La Seconda Guerra Mondiale in Sudamerica


La proposta di Michele Ghilardelli è semplice e lapidaria:

Questa è la foto. Il POD raccontatelo voi...

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Paolo Maltagliati gli replica:

Ottima idea! Che accade se gli stati sudamericani si lasciano prendere la mano e partecipano anche loro alla seconda guerra mondiale? Tutto comincia con la guerra del Chaco, tra Bolivia e Paraguay (per l'erronea convinzione che il Chaco fosse ricco di petrolio).

Getulio Vargas, presidente del Brasile, e promotore di una forte industrializzazione del paese, decide che è ora di finirla con tutti questi scontri di frontiera. "Il Sudamerica va preso e guidato verso l'emancipazione dal neocolonialismo inglese, colpevole di ridurre alla fame due paesi per qualche litro di petrolio!"

Propone all'Argentina un'alleanza esclusiva per "garantire la pace, la sicurezza e la crescita economica dell'america latina." Pedro Justo Rolòn, presidente argentino, si lascia incantare e ricusa il patto Roca-Runciman, che garantiva agli inglesi l'importazione delle materie prime argentine a prezzo di favore e l'appalto sulla costruzione della rete ferroviaria.

Per cementare quest'alleanza conservatrice, Brasiliani e Argentini decidono di passare alle vie di fatto. Formulano un piano di spartizione del Paraguay e del Chaco. A est del fiume Paraguay all'Argentina, Il Chaco ai Brasiliani. Gli eserciti della Bolivia e del Paraguay, dopo anni di spossanti combattimenti sono totalmente impreparati e si arrendono subito. Prontamente, gli altri paesi sudamericani si mostrano indignati, in particolare il Cile, cui poco o punto frega del Paraguay, ma se è per mettere i bastoni tra le ruote agli Argentini, tanto di guadagnato. Nel frattempo la repubblica platense e il Brasile stesso si avvicinano sempre più al regime fascista italiano, complice anche la percentuale di italiani presenti nel suolo argentino e nelle provincie meridionali del Brasile. Anche il nazismo tedesco, scambiato in Sudamerica per una riedizione del guglieminismo, viene visto con favore.

Dopo il definitivo colpo di stato di Vargas, nel '37, inizia anche una possente opera, da parte del brasile, di militarizzazione. Lo stato verde-oro vuole reinterpretare in chiave personale l'imperialismo statunitense e la dottrina Monroe, con grande scorno per gli stessi americani. Nel frattempo gli argentini, per imitazione, puntano allo sviluppo della propria marina da guerra, in vista di un imminente ed inevitabile conflitto con il Cile.

Ma, sebbene il Cile non goda delle simpatie degli altri paesi sudamericani, il "gigante brasiliano" fa paura e Santiago firma un patto di alleanza con Bolivia e Perù, chiedendo anche l'aiuto statunitense e americano.

A mo' di effetto domino, l'Ecuador, sentendosi minacciato dal Perù e ancora desideroso di prendersi i restanti due terzi del proprio territorio, persi molto tempo addietro, si butta nelle mani di Vargas.

Vargas pensa di usare le mai sopite divergenze territoriali del Sudamerica per imporsi come leader indiscusso del continente. L'obiettivo finale sarebbe, niente di meno, il controllo Colombiano (una volta che la Colombia fosse diventata serva fedele di Rio) del canale di Panama.

Ma ogni rosa ha le sue spine: il colpo di stato del 1936 aveva abbattuto il caudillo Vicente Gomez in Venezuela, alleato di Vargas, per lasciare il posto a Contreras, che aveva ristabilito le libertà democratiche e cambiato linea in politica estera. Ovvio che anche il Venezuela si schierasse a questo punto in favore della "triplice andina". La Colombia, invece, era debole e ripiegata su sé stessa: sarebbe stato un gioco da ragazzi distruggerla o portarla dalla propria parte (o almeno, così pensava Vargas). Degno di lode, invece l'Uruguay. Il presidente Terra si manteneva rigidamente neutrale. Cominciarono a fuggire verso Montevideo i primi dissidenti argentini e Brasiliani, mentre l'immigrazione italiana virava decisamente da Buenos Aires a Montevideo.

I brasiliani costruirono una base navale a Fernando de Noronha, mentre gli argentini, fomentati dall'asse e dai Brasiliani, cominciarono ad alzare la voce per rivendicare le Malvinas, proprietà inglese.

Nel maggio del 1939, l'alleanza portunola, come era chiamata l'asse Rio-Baires, strinse accordi di cooperazione aeronavale con l'asse europea, ed entrò nel patto Anticomintern.

Clausole segrete, intanto, assicuravano al Reich l'utilizzo dei porti argentini e brasiliani per le proprie navi e dei propri sottomarini e l'invio in Europa di materie prime in cambio di materiale bellico. Già addestratori tedeschi avevano aiutato Vargas a ammodernare le truppe e le tattiche, soprattutto con la creazione di un'aviazione e di una divisione corazzata all'altezza. Nel 1939 entrò in linea il "R.B01. Pássaro do Terror", una rivisitazione del Ba.27 Breda, modello che non era piaciuto alla regia areonautica italiana, ma che comunque rappresentava un buon aereo.

La guerra in Sudamerica iniziò ufficialmente quando Mussolini dichiarò guerra alla Francia. l'esercito Brasiliano entrava il 15 giugno a Caienna; il 27 a Paramaribo. La Guiana britannica resisté invece più a lungo, ma la guerra sottomarina indiscriminata tedesca impediva l'invio di consistenti rinforzi alla colonia. GeorgeTown cadde il 18 Luglio. Per la fine di agosto anche l'ultima resistenza sul Pacaraimà era spezzata. Ma si era solo all'inizio. Gli Stati Uniti, ovviamente, minacciarono pressioni, ma ancora non erano disposti a scendere in guerra. Non per il Brasile. Nel frattempo, anche l'Argentina si univa a Vargas nella dichiarazione di guerra.

Dopo la dichiarazione di guerra agli inglesi, il regno unito chiese ai propri alleati sud-americani di entrare in guerra contro le forze dell'asse. La Colombia e il Venezuela optarono per la neutralità. La triplice andina, invece, rispose all'appello. I peruviani non credevano che i brasiliani, impegnati a nord, riuscissero a mobilitare troppo velocemente le truppe sul loro versante. Pertanto, decisero di regolare i conti con l'Ecuador, che, per il momento, era rimasto neutrale. Nel giro di breve tempo, i peruviani avevano occupato tutta la parte pianeggiante orientale del piccolo stato, che accusava la violazione della neutralità. Ansioso di prendere parte alla spartizione, la Colombia fece il grande errore di allearsi con i peruviani.

Ma i brasiliani avevano fatto bene i loro conti. l'esercito del nord non era che una parte delle armate di Rio. Ai primi di settembre Vargas lanciò l' Operação Mavnas. nel giro di pochi giorni le truppe di stanza a Palmeiras do Javari oltreèassarono il confine, riducendo in cenere l'esercito Peruviano, che si aspettava, per via di falsi messaggi, un attacco molto più a sud. Il 14 settembre Iquitos diventava il quartier generale Brasiliano in territorio peruviano.

Ovviamente, anche il Cile dichiarò guerra all'Argentina, che, al contrario del Perù, non si lasciò cogliere di sorpresa. Anzi, furono le truppe Cilene a passare all'offensiva tra le Ande; forzarono il passo di Llullaillaco, allo scopo di prendere il controllo dell'importante strada che scendeva verso i centri di Jujuy e Salta. Meglio andò sul lato marittimo, visto che gli argentini riuscirono senza eccessivi patemi a togliere le Falkland agli inglesi. Riportarono anche una vittoria sulla flotta cilena all'imbocco dello stretto di Le Maire.

Ma era tutto solo all'inizio...

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Gli risponde Bhrghowidhon:

Curiosità di dettaglio: in questo contesto è ipotizzabile a maggior ragione l'insuccesso del Candidato della Alianza Popular Libertadora (nata dall'alleanza della Unión Socialista e del Movimiento Nacional Socialista de Chile) alla Presidenza del Cile, l'ex-Presidente generale Carlos Ibáñez del Campo (di ritorno dal primo esilio), contro Arturo Alessandri Palma, quindi il conseguente tentativo di Colpo di Stato contro quest'ultimo il 5. settembre 1938, la Matanza del Seguro Obrero e l'appoggio nazionalsocialista al Candidato del Fronte Popolare, il radicale Pedro Aguirre Cerda, ma forse non la vittoria di stretto margine (50,26% contro il 49,33% del rivale governativo Gustavo Ross Santa María) da parte di quest'ultimo proprio grazie ai voti nazionalsocialisti; di conseguenza, il tentativo di Colpo di Stato da parte del gen. Ariosto Herrera (25/8/1939), presumibilmente ispirato da Ibáñez del Campo dall'esilio argentino si sarebbe rivolto contro Gustavo Ross Santa María e avrebbe avuto l'appoggio del Jefe del Movimiento Nacional Socialista de Chile Jorge González von Marées, benché il partito fosse diventato nel frattempo la Vanguardia Popular Socialista; è persino possibile che non avvenisse la rottura tra González von Marées e la Auslandsorganisation della NSDAP nel marzo 1938.

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Massimiliano Paleari invece commenta:

Un coinvolgimento più "pesante" del Sudamerica nella WWII può essere ipotizzabile partendo anche da eventi maggiormente intrecciati con la nostra timeline. Pensiamo ad esempio alla corazzata tascabile tedesca Graf Spee rifugiatasi in un porto argentino nei primi mesi del conflitto. Immaginiamo che in quel momento in Argentina l'influenza degli elementi filonazisti e filofascisti (influenza del resto ben presente anche nella realtà) nell'apparato di Governo e in quello militare fosse ancora più elevata rispetto a quella della nostra nostra timeline (sarebbe bastato ad esempio un leggero anticipo delle fortune politiche di Peron). L'Argentina concede ai Tedeschi tutto il tempo che vogliono per procedere alle riparazioni della loro nave corsara, fornendo anche assistenza tecnica. La squadriglia inglese si fa sotto minacciosa ed entra nelle acque territoriali argentine. Si arriva ad uno scontro aperto che vede la Graf Spee riparata a tempo di record con l'aiuto delle maestranze del Paese Sudamericano affrontare gli Inglesi con l'appoggio della flotta argentina. Gli Inglesi ripiegano malconci verso le Falkland. Il giorno dopo vi è la dichiarazione ufficiale di guerra della Gran Bretagna all'Argentina. In quest'ultima si assiste ad una levata di scudi nazionalista. Nel gennaio del 1940 gli Argentini, appoggiati anche dalla Graf Spee, sbarcano nelle Falkland e proclamano la riannessione delle Malvinas alla madrepatria. I Tedeschi e gli Italiani intanto, pur tra alcune difficoltà e la perdita di parte dei mezzi durante la difficile traversata, riescono a impiantare in Argentina una base aereo navale e di sommergibili. Molti Italiani residenti in Argentina vengono arruolati nella BANASOM (Base Argentina Navi Aerei Sommergibili). Da qui inizieranno a infastidire seriamente i movimenti degli Alleati nell'Atlantico meridionale. Nel maggio/giugno 1940, con il crollo della Francia e la Gran Bretagna allo stremo, aumentano in Sudamerica le simpatie per l'Asse. A questo punto mi riaggancio all'ucronia prospettata da Paolo Maltagliati e immagino il Presidente del Brasile Vargas allearsi all'Argentina e dichiarare che è ora di farla finita con le "mene" britanniche in Sudamerica (gli U.S.A. per il momento non vengono prudentemente citati). I Brasiliani occupano facilmente la Guyana Britannica e quella Olandese nel luglio 1940, dopo avere dichiarato guerra a Inghilterra e Olanda (al Governo olandese in esilio). I Tedeschi ottengono da Vargas l'autorizzazione ad impiantare nell'ex Guyana Olandese un'altra base di sommergibili e aereo navale, che minaccia tutto il traffico dell'Atlantico centrale.

Gli U.S.A., sempre più preoccupati per la penetrazione dell'Asse in Sudamerica, ma ancora neutrali, cercano di promuovere per via diplomatica la nascita di un'Alleanza del Pacifico, che leghi tra loro gli Stati Sudamericani e questi ultimi agli U.S.A. in evidente contrapposizione ad Argentina e Brazile e quindi all'Asse. All'alleanza aderiscono: Cile (rivale storico degli Argentini), Bolivia, Perù, Colombia e Venezuela, tutti Paesi preoccupati a vario titolo delle mire espansionistiche del Brasile verso i territori amazzonici.

Argentina e Brasile reagiscono promuovendo la nascita dell'Asse Latinoamericano, a cui aderiscono il Paraguay (soprattutto in funzione antiboliviana) e l'Ecuador (in contrapposizione al Perù). Solo l'Uruguay resta neutrale, come una sorta di Svizzera sudamericana.

Nel febbraio del 1941 forze golliste sbarcate da navigli inglesi cercano di prendere il controllo della Guyana Francese fedele a Vichy. I Brasiliani intervengono con il pretesto di puntellare i Petainisti e così occupano di fatto anche questo territorio.

Nel maggio del 1941 una squadriglia di U-Boot tedeschi provenienti dalla Guyana affonda una petroliera venezuelana in rotta verso un porto delle Antille Inglesi. La situazione precipita rapidamente e in virtù dei trattati firmati e delle reciproche alleanze presto tutto il Sudamerica si trova in guerra. Ma la conseguenza più importante è l'entrata anticipata nella WWII degli U.S.A.

Il fronte sudamericano nel luglio 1941 (cliccare per ingrandire)L'Ecuador è rapidamente occupato nel giugno 1941 da forze peruviane e colombiane, appoggiate da un piccolo corpo di spedizione di marines U.S.A.

I Venezuelani avanzano nell'ex Guyana olandese, appoggiati anche da truppe del Commenwealth provenienti dalle Antille.

I Brasiliani e il Paraguay passano invece all'offensiva in Bolivia, dove riescono ad avanzare in profondità. Nei remoti territori amazzonici la guerra è fatta solo di piccole scaramucce, mentre sul fronte andino Cile e Argentina si affrontano un una guerra di posizione ad alta quota.

Nel luglio 1941 i Tedeschi sono costretti a evacuare davanti all'offensiva alleata la loro base nella Guyana Olandese.

Continua d'altra parte l'offensiva dell'Asse in Bolivia, ora attaccata a sud anche da truppe argentine. Nei territori boliviani occupati viene insediato un Governo Boliviano filoAsse, che però raccoglie pochi consensi (pesa la questione del Chaco con le relative rivendicazioni del Paraguay). Gli Argentini registrano qualche successo nei confronti del Cile nella Terra del Fuoco.

Nell'agosto 1941 un corpo di spedizione U.S.A. entra in Bolivia e riesce a fermare l'offensiva concentrica dei Paesi dell'Asse Latinoamericano. Il fronte si stabilizza sulle alture della cordigliera andina.
Nel settembre 1941 Americani e Inglesi, appoggiati da contingenti venezuelani e degollisti, effettuano sbarchi simultanei nella Guyana Inglese e Francese alle spalle del fronte. La Forza Espidizionera Brasileira, di stanza nella zona, è presa alla sprovvista e si ritira in disordine verso l'interno e verso la frontiera brasiliana.
Il Perù, supportato da consiglieri militari U.S.A., lancia lungo le vie fluviali diversi attacchi nell'ottobre del 1941 nei territori brasiliani amazzonici di confine, armando e utilizzando anche le tribù di Indios insediate nella zona. I Brasiliani arretrano. Vargas è in palese difficoltà.

Nel novembre 1941 gli U.S.A. sbarcano nella Terra del Fuoco e costringono gli Argentini a cedere le posizioni precedentemente conquistate. Entro la metà di dicembre Cileni e Americani occupano a loro volta le estreme propaggini meridionali dell'Argentina. Si tratta di una posizione strategica. Ora infatti lo Stretto di Magellano che mette in comunicazione l'Atlantico con il Pacifico, è saldamente sotto il controllo alleato.

Nel dicembre 1941 battaglia navale al largo delle Malvinas tra la Royal Navy e la flottiglia italo/tedesca/argentina operante nell'Atlantico meridionale. La prima ha la meglio e conseguentemente gli Inglesi rioccupano le Falkland dopo una breve anche se sanguinosa resistenza della guarnigione argentina.

Per l'Asse sudamericano pare incombere il disastro, ma a questo punto l'entrata in guerra del Giappone distoglie dal teatro latinoamericano l'attenzione e le risorse degli Inglesi e (soprattutto) degli Usa.
Una precisazione. Gli altri teatri di guerra seguono grosso modo le stesse vicende della nostra timeline. I Paesi europei non impiegano in Sudamerica grandi unità, pertanto i rapporti di forza restano invariati. Più complicata la situazione per gli U.S.A., che si trova ora a fronteggiare il Giappone e nello stesso tempo il "pantano sudamericano".

Nei primi mesi del 1942, mentre la guerra procede stancamente sui fronti di guerra terresti del Sudamerica, gli attacchi sferrati dagli U-Boot tedeschi e (in misura minore) italiani, che ora usano la nuova tattica del "branco", provenienti dalle basi brasiliane e argentine, mettono seriamente in difficoltà i Britannici e gli Americani, che perdono il 25% in più dei convogli atlantici rispetto alla nostra timeline. Questo ha ripercussioni sul fronte di guerra africano. Nel giugno 1942 Rommel riesce a entrare in Alessandria, ma poi il fronte si stabilizza nuovamente nella zona del delta del Nilo. Anche se Mussolini può brandire la spada dell'Islam in sella a un cavallo bianco lungo le vie di Alessandria, L'Asse non riesce a conseguire il successo strategico (l'occupazione del Medio Oriente e dei relativi pozzi di petrolio).

Il fronte sudamericano nel gennaio 1943 (cliccare per ingrandire)Fermata verso la metà del 1942 la marea giapponese nel Pacifico (Guadalcanal, battaglia del Mar dei Coralli), gli Alleati decidono, prima di sferrare la controffensiva in Africa e nel Vecchio Continente, di risolvere le faccende sudamericane. Sono ovviamente gli U.S.A. ad accollarsi il 99% degli oneri. Del resto gli Americani non possono continuare a tollerare di avere nel "cortile di casa" questa situazione.

Intanto Vargas e Peron, nel settembre 1942 in stallo sul piano militare, organizzano un grande convegno dei Popoli Americani Oppressi dal "capitalismo giudaico anglossassone" e tentano di rilanciare l'idea di una terza via "sociale" tra il Bolscevismo e il Capitalismo. Al convegno partecipanpo delegazioni di Partiti simpatizzanti provenienti da tutti gli Stati sudamericani (compresa una delegazione messicana), ma non vengono raggiunti grandi risultati sul piano pratico. Nell'ottobre 1942 un gruppo locale di sabotatori filoAsse tenta senza successo di minare alcune installazioni U.S.A. nella zona del Canale di Panama.

Nel novembre del 1942 scatta la grande offensiva alleata in Sudamerica. Cileni e Anericani (con contingenti di carri armati Shermann) sfondano il fronte andino e dilagano nella Pampa Argentina, potendo contare su una soverchiante superiorità aerea. Simultaneamente vengono effettuati sbarchi nel Nord Est Brasiliano. Anche il fronte amazzonico è in movimento: i Peruviani occupano Manaus il 15 gennaio 1943. Entro la fine del mese tutto il territorio a nord del Rio delle Amazzoni è in mano alleata.

Il fronte sudamericano nel febbraio 1943 (cliccare per ingrandire)Il 10 febbraio 1943 Peron viene esautorato da un colpo di stato e l'Argentina chiede e ottiene la pace. Nella provincia di Entre Corrientes, al confine con il Paraguay e il Brasile, elementi peronisti oltranzisti formano un Governo rivale, la Republica Social Argentina, che proclama la continuazione della guerra contro gli U.S.A. e i loro servi, ma in ogni caso la quasi totalità del territorio argentino è ormai in mano alleata.

Il 16 febbraio 1943 le truppe brasiliane entrano in Paraguay per prevenire la defezione di questo Paese.

Pressato dagli U.S.A., il 1 marzo 1943 l'Uruguay, fino a quel momento neutrale, dichiara guerra all'Asse (sia quello europeo che sudamericano) e al Giappone. Contemporaneamente forze anglo/americane entrano nel Paese.

Nello Stato brasiliano di Rio Grande do Sul, il 15 marzo scoppia una rivolta anti Vargas foraggiata dagli U.S.A. A Porto Alegre viene nuovamente proclamata l'indipendenza della Repubblica di Rio Grande, come nell'800. Un gruppo di immigrati italiani antifascisti forma una Brigata Garibaldi che si schiera a fianco dell'esercito riograndese. Sarà ricordata come la prima unità combattente italiana antifascista della II Guerra Mondiale.

Il fronte sudamericano nell'aprile 1943 (cliccare per ingrandire)I Brasiliani sono costretti ad evacuare la Bolivia e gran parte del Paraguay per fare fronte alla nuove minacce a sud e per evitare l'accerchiamento.

L'8 maggio 1943, sotto l'attacco concentrico degli Alleati e pressato da più parti anche in patria, Vargas rassegna le dimissioni. Un sottomarino tedesco lo trasporterà in Germania. In Brasile una Giunta Provvisoria di Salvezza Nazionale ripudia l'alleanza con la Germania e l'Italia e firma la pace con gli Alleati. Successivamente sia il Brasile che l'Argentina dichiareranno guerra alla Germania.

L'Operazione Torch (l'occupazione del Nord Africa Francese) sarà attuata esattamente un anno più tardi rispetto alla nostra timeline, nel novembre del 1943, mente già a settembre dello stesso anno gli Inglesi avevano respinto gli Italo/teeschi fino alla stretta di El Alamein liberando Alessandria.

CONCLUSIONI: questa WWII combattuta anche in Sudamerica non cambia le sorti del conflitto, ma ne ritarda la fine esattamente di un anno. La Germania capitola nel maggio 1946, il Giappone in settembre. A livello "locale" nasce un nuovo Stato, la Repubblica di Rio Grande. Curiosamente, nei decenni successivi sarà comunque presente in Sudamerica una non trascurabile opposizione di destra all'egemonia americana. In Brasile in particolare (ma non solo) operareranno per molto tempo bande paramilitari armate di ribelli, che finiranno con il dedicarsi alla produzione e commercializzazione di cocaina in combutta con le mafie internazionali. In alcuni casi l'opposizione di estrema destra si salderà con quella di sinistra... in questo modo ad esempio verrà evitato il Golpe di Pinochet in Chile... 

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E Paolo risponde:

Bella continuazione, anche se, la linea schematica degli eventi che avevo in mente io diverge un po'...inevitabile, ogni testa un'idea! ecco un po' di mie suggestioni:

1) E' vero, gli USA non amano il fatto che nel cortile di casa ci sia un vicino ingombrante come il Brasile, ma rimango convinto che fino ad un intervento diretto contro gli interessi statunitensi, Washington avrebbe all'inzio attuato una politica di laissez faire. Anche perché molti gruppi economici statunitensi non avrebbero visto così di malocchio il ridimensionamento degli inglesi nel sudamerica.
L'intervento diretto si sarebbe verificato, probabilmente, in tre casi: l'occupazione sistematica delle antille fino all'altezza delle isole vergini (ma non credo che i brasiliani abbiano all'inizio troppa voglia, a parte Trinidad e Tobago); la resa di Colombia e Venezuela, cui sarebbe inevitabilmente seguito un attacco su Panama. E se Vargas riesce nel capolavoro diplomatico (ma deve ottenere successi spettacolari per riuscire) di portare dalla propria parte il Messico.
Se si fossero evitati questi tre scenari, avremmo gli Stati Uniti in guerra comunque da Pearl Harbor in poi.

2) Non sono sicuro(però può essere, non sono certo un esperto di queste cose) che tutti questi sbarchi che tu prospetti siano così fattibili. E, anche se fossero, non so quanto successo potrebbero aver avuto. Si sta comunque parlando di distanze oceaniche, e non della Manica o del Mediterraneo. L'unico che vedo quasi certo, è un tentativo di sbarco alleato a GeorgeTown. Per quanto riguarda il canale di Beagle e lo stretto di Magellano, sarà la seconda cosa che cercherà con tutte le sue forze di conquistare l'Argentina, per poi blindarla più che può.

3) Riguardo alle modifiche nella nostra timeline. dipende anche se il Brasile riesce o meno a conquistare il Venezuela, in particolare nel primo periodo della guerra. Perché a quel punto si potrebbero creare dei convogli petroliferi dell'asse nell'atlantico, come quelli alleati con le T2. Se tali convogli (tedeschi ovviamente) riescono a superare indenni le azzorre (dove vi era una base navale alleata), e giungere fino al golfo di Biscaglia, (poniamo dal 50 al 30% delle navi), allora le riserve energetiche dell'asse saranno maggiori.

4) Esiti: sollevazioni comuniste, certo. Ma anche piano Marshall. Con i dovuti aiiuti il Brasile ha tutti i numeri per far partire un miracolo economico. Per quanto riguarda i ritocchi territoriali: Oltre al Rio Grande do Sul, io immaginerei anche la repubblica di Patagonia (gli alleati l'avevano promesso ai Mapuche); il canale di Beagle va tutto al Cile; correzioni amazzoniche del confine Brasiliano.

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E adesso, la proposta di MattoMatteo:

Durante la Seconda Guerra Mondiale, molti cittadini americani di origine italiana e giapponese furono internati in campi di prigionia. Ma che succede se, invece che limitarsi ad internarli, per sicurezza il governo americano li rispedisce addirittura in patria? Nel caso degli italiani, la loro espulsione potrebbe servire a diminuire il problema della mafia in America? (chi ha detto "Al Capone"?)

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Gli replica Enrico Pellerito:

Senza la mafia in America le operazioni statunitensi in Sicilia sarebbero molto più difficili. Nella Palermo occupata dagli americani era facile vedere in giro il superboss Lucky Luciano in uniforme dell'esercito yankee. Una delle poche cose buone che ha fatto il Fascismo invece è stata proprio la lotta senza quartiere all'Onorata Società.
Comunque la quantità di cittadini di origine italiana (e anche tedesca) imprigionati fu davvero irrisoria rispetto a quasi tutti quelli di origine nipponica, a prescindere se già possedevano la cittadinanza o fossero solo emigrati.
Ciò avvenne perché nei confronti dei Giapponesi si era creato davvero un sentimento di odio a causa di Pearl Harbor, una vera isteria.
Fra l'altro, il governo americano si sarebbe scusato nel 1988 per tale provvedimento ed ha anche risarcito coloro che erano stati internati o i loro discendenti.
Se si fosse deciso di rispedirli tutti in "patria", presumo con navi neutrali, la quantità di Nisei e dei loro ascendenti e discendenti presenti nel territorio continentale americano non era poi così notevole, ma per quanto riguarda le Hawaii avrebbe significato allontanare un buon terzo dei residenti.
Ipotizzando che ciò avvenga, questo avrebbe inciso in modo piuttosto trascurabile sulla società americana, ma probabilmente rendendo i rapporti post conflittuali con il Giappone ancora più astiosi.
Oggi, negli Usa e in Canada, le comunità asiatiche di persone caratterizzate dalla plica ci sarebbero sempre, costituite da etnia cinese, coreana e del Sudest come quella vietnamita; forse sarebbe maggiore la presenza filippina. 
Numeri ancora maggiori quelli relativi alle persone di origine italiana, ma, così per come quelli di origine germanica, si trattava di persone ormai da tempo inserite nella società americana e che davano un certo affidamento.
Eisenhower, con quel cognome, avrebbe ben figurato fra i vertici della Wehrmacht, mentre, come lui, milioni di Americani di origine tedesca avrebbero combattuto la Germania senza alcuna remora.
Non furono molti quelli che decisero di andare in Germania per rispondere alla chiamata di Hitler, in nome del pangermanesimo come i nazisti lo interpretavano.
Riguardo proprio l'Italia, l'emigrazione degli anni venti e trenta era stata piuttosto contenuta, rispetto a quella precedente a cavallo fra il XIX e il XX secolo, anche perché a partire dal 1921 gli Usa avevano iniziato a prendere una serie di provvedimenti nei confronti degli immigrati, restringendo fortemente le quote d'ingresso per motivi di economia interna; provvedimenti reiterati e in senso sempre più restrittivo nell'arco del successivo ventennio.
Mi ricordo di aver parlato con alcuni di questi emigranti, partiti dalla Sicilia negli anni 30 e costretti, poi, a dover rientrare a seguito dei suddetti provvedimenti (qualcuno anche perché "indesiderato" in quanto sospettato di essere criminale).
Al Capone, per parlare del soggetto, era invece cittadino americano in quanto nato a New York e, nonostante l'origine campana, in qualche modo era già "integrato".
Per cui i dagos non erano considerati pericolosi.
Piccola digressione: proprio parlando con alcuni degli emigrati rientrati prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, restai sorpreso da quanto essi avevano detto ai loro compaesani riguardo gli Usa.
Una battuta, all'apparenza superficiale e ingenua, nata dalla loro più o meno breve esperienza in quel paese e della ancorché marginale conoscenza delle sue capacità industriali, nonostante la crisi, era che gli Americani erano capaci di sfornare, se volevano, ogni tipo di armamento, di nave e di aereo e in quantità enormi. Inoltre avrebbero potuto farlo in ognuno dei loro stati e questi erano (all'epoca) 48.
Un modo, ribadisco, ingenuo, ma assolutamente sincero per rappresentare ciò che era la realtà di quel gigantesco arsenale che si sarebbe attivato in caso di conflitto; una sorta di appello scaramantico, nella speranza un giorno che l'Italia non se lo fosse trovato avversario.
Altrettanta ingenuità in senso opposto la espresse Göring, quando sostenne che gli Americani non sapevano fare aerei, ma solo frigoriferi e lamette per la barba; doppiamente colpevole ingenuità, dato che il posto che ricopriva gli avrebbe dovuto consentire di disporre di informazioni molto più aggiornate e dettagliate.

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C'è un altro spunto ucronico di Enrica S.:

Casablanca

Il film "Casablanca" di Michael Curtiz con Humphrey Bogart ed Ingrid Bergman è sicuramente uno dei migliori della storia del cinema, ma la sua trama contiene una grossolana incongruenza storica. Infatti nel locale di Rick Blaine vediamo un intero drappello di ufficiali nazisti capitanati dal Maggiore Strasser, giunto nella grande città marocchina per controllare l'efficacia delle misure del Regime di Vichy contro i ricercati e i dissidenti. Ma in realtà non vi furono mai soldati della Wehrmacht nelle colonie francesi, perchè ciò avrebbe violato i termini dell'Armistizio di Compiègne del 22 giugno 1940. Ora, che accade se invece questa clausola non viene accettata dai tedeschi, e le colonie francesi d'Africa pullulano di soldati nazisti, che così in pratica hanno annesso al III Reich l'Impero Coloniale Francese?

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Le replica Bhrghowidhon:

Il quesito di fondo è se ciò potesse favorire la Vittoria dell'Asse. È verosimile che contribuisse ad aiutarla, ma il punto di divergenza fondamentale di tutta la Seconda Guerra Mondiale resta - credo - la dichiarazione di guerra della Germania agli Stati Uniti l'11. dicembre 1941, decisa personalmente da Hitler (contro ogni consiglio e senza alcun obbligo) con una - almeno per quanto sembra - irrazionalità senza precedenti e che ha annullato un possibile 'sollievo' strategico derivante dall'impegno statunitense nel Pacifico (che avrebbe neutralizzato la collaborazione con la Gran Bretagna).

Questo è dunque uno dei casi in cui il Punto di Divergenza ne richiede necessariamente un secondo irrinunciabile. Poi non è detto - anzi - che tutto ciò comportasse per forza una Vittoria dell'Asse, ma (direi) sicuramente senza di questo (in particolare senza evitare la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti) la Germania non avrebbe potuto vincere alcunché.

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Ed ecco il parere del grande Enrico Pellerito:

L'aspetto sollevato da Enrica S. è intrigante.
Probabilmente a Londra studieranno tutte le possibili contromisure, compreso la carta De Gaulle, che cercherà di spingere le colonie francesi confinanti con quelle britanniche a contrastare quanto prospettato, ma la cosa diventerà parecchio onerosa e complicata e in un momento particolare come la "Battaglia d'Inghilterra", con il patema di vedere invasa la madrepatria, non so se ci sarebbero risorse sufficienti per contenere l'espansione tedesca in Africa e, di conseguenza, la minaccia in Atlantico. 
Forse questo indurrebbe Roosevelt ad un maggiore coinvolgimento proprio per rallentare la marea tedesca ma cosa dovrà proporre al Congresso per realizzare i propri propositi?
Sulla dichiarazione di guerra dell'11 dicembre concordo con quanto detto.
In rete ho letto che i giapponesi avrebbero cercato di garantirsi l'entrata in guerra degli alleati europei prima di attaccare a Pearl Harbor ma non ho mai trovato conferma di ciò in alcun testo.
Ho letto, invece, che Roosevelt era indeciso di dichiarare guerra pure alla componente europea dell'Asse e alla fine chiese al Congresso di menzionare solo il Giappone.
Ergo, se Hitler non avesse fatto quella scelta e Mussolini non gli fosse andato dietro (ma cos'altro avrebbe potuto fare il Duce?) gli USA avrebbero impiegato le proprie forze armate solo nel Pacifico.
Una tale ipotesi è stata fatta in uno dei romanzi ucronici italiani, "Asse pigliatutto" di Lucio Ceva, dove Mussolini dichiara subito dopo Pearl Harbor la posizione dell'Italia al riguardo, facendo gli auguri al Giappone in questo lontano conflitto e non mostrando alcuna intenzione di entrarvici. Ciò anticipa la decisione di Hitler che si trova spiazzato e si allinea alla decisione del Duce (già questo è la vera anomalia) e l'Asse europeo finisce per vincere la guerra nel proprio emisfero.
Ma, pensandoci bene, che motivo aveva Hitler di dichiarare guerra agli USA in quel momento, considerando la politica seguita fin lì nei confronti di quella nazione?
Hitler aveva dato ordine che i sottomarini tedeschi evitassero assolutamente qualsiasi incidente in Atlantico con l'US Navy, salvo l'autodifesa, mentre Roosevelt mostrava di cercare l'incidente a qualsiasi costo.
L'estensione della zona di sicurezza Pan-Americana ad est fino all'Islanda e la disposizione alla marina di avere un atteggiamento non proprio neutrale erano sintomi di chiaro intendimento.
Nonostante ciò e nonostante vari incidenti, compreso l'affondamento del cacciatorpediniere Reuben James (31 ottobre 1941) ad opera del sottomarino tedesco U-552, Roosevelt non ritenne di chiedere al Congresso di considerare tutto ciò motivo per entrare in guerra contro la Germania.
Restando così le cose, la levata d'ingegno di Hitler sembra sia stata dovuta al convincimento di questi di anticipare gli americani nel dichiarare guerra ma se quel mattoide decide di mantenere la situazione il mondo assisterebbe a due grossi conflitti contemporanei ma veramente distinti.
Che questo impedirà agli USA di mantenere i flussi di rifornimenti in base alla legge al "Lend-lease" non credo proprio. Anzi, gli americani impiegherebbero solo truppe e mezzi direttamente contro il Giappone e una volta vittoriosi alle Midway e a Guadalcanal, forse riuscirebbero, addirittura, ad anticipare determinate operazioni nella controffensiva nel Pacifico, senza per questo lesinare troppo negli aiuti a Londra e Mosca.
Nel frattempo non è affatto detto che quanto ipotizzato da Ceva si concretizzerebbe.
La sconfitta dell'URSS da parte nazifascista non era assolutamente scontata (personalmente sono dell'idea che le probabilità che questo riuscisse erano inferiori al 50%) e gli aiuti USA avrebbero fatto si che Montgomery contenesse l'avanzata di Rommel in Egitto e a sferrare una controffensiva con risultati molto simili a quelli in HL.
Certo, come giustamente sottolineato da Pozzi, la prospettiva che Boschetto ha inserito nel quadro controfattuale complicherebbe in maniera notevole la situazione e allora Rommel (o chi per lui) si potrebbe trovare avvantaggiato, avendo anche le spalle coperte da Petain e Franco, e a questo punto Salazar considererebbe preferibile dimenticarsi dell'alleanza del 1373 con il Regno Unito e non concederebbe le basi nelle Azzorre, anche se non si schierasse direttamente a fianco di Hitler.
Se poi i britannici occupassero il suddetto arcipelago questo significherebbe guerra mentre se lo facessero gli statunitensi forse, e ripeto forse, si riuscirebbe ancora diplomaticamente ad evitare un allargamento del conflitto.
Di fronte, comunque, ad un totale dominio nel Mediterraneo, ad una possibile progressiva espansione in Africa e ad una proiezione verso il cuore dell'Asia anteriore da parte dell'Asse, Roosevelt dovrà intervenire o si rischia sul serio non solo di "sputare sangue" ma anche di peggio, con una vasta area euroafroasiatica in mano a Hitler.
Un mancato coinvolgimento americano significherebbe l'alta probabilità di un permanente conflitto aeronavale contro il Regno Unito e parimenti ad una, per tutti contendenti, logorante catena di battaglie lungo i fronti sovietico, mediorientale e, in misura più contenuta ma non per questo meno importante, centroafricano.
Determinante potrebbe essere l'utilizzo di ordigni atomici.
Che bella prospettiva!

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Paolo Maltagliati aggiunge:

L’aspetto che mi fa pensare è che un’ottica nazista incentrata al completo controllo del Mediterraneo sarebbe stata un forte argomento a favore dell’entrata in guerra a fianco dell’Asse di Turchia e Iraq, il che avrebbe comunque creato le precondizioni per una resa dei conti con la Russia sovietica.

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Enrico gli risponde:

Certamente. Il rischio che si corre è che per sconfiggere un'Asse europeo in siffatta espansione diventi necessario il ricorso, nel futuro, ai bombardamenti atomici, sperando che, nel frattempo, anche dall'altra parte non giungano a similari risultati. Poi c'è anche la prospettiva che i tedeschi decidano di ricorrere all'impiego dell'arsenale chimico come ritorsione.

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Basileus TFT dice la sua:

L'unica possibilità è un intervento attivo di Vichy a favore dell'Asse. In ogni caso Stalin sarebbe stato pronto per attaccare nel 1942, e a questo punto sarebbe andata parecchio male ai tedeschi-francesi.

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Enrico annuisce:

Questa dell'azione sovietica nel 1942 è un fatto su cui la maggior parte degli storici è concorde, per cui la si può considerare un fatto consolidato, mentre sul supposto attacco di Stalin del luglio 1941, scompaginato dall'operazione Barbarossa, si resta nel campo delle speculazioni con poco o niente a supporto.
Probabilmente Stalin aveva dato disposizioni ad iniziare l'attività propedeutica a quanto intendeva fare nel 1942 e certe misure programmate in questo senso trovano una loro collocazione temporale logica già nel 1941.
Certamente più tardi fosse scoppiato il conflitto sul fronte orientale, più difficoltà avrebbero incontrato i nazifascisti a contrastare l'Armata Rossa.

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Anche MattoMatteo interviene:

Si, ma a questo punto (invasione dell'Europa da parte della Russia), siamo sicuri che gli USA sarebbero rimasti a guardare? O, piuttosto, non avrebbero fatto dietrofront, alleandosi con i nazisti contro il comune nemico comunista?

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E Paolo Maltagliati commenta:

Ribadisco però che i nazisti avrebbero attaccato sicuramente su due fronti: quello caucasico e quello delle pianure. E in più avrebbero avuto a disposizione una maggior quantità di barili di petrolio, anche ammettendo che la Persia rimanesse neutrale.

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C'è poi il parere di Federico Pozzi:

Trovo difficile che L'Italia o l'OKW possano convincere Hitler a distogliere la sua attenzione dallo "spazio vitale" da conquistare ad Est. Hitler era proprio fissato su questo, se la Francia di Vichy si allea effettivamente con la Germania Nazista allora è possibile controllare (badate bene, ho scritto "controllare", non "sferrare offensive") il Nord Africa più saldamente, però ciò comporterebbe qualche incrinatura con il governo nipponico (Vichy non era rimasta molto contenta di dovergli cedere le colonie nel sud-est asiatico). Con un saldo controllo di Vichy del Nordafrica le forze della Francia Libera poi diventano ininfluenti per gli alleati. Potrebbe essere impossibile contenere l'Asse in Egitto, il che riaprirebbe anche la questione dell'Africa Orientale Italiana (persa nel 1941) e un eventuale risveglio del nazionalismo iracheno, che nel 1941 con Rashid Alì aveva provato ad alzare la testa sperando in un appoggio dell'Asse. In questo modo la vittoria degli Alleati è messa molto in forse. Personalmente dubito che vi sia mai un'invasione sovietica dell'Europa.

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Enrico Pellerito approva:

In effetti Hitler aveva quel chiodo fisso e a meno che non gli sviluppi non si mostrino realmente "appetitosi" il suo interesse per il Mediterraneo e le aree prospicienti sarebbe sempre stato molto tiepido.
Per invasione da parte sovietica io intendo quello che hanno sospettato alcuni storici e analisti militari sulla scorta di studi da loro fatti, cioè e un attacco da parte di Stalin al suo "alleato" Hitler per eliminare il nazismo ma che questo comportasse il dominio fino alla penisola iberica resta materia di speculazione e, personalmente, anch'io sono un po' scettico al riguardo, nonostante le memorie di qualche maresciallo sovietico che ipotizza qualcosa del genere.
Molto più probabilmente Stalin intendeva eliminare quello che riteneva, prima o poi, sarebbe stato un pericolo reale per l'URSS; se non lui, qualcuno al Cremlino aveva letto il "Mein Kampf".
Riguardo alla Persia era evidente l'influenza tedesca, tanto da doverla invadere nel 1941, per cui sarebbe diventata presto un campo di battaglia se Rommel fosse avanzato oltre Suez.
E torniamo all'esigenza di far intervenire direttamente gli USA quanto prima possibile, se no sono guai grossi.

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Federico aggiunge di suo:

Personalmente ritengo Stalin molto più cinico di Hitler; se la Germania avesse continuato con la fruttifera collaborazione economica con L'URSS, il georgiano d'acciaio si sarebbe scordato dei comunisti d'Europa come si scordò di quelli di Grecia del 1946/47, troppo occupato a costruire lo stato socialista che voleva e a disputare ai giapponesi la Cina. In poche parole per Stalin l'ideologia funzionava come una coperta da tirare fin dove conveniva; inoltre il capo sovietico come tutti i russi aveva un timore reverenziale per i tedeschi (come dimostra il suo quasi crollo psicologico del 1941 quando venne a sapere dell'invasione). In più, rimango dubbioso sul fatto che la Wermarcht possa sostenere l'enorme offensiva Barbarossa (oltre un milione di uomini e 6000 carri) su tre punte di lancia (nord, sud e centro) e contemporaneamente impegnarsi nel Mediterraneo, a meno di non rivedere il piano Barbarossa e concentrarlo su un'unica punta di lancia, se Hitler dà ragione agli economisti scatenata contro l'Ucraina, se dà ragione ai generali contro Mosca, se fa di testa sua contro Leningrado.

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Torna alla carica Enrico Pellerito:

Comunque, riguardo al film che ha ispirato l'idea ucronica di Enrica S., c'è da dire che quando gli ufficiali tedeschi guidati dal maggiore Strasser giungono a Casablanca vengono ricevuti sia dal capitano Renault, che da il benvenuto nella "Francia non occupata", sia da un capitano italiano, tale Tondelli.
Nella fattispecie questo non viene poi molto considerato dai tedeschi e una successiva scena lo vedrà litigare con uno di questi dentro al bar gestito da Rick, cosa che farà dire a Renault che italiani e tedeschi non andranno mai d'accordo.
Entrambe le scene furono tagliate quando il film venne proiettato nelle sale italiane a partire dal 1946.
Ci furono anche altre modifiche che riguardavano l'Italia rispetto alla pellicola originale ma qui, però, vorrei fare notare la presenza di missioni italiane nel Nord Africa francese, mentre ufficialmente i tedeschi non fecero altrettanto.
So per certo che ve ne era una in Tunisia durante il conflitto e prima che gli alleati effettuassero lo sbarco con l'operazione Torch, ma non so se ve ne fossero in Marocco.
Comunque di missioni si trattava, cioè pochi elementi presenti per controllare che i francesi non "sgarrassero" rispetto agli accordi armistiziali presi nel 1940.

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Aggiungiamo l'idea di MorteBianca:

A quanto pare durante la Seconda Guerra Mondiale c'erano molti soldati del Terzo Reich rinchiusi nel Texas; erano molti, ben addestrati e non volevano arrendersi all'America.

Alcuni membri dei partiti: nazista, fascista, nazionalista, del KKK e diversi magnati del petrolio, proprietari terrieri o estremamente maccartisti (termine anacronistico per allora, lo so) decidono di organizzare la loro liberazione.

Portano armi, aiutati anche da criminali, mafiosi e da maniaci del "weapons' right" e le passano attraverso i recinti, con finti regali e visite, nel frattempo i soldati nazisti preparano trappole improvvisate, piccoli coltelli e pietre, si dispongono e si organizzano con le mappe che gli sono state consegnate. Creando esplosivi con materiali casalinghi (Fight Club ducet) riescono una notte, durante il cambio della guardia, a far saltare il sistema elettrico, esplodere le recisioni e le mura principali e lanciare alcuni gas per confondere le guardie, iniziando a sparare dall'esterno, mentre i nazisti riescono a rivoltarsi e a tramortire le guardie, prendendo le loro armi e iniziando una carneficina.

Restare è troppo rischioso, erano stati sconfitti in casa, in "trasferta" sarebbe stato impossibile sopravvivere, quindi decidono di fuggire, si fanno scortare da camion e macchine lontano, nei paesi circostanti, mentre il governo non sa ancora nulla (infatti durante l'11 Settembre per diverse ore ci fu il caos amministrativo) o non riesce a tracciare i fuggitivi, che nel frattempo si nascondono nelle città di tutta l'america mantenendosi in contatto, si fanno dare documenti falsi e corrompono i burocrati per divenire cittadini americani a tutti gli effetti, con i soldi o con le minacce armate.

Volevano distruggere l'America, come farlo? Iniziare a sparare all'impazzata avrebbe solo prodotto vittime e terrore, ma non avrebbe sfiorato la loro economia, erano tanti, ma insieme erano poco più di un armata, decisero così di distruggere l'America lentamente, pezzo per pezzo, iniziando a commettere omicidi nelle varie città dove si trovavano, occultando i cadaveri, nascondendo bombe, piazzando veleno nell'acqua e diffondendo virus e modificando i medicinali negli ospedali. Il sistema però è troppo lento, ognuno di loro dovrebbe uccidere milioni di americani, ogni giorno un omicidio e arriverebbero a fare dei danni seri, ma è un sistema troppo rischioso, inefficace, lento e dispendioso, decidono quindi di agire sistematicamente e distruggere l'America usando l'America come mezzo e come fine.

Organizzano attentati organizzati e letali, facendo ricadere la colpa su comunisti e socialisti, aumentando il senso di maccartismo generale, aiutano la polizia e le mafie locali in maniera quasi brutale contro i manifestanti e agiscono come agenti di tutti i poteri nascosti e forti che eliminano la concorrenza, eliminano i politici e i media scomodi, corrompono, minacciano e distruggono, infine arrivano a utilizzare gli esperimenti di Mengele per creare gravidanze plurigemellari di ragazzi ariani che crescono in appositi orfanotrofi, mentre ebrei, neri, oppositori politici e altri vengono sterilizzati usando la sanità in cui si stanno infiltrando. Dopo 20 anni le loro fila si sono decuplicate, sono uomini addestrati sin da piccoli, la sinistra americana è indebolita, incolpata, perseguitata e vittima di ogni genere di massacri e soprusi oltre che di debolezza economica, tutti i partiti di estrema destra si fondono nel National Party, capeggiato proprio dai dirigenti Nazisti, che hanno delle "filiali" anche in Sud America e nella Nuova Svezia, dove hanno stazioni di ricerca dove compiono efferati esperimenti sui virus e sulle modifiche genetiche per i loro soldati. Assumono il controllo dell'alta finanza e dei poteri oscuri, legali e non, e della politica, divenendo un'elite molto ristretta, poi iniziano ad adoperare un metodo fascista: contrassegnare chi non vota per loro di un colore, chi vota per loro di un'altro e chi vota per la sinistra (Comunisti, Socialisti, Socialdemocratici, Democratici e Centristi) subisce omicidi, minacce, licenziamenti, castrazione chimica, avvelenamenti e incidenti strani, fino a supposti suicidi.

In questo modo non c'è da sorprendersi se la destra ottiene il 60 % dei voti con la combinazione dei due partiti, mentre il resto della politica discende verso la fine, e le proteste sono solo scuse per iniziare repressioni e massacri indiscriminati, grazie alle Leggi anticomuniste approvate dal governo. Il Partito Nazionale decide che non può più tollerare però la competizione del Partito Repubblicano, finanziato dall'alta finanza che non è affiliata con loro, iniziano quindi a eliminare la finanza concorrente, a causarne deliberatamente il crollo, a massacrarne i membri e a chiedere, nolenti o volenti, l'unione e l'annessione, mentre gli ariani si riproducono con 4 figli ogni gravidanza e 20 gravidanze ogni vita, più gravidanze indesiderate impiantate nelle donne americane, gli oppositori vengono resi sterili e perseguitati, gli abitanti normali hanno un limite di riproduzione di soli 3 figli al massimo, salvo gli "amici" degli ariani. Si arriva così, dopo 80 anni dall'evasione (quindi fra 20 anni circa), a una destra che ha l'80 % dei voti, la popolazione è per un sesto ariana, per un terzo "favorevole" agli ariani, per un terzo neutrale, per un terzo contraria, similare è tutto il sud America, che sta divenendo una federazione in cui massacri ed esperimenti sono aumentati, l'elite ariana ha il controllo di tutto e la popolazione rimanente ha pochissimi diritti e vive in schiavitù, arrivando all'annessione di tutto il continente americano nella Federazione Americana, capitale Washington D.C.

Nel frattempo un virus viene rilasciato in America, hanno il vaccino solo ariani, favorevoli agli ariani e loro collaboratori, chi può permetterselo (e costa moltissimo) e chi decide di diventare in toto loro sottomesso, gli altri muoiono nel 78 % dei casi, il resto sopravvive miracolosamente ma subisce rastrellamenti e incarcerazioni sommarie per "malattie o crimini", finché con il "Prison Act" si decide di eliminare in toto tutti coloro con un pena superiore ai 20 anni, ovvero, grazie ad altri Atti del governo, il 60 % dei prigionieri, gli altri subiranno esperimenti mortali, lavori forzati letali, serviranno nell'esercito che li ha reclusi o vivranno in condizioni da campo di concentramento.

Il Centenario della Liberazione (ormai è festeggiata l'evasione dei nazisti dalla prigione) gli Ariani sono la metà della popolazione continentale, hanno il tedesco come lingua ufficiale e vivono bene, ricchi e addestrati militarmente, gli altri vivono come schiavi in miseria, pochissimi si riproducono ancora (i loro leccapiedi, e con la limitazione dei 2 figli ora) e lo stato è diventato autocratico e militarizzato.

Grazie alle famose "gite" in Antartide migliaia di persone spariscono, muoiono o vengono condannate agli esperimenti, morire in america è come trovare della paglia in un pagliaio, e questa società arianizzata già si arma per una nuova guerra mondiale, il rilascio di nuovi virus, l'espansione e l'intrusione di nuovi agenti in tutto il mondo in modo da diffondersi ovunque, e c'è anche chi si organizza per resistere...

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E adesso, di nuovo la parola ad Enrico Pellerito:

Gli Ebrei italiani in Africa

Avvicinandosi la "Giornata della memoria" 2019, ho ipotizzato un'alternativa quanto più indolore possibile per gli ebrei italiani.
Al momento della promulgazione delle "leggi" razziali fasciste, in Italia risultavano censiti 39.000 ebrei di cittadinanza italiana e 11.200 stranieri, compresi molti che erano emigrati dalla Germania nazista.
Sorvolo sull'ondivago atteggiamento al riguardo di Mussolini, il quale nel 1923 affermava che la politica del fascismo non fosse antisemita, mostrandosi poi ambiguo tra il 1933 e il 1938, per poi comportarsi come storicamente risaputo.
A differenza del nazismo, probabilmente per rimarcare una differenza con esso, Mussolini coniò lo slogan "Discriminare e non perseguitare", sostenendo addirittura, durante uno dei suoi discorsi (Trieste, 1938), che gli ebrei titolari di benemerenze civili e militari, avrebbero trovato la comprensione del regime.
In questo, ancora una volta, ipocrita guazzabuglio in salsa italica, che produsse fino al 1943 più che altro danni economici agli ebrei, in quanto le deportazioni furono in essere dopo l'occupazione tedesca e la nascita della RSI, non mancarono, comunque e purtroppo, casi di oppressione anche fisica per motivi razziali.
Ipotizziamo, però, una divergenza, diciamo dal 1939, quando a Mussolini perviene da alcuni esponenti del regime, compreso Balbo, e da varie personalità del mondo economico, finanziario e industriale italiano una esplicita richiesta: perché non (ci) mandi tutti questi ebrei in Africa?
C'è bisogno di colonizzare la quarta sponda e, sopratutto, l'Etiopia e quale migliore occasione di imporre una migrazione forzata con conseguente obbligatoria assegnazione di mansioni di qualsiasi tipo per l'ottenimento di risultati certi nel processo di insediamento?
Si tratta di gente che può venire usata come forza lavoro, sfruttandone le peculiari doti organizzative, le loro professionalità e competenze; possono fare i braccianti, gli operai, i contadini, al più gli impiegati d'ordine, ma sempre sottoposti al ferreo controllo degli ariani italiani, ai quali andrà, superfluo dirlo, l'onore, la gloria e i benefici per aver colonizzato del tutto le terre d'Africa.
Chiaro che prima del trasferimento, agli ebrei verrebbero confiscati tutti i beni immobili, ogni provento di natura patrimoniale come titoli, azioni, obbligazioni; medesimo sequestro per preziosi oltre un certo valore e per il denaro superiore ad una determinata cifra, tenuto a casa o depositato a qualsiasi titolo nelle banche e alle poste.
Anche beni mobili quali automezzi, arredamenti e suppellettili di pregio, cavalli, natanti, motocicli, ecc. sarebbero espropriati e diventeranno proprietà dello stato, che potrà rivenderli ai privati di razza ariana, lucrandoci sopra.
Con il diritto di portarsi solo i loro corredi (ma non c'è certo bisogno di pellicce o di cappotti di cachemire in Africa, per cui anche gli abiti di lusso per chi ne possiede, sono soggetti a requisizione), le ordinarie masserizie e una contenuta risorsa monetaria, più di 50.000 ebrei, cui viene negata la possibilità di espatriare (possiamo speculare sulla possibilità che qualcuno riesca a fare ciò, magari corrompendo i "probi e onesti" funzionari del regime), vengono forzosamente spediti oltremare nel più breve tempo possibile.
La maggior parte di essi viene inviata in AOI, una quota minoritaria in Libia.
In HL ci furono, in effetti, alcuni cittadini ebrei che prima dello scoppio del conflitto, non volendo espatriare, preferirono emigrare volontariamente in Libia e in Africa orientale, dove le imposizioni razziali erano meno osservate; io immagino che la cosa diventi una manifestazione del regime tesa ad allontanare "sionisti e semiti" dal territorio italiano, emarginandoli nelle colonie dopo averli spogliati della maggior parte dei loro beni, al fine di sfruttarli per la realizzazione dei sogni di grandezza italica.
Così, nel giugno del 1940, in Italia, in Albania (dove gli ebrei sono poi davvero pochi) e nel Dodecanneso, non insistono più cittadini che inficiano la "purezza" della razza.
A prescindere dalla mancata applicazione delle leggi razziali da parte di Balbo in Libia in HL, qui possiamo pure pensare ad una ferrea disciplina nell'imporre coattivamente il lavoro, anche in ottiche di umiliazione e oppressione, ma solo per il periodo antecedente allo scoppio del conflitto.
Sta di fatto che una tale "deportazione" impedirebbe, di fatto, la realizzazione di quelle nazifasciste post autunno 1943.
Le dinamiche belliche in Africa comporteranno, purtroppo, alcune perdite fra i cittadini italiani, compresi gli ebrei ivi deportati, ma per questi ritengo vi sarà un numero di decessi minore rispetto a quanti hanno perso la vita durante i rastrellamenti e nei lager.
Alla fine del conflitto, molti tra questi cittadini, reintegrati nei loro diritti, torneranno in patria, ma non mancherà una parte di persone che preferiranno emigrare in Israele (o in altre nazioni), come anche restare in Africa.
Per coloro che avranno scelto la Libia, avremo un primo esodo verso l'Italia (e Israele) allorquando ci saranno le proteste contro quest'ultima nazione all'indomani della guerra dei sei giorni; il resto seguirà le sorti della comunità italiana dopo le misure prese da Gheddafi nel 1970.
Gli ebrei italiani che, invece, resteranno in Eritrea, Etiopia e Somalia, saranno soggetti alle vicissitudine di quei paesi, per cui è probabile un massiccio trasferimento in Israele agli inizi degli anni 90, per come fatto nei confronti dei Falascia.
Nessun ebreo italiano sarà mai grato al fascismo, ma certo la scelta di Mussolini del 1939, allora infausta, si è poi dimostrata propizia.

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Gli risponde Never75:

Molto interessante, anche se non credo che gli ebrei costretti a questo esodo forzato siano poi così contenti. Penso che all'inizio delle ostilità nel 40 possano agire senz'altro da quarta sponda per gli inglesi. Ad ogni caso sarebbe comunque una soluzione più soft rispetto a quella applicata in hl. Simile alla cacciata degli ebrei e marrani operata in Spagna nel XVI secolo e alla revoca dell'editto di Nantes con esilio degli Ugonotti.

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Ed Enrico replica:

Indubbiamente nessuno sarà contento al momento di subire confische e requisizioni, così come di essere poi deportato in Africa, puntualizzo solo che se fosse avvenuto qualcosa di simile, almeno si sarebbero evitate le deportazioni nei lager nazisti e le relative perdite fra gli ebrei presenti in Italia per come avvenuto in HL.
Fare da quinta colonna per i Britannici può anche starci, ma penso si concretizzerebbe, semmai, una collaborazione nei territori conquistati e sottratti agli Italiani.
Presumo che se questi gruppi di ebrei si trovano a Bengasi e nei territori circostanti, fuggirebbero in Egitto nel momento che si palesano le controffensive italo-tedesche, sebbene in quel particolare teatro, non c'era abbastanza tempo, né mezzi, per consentire fughe in massa di colonne di profughi, ma, parimenti, neanche di organizzare repressioni contro eventuali collaborazionisti, proprio per le peculiarità del territorio e la dinamica del conflitto.
Ci sarebbe poi da considerare se il mancato espatrio di Fermi, Rossi e Segrè produrrà un ritardo nel progetto Manhattan.
A parte poi Pontecorvo, nel dopoguerra le persone su citate, insieme a Rasetti riprenderanno i loro studi in Italia?
Questo secondo quesito può valere anche per Franco Modigliani nel suo campo.

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Shark Peddis interloquisce:

Paolo Mieli scrisse una volta, riguardo a Israele, che per la "patria ebraica" oltre alla Palestina si era presa in considerazione anche una zona in Africa, mi pare proprio nel Corno. In caso, si sarebbe potuto decidere di utilizzare qualche ex-colonia italiana già piena di Ebrei al posto della Palestina, dove erano invece davvero pochi rispetto alla popolazione araba, e si sarebbero potuti evitare un sacco di casini.

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Ed Enrico annuisce:

Ottimo suggerimento.
La zona in Africa presa in considerazione come "focolare" per gli ebrei era l'Uganda.
Se abbiamo una consistente comunità ebraica in Eritrea o in Somalia, diciamo almeno 35.000 persone, confluendovi anche i residenti dall'Etiopia, l'ipotesi di una "patria ebraica" in una delle due ex-colonie può diventare realizzabile.
Ricordiamoci, comunque, che negli anni 40, in Somalia la popolazione di etnia somala era di circa un milione di abitanti, in costante crescita e al 99% di fede musulmana; meno difficoltà per questa Israele d'Africa riguardo ai confini terrestri nel caso di volersi imporre agli autoctoni, per cui meno casini rispetto a quelli con i Palestinesi e con le le contigue nazioni arabe, ma temo che ci potrebbe essere una questione "somala" da dover dirimere in sede internazionale.
Forse i "bianchi" ebrei sarebbero invisi al resto del continente, forse verrebbero accusati di aver instaurato una sorta di apartheid in Somalia.
Medesimo problema può verificarsi in Eritrea: anche lì, alla fine del secondo conflitto mondiale, abbiamo all'incirca più di un milione di abitanti, ancor più compositi come etnie e religioni e c'è da vedere come si comporterà l'imperatore Selassiè, per le intenzioni che aveva nei confronti proprio dell'Eritrea.
Per i medesimi motivi, dovuti alla forte identità nazionalista dell'Etiopia, scarto l'ipotesi di creare uno stato ebraico nell'ambito di quella nazione, nella zona dove erano stanziati i Falascia.
Questi ultimi, semmai, potrebbero migrare verso la nazione ebraica una volta che questa verrà creata e se si tratterà dell'Eritrea, essa sarà prossima alle loro zone di origine, rendendo più facile gli spostamenti.

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Per partecipare alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.


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