò il ritorno nel Distretto Militare dell’Asia Centrale, che durante la guerra rimase sempre secondario.
Dopo la vittoria dell’Unione Sovietica rimase coinvolto in vari scandali dovuti al suo amore per la bella vita.
L’altra sua grande passione, la caccia, gli fu fatale: mentre partecipava ad una battuta alla beccaccia nei pressi di Černihiv inciampò e cadde sulla sua doppietta, dalla quale partì il colpo che lo uccise.

Dmitrij Petrovič Žloba (3 Giugno 1887 – 10 Settembre 1965): Quando scoppiò la guerra contro la Germania a Žloba venne affidato il comando della 5a Divisione di Cavalleria della Guardia, con la quale trascorse quasi tutto il periodo del conflitto.
Infatti, verso la fine del conflitto, rimase per sua sfortuna gravemente ferito durante la cattura della città di Neubrandenburg, quando un proiettile d’artiglieria di grosso calibro quasi centrò l’automobile che lo stava trasportando durante un trasferimento.
Le lesioni riportate lo costrinsero a ritirarsi dalla vita militare.
Pur essendo di origini ucraine Žloba decise di trasferirsi in Georgia, dove si impegnò nella politica locale.
Nel 1951 entrò a far parte del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica Georgiana.
Morì per cause naturali a 78 anni a Tskhinvali.

Grigorij Michajlovič Štern (6 Agosto 1900 – 28 Ottobre 1989): Dopo l’inizio dello scontro con il Terzo Reich, a Štern venne affidato il compito di bloccare le offensive finlandesi.
Ci riuscì con la massima efficacia, guadagnandosi la promozione a generale d’armata, e dopo che la Finlandia si ritirò dal conflitto per Štern si prospettò un ritorno nell’Estremo Oriente per combattere contro le forze giapponesi, che però non si realizzò a causa della rapidità del Maresciallo Bljucher nel distruggere l’Armata del Kwantung.
Dopo la partenza di questi per Mosca, però, ottenne prima il comando del Distretto Militare dell’Estremo Oriente e poi venne nominato Comandante in Capo delle Forze Sovietiche in Oriente.
Nel 1965 venne nominato Ministro della Difesa, carica che mantenne per dieci anni prima di ritirarsi dagli incarichi pubblici.
Si spense per cause naturali nella natia Smila.

Jakov Vladimirovič Smuškevič (14 Aprile 1902 – 29 Novembre 1992): In qualità di Ispettore Generale dell’Aeronautica si mise di impegno per riformare le tattiche e l’addestramento di quell’arma.
Grazie al suo operato l’aviazione sovietica riuscì presto ad ottenere la superiorità aerea sulla Luftwaffe tedesca per quanto riguarda la caccia, e i bombardieri e gli aerei da attacco dell’URSS inflissero gravi danni alle infrastrutture e alle unità militari tedesche.
Dopo la fine della guerra venne promosso colonnello generale e venne premiato con la stella d’oro di Eroe dell’Unione Sovietica.
Nel 1954 venne di nuovo nominato Comandante in Capo dell’Aeronautica, ma nel 1961 dovette interrompere la sua carriera: infatti un grave incidente aereo avvenuto negli anni ’30 che ebbe ripercussioni sulla sua salute lo costrinse a diversi interventi alle gambe.
Non potendo più stare al passo con gli impegni dovuti ad un ufficiale di altissimo rango, decise di trasferirsi ad insegnare nell’accademia militare per navigatori e ufficiali dell’aeronautica che anni prima aveva contribuito lui stesso a creare.
Rimase lì fino al 1979, quando decise di andare in pensione.
Morì nella natia cittadina lituana di Rokiškis.

Pavel Vasil’evič Ryčagov (15 Gennaio 1911 – 27 Settembre 1972): Comandante in Capo dell’Aeronautica durante il conflitto con la Germania Nazista, a lui si devono tutti i successi ottenuti da quell’arma.
Concluse la guerra col grado di colonnello generale e la nomina ad Eroe dell’Unione Sovietica.
Nel 1954 si avvicendò col collega Smuškevič nella carica di Ispettore Generale dell’Aeronautica, continuando la sua opera riformatrice.
Quando nel 1961 Pavel Smuškevič dovette abbandonare il suo incarico, Ryčagov ottenne di nuovo il posto di Capo dello Stato Maggiore dell’Aeronautica.
Per il resto della sua carriera ricoprì sempre alti incarichi ai vertici dell’aeronautica, venendo anche promosso generale d’armata.
Ironia della sorte, perì in un incidente aereo mentre svolgeva le sue funzioni.

Dmitrij Grigor’evič Pavlov (4 Novembre 1897 – 22 Luglio 1970): In qualità di comandante del Fronte Occidentale fu lui a dover assorbire le prime offensive tedesche quando scoppiò la guerra contro la Germania Nazista.
Purtroppo le sue tattiche abbastanza conservatrici si dimostrarono piuttosto deleterie, e venne rimosso dal comando di quell’unità dopo qualche sconfitta di troppo.
Venne trasferito al comando del Distretto Militare Siberiano, un distretto militare che ovviamente rimase di secondaria importanza.
Pur rimanendo amareggiato da questa decisione, Pavlov continuò a servire nell’Armata Rossa.
Nel 1954 divenne Capo dell’Accademie Militare Frunze, incarico che mantenne per dieci anni.
Morì di cause naturali a 72 anni a Kostroma.

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Passiamo ora alla proposta di MorteBianca:

Negli ultimi giorni della Guerra, in pieno Assedio di Berlino, Hitler si rende conto dell'ormai vicina caduta dell'ultimo ridotto berlinese e della fine della guerra, quando gli viene comunicato che l'offensiva su cui poneva tutte le speranze, quella di Steiner, ha fallito miseramente. La prospettiva della sconfitta è troppo umiliante, attorno a lui i fedelissimi crollano uno dopo l'altro: Fegelein viene condannato a morte, Himmler lo ha abbandonato, Goering ha cercato di esautorarlo. Hitler segna le sue ultime volontà, sposa Eva con rito civile, viene informato dell'esecuzione di Mussolini, ex mentore e vecchio amico e alleato, cosa che lo spinge a decidere di suicidarsi con Eva e i fedelissimi. Gli altri saranno liberi di seguirlo o arrendersi.

Una spia informa i Sovietici in anticipo dell'intenzione del Führer e questi iniziano un Rush per entrare nel Reichtag e il Fuhrerbunker in tempo per catturare Hitler vivo, viene inoltre diffuso un comunicato dall'Armata Sovietica che promette condono, grazia e grandi ricompense a chi catturerà o contribuirà a catturare Hitler vivo.

Si scatena una bizzarra situazione, ci sono moltissime defezioni, un gruppo di soldati cerca di irrompere nel bunker per catturare il Fuhrer, che non ha il tempo di suicidarsi perché i suoi fedelissimi vogliono spostarlo in zone più sicure. Il caos di quelle ore fu fatale per il destino di Hitler, che venne infine circondato con la sua scorta dai "defezionisti". Hitler inizialmente chiese lo scontro a fuoco, poi ordinò ai suoi fedeli di ucciderlo, entrambe le soluzioni incontrarono difficoltà e portarono, infine, alla cattura di Hitler (che se la cavò con due colpi, uno al colon e uno alla gamba sinistra).

Hitler viene portato, legato e imbavagliato, fino alle truppe sovietiche con uno stendardo bianco a simboleggiare lo scambio pacifico. Le truppe russe devono essere trattenute a forza dai comandanti per evitare il linciaggio. Per tutto il tempo Hitler urla minacce ed insulti ai traditori, e chiede di venire ucciso, incitando anche i soldati nemici a colpirlo.

Poche ore dopo la notizia arriva al comando alleato: Hitler è stato catturato, ed è in mano ai Sovietici. Si scatena subito il dibattito: tutti sono concordi che Hitler deve venire giustiziato insieme a tutti gli altri ad un Processo, ma le varie nazioni hanno idee diverse su come trattarlo e come giustiziarlo.

Stalin però non intende cedere il primato, e mentre gli Alleati stanno ancora avendo a che fare con le ultime sacche di resistenza nazista che non si sono arrese, Stalin annuncia un processo contro Hitler a Varsavia e contro i gerarchi catturati. Gli Alleati protestano, vogliono partecipare al giudizio e vogliono assicurarsi che la cosa sia equa (come se ci fosse dubbio sull'esito del giudizio, come se di default l'Unione Sovietica potesse essere meno onesta nel giudizio stesso). Stalin tuttavia non vuole perdere l'occasione di potersi anche proclamare "Colui che catturò e giustiziò Adolf Hitler", e il processo va avanti.

Adolf Hitler viene condannato in via brevissima, senza diritto di difesa, a 60 milioni di condanne a morte (sono incluse tutte le vittime dell'Olocausto, dei campi di concentramento e sterminio in generale, della repressione politica e di guerra). Hitler viene non solo considerato responsabile di ogni singola morte (con cifre a volte volutamente esagerate), ma anche accusato d'essere responsabile unico, indispensabile, bastevole e consapevole (nonché volontario) della Guerra Mondiale, di aver fomentato i fascismi in tutta Europa e di aver represso la libertà del popolo tedesco e dei territori occupati dalla Germania, ed infine (per non farci mancare nulla) di aver difeso gli interessi del capitale sopra i diritti del proletariato.

La condanna ovviamente non può venire scontata da un solo uomo, per questo motivo Hitler verrà giustiziato nel modo più sadico e singolare che il sistema sovietico ha potuto inventare: Detenzione in una cella di massima sicurezza in isolamento, con quotidiane torture fisiche (non letali) e psicologiche, fustigazioni e umiliazioni pubbliche (con macabri cortei che portano un nudo ed incatenato Hitler per le vie di Varsavia). La detenzione/tortura dura per due settimane, alla fine delle quali Hitler è deperito, malato ed emaciato. Viene infine impiccato e decapitato. Il corpo viene fatto a pezzi, bruciato e i resti gettati in un fiume non meglio specificato; l'Unione Sovietica però rassicura che il punto in cui è stato gettato ciò che resta del Führer è proprio accanto ad una zona di scarico delle fogne della città vicina.

Benché ben pochi lamentino una eccessiva crudeltà nella condanna (si parla pur sempre di Adolf Hitler), lamentano invece la non correttezza del processo ("Un Nazista ha comunque dei diritti") e soprattutto l'esclusività "sovietica" della cosa. Per tal motivo gli alleati organizzano un processo contrapposto a Norimberga, caratterizzato da una maggiore correttezza giuridica ma con pari trattamento dei condannati in molti casi, ma non tutti. Perché gli Americani prendono ex agenti nazisti e li assumono in vista della Guerra Fredda, offrendo loro diversi posti nei servizi segreti. La propaganda Sovietica ottiene da questo fatto asfalto su cui marciare per decenni "Noi i nazisti li condanniamo, loro li pagano per spostarsi in Argentina". I movimenti neo-nazisti lamenteranno l'eccessiva crudeltà della pena, proclamando che Hitler avrebbe meritato al massimo l'ergastolo (al massimo).

Questo fu anche uno dei motivi della celere resa del Giappone. L'Imperatore e il primo ministro, dopo aver visto la fine di Mussolini ed Hitler, organizzarono in fretta e furia una pace separata con gli americani per non ritrovarsi con i Sovietici alle porte.

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Perchè No? gli replica:

Non vi sembra che questa cattura sarebbe stata una benedizione per i neonazisti? Un Hitler catturato con l'aiuto di traditori, che si sarebbe difeso e sarebbe stato messo a morte in maniera orribile sarebbe stato il perfetto materiale per farne un martire della causa, per non dire un santo e immagino senza difficoltà i movimenti di destra (anche non estrema), in particolare negli USA, che finiscono per condannare l'URSS dopo quest'azione e riabilitare in una certa misura Adolf.

Poi non credo che Stalin l'avrebbe fatto a pezzi Medioevo Style, troppo controproducente. L'avrebbe fatto fucilare dopo di che la popolazione polacca sarebbe stata invitata a esprimere la sua giusta rabbia come era stato fatto per il corpo di Mussolini.

Forse Stalin sarebbe stato d'accordo almeno per formare un tribunale internazionale speciale (come dici tu, l'esito non lasciava spazio a dubbi), ovviamente insediato ad Est, avrebbe preso il posto del nostro processo di Norimberga.

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E Bhrihskwobhloukstroy aggiunge:

Se fosse stato tenuto in vita avrebbe potuto rappresentare una fonte inesauribile di presunte rivelazioni compromettenti per il Blocco Avversario (magari effettivamente confessate, con debito trattamento); in Unione Sovietica esisteva la condanna a morte a scadenza illimitata (= non prestabilita), sarebbe bastato applicare tale procedura e un'intera “Enciclopedia di Crimini della Geopolitica Social-Fascista” sarebbe stata garantita da un sigillo incontrovertibile di autenticità.

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Questo è poi il parere di Findarato Anàrion:

È solo una mia opinione, ma secondo me Adolf Hitler che arriva vivo a un processo (Varsavia o la stessa Norimberga, come lessi da non molto in questa lista), potrebbe avere conseguenze che noi stiamo sottostimando.

La butto così: e se (per esempio) la Francia pur di dividersi la medaglietta del "giustiziere di A.H." finisce per essere attirata (come comprimaria, per carità, ma con buona pace di Yalta e con le scuse verso Perchè No?) nell'orbita sovietica? Bisognerebbe riscrivere tutta la storia europea, ma probabilmente il blocco francosovietico sopravvive agli anni 90.

Altre possibili conseguenze: l'UE probabilmente non si forma mai (decisamente non come la conosciamo) e, se si forma, lo farà probabilmente da est; le due Germanie in realtà sono quattro, dato che il Saarland e il Baden-Württemberg (ho usato i Bundesländer attuali: intendevo le zone di occupazione francese) formano stati separati, ovviamente satelliti della Francia, e dato che DDR e BDR non si fonderanno.

La cosa che però ritengo di sottolineare, è che non sto ipotizzando la dittatura del proletariato in Francia.

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E Pavel Tonkov conclude:

Un Hitler suicida ha fatto comodo a tutti perché in un processo avrebbe rivelato cose imbarazzanti anche per gli Alleati, più o meno come è capitato con Bin Laden. Lo sceicco del terrore venne generosamente finanziato dagli Stati Uniti negli anni '80, ovvero quando alla presidenza c'erano Reagan e Bush sr, per fronteggiare l'occupazione sovietica dell'Afghanistan. Se Bin Laden fosse stato processato chissà che cosa avrebbe rilevato e qualcuno nell'amministrazione statunitense non avrebbe dormito sogni tranquilli.

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Chiudiamo per ora con il meraviglioso contributo di Findarato Anàrion:

Uno sprazzo di luce nell'abisso oscuro del male

Nel 1947, in Polonia, le autorità avviarono una serie di processi contro persone accusate di aver partecipato a omicidi di massa nel campo di concentramento di Auschwitz.

Il secondo di questi processi, chiamato confusamente "Il primo processo di Auschwitz" ("Pierwszy Proces Oświęcimski"), ha coinvolto 40 imputati, la maggior parte dei quali ufficiali e amministratori di alto livello nel campo.

Dei quaranta imputati, ventitré sono stati condannati a morte per impiccagione, sei all'ergastolo, sette a 15 anni di reclusione e tre rispettivamente a 10, 5 e 3 anni di reclusione.

Uno invece è stato assolto da tutte le accuse. Questo medico militare, Hans Wilhelm Münch, visibile nella foto sotto con indosso l'uniforme delle SS, potrebbe anche essere sinonimo di “criminale di guerra”. Per quanto le prove suggeriscono, il Dr. Münch era un membro tesserato del partito nazista, essendosi unito sia per una genuina fede nei loro ideali, sia per ragioni egoistiche per avanzare nella propria carriera di medico e batteriologo.

Nel 1943 fu reclutato dalle SS e inviato per assistere esperimenti medici ad Auschwitz. Ma lì accadde qualcosa di strano: si rifiutò di partecipare ai crimini del suo superiore, Josef Mengele e, con grande rischio personale, iniziò ad assistere i detenuti del campo.

In primo luogo, si rifiutò apertamente di partecipare alle famigerate "selezioni" alla piattaforma ferroviaria, che determinavano chi sarebbe stato messo al lavoro, su chi sarebbe stato sperimentato e chi sarebbe stato messo a morte immediatamente. In secondo luogo, ha mantenuto in vita le vittime di Mengele inventando elaborati esperimenti falsi, che in realtà erano solo una copertura per fornire alle persone cure mediche effettive e impedire che venissero uccise perché non più utili.

E, infine, quando lasciò il campo prima dell'avanzata dell'Armata Rossa, diede la sua pistola personale a un prigioniero. E così, nel dicembre 1947, mentre persone con tutto il diritto di odiare i nazisti descrivevano dettagliatamente i crimini di 39 imputati, sorpresero tutti i giudici e i pubblici ministeri difendendo un uomo delle SS e membro del partito nazista che lavorava per uno dei peggiori mostri della storia dell'uomo.

Nessuno se lo aspettava davvero, ma le testimonianze erano così serie, coerenti e provenivano da così tanti detenuti, che persino i pubblici ministeri dovettero ammettere che le loro accuse erano infondate, e quindi ad Hans Münch fu permesso di partire, tornare in Germania e vivere il resto della sua vita praticando la sua professione di medico.

(Dal gruppo "La Seconda Guerra Mondiale")

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