Ucronie sulla criminalità per gentiluomini

di MorteBianca

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LA GILDA DEI LADRI GENTILUOMINI

(Thief, Assassin's Creed 2, Robin Hood, Lupin III, Uncharted, Cattivissimo Me e Mr Robot per Davvero)

Il concetto di Ladro Gentiluomo, rappresentato storicamente da Lupin III, è in realtà molto più antico e comincia almeno nel rinascimento con La Volpe, il capo di una grande associazione fra i ladri romani che collaborò con l'Ordine degli Assassini.
Il Ladro Gentiluomo si distingue dal ladro comune per le sue Nove Leggi:
1) Agire nell'ombra, non lasciare traccia, non fare rumore, non coinvolgere nessuno nel furto (o al limite tramortire senza uccidere).
2) Derubare soltanto chi può prendere il colpo, ossia persone estremamente ricche (Possibilmente che hanno ottenuto questi soldi in modo illegale o moralmente illecito) e il furto per quanto oneroso non deve devastare le loro finanze.
3) Spartire il ricavato con i poveri (Questa terza legge venne introdotta da Robin Hood, da qui il suo famoso motto "Rubare ai ricchi per dare ai poveri"), la somma totale di persone che hanno perso e persone che ne hanno beneficiato deve sempre essere a favore della seconda.
4) Rubare soltanto liquidi o materiale rinnovabile. Se si ruba qualcosa di inestimabile (tipo un reperto antico) bisogna chiedere un riscatto e "riconvertirlo" in soldi.
Il denaro potrà essere recuperato in qualche modo, ma il reperto no.
5) Non causare ulteriori danni a cose o persone, il furto deve somigliare ad un intervento chirurgico: più asettico, veloce e meno penetrante possibile.
6) I ladri gentiluomini non possono derubarsi fra loro (a meno che uno di loro non violi le 9 leggi) né derubare chi si occupa principalmente dei poveri.
7) I ladri devono cooperare, spartirsi il bottino residuo fra loro e reinvestire il denaro per futuri furti ancora più onerosi.
8) Per tal motivo viene organizzata una Gilda dei Ladri (che fa anche da organizzazione principale, regolatrice di conti) con una Banca per tutti i Ladri.
9) La Banca per i Ladri è dove un ladro può depositare parte del proprio bottino o, viceversa, da cui può chiedere un prestito per organizzare un colpo complesso.
Il ladro propone il colpo alla Banca, che può decidere se finanziarlo. Se il colpo ha successo la banca prenderà parte del denaro non indirizzato ai poveri e potrà reinvestirlo in futuri furti. Oppure un ladro può depositare i soldi in banca per tenerli al sicuro, farli riciclare o investirli nei progetti di altri ladri.
Come si è detto, sebbene La Volpe abbia organizzato la Gilda per la prima volta (ispirato dalle gesta di The Thief, il più grande ladro della storia prima di Lupin) fu Robin Hood a caratterizzarla ideologicamente, dandole una giustificazione morale: rubare solo ai ricchi (specie i disonesti) per spartire con i poveri.
Il ladro gentiluomo più famoso fu Lupin, che diede vita ad una vera e propria dinastia di ladri, culminante con il famoso Lupin III, ancora oggi insuperato, che ha rubato per un totale di diversi miliardi di dollari, arrivando a fare più beneficenza in tutta la sua carriera lui che l'ONU complessivamente in due anni.
Durante il 900 inoltre numerosi anarco-insurrezionalisti e rivoluzionari si associarono alla Gilda dei Ladri dandole una tinta "brunastra", sostenendo che il furto era riappropriazione proletaria e la redistribuzione del reddito conseguente era un atto caritatevole.
La Gilda degli Assassini divenne moralmente ambigua (più di come fosse in partenza ecco) quando iniziò ad autorizzare i rapimenti, ritenendole alternative innocue all'omicidio: qualcuno viene catturato e restituito in cambio di denaro senza che gli venga fatto male, ma molti ladri si rifiutarono di applicare questa attività ritenendola moralmente sbagliata (Anche per loro) poiché coinvolge direttamente delle vite umane.
Ultimo e più grande rappresentante della Gilda dei Ladri fu Mr Robot. Nato nell'epoca in cui la Gilda e gli Hacker e Hacktivisti iniziavano a fondersi, Mr Robot era appunto un Hacktivista con l'obiettivo più ambizioso: causare il fallimento della E-Corp (una gigantesca multinazionale responsabile di un disastro ambientale tremendo), ma non solo: come tutti gli Hacktivisti attacca i siti di grandi corporazioni e corruttori, li deruba dei loro acconti virtuali (che sono il 99% del capitale mondiale) e a volte li redistribuisce.
Mr Robot, anarchico convinto (Il suo motto e nome della sua banda è F*ck Society) intende cancellare tutti i debiti (pubblici e privati) e fare il più grande furto virtuale della storia, derubando tutte le grandi corporazioni che detengono la gran parte del capitale mondiale (il famoso 1%) e redistribuendoli ai conti correnti della gente comune.
Il suo atto sconvolgerà l'economia mondiale e sarà anche all'origine della nascita di un'economia meno monopolista e più basata sul distributivismo, le economie locali, le piccole imprese e le cooperative. Come cambierebbe la storia con questi eventi e questa gilda così descritta?

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LA SETTA DEGLI ASSASSINI

(Assassin's Creed per davvero)

La setta degli Hashishin nasce durante il periodo delle crociate, si tratta di Sciiti in terra Santa (Quindi opposti alla maggioranza Sunnita degli arabi e i musulmani dell'epoca), per l'esattezza Ismailiti, gli Sciiti di maggioranza (insieme ai Twelver a cui sono molto vicini, i loro profeti di riferimento sono fratelli ed entrambi dodicesimi in linea di successione, fra le altre cose credono alla reincarnazione fra membri della comunità), per l'esattezza Nizari, Ismailiti che si concentrano sulla giustizia sociale, il volontariato il dialogo interreligioso, il pluralismo e l'uso della ragione nella contemplazione teologica.
I Nizari stabilirono anche un loro piccolo stato, Alamut, con un suo piccolo esercito di cui una sezione fatta di esperti in spionaggio, combattimento e assassinio. Fu qui che nacque il primissimo nucleo ideologico della futura setta, questi Hashishin potevano uccidere solo i membri alti e potenti degli eserciti nemici, allo scopodi prevenire guerre o danneggiare gravemente un'esercito che minacciava i Nizari facendo solo poche vittime importanti. Da qua il loro insegnamento "Uccidere solo i potenti e responsabili della guerra, silenziosamente, non gli innocenti che obbediscono loro". Questo fu fatto anche perché i Nizari non avevano un esercito potente. Nel corso di 300 anni assassinarono sultani, califfi e generali di ogni genere con grande successo.
I veterani di questa setta, dopo il crollo del piccolo regno (Anticipato rispetto alla nostra timeline, comunque prima della Terza Crociata) continuarono il loro lavoro, questa volta per proteggere le comunità di Nizari indipendentemente. Successivamente però il loro talento venne richiesto in tutta la terra santa da gente di tutte le fedi, che mal sopportavano gli invasori cristiani e musulmani ugualmente. Da questo momento gli Assassini, da setta che difendeva i propri fedeli, divennero una setta che difendeva gli interessi di tutta la Terra Santa e la Pace in generale. Inizialmente composta da soli Nizari, si aprì poi a tutti gli Islailiti e tutti i Musulmani. Successivamente entrarono anche molti ebrei (studi delle due fazioni in lotta e che sognavano una terra santa in santa pace) ed infine i Cristiani. La Setta degli Assassini divenne notoriamente multiculturale e multi-religiosa come forse nessuna organizzazione militare prima di allora. Erano temuti anche dai crociati.
La setta aveva solo tre regole:

1) Trattieni la lama dalla carne degli innocenti. I bersagli della setta sono tutti coloro che guidano o vogliono causare guerre, ma anche schiavisti, grandi mercanti d'armi o persone che in un modo o nell'altro fanno del male ad innocenti. Loro vanno uccisi, un piccolo sacrificio in nome della pace per molti.
2) Nasconditi alla vista. Gli Assassini si vestivano da monaci Sufi e Cristiani, in modo da potersi mescolare agilmente fra la folla, e indossavano i proverbiali cappucci. Le loro armi (coltelli da lancio e le famose lame celate) erano fatte per un combattimento silenzioso, veloce, agile e per agevolare la fuga.
3) Mai compromettere la confraternita. Quando un Assassino è inseguito dalle autorità non può recarsi nei rifugi che la Confraternita ha dislocati in ogni città, e deve prima dileguarsi. Se catturati, gli Assassini non devono riferire nulla, è preferibile il suicidio. Il singolo assassino può morire, la Confraternita deve continuare la sua missione di pace.

Chiunque può entrare, ma la Setta degli Assassini richiede un duro addestramento. Si viene allenati sin da piccolissimi nel Parkour, le arti marziali, il combattimento all'arma bianca e ad arrampicarsi praticamente ovunque. Gli assassini sanno giostrare, ma ironicamente non sanno nuotare. Solitamente dunque gli Assassini sono figli di assassini, oppure fanno meno lavori. Questo ha reso l'Ordine sempre più indipendente dalle popolazioni che proteggeva. Massimo esempio di questo multiculturalismo è Altair, figlio di padre cristiano e madre musulmana. Talentuosissimo Assassino sin da giovane, lui ucciderà per redimersi i maggiori Mercanti di Morte della terra Santa (fra medici che sperimentano sui pazienti malati di mente, mercanti d'armi e schiavi, generali cristiani o musulmani assetati di sangue) ed infine il capo dell'Ordine dei Templari, i nemici giurati degli Assassini, e poi scoprirà il terribile segreto del precedente leader, Al Mualim, prendendone il posto.
La rivalità con l'Ordine dei Templari nasce dal fatto che a differenza della Setta questi erano religiosamente orientati (Cristianesimo) e che, pur elogiandoli nel loro proteggere i pellegrini, li accusavano comunque di favorire troppo la parte cristiana e di accumulare ricchezza e potere lucrando sulla guerra in terra santa.
Successivamente l'Ordine dei Templari, che aveva ottenuto un grandissimo potere economico, terre, denaro e si era associato a persone molto potenti fra i nobili e i mercanti, venne ufficialmente distrutto ma ufficiosamente continuò ad infiltrarsi nelle posizioni di potere (come una primitiva Massoneria) fino a giungere al Papato con Alessandro VI.
Gli Assassini con Altair arrivano al loro massimo splendore proteggendo la Terra Santa, fermando le crociate e assassinando persino Gengis Khan, ma dopo la morte di Altair l'Ordine sostanzialmente deperisce. I suoi discendenti prendono contatto con Marco Polo nei suoi viaggi per l'Impero, e poi tornano con lui a Venezia, e da lì l'ultimo discendente di Altair diventa il capostipite di una nuova famiglia italiana, gli Auditore.
Gli Auditore furono amici prima dei Polo e poi degli Alighieri, Dante convinse il loro patriarca a trasferirsi a Firenze. Avevano anche un piccolo villaggio di loro proprietà, Monteriggioni. Gli Auditore qui furono l'ultimo barlume dell'antico Ordine degli Assassini, contrastando il potere dei templari rappresentati dallo stato pontificio sotto controllo Borgia a Firenze. Gli Auditore furono però tutti accusati di tradimento e condannati a morte dal loro amico di fiducia, il Gonfaloniere di Giustizia di Firenze.
L'unico a sopravvivere perché non in casa fu Ezio Auditore. Da solo lui inizierà un lungo addestramento, riscoprirà i fasti dell'Ordine, riscatterà Monteriggioni (facendolo diventare un ricchissimo e potente borgo, e la Villa Auditore una casa piena di opere d'arte dei migliori artisti del tempo) e diventerà il più grande Assassino dai tempi di Altair, grazie anche alle tecnologie di Leonardo da Vinci (le primissime armi da fuoco, le doppie lame, la macchina volante), l'aiuto di Machiavelli nel barcamenarsi negli intrighi, l'alleanza con le Prostitute, i Ladri e i Mercenari e il rapporto con gli Sforza. Ezio ripulisce dal potentato templare Firenze, Venezia, Milano, tutta la campagna toscana ed infine riesce ad arrivare persino a Roma. Qui, assistito da Machiavelli, rifonda l'Ordine degli Assassini e conquista uno dopo l'altro tutti i quartieri di Roma dai Templari sconfiggendone i capi principali. Riesce ad assassinare Alessandro VI e i suoi figli, Cesare e Lucrezia. L'Ordine degli Assassini poi fonda dei distaccamenti in Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, Austria, Turchia, Russia ed è potente in tutta l'Italia. Con questo nuovo ordine in tutta l'Europa Ezio riesce a combattere i templari e coloro che lucrano su sofferenza, guerra e morte, tamponando le possibili guerre e sofferenze umane al costo di qualche sacrificio. Ezio inoltre viaggia in America per svelare i complotti templari tramite gli Spagnoli.
Dopo la morte di Ezio l'ordine continuò ad esistere e contrastare i potentati d'Europa e del mondo, mentre i Templari divennero le future formazioni massoniche (Illuminati, Rosacroce), nobiliari e borghesi di tutta Europa. Si ritiene che il Priorato di Sion fosse invece la componente francese degli Assassini.
La discendenza di Ezio Auditore divenne fondamentale in Inghilterra, infatti (essendo la Spagna tipicamente "Templare") Edward Kenway venne arruolato come Pirata molto giovane, e nei Caraibi fece la fortuna depredando e saccheggiando navi e basi spagnole (a volte anche inglesi) e i pirati rivali, nascondendo e trovando tesori e commerciando per arricchire e potenziare la sua flotta. Kenway e Sparrow sono stati strettissimi collaboratori nell'organizzare un concilio di Pirati Uniti.
Kenway venne però assassinato dai Templari (il suo impero piratesco rimase) e suo figlio fu cresciuto come templare.
Il figlio venne fatto trasferire nelle 13 colonie, dove ebbe un rapporto sessuale con una nativa americana. Dalla loro unione nacque Connor, cresciuto come nativo, che combatterà insieme a Washington a favore della Rivoluzione per l'Indipendenza degli Stati Uniti e contro il suo stesso padre.
Gli Stati Uniti, tuttavia, continuarono a rimanere fortemente influenzati dai Templari (molti dei loro fondatori erano massoni). Pare che Washington, già molto repubblicano, sia stato ancor più convinto nel suo rifiuto di ogni proposta di diventare Re dopo aver parlato con Connor.
Gli spiriti rivoluzionari americani vennero portati in Francia da Lafayette, e a guidare la Rivoluzione Francese ci furono ancora una volta gli Assassini, sperando di togliere di mezzo il dominio templare anche da questa nazione (Simboleggiato dall'ancient regime). La cosa tragicomica è che in realtà la Rivoluzione Francese cominciò in principio come guerra intestina fra Templari riformisti (più aperti ai borghesi) e templari tradizionalisti (legati all'aristocrazia), e riteneva che sotto il capitalismo gli umani sarebbero stati più soggiogabili. Controllava i Giacobini e Robespierre. Arno Dorian e gli Assassini si opposero a Robespierre (Salvarono numerosi Girondini) e supportarono l'ascesa di Napoleone.
Gli Assassini ebbero un ruolo cruciale durante la Rivoluzione Industriale, opponendosi ai templari (ormai imborghesiti) e al loro controllo sulle bande criminali di Londra, alleandosi con i lavoratori oppressi nelle fabbriche e le miniere e i liberi pensatori del tempo (Marx, Darwin). In questo periodo l'Ordine degli Assassini si tinse di rosso da un punto di vista politico.
Anche durante l'autocrazia russa gli Assassini continuarono con Nikolai Orelov, che tentò di assassinare lo Tzar e si coalizzò con lo scienziato Nikola Tesla. L'autocrazia russa era ritenuta dagli Assassini il luogo più autocratico e sotto il controllo dei Templari di tutta la terra, e per questo motivo si opposero numerose volte allo Tzar.
Amico di Nikolai era il fratello di Lenin, membro della Setta degli Assassini. Gli Assassini supportarono il Partito Socialdemocratico Russo, i Bolscevichi e di conseguenza il Comunismo nella sua ascesa, sperando di distruggere i templari nella nobiltà e la borghesia russe e creare una nazione libera in mano ai lavoratori, e Lenin a sua volta aiutò gli Assassini e diede loro carta bianca nelle richieste logistiche e scientifiche, mantenendo il segreto sulla loro esistenza anche dal suo successore. Tuttavia la rivoluzione venne tradita dopo la morte di Lenin, quando Stalin (Templare) prese il potere.
L'Ordine degli Assassini è stato responsabile di queste e molte altre rivoluzioni ed è dietro la morte di numerosi autocrati e dittatori.
Oggi gli Assassini continuano ad operare nell'ombra, uccidendo i potenti, i corrotti, coloro che minacciano o causano guerre e sofferenza e sono leader della lotta underground all'imperialismo in generale. Il loro obiettivo ultimo è, tramite piccole uccisioni, demolire progressivamente la Piramide Templare e dapprima "Spuntarla" (per indebolirla tutta) e poi "Livellarla" fino a restituire all'Umanità la vera Libertà e l'Uguaglianza sociale. Come cambierebbe la storia con una simile Setta degli Assassini?

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QUEI BRAVI RAGAZZI

(GTA I, GTA II, GTA Vice City Stories, GTA Vice City, GTA San Andreas, GTA Liberty Ciy Stories, GTA Advance, GTA III, GTA IV The Lost and Damned e The Ballad of Gay Tony, GTA Chinatown Wars, GTA V, Il Padrino, Saints Row per davvero)

Nella serie videoludica GTA viene sempre impersonato un criminale che viene coinvolto negli affari loschi di più gang e associazioni criminose di vario genere: dalle gangs latino-americane alle mafie italo-americane alle triadi sino-giappo-coreane e così via.
Il protagonista, che solitamente collabora con loro o per soldi o per amicizia con i membri oppure per favori oppure per un ricatto, solitamente alla fine tende a fare due cose:
Finale GTA tipico 1: Distrugge tutte le maggiori associazioni criminali e i loro boss per vendetta per qualche loro malefatta (GTA III, GTA IV, GTA V) di fatto "ripulendo" la città dalla criminalità organizzata più potente. Se a questo si aggiungono le missioni secondarie come poliziotto, pompiere e pilota di ambulanza il protagonista, prima combattendo a favore di una fazione (e distruggendo le altre) e poi distruggendo quella stessa fazione, ha ripulito la città.
Finale GTA tipico 2: il protagonista crea un proprio impero criminale personale ma "Pulito", ossia che non estorce il pizzo e gli affari illegali che fa sono corse clandestine, casinò e cose simili, non è coinvolto nello spaccio o roba simile (GTA San Andreas), coalizzandosi con altre gangs o formazioni criminose che però come lui hanno un codice morale abbastanza stretto.
Esiste anche un terzo finale tipico nel quale il protagonista crea il suo proprio impero del crimine, la positività sta nel fatto che ha eliminato la concorrenza che comunque era moralmente peggiore (GTA Vice City, Liberty City Stories).
E se tutti i GTA si realizzano contemporaneamente?

GTA Vice City Stories.
I due fratelli Vance sono piccoli criminali occasionalmente coinvolti in azioni di spaccio per conto di altri. Dopo l'ennesimo rischio con la polizia e l'ennesimo tradimento il fratello maggiore nonché ex militare Victor Vance inizia a scalare le gerarchie del crimine insieme a suo fratello, elimina la concorrenza,si vendica contro chi lo ha sfruttato e tradito e diventa uno degli uomini più ricchi di Vice City, rifiutandosi sempre di partecipare ad operazioni di spaccio, prediligendo il suo enorme impero economico. Da quel momento i Vance diventano un punto di riferimento per il crimine organizzato di Vice.

GTA Vice City
Sono passati diversi anni ormai. Vice City è ancora in tumulto fra le varie cosche in lotta, specialmente i cartelli da un lato e la famiglia italo-americana dall'altro. Tommy Vercetti lavora per la famiglia Forelli (Originari di Liberty City), che però lo mandano in una missione suicida per vendicarsi dei soldi che gli devono. Tommy è solo, tradito, i Forelli lo vogliono morto e così anche mezza città.
Alleatosi con Lance Vance (fratello di Victor, morto durante un affare andato male) inizia anche lui a lavorare un po' per tutti, a scalare le gerarchie del crimine, a fare piazza pulita dei rivali, a vendicarsi contro i Forelli e a creare una gang tutta sua (i Vercetti), una super-villa lussuosa e ad eliminare la concorrenza, diventando il leader indiscusso del crimine a Vice City più e meglio dei Vance.
Dopo la morte di Lance in particolare Tommy ha il dominio completo della città.
Non si sa cosa gli sia successo dopo, secondo alcuni però è stato alla fine trovato dai suoi nemici che gli hanno assaltato la magione e si è difeso fino all'ultimo con le sue armi, fino alla morte. Con tutte le sue azioni Vercetti ha inconsapevolmente ripulito Vice City dal crimine.

GTA San Andreas
Nello stato di San Andreas ci sono tre città principali: Las Venturas (Piena di casinò, divisa fra le tre mafie italo-americane: Sindacco, Forelli e Leone), San Fierro (Città portuale e industriale in mano ai Rifa, alle triadi cinesi, alla mafia vietnamita e dove c'è un ricchissimo giro di prostituzione) e Los Santos (la città più grande divisa fra gang afro-americane: (I Ballas e le Famiglie di Grove Street, a loro volta divise in Orange Grove Street, Seville Boulevard) e ispanoamericane (Vagos e Los Aztecas).
A complicare il tutto ci sono i Russi nella zona portuale, la CIA nel deserto e numerose bande di rapinatori nella campagna.
In particolare la gang di Grove e quella dei Ballas sono arcinemiche storiche. Le famiglie di Grove si sono sempre rifiutate di spacciare droga per volere di Sweet, il capo. Di recente però i Ballas (grazie al commercio di droga) sono diventati estremamente potenti, coalizzandosi con i Vagos. Le famiglie di Grove si sono invece frantumate nei rispettivi gruppi.
Il tutto culmina con l'assassinio della madre di Sweet (e poco prima di suo fratello minore).
Carl, il fratello rimasto di Sweet che era andato a Liberty City a lavorare per i Leone come ladro di macchine, ritorna a San Andreas.
Carl riuscirà a riportare i Grove in auge contrastando i Ballas, compiendo furti, rubando le armi alla Guardia Nazionale e alla fine scoprirà il terribile complotto: i Ballas, coalizzati con i Vagos e i Russi, sono in combutta con la polizia (Sezione CRASH nata per combattere le gangs ma in realtà corrotta e mescolata con queste) e con due alti membri di Grove, Smoke e Ryder, che hanno tradito la banda. I Grove vengono virtualmente distrutti e i loro territori spartiti fra Vagos e Ballas. Sweet è rinchiuso in carcere, la sorella di Carl è in salvo perché fidanzata con un Aztecas amico di Carl. Carl è invece in mano alla polizia corrotta e deve svolgere numerose missioni per conto loro nella campagna di San Andreas, dove compie numerose rapine. Ad una gara di corse clandestine vince da un tale muto Claude Speed un garage a San Fierro e fa amicizia con un cieco, Wu Zi Moon, che è il Dai Dai Long delle Triadi.
Arrivato a San Fierro con sua sorella e l'Aztecas (Cesar) ricostruisce il garage con l'aiuto di un gruppo di meccanici ex hippie conosciuti grazie ad un coltivatore di marijuana. Qui compie missioni per le Triadi cinesi nella loro guerra continua contro le gang vietnamite, lavora (e poi tradisce) il Syndacate Loco della prostituzione (in accordo con i Rifa) e infine uccide Ryder.
Si trasferisce quindi nel deserto, dove lavora per la CIA sotto copertura e ottiene in cambio la liberazione del fratello e un addestramento come pilota aereo. Dopo si muove verso Las Venturas, dove in accordo con le Triadi fonda un Casinò di cui avrà una percentuale. Tuttavia il più famoso casinò di Las Venturas, il Caligula, è sotto controllo congiunto delle tre famiglie italo-americane (che come arbitro hanno posto un avvocato fuggito da Vice City ai tempi di Vercetti, ossia Kent Rosenberg).
Carl cattura un sicario dei Sindacco e lo tortura legandolo al cofano della macchina mentre va contromano a tutta velocità fino a farlo terrorizzare. Scoprirà in seguito che quello era il figlio del boss Sindacco per cui si metterà a lavorare sotto copertura dando dei duri colpi ai Forelli. Scoperto però che Carl era responsabile per il trauma del figlio anche i Sindacco vengono fatti fuori, con buona pace di Don Leone che assume Carl come aguzzino per andare a sterminare i sicari dei Forelli e anzi mandare Carl a Liberty City e fare una strage. I Sindacco restano comunque i più forti dopo i Forelli anche se indeboliti, e i Forelli che erano i più potenti prima di Vice City, sono ora più deboli in favore dei Leone. Ma Carl pianifica una rapina del Caligula insieme alle Triadi, e fatto ciò fondamentalmente ha scacciato anche i Leone da San Andreas.
Dopo ciò Carl ritorna a Los Santos, libera il quartiere, riunisce le Famiglie, ricrea il piccolo impero di Grove e poi sconfigge tutte le altre gangs, uccide Smoke e i poliziotti corrotti. Alla fine della fiera ecco come viene spartito San Andreas:
Los Santos è quasi completamente nelle mani di Grove, il resto ai Los Aztecas loro alleati (che lucrano principalmente su droghe leggere e corse clandestine). San Fierro alle Triadi, ora che i Rifa e il Sindacato sono stati eliminati.
Las Venturas alle Triadi, il Casinò appartiene in parte a Carl. Carl a sua volta viene poi assunto dalla polizia e da molti corpi pubblici, compra numerose proprietà e compie numerose missioni e rapine, diventando il leader di San Andreas.

GTA Liberty City Stories
Toni Cipriani inizia a lavorare come factotum per la famiglia Leone, che sostanzialente vive "Mangiando i resti" della guerra eterna fra Sindacco e Forelli. Toni compie numerosissime missioni criminose, ingrandisce enormemente il potere della famiglia Leone.
I Sindacco sono indeboliti dopo il fallito attacco a San Andreas, i Forelli sono mostruosamente indeboliti dopo la morte di tre dei loro leader, la perdita di San Andreas e di Vice City (Che li aveva resi i più potenti), mentre i Leone mettono radici a Liberty City.
Alla fine i Sindacco e i Forelli si scannano fra loro, e i Leone diventano così potenti da eliminarle entrambe e diventare i leader assoluti del crimine a Liberty City.

GTA III
Liberty City è molto cambiata: I Leone hanno il dominio assoluto, i loro nuovi rivali sono la Yakuza e le gang ispanofone.
I Forelli sono devastati, ora sono talmente deboli da non essere neanche una banda, sono detti "I fratelli Forelli". I Sindacco sono proprio spariti, non avendo la potenza dei Forelli per poter resistere all'Onda dei Leone.
Claude Speed, il muto fuggito da San Andreas, viene tradito dalla sua ragazza durante una rapina ma riesce fortunosamente a fuggire.
Inizia a fare dei piccoli lavori sempre più importanti per i Leone e diventa il braccio destro di fiducia del Don, secondo solo a Toni Cipriani (ormai anziano), ma la moglie del Don lo convince che Claude ha cercato di sedurla, per questo motivo Claude è costretto a fuggire e inizia a lavorare per la Yakuza. Alla fine della fiera è la solita storia, gerarchie, gang rivali che vengono devastate, l'intera Famiglia Leone e i loro alleati vengono spazzati via, e Claude ha eliminato tutti coloro che lo volevano morto. I Forelli si estinguono insieme ai Leone ormai debolissimi.

GTA IV
Il serbo (per qualche motivo chiamato da tutti russo) Niko bellic si trasferisce a Liberty City, ora nelle mani di mafie russe, cinesi, gangs latino-americane e nuove famiglie italo-americane. Niko viene bisfrattato un po' da tutti nel corso della sua storia: il fratello pieno di debiti verso le mafie albanesi e russe, la mafia russa stessa, la ragazza nella polizia, e lavora per amici nelle più disparate gangs, ora come amici e ora per tradirli e farli implodere dall'interno. Alla fine della sua carriera Niko distruggerà tutto l'apparato mafioso russo, danneggerà fortemente tutti gli altri lasciando in piedi solo quelli alleati (A sopravvivere fra i "Non così amichevoli" sono solo le potenti Triadi, le gangs di Biker, 3 delle delle 6 famiglie italo-americane originali e le associazioni di spaccio).
A fare ulteriore pulizia sarà la gang di centauri dei Los, che sgominerà tutte le altre, danneggerà ulteriormente le mafie residue e diventerà estremamente potente, diventando la nuova gang leader in termini di criminalità.
A condire ulteriormente il tutto il padrone di locali e discoteche per omosessuali "Gay Tony" detto il Re di Liberty City, in seri guai con i criminali residui, chiede aiuto ad un suo vecchio amico per fare pulizia e anzi trasformare il suo locale nel più sfavillante ben rifornito (in tutti i sensi possibili) della città, con buoni agganci nella criminalità rimanente.

GTA Chinatown Wars.
Le Triadi sono sempre potenti, ma indebolite.
In particolare ci sono faide fra le varie famiglie. La famiglia Lee ha perso il suo leader. Il figlio di questo viene chiamato dalla Cina per portare una Katana, ma viene catturato, pestato quasi a morte e derubato dalla famiglia rivale.
In cerca di vendetta, Lee farà diventare la sua famiglia la più potente triade di Liberty City, distruggerà le famiglie rivali, demolirà il potere di una delle tre famiglie italo-americane residue (I Messina) e diventerà il nuovo rappresentante del crimine organizzato cinese.

GTA V
Los Santos è ancora presa nelle guerre fra Grove Street (ora unita e forte, ma che ha perso il monopolio dopo la morte di CJ) e Ballas, le varie bande e le associazioni criminali, alcune trapiantate da Liberty City (Tipo i Lost e le due famiglie italo-americane).
I tre protagonisti sono un membro dei Grove Street, un ricco sfaticato con una famiglia disastrata e un passato da rapinatore, e uno psicopatico ex pilota canadese. I tre, insieme, faranno di tutto: attività da gang warfare, missioni per le varie fazioni, guerra contro le varie fazioni, lavoreranno per l'FBI e per la CIA, faranno numerosissime rapine a mano armata e diventeranno dominatori della criminalità a Los Santos, riportando contingentemente i Grove al dominio di un tempo.

Se tutti i GTA si realizzano e le fazioni "vincenti" (I vercetti a Vice City, Grove a Los Santos, i Lost a Liberty City e le triadi di Wu Zi Moon e Lee) si coalizzano avendo come uniche attività criminose (oltre all'omicidio plurimo dato dalle armi che utilizzano) lo spaccio di droghe leggere, la vendita illegale di armi, le corse clandestine, la gestione di casinò e bordelli e le occasionali rapine, fino a creare la famosa "Gang buona" come descritta nei primi due film del Padrino?

La Mafia del Padrino è moralmente ambigua.
1) Non ammazza innocenti (beh, ogni tanto a dire il vero lo ha fatto, quella prostituta col boss non c'entrava nulla...)
2) Non estorce forzosamente il pizzo
3) Non commercia droga
4) Si basa non sulla paura imposta, ma sull'Amicizia (basata sullo scambio di favori), in cui chi è "Di famiglia" ha diritto ad una protezione (ed è socio in affari, e di conseguenza i rivali sono nemici di Famiglia)
5) Ha un ferreo codice d'onore
7) Elimina le altre (ben più violente e criminali) famiglie mafiose e addirittura poliziotti corrotti (il Padrino 1) o politici massoni e corrotti e difende la vita del Papa (il Padrino 3).
8) Fa continuamente beneficenza per "Espiare" i peccati (e fare una mezza Robin-Hooddata), cosa che faceva però anche Al Capone.
9) Cerca costantemente di rientrare nel mondo legale e pulito (è lo scopo principale di Michele Corleone, investire tutto il denaro sporco in attività lecite per trasformare la Famiglia in una azienda onesta).
10) Ove sta nell'illegalità, lo fa solo O per "Farsi vera giustizia" (Si veda il monologo iniziale del primo film) oppure dove "I politicanti, peggiori di noi, non permettono di fare business, come il gioco d'azzardo".

La domanda forse un po' ingenua è: può nascere una simile "mafia morale" (controsenso mostruoso) supponendo l'ucronica realizzazione della Trilogia, il tipo di "organizzazione violenta ma buona" che fa piazza pulita delle varie cosche e forma il proprio impero che vive "proteggendo" la gente dalla criminalità organizzata e contrastandone le attività, lucrando da questa guerra costante?
-Vito, giovane bambino siciliano di Corleone, fugge in America dopo che il Clan mafioso locale (I veri Corleone, sicuramente) fanno fuori i suoi genitori.
-Giunto in America (e assunto il cognome Corleone, ironicamente) inizia a fare "Favori" alla gente di Little Italy, favori che solitamente consistono in Prestiti o "convinzioni" verso usurai e mafiosi. Addirittura (con alcuni compagni d'avventura) finisce per assassinare il piccolo leader mafioso locale, che da troppo tempo estorceva il pizzo alla povera gente. Con questo atto nasce ufficialmente "Don Corleone", nuova autorità italo-americana.
-Nasce la Famiglia, un clan simil-mafioso non esclusivamente legato dal sangue dove gli "uomini d'onore" agiscono come in una Massoneria, aiutandosi fra loro (mutuo soccorso) e obbedendo al leader superiore e giurando di mantenere il segreto.
Gli "amici di famiglia" sono coloro che chiedono un favore (solitamente prestiti o "forza bruta" o "giustizia", notare che la seconda deve essere sempre filtrata dal senso di giustizia del Padrino, la Famiglia non è un'associazione di mercenari) e che poi dovranno restituirlo (si distinguono restituzioni "immediate", tipo un pagamento o un favore oneroso che estingue il debito, oppure una restituzione "perenne" in cui il ricambio è rispetto, amicizia, "piccoli favori" e onori qua e là). Questo crea negli anni una gigantesca rete di amicizie e conoscenze per la Famiglia: chi chiede il loro aiuto è favorito, chi si mette contro di loro sparisce, in breve tempo la Famiglia e "la rete di amicizie" con il reciproco mutuo-soccorso diventa una vera e propria società per azioni e "associazione para-politica" sempre più potente. I Corleone sono protetti dalla Giustizia, hanno protettori in Politica, hanno azioni di tutte le grandi aziende che hanno protetto o favorito nel passato e investono ciò che guadagnano in beneficenza o in business onesti (quali l'Olio Genco). Altro motivo di stima è il fatto che tutti si rivolgono ai Corleone per ottenere giustizia nei buchi del sistema giudiziario americano, e perché i Corleone proteggono i cittadini dallo strapotere delle altre 4 famiglie di New York.
-Vito Corleone, ritornato nel paese natio, assassina il boss responsabile della morte dei suoi genitori (che dovrebbe essere il capo dei veri corleonesi che quindi non prenderanno mai il controllo di Cosa Nostra!). La Sicilia diventa virtualmente proprietà dei "Corleonesi Americani".
-Don Vito Corleone viene assassinato (almeno quella era l'idea, dato che sopravvive ma è in Ospedale) dopo che ha rifiutato di fornire protezione al business di droga dei Tartaglia (famiglia rivale storica) dato che questo è "immorale" persino per lui e perderebbe l'appoggio dei politici.
Il figlio "onesto" e decorato di guerra, Michele Corleone, inizia ad entrare negli affari di famiglia proteggendo il padre contro i congiurati (c'è una spia nella Famiglia e la polizia è collusa con i Tartaglia) ed infine si offre come "Messaggero pacifico" (Dato che il fratello maggiore è irascibile) per trattare con il boss dei Tartaglia e il capo della polizia, finendo poi per assassinarli tutti e due.
-Le amicizie dei Corleone nella stampa ne fanno un caso mediatico: i Corleone hanno eliminato i crudeli Tartaglia e il disonesto capo della polizia colluso con il commercio di droga. I Corleone sono ancora più stimati dalla popolazione, ma la Guerra fra le 5 famiglie imperversa.
Intanto Michele Corleone vive in Sicilia, dove si immerge nella cultura popolare siciliana e si sposa.
-Gli affari in famiglia vanno male, i Tartaglia e le altre famiglie sono in guerra costante, e anche se Vito Corleone si è ripreso la Guerra non sembra volersi fermare. Michele torna in America e, dopo la morte del fratello maggiore (ucciso in un'imboscata mentre andava a difendere l'onore della sorella, picchiata dal marito a sua volta alleato dei Tartaglia) diventa il nuovo coordinatore della Famiglia, coordina il contrattacco e, dopo tante vicissitudini, si giunge ad un accordo: un incontro fra le 5 famiglie mafiose.
-All'incontro Vito Corleone e il nuovo boss Tartaglia rinunciano alla vendetta per i rispettivi parenti ammazzati. Corleone concederà la protezione per il commercio della droga e "dividerà" i profitti con tutti.
-In realtà si tratta di un grosso piano. Mentre Michele fa da padrino (di battesimo) per il nipote infatti i mandanti dei Corleone ammazzano uno dopo l'altro tutti i leader delle altre 4 famiglie. Subito dopo Michele stesso si occupa in prima persona dei traditori della Famiglia (compreso il genero) facendoli ammazzare a sangue freddo. La Famiglia è ripulita, il dominio (mediatico e territoriale) dei Corleone è assicurato, la protezione politica è mantenuta, i nemici sono decapitati. La guerra fra le 4 famiglie continuerà, la i Corleone sotto il nuovo Padrino, Michele Corleone, hanno stabilito il dominio e si trasferiscono a Las Vegas.
-I Corleone hanno aumentato a dismisura il loro potere in America: hanno il controllo totale a New York, hanno amicizie politiche enormi (addirittura un Senatore), hanno un grande controllo degli affari in loco (Cinema, Casinò, Gioco d'Azzardo) e hanno creato vari distaccamenti da gestire congiuntamente. Tuttavia ci sono nuovi traditori, nuovi ambiziosi che vogliono la loro fetta di potere o la loro fetta di america da gestire in solitaria e forze esterne ostili. Ad un meeting in cui si stabilisce la "fine" della coalizione fra le varie cosche e la ripartizione del bottino uno dei principali membri è lasciato a bocca asciutta (perché fu quello che meno di tutti si impegnò nel progetto) e, giurando vendetta, lui fa assassinare quasi tutti i presenti, anche se Michele riesce a scamparla.
-Dopo varie vicissitudini Michele riesce a organizzare un affare che lo vede impegnato nel finanziamento delle attività economiche nella Cuba di Batista. L'affare però salta a causa della rivoluzione di Castro. Dopo ulteriori vicissitudini Michele riesce ad individuare i traditori (compreso il suo ultimo fratello) e li fa ammazzare uno dopo l'altro. Il fratello rimarrà in vita fino alla morte della madre dei due.
Michele è sempre più solo dal punto di vista della "famiglia" affettiva e di sangue, ma la sua "famiglia" come organizzazione è sempre più potente e ha ormai il controllo della criminalità organizzata americana.
-Il "ritiro" dall'organizzazione congiunta delle varie cosche (che ora sono tutte sotto controllo diretto dei Corleone) era dovuto al tentativo di Michele di portare tutto il capitale della Famiglia in attività lecite. Questo progetto si concretizza nelle numerose opere di bene che Michele fa, cosa che gli fa guadagnare il riconoscimento di Papa Paolo VI. Corleone decide quindi di creare una sorta di "Unione di Beneficenza Internazionale" a cui partecipa la Banca Vaticana (IOR) e nella quale, ovviamente, sono coinvolte le grandi criminalità internazionali occidentali, specialmente la mafia e la politica italiana corrotta, capeggiata da Andreotti e Gelli (ho deciso di togliere le "censurine"). Il gestore della cosa è l'Arcivescovo Marcinkus.

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DA MERCENARIO A DITTATORE

(Hitman, Far Cry, Black Lagoon, Tropico, Mercenaries, Il Dittatore, MAG e Army of Two, Call of Duty Advanced Warfare, Haze, Gore, Metal Gear e Splinter Cell per Davvero).

La banda dei mercenari nota come Lagoon Company che basa il proprio business sulle consegne e l'eliminazione di obiettivi per conto di privati, governi e organizzazioni criminali di vario genere non solo esiste veramente, ma si espande e aumenta i propri membri diventando una delle formazioni mercenarie più affidabili e potenti del pianeta.
Intanto lo stato-isolotto dove operano è da troppo tempo in mano ad un feroce dittatore (Mercenaries) il cui governo crolla dopo la tentata acquisizione di armi nucleari. Dopo il crollo della dittatura la nazione viene invasa da più fazioni, in particolare Stati Uniti, Cina, una repubblica vicina e ci sono numerose infiltrazioni di terroristi e mafiosi russi che cercano di sfruttare gli eventi. Gli ex membri chiave della dittatura però non si sono arresi e continuano a seminare il terrore con le loro armate da bravi Lord of War. Viene quindi pubblicato un Deck da 52 carte, praticamente delle taglie sulla testa degli alti profili della dittatura, con a capo (Asso di Picche) il dittatore vero e proprio. La Black Lagoon guidata dal suo geniale leader fa fuori le carte maggiori, intasca il premio, si potenzia e prosegue, fino ad eliminare il dittatore. La guerra civile però prosegue, il motivo è la sua posizione strategica per i commerci, l'abbondanza di diamanti ma soprattutto il petrolio. Le due fazioni coinvolte sono il Fronte dei Lavoratori da un lato e il Fronte Popolare dall'altro. Entrambi sono crudeli e sanguinari verso la popolazione ed entrambi hanno pagato mercenari per danneggiarsi a vicenda, però ora i diamanti sono quasi esauriti e il paese è pieno zeppo di bande di mercenari (fra cui i Lagoon) che non possono uscire, quindi nell'anarchia totale. I Lagoon vengono mandati a combattere e uccidere un venditore di armi internazionale, Jackal, che sta alimentando la guerra vendendo armi ad entrambi. Lavorando per entrambe le fazioni e per il Jackal stesso (che rovina puntualmente ogni tentativo di accordo di pace, il motivo è che questo accordo sarebbe solo una finzione e il paese continuerebbe a subire massacri da parte delle due fazioni ma senza che l'ONU si immischi). Alla fine le due fazioni perdono i propri leaders, Jackal sparisce e il paese, pur continuando ad essere instabile, non ha più la Guerra civile e il suo principale mercante d'armi, e tutti i mercenari si ritirano (Far Cry 2) Un imprenditore assume una armata privata e prende il controllo dell'azienda petrolifera locale, che prima era controllata da una Multinazionale estera che teneva per i suddetti la nazione intera. La Black Lagoon diventa adesso un piccolo esercito, inizialmente si arricchisce compiendo attività piratesche e depredando le altre bande di mercenari e pirati (Far Cry 3) e successivamente formano addirittura un esercito autonomo sostenuto dalla Cina che vuole liberare la nazione dalla nuova dittatura ed instaurare una democrazia popolare, nazionalizzando il petrolio.
opposta a questa formazione c'è invece una armata rivoluzionaria finanziata dalla CIA che vuole mantenere privati i dotti. Alla fine la rivoluzione contro la dittatura ha successo (Far Cry 4) e il paese diventa una Repubblica Popolare con a capo un leader con ampi poteri.
(Non sono riuscito ad armonizzare benissimo i videogiochi fra loro, in Mercenaries 2 c'è una fazione popolare e una finanziata dalla CIA e tutte e due combattono contro l'imprenditore privato, mentre in Far Cry 4 il giocatore lotta per i "ribelli popolari" contro il dittatore ma la rivolta stessa poi degenera, le ho un po' fuse ecco). La piccola nazione, bollata come dittatura dagli Stati Uniti, mantiene un saldo controllo del Petrolio e viene ribattezzata Wadija. La "dittatura" si basa sostanzialmente sul commercio di petrolio da un lato e dal turismo dall'altro, dovendo mantenersi in piedi nonostante le guerriglie finanziate dall'estero (Tropico).
Wadija, capitanata dall'Ammiraglio Generale Aladeen (il capo dell'Armata di poco sopra). Come molte nazioni ha problemi ad ottenere un riconoscimento ufficiale, ma a seguito di un tentativo di sostituzione l'Ammiraglio Generale è costretto a vivere la vita di un comune newyorkese insieme ad una femminista anti-razzista anarco-ambientalista (aggiungere altre sei sigle radical), che lo convince a portare la Democrazia nel suo paese.
Intanto il suo braccio destro che lo ha sostituito vorrebbe svendere la nazione alle multinazionali, ma ripreso il potere l'Ammiraglio Generale proclama l'intenzione di voler instaurare una vera democrazia con vere elezioni, mantenendo un'economia socialista di mercato (Il Dittatore)
Nella saga di Hitman c'è un'organizzazione che, sotto pagamento, compie omicidi su commissione con garanzia di efficienza, rapidità e silenziosità.
In tutta la serie le vittime degli omicidi sono sempre criminali, dittatori e individui pericolosi di vario genere, addirittura l'Agenzia ha collaborato con l'FBI e l'ONU numerose volte. Nel libro (Hitman Damnation) scopriamo che i leader supremi di questa agenzia sono quasi tutti super boss del crimine e la malavita, il che pare un vero e proprio controsenso visto che l'Agenzia ha come potenziali target solo criminali.
La soluzione a questa apparente aporia potrebbe essere che l'Agenzia nasce inizialmente come coalizione fra importanti bande criminali internazionale allo scopo di fare in modo che una associazione membra potesse contare sul supporto delle altre per sbrigare i propri omicidi su commissione, e per darsi un volto pubblico accettabile le vittime possono essere solo criminali. A seguito di ciò l'Agenzia è diventata la più famosa associazione di sicari su commissione al mondo, con contatti per privati cittadini, grandi azionisti o addirittura stati, servizi segreti e istituzioni. I criminali che l'hanno fondata restano immuni (Salvo causare problemi) e finiscono più che altro per essere i principali fornitori di manodopera (Assassini e armi) e investitori.
Dopo che l'Agente 47 ha sconfitto la Coalizione (una simil-Agenzia sotto il controllo della CIA) l'Agenzia stessa è crollata su se stessa, perseguitata a livello mondiale da tutte le altre organizzazioni e poi (in Hitman Damnation) dalle proprie faide interne.
Riformatasi, l'Agenzia si è messa contro 47 e ha continuato ad assumere cloni potenziati come lui, salvo poi reintegrarlo dopo una "riforma interna".
C'è chi sospetta che questa Agenzia di mercenari sia nata come espansione internazionale della banda sopra menzionata (Ma non è chiara la sua relazione conseguente con il governo di Wadija), c'è invece chi dice che questa Agenzia si sia poi evoluta nella Setta degli Assassini (le cui origini "Mitologiche" sono solo propaganda e sarebbe nata appunto come Agenzia, prima sotto pagamento e poi con la missione di combattere chi lucra sulla sofferenza).
Altra possibile correlazione che è stata avanzata è quella fra l'Agenzia e la FOXHOUND che operava nello stato-paradiso per i mercenari, l'Outer Heaven (che era il nome alternativo di Wadija al tempo) e il Third Echelon, lo Splinter Cell, organizzazioni fondate dagli Stati Uniti con scopo anti-terroristico e di lotta al crimine organizzato, i mercenari, addestrate alla guerriglia non convenzionale, lo spionaggio, l'infiltrazione, l'anti-terrorismo, l'assassinio e il recupero di intelligence.
C'è chi ritiene che questi mercenari siano stati ad un certo punto "Adottati" dagli Stati Uniti per una sicurezza internazionale, o viceversa che siano stati fondati da ex membri di queste associazioni, la cosa non è ancora stata chiarita.
In ogni caso, a seguito di numerosi trattati e convenzioni sull'utilizzo delle armi al fine di ottenere la pacificazione fra le nazioni, gli stati non possono più mandare gli eserciti fuori dai propri confini, e gli eserciti ormai sono troppo onerosi da mantenere e quindi devono ricorrere per la guerra ad armate di mercenarie (MAG), questo ha condotto al sorgere dei famosi Eserciti Ombra (fra cui l'Agenzia menzionata poco sopra), e alla fine fra queste è emersa la Corporazione Atlas, la più grande organizzazione Mercenaria del mondo che, in questa situazione, ha il monopolio virtuale delle guerre man mano che le nazioni rinunciano ai propri eserciti e alle proprie prerogative, ha addirittura un seggio all'ONU (Call of Duty Advanced Warfare) detta anche Mantle (Haze).
La Atlas diventerà poi il primissimo Esercito Mondiale, e dopo aver eliminato i principali terroristi da tutto il mondo inizierà ad occuparsi della criminalità organizzata (Gore: The Ultimate Soldier) e sarà un fondamento importante per il Governo Mondiale.

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IL BUON SERIAL KILLER

(Dexter, Saw e Manhunt per davvero)

Questa può sembrare esagerata. Vanno bene ladri che rubano a ricchi e disonesti per sfamare i poveri, vanno bene gli assassini di dittatori, corrotti e criminali internazionali, vanno bene anche improvvisate gangs "morali", ma come fa un Serial Killer ad essere morale (Ammesso che i precedenti non siano considerati Serial Killer, e contando il numero di morti fatti sarebbero proprio quello)? Nell'intera cinematografia l'unico esempio di Serial Killer propriamente detto moralmente accettabile è Dexter, il serial killer che ammazza altri serial killer.
Sin da giovane manifestava tutti i sintomi del futuro Serial Killer (Sua madre era stata macellata davanti ai suoi occhi e ha passato diverse ore in un container con il cadavere, immerso nel sangue): uccideva animali e li seppelliva. Il padre adottivo (un poliziotto) cercò inizialmente di reprimere questi istinti portandolo a caccia, ma poi si convinse che il sistema giudiziario era fallato quando un criminale estremamente pericoloso venne assolto per assenza di prove. Da quel momento decise di Addestrare Dexter proprio da poliziotto della omicidi in modo che nessuno potesse mai beccarlo: Guanti, pianificazione dell'omicidio, Stalking e studio dell'obiettivo, non lasciare tracce utilizzando plastica per creare la stanza per il "Rito". Soprattutto voleva convogliare il senso omicida di Dexter in una direzione positiva: gli impose di uccidere soltanto altri serial killer, e prima di farlo doveva raccogliere numerose prove incontrovertibili della loro colpevolezza.
Dopo aver quindi studiato il bersaglio sia per trovare le prove sia per capirne la routine Dexter lo rapisce, lo lega ad un tavolo nella stanza del rituale completamente "Plastificata" e poi, dopo averlo svegliato e messo di fronte alle sue colpe e udito le sue ultime parole, da sfogo al suo desiderio macellaio. Il cadavere viene poi fatto a pezzi, nascosto dentro sacchi neri ben chiusi e gettato in mare insieme a tutto il sangue raccolto e i resti rimasti sulla plastica.
Dexter inoltre si unisce alla polizia come esperto forense di sangue, in modo da imparare ancora meglio come gli altri killer falliscono, dove la polizia sta indagando e come non farsi beccare, diventando uno dei serial killer più letali e più morali della storia americana. E' stato fatto un conteggio e, fra le vittime delle sue vittime che ha "venditato" e le persone che ha invece salvato (ha ammazzato killer estremamente violenti, fra cui uno che ha commesso qualcosa come il quintuplo dei suoi) ha vendicato e salvato un numero mostruosamente alto di vite, irrisorio rispetto al suo omicidio dato da un bisogno fisiologico.
Dexter ha avuto inoltre molte occasioni di aumentare il proprio potere, alleandosi ad esempio con Miguel Prado, procuratore di Giustizia che come lui sentiva la necessità di dover eliminare in maniera poco ortodossa i criminali che sfuggono al sistema prima che possano nuocere ancora.
La sua esistenza scatenò una reazione dell'FBI ma anche un grande dibattito pubblico, numerosi americani sostennero le imprese del Macellaio di Bay Harbour (questo era il suo soprannome) chiamandolo eroe (fecero pure un fumetto su di lui). La scoperta più incredibile poi è che una neuroscienziata fu responsabile del suo addestramento insieme al padre, e lei aveva in cura numerosi bambini come lui. E se la cosa diventa un progetto ufficiale, addestrare bambini con istinti da killer a sublimare la loro esigenza come Dexter? Quale sarebbe la reazione americana e mondiale ad un serial killer del genere? E' possibile che alcuni tentino di emularlo e tutti questi serial killer morali che vanno a caccia di quelli immorali che effetto avrebbero sulla percezione della criminologia?
Altro esempio è Jigsaw, malato di cancro che ha iniziato a catturare persone da tutti e 50 gli States colpevoli di "Non apprezzare abbastanza il dono della vita".
Drogati, suicidi, indolenti, sfruttatori, chiunque è vivo e vegeto e spreca questo suo dono in modo dannoso per sé e per gli altri deve sottoporsi ad una crudele tortura dai caratteri grotteschi e sanguinari, solitamente a contrappasso rispetto alla sua colpa. La tortura richiede grandissima sofferenza fisica e si basa sul fatto che un animale, se intrappola il proprio arto in una trappola, non esita a morderselo via pur di sopravvivere e fuggire. Gli umani secondo Jigsaw hanno perso di vista l'importanza della vita e quindi, messi in trappola, finiscono per ammazzarsi.
Per farvi un'idea di come funzionino le sue trappole: una "ghigliottina a tempo" come collare, la chiave del meccanismo è stata inserita con un intervento chirurgico dietro l'occhio, la vittima deve tagliarselo e prendere la chiave prima che scada il tempo, o cose del genere.
La gran parte delle vittime di Jigsaw, inutile dirlo, muore. Alcuni però riescono a fare il gran sacrificio e si salvano dalle loro prove. Altri hanno delle "Macroprove" che devono ripercorrere tutta la loro vita e che coinvolgono tanti altre vittime con le loro piccole torture. Infine alcune delle sue ex vittime sono persino convertite all'ideologia di Jigsaw, lo aiutano nei suoi piani e dopo la sua morte proseguono il suo operato. Come reagisce il mondo davanti a questa setta di psicotici che tortura e uccide coloro che sprecano il dono della vita, e come reagiranno alle interviste ai sopravvissuti che in maniera unanime rispondono "Mi ha aiutato, mi ha cambiato"?
Proprio come in Death Note, ci potrebbe essere un effetto culturale enorme, la gran parte della popolazione cessa di sprecare la propria vita nelle attività "Scomunicate" dai vari video di Jigsaw ed inizia, per timore, a fare l'opposto.
Infine il celebre videogioco Manhunt della Rockstar (gli stessi creatori di GTA), una gigantesca città Carcere dove vengono rinchiusi i peggiori serial killer e criminali del mondo, un regista milionario di Snuff Movie (pellicole dove gli attori muoiono veramente) "compra" un condannato a morte e lo fa avanzare lungo la città piena di psicopatici registrando ogni uccisione per fare un Colossal, finendo poi ammazzato a sua volta. Alla fine della fiera in quel "Lungometraggio" sono morti tutti i peggiori criminali e assassini del mondo, ed è morto anche il più grande magnate del business che lucra sulla morte delle persone. Il protagonista, a conti fatti per le sue azioni, ha fatto più bene o male?

MorteBianca

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Dopo aver letto il tutto, Tommaso Mazzoni gli fa notare:

Sulla gilda dei ladri gentiluomini, però, cambierei la regola sui pezzi d'arte; Lupin I era un collezionista, e amava anche fare regali alle belle signore, quindi direi che se il pezzo d'arte è rubato ad un individuo moralmente discutibile può essere tenuto. (Magari una volta passato il periodo della prescrizione, la gilda organizza un museo).

Tutti i commissari delle fiction gialle italiane in azione sullo stesso caso!!

Tutti i commissari delle fiction gialle italiane in azione sullo stesso caso!!

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E ora, un racconto di Dario Carcano:

Vic e Piero

Da quasi cinque minuti Piero suonava il campanello, inutilmente. Vic non apriva.
"Starà ancora dormendo", pensò Piero, che prese la chiave della casa dell'amico e aprì la porta. Le tapparelle erano ancora abbassate, le finestre invece erano aperte per far entrare un po' d'aria. Cosa normale a luglio.
In soggiorno non c'era nessuno, sul tavolo giaceva ancora un piatto sporco assieme agli avanzi della cena della sera precedente, e sul divano erano ammucchiati senza criterio vestiti di ogni sorta e colore. Piero si chiese per un attimo se fossero sporchi o puliti, poi concluse che non intendeva saperlo, e si diresse verso la camera.
Come previsto, Vic era nudo nel letto, addormentato in un sonno di pietra. La televisione di fronte al letto era accesa, a indicare che Vic si era addormentato guardandola. Piero la spense, e svegliò l'amico.

"È già ora?"
"Direi di sì. Meno male che mi hai dato le chiavi, sennò non sarei entrato." E mentre Vic cercava un paio di mutande, Piero aggiunse: "Non puoi vivere così, questa casa sembra una discarica."
"Mica sono uno scapolone che deve pulire la casa tutti i giorni! Io sono un uomo che sa fare i lavori di casa. Poi però tengo la casa sporca perché non c'ho voglia di pulirla", soggiunse mentre si vestiva.
"Sono tre anni che vai avanti così. Non puoi vivere in una discarica perché Laura ti ha lasciato."
"Cosa parli, che te in casa non fai niente, fa tutto la Ste!"

Vic aveva finito di vestirsi, andò in cucina dove mangiò una forchettata della pasta rimasta lì dalla sera prima. Mentre mangiava, Piero gli chiese:
"Almeno ti sei procurato le armi?"
Vic si alzò, e spostò una parte della pila di vestiti che aveva sul divano, svelando una cassa che conteneva tre fucili AK-47. Oltre ai fucili, nella cassa c'erano i proiettili e i caricatori. Piero e Vic presero assieme la cassa, e la portarono giù per le scale fino all'auto di Piero. Lì spostarono i fucili in tre borsoni da palestra, in modo da dare meno nell'occhio, e li caricarono nel portabagagli dell'auto, lasciando a terra la cassa.

"Quello là dove ci aspetta?" chiese Vic.
"Lungo la strada, a ***."
"Che poi non capisco perché il capo ha voluto che questo qua venisse con noi."
"Forse perché non si fida ancora di noi."
"Ancora? Credevo che ormai fosse acqua passata, sono già passati cinque anni. Più di una volta in questi cinque anni ci siamo dimostrati degni di fiducia."
"Lo so, ma evidentemente per certe persone l'acqua non passa mai."
"Comunque, tua figlia come sta?"
"Bene, sta bene. Mi somiglia, sai?"
"Allora vuol dire che ci litighi tutti i giorni", commentò Vic, e risero.
Erano arrivati a ***, entrarono nel paese, girarono un po' cercando la strada che era stata indicata loro, e dopo alcuni minuti la trovarono. Lui era lì ad aspettarli.

"Ciao", esclamò Piero. "Come dobbiamo chiamarti?"
"Facciamo Nick", rispose lui, e salì nell'auto sul sedile posteriore. Rimasero in silenzio per un po', poi Nick chiese:
"Conoscete il piano, giusto?"
"Sì, dobbiamo assaltare il portavalori a ***." rispose Vic.
"Esattamente, voi avete le armi?"
"Certo, sono nel bagagliaio. Il furgone come lo fermiamo?"
"A questo ho pensato io, quando arriveremo vi farò vedere."

Arrivarono a ***, da lì Nick li guidò fino al luogo dove sarebbe avvenuto l'assalto. Era una curva di una strada provinciale, che in quel punto passava tra due macchie di vegetazione. Lasciarono l'auto fuori dalla strada, tirarono giù i borsoni coi fucili e Nick li condusse verso un cespuglio, sotto il quale era nascosto un divano. Era abbastanza largo da bloccare tutta la carreggiata. Lo presero, e lo misero in mezzo alla strada.

"Tra quanto passa il furgone?"
"Mezz'ora. Che facciamo nell'attesa?"
"Prepariamo i fucili e nascondiamoci." muggì Nick.

Si separarono, Vic e Piero da un lato della strada, Nick dall'altro lato.
Mentre erano lì, Vic disse a Piero:
"Però, se lo ammazziamo, poi ci possiamo tenere tutto il bottino."
"Bravo, così poi avremo addosso tutta la banda. Non voglio vivere da fuggitivo, e stasera spero di tornare da mia figlia."
"Potremmo dire al capo che lo hanno ammazzato gli sbirri. 'Gli sbirri hanno tirato fuori le pistole e ci hanno sparato. Purtroppo hanno ammazzato Nick, ma noi abbiamo ammazzato loro, così abbiamo una persona in meno con cui dividere il malloppo."
"Il capo è stato chiaro, se succede qualcosa a qualcuno la sua parte se la tiene lui. Se ammazzassimo Nick, la sua parte andrebbe comunque al capo."
"M***!"

Passarono i minuti, finalmente si sentì il rumore di un motore che sopraggiungeva. Erano loro.
Il portavalori fece la curva, poi si fermò di fronte al divano. I guardiani scesero dal furgone, erano armati anche loro. Probabilmente avevano intuito la trappola.
Fu comunque inutile. Vic, Piero e Nick spararono dai loro nascondigli, e fecero fuori i guardiani in pochi secondi.

"Ce l'abbiamo fatta!" esultò Vic.
Entrambi uscirono dal loro nascondiglio, lasciarono giù i fucili ed entrarono nel furgone per forzarlo e prendere i soldi. Per un attimo si dimenticarono di non essere soli.
Furono raggiunti da Nick, che invece aveva con sé il fucile.
Si levò un ulteriore urlo di gioia quando il furgone si aprì, poi si sentirono due spari.

« E ora, qualcosa di completamente diverso. Oggi è stata compiuta a *** un efferata rapina ad un furgone portavalori, in cui sono morti sia i sei guardiani sia due dei rapinatori, identificati come Vittorio Cerutti e Pierantonio Furlan, entrambi pregiudicati e vicini ad ambienti della mala cittadina. La polizia sta indagando per trovare gli altri responsabili della rapina, il cui bottino ammonta a un miliardo e duecento milioni di lire.
Passando invece alla cronaca sportiva...
»

Dario Carcano

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La parola passa ora ad Andrea Villa:

Alfonso

Ad Alfonso non piaceva fare la coda.

Era passata almeno una buona mezz'ora dal momento in cui era entrato in quella piccola banca di provincia, e per tutto questo tempo la coda si era mossa alla velocità di una lumaca. Ogni persona davanti a lui sembrava avere una questione molto complicata da risolvere, e per risolverla con l'addetto della banca sembrava necessitare, ogni volta, di un tempo apparentemente infinito. Tempo durante il quale Alfonso era costretto a rimanere fermo, in piedi, come un qualunque impiegato di quarto livello venuto a fare la dichiarazione dei redditi.

Ma non era questo ciò che infastidiva particolarmente Alfonso. Ciò che davvero gli creava dispiacere era il modo in cui la gente lo guardava.

Alfonso si guardò attorno, raccogliendo decine di sguardi straniti, inorriditi e pieni di rabbia rivolti a lui. I poliziotti di servizio lo guardavano tutti con cipiglio aggressivo, e tenevano le mani sulle proprie fondine, come se fossero impazienti di estrarre le proprie pistole e farne uso. Gli impiegati della banca lo guardavano con astio, come se si aspettassero da un momento all'altro che avrebbe estratto sua volta la propria arma, una 38 millimetri, e dichiarato che voleva fare una rapina. Anche gli altri clienti della banca sembravano impauriti ed innervositi dalla sua presenza.

La donna dinanzi a lui si voltò di nuovo per guardarlo in volto. Alfonso le sorrise, ma la donna non ricambiò, rivolgendogli piuttosto un'occhiata mista di paura e di condanna. Alfonso sospirò: inconvenienti della fama.

Il pensiero gli corse al suo amico Frank, che era rimasto in città: come avrebbe reagito lui a questa scena? Non bene, con tutta probabilità: proprio per questo Alfonso aveva deciso di lasciarlo in città per occuparsi dei suoi affari, ed era venuto da solo.

L'uomo dinnanzi alla donna di prima, finalmente, sembrò aver terminato la propria commissione: raccolse alcuni spicci rimasti sul bancone del tavolo, li mise nel portafoglio, e corse fuori dalla banca, non senza aver gettato a sua volta un'occhiata stranita ad Alfonso.

«Signorina, è il suo turno» disse l'addetto della banca, rivolgendosi alla signora davanti ad Alfonso.

«No grazie, credo che aspetterò ancora un po': il… signore…» disse lei indicando Alfonso «sembra avere più fretta. Aspetterò con calma dopo di lui»

Con un nuovo sbuffo, Alfonso si incamminò verso lo sportello. Immediatamente, tutti gli occhi della sala si concentrarono su di lui.

«Buongiorno» fece Alfonso con un sorriso «Io sono…»

«Sappiamo chi è lei» disse l'addetto della banca, un uomo piccolo e pelato con i baffetti. «Mi dica solo di che cosa ha bisogno.»

«Volevo pagare le mie tasse» rispose Alfonso «So che dovrei farlo presso la mia città di residenza, ma…»

«Fermi tutti!» gridò una voce femminile alle spalle di Alfonso «Mani in alto e buttate le pistole! Questa è una rapina!»

Alfonso sbuffò di nuovo, stavolta di frustrazione. Non ci voleva, proprio adesso.

Guardò dietro di sé, e vide un uomo e una donna, entrambi armati, che dovevano essere entrati in banca pochi istanti prima. La donna reggeva una borsa di cuoio con la mano libera, aveva i capelli biondi e setosi e il volto simile a quello di un'attrice, l'uomo, invece, aveva i capelli scuri, era vestito in un abito a righe verticali con cravatta. Eccezion fatta per il loro tono di voce e per le loro parole, sembravano più una coppia di innamorati che di rapinatori.

«Mettete il contante nella borsa, non mi ripeterò!» intimò la donna, avvicinandosi a uno sportello.

«Alzate tutti le mani!» aggiunse il suo compagno. «Il primo che disobbedisce, si becca una pallottola nel cranio!»

«Possibile che questa coppia potesse essere la banda di rapinatori di banche più famosa degli Stati Uniti?» pensò Alfonso, quasi divertito dalla situazione. Tuttavia, la sua risata doveva essere risultata meno silenziosa del previsto.

«Che hai da ridere, pancione?» lo incalzò l'uomo, avvicinando la sua rivoltella alla schiena di Alfonso «Voltati e alza le mani!»

Alfonso si sistemò il sigaro, e si voltò. Vedendo il suo volto, l'uomo e la donna assunsero espressioni basite.

«Clyde, questo è…»

«Calmati, Bonnie: può essere solo un sosia, un banale imitatore…»

«E invece sono proprio io» rispose Alfonso, nel tono di voce che tutta l'America aveva imparato a conoscere «Devo dedurre dai vostri nomi che voi siete Bonnie e Clyde, la famosa coppia di rapinatori. lasciate che vi dica che le foto dei giornali non vi fanno giustizia.»

«Stai zitto!» esclamò Clyde, puntandogli contro la pistola. «Butta tutto ciò che hai a terra.»

«Credo che non lo farò», rispose Alfonso, sistemandosi il cappello. «Non hai nulla per potermi minacciare.»

«Ho questa!» rispose Clyde, quasi in tono di beffa. «Potrei ucciderti in un secondo, mi basterebbe tirare il grilletto.»

«Sì è vero, potresti: tuttavia, se lo fai, attirerai le ire di un sacco di gente. I miei collaboratori, i miei dipendenti, i miei clienti e amici, fino a Washington. Se mi uccidi, non farai altro che assicurare a te e alla tua amata» disse indicando Bonnie «una morte molto più lenta, dolorosa e atroce di quella che le autorità vi hanno promesso, se vi catturano. Sei un uomo intelligente, Clyde Barrow: sono certo che non farai un errore così stupido.»

«P-posso sempre rapinarti!» disse Barrow, come per convincere sé stesso più che l'uomo dinnanzi a lui.

«Libero di farlo. Ma se mi lasci vivo, posso prometterti che appena tornerò in città metterò al corrente i miei uomini di quello che mi è successo. E in questo caso, non darei un solo cent per la tua vita, così come Cesare non diede scampo ai pirati che lo avevano rapito, dopo averli catturati.»

«Clyde» fece Bonnie, che aveva visibilmente perso tutta la sua spavalderia «Forse è meglio se lo lasciamo stare.»

«Forse è meglio che lasciate stare tutti!» ringhiò Alfonso, facendo arretrare i due rapinatori di diversi passi. «Questa povera gente ha lavorato una vita intera per mettere da parte i propri sudati risparmi, e voi adesso volete toglierglieli? Ci sono modi più intelligenti per fare soldi, come io stesso posso dimostrare. Detto questo, sono disposto a non denunciarvi, e a fare finta di non avervi visto, se ve ne andate subito.»

Bonnie e Clyde si guardarono in volto, facendo ancora qualche passo indietro. Dopodichè, non appena furono vicini alla porta, corsero fuori, presumibilmente per raggiungere la propria macchina.

«Principianti», mormorò Alfonso, volgendosi verso i poliziotti e la gente all'interno della banca. «Credo che non torneranno. Non in questa zona, perlomeno.»

Per alcuni secondi, nessuno disse nulla. Poi, lentamente, la gioia e la felicità sconfissero il timore, e la gente si lasciò andare a un ruggito di allegria.

E, per la prima volta, dei comuni cittadini americani acclamarono Al Capone.

Andrea Villa

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Diamo spazio ora alla proposta di Enrico Pellerito:

Il famigerato Totò Riina era figlio di una persona perbene, e invece di lui sappiamo solo una parte delle nefandezze compiute. L'assurdo è che il fratello del padre era comunista e gli chiese di aderire al partito, ricevendo uno sdegnoso rifiuto perché i comunisti erano considerati dei senza Dio!!! Ma se Totò Riina da giovane aderisce al PCI e diventa uno dei politici antimafia di punta? Pensate che ironia se viene assassinato da Leoluca Bagarella o Bernardo Provenzano! Oppure, per via della sua passione per il trinitrotoluene, Riina potrebbe invece diventare un brigatista rosso che commette attentati, anzi no, porta attacchi al cuore dello stato capitalista...

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Gli replica come al solito il grande Bhrghowidhon:

Mi permetto di rimescolare le carte inserendo l'ucronia in un'altra, anzi, trasformando ciò che qui è dato come Punto di Divergenza (del tutto possibile, perché dipende dalla decisione personale di un singolo individuo) nella conseguenza di un altro Punto di Divergenza, altrettanto possibile perché anch'esso dipendente dalla decisione di un singolo: agli inizi del 1244 Federico II, che ancora confidava nell'alleanza con Innocenzo IV e ormai fiducioso di aver ottenuto l'Ereditarietà di fatto della Corona Imperiale (Corrado IV era già stato eletto da sette anni Re dei Romani), decide di rischiare, sgomberando lo Stato Pontificio prima di aver ricevuto l'Assoluzione dalla Scomunica, dopodiché dispone la confluenza del Regno di Sicilia nel Sacro Romano Impero. Non è una vera e propria Ūnĭō Rēgnī ĕt Ĭmpĕrĭī (l'Imperatore non è automaticamente Re di Sicilia – come invece il Regno di Alta e Bassa Borgogna, antico Regno d'Arles – né viceversa) e poi, come si è visto, l'Ereditarietà dell'Impero non è stata sancita: semplicemente, da allora in poi il Regno di Sicilia è nel Rēgnŭm Tŏtīŭs Ītălĭăe (che si chiama così proprio in quanto comprende il Patrimonio di San Pietro, di cui la Sicilia è Feudo) come il Regno di Boemia entro la Germania e, con notevole ma voluta contraddizione rispetto al meccanismo che ha permesso agli stessi Svevi di diventarne Sovrani, vi entra in vigore la Legge Salica.

Il Papa ha ottenuto tutto ciò che in quel momento poteva volere e non aveva motivo di rischiare a sua volta ulteriormente: la situazione è pressoché identica alla Pace di Venezia del 1177, con la differenza che nello Stato Pontificio non c'è più alcun territorio occupato dagli Imperiali, quindi, con la stessa freddezza con cui storicamente ha violato ogni accordo, Innocenzo IV abbandona le Città Lombarde e si dedica piuttosto a lavorare perché la Corona Imperiale non diventi ereditaria (l'obiettivo di fondo era che l'Imperatore non fosse la stessa persona che il Re di Sicilia, non più di questo). Sgomberata Viterbo, non avviene l'eccidio a tradimento degli Imperiali da parte del Cardinal Ranieri né di conseguenza la vendetta di Federico II; Innocenzo IV non fugge a Genova né a Lione e non viene convocato alcun Concilio per deporre l'Imperatore.

Come nella Storia reale, a Federico II succede Corrado IV, che, quattro anni dopo, morendo affida Corradino alla tutela dello stesso Innocenzo IV, il quale a sua volta nomina Manfredi Reggente di Sicilia. Tutto ciò è realmente avvenuto e anche il resto prosegue come noto, se non che il precoce ritiro della Scomunica contro Federico II e l'assenza dello scontro frontale con tutti gli Svevi riduce il conflitto alla lotta per il Regno di Sicilia e l'egemonia in quello d'Italia fra Manfredi da un lato e il Papa dall'altro, il quale non ha niente da temere dall'appoggio a Corradino, i cui diritti sono stati usurpati dall'incoronazione di Manfredi il 10. agosto 1258 a Palermo.

La Parte Ghibellina è disorientata e spaccata in due fra i Sostenitori di Manfredi e quelli di Corradino; il 6. gennaio 1266 Clemente IV incorona a Roma Corradino Re di Sicilia (Re dei Romani è dal 1257 Riccardo di Cornovaglia, Antiré Alfonso X di Castiglia) e nell'omologo della Battaglia di Benevento (più o meno intorno al 26. febbraio 1266) lo scontro è fra le Forze Siciliane e Saracene di Manfredi e quelle Tedesche e Lombarde di Corradino Corradino potrebbe vivere fino al 1313, se si calcola un po' più di 60 anni come media fra i 65 anni di longevità del trisnonno – pur non deceduto di morte naturale – e i 56 del nonno paterno (purché non muoia di malaria come il padre a 26 anni). Nello stesso anno muote Arrigo VII di Lussemburgo e l'anno dopo avviene la doppia Elezione di Ludovico IV il Bavaro e Federico il Bello d'Asburgo. Naturalmente i Papi di Avignone si schierano – come realmente avvenuto – con Federico e lo investono del Regno di Sicilia; da allora il Regno rimane alla Dinastia austriaca (Federico II 1314-1330, Alberto I 1330-1358, Rodolfo I 1358-1365, Alberto II 1365-1395, Alberto III 1395-1404, Alberto IV 1404-1439, Ladislao I 1439-1457, Federico III 1457-1493, Massimiliano I 1493-1519, Carlo I 1519-1521, Ferdinando I 1521-1564, Massimiliano II 1564-1576, Rodolfo II 1576-1612, Mattia I 1612-1619, Ferdinando II 1619-1637, Ferdinando III 1637-1657, Leopoldo I 1637-1706, Giuseppe I 1706-1711, Carlo II 1711-1740) e, essendo il Regno di Corradino durato dal 1266 al 1313, la Sicilia non è andata agli Aragonesi, così come gli Angioini non si sono mai insediati neppure a Napoli, per cui Alfonso il Magnanimo non ne diventa Re e, in ultima analisi, Filippo II come Re di Spagna eredita la Sardegna ma non la Sicilia né Napoli, perché insieme ai Paesi Ereditarî Austriaci, sono statio attribuiti dal 28. aprile 1521 a Ferdinando d'Asburgo (dunque Carlo V non ne può investire Filippo il 25. luglio 1544). Si noti altresì che, non essendo Alfonso il Magnanimo mai divenuto Re di Napoli (e nemmeno di Sicilia), Filippo Maria Visconti non lo designa come Erede, per cui il 13. agosto 1477 è Federico III, all'epoca ancora ‘solo' Federico IV di Germania ma anche Tutore di Ladislao Postumo, a incamerare il Feudo Visconteo, che perciò rientra anch'esso nei Paesi Ereditarî andati nel 1521 a Ferdinando I.

Nel 1700 la Sicilia e Milano non fanno parte dell'Eredità Spagnola e, se le vicende della Guerra di Successione vanno come nella Storia vera (a parte le inesistenti operazioni in Italia), Carlo VI finirà per avere solo i Paesi Bassi, mentre la Sardegna andrà forse sùbito a Vittorio Amedeo II di Savoia (che non riceverà i Suffeudi Lombardi di Valsesia, Lomellina, Valenza e Alessandria) e per compenso il Monferrato a Carlo VI. Nella Guerra di Successione Polacca, Filippo V non avrà titoli per rivendicare la Sicilia (su cui non del resto regnato in precedenza e la quale non ha mai avuto alcun rapporto di dipendenza dalla Spagna), quindi lo scambio con Parma interesserà la Toscana (già obiettivo borbonico dal 1725), la Sardegna essendo intoccabile perché di Carlo Emanuele III, allora Alleato e che per parte sua otterrà il Monferrato (Casale e Acqui) invece di Tortona e Novara.

L'indisponibilità della Toscana per Francesco III Stefano di Lorena porta (con la Corsica come tramite) all'investitura della Boemia per quest'ultimo e quindi a un diverso andamento della Guerra di Successione Austriaca, delle Spartizioni della Polonia e (con Napoleone sabaudo) delle Guerre delle Coalizioni contro la Rivoluzione Francese e infine – nell'ipotesi (a mio modestissimo avviso meno verosimile) che la Campagna d'Italia venga vinta da Napoleone per i Savoia – della Guerra Austro-Sarda del 1848-1849 e di quella del 1866. Rimando all'Ucronia sulla Fatal Legnano per i dettagli (con la differenza che Modena e Reggio diventano lo stesso e restano Terzogenitura Asburgo-Estense – dunque con Francesco Ferdinando unite all'Impero d'Austria – e i nostri Borboni delle Due Sicilie sono qui Granduchi di Toscana); il risultato è che, dopo la Grande Guerra (1914-1918), cui non prendono parte né Francia (soddisfatta dal 1801 grazie ai c.d. “Confini Naturali” sul Reno e sulle Alpi) né il Regno Unito (cui gli Stati Uniti sono tornati nel 1812. con ciò disinnescando anche le Indipendenze Iberoamericane), l'Unione Mitteleuropea (in Duplice Alleanza con l'Impero Ottomano) lega Albania, Bulgaria e Romania al Sacro Romano Impero, che si estende dalla Finlandia e dall'Ucraina al Reno, alle Alpi Occidentali e alla Sicilia (nel caso di Vittoria Sabaudo-Napoleonica nel 1797 e quindi di Guerre Austro-Sarde nel 1848-1849 e 1866 anche alla Corsica; Venezia e lo Stato Pontificio sono stati occupati militarmente nei Decenni della Restaurazione e hanno aderito al Reich intorno al 1871), mentre le massime Potenze mondiali restano i quattro grandi Imperi (Colonialisti) di Gran Bretagna, Francia, Spagna e Portogallo, accanto all'Unione Sovietica (composta da sei sole Repubbliche, la Russia e le centroasiatiche) e al Giappone. L'attuale Italia è divisa fra Regno di Sardegna, Stato Pontificio, Repubblica di Venezia (fino alle Isole Ionie), Granducato di Toscana, Ducato di Parma e Piacenza, Principato di Trento, Regno Lombardo-Ligure e Impero d'Austria (oltre ai 63 Feudi Imperiali minori, compreso San Marino); solo il Regno di Sardegna non fa parte del Reich, ma si appoggia a Regno Unito, Francia e Spagna (a Regno Unito e Francia anche il Montenegro; specificamente al Regno Unito la Grecia).

È in questo contesto che nasce Salvatore Riina. Per precisarlo nel quadro dell'ucronia qui proposta, riporto quanto espresso a proposito di un'altra ucronia:

1) non esiste alcuna differenza genetica, neppure di DNA monoparentale, fra gli attuali Cittadini Tedeschi, Francesi e Italiani (con parziali eccezioni nell'Estremo Nord ed Estremo Sud rispettivi, dove si riscontrano Lignaggi più recenti, che comunque significa Neolitici; a parte sta la Sardegna, che in compenso è la più simile alla Germania Settentrionale e alla Scandinavia).

2) Altro elemento di forte similitudine è la continuità di alcuni fenomeni tradizionali, inclusa la stessa Preistoria (Neolitica) della Mafia (che, come noto, esisteva anche in Lombardia nell'Istituzione dei Bravi, schiettamente celtica di nome e di fatto) e della Protostoria della medesima (le Iscrizioni Sufiche di Corleone), corrispondente ai fenomeni di Resistenza Antifeudale e Anticristiana in Provenza e nell'Estremo Ponente Ligure.

3) Terzo elemento comune è l'esperienza imperiale e ispanica (asburgica), fino a includere la Stagione delle Riforme Settecentesche (Borboniche nelle Due Sicilie di nuovo Asburgiche nell'Austriaca Lombardia).

4) Dati tutti gli elementi di stringente parallelismo o addirittura identità fra Germania, Francia e Italie sopra ricordati, quel che immagino sarebbe scattato da una continuata appartenenza imperiale comune sarebbe – ai fini della nostra ucronia – soprattutto la possibilità di condividere un'esperienza sociale epocale avvenuta in Germania fra la Prima Età Moderna e l'Età Contemporanea, la constatazione viva, nell'esperienza quotidiana, che la scommessa sull'Altruismo Civile produce risultati concreti già a breve termine.
Non credo infatti che ci siano “difetti” nella maggior parte dell'Umanità (o perlomeno che ci siano difetti da cui alcune Nazioni - prodotti sempre inventati - siano esenti); credo invece che nella Storia della Società dei Paesi Germanofoni si siano date le condizioni, in momenti diversi e sfasati ma complessivamente su quasi tutto il territorio, per capire che un senso sociale più impegnato ha come conseguenza un maggior benessere individuale. Poiché questo è accaduto, nel Bene e nel Male, nella Società Tedesca (a prescindere da tutte le numerosissime eccesioni individuali e locali), l'ucronia più semplice per farlo accadere altrove è di includere questo altrove nella Società Tedesca, che è stato precisamente il Disegno Culturale degli Svevi.

5) Fino agli Svevi, le due parti del Sacro Romano Impero – Francia e Impero Germano-Gallesco – hanno conosciuto un percorso abbastanza parallelo quanto a rapporto fra Regalità e Autonomie Locali, mentre dopo l'Interregno ha avuto una maggiore alternanza di fasi centrifughe (massimamente la Guerra dei Trent'Anni, ma poi anche le Guerre di Successione) e centripete (queste ultime in particolare col la Bolla d'Oro, con i Circoli di Massimiliano I., con la Monarchia Cesareo-Cattolica di Carlo V. e poi con il raggiungimento pressoché completo dell'Ereditarietà da parte asburgica), per cui l'Assolutismo si è sviluppato soprattutto nei Dominî dei Grandi Elettori (Asburgo inclusi) a scapito della Struttura sovraordinata. In questa prospettiva, se l'Ereditarietà fosse cominciata con gli Svevi, l'Assolutismo ‘Asburgico' avrebbe avuto tempi ‘Capetingi' (in senso lato, fino agli ultimi Borboni) per fare dell'Impero uno Stato come la Francia.

6) È a questo punto che diventa pertinente l'aspetto c.d. ‘nazionale' e quindi il Disegno Culturale degli Svevi: elaborata / inventata una percezione di tipo nazionale ‘tedesco' che avrebbe incluso tutto lo spazio dalla Sicilia all'Estonia (allargabile a piacere, ma per il momento mi attengo all'orizzonte specifico di un Corrado IV), non importa cosa sarebbe avvenuto nel frattempo, purché il risultato fosse ‘asburgico' (da Paesi Ereditarî) in tutto l'Impero.
Se il tratto più vistoso che oggi distingue le società germanofone (ovviamente non solo loro: anzitutto la Cina e i Paesi di Cultura Sinitica, p. es. Singapore, poi un ‘triangolo' mondiale dalla Svizzera alla Finlandia e al Canada) da quella – di nuovo per esempio – della Repubblica Italiana si è compiutamente formato (dopo Millenni di elaborazione) fra il XVIII e il XIX secolo (nel XVII non c'era ancora così vistoso, alla fine del XIX era evidente), allora l'ucronia in cui tutta l'attuale Repubblica Italiana (escluse la Sardegna e, fino al XIX secolo, Venezia e Roma) fosse Germania da ogni punto di vista (so bene che allora non lo era, ma lo doveva diventare, per gli Svevi) comporta che oggi la Società storicamente Italiana sarebbe ucronicamente assimilata a quella Tedesca.
Se possiamo convenire che il Disegno Culturale Svevo comprendesse comunque di modellare una Nazione Tedesca (accanto alle altre) sia a Nord sia a Sud delle Alpi fino a includere la Sicilia, questo fatto sarebbe stato sufficiente – beninteso a parità di tutto il resto (quindi a prescindere da effetti più o meno ‘farfalla') – a estendere a tutta tale Germania ormai ucronica il fenomeno sociale dell'atteggiamento di appartenenza comunitaria caratteristico fra gli altri dei Paesi storicamente Germanofoni a partire dal XVIII/XIX secolo Una differenza di partenza – quindi veramente ucronica – rispetto alla Storia che conosciamo sarebbe data dal fatto che quel disegno prevedeva di far leva su una componente letteralmente tedesca a Sud delle Alpi, in pratica tutti coloro che in qualsiasi maniera e da qualunque provenienza erano confluiti nella ‘Nazione' longobarda (che perfino nella Sicilia Normanna - quindi in area seriore rispetto al proprio àmbito geografico tradizionale - rappresentava uno dei maggiori Partiti; a parte la polisemia dell'etnico, che si tratti comunque di Germani Occidentali è provato al di là di qualsiasi dubbio dall'antroponimia, che significativamente si latinizza proprio dopo la fine degli Svevi).
Il culmine del processo di assimilazione di tutte le Minoranze Alloglotte si colloca intorno al Mille, con gli spopolamenti e i successivi ripopolamenti dei Secoli X-XII; dopo di allora, tutte le Minoranze sia sopravvissute sia sopraggiunte si sono mantenute fino al XX secolo. Dato che i ‘Tedeschi d'Italia' erano fra le Minoranze sopravvissute (forse la più forte dopo i Greci), possiamo tranquillamente ammettere che, date le condizioni necessarie (in quest'ucronia assicurate), sarebbero poi passati attraverso i Secoli XIV-XVIII fino al Romanticismo.
Come modello realmente verificabile proporrei un parallelo particolarmente duro e quindi non sospettabile di Apologetica od Oleografismo: i Tedeschi del Baltico. Molto meno radicati, ugualmente debitori agli Svevi di un impulso fondamentale, sono poi sopravvissuti alla spartizione dell'Ordine Teutonico, alla Riforma, alla Politica ‘Indigenistica' dei ‘Rivali' Svedesi, all'Annessione all'Impero Russo, alla Prima Guerra Mondiale, praticamente fino alla Generazione prima della nostra. Con questo ‘Esperimento Storico' a supporto, oserei scommettere almeno sulla verosimiglianza di una forte Componente ‘Mediterraneo-Tedesca' (per usare il modello di ‘Balto-Tedesca') o ‘Teutomediterranea' nei Regni sia Lombardo sia Siciliano (mai scisso e ricomposto in «Duosiciliano») del Sacro Romano Impero, con le possibili conseguenze in termini di modelli di convivenza sociale. Dal momento che considero Germania l'Inghilterra, più che mai ritengo efficacissimo il parallelo – già proposto – con Malta (dove anche i Cavalieri contribuiscono ad aumentare i punti di contatto con l'ucronia, nella quale si tratterebbe dei Cavalieri Teutonici) e Cipro.

Cosa Nostra, se è sopravvissuta a tutto questo processo, si configura nell'ucronia qui discussa come un'Associazione di Resistenza Antifeudale, direttamente emanata dagli Ambienti Sufici antinormanni e alimentatasi attraverso la collaborazione con Società Segrete di tipo carbonaro o massonico-liberale nel XIX secolo. Salvatore Riina cresce in questo ambiente, se ne allontana in modo definitivo aderendo al Marxismo-Leninismo, ma ne conserva l'impostazione antipolitica (in senso etimologico, “contro la Società Urbana”) e, nel nostro caso, antitedesca e antisvevo-antiasburgica. I suoi Nemici sono anzitutto i Cavalieri (qui soprattutto Teutonici; in pratica omologhi dei Carabinieri), da Compagno così come sarebbe stato se fosse divenuto o rimasto Uomo d'Onore.

A questo punto potrebbe diventare realistica l'ipotesi che il Riina, con l'appoggio coperto dei Servizi Segreti Sovietici, cerchi un'alleanza tattica con Cosa Nostra per «porta attacchi al cuore dello Stato» (che sarebbe qualificato, con un po' di esagerazione storica, come “feudale”, nemmeno ancora “capitalista”). Se rimanesse in Sicilia, non avrebbe da temere tanto dalla Mafia (comunque dedita alle pratiche d'infiltrazione nella Politica), quanto dai Cavalieri; la sua strategia politica sarebbe davvero abbastanza simile a quella delle F.A.R.C. e naturalmente avrebbe come avversarî sia il Generale Dalla Chiesa (magari di nome Ferdinando – invece del figlio – anziché Carlo Alberto) sia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, verosimilmente impegnati proprio a indagare i legami “sporchi” fra Mafia e Terrorismo...

Il contesto siciliano è che, sul modello della Rezia (in particolare di Tarasp Fontana, dove si sono svolte le vicende che qui vengono postulate per la Sicilia), si continui a parlare la lingua locale, a scrivere le epigrafi in italiano e però tutti, specialmente nelle città, siano bilingui col tedesco. I centri del Barocco (Noto, Vittoria, Ragusa Superiore) sarebbe al tempo stesso quelli della Germanizzazione (così come quelli storicamente popolati da Provenzali, Francoprovenzali o Lombardo-Piemontesi), come è avvenuto per Innsbruck (ovviamente non nel Barocco, ma nel XV secolo). Nelle aree del Latifondo, i Nobili sarebbero tedeschi, i Contadini locali (come nei Paesi dell'Ordine Teutonico; senza cambio di Confessione, non si ha una Germanizzazione popolare come in Prussia, non avvenuta in Livonia e Curlandia perché i legami con la Germania erano stati in quel caso spezzati). La Mafia avrebbe buon gioco a presentarsi come Custode delle Tradizioni Nazionali, ma per molti periodi sarebbe costretta appunto a «inabissarsi». Ferdinando Dalla Chiesa non avrebbe un nome e un cognome tedeschi, perché in Lombardia (quindi anche a Parma) la Germanizzazione sarebbe molto più recente o limitata alle aree di nuova Colonizzazione, come fra Alessandria e Cremona; anche in Sicilia, comunque, come nel Baltico e in Rezia, i cognomi e spesso anche i nomi resterebbero encorici, nonostante il bilinguismo.

Molti Siciliani farebbero un effetto un po' maltese (col tedesco anziché l'inglese), come Johann Falcone e Paul Borsellino, battezzati però in italiano (appunto come a Malta) «Giovanni» e «Paolo». A livello di percezione popolare, i Siciliani (anche Napoletani, Pugliesi, Calabresi ecc. si chiamerebbero così) sarebbero in tutto e per tutto come i Prussiani: una Società di recente germanizzazione ma al contempo tradizionalista, ferreamente disciplinata, abbastanza militaresca (per l'impronta dei Cavalieri, in questo simile a Malta ma più in generale alla Castiglia), Terra di grandi Eroismi ma anche di grandi odî (quasi etnici o anche senza «quasi»); sarebbero temuti e rispettati, precisi come gli Svizzeri e anche un po' aggressivi, ma attenti alla Gerarchia, alquanto razzisti o comunque ossessionati – come ogni Società in qualche misura ‘Coloniale' – dall'idea della Purezza di Sangue (si tratta di blasoni popolari; ovviamente la realtà sarebbe molto più variegata, come sempre).

Entro – e contro – questa Società, un Salvatore Riina (rigorosamente «Totò», mai «Heiland» o simili) sarebbe naturalmente portato ad azioni estreme, portato come Comunista a presentarsi quale Vendicatore dei Poveri e degli Oppressi; la disponibilità di armi garantitagli dal canale dei Servizi Segreti Sovietici gli permetterebbe di compiere gesti clamorosi contro la Legalità e i suoi Difensori. Se venisse catturato, però, rischierebbe di trovarsi in una posizione imbarazzante per molti; lo potrebbe forse salvare una fama di tacitezza come il proverbiale silenzio di Badalamenti.

Credo che i metodi del nostro Riina sarebbero abbastanza spicci... Ora del 2009 non ci sarebbe più l'Unione Sovietica e fin dai tempi della temuta minaccia staliniana l'Unione Mitteleuropea e l'Impero Ottomano avrebbero stretto un'Alleanza Euroatlantica con le quattro Potenze Coloniali (più Sardegna, Grecia e Montenegro); Riina si sarebbe da tempo orientato verso la Cina (magari con un Culto della Personalità come quello di Brandirali, anche se non credo che i due si sarebbero tollerati a lungo l'un l'altro) e forse sarebbe stato ‘scaricato' in qualche fase di Distensione.

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Dario Carcano invece ci ha inviato questa sua recensione della saga de "Il Padrino":

Il primo film del Padrino si apre col matrimonio di Connie Corleone e Carlo Rizzi; ci vengono introdotti il padrino, Vito Corleone, che pur non essendo il protagonista è indubbiamente il personaggio più memorabile e iconico della serie, e i suoi tre figli maschi: il primogenito Santino “Sonny”, il secondogenito Federico “Fredo”, e il terzogenito Michele “Michael”, oltre a Tom Hagen, figlio adottivo della famiglia Corleone.
Sonny è sanguigno e irascibile, ma al tempo stesso affettuoso e protettivo verso la famiglia, ed è l'erede alla guida della famiglia mafiosa; Fredo è dolce ma ingenuo, e gestisce gli interessi della famiglia nel gioco d'azzardo; Tom Hagen è un avvocato ed è il braccio destro di Vito, nella cui organizzazione ricopre un peso pari a quello del primogenito Sonny.
Michael è diverso, e questa cosa ci viene fatta notare fin da subito. Mentre alla festa nuziale Vito, Sonny e Fredo indossano uno smoking, Michael indossa una uniforme da capitano dei Marines; Michael infatti è il membro della famiglia più integrato nella società statunitense: si è arruolato volontario nei Marines e ha combattuto nel Pacifico, guadagnando varie medaglie, tra cui una Silver Star (anche se nella Parte II, nel corso dell'audizione al Congresso, Michael la “promuoverà” a Navy Cross) e un Purple Heart, quest'ultimo a indicare che ha combattuto in prima linea rimanendo ferito.
Michael inoltre ha una fidanzata americana, Kay Adams, che partecipa al matrimonio senza sapere delle attività illegali della famiglia di Michael (proprio durante il matrimonio inizia a realizzare la natura del business di famiglia).

Michel è diverso dai fratelli anche nel carattere, in particolare è diametralmente opposto a Sonny; il primogenito di Vito ha il “sangue caldo”, ed è impulsivo, facile all'ira, ma anche un padre amorevole coi propri figli, un figlio devoto ai genitori, un amante focoso con le donne (con cui ha grande successo nonostante sia sposato), un fratello protettivo verso la sorella Connie, un amico fidato e un boss che si preoccupa del benessere dei suoi uomini.
Tanto è caldo il sangue di Sonny, tanto è gelido quello di Michael. A differenza del fratello, Michael è paziente e razionale, lucido e freddo nella realizzazione dei propri piani.

All'inizio del film Michael non è coinvolto negli affari della famiglia, ma questo cambia bruscamente quando Vito subisce un attentato che lo manda in fin di vita; l'attentato è ordito da un trafficante di droga, Sollozzo, protetto dai Tattaglia e (come si scoprirà in seguito) dai Barzini, due famiglie mafiose rivali dei Corleone.
Dopo aver protetto il padre nel suo ricovero all'ospedale, Michael si offre di assassinare Sollozzo e il capitano di polizia che gli fa da bodyguard, anche se ciò causerà una vera e propria guerra di mafia.
Nel doppiaggio italiano purtroppo si perde il particolare che Michael e Sollozzo parlano in italiano mentre il resto del film è in inglese, ma ciò non toglie che la regia di quella scena unita alla recitazione degli attori permetta realmente di sentire la tensione di quell'incontro.
Con questo duplice omicidio Michael – che per sfuggire alle accuse deve rifugiarsi in Sicilia, sotto la protezione di don Tommasino – entra appieno negli affari della famiglia, nonostante il padre e i membri della famiglia immaginassero per lui un futuro in politica, come senatore o governatore.

Negli USA intanto la guerra tra famiglie miete molte vittime da ambo le parti, incluso Sonny, che cade in un agguato mentre raggiungeva la sorella, che era stata malmenata dal marito.
Proprio la morte di Sonny spinge Vito, ripresosi dall'attentato ma ormai indebolito, a richiedere una tregua, grazie alla quale Michael può tornare negli USA (le accuse nei suoi confronti sono cadute, anche grazie ad una campagna stampa che ha svelato i legami del capitano con Sollozzo).
In America Michael rincontra Kay, che sposa e da cui nasce un figlio, chiamato come il nonno. Vito muore, e Michael è a tutti gli effetti nuovo padrino, e come nuovo padrino decide di lasciare New York per trasferirsi nel Nevada, dove la famiglia Corleone ha i suoi interessi nel gioco d'azzardo. Ma prima di lasciare New York, mentre Michael è al battesimo della nipote, regola i suoi conti coi rivali, facendo uccidere i capifamiglia rivali, Moe Greene (personaggio ispirato a Bugsy Siegel per il suo ruolo nel gioco d'azzardo), il cognato Carlo Rizzi e Tessio.

La Parte II del Padrino può essere considerata un esempio da manuale su come dovrebbe essere fatto un sequel: il film infatti riparte dove si era interrotto il precedente, con i Corleone in Nevada, sul lago Tahoe, che sette anni dopo il trasferimento festeggiano la prima comunione del primogenito Anthony Vito.
Le attività a New York sono passate prima alla gestione di Clemenza, il migliore amico del fu Vito, e alla sua morte a Frank Pentangeli, e mentre il primo film si era focalizzato sulla mafia newyorkese, il secondo espande l'universo della trilogia introducendo un nuovo attore, il sindacato ebraico di Hyman Roth (personaggio ispirato a Meyer Lansky) e Johnny Ola, che ottenuta con l'inganno la complicità di Fredo organizzano un attentato contro Michael. Da questo attentato ha origine un ulteriore discesa agli inferi per Michael, perché oltre a dover scongiurare le trame di Roth, che arriverà a essere la mente dietre ad un processo per mafia contro di lui, si troverà a dover reagire al tradimento di Fredo.
Fredo era stato manipolato da Ola, e non sapeva che Roth stesse organizzando un attentato ai suoi danni, tuttavia la decisione di Michael sarà gelida: darà l'ordine di uccidere il fratello.

Perché? A che pro? Oltretutto perché, dopo la morte della madre, ingannare Fredo facendogli credere di essere stato perdonato? Fredo poi era stato ucciso proprio quando – insegnandogli a pescare – aveva legato col nipote Anthony, che nello zio aveva trovato una figura paterna più affettuosa e presente del distante e freddo Michael.
La morte di Fredo rappresenta un secondo punto di non ritorno, perché dopo l'omicidio del fratello Michael perde la sua famiglia affettiva, sia per il divorzio da Kay, stufa delle menzogne del marito, che per l'abisso affettivo che si è creato coi figli.

Mentre le azioni di Michael segnano la netta rottura tra famiglia affettiva e famiglia mafiosa, il film, narrando la storia di Vito Corleone, mostra come la seconda sia derivata quasi spontaneamente dalla prima.
Vito Corleone, nato Andolini, deve fuggire dalla Sicilia all'età di nove anni, perché il boss mafioso del suo paese, don Ciccio, ha sterminato la sua famiglia per uno sgarro del padre, e il piccolo Vito è anch'egli ricercato dal boss. Imbarcato su una nave per gli Stati Uniti, all'arrivo per un errore burocratico il paese di provenienza, Corleone, diventa il suo nuovo cognome.
Cresciuto e diventato adulto, Vito si sposa, ha un figlio e mantiene la famiglia facendo il garzone, finché non si imbatte in Peter Clemenza, colui che diventerà suo migliore amico e braccio destro, che progressivamente lo introduce nel mondo malavitoso di Little Italy.
Vito, assieme a Clemenza e Salvatore Tessio, crea una rivendita di vestiti rubati che gli frutta parecchi soldi, tuttavia subiscono i taglieggiamenti di don Fanucci, il boss del quartiere di Vito che estorce il pizzo ai negozianti grazie ai suoi presunti agganci con la Mano Nera.

Tuttavia Vito si rende conto che in realtà Fanucci non è un vero boss: gira sempre da solo e senza scorta, contrariamente ai boss che ha visto in Sicilia; va personalmente a estorcere il pizzo ai negozianti, anziché delegare il compito a dei picciotti; ci sono nel quartiere dei negozi che non pagano il pizzo a Fanucci e non subiscono conseguenze. Inoltre, in una scena tagliata del film, Vito vede Fanucci venire aggredito da tre ragazzi e ne ucciderne uno, mentre dagli altri due – dopo la colluttazione – accetta un compenso in denaro perché vengano risparmiati.
Tutte queste cose convincono Vito che Fanucci non è un vero boss, ma un delinquente isolato che millanta legami con la Mano Nera per parassitare sui commercianti di Little Italy, e che quindi può ucciderlo senza che ci siano conseguenze.
Così Fanucci viene ucciso da Vito davanti a casa sua, mentre all'esterno è in corso la festa di San Rocco. Morto Fanucci, Vito prende il suo posto come boss del quartiere, con Clemenza e Tessio al suo fianco. Vito torna anche in Sicilia, dove assieme a Tommasino uccide don Cicco, vendicando la sua famiglia.

Il secondo film si conclude con un flashback di Michael, che seduto davanti al lago Tahoe ricorda la festa per i 50 anni del padre, che si tenne lo stesso giorno dell'attacco giapponese a Pearl Harbour, e di come in quell'occasione avesse annunciato, tra lo stupore dei fratelli, la sua decisione di arruolarsi volontario nei Marines.

Il terzo film riparte proprio dalla villa sul lago Tahoe, che a distanza di anni ci viene mostrata vuota e abbandonata. Michael infatti è tornato a New York, abbandonando gran parte delle attività nel gioco d'azzardo per cercare di ripulire il nome della famiglia con una fondazione benefica intitolata al padre Vito, anche se ha parzialmente perso i contatti coi figli.
Proprio gli sforzi di Michael per ripulire la famiglia e liberarsi dei business illegali sono al centro del film: Michael vuole entrare nell'Internazionale Immobiliare, il più grande padrone di case al mondo, che è però controllato dalla Chiesa, in particolare dall'arcivescovo Gilday, personaggio chiaramente ispirato all'arcivescovo Paul Marcinkus, che gestisce la banca Vaticana assieme al banchiere svizzero Frederick Keinszig (ispirato a Roberto Calvi).
Gilday e Keinsizig, e il loro alleato Licio Lucchesi, potente politico italiano ispirato alle figure di Licio Gelli e Giulio Andreotti, sono contrari all'ingresso di Michael Corleone nell'Internazionale Immobiliare, ma al tempo stesso hanno disperatamente bisogno dei suoi soldi per coprire i buchi di bilancio della Banca Vaticana.

Così decidono di allearsi con don Altobello, apparentemente un alleato di Corleone che però ambisce a prenderne il posto alla guida della Cupola mafiosa, per eliminare Michael e far saltare l'affare con la sua morte, per poi sottrarre i soldi che Micheal aveva versato per l'accordo.
Tuttavia l'attentato, che avviene ad Atlantic City durante una riunione dei boss, non riesce ad uccidere Michael, che si salva grazie al nipote Vincent Mancini.
Vincent Mancini è un figlio illegittimo di Sonny Corleone, ed è la fotocopia del padre: irascibile e violento, ma anche carismatico e di grande successo con le donne, e in fondo di buon cuore.
Anche Anthony, il figlio di Michael, è la fotocopia di suo padre, e come suo padre da giovane non vuole avere nulla a che fare con la famiglia mafiosa, perché vuole seguire il suo sogno di diventare cantante d'opera.
Così Michael, sempre più anziano e malato, è costretto a lasciare sempre più poteri a Vincent, che in breve diventa suo braccio destro ed erede designato alla guida della famiglia mafiosa.

L'ascesa di Vincent ricalca quella di Michael e Vito: come Michael aveva ucciso Sollozzo mentre il padre era malato e in ospedale, Vincent uccide Joey Zasa (responsabile dell'assalto con l'elicottero assieme a don Altobello) mentre lo zio è in ospedale per il diabete; inoltre, l'omicidio di Zasa avviene con modalità simili a quelle con cui Vito aveva ucciso Fanucci, ossia a Little Italy durante la festa di San Rocco. Ma i tempi sono cambiati, e mentre Vito aveva ucciso Fanucci di nascosto, lontano da occhi indiscreti, premurandosi di silenziare la pistola, Vincent e i suoi uomini uccidono Zasa alla luce del sole, sotto gli occhi della gente.
Ormai la Mafia è talmente potente da non aver più bisogno di nascondersi.

Michael, ripresosi dal diabete, va in Sicilia per assistere alla prima dell'opera in cui recita il figlio, Cavalleria Rusticana di Mascagni, e trova un alleato contro Gilgay nel cardinale Lamberto, l'arcivescovo di Palermo, un uomo pio e onesto a cui il boss accetta di confessare i propri peccati.
Nel frattempo, papa Paolo VI muore, e Lamberto viene eletto papa col nome di Giovanni Paolo I; come nuovo papa Lamberto dà il via libera all'ingresso dei Corleone nell'Internazionale Immobiliare, ma spaventati dalle riforme del pontefice, Gilday, Keinsizig, Lucchesi e don Altobello passano all'azione: uccideranno sia il papa che Michael la sera della prima. Il papa con un tè avvelenato, Michael invece sarà ucciso a teatro da un sicario assoldato da Altobello.
Vincent, che nel frattempo ha ricevuto dallo zio la guida della famiglia mafiosa, organizza le contromosse, e mentre Gilday serve il tè al papa e il sicario di Altobello si muove nel teatro, Altobello viene avvelenato con dei cannoli, Lucchesi viene assassinato nel suo studio, Keinsizig viene individuato nel suo nascondiglio e impiccato sotto ad un ponte, e Neri – principale sicario dei Corleone – è in viaggio per Roma, dove ucciderà Gilday, ma purtroppo non farà in tempo a salvare il papa.

Il sicario di Altobello non riesce a uccidere Michael dentro al teatro, e tenta di ucciderlo mentre esce. Ma non solo fallisce, ma per sbaglio colpisce Mary, la figlia di Michael, che muore nella disperazione dei genitori.
La saga del Padrino finisce quindi con Michael, solo nella sua tenuta siciliana, che muore anziano tra i rimpianti e i sensi di colpa. Francis Ford Coppola disse in una intervista che era in lavorazione un quarto capitolo, del quale sarebbe stato protagonista Vincent, che avrebbe mostrato quest'ultimo introdurre i Corleone nel traffico della droga e trasformare la famiglia mafiosa in un vero e proprio cartello, con Vincent che sarebbe morto in modalità simili a quelle in cui morì Pablo Escobar, ma che poi la morte di Mario Puzo causò l'annullamento del progetto.
Non credo però che fosse necessario un ulteriore seguito; in primis perché è già implicito nel terzo film che con Vincent la famiglia mafiosa andrà incontro alla sua fine, e poi perché il terzo film conclude la saga nel modo migliore possibile.
Il terzo film è stato molto criticato come la pecora nera della saga, e ho visto recensioni dire che i titoli di coda della Parte II valgono più di tutta la Parte III; da una parte queste recensioni sono comprensibili: la Parte III usciva quando la saga del Padrino era già diventata leggendaria, ed era l'attesissima conclusione – a sedici anni di distanza dalla Parte II – della saga basata sui romanzi di Puzo. Già questo caricava il film di aspettative.
Però credo che il film, al netto di alcune imperfezioni, sia una degnissima conclusione alla saga: chi deve morire muore, il testimone della famiglia mafiosa è passato a Vincent che la porterà alla distruzione, la morte di Mary e la carriera artistica di Anthony segnano l'ennesima rottura della famiglia affettiva rispetto a quella mafiosa.
Sicuramente nel terzo film ci sono cose da criticare, come la scelta di Sofia Coppola per il ruolo di Mary, anche se c'è l'attenuante del fatto che fu una scelta dell'ultimo minuto per sostituire Winona Ryder, che dovette abbandonare il set per problemi di salute.

Volevo poi includere in questa recensione un quarto film, che pur non facendo parte della saga ho comunque voluto inserire perché collegato ad essa, ossia Il boss e la matricola, uscito nel 1990 (lo stesso anno in cui è uscita la Parte III della saga di Coppola).
Il film è una commedia che ha per protagonista Clark Kellogg, ragazzo del Vermont venuto a New York per studiare cinema; al suo arrivo gli rubano i bagagli, e quando ritrova per caso il ladro questo gli dice che i soldi se li è giocati ai cavalli, ma che può indirizzarlo ad un lavoro grazie al quale può riguadagnarli. Così incontra Carmine Sabatini, boss della malavita newyorkese interpretato da Marlon Brando, che è la fotocopia di Vito Corleone, che offre a Clark cinquecento dollari per portare un pacco ad un indirizzo che gli dirà lui.
Il pacco si rivelerà essere un varano di comodo, che dovrà essere cucinato in una cena gourmet per miliardari dove sono serviti animali in via di estinzione.
Il film è carino, e oltre alla presenza di Marlon Brando che interpreta una parodia di Vito Corleone ho voluto anche inserirlo per i numerosi riferimenti e citazioni al Padrino che sono presenti nel film (vediamo anche dei pezzi della Parte II proiettati nella classe di Clark), che rendono bene l'idea di come già prima della conclusione la saga di Coppola fosse diventata un fenomeno popolare, studiato nelle scuole di cinema e citato nella vita di tutti i giorni.

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Aggiungiamo le ucronie del Marziano dedicate a Raffaele Cutolo:

a) Cutolo "pentito".
In tanti anni ormai, Cutolo, diversamente dalla sorella, non ha mai collaborato con i magistrati. Almeno non lo ha fatto ufficialmente e pubblicamente. E se lo facesse? Se, non solo "vuotasse il sacco", ma se ciò (la sua collaborazione, ovviamente non necessariamente tutti e singoli i contenuti della stessa) fosse un fatto pubblico e ufficiale? Quale terremoto si potrebbe scatenare?

b) Cutolo "dissociato".
Forse non tutti sanno che Cutolo ha scelto come confessore il più celebre dei vescovi anti-mafia della Campania: Monsignor Antonio Riboldi, già vescovo di Acerra (1923-2017). Per anni Mons. Riboldi chiese e cercò di far applicare anche al mondo della criminalità organizzata la legge sui "dissociati", ovvero che ci si possa "pentire" e collaborare, senza dover necessariamente denunciare i propri ex-complici. Cutolo, su consiglio del confessore, ha già fatto diverse volte trovare arsenali e refurtive. La legge in materia non è mai passata. E se fosse passata? Cosa sarebbe accaduto?

c) Cutolo gravemente ferito durante la fuga da Aversa.
Cutolo evade da Aversa, mitra in pugno. E se il mitra è difettoso e scoppia? Cosa succede con un Cutolo che rimane gravemente ferito, magari resta pure invalido proprio quando è ancora quasi agli inizi? Niente NCO?

d) Il sindaco del Rione Sanità fa da paciere/ mediatore tra NCO e NF.
Ricordate il lavoro di Eduardo De Filippo "IL Sindaco del Rione Sanità"? Come narrava Eduardo, la figura del "Sindaco" Don Antonio Barracano era liberamente ispirata ad un personaggio realmente esistito. Nell'opera teatrale è un vecchio camorrista, per certi versi simile al Padrino di Mario Puzo. Vicende simili, struttura simile, etc. A modo suo, con la collaborazione di un "consigliori" medico, che tiene sotto ricatto, perchè ha le prove di non si dice quale azione cattiva tale medico avrebbe commesso, amministra la "giustizia". Tiene a freno la criminalità spicciola, trova lavoro, libera dal morso dell'usura le persone che si rivolgono a lui, etc. Muore ucciso da un fornaio, cui aveva cercato di far fare pace con il figlio, cacciato di casa per far posto ad una concubina tedesca. Per evitare che la sua morte scateni una guerra di camorra, cerca, con l'aiuto del medico, cui finalmente ha consegnato le prove di quell'azione malvagia con le quali lo ricattava, di far sembrare il tutto una morte per cause naturali. Sarà proprio il medico che invece la farà coscientemente scoppiare, tale guerra. E questo è Eduardo. Mettiamo che Don Antonio Barracano si sia salvato dalla coltellata del fornaio. Si è ritirato, ma è ancora una figura rispettata. Come sente notizia della Guerra tra NCO e NF, manda a chiamare entrambe le parti. Come evolve la situazione?

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A questo punto, Alberto di Lorenzo ci ha domandato:

Voi che ne pensate del mostro di Firenze? E di Pietro Pacciani?

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Gli ha risposto Andrea Villa:

Ti do la mia sincera opinione da giurista sull'intera faccenda del mostro. Anticipo che, essendo molto giovane, credo di vivere nella fortuna di non aver dovuto sottostare a quella fontana di ansia e terrore calcolato che all'epoca la macchina del fango mediatica, teoricamente indirizzata a fare informazione, generò nell'opinone pubblica per proprio tornaconto. Ciò, naturalmente, non sta a significare che ritenga il giudizio di tutti i più stagionati annacquato. Ritengo altresì che l'impatto emotivo della vicenda possa notevolmente incidere sul giudizio dei singoli, spingendoli verso una decisione passionale, di conseguenza necessariamente poco accurata. Rivelo inoltre di aver studiato a lungo la vicenda giuridica, insieme ad altre di grande rilevanza pubblica (il caso Tortora, come quello del Circeo, tanto per fare due esempi), perché ritengo che siano strumentali alla comprensione del funzionamento del Paese reale in questo preciso ambito, a maggior ragione per uno studente di legge.

Preposta la doverosa premessa, sento di poter dare la mia opinione sull'andamento della vicenda giuridica (che è anche l'unica sulla quale disponiamo di dati certi, senza doverci abbandonare a sconclusionate dietrologie). Sappiamo che dal principio la magistratura brancolava (e, aggiungo, per tutta la durata del processo ha brancolato) nel buio, tanto da indurre dapprima a battere piste improbabili (famosa è rimasta quella sarda, ma ce ne furono altre similmente fumose) e poi, caso fino ad allora inedito in Italia, alla costruzione di una squadra speciale per la cattura del supposto mostro; si arrivò cioè, si badi bene, a sottrarre preziose energie e risorse limitate della polizia giudiziaria allo scopo di inseguire un fantasma sul quale non si aveva nessuna informazione certa. In pratica, la decisione meno razionale possibile; e questo senza aggiungere le modalità stesse della "caccia", condotta con la stessa maestria di chi, volendo abbattere un cinghiale nel bosco, si fosse messo a gridare alla bestia di avvicinarglisi cosicché potesse sparargli (ricordo tragicomico: guardate qui...).

Arriviamo dunque al coinvolgimento del Pacciani, e, soprattutto, del pubblico ministero Canessa nella vicenda. Se le indagini erano, fino a quel punto, state condotte con colpevole ingenuità, con Canessa esse diventarono manifestamente dirette alla creazione di un bersaglio da appendere alla schiena di un individuo che era stato incarcerato per via cautelare sulla base di prove circostanziali, se non artefatte (tutti ricorderanno i famosi bossoli sepolti nel giardino del Pacciani, di cui lui spergiurerà sempre di non sapere niente). A distanza di così tanto tempo, è difficile dire quanto di vero ci fosse nella difesa di P., ovvero nelle accuse di C.; resta lampante agli occhi del giurista, tuttavia, come il pubblico ministero Canessa abbia abusato dei suoi poteri allo scopo di dare in pasto ai giornali qualcuno cui addossare tutta le paure di quei lunghi anni. Vi invito ad ascoltare le registrazioni del processo, contando quante delle domande che C. rivolge a P. siano direttamente connesse ai reati per cui è imputato (ovverosia la commissione di sedici omicidi), e quante invece siano volte al generico intento di farlo sfigurare non già dinnanzi alla corte, ma di fronte alla famiglia, agli amici e al Paese intero, e questo in qualità di decerebrato, deficiente, depravato, etc.

Spero che a questo punto, nel silenzio del diritto, possa trovare spazio una mia personale valutazione umana della faccenda. Ai miei occhi è tanto chiaro che il Pacciani e i suoi amici fossero figure orrende e deplorevoli, quanto scientemente imbecilli. Come si può ragionevolmente credere che una tale banda di cretini, composta da sonnacchiosi, viziati di mente e ubriachi (e chi non ricorda l'inno al duce del compagno di merende?) sia capace di portare a compimento sedici omicidi a distanza di anni senza che nessuno dei circostanti noti nulla o le forze dell'ordine riescano a risalire loro per via di prove direttamente connesse agli stessi? Alcuni menzioneranno altre prove circostanziali, come il diario dei tedeschi ritrovati nei possedimenti di P., o l'auto di uno degli amici ritrovata a poca distanza da uno dei luoghi del misfatto. Ma ricordiamoci che la banda viveva in prossimità dei luoghi degli eventi, ed era attiva a tarda notte, dedicandosi perlopiù ad attività ricreative di natura sessuale; a mio parere, è più logico concludere che i buzzurri abbiano rinvenuto qualche reperto connesso agli omicidi senza ben capire di cosa si stessero impicciando, così come il ritrovarsi in un posto siffatto per coincidenza. Ricordiamo che, dati alla mano, gli assassini seriali sono solitamente individui improbabili, la cui intelligenza supera la media e la cui posizione sociale facoltizza, se non rende impossibile, la commissione di fatti di sangue. Concludere che l'elefante appena uscito da una cristalleria abbia disintegrato tutti i preziosi contenuti all'interno è la risoluzione più scontata, ma non la più ragionevole: l'osservatore attento non esclude che anche un topolino, sfuggito alla vista dei più, può essere l'autore del misfatto.

Chiudo con una valutazione complessiva della vicenda. Alle mie orecchie, questa storia, come tante altre simili, è sempre suonata storta. Attenzione: sia perché un gruppo di individui è stato perseguito di reati che ragionevolmente non poteva avere commesso sulla base di prove circostanziali, sia perché un individuo acclaratamente responsabile di ripetuti maltrattamenti familiari è morto innocente. Ahimè, bisogna riconoscere che le cacce alle streghe non sono finite, ma si sono semplicemente trasmutate: ora le fanno i giornali, ai danni del primo disgraziato che passa per strada. Ancora più tragico diventa notare come i tribunali si pieghino per effetto della pressione sociale, dando origine a storture nell'andamento dello Stato di diritto che una comunità civile nom dovrebbe tollerare, anziché incoraggiare. Siccome siamo ucronisti, consentitemi una variazione allostorica: sono ragionevolmente convinto che se i giornalisti non si fossero messi di mezzo, l'ordinamento avrebbe lavorato con maggiore efficienza, senza la necessità di inquinare le acque. Non dico che il mostro di Firenze, quello vero, sarebbe stato trovato (tale conclusione mi sembra irragionevole, dato che non abbiamo uno straccio di indizio da cui iniziare, al di fuori delle identità delle vittime e delle modalità di esecuzione di queste); però certamente il giudice sarebbe stato in grado di attribuire la corretta pena a P. e ai compagni di merende, senza perdersi per la strada delle supposizioni, tanto infondate quanto finite. E così, forse, un po' di giustizia, almeno per i poveretti e le poverette che avevano davvero incrociato il cammino della banda, sarebbe stata fatta.

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Ed ecco il parere in merito di Federico Sangalli:

Personalmente sono sempre stato convinto che Pacciani e complici fossero colpevoli. L'isteria collettiva alimentata dalla stampa e dai media ha senza dubbio avuto lo sgradevole effetto di inquinare il dibattito sulla vicenda ma penso che questo inquinamento sia stato a tutto campo, nel senso che ha creato uno stuolo di commentatori “innocentisti” decisi a mettere in dubbio la colpevolezza di Pacciani perché irritati da atmosfera mediatica e giudiziaria considerata volgare e persecutoria (una cosa tipica dell'Italia, dove ogni processo rilevante vede immancabilmente partire il fuoco di fila di chi sostiene che la magistratura abbia manie giustizialiste e che debba essere depotenziata e via dicendo) oppure per il semplice desiderio di rivangare morbosamente storie truculente su cui basare teorie cospirazioniste (come quella sui fantomatici mandanti). Ho visionato il processo in questione, spesso commentato da osservatori poco teneri con la tesi accusatoria (se non apertamente avversi), ma non ho mai davvero sentito contro-esami convincenti che smontino o smentiscano le prove e le testimonianze presentate contro Pacciani e la sua banda e francamente la tesi del “Canessa è stato un cattivo PM dunque Pacciani era innocente” non mi ha mai convinto, senza contare che il processo è durato anni, abbastanza da sbollire ogni passione temporanea, e ha coinvolto diversi giudici e pubblici ministeri. Anche le testimonianze e le prove addotte per dimostrare il carattere violento, perverso e disgustoso degli imputati, ritenute da alcuni delle inutili volgarità adoperate dalla pubblica accusa per infangare Pacciani e assecondare una deriva mediatica persecutoria, hanno perfettamente senso in un'aula di giustizia. È quella che in America definiscono “prova per attestare la credibilità del teste”. Pacciani e i suoi complici recitarono per tutto il processo la parte dei poveri vecchi, svampiti, confusi, dei sempliciotti miti, espressione di una Italia rurale spaesata davanti ai riflettori e ai duetti in punta di diritto. Dal momento che, al netto del caso del Mostro di Firenze, sappiamo per certo che costoro erano tutto meno che degli innocui vecchietti (al punto che Pacciani era già stato riconosciuto colpevole di omicidio, aggressione e di numerosi stupri incestuosi) appare evidente come gli imputati, non potendo ovviamente fingere di essere colti geometri nascondendo il loro carattere illetterato e volgare, cercarono di calcare questi ultimi tratti fino alla caricatura, nella speranza di essere giudicati dei poveri idioti. In questo contesto la strategia adottata dalla pubblica accusa non appare volta a dipingere un mostro ma a una precisa funzione coerente con i suoi obblighi, cioè smentire la strategia della difesa tesa evidentemente (ma è nel suo pieno diritto, sia chiaro) a ingannare il collegio giudicante circa il carattere degli imputati. La natura seriale del crimine inoltre rende plausibile il ricorso a precedenti che possano illustrare la serialità dei reati commessi. Che questa strategia sia stata poi amplificata e distorta dai media è orribile ma questo non inficia l'impianto accusatorio.

Oltre all'ostilità per la campagna mediatica, l'altro grande argomento usato è proprio quello caratteriale. Si sostiene insomma che Pacciani & Co. fossero sì violenti e perversi ma troppo stupidi, ignoranti, volgari e mentecatti per poter compiere ripetutamente dei crimini così efferati e farla franca. Anche qua non vedo però una seria argomentazione a favore della loro innocenza. I serial killer non sono tutti come American Psyco. Una certa letteratura e la spettacolarizzazione mediatica hanno costruito l'immagine del serial killer come di uno psicopatico, cioè di una persona apparentemente normale, capace di integrarsi nella società magari fino a ricoprire qualche ruolo di spicco ma che poi commette brutali delitti dietro la maschera del “pilastro della società”. Non che non esistano esempi di serial killer psicopatici: Jack lo Squartatore, Zodiac, Ted Bundy, “Killer Clown”, Jeffrey Dahmer, lo Strangolatore di Boston, i vari infermieri killer,… la storia è piena di assassini seriali che uccidono metodicamente e con freddezza e lucidità. Ma non ho citato questi nomi a caso perché ciascuno di essi è famoso e ben noto. E sono famosi perché i media, come tutti noi, sono naturalmente più attratti dal killer raffinato, che sotto mentite spoglie potrebbe essere una persona qualunque, rispetto al violento abituale. Tutte queste persone hanno fior fiore di film e serie tv su di loro e sono divenuti iconici, mentre il fascino del Mostro di Firenze è crollato con Pacciani, oggi non a caso ridotto a macchietta e soggetto di meme. Stupratori e assassini di scarsa estrazione sociale e poco raffinati sono spesso molto più comuni, solo che fanno meno notizia perché considerati più “banali” e “normali”. Si obietta allora che persone con possibilità così ridotte come Pacciani e i suoi amici non potevano compiere questi delitti senza che nessuno se ne accorgesse. Ma è qua che si sbaglia, perché fu proprio la natura degli imputati a coprirli per così tanto tempo: tutti sapevano che Pacciani era un violento, che aveva ammazzato un uomo, era finito in carcere, era uscito e ne aveva quasi ucciso un altro, che teneva la famiglia segregata e sottoposta a sevizie di vario genere (anche se voglio sperare che le più orrende non fossero note), che passava il suo tempo con una banda di pochi di buono come lui a compiere scorrerie, che andava a prostitute e faceva il guardone. Era un uomo che teneva letteralmente delle foto pornografiche di sé stesso e delle figlie appese in giro per casa, difficile credere che nessuno sapesse nulla. Non trovo per niente assurdo che i suoi compaesani, in un contesto gia di per sé chiuso e omertoso come può essere quello del piccolo paesino di contadini, volessero saperne il meno possibile delle sue attività. Né mi sorprende che sua moglie e le sue due figlie, tutte e tre vittime di stupro, non fossero così ansiose di indagare su cosa facesse nelle nottate in cui si assentava.

La variante principale di “Pacciani era un buzzurro e si sa che i serial killer devono essere telegenici e donare alla parrocchia del quartiere” è che gli imputati abbiano sì commesso i delitti ma dietro ordine di misteriosi mandanti, qualcuno di più intelligente che per ragioni ignote (si parla di satanismo, di ricchi feticisti, di commercio di organi) ha organizzato e ordinato gli omicidi restando nell'ombra, per poi incastrare i “compagni di merende”. Qua già si denota il pregiudizio sociale di chi argomenta non perché pensa che Pacciani sia innocente ma perché lo ritiene esponente di una classe di minorati intellettuali incapaci di agire senza la regia di un genio delle classi superiori. La prova più citata a carico di questa teoria sono le grandi somme di denaro rinvenute sul conto di Pacciani, ritenute troppo consistenti per un contadino. Ma ascoltando le testimonianze sulla sua vita (in questo caso dunque grazie a Canessa che ce le ha fatte ascoltare) emerge un quadro abbastanza chiaro della vita di Pacciani. Parliamo di un contadino che, salvo per i periodi in carcere, ha lavorato dal 1945 al 1987 (cioè per quasi quattro decenni) in varie occupazioni di basso livello ma quasi sempre in nero (data l'epoca non mi sorprende), un uomo considerato da tutti uni spilorcio, che viveva facendo sempre le stesse attività e mangiando sempre le stesse cose, che non faceva vacanze, non si comprava macchine, di certo non spendeva soldi per i suoi familiari e in buona sostanza non aveva attività di svago oltre alle scorrerie criminali con i suoi amici. Ritengo plausibile che Pacciani abbia semplicemente accumulato quei soldi accumulandoli in decenni di lavoro ma senza usarli mai perché le sue più grandi ambizioni non andavano oltre bere vinaccio al bar del paese e che questi guadagni siano rimasti in buona parte non segnati perché avvenuti in nero. Se fossero frutto di un cospicuo pagamento per compiere gli omicidi sarebbero comunque registrati i versanti sul conto all'indomani dei delitti e salterebbero agli occhi dopo anni di relativa inattività. Se poi ci fosse davvero questa geniale regia vogliamo davvero credere che questo brillante mandante, individuo od organizzazione che sia, abbia ordito il tutto per poi lasciare che i suoi soldi fossero messi lì in bella vista nel posto più ovvio dove cercarli, cioè i conto dei “compagni di merende”? E vogliamo davvero credere che un mandante si sarebbe affidato per un compito così delicato a gente come Pacciani, che chiaramente davano ben poche garanzie di professionalità e anzi sono sempre apparsi come dei monumenti di inaffidabilità? Ritengo possa essere plausibile che qualche “compagno” secondario della banda sia rimasto fuori dalle indagini e penso sia quasi certo che tante persone in silenzio sapevano dei crimini di Pacciani, tutti o in parte, e non li abbia denunciati ma francamente quella dei mandanti mi sembra una lista troppo debole per essere considerata qualcosa di più che pura speculazione.

C'è anche il fatto, giudicato all'epoca particolarmente indicativo, che i delitti si interruppero dopo il 1985, cioè poco prima dell'arresto di Pacciani per stupro ai danni delle due figlie, reato per cui fu condannato nel 1987. Qualcuno ha provato a suggerire che un serial killer astuto avrebbe potuto sospendere gli omicidi in modo da lasciar ricadere la colpa su Pacciani ma appare poco credibile perché il Vampa non fu arrestato con questa ipotesi di reato ma appunto per lo stupro e non sarebbe stato preso in considerazione per il Mostro di Firenze fino ai primi Anni Novanta. Appare dunque più plausibile che gli omicidi siano stati commessi dagli imputati e che, venuta meno la forza propulsiva rappresentata dalla leadership di Pacciani, questi si siano interrotti.

Infine, due parole sul presunto collegamento tra Pacciani e Zodiac. Zodiac è un serial killer che uccise un numero imprecisato (cinque accertate, 49 sospettate, lui ha affermato di essersi macchiato di 37 omicidi) di vittime tra la fine degli Anni Sessanta e la prima metà degli Anni Settanta. Fu associato a Pacciani perché le vittime accertate furono scelte soprattutto tra le giovani coppiette che si appartavano in intimità, come per il Mostro di Firenze. A differenza di Pacciani però, Zodiac ha sempre dimostrato molta più freddezza, metodo e intelligenza. Ha ucciso le sue vittime sparandogli e non ha infierito sui corpi con mutilazioni o sfregi. Ha deriso apertamente la polizia scrivendo lettere crittografate con codici di sua invenzione, così avanzati che a oggi alcuni di essi rimangono intraducibili nonostante l'impiego dei migliori crittografi della polizia federale statunitense. In una di esse ha scritto “Il mio nome è ______”, con il nominativo scritto con un altro codice, a oggi tra quelli ancora non tradotti. In alcune occasioni ha persino telefonato. Insomma, una persona sicuramente intelligente, che uccideva con un'arma da fuoco e che amava cercare l'attenzione delle autorità, a costo di sfidarle apertamente. A differenza del Mostro di Firenze inoltre Zodiac ha lasciato due superstiti dei suoi attacchi, vittime ferite e lasciate per morte. Il caso resta tutt'ora aperto. Tuttavia, è opinione dei detective che seguirono il caso che il colpevole più probabile sia un uomo di nome Arthur Leigh Allen, un insegnante che arrivò all'attenzione della polizia dopo che nel 1971 un amico affermò di averlo sentito fantasticare dei delitti e di usare il nome Zodiac (da una marca di orologi californiana) prima che questi avvenissero. Allen fu interrogato dalla polizia e i detective affermano che rispose sempre in modo provocatorio e spesso allusivo, come se giocasse con loro, ma non emersero che deboli collegamenti indiziari e fu rilasciato. Gli omicidi però si arrestarono (un'altra cosa che depone a favore dell'immagine di Zodiac come di un serial killer freddo e metodico, che uccide perché sociopatico ma non mosso da istinti folli, in grado insomma di smettere di uccidere quando lo desiderava). Zodiac continuò a scrivere alla polizia per deridere le loro infruttuose ricerche ma le comunicazioni si interruppero nel 1974, lo stesso anno in cui Allen fu arrestato e condannato per molestie sessuali a un minorenne. Nel 1992 il caso di riaperto, la sua foto inclusa in quelle a sottoporre a un confronto e fu riconosciuto da una delle vittime sopravvissute come il killer. Ma Allen era morto pochi mesi prima e, senza un controesame del teste o un interrogatorio dell'imputato, la testimonianza, comunque non confermata e corroborata solo da prove circostanziali, non è mai stata ritenuta valida. Pertanto il caso Zodiac resta a oggi insoluto.

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feder però non si mostra d'accordo:

Prima di entrare nel nocciolo della discussione, consentitemi una doverosa promessa: si è discusso di mere opinioni sul carattere umano dell'individuo, in base alle quali si è reputato di discernere la colpevolezza di Pacciani in merito agli otto duplici omicidi che la vulgata è solita ricondurre al mostro di Firenze. Inutile sottolineare come questa modalità, seppur moralmente comprensibile, non trovi il benché minimo spazio di residenza in un'aula di tribunale: i giudici compiono valutazioni oggettive, e non soggettive. Di certo, mi è parso di notare la solita divisione fra chi, in questo gruppo, non coglie questa sottigliezza, e tende a deformare il ruolo e lo scopo della magistratura sotto una lente ideologica. L'ordinamento di cui i Padri costituenti hanno deciso di dotare questa nostra nazione, infatti, non esiste al fine di identificare i colpevoli, bensì allo scopo di acclarare la responsabilità civile, amministrativa o penale degli imputati. È un gran peccato che si difetti di conoscenza giuridica sulle basi del discorso, perché ciò, per mia visione, preclude di osservare i fatti in maniera imparziale.

Analizziamo ora le prove in base alle quali una parte dell'opinione pubblica è ancora ben convinta che in Pacciani è da ricercarsi l'identità del mostro di Firenze, senza dimenticare che ciascuna di questa ha esclusivamente valore indiziario (vale a dire: non esistono testimonianze o materiale che inchiodino direttamente P. alla commissione di questi fatti per cui fu imputato). Per utilità di chi legge, separerò il corpo del testo in diversi paragrafi, rimandando gli interessati all'arringa condotta dal pubblico ministero Pietro Tony nel corso del secondo processo a P. per maggiori informazioni. Buona lettura.

Il proiettile ritrovato nell'orto di Pacciani nel corso delle indagini
È ormai pacifico, per tutti gli interessati alla vicenda, che tale prova maestra fu artefatta. Lo dimostra una volta per tutte una recente perizia balistica, commissionata dalla procura di Firenze nel contesto della nuova inchiesta a carico di alcuni individui collegati a vario titolo alla vita di P., tali Vigilanti e Caccamo, ormai quasi nonuagenari. Secondo il tecnico, i segni sulla pallottola trovata nell'orto di P., nell'ispezione dell'aprile del 1992 non sarebbero stati impressi dall'inserimento di quel bossolo nella camera della pistola ‘Pietro Beretta' adoperata dal mostro di Firenze, ma sarebbero prodotti in altro modo. Si badi bene, in questa sede, che quei segni erano l'unico collegamento alla famigerata calibro 22 che armava la mano del supposto assassino, l'unico elemento che collegava su basi solide P. alla vicenda. Ed equivalente fu la valutazione del tribunale due decenni fa, quand'essa si rivelò, nell'opinione dei giudici, insufficiente a ritenere P. responsabile per la commissione dei sedici omicidi, tanto da condurre alla sua assoluzione.

Gli oggetti appartenuti a Pacciani, rinvenuti nella perquisizione delle proprietà di questo
Nelle abitazioni furono sequestrati diverse armi, bossoli, cartucce e arnesi atti a uccidere, verosimilmente cimeli di guerra gli uni, e adoperati per la caccia gli altri. All'epoca dei fatti, il P. aveva già scontato periodi di detenzione per il possesso di alcune bocche da fuoco che, seppur non dichiarate, non furono mai ricondotte agli omicidi; tutti gli interpellati ritennero invece che si trattasse di residui dell'epoca in cui il P. si improvvisò partigiano o del periodo in cui questi fu arruolato nel servizio militare obbligatorio. Personalmente sono incline a credervi, dato che ho conosciuto molti vecchietti abituati a tenere in casa i propri trofei, e anche se non sono un fanatico della caccia, il fatto di dedicarsi a tale attività non basta certamente a essere reputato idoneo alla commissione dei sedici omicidi.
Oltre a queste, furono rinvenute diversi esemplari di corrispondenza privata, disegni di piante, animali e persone, una mappa e ritagli di giornale, opuscoli inneggianti al comunismo, fogli che riportavano le ricette per riti magici e artefatti che furono interpretati come aiuto tal fine, tra cui una supposta tavola uigia, e infine riviste pornografiche, contenenti delle donne nude (scandalo dell'Italia borghese!). Questi sono elementi che denotano il profilo di una persona estremamente passionale e dagli interessi variegati, ma ancora, non sufficienti a condannare l'imputato per la commissione dei sedici omicidi.

Gli oggetti suppostamente appartenuti alle vittime, rinvenuti nella perquisizione delle proprietà di Pacciani
Capitolo a parte, stante che di questi si sa veramente poco e niente. Mi sembra che in questo contesto la prova maestra dovrebbe essere il c.d. 'quaderno dei tedeschi', vale a dire un modello di blocco note astrattamente compatibile ad essere appartenuto alla coppia di tedeschi assassinati nel proprio furgone. Tralasciando la tragicommedia relativa a questo ritrovamento (vi ricordate la deposizione del PM che, ritrovata una copia della rivista "Golden Gay" sul luogo, accusava il mostro di aver volutamente lasciato il giornaletto lì allo scopo di screditare le vittime come omosessuali?), non mi sembra ragionevole collegare una persona all'omicidio di due altri per il semplice possesso di un oggetto che condivide la provenienza con questi ultimi. A maggior ragione, se valutiamo l'occorrenza per la quale P. stesso si improvvisava artista, realizzando schizzi e financo dipinti; non sembra illogico, insomma, che egli detenesse un quaderno da disegno per proprio interesse.

Le grandi cifre di denaro nel conto di Pacciani, la vicinanza agli eventi e le connessioni esoteriche di quest'ultimo
Queste sono tre accuse così sciocche che ho preferito metterle insieme, per fare prima. Innanzitutto: non è affatto strano che un individuo avaro e senza prospettive, che lavori uno o più mestieri umili per tutta la vita, possa accumulare una discreta fortuna. Quando morì mio nonno, la famiglia di mio padre si scoprì molto più ricca di quanto si pensava, dato che quest'ultimo possedeva una grande casa in campagna, nonché un discreto numero di poderi e campi coltivati. Mio nonno era analfabeta, eppure, lavorando sodo in Italia e in Germania, era riuscito a mettere da parte un buon gruzzolo. Se aggiungiamo a questo il fatto che P. aveva messo al lavoro le figlie fin dalla più tenera età, e che sia lui, sia la moglie, percepivano ciascuno una cospicua pensione dall'INPS perché considerati nullatenenti, si capisce da dove derivasse la relativa ricchezza di P.

C'è che dice che risulterebbe sospetta la vicinanza di P. e della banda ai luoghi di commissione dei delitti. Ma c'è una spiegazione molto semplice: ci vivevano! Perché non indagare sulla base della stessa accusa l'intera popolazione della provincia di Firenze? Mi perdonerete, ma l'ultima volta che ho dato l'esame di diritto penale, non ricordo di aver letto da nessuna parte nel codice di circostanze aggravanti residenziali. E del resto, in uno Stato di diritto, sarebbe ridicolo se fosse così. Quando la magistratura, in quella specie di pomposa quanto indelicata e inutile manovra sovietica, indagò a campione tutti i lavoratori del settore edilizio del bergamasco allo scopo di ritrovare qualche traccia dell'assassino di Yara Gambirasio, non solo non si trovò nulla (notizia allarmante: è molto sciocco per un omicida essere domiciliato nel luogo di commissione del delitto), ma si realizzò anche una grossa violazione delle prerogative di libertà personale dei singoli.

E ora, la cd. situazione esoterica. Vi anticipo che, secondo me, chi dà credito a storie del genere non ha nessuna idea di come va il mondo. I riti magici con cui s'era fissato P. semplicemente non funzionano oggi (provare per credere!), così come non funzionavano all'epoca. Assurdo che una valutazione di questo carattere sia stata seriamente considerata in tribunale, ma arrivati a questo punto, credo che non dovremmo stupirci dell'indole inquisitoria di certi magistrati.

A mia conoscenza, non esistono altre prove indiziarie valevoli di analisi che colleghino P. alla vicenda; qualora ne conosceste altre, sarò felice di analizzarle. Ma da ciò che emerge dalle registrazioni del processo, assistiamo perlopiù a quanto dicevo in prima sede: una matassa di accuse confuse, che miravano perlopiù ad abbassare la considerazione della corte nei confronti di P. In merito a questo, ci terrei a essere (nuovamente) molto chiaro: non è che io abbia una buona opinione di Pacciani. L'individuo era manifestamente disturbato e capace di uccidere: egli aveva indubitamente realizzato una fattispecie di omicidio in gioventù, quando P. aveva ucciso a coltellate un tale Severino Bonini, il quale aveva tentato di stuprare la fidanzata dell'epoca di P. Questa non è l'unica ragione per cui Pacciani ha scontato detenzione: come già menzionato, egli violentò a più riprese la moglie e le figlie e deteneva illegalmente diverse armi. Al di fuori dell'ambito legale, P. era un acclarato guardone, un accanito bevitore e un pericoloso manesco, tanto da essersi guadagnato una pessima reputazione.

Ma da qui a ritenerlo responsabile di sedici omicidi, ce ne passa. Il fatto che qualcuno sia una cattiva persona non basta a collegarlo automaticamente ai delitti di cui altri lo accusano. Questa pratica in diritto ha un nome specifico: si dice calunnia, ed è penalmente perseguibile. Dei sedici omicidi, Pacciani fu già ritenuto in primo grado innocente del primo duplice omicidio (1968), siccome era da poco uscito dal carcere. A mio giudizio, sembra anche improbabile che egli si fosse reso capace del duplice omicidio di Borgo San Lorenzo (1974), sicché P. si era allora da poco trasferito a Montefiridolfi, a una certa distanza dal luogo di commissione del delitto. Resterebbero dunque sei duplice omicidi, commessi, a differenza degli altri due, in località ravvicinate e a breve distanza nel tempo, indizi che rivelerebbero una sorta di furia omicida nel mostro (che è anche la ragione per la quale io penso che se davvero è esistito un unico assassino per tutti questi delitti, egli è da rapportarsi solo ed unicamente a questi ultimi).

In ogni caso, ad oggi, non esiste alcuna prova convincente per collegare il profilo di P. alla commissione di questi o altri delitti, esterni ai già menzionati ed accertati in diritto. Reitero insomma che le accuse nei suoi confronti sono state improntate da un lato a un diffuso pregiudizio, scientemente accettato da alcuni magistrati al punto di inquinare le prove, e dall'altro all'umana e comprensibile necessità di dare un volto all'artefice di così tante atrocità, foraggiata, questa, dal privato tornaconto dei giornalisti, che hanno foraggiato (e continuano a foraggiare) le ansie della povera gente. La mia è una conclusione amara, sicché sarebbe più facile convincersi di aver trovato il colpevole e risolto il mistero. Però, di fronte alla realtà dei fatti, non ci si può semplicemente coprire gli occhi e fingere che tutto vada d'accordo con la propria narrazione. Tanto più che a questo mondo, non sono poche le ingiustizie a restare impunite: si tratta di una triste morale, è vero, ma anche di una morale vera. A differenza di quella che hanno voluto propugnare altri, nella storia di questo processo.

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Dario Carcano gli risponde:

feder, il tuo contributo è sicuramente interessante, però manca completamente il punto di quello che è stato detto da Federico e da me.
Nessuno di noi due ha negato che l'impianto accusatorio contro Pacciani fosse in qualche modo debole, e anzi Federico ha smontato la questione dei soldi sul conto di Pacciani.
Contro Pacciani è sempre mancata una qualche smoking gun, ossia la prova che dimostrasse la colpevolezza di Pacciani aldilà di ogni ragionevole dubbio; non so se per astuzia del Pacciani, o per mancanze dei poliziotti e dei magistrati che hanno condotto le indagini, probabilmente non lo sapremo mai.
Tuttavia, non si può non notare come sia difficile che sia stato qualcun'altro che non sia il Pacciani coi compagni di merende a compiere gli omicidi.
Perché Pacciani e i compagni di merende erano sempre e sistematicamente avvistati nei pressi dei luoghi dei delitti nelle sere in cui questi venivano commessi?
Perché gli omicidi del Mostro si interrompono nel 1985, quando Pacciani è arrestato per lo stupro delle figlie?
Di nuovo: mancherà una smoking gun contro di lui, ma è difficile che quegli omicidi siano stati commessi da qualcun'altro.

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E l'interpellato ribatte:

Il punto è proprio questo: siccome non è possibile ricondurre nessuno dei sedici omicidi a Pacciani, ne segue che non è ragionevole mantenere l'opinione che sia stato lui a commettere i delitti in esame.
Non so chi ti abbia detto che la banda di P. era sistematicamente avvistata nei pressi dei luoghi degli omicidi, perché, come ho spiegato, ciò non può essere vero nel caso dei primi due duplici omicidi, e per quanto riguarda gli altri sei non conosco una prova valida riguardante questa supposizione.
Sulla pagina dedicata ai sospetti del blog riguardante il giallo del mostro di Firenze ci sono ben quattro (4!) pagine che enumerano i potenziali carnefici individuati dagli appassionati o dalla magistratura nel corso delle indagini (e questi sono solo quelli di cui si sa qualcosa). Non si tratta di poche piste, eppure la magistratura ha voluto concentrarsi solo ed esclusivamente sul profilo di un individuo a scapito di qualunque altra possibilità (oggi del tutto spenta) di fare luce sul caso. E la ragione è evidente, tutta da ricercarsi nell'accanimento mediatico che i giornali hanno voluto riservare a un poco di buono.
A rigor di logica, ci possono essere una marea di ragioni per le quali i delitti del mostro si siano interrotti a metà degli anni '80, altre ed esterne all'incarcerazione di Pacciani. Avete mai pensato che l'omicida potesse essere uno straniero, magari uno studente in trasferta per poco tempo e poi trasferito altrove? E se l'assassino si fosse improvvisamente pentito? E se questi episodi fossero da ricondurre a raptus di follia, poi sedata o curata? E se qualcun altro avesse scoperto i fattacci, decidendo di farsi giustizia da solo e poi chiudendo la bocca per sempre? E se il killer fosse semplicemente morto nel suo letto, impedendogli la commissione di altri reati? Come può un osservatore razionale escludere tutti questi decorsi alternativi? Lo si fa per ostilità prevenuta e insicurezza percepita, ecco tutto.

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Degna di nota è la notizia fornitaci da Tommaso Mazzoni:

Se vi interessa, mio nonno materno, verso la metà degli anni '70, giocò a scopa contro Pietro Pacciani, senza conoscerlo, e vinse. Ha sempre sostenuto che Pacciani fosse sì un uomo violento, ma che avrebbe potuto uccidere qualcuno solo in una rissa, essendo troppo "fesso" per gli omicidi premeditati.

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aNoNimo invece ha commentato:

Vi riporto qui un interessantissimo brano del romanzo "Il Giustiziere della Notte" di Brian Garfield da cui è stato tratto un celeberrimo film con Charles Bronson; in esso uno psicologo traccia il "profilo" del famoso piccolo borghese che si improvvisa giudice, pubblico ministero e boia:

« Un giustiziere si annida a New York. Mentre noi ce ne stiamo seduti a chiacchierare oziosamente dell'amministrazione municipale e di come la città stia andando in malora, un uomo sta facendo qualcosa. Chi è? Chi gli ha armato la mano?
Tutti si sono fatti una qualche opinione. Per la maggior parte degli avvocati che ho intervistato, il giustiziere è un volgare fuorilegge, non migliore dei delinquenti che ammazza. Un avvocato mi ha detto: "Si ricorda del processo in 'Alice nel Paese delle meraviglie'? Quando la regina di cuori dice prima la sentenza, poi il verdetto?" Per molti cinici - compresi parecchi funzionari di polizia che ho intervistato  -quell'uomo sta facendo ciò che tutti noi saremmo tentati di fare. L'ispettore Frank Ochoa, incaricato di smascherare il giustiziere, si è stretto nelle spalle quando gli ho chiesto che cosa pensasse di lui. "Deve avere qualche irotella fuori posto, ma non credo che sia un pazzo maniaco. Provi a immaginare, si metta nei suoi panni. Cosa farebbe se sapesse di non essere mai scoperto? Abbiamo già avuto a che fare con personaggi del genere. Pensano di essere troppo furbi per essere presi." Per i Liberali il giustiziere è un essere di un'altra razza, al di là di ogni com-prensione. Per neri di Harlem il giustiziere è un razzista, come gli appartenenti al Ku Klux Klan (non importa se solo due delle sue cinque vittime erano neri). Per un tredicenne della scuola pubblica 120, il giustiziere è una specie di eroe dei fumetti, un avventuriero che insegue la preda e vola sulla città con un mantello svolazzante, eliminando i cattivi come fa Batman. Per un anziano e riflessivo droghiere di Spanish Harlem il giustiziere è l'esemplare di una specie che si estinse nel 1918. Per un poliziotto rionale del West Village è un buon cittadino che aiuta la polizia.
Ho parlato con Theodore Perrine, il famoso psichiatra forense, nel suo studio alla facoltà di medicina della Columbia University [...], che ha espresso il suo pensiero sul giustiziere:
"Viviamo in una società proiettata verso la morte. Aspettiamo la fine del mondo, e molti di noi sono convinti che non c'è nessuna speranza di evitarla. Il nostro è un mondo di scienziati nucleari e di gente giovane che non crede esistano anche problemi semplici, per i quali si possono trovare soluzioni semplici. Ognuno si sente personalmente tradito dal modo in cui vanno le cose. Il futuro non è più un'estensione logica del passato; le cose stanno in piedi come un castello di carte, tanto per intenderci. Abbiamo la tendenza a sentirci come cavie da laboratorio, che non sanno niente della scienza se non ciò che può essere osservato durante il processo di vivisezione. Questo è l'ambiente nel quale noi tutti ci muoviamo, e non bisogna stupirsi che qualcuno di noi se la prenda a tal punto da cominciare a scagliarsi contro tutto ciò, sempre più irrazionalmente.
In tutti noi c'è una potenziale riserva di aggressività. Odiamo il crimine, eppure non facciamo nulla perché il crimine scompaia. Cominciamo a renderci conto che questo tipo di comportamento non è semplicemente civile, è talmente civile da renderci incapaci di agire. È questo il motivo per cui un simile uomo eccita tanto la nostra immaginazione: lui sta trasformando in fatti le fantasticherie alle quali noi tutti ci abbandoniamo. Non è il solo che si comporti così, è vero. Abbiamo visto come molti gruppi che si dichiarano pro o contro determinate cose trovino necessario farsi giustizia da sé. Il terrorismo è diventato uno strumento politico legittimo. Da questo punto di vista, l'unico aspetto insolito di un tale personaggio è che agisce da solo. Se fosse una forza organizzata, come la Lega per la Difesa degli Ebrei, o le Pantere Nere, tutto ci apparirebbe meno affascinante. É l'aspetto da lupo solitario che fa presa sulla fantasia della gente. Un ardito individualista, che là fuori combatte le forze del male, si adatta perfettamente ai nostri miti. Ma, in realtà, questo individuo sta semplicemente trasferendo il concetto ormai accettato di terrorismo politico nell'area del crimine."
Ho chiesto al dottor Perrine se con ciò intendeva dire che questo assassino fosse molto più infermo di mente della maggior parte di noi. L'illustre psichiatra mi ha risposto: 'L'infermità mentale è più un termine legale che medico. A mio parere, comunque, è difficile che quest uomo sia pazzo furioso. A parte la natura dei suoi delitti, non c'è nulla di intrinsecamente irrazionale nel suo comportamento. Esso potrebbe essere interpretato come il risultato logico di una certa serie di stimoli psichici. Per esempio, supponiamo che sia un veterano, reduce da poco dall'Indocina, dove i soldati danno per scontato che se qualcuno crea difficoltà lo si uccide semplicemente con una granata che lo fa a brandelli. Questo modo di fare è diventato così comune nel Sudest asiatico che fare a brandelli è entrato tranquillamente nel nostro uso linguistico."
"Vuole forse dire che si tratta di un veterano del Vietnam?"
"No. Potrebbe darsi, ma non cè nessuna prova. In caso affermativo, sarebbe facile capire come egli abbia semplicemente applicato il sistema di valori appreso là alla situazione che ha trovato qui."
[...] Potrebbe essere chiunque. Qualcuno che io conosco, qualcuno che tu, lettore, conosci. Potresti essere proprio tu. »

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Prima di chiudere, ecco la postilla di Federico Pozzi:

Pochi conoscono il "cugino" di Tex Willer, creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo. Ken Parker è il personaggio del mondo creato dalla casa editrice Bonelli che io amo di più, come molti dei suoi fans anch'io rimango deluso dal finale lasciato "aperto" dai due autori. Di fatto la storia di Ken finisce mentre lui si trova in un penitenziario della Florida (anche se lasciano aperta una tenue speranza per la liberazione dell'eroe). Solo alla fine dell'ultimo volume, "Faccia di Rame", il protagonista riappare "invecchiato", forse per farci capire che infine è stato liberato. Ken Parker è stato ripubblicato come allegato di "Repubblica", e nonostante i "rumors" dei fans che dicevano che "questa volta la storia sarà completata, essa non è mai stata conclusa. Ebbene, come potrebbe svolgersi il seguito dell'avventura di Ken?

L'unica cosa che Parker non muta mai è la sua convinzione di fondo: "Non mi piace uccidere... Neanche quando è necessario". Posti dove andare ne ha. Magari incontra di nuovo Buffalo Bill, lo segue nel suo Wild West Show e finisce anche in Italia, si aggiunge alla spedizione polare di Robert Peary, va a lavorare in una fabbrica di Model T appena aperta dalla Ford, aiuta Butch Cassidy e Sundance Kid a fuggire dalla Bolivia mentre tutti li credono morti, finisce invischiato nella Rivoluzione messicana... e cos'altro?

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Per farci sapere che ne pensate, scriveteci a questo indirizzo.


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