Il nonno della patria

A cominciare la discussione è Leandro Sanfilippo:

Vittorio Emanuele II non muore di malaria a 57 anni il 9 gennaio 1878, ma a 80 anni a Monza, il 29 luglio 1900, assassinato da Gaetano Bresci. Cosa cambia?

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Generalissimus replica:

Con Vittorio Emanuele II vivo fino al 1900 siamo fuori dalla Triplice Alleanza. Qualche preoccupazione in più ce l'ho per la politica interna. Inoltre, forse, ci sarebbe una spinta coloniale minore.

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Iacopo aggiunge:

Ma con Umberto dal 1900 ci saremmo stati dentro alla grande, anche se forse sarebbe stata una Triplice meno militaresca. In ogni caso Vittorio Emanuele non sarebbe stato ucciso a Monza ma a Roma.

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Tommaso Mazzoni dice la sua:

Vittorio Emanuele II era abbastanza esperto ed attento all'immagine da non ordinare la strage di Milano, o almeno, da non decorare Bava Baccaris per quello. Quindi potrebbe anche morire di morte naturale; Vittorio Emanuele II era Filo-Francese ed anti-austriaco, ma dopo la questione tunisina, potrebbe accettare anche lui di entrare nell'Alleanza; Altrimenti, siamo nell'Intesa anche se Umberto I potrebbe optare per la non belligeranza o il cambio di fronte. Nel caso noi fossimo nell'intesa fin dall'inizio, mobilitazione più rapida e attacco deciso sull'Isonzo, che metterebbe gli Austro-Ungarici un po' in difficoltà con il ritorno Russo. La guerra potrebbe finire nel 1916 con i fronti bloccati, e il ritorno allo status quo ante.

In caso contrario, con l'Italia ancora nella Triplice Alleanza, se entriamo in guerra subito, a fianco degli Imperi, l'impero coloniale ce lo fanno fuori alla svelta, Libia esclusa, ma la Parigi cade, e la Francia probabilmente si arrende nel 1915, la Russia cade nel 1916, e gli Stati uniti non fanno in tempo ad entrare in guerra; Restaurazione Borbonico-Orleanista in Francia, che entra nella Confederazione Mitteleuropea con l'Italia, l'impero Austro-Ungarico-Yugoslavo-Rumeno, la Polonia, la Bielorussia, la Baltia unita, la Finlandia, la Transcaucasia, la Bulgaria, la Grecia (che è restata neutrale), la Spagna e l'Impero Ottomano. I Bianchi vincono la Guerra Civile in Russia, che nel 1924 entra nella Mitteleuropa. Seconda Guerra Mondiale fra Mitteleuropa e Commonwealth contro Stati Uniti e Giappone, vinta dai primi.

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Anche Massimo Berto è della partita:

Vedo difficile l'escalation che ha portato alla morte di Umberto... Credo morirà di morte naturale e credo che l'omicidio del secondo Savoia Re d'Italia avverrà lo stesso ma in anni diversi. Probabilmente Umberto non riuscirà a siglare una nuova alleanza con gli Imperi Centrali e sin da subito l'Italia entrerà in guerra con gli anglofrancesi. La questione tunisina si risolverà con una riparazione a favore dell'Italia, visto il carattere di Vittorio Emanuele.

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Lasciamo ora la parola a Federico Sangalli:

Una prima conseguenza importante sarebbe una diversa conduzione dei negoziati durante il Congresso di Berlino: in HL l'Italia ci arrivò con il Re morto cinque mesi prima, il 9 gennaio appunto, e il suo successore Umberto I appena insediatosi, mentre il Governo Depretis era caduto esattamente due mesi dopo, il 9 marzo, e Umberto ne aveva approfittato per nominare alla Presidenza del Consiglio un suo amico, ovvero Benedetto Cairoli. In pratica tutto il governo era fresco d'insediamento e il nuovo Ministro degli Esteri Luigi Corti si ritrovò a gestire una situazione così delicata con ordini contraddittori: gli fu infatti ordinato di assicurarsi che l'occupazione austriaca della Bosnia fosse provvisoria (quanto quella russa della Bulgaria, cioè nove mesi) e, se invece si fosse trattato di una annessione vera e propria, di richiedere una compensazione territoriale, che doveva essere il Trentino. Tuttavia ricevette anche il comando " di comportarsi in modo tale da conservare all'Italia l'amicizia di tutte le potenze", cosicché quando il Ministro austriaco Andrassy respinse perentoriamente ogni accomodamento in proposito, dichiarando che l'occupazione austriaca della Bosnia rappresentava il punto di vista dell'Europa (le potenze europee si erano già accordate per dare la Bessarabia alla Russia, Cipro all'Inghilterra, la Bosnia all'Austria e la Tunisia, come vedremo, alla Francia) e che porre un veto in proposito avrebbe causato una crisi internazionale che avrebbe isolato Roma,i delegati italiani furono costretti a desistere. Corti cercò allora una sponda proprio tra le altre potenze, alche l'ambasciatore tedesco von Bulow gli rispose di accordarsi con Londra per ottenere Tunisi, ma l'italiano rispose che ciò avrebbe portato ad uno scontro con la Francia che aveva analoghe mire sulla regione. L'inglese Salisbury affermò l'idea che il litorale africano fosse abbastanza grande per tutti e due e si accordò con il francese Waddington per assegnare Tunisi alla Francia e la Tripolitania all'Italia. Questo però esulava dagli ordini del governo che imponevano di ottenere guadagni "nazionali" e non coloniali, di non inimicarsi nessuno né di prendere impegni che avrebbero sbilanciato la posizione italiana (appunto perché l'Italia era ancora indecisa tra la proto-Intesa e la Triplice). Ma Vittorio Emanuele II era più esperto, filo-francese e sopratutto filo-inglese, anti-austriaco e decisamente patriottico. Senza Umberto è di nuovo Depretis a ottenere l'incarico nel marzo 1878 e come nel suo precedente governo egli trattiene a se anche la delega agli esteri. Vista la discussioni di cui sopra, è probabile che l'Italia riesca ad ottenere una anche pur minima compensazione in direzione delle Quattro Grandi T del Nazional-Colonialismo Italiano (Tunisi, Tripoli, Trento, Trieste). Innanzitutto la Turchia contava moltissimo sul sostegno italiano per la Questione Bosniaca, giacché basavano la loro opinione sul carattere anti-austraico risorgimentale. Qui l'Italia appoggia la Turchia e s'impunta, un po' perché Vittorio Emanuele II era un testone di prima categoria, un po' perché i diplomatici italiani sono un po' più abili. A questo punto le opzioni sono:

- l'opposizione italo-turca rafforza la fazione del governo austriaco che non vuole annettersi altre province slave per non aumentare la già di per se riottosa minoranza interna, la Bosnia viene quindi lasciata alla Turchia dopo una breve occupazione militare come contro-assicurazione dello sgombero russo della Bulgaria. La Serbia si è offesa visto che la Russia aveva prediletto la Bulgaria nelle trattative così si lega a Vienna come nella HL e, senza la Questione Bosniaca, gli austrofili Obrenovic rimangono sul trono come vassalli di Vienna. Realizzata la ferrovia Vienna-Salonicco, la Serbia conquista la Bosnia e il Sangiaccato durante le Guerre Balcaniche e si spartisce poi la Macedonia con la Grecia. Visto che Belgrado l'è amica, Vienna non insiste sull'indipendenza albanese perché questa sbarri la strada al mare della Serbia e quindi l'Albania viene spartita tra Belgrado e Atene. All'estinzione naturale degli Obrenovic il legittimo erede designato sarebbe il Principe Mirko del Montenegro e questo porta all'unificazione di Serbia e Montenegro nel nuovo Regno di Iugoslavia. Nel 1916 Francesco Ferdinando diventa Imperatore ed inizia la riforma dell'Impero. Intanto l'Italia si è un po' inimicata l'Europa ma Vittorio non è un colonialista e per farsi perdonare non fa storie nel lasciare ai francesi la Tunisia e anzi gli vende la Baia di Assab, cosa che porterà alla nascita, nel 1896, dell'Africa Orientale Francese. In compenso Roma ed Istambul ora sono amiche perché i turchi hanno visto nell'Italia un protettore e non dei rapaci avvoltoi travestiti da buoni samaritani come Inghilterra e Francia. Nel 1911 Giolitti ottiene l'amministrazione della Libia (anzi di Tripolitania e Cirenaica, visto che furono unite solo in epoca fascista) senza colpo ferire, segue poi una missione di protezione dei Luoghi Santi. Nell'Impero Ottomano tuttavia la crisi persiste, i Giovani Turchi nazionalisti prendono il potere e, non riuscendo a risolvere la grave situazione dell'Impero, lanciano una serie di violente persecuzioni contro le minoranze, in primis armeni, curdi, greci e cristiani. I contraccolpi di questo portano allo scoppio di una raffica di violenze etico-religiose e al collasso dell'Impero nel 1919, subito dopo la morte del Sultano Memhet V: la Russia decide di intervenire per proteggere gli armeni ma le armate zariste incontrano una spedizione inglese a Kut, in Mesopotamia, proprio mentre la Royal Navy entra nel Bosforo per impedire l'occupazione russa degli Stretti. Scoppia la Prima Guerra Mondiale. Con minori concessioni all'Austria e senza l'Italia la Germania è rimasta più legata alla Russia, così a confrontarsi sono la Triplice Intesa (Regno Unito, Francia e Italia) e l'Alleanza dei Tre Imperatori (Germania, Russia ed Austria-Ungheria).

- Vienna ottiene la Bosnia ma è costretta a cedere Trento all'Italia o a garantirgli un grande livello di autonomia. Le tensioni nei Balcani proseguono come sempre, mentre l'Italia ha meno problemi con Vienna. Con l'ascesa di Umberto e visto l'inimicizia suscitata dall'impuntarsi, l'Italia prende maggiori accordi con gli austrotedeschi pur senza allearsi con loro. L'Italia rimane neutrale durante la Grande Guerra e guadagna Trieste come Città Libera che sarà poi occupata da D'Annunzio e liberata dalle truppe inviate da Giolitti. Colonialmente l'Italia occupa la Libia nel 1911 come in HL ed il Dodecanneso ma niente Corno d'Africa. Poco dopo l'anziano Umberto I viene assassinato da Amerigo Dumini che lo accusa di aver avvallato il "Massacro di Natale" contro i miliziani di D'Annunzio e di aver così tradito la patria.

- Si opta per la mediazione anglo-francese: la Tunisia alla Francia e la Tripolitania all'Italia. L'Italia non svilupperà comunque avvenire coloniali per via dell'opposizione di Vittorio ma rimane molto legata gli anglofrancesi e sottoscrive con essi e con la Russia la Quadruplice Intesa che si oppone alla Triplice Alleanza (Germania, Austria-Ungheria ed Impero Ottomano). Nel 1914 il Generale Pollio era appena morto anche se l'esercito è messo un po' meglio visto che non c'è stata alcuna invasione della Libia (la Cirenaica è stata pacificamente "rilevata" nel 1911): D'Annunzio e Mussolini non ottengono molta popolarità perché l'intervento è comunque immediato. Il Regio Esercito prende Gorizia nel 1915, nel 1916 riusciamo a penetrare in Slovenia con il supporto di molti indipendentisti, visto che gli austriaci sono ancora troppo impegnati contro Brusilov. Nel 1917, dopo la Rivoluzione, c'è un contrattacco ma esso è fermato sull'Isonzo e gli slavi insorgono dopo il passaggio degli italiani "liberatori". Carlo I fa l'armistizio prima come aveva intenzione di fare con la mediazione pontificia e conserva il trono del rinominato Regno Unito d'Austria, Boemia e Ungheria, poi Regno degli Austriaci, dei Boemi e degli Ungheresi e infine Impero Danubiano. L'Italia si prende Trento, Trieste, Istria e Sud Tirolo ma rinuncia alla Dalmazia per le pressioni di Wilson. Nasce il Regno di Croazia e Slovenia con corona gentilmente offerta ai Savoia-Aosta. A Belgrado nasce il mito della "vittoria mutilata" e il risentimento anti-italiano. Zara sarà Città Libera e verrà occupata da D'Annunzio con annessa repressione, per cui Umberto I verrà ucciso come sopra.

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Non poteva mancare il contributo del grandissimo Bhrihskwobhloukstroy:

Davvero un'ottima discussione, perché tocca un punto delicatissimo. Dato che la Divergenza non è innescata da una diversa decisione umana, ma da un fatto biologico di àmbito sanitario, già l'inizio è un po' più dirompente delle ucronie che più spesso trattiamo (quindi bisogna mettere in conto che, per avvenire, questa Divergenza ha avuto bisogno di cause preparatorie che inevitabilmente provocano uno sciame di conseguenze secondarie difficili da calcolare); inoltre, tempo fa abbiamo discusso – anche in quel caso lasciando purtroppo il tutto in sospeso – l'eventualità di Cipro Sabauda: «E se alla fine dell'Ottocento il governo italiano pretende diritti regali su Cipro ottomana, prima che venga occupata dai britannici? Una prima guerra turco-italiana porta all'occupazione dell'isola (magari insieme al Dodecaneso) e alla sua annessione. Il monarca italiano si fregia del titolo di Re di Cipro, quali sviluppi?» In quell’occasione avevamo evidenziato i seguenti punti (il primo e il terzo sono autocitazioni): 1) «Vittorio Emanuele II muore il 9. gennaio 1878, la Tregua fra Russia e Turchia è del 31. gennaio 1878; Umberto I potrebbe entrare in guerra insieme alla Gran Bretagna per fermare la Russia, però in questo caso scatterebbe la rivalità con lo stesso Impero Britannico per l'occupazione di Cipro...

Se c'è anche occupazione del Dodecaneso, lo schieramento dell'Italia sembra più antiottomano, quindi in contrasto con l'Impero Britannico; la guerra potrebbe dunque essere iniziata già da Vittorio Emanuele e le questioni di Eredità sistemate con la Russia dopo il 18. giugno 1884, però nel frattempo Umberto I ha aderito alla Triplice Alleanza (dal 20. maggio 1882).» 2) «Gli inglesi potrebbero ammettere un Savoia come Re di Cipro se l'unità d'Italia fosse stata portata a termine da un altro proxy (Borbone Due Sicilie? Asburgo-Este? Gli stessi Asburgo Lorena con un ribaltamento delle alleanze rispetto alla nostra timeline?). In questo modo i Savoia-Carignano potrebbero essere comunque coinvolti nelle Guerre Carliste e dopo la loro inevitabile sconfitta potrebbero ricevere Cipro come compensazione (facendone uno stato-mafia ante litteram, prevedibilmente).» 3) «Per cambiare l'Unità d'Italia a partire dagli Asburgo-Lorena (gli Asburgo-Este sono inscindibili da questi e i Borboni delle Due Sicilie avrebbero bisogno dell'alleanza francese come i Savoia) senza precedenti Punti di Divergenza bisognerebbe che nel 1849, quando non aveva altri avversarî, l'Austria annettesse tutti i Dominî Sabaudi, come ha fatto la Prussia nel 1866 con i proprî nemici (a parte l'Austria vera e propria) e più o meno entro il 1871 – senza più Napoleone III (come hanno fatto i Savoia col Papa) e parallelamente alla Prussia – creasse un “Secondo Reich” con i Ducati Padani, la Toscana, lo Stato Pontificio e le Due Sicilie. Questo sarebbe lo scenario minimo.» (Fine delle citazioni) Dato che il primo punto viene già stravolto dalla Divergenza iniziale di questa ucronia e che il secondo e il terzo sono invece esclusi dal fatto che questa stessa ucronia lascia tutto invariato fino all’8. gennaio 1878 incluso (comprese quindi tutte le Conquiste Sabaude dal 1859 al 1870, con perdita della Spagna nel 1873), la situazione si fa molto calda. Vittorio Emanuele aveva una sensibilità maniacale per le Rivendicazioni Sabaude e pressoché certamente avrebbe voluto Cipro, entrando così in rotta di collisione con la Russia e contemporaneamente con la Gran Bretagna, senza del resto aver riguardo per la Turchia, cui difficilmente potrebbe riuscire a far conservare la Bosnia e che comunque scontenterebbe per le mire su Tunisia e Tripolitania.

Il terzo scenario prospettato da Federico Sangalli mi sembra il più aderente alle «viste politiche» (come si chiamavano) dell’epoca: sommato alla revisione (che fa sopravvivere Vittorio Emanuele) delle considerazioni fatte su Cipro Sabauda, si ottiene per il 1881: - Tripolitania, Cirenaica, Cipro ed eventualmente Dodecan(n)eso all’Italia (che conserva anche Assab); - Tunisia alla Francia; - Bosnia, Hercegovina e Sangiaccato all’Austria; - permanenza della Russia in Bulgaria (sempre con Re Alessandro di Battenberg); - delusione del Regno Unito, che si accosta più decisamente all’Impero Ottomano.

Al momento, l’unica Alleanza ufficiale è la Duplice fra Germania e Austria-Ungheria; il 18. giugno 1881 viene firmata l’Alleanza dei Tre Imperatori (senza, come già osservato in molti interventi, la Triplice Alleanza degli Imperi Centrali con Umberto I); era ancora lontana l’Alleanza Franco-Russa (27. dicembre 1893-4. gennaio 1894), per non dire della Cordiale Intesa Anglo-Francese (8. aprile 1904) e dell’Accordo Anglo-Russo (31. agosto 1907, successivo di due anni alla fine della Guerra Russo-Giapponese).

L’anno critico è stato, storicamente, il 1885, col rischio imminente di Guerra Russo-Britannica il 31. marzo (per l’Oasi di Pandjeh) e Russo-Bulgara in settembre. Nel contesto della nostra (presente) ucronia, è possibile che entrambe le crisi si risolvano ugualmente, ma la seconda in modo molto più sereno, perché con l’occupazione russa ancora in corso l’iniziativa di Alessandro I di Bulgaria non verrebbe sentita come un’offesa personale da Alessandro III. Questo, che sembra un piccolo particolare, ha invece l’importante conseguenza di non guastare i rapporti con l’Austria e quindi di permettere il sereno rinnovo dell’Alleanza dei Tre Imperatori l’anno successivo.

A questo punto abbiamo: - Italia e Francia in rapporti migliori rispetto alla Storia vera (e questo è già stato rilevato); - una formale e duratura Triplice Alleanza fra i Tre Imperatori (che finirà per estendersi alla Bulgaria e, come la Triplice storica, alla Romania); - una più sincera Alleanza fra Regno Unito e Impero Ottomano; - la conferma che la Regina Vittoria era comunque contraria a entrare in conflitto con la Russia; - l’assenza della Triplice Alleanza storica fra Imperi Centrali e Regno d’Italia.

Qui si trova la miccia che fa esplodere la guerra in Europa: il caso di Guglielmo Oberdan(k). L’esecuzione del ventiquattrenne Attentatore alla vita di Francesco Giuseppe provoca, senza Umberto I e la Triplice, un’ondata di sdegno negli Irrendentisti Italiani, che a sua volta causa la reazione uguale e contraria dell’Imperatore scampato alla morte e dei suoi Sudditi.

Se mai potesse scoppiare un conflitto fra Italia e Austria-Ungheria fra il 1870 e il 1908, il 1882 sarebbe l’anno più probabile. Poniamo quindi, per curiosità ucronica, che divampasse davvero: l’Italia potrebbe contare sull’aiuto della Francia (soprattutto se si apre una possibilità di rivincita sull’Alsazia-Lorena), non del Regno Unito e dell’Impero Ottomano né della Russia (soprattutto a causa di Cipro), mentre l’Austria-Ungheria avrebbe il sicuro sostegno tedesco e probabilmente anche russo (che, come abbiamo visto, non arriverebbe a far entrare in guerra l’Impero Britannico).

Come possiamo valutare i rapporti di forza? I precedenti immediati mostrano che l’Austria viene indirettamente sconfitta dall’Italia quando questa è alleata della Francia (1859) o della Prussia (1866) e che la Francia viene sconfitta dalla Germania da sola se garantita alle spalle dalla Russia (1871), dunque se la Germania (garantita dalla Russia) sconfigge la Francia l’Italia non può vincere neppure indirettamente l’Austria.

Mi sembra quindi lecito e realistico concludere che, se l’Italia e la Francia si fossero lasciate trascinare in una guerra contro gli Imperi Centrali nel 1882, l’esito sarebbe stato una sconfitta totale e stavolta, alla quinta occasione (dopo il 1799, 1814-1815, 1849, 1871) e dopo quattro fallimenti (1797, 1800, 1848, 1859-1866), i Vincitori non avrebbero avuto pietà. Con l’Impero Russo impegnato a espandersi in Asia Centrale e un’eventuale spartizione – ai fini dell’Equilibrio di Potenza – delle acquisizioni italo-francesi fatte a spese dell’Impero Ottomano negli anni precedenti (Tunisia, Tripolitania e Cirenaica all’Impero Britannico, Cipro alla Russia), la Pace dei Tre Imperatori (o quattro, se contiamo la Regina Vittoria come Imperatirce delle Indie dal 1876) in Europa vedrebbe:

- la Restaurazione di tutti gli Stati a Sud delle Alpi nei confini del 1858 a eccezione del Regno di Sardegna, annesso al Lombardo-Veneto, che torna a essere parte della Monarchia Asburgica (ora Triplice) e al quale, per opportuna concessione politica, confermata anche dalle difficoltà in prospettiva dell’incorporazione della Bosnia-Hercegovina, viene trasferito anche il Kronland di Dalmazia, come previsto nel 1814-1815);

- la Restaurazione della Monarchia in Francia (fino al 24. agosto 1883 il Conte di Chambord come Enrico V, poi per quattro anni il Conte di Montizón come Giovanni III), con ingresso nella Triplice (ora Quadruplice) Alleanza, cessione del resto della Lorena e della Franca Contea al (Secondo) Reich e di Savoia, Nizza e Corsica al Lombardo-Veneto (in tal modo, dati come termini di partenza i confini del Secondo Reich nel 1871 e quelli dell’Impero d’Austria nel 1858, l’accrescimento territoriale di entrambi – ponderato con popolazione e sviluppo economico delle aree annesse – sarebbe grosso modo simile, Lorena e Franca Contea per l’uno, Corsica ed ex-Regno di Sardegna per l’altro);

- la costituzione di un Impero Federale, sul modello del Secondo Reich, fra Austria - Ungheria - Lombardo - Veneto, Ducati Padani e Stati Italiani (Toscana, Stato Pontificio, Due Sicilie), evidentemente e senza credibili alternative col nome, per secoli in uso e ancora da solo pochi decenni dismesso, di “Sacro Romano Impero” (onde rendere accettabile in Italia il richiamo alla Tradizione Romana, in Austria il ripristino della duplice Dignità Imperiale del Kaiser e in Germania l’esistenza di un Impero ‘rivale’, dato che se rivalità dev’essere è meglio che sia la riproposizione di una tradizionale piuttosto che l’imposizione di una del tutto nuova).

Vittorio Emanuele sarebbe un Esule scomodo sia in Spagna sia nel Regno Unito, per le Rivendicazioni Sabaude su entrambe le Corone; la Francia non si potrebbe permettere di accoglierlo, quindi rimangono le opzioni di Svizzera, Belgio e Paesi Bassi. È possibile che, invece, a Umberto (e Amedeo) venga permesso di rimanere in un Regno della Quadruplice Alleanza, ammesso che il Capo della Casa non glielo vieti.

Nei decenni seguenti, la crescita del Panslavismo si indirizzerebbe verso la realizzazione di un’Unione Mitteleuropea con inclusione della Russia (quindi come trasformazione della Quadruplice Alleanza) anziché verso la Prima Guerra Mondiale, ma questo porta contemporaneamente all’assunzione della Geopolitica di Mackinder come direttrice della Politica Estera Britannica e Statunitense, per cui già in occasione della Spartizione della Cina si rischia di arrivare come minimo a un’anticipo della Guerra Fredda.

Dimenticavo di precisare che tutto questo meccanismo serve ad aggirare la potente obiezione che Vittorio Emanuele ottantenne sarebbe stato ucciso a Roma anziché a Monza: se infatti si realizza l’Unione Mitteleuropea entro il 1900 con l’adesione degli Stati candidati a ospitarlo come Esule, viene a cadere il bando dai territorî della Quadruplice Alleanza ed è quindi molto verosimile che gli venga concessa come residenza l’abitazione d’infanzia della consorte Adelaide d’Asburgo (anziché una troppo riabilitatrice Proprietà Sabauda), dove potrebbe essere preso di mira come obiettivo realtivamente più facile da colpire da parte di elementi non solo e non tanto antimonarchici (che in questo caso avrebbero scarsi motivi di accanirsi proprio contro di lui), quanto piuttosto – anche in quanto Emigrati negli Stati Uniti – legati alla sconfitta Idea del Risorgimento d’Italia e inveleniti contro il ‘cedimento’ del Nonno della Patria, reo di aver accettato il compromesso di tornare a un relativo benessere in cambio dell’accettazione della Reazione Austro-Tedesca. Non avrei saputo come altrimenti conservare con la massima fedeltà la proposta ucronica iniziale.

Mi attendo (anzi, mi faccio) un’obiezione: com’è possibile che un Punto di Divergenza che prolunga di 22 anni e mezzo la vita e l’attività del più grande Conquistatore Sabaudo abbia come risultato la totale annessione dei Dominî Sabaudi al Lombardo-Veneto, all’epoca già estinto? (Mi) rispondo che la causa sta nella prima conseguenza individuata, la mancanza della Triplice; il prolungamento dell’esistenza di Vittorio Emanuele è ciò che porta a questo cruciale snodo ucronico. Se ci riflettiamo, è la Triplice a essere abbastanza incongrua con la Geopolitica dei decenni precedenti: uno Stato si ingrandisce con enormi annessioni a spese di un altro e poi gli si allea (e soprattutto quest’altro Stato, dopo essere stato attaccato – di fatto, anche se non di diritto, a tradimento e più volte – dal primo, lo accetta come alleato): ciò che toglie di mezzo questa stranezza storica (la Triplice) porta a ciò che chi ha voluto la Triplice intendeva evitare, la guerra; la intendeva evitare perché aveva buoni motivi per pensare che sarebbe stata esiziale e dunque questo sviluppo ucronico, anziché essere paradossale, rappresenta la realizzazione dei timori di Umberto I.

In una formula: Vittorio Emanuele II → Irredentismo (Italiano); Irrendentismo (Italiano) + Revanchismo (Francese) = Guerra Europea nel 1882. Con le Alleanze di allora e sulla base di ciò che è accaduto sùbito dopo (tenuto conto delle conseguenze dirette del Punto di Divergenza), l’esito della Guerra Europea nel 1882 sarebbe stata la Vittoria dei Tre Imperatori e il quadro geopolitico delineato è quanto di più vicino all’“Equilibrio Europeo” (come concepibile in una tale situazione) si possa immaginare.

Beninteso, non sono così stupido da non rendermi conto che lo sviluppo proposto (benché riscuotesse sicuramente l’approvazione di... Engels! All’epoca, poi, era ancora vivo anche Marx) non è certo ciò che il titolo “Il Nonno della Patria” suggerirebbe. Ma pensiamo a quali sarebbero state le reazioni nell’(a questo punto) ex-Regno d’Italia: 1) Venezia restaurata in Regno e aumentata della Dalmazia; 2) la Lombardia restaurata in Regno e aumentata di Piemonte (quindi senza l’odiato Confine sul Ticino), Nizza (che torna alla legittima e voluta Unione col Piemonte), Savoia (che ristabilisce i legami con Aosta e il Piemonte) e Sardegna (a sua volta ritornata Regno autonomo, come prima della Fusione Perfetta del 1847); 3) Genova elevata a Regno (come richiesto ancora nel 1815) e reintegrata della Corsica (quindi nei confini più estesi di tutti i tempi); 4) la Toscana restaurata in Granducato (Firenze di nuovo Capitale!) e i Ducati Padani tornati Stati da coppie di Provinc(i)e che erano diventati; 5) per il generale sollievo dei Cattolici, lo Stato Pontificio restaurato quasi per intero (ben più che nei confini del 1861-1870!), tranne le non certo nostalgiche del Papa Ferrara, Bologna e la Romagna (al Lombardo-Veneto); 6) il Regno delle Due Sicilie restaurato in Unione Personale (quindi con autonomia della Sicilia, ben più che con i Savoia), Napoli di nuovo Capitale e Palermo pure; 7) tutto ciò senza perdere i vantaggi dell’Unità, garantita dall’Unione Federale.

Mi pare evidente che gli entusiasti sarebbero stati più dei delusi; la ‘Parentesi’ Centralista Sabauda (1859/1860-1882) sarebbe durata poco più del Periodo Napoleonico (1797-1814/1815).

Quanto al nome dell’Unione Federale, ho già insistito prima che non trovo di meglio che “Sacro Romano Impero”, perché avrebbe solleticato le nostalgie classicistiche italiche, quelle feudali asburgiche e suscitato il minimo di (inevitabili) critiche e timori nel Secondo Reich, perché, in quanto denominazione tradizionale, sarebbe stata già un po’ esorcizzata rispetto a qualsiasi altra denominazione che potesse far temere un’egemonia non tedesca (“welsch”) su Paesi pur sempre tedeschi quali la maggior parte dei Kronlande (questo è il plurale di Kronland) della Cisleithania. Se qualcuno trova una denominazione più credibile, lo prego di suggerirmela; questa ucronia non vuole essere un sogno nostalgico (per quello scopo ne ho scritta un’altra molto diversa, che non invio perché mi sono proprio stufato), bensì un’analisi spregiudicata e – a mio modestissimo parere – non è rilevante che sia la sessantaseiesima che propongo sul Sacro Romano Impero, perché quel che mi interessa è di fare una riflessione spregiudicata, dopodiché se il risultato è per la sessantaseiesima volta lo stesso non è colpa mia, evidentemente non sono portato per fare altri sviluppi, ma almeno questi li faccio cercando di essere obiettivo (ognuno si sceglie le ucronie che vuole, ma questo non vuol dire che, se se le sceglie, siano falsate da pregiudizi: se le può scegliere semplicemente perché, così come obiettivamente sono, gli piacciono, tutto qui).

Peccato che Pio IX fosse morto (egli sì) dal 1878, perché altrimenti ce lo potremmo immaginare impazzito di felicità (benché ufficialmente amareggiato per la mancata restituzione delle Legazioni in Lombardia e Romagna) a poter essere di nuovo Sovrano a Roma, dove avrebbe con indescrivibile orgoglio incoronato (per la prima volta dal 1452 di nuovo nell’Urbe) il Sacro Romano Imperatore nella persona di Francesco Giuseppe I (al suo posto lo avrebbe fatto Leone XIII).

Forse allora le massime espressioni di gioia si registrebbero a Napoli al rientro di Franceschiello (mi immagino la sfilata da Posillipo fino a Palazzo Reale, che proseguirebbe poi per Via Toledo, con i Quartieri Spagnoli traboccanti di bandiere di tutti i tipi).

Questo non significa, evidentemente, che una parte anche consistente della Popolazione (e non penso soltanto a certe Società Segrete) non fosse contraria (ex-Sindaci, Avvocati, Farmacisti, gli eredi degli Anticurialisti), ma è chiaro che in quei momenti si farebbe(ro) poco sentire. Ripeto fino alla noia, le ucronie devono rispondere a tanti criterî, ma non a quello di piacere a noi che le facciamo: l’ucronia si deve, verghianamente, fare da sé, quel che viene viene e pazienza se non è come vorremmo che fosse andata la Storia (del resto, il Punto di Divergenza non l’ho scelto io).

Ci sarebbero stati ugualmente i Moti di Milano? Probabilmente sì, la Geopolitica può avere importanti riflessi sull’Economia, ma non risolve la Questione Sociale. Sarebbero stati repressi? Altrettanto probabilmente sì, magari addirittura da Croati o Ruteni (o perfino, a questo punto, Musulmani Bosniaci...). Si può invece dubitare, come per Vittorio Emanuele II, che venisse premiato Bava Beccaris (o chi per lui).

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Iacopo chiosa:

Wow! Quindi ieri sera il borgomastro Sala avrebbe festeggiato i centocinquant'anni della Galleria Francesco Giuseppe, e alla Bicocca degli Arcimboldi invece che un teatro avremmo la Moschea dei Bosniaci...

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Perchè No? tuttavia obietta:

Filippo VII o piuttosto Luigi Filippo II per rimanere nella linea orleanista liberale: é un dettaglio, ma in Francia c'era un orientamento politico chiaro, Filippo VII sarebbe un re conservatore e nostalgico dell'assolutismo. Avevo ipotizzato anni fa un Luigi XVI liberale, che sarebbe riuscito a controllare la rivoluzione, prendendo il nome di Luigi-Augusto I. Se la restaurazione si fa sulle ceneri di una sconfitta militare cosi forte da cancellare due secoli di espansione territoriale, possiamo immaginare che il ramo legittimista sia in grado di far fuori gli Orleanisti considerati come liberali e dunque colpevoli di amicizia con il regime precedente (e tutto ciò che esso rappresentava). Le potenze vittoriose probabilmente lo aiuterebbero: niente di meglio che una lotta dinastica e una tensione civile per impedire alla Francia di pensare alla prossima guerra.

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Tosto gli replica Bhrihskwobhloukstroy:

Una Restaurazione in piena regola ripristina, insieme alla più rigorosa Legge Salica (con tanto di preferenza per i Lignaggi di diramazione più recente), il Principio dell’Indisponibilità della Corona, per cui non è possibile abdicare neppure in caso di Trattati Internazionali («Solo Dio può cambiare la Legge»). In base a questo, la Successione è inequivocabile: dopo Enrico V, i Re Borboni della Linea Ultralegittimista (corrispondente ai Carlisti Spagnoli), Giovanni III (III anche per la Spagna), Carlo XI (= VII di Spagna, evidentemente con diversa numerazione; Re di Francia dal 1887 al 1909), Giacomo I (III, 1909-1931), Alfonso Carlo I (1931-1936); con l’estinzione della Linea Carlista, subentrano i Discendenti Maschili del figlio cadetto di Carlo V di Spagna (Carlos María Isidro de Borbón y -Borbón-Parma, Pretendente 1833-1845), Francesco di Paola, il cui primogenito Francesco d’Assisi ha sposato Isabella II, per cui dal 1936 si ha la riunificazione coi Re di Spagna, Alfonso XIII (= I di Francia, Re di Spagna 1886-1931, effettivo solo Re di Francia dal 1936 al 1941) e poi Giovanni IV (di Spagna – Pretendente fino al 1975 – e Francia, 1941-1993), a preferenza di Saverio I di Borbone-Parma (1936-1977) e del figlio Carlo Ugo I (1977-2010). Dato che in Spagna non vige il Principio di Indisponibilità della Corona, l’Unione Franco-Spagnola cessa con l’Abdicazione di Giovanni IV il 14. maggio 1977, ma si rinnova il 1. aprile 1993 con Giovanni Carlo I fino al 9. giugno 2014, dopodichè è di nuovo sospesa.

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Diamo la parola ad Enrico Pellerito:

Visto che ci troviamo di fronte ad un'ipotetica prospettiva che vede un parallelismo tra la crisi che ha investito il sistema sovietico in HL e quello qui ucronico mitteleuropeo, mi chiedo su quale base l'azione dirompente (probabile e non certa, come è stato puntualizzato) riesca a staccare solo determinati "pezzi" e non altri.
Dato per scontato lo scioglimento dell'Unione Mitteleuropea, a produrre un allontanamento da Berlino e da Vienna dovrebbero essere, credo, fattori politico-sociali-economici che prevarrebbero sui vincoli culturali e di appartenenza derivanti da un percorso comune che non poche nazioni europee hanno compiuto nell'ambito del Secondo Reich e del redivivo Sacro Romano Impero.
Tutte nazioni obbligate a fare il suddetto "percorso" e quindi ben contente di abbandonare i vecchi padroni per andare a servire i nuovi?
In questo caso, potrebbe essere la quasi totalità a fare ciò, compresa la penisola italiana che invece qui sembra restare legata all'Unione Nibelungica.
A me questa disgregazione non mi convince molto: siamo in presenza di strutture che adottano sistemi economici e finanziari basati su principi di mercato che non penso sarebbero molto diversi, mentre in termini di capacità e risorse la situazione mi appare equilibrata.
Una crisi causata dalla corsa agli armamenti che vedesse in questo specifico aspetto la prevalenza di una delle due parti, a tal punto da potersi permettere un attacco senza temere rappresaglie, è una condizione temporale limitata, un arco entro il quale non ci sarebbe realmente il tempo di assumere informazioni sufficienti a garanzia che l'altra parte non abbia già adottato misure precauzionali.
Almeno questo è ciò che penso io.
Non si può ipotizzare una sorta di equilibrio costante, una guerra fredda eterna con il neanche tanto tacito accordo sulla spartizione del globo e delle sue risorse, mantenendo economie ampie e solide grazie agli scambi all'interno dei due sistemi principali, senza così inficiare le rispettive bilance economiche?
Ovvio che entrambe le "coalizioni" si dedicherebbero alla ricerca spaziale, con l'intento di trovare il modo di controllare la controparte e i suoi alleati, ma anche qui si potrebbe concretizzare un sostanziale equilibrio sulla base delle, grosso modo, equivalenti capacità.
Di fatto le realtà qui ipotizzate disporrebbero di ampi territori adatti alle coltivazioni e fornite di risorse minerali ed energetiche; consistenti popolazioni in grado di assicurare qualsivoglia tipologia di forza lavoro, da quella manovale a quella specificatamente preposta alla ricerca tecnica e scientifica, garantendo anche un bacino di numerosi coscritti in tempo di pace e altrettanto numerosi riservisti in caso di crisi.
Dove sbaglio?

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Bhrihskwobhloukstroy segue a ruota:

Da nessuna parte, perché anzi sono io che ho sbagliato a mettere insieme – pur di arrivare a tentare una risposta (che poi si è risolta in un’alternativa) sul nominativo del Borgomastro di Milano nel 2017 – prima una normale ucronia ‘meccanica’ (sostituisco questo [l’Alleanza dei Tre Imperatori] a quest’altro [la Triplice Alleanza] e vediamo che cosa ne risulta) e poi invece uno scenario più strategico che propriamente ucronico (ma comunque proiettato sull’ucronia). Meno male che, se non altro, mi è venuto in mente di precisare «a un certo punto è possibile che« ecc.ecc. («l’investimento nella Corsa agli Armamenti […] arrivi a rendere il vantaggio dell’Anglosfera […] incolmabile […]») e che «[è] questo il risultato più incerto: anzitutto non è sicuro che avvenga (e proprio a vantaggio dell’Anglosfera) […]»; sono però stato in ogni caso troppo sbrigativo a liquidare la seconda alternativa in una sola breve frase («L’alternativa è che tutto rimanesse come dal 1938 agli anni della Distensione, quindi con mantenimento sia della Quadruplice Alleanza sia dell’Unione Mitteleuropea»).

Sottoscrivo tutte le affermazioni e cerco di rispondere alla domanda («su quale base l'azione dirompente (probabile e non certa, come è stato puntualizzato) riesca a staccare solo determinati "pezzi" e non altri»). La risposta più breve è che si tratta, appunto, di un mio errore: senza più far mente locale al fatto che stavo giustapponendo un’ucronia meccanica e uno scenario strategico, ho trattato meccanicamente quest’ultimo, applicando in particolare le specifiche omologie “Patto di Varsavia = Quadruplice Alleanza” e “Unione Mitteleuropea = Unione Sovietica”. A parte infatti la similitudine fra Paesi del Terzo Mondo con Regimi Filosovietici e (in questa ucronia) Colonie Tedesche (su cui non ho basato granché; il destino delle Colonie Tedesche era già prevedibile da quanto avvenuto dopo la Prima Guerra Mondiale), lo scioglimento del Patto di Varsavia (ufficialmente nel 1991) mi è servito da modello per lo scioglimento della Quadruplice Alleanza (di fatto soprattutto il distacco della Francia-Spagna, che da sola è più estesa, in quest’ucronia, che tutte le Repubbliche Popolari al di fuori dell’URSS messe insieme), quindi per implementare l’omologia con lo scioglimento dell’Unione Sovietica mi è sembrato che fosse già sufficiente lo scioglimento dell’Unione Mitteleuropea (con la perdita a favore della N.A.T.O. di Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Polonia, Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro, Albania e Grecia: anche in questo caso, ben più che i soli Paesi Baltici, Ucraina e Georgia della nostra Storia, se vogliamo anche Moldavia, Azerbajdžan/Azərbaycan e Turkmenistan/Türkmenistan). La Vittoria della N.A.T.O. nel 1989-1991 e anni seguenti non è stata proprio completa, perché non è arrivata a provocare il distacco dalla Federazione Russa di nemmeno una ex-Repubblica Socialista Sovietica Autonoma (né la Jakutija né il Tatarstan né la Cecenia), anzi non ha neppure impedito l’aggregazione della Transnistria, della Crimea, dell’Abchazija e dell’Ossezia Meridionale (al momento anche del Donbass): in pratica, la dissoluzione dell’Unioen Sovietica è avvenuta lungo i confini interni in precedenza decisi (senza immaginare che fosse rilevanti per questo) dalla stessa URSS e, dove no, è stato a vantaggio della Federazione Russa, per cui l’Unione Mitteleuropea si scioglie, tutti i suoi Stati diventano indipendenti e quasi tutti, tranne tre, aderiscono alla N.A.T.O., mentre gli Imperi Centrali e l’Impero Russo (che pure perde Finlandia e Polonia) si riaggregano come i Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti e oggi dell’Unione Eurasiatica (gli Imperi Centrali sono equipollenti, benché molto più equilibrati fra loro e complessivamente assai meno estesi, alla coppia Russia-Bielorussia, mentre l’Impero Russo parzialmente ridotto avrebbe, pur essendo molto più esteso, il ruolo del Kazachstan/Qazaqstan, eventualmente anche dell’Uzbekistan/Ŭzbekiston, Kyrgyzstan e Tadžikistan/Točžikiston).

Come le Repubbliche Centrasiatiche, pur avendo alcune di loro conosciuto guerre civili anche devastanti, non si sono disgregate (bensì hanno al massimo allentato i contatti col Turkmenistan/Türkmenistan), così l’Impero Russo ha conservato la propria stazza, perdendo ‘soltanto’ Finlandia e Polonia; come Russia e Bielorussia sono storicamente rimaste intatte (anzi, la Russia si è accresciuta), così gli Imperi Centrali non hanno perso neanche le aree di cui sarebbe stato logico attendersi una Secessione. La russofila Armenia è indipendente e la russofoba Cecenia no, perché l’Armenia era una Repubblica Socialista Sovietica, mentre la Cecenia era solo una Repubblica Autonoma entro la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa: questo è avvenuto perché dopo la Rivoluzione l’Armenia era nella Repubblica della Transcaucasia, mentre la Cecenia è rimasta nella Russia, a sua volta perché nella Pace di Brest-Litovsk (/ Brest-Litowsk / Brześć nad Bugiem / Brest / Beras'ce / Brestas / Lietuvos Brasta) gli Imperi Centrali hanno staccato l’Armenia ma non la Cecenia dalla Russia. Similmente, a parità di inclusione storica nel Sacro Romano Impero, Paesi come il Belgio sono entrati nell’Unione Mitteleuropea senza appartenere né al Secondo Reich né all’ucronicamente restaurato Sacro Romano Impero, quindi allo scioglimento dell’Unione Mitteleuropea sono del tutto “indipendenti” (ossia vengono, in realtà, annessi dall’Alleanza Atlantica), mentre per il esempio il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, pur non asburgico (a differenza del Belgio prima della Rivoluzione Francese), essendo stato incluso nel ‘Secondo Sacro Romano Impero’ vi rimane anche dopo lo scioglimento dell’Unione Mitteleuropea. Questo accade per l’impostazione westfaliana del Diritto Internazionale come concepito dall’Alleanza Atlantica, per il (nonché la) quale le Alleanze si posso sempre sciogliere (di fatto tranne la propria), gli Stati Confederati (quindi quelli dell’Unione Mitteleuropea) possono secedere se lo vogliono, mentre gli Stati Federati (come quelli del Sacro Romano Impero) solo – in teoria – se la Federazione acconsente.

Come la Russia ha avuto, dal proprio punto di vista, la fortuna che i Dirigenti dell’URSS mantenessero nei suoi confini le Cecenia (e la sfortuna che non vi aggiungessero l’Armenia), così in questa ucronia il Sacro Romano Impero ha la fortuna che i suoi Dirigenti e quelli dell’Unione Mitteleuropea includessero nei suoi confini gli Stati Italiani e la sfortuna che non vi riportassero il Belgio. La ‘riprova’ (se tale può essere qualcosa che si riduce a un’ipotesi ucronica) ne è che il Lussemburgo a un certo punto entra nel Secondo Reich e quindi, allo scioglimento dell’Unione Mitteleuropea, vi resta, senza seguire il Belgio e l’Olanda.

Non avrei scritto questa sbrodolata se non fosse stato per il dovere/piacere e onore di rispondere a una precisa domanda. Ciò chiarito (?), comunque, confermo che a questo punto ritengo le possibilità dello scenario descritto (lo scioglimento della Quadruplice e dell’Unione Mitteleuropea) minori che quelle del mantenimento dello stătŭs quō. Lo scrupolo era nato dalla constatazione che l’Anglosfera, pur non superando soverchiamente le dimensioni della Quadruplice Alleanza e dell’Unione Mitteleuropea sul piano territoriale, al termine del XX secolo dispone di una popolazione sproporzionatamente maggiore e di riserve energetiche ancora più ampie; tuttavia, è innegabile che la Quadruplice Alleanza è sufficientemente vasta da potersi permettere un’opzione autarchica come estremo rifugio in caso di pericolo. Con un po’ di esagerazione, arriverei ad affermare che, se l’Anglosfera è obiettivamente invincibile, la Quadruplice non può essere sconfitta del tutto senza che l’Anglosfera paghi un prezzo tale da rendere, al confronto, più conveniente la Pace.

Quindi, alla fine, i Cent’Anni della Galleria Francesco Giuseppe a Milano vengono più probabilmente celebrati dal Borgomastro Vitaliano X Principe Borromeo Arese Taverna, Conte di Arona e Marchese di Angera (nato nel 1960, due anni dopo Beppe Sala)...

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Ed ecco ora un'altra idea di Alessio Benassi:

Matilde d'Asburgo-Teschen era la promessa sposa del Principe ereditario d'Italia Umberto di Savoia. Matilde purtroppo morì tragicamente all'età di diciotto anni nel Castello di Hetzendorf, la casa viennese dell'imperatrice Elisabetta, il 6 giugno 1867. L'arciduchessa aveva indossato un abito di tulle per andare a teatro. Prima di avviarsi per assistere allo spettacolo, volle fumare una sigaretta, ma poco dopo il padre (o, secondo altri, l'istitutrice), che le aveva proibito di fumare, si avvicinò a lei, che nascose la sigaretta dietro al vestito. Immediatamente l'abito prese fuoco avvolgendola completamente e provocandole ustioni di secondo e terzo grado. Secondo una versione leggermente diversa, la giovane avrebbe acceso una candela per suggellare una lettera, gettando poi inavvertitamente il fiammifero tra le pieghe del vestito. La sua morte fu testimoniata dall'intera famiglia. Ipotizziamo che la giovane Matilde si salvi da questo incidente, magari gettando via la sigaretta, in questi modo Matilde può convolare a nozze con il giovane principe italiano. Con questa unione l'Austria e l'Italia hanno un disgelo nei rapporti diplomatici (nonostante la presa di Roma) e dopo la morte di Vittorio Emanuele II, diviene Re Umberto I e Matilde diviene Regina d'Italia. Il regno di Umberto vede anche un disgelo nei rapporti con la Chiesa, disgelo dovuto proprio alla principessa asburgica e cattolica; la corte del Quirinale diviene una reggia rinomata dai principi europei e inoltre la giovane Regina si prodiga per visitare e aiutare i suoi nuovi sudditi. Sviluppi?

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Ad essa risponde proprio Enrico Pellerito:

Non si è trattato dell'unico caso che ha interessato casa Savoia. Lo storico Mack Smith, nella seconda metà del secolo scorso, rivelò che il viaggio che Vittorio Emanuele II e Cavour fecero a Londra nel 1855, aveva anche uno scopo matrimoniale. Andiamo per ordine.

Il 20 gennaio 1855, Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena, consorte di Vittorio Emanuele e pertanto regina di Sardegna, morì in seguito ad un improvviso e violento attacco di gastroenterite. Il cosiddetto re "galantuomo", che nei confronti della moglie non lo era tanto, non patì problemi sul versante dell'intimità; era solito tradirla e, proprio in quel periodo, era particolarmente legato a Rosa Vercellana, la famosa "bella Rosina", una popolana sanguigna per carattere come del resto era lui, dalla quale ebbe anche prole, da lui preferita a quella legittima.

A Rosina, Vittorio Emanuele non fu neanche fedele, ma certo le volle bene, tanto che la sposò quando lui fu in punto di morte. Nonostante fosse quindi vedovo, il re poteva dirsi soddisfatto per quanto riguardava la sua vita intima e non aveva dunque desiderio di risposarsi, ma c'erano pur sempre delle esigenze dinastiche. Così, approfittando della situazione di intesa che si era creata tra il Regno di Sardegna e gli imperi britannico e francese, pensò di scegliere moglie tra le principesse della Casa Reale britannica. Il viaggio intrapreso a Parigi e a Londra aveva, dunque, anche questo scopo, che però fu coperto con il massimo riserbo da parte italiana; ora vedrete il perchè.

Nonostante i consigli di Cavour, dal come comportarsi nell'ambiente della corte di Londra, all'accorciarsi i baffi, a vestirsi in modo meno rozzo, Vittorio Emanuele fece non poche gaffes, tanto che la regina Vittoria scrisse nel suo diario che quello non era un re ma un avanzo di caverne medievali, anche se in seguito cambiò un poco in positivo il suo giudizio.

Ad ogni modo, il corteggiamento nei confronti di una delle cugine della regina, che Vittorio Emanuele riteneva erroneamente la primogenita di Vittoria, non sortì alcun effetto, dato che la principessa in questione lo riteneva una specie di bifolco. Anche in questa occasione la motivazione del rifiuto fu imputata a problemi religiosi.

Vittorio Emanuele ne fu lo stesso umiliato e tutto questo venne tenuto segreto quasi fosse un affare di stato (e forse lo era); ad ogni modo decise di non risposarsi, checché ne pensassero Cavour, Minghetti e D'Azeglio.

Riguardo la domanda del nostro Webmaster, credo che in effetti sarebbe cambiato poco per la storia del nostro Paese. I Savoia non si facevano certo scrupoli a guerreggiare contro l'Austria, pur sposando principesse di sangue austriaco, anche se nel caso di Maria Adelaide siamo in presenza di "contaminazioni" toscane e lombarde.

D'altra parte, gli stessi popoli dai quali provenivano principesse che sposeranno re e principi italiani, non stavano certo a guardare per il sottile. I Montenegrini non pensavano certo alla regina Elena quando si ribellarono alle truppe italiane presenti sul loro territorio. E nessun problema ci fu per i soldati belgi che agirono contro le nostre truppe in Etiopia, ancorché Maria Josè fosse originariamente una loro principessa.

Nei momenti di crisi politica, credo che nessun monarca ha scelto la famiglia o la propria origine rispetto la fedeltà alla nazione di cui aveva la guida, come fece re Ferdinando I di Romania (nato in Germania e membro del ramo cadetto della famiglia imperiale tedesca Hohenzollern), che entrò in guerra contro gli Imperi Centrali, o Guglielmo II, che dopo la morte di Federico III bandì dalla corte la propria madre Vittoria, proprio perchè figlia della regina britannica Vittoria, in nome di una nuova politica nei confronti di Londra...

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Un'altra possibile "ucronia matrimoniale" è quella di William Riker:

Com'è noto, le famiglie reali europee erano quasi tutte imparentate tra di loro, ma non si registrarono mai matrimoni tra i Savoia e le nobildonne inglesi. Un'eccezione a questa regola avrebbe potuto riguardare il principe di Napoli Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di Umberto I ed erede al trono d'Italia, al quale nel 1892 si era pensato di far sposare Maud Charlotte Mary Vittoria di Edimburgo, castana, sguardo deciso, naso importante, viso allungato, cavallerizza, pattinatrice e ciclista. Il progetto fallì, perchè era necessario che Maud abiurasse l'anglicanesimo per abbracciare il cattolicesimo; Maud era anche disposta a farlo, ma i Savoia pretendevano che ciò accadesse prima del matrimonio, mentre la famiglia reale inglese voleva che ciò avvenisse dopo le nozze. Alla fine il futuro re Vittorio Emanuele III sposò invece Elena del Montenegro. Ma come cambia la storia d'Italia se il "Re Soldato" ha accanto a sé una regina proveniente dalla "Perfida Albione"?

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Alessio Benassi ha avuto un'altra idea:

Nel 1878 l'anarchico Giovanni Passannante uccide il Re Umberto I a Napoli, con una lama riesce a colpire il monarca alla gola che spira nel palazzo Reale di Napoli. Il piccolo Principe di Napoli Vittorio Emanuele, diviene Re, con la reggenza del parente maschio più prossimo lo zio Amedeo Duca d'Aosta, e la tutela della Regina "di primavera" o "breve" Margherita, che travalicherà il ruolo di Regina madre essendo de facto la reggente. Margherita serberà sempre il ricordo del marito, conserverà gli indumenti insanguinati e la "fatal daga" in un cofanetto di ebano con impresse lettere d'orate "H" e "R" (cioè Hubertus Rex), Margherita si occuperà del figlio che crescerà e accompagnerà sempre in tutte le visite, inoltre con l'influsso dei due reggenti ferventi cattolici si creerà un clima di distensione con Papa Leone XIII. Il Quirinale diverrà sede della corte, una delle più rinomate e apprezzate d'Europa, la Regina viene definita ben presto "una vera professionista della Corona", la nobiltà di tutto il continente passa per il colle più alto, ma soprattutto Margherita riesce ad "amalgamare" la nobiltà "bianca" filo sabauda in un "matrimonio di compromesso" con l'aristocrazia "nera" vaticana, i Chigi, i Panfili, i Colonna e i Borghese ecc frequentano il Quirinale con i Savoia perché in fondo "l'avversario sono gli anarchici, i socialisti ecc".

In politica estera l'Italia si espande in Africa, occupa l'Eritrea e ottiene il controllo della Somalia, grazie alla spinta del Reggente Amedeo d'Aosta vengono inviati molti più uomini in Abissinia dove il trattato di Uccialli vincola l'Impero del Negus al protettorato con Roma. Inoltre per non rimanere isolata l'Italia si avvicina a Berlino e Vienna, il Kaiser tedesco verrà nell'Urbe e famoso è il valzer ballato con la Regina Margherita.

Nel 1883 Margherita scrive al Pontefice, in occasione del genetliaco del Santo padre, vuole sondare il terreno per conciliare lo Stato con la Chiesa, Leone XIII anche non rinunziando alle sue prerogative temporali si dimostra pacato e diplomatico.

Intanto la Regina prosegue la sua instancabile opera di unificazione nazionale, detta moda, cibi vengono dedicati a lei, il suo nome è il più popolare tra le bambine, ovunque ci sia una sciagura lei accorre con il Reggente o con Vittorio, durante l'epidemia di colera a Napoli sarà in mezzo alle strade a portare conforto alla gente e si farà voce del risanamento della città ma l'opera più "straordinaria" della Regina sarà la "conversione" del Carducci, che canterà le odi della Regina bionda e della monarchia.

Nel 1890 il Re Vittorio Emanuele III compie 21 anni e assume tutte le prerogative regie, inoltre il Duca Amedeo muore. Il giovane sovrano presta giuramento d'innanzi alle camere, e nel Santo Natale del 1891 viene incoronato Re nel Duomo di Milano, lavoro di diplomazia opera sempre della Regina con il Papa Leone XIII. Il nuovo sovrano spinge per una politica "liberale", che si consoliderà con l'età giolittiana, intanto si consolida il legame con la "Triplice alleanza" e soprattutto si consolida il dominio in Africa orientale, dove sconfitto il Negus Menelik II si procedeva alla "pacificazione" della colonia, e dove inizia una emigrazione di contadini in cerca di terre.

Intanto la politica di Leone XIII, inaugurata con l'enciclica "Rerum novarum", l'attenzione sociale della Chiesa riesce ad aggregare le prime "leghe bianche".

Le "giornate di Bava Beccaris" non avvengono, Vittorio Emanuele III è contro la politica detta "della sciabola", si vuole evitare il rincaro del prezzo del pane che colpirebbe le classi meno ambienti.

Inoltre, nonostante qualche dubbio della Regina Margherita, Vittorio Emanuele decide di sposare Elena Petrivik Njegos, figlia del Principe Nicola del Montenegro, questo renderebbe migliori gli interessi italiani nei Balcani e soprattutto darebbe slancio nuovo al sangue sabaudo. La giovane principessa montenegrina, dopo aver abiurato la fede ortodossa e abbracciato quella cattolica, si sposa a Roma, cerimonia civile al Quirinale e cerimonia religiosa a Santa Maria degli angeli, come segno di buona volontà l'abito della sposa verrà "disfatto" dopo il matrimonio e il tessuto utilizzato per confezionare delle pianete da sacerdote donate alla chiesa dove i giovani sono convolati a nozze, rimane storico l'aneddoto in cui Margherita cede l'inginocchiatoio alla nuora durante la messa in suffragio ad Umberto I con le parole "Ecco il posto della Regina". Ben presto seguiranno una serie di principesse e un principe, Umberto erede al trono e Principe di Piemonte.

Con il nuovo secolo si hanno molte novità, primi vagiti di sviluppo economico, aumento dell'alfabetizzazione, aumento dell'elettorato e sviluppo dei primi partiti di massa, socialista e cattolico, Giolitti alleandosi di volta con uno e poi con l'altro si fa promotore di riforme sociali o pro cattoliche, nel 1906 la spinta di nazionalisti (supportati dalla Regina madre) e dai cattolici che la vedevano come una novella crociata si passò alla conquista della Libia. Nel 1913 verrà introdotto il suffragio universale maschile, il ridimensionamento del partito liberale, la crescita dei cattolici e dei socialisti, salverà appena Giolitti.

Nel luglio 1914, a Sarajevo, l'arciduca Francesco Ferdinando cade vittima di un attentato. Che accade?

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Diamo ora la parola ad Enrica S.:

Asmara addio

Il 10 marzo 1882 il governo Depretis comprò la baia di Assab dall'armatore genovese Raffaele Rubattino, la trasformò in possedimento coloniale e vi spedì un battaglione di bersaglieri al comando del colonnello Tancredi Saletta. Le difficoltà cominciarono quando le truppe italiane, come accadde a tutte le potenze coloniali della seconda metà dell'Ottocento, cercarono di consolidare il controllo del territorio conquistando l'entroterra, e si imbatterono nelle agguerrite truppe abissine. Lo scontro più sanguinoso avvenne il 26 gennaio 1887 a Dogali, dove un battaglione composto da 540 uomini fu letteralmente sterminato dagli abissini. La sconfitta provocò un terremoto politico in Italia, che portò alla crisi del governo Depretis. Alcuni deputati chiesero il ritiro delle truppe, ma il Paese fu percorso da una ventata di nazionalismo e il governo venne criticato per la sua mancanza di fermezza, non per la sua politica colonialista, che invece oggi creerebbe senz'altro scandalo in tutti gli schieramenti politici.

Ma che accade se i moderati prevalgono sui radicali, l'Italia decide di rinunciare a "vendicare la bandiera" e si ritira dal Corno d'Africa, abbandonando ogni velleità coloniale in quell'angolo d'Africa caldo e umido? Punterà prima alla Libia, mandando a farsi benedire la Triplice Alleanza, perché « i popoli non vivono soltanto di pane, ma anche di onore »? E con che esito e con quali conseguenze sul morente Impero Ottomano? Oppure rinuncerà del tutto all'Africa, concentrandosi piuttosto sulle Terre Irredente e sull'alfabetizzazione e l'industrializzazione del Sud? Come cambia la storia della Penisola?

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A risponderle è Alessio Mammarella:

Io penso che se dopo Dogali ci fosse stata la rinuncia alla colonizzazione dell'Eritrea, ci sarebbe stata a causa di un cambiamento politico che avrebbe affossato la sinistra storica. Era infatti quella a rappresentare l'interesse degli industriali per una politica "di potenza", quindi colonie, protezionismo (e conseguente guerra doganale con la Francia) e indirettamente anche per l'adesione alla Triplice Alleanza (era necessaria in funzione antifrancese). Potremmo immaginare allora che il contraccolpo politico di Dogali sia così ampio da far esplodere la maggioranza della sinistra storica: molti deputati potrebbero fare un "salto verso il futuro" passando si posizioni più radicali e vicine al pensiero socialista (magari, essendo un po' presto per i socialisti in Italia, potrebbero crescere i repubblicani) lasciando la Sinistra storica con numeri troppo esigui per sostenere l'esecutivo. Elezioni anticipate, ritorno al potere della Destra storica ma con una sinistra radicale più forte all'opposizione.

La destra storica, avendo una particolare attenzione all'equilibrio di bilancio, starebbe attenta a contenere le spese, e quindi favorirebbe il Regio Esercito (comunque necessario alla difesa del paese) rispetto alla Regia Marina (che aveva invece sogni di grandezza nel Mediterraneo, e insisteva per inseguire qualitativamente e quantitativamente i progressi delle marine britannica e francese). Certamente i nuovi governi della destra adotterebbero meno innovazioni in campo giuridico, scolastico e sociale però le risorse risparmiate grazie a una marina meno ambiziosa e alla mancanza di colonie potrebbero consentire un sistema fiscale più leggero e qualcosa di più a livello di infrastrutture.

Qualcosa di simile alla sinistra storica potrebbe tornare al governo dopo la crisi di fine secolo. In teoria quindi l'interessamento alla Libia sarebbe ancora possibile, tuttavia... l'Italia che ha vissuto una svolta "isolazionista" nel 1882-83 non farebbe parte della Triplice Alleanza, e quindi non sarebbe contemplata tra le potenze europee. Probabilmente non avrebbe voce in capitolo nelle crisi marocchine, e di conseguenza non avrebbe modo di ottenere adeguati appoggi diplomatici per attaccare la Libia. Anzi, in uno scenario in cui l'Italia non ha mai aderito alla Triplice Alleanza, l'Impero Ottomano potrebbe aderirvi prima del 1914 (per esempio dopo il 1908 quando il paese iniziò una ventata di modernizzazione, ma anche di nazionalismo, sotto i Giovani Turchi).

Alla crisi del 1914 si arriverebbe senza guerra di Libia e guerre Balcaniche. Se l'Impero Ottomano avesse avuto ancora i confini europei ante-guerre balcaniche, è possibile che Grecia, Bulgaria e Montenegro si sarebbero tuffate nel campo dell'Intesa. Ciò significa che la guerra sarebbe sin da subito più impegnativa per i turchi (che in HL hanno avuto la Bulgaria alleata e la Grecia lungamente neutrale) ma anche per gli austro-ungarici (senza intervento bulgaro ostile la Serbia non crollerebbe, e il fronte serbo potrebbe restare aperto fino al 1918).

Che cosa avrebbe fatto l'Italia? Il primo anno di neutralità sarebbe stato certamente giustificato dal fatto di essere slegati da qualsiasi alleanza e di non avere forze armate pronte per affrontare un grande conflitto. Poi l'Italia sarebbe entrata in guerra contro l'Austria-Ungheria (forse la cosa è abbastanza ineluttabile) però senza "vittoria mutilata" non perché l'Italia avrebbe ottenuto più territori, ma semplicemente perché non si sarebbe considerata una "potenza" e quindi non ci si sarebbe messi a fare confronti con Francia e Gran Bretagna che ovviamente fecero la parte del leone nello stabilire le condizioni della pace.

Insomma, per riassumere, forse rinunciare a Dogali avrebbe significato rinunciare a quel continuo confronto con "Francia e Gran Bretagna" che talvolta facciamo tuttora e che ha portato i politici italiani del passato a voler strafare con conseguenze drammatiche.

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Basileus TFT aggiunge:

Con questa diversa prima guerra mondiale abbiamo:

- La Tracia alla Bulgaria, che diventa lo Stato dominante della regione
- La costa dell'Asia Minore occidentale alla Grecia, che non entra in guerra contro i Turchi.
- L'area italiana dell'impero ottomano resta un appannaggio inglese, che poi la restituisce alla Turchia.
- Questo non salva gli Armeni dal genocidio
- Costantinopoli anglofrancese, poi restituita alla Turchia.

Gli Italiani non prendono neanche il Sudtirolo, la Cirenaica va agli Inglesi, Fezzan e Tripolitania ai Francesi che iniziano la loro guerra ai Senussi.

Nessuna impresa coloniale in Etiopia.

Nel 1929 la Bulgaria potrebbe tentare il colpaccio di rifondare il suo antico impero e avere un destino assimilabile a quello dell'Italia nella nostra TL-

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Prende la parola Lord Wilmore:

Io ho una proposta di tenore opposto. Muovendosi prima ed agendo con più furbizia, l'Italia poteva avere ancor oggi qualche territorio d'oltremare in giro per il mondo (non dico che ne sarei felice, neh, è solo un'ipotesi ucronica).

Tanto per cominciare, il 12 maggio 1881 con il Trattato del Bardo gli italiani precedono i francesi e occupano Tunisi, o meglio la Tunisia settentrionale, mentre quella centromeridionale è unita all'Algeria francese. Poi il governo italiano accetta l'offerta del console austro-ungarico a Hong Kong e occupa il Borneo Settentrionale, creando la Colonia di Saba. Eritrea e Somalia sono occupate come nella HL, gli italiani prendono anche le isole Dahlak, da loro ribattezzate Dalac. Vengono poi preceduti i tedeschi ed anche il Togo diventa italiano. In seguito viene stabilita una base sulle isole Europa e Bassas da India, tra Mozambico e Madagascar, che la Francia ha trascurato, così da avere una base di rifornimento nell'Oceano Indiano. Al Congresso di Berlino l'Italia ottiene l'Albania.

Poi arriva Adua, gli italiani si fanno cogliere meno impreparati, hanno trasferito più truppe in Eritrea, se anche non si arriva ad una vittoria schiacciante però la battaglia di Adua è da considerarsi vinta, e Menelik II è costretto ad accettare il protettorato italiano; l'Abissinia resterà in questo status, di fedele alleato degli italiani, senza alcuna conquista militare. Inoltre una nave dichiara la sovranità italiana sull'atollo di Clipperton, cui è restituito l'antico nome di Isola della Passione. Come nella HL, dopo la repressione della rivolta dei Boxer si ottiene la concessione di Tientsin.

Luigi Amedeo, Duca degli Abruzzi, compie una spedizione nell'Artico, approda nella Terra di Francesco Giuseppe, la reclama per l'Italia, la ribattezza Terra di Vittorio Emanuele (II, ma poi tutti la crederanno un omaggio al III), indi è il primo uomo a raggiungere il Polo Nord. In una successiva spedizione antartica il Duca reclama anche l'isola subantartica di Bouvet e una parte di quella che è oggi l'Antartide Australiana.

A voi il possesso dell'isola disabitata di Europa, dell'atollo desolato di Clipperton, di un arcipelago artico in capo al mondo e dell'isola ghiacciata di Bouvet, priva di qualsiasi punto di approdo, potrà parere ridicolo, ma vi assicuro che quelle isolette fornirebbero fondamentali diritti di pesca in tutti i mari del globo. Per questo parlavo di maggior intelligenza politica: inutile cercare di conquistare un continente, quando sei un paese povero, arretrato, assediato dalla malaria e dalla poliomielite: meglio puntare sulle colonie piccole e redditizie.

Vengono inoltre acquistate dalla Danimarca le Isole Vergini, ribattezzate Isole Vergini Italiane.

La Libia viene annessa come nella HL, ma i Senussiti sono cooptati offrendo loro una vasta autonomia della Cirenaica sotto protettorato italiano, e così niente guerriglia a non finire, e i coloni italiani possono trasferirsi laggiù. Anche il Dodecaneso è occupato. La Prima Guerra Mondiale vede la conquista a caro prezzo di Tirolo Meridionale, Istria, Fiume, Cherso, Zara, Pelagosa. All'Albania è invece concessa l'indipendenza sotto stretto protettorato italiano.

Aggiungiamo dei PoD ad hoc. Mussolini muore durante la Prima Guerra Mondiale, Dino Grandi resta socialista, Italo Balbo non fa il Ras di Cremona ma va a combattere la ribellione nella colonia di Saba, scoppiata alla fine della Grande Guerra. Nel 1922 la Marcia su Roma organizzata da Gabriele d'Annunzio è facilmente stroncata dall'esercito regolare, il Vate va in esilio a Parigi gridando: "Ingrata patria, non avrai le mie ossa!" Le elezioni consegnano la maggioranza assoluta al Partito Popolare di Don Sturzo, il "pericolo rosso" è scongiurato, inizia una serie di Presidenti del Consiglio espressi dal Partito Popolare, con una breve parentesi di governo del Fronte Popolare, guidato da Filippo Turati, Giacomo Matteotti e Antonio Gramsci, negli anni '30, che dura poco come in Francia, poi il PPI torna al governo. Niente italianizzazione forzata delle minoranze, anzi il Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi vara un programma di autonomie. I francofoni della Val d'Aosta, i sudtirolesi, i croati e gli sloveni ottengono l'insegnamento delle loro lingue nelle scuole, cartelli bilingui, trasmissioni radiofoniche e quotidiani nelle loro lingue (poi otterranno simili concessioni anche ladini, catalani, albanesi). Viene concessa anche l'autonomia a Siciliani e Sardi, mentre la Libia diventa un regno in unione personale nella figura del Re.

Il 3 settembre 1939 Francia, Regno Unito e Italia dichiarano guerra alla Germania Nazista, ma l'Italia è la prima ad essere invasa dal Brennero. Re Vittorio Emanuele III e il Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi fuggono a Tunisi, si instaura un governo fantoccio (Repubblica Sociale Italiana) guidato da Roberto Farinacci e Alessandro Pavolini. Dopo varie atrocità da ambe le parti gli Alleati liberano l'Italia che resta una monarchia, ottiene un seggio permanente all'ONU, fino al 1950 occupa Tirolo e Voralberg e strappa la Slovenia alla Jugoslavia di Tito. Nel dopoguerra, la Slovenia diventa indipendente sotto protettorato italiano, le è concesso il porto franco di Duino come sbocco al mare. In Albania la guerriglia comunista è stroncata, il suo capo Enver Hoxha è ucciso da un giovane ufficiale dei carabinieri, Carlo Alberto dalla Chiesa.

Il Regno d'Italia aderisce alla NATO; grazie agli studi di Enrico Fermi e Ettore Majorana, apre centrali nucleari e poi si dota dell'arma atomica compiendo esplosioni sperimentali nel deserto libico ed entrando nel "club atomico". Nel 1957 partecipa all'unificazione europea con i Trattati di Roma. Enrico Mattei scopre che la Libia galleggia su un mare di petrolio, ed inizia a sfruttarlo (lo aveva già intuito Ardito Desio vent'anni prima, ma non c'era la tecnologia per estrarlo). L'Italia costruisce anche un poligono spaziale sull'isola di Socotra ed è la terza nazione ad inviare un satellite in orbita con un suo lanciatore dopo URSS e USA. Si instaura una democrazia dell'alternanza tra i Popolari di Aldo Moro e i Socialisti di Enrico Berlinguer. L'Albania e la Slovenia aderiscono all'UE già nel 1982 (l'Albania è molto più avanzata della HL grazie all'aiuto italiano).

Nel 1952 dopo un referendum il Dodecaneso è restituito alla Grecia e l'isolotto di Saseno all'Albania; invece croati e serbi in fuga dal regime comunista di Tito, rimasto fedele a Mosca, si rifugiano nelle province di Trieste, Pola, Fiume e Zara, dove godono di un'autonomia che quasi non ha uguali al mondo (in seguito viene creata la provincia di Pazin/Pisino per la minoranza croata).

Nel 1958 la Libia diviene pienamente indipendente ma fedele alleata dell'Italia (nel 1969 fallirà il golpe di Muammar al-Gheddafi). Nel 1960, "Anno dell'Africa", anche Tunisi, Eritrea, Somalia e Togo diventano indipendenti, e così la Colonia di Saba che si unisce alla Federazione della Malaysia. Restano però italiane le isole Dalac, al largo dell'Eritrea, oggi un vasto parco naturale ed archeologico, e l'isola di Labuan, poco al largo del Borneo, di salgariana memoria, che ospita una base di ricerca e una base militare. Nelle Isole Vergini Italiane si sono svolti tre referendum per l'indipendenza, ma in tutti ha vinto l'opzione di restare una provincia italiana d'oltremare a statuto speciale.

Concludendo. Oggi l'Italia ha i confini del 1940, Albania esclusa, è divisa in 22 regioni (alle nostre si aggiungono Trentino e Sudtirolo, trattate come due regioni separate, più la Venezia Giulia), e con San Marino, Svizzera Italiana, Tunisi, Libia, Eritrea, Somalia e stato malaysiano di Saba forma la Comunità Italofona. Mantiene nel mondo i seguenti possedimenti d'oltremare, praticamente in ogni continente:

> Provincia autonoma delle isole Dalac, capoluogo Gran Dalac;
> Provincia autonoma di Labuan, capoluogo Margherita;
> Provincia autonoma dei Caraibi Italiani (Isole Vergini Italiane), capoluogo Elena;
> Territorio italiano dell'Oceano Indiano (isole Europa e Bassas da India), abitato solo da ricercatori;
> Territorio dell'Oceania Italiana (Isola della Passione), abitato solo da ricercatori;
> Territorio Artico Italiano (Arcipelago di Vittorio Emanuele), abitato solo da ricercatori;
> Territorio Antartico Italiano (isola Bouvet), disabitata.

La rivendicazione dell'Antartide Italiana è stata sospesa in seguito alla firma da parte dell'Italia del Trattato Antartico, ma Roma continua a considerare l'area sua zona di interesse. Ivi sorgono le due basi antartiche di Baia Terra Nova, sulla costa, e di Concordia, nell'interno. Putin rivendica con forza l'arcipelago di Vittorio Emanuele, ma l'Italia è parte della NATO e lo Zar sa che attaccarla significherebbe la guerra nucleare. Le isole Dalac sono rivendicate dall'Eritrea, Labuan dalla Malaysia, l'Isola della Passione dal Messico. La Croazia continua a rivendicare l'Istria, Fiume e Zara, e il suo ingresso nella UE è bloccato finché non cesserà tali rivendicazioni.

In blu scuro: l'Italia metropolitana e i suoi attuali possedimenti. In blu più chiaro: paesi della Comunità Italofona (Canton Ticino, San Marino, Tunisi, Libia, Eritrea, Somalia, Togo, Saba). In azzurro: paesi associati alla Comunità Italofona (Svizzera, Slovenia, Albania, Malta, Etiopia).

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Findarato osserva:

Mi sarebbe piaciuto se qualche città sulle coste africane fossero rimaste italiane (una specie di Ceuta e Melilla da noantri): sarebbe “divertente” immaginare la campagna elettorale dei nostri partiti politici moderni* in queste condizioni.

Chiaramente alcuni partiti sarebbero molto diversi, o non esisterebbero affatto, per esempio quel partito il cui nome è l’incipit del Canto degli Italiani… ma credo che tutti riteniamo possibile la nascita di un partito xenofobo tipo la Lega (Nord).

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E Tommaso Mazzoni aggiunge:

Si consenta anche a me una piccola variazione; io sono sempre stato dell'opinione che con un adeguato sistema di fortificazioni l'Italia possa diventare una fortezza praticamente inespugnabile, mi pare evidente che l'Italia Popolare inizierebbe a fortificare i confini alpini almeno fin dal 1933, inoltre immagino che l'Italia abbia un patto difensivo con la Francia e l'Inghilterra. Anche ammettendo che dopo aver preso la Francia i Tedeschi riescano a penetrare in Italia da occidente, ci sono fior di fiumi, e di montagne. sui quali fare infrangere l'assalto Tedesco, che non andrebbero oltre la linea gotica. In questa timeline il Mediterraneo è un Lago Anglo-Franco-Italiano, Vichy non avviene, l'Empire continue la Lutte dalle colonie, e l'Italia porta a segno una Dunquerque meridionale a Tolone. A difendere la Linea Gotica quindi ci sarebbero i Francesi messi in salvo, gli Italiani e gli inglesi; troppi per passare; L'aviazione Italiana aveva più potenziale di quella tedesca e quindi in questa Timeline invece che la battaglia dei Cieli d'Inghilterra ci sarebbe quella dei cieli d'Italia; In questa Timeline Majorana non ha motivo di sparire e Fermi non ha motivo per andarsene ergo, nel 1944 la Bomba Atomica la sviluppano loro col supporto Anglo-Francese; la notte del 25 Aprile del 1945 un piccolo e discreto Aereo Caproni decolla da una portaerei britannica nel Mare del Nord e sgancia su Berlino la Bomba Grassone. La Germania si arrende una settimana dopo.

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Gli replica Bhrihskwobhloukstroy:

Uno dei lati belli dell’ucronia è che è una specie di esperimento che rivela aspetti dell’inconscio o del semiconscio (o, se non altro, spesso in confessabili). Mi sembra sempre meno probabile che si possa essere neutrali nelle ucronie di Storia Contemporanea e ho l‘impressione che talvolta l’ucronia sia come le fantasie amorose che qualche luogo comune attribuisce (semplificando ed esagerando) al carattere femminile: uno sfogo al contempo intellettuale e sentimentale, che deve rimanere irrealizzato, ma serve a isolare e neutralizzare passioni sommerse anche abbastanza violente (stiamo pur sempre parlando di una Bomba Atomica nel centro di un [sub]continente all’epoca già densissimamente popolato quale l’Europa).

Inquadriamo le proporzioni storiche: nella Realtà le uniche atomiche sappiamo dove e da chi sono state sganciate. L’Umanità si può dividere fra chi ritiene che fosse necessario (non importa per quale motivo specifico, che può essere molto vario; mi importa che comunque risulti soggettivamente necessario) e chi no (io no, per la cronaca, ma non ha alcuna rilevanza). In ogni caso, si è trattato della Superpotenza divenuta – sia pur in prosieguo di tempo – egemone del Globo e che reagiva a una conquista violenta di proprî territorî (non stiamo adesso a discutere su quanto tale proprietà fosse giustificabile: l’attacco si basava appunto su questa revoca in dubbio, ma allo scopo di quanto discutiamo adesso non è indispensabile). Nessun altro ordigno nucleare, a quanto pare, è mai più stato utilizzato contro obiettivi militari che includevano persone umane.

Passiamo all’ucronia: come ovvio, in questo caso il meccanismo è:

- l’Italia dichiara guerra alla Germania (è il fulcro dell’ucronia, una volta esaurita la parte riguardante le Colonie; potrebbe essere benissimo un’ucronia a sé stante, senza bisogno delle Colonie, neppure la Libia);
- la Germania la conquista (in tutto o, come preferisce Tommaso, in parte);
- l’Italia arriva (prima o poi) ad avere l’Arma Atomica (in ogni caso quando la Germania non ce l’ha);
- l’Italia la sgancia su un obiettivo in Germania (dunque a una distanza enormemente minore rispetto a quella fra Giappone e Stati Uniti, comunque misurata) e ribalta, in modo definitivo, le sorti del conflitto.

Spero di non aver omesso alcun punto cruciale. Richiamo ancora qualche particolare del contesto:

- la Germania conserva il controllo del proprio spazio aereo;
- sussiste il Patto Ribbentrop-Molotov (per cui la Germania non manca di materie prime);
- qualsiasi obiettivo in Germania esporrebbe al rischio di radiazioni Paesi vicini (alleati, neutrali o nemici);
- la Polonia – data l’inattaccabilità dell’Unione Sovietica – non verrà comunque restaurata se non al massimo per metà;
- sia in Italia (ucronicamente) sia in Francia il Fronte Popolare è stato al Governo fino a poco prima del conflitto;
- dato quanto accaduto nel precedente dodicennio, un’eventuale Rivoluzione Comunista in Germania – una volta eliminato il Nazionalsocialismo – avrebbe forti possibilità di successo;
- gli Stati Uniti non combattono direttamente la Germania, per cui le decisioni degli Alleati sono concordate fra Regno Unito, Francia e Italia;
- Churchill è stato storicamente incline a usare i Tedeschi contro i Sovietici e molto preoccupato di un possibile successo comunista in Italia.

A questo punto, lo sviluppo che – attenzione – non dico si sarebbe avuto per forza, ma con ogni probabilità sarebbe stato considerato il più verosimile dal Governo Britannico e, aggiungerei, Statunitense è che, dopo gli ultimi sviluppi descritti dal Comandante in dialogo con l’Imperatore, si sarebbe avuta la seguente catena di avvenimenti:

- Rivoluzione Comunista nella Germania distrutta;
- sull’onda sia di questa sia della stanchezza della guerra, ritorno del Fronte Popolare in Francia e in Italia;
- dunque nessuna possibilità di intervento esterno contro la Rivoluzione Comunista in Germania da parte di Potenze vicine;
- possibile sostegno angloamericano a Forze Anticomuniste, ma in tal caso interessato intervento sovietico a favore del Governo Rivoluzionario tedesco, col sostegno di Francia e Italia;
- nel giro di pochi anni, al posto dell’Impero Neocarolingio del Terzo Reich si stabilizza un’Europa Centr(o-Orient)ale saldamente sotto controllo sovietico e inattaccabile mercé la deterrenza nucleare.

Fin qui mi pare che la ricostruzione dei timori (chiamiamoli così) britannici sia incontestabile. Confrontiamola con lo sviluppo ucronico che avevo proposto (e che all’epoca avrebbe rappresentato l’alternativa diametralmente opposta allo scenario appena descritto):

- la Germania annette di fatto (al di là dei confini del 1939) mezza Polonia, Belgio, Francia, Italia-Albania e forse Jugoslavia, tenendo Finlandia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria come Alleati contro l’URSS (con cui, d’altronde, ha un Patto di Non Aggressione);
- l’Impero Coloniale Francese diventa di fatto un Protettorato Britannico;
- la Potenza Coloniale Italiana è intatta come tale, ma priva della propria base metropolitana, la “portaerei” al centro del Mediterraneo.
Che questo scenario sia, per chiunque a Londra e – in questa ucronia – anche a Washington, preferibile al precedente è oggettivo. Poi se ne possono pensare tanti intermedî, ma nel preciso frangente storico (ucronico) uno è realtà e l’altro è l’alternativa imminente (dato che l’Italia sta per sganciare l’atomica), senza altre possibilità.

Conclusione (parziale): contrarietà (mi sarà consentita questa formulazione minimalistica?) britannica (e probabilmente statunitense, anche se fuori dal conflitto) al lancio della Bomba.

Che per l’Italia sia preferibile sganciare un’Atomica sulla Germania (unica possibilità di ribaltare il conflitto e recuperare tutto), pur con quanto ne conseguirebbe, è evidente e fuori discussione.

Resta la Francia (de Gaulle): favorevole o contraria? La Francia ha un Governo in esilio, ma non è come l’Italia con il Governo in esilio; è un Governo ‘antagonista’ di quello di Vichy, in un certo senso come quello in Italia è antagonista a quello legittimo (ossia preesistente e trasferitosi a Tunisi se non addirittura rimasto, secondo la variazione tomistica, in parte dell’Italia Metropolitana sulla sponda europea del Mediterraneo). Che differenza comporta? Che il Governo in esilio della Francia è il Governo del Protettorato di fatto britannico e quindi è più probabile che recepisca l’orientamento di Londra che aderire a quello italiano.

Somma: due Paesi Alleati (più gli Stati Uniti) sono contrarî al lancio dell’Atomica (Stalin gongola, perché ci guadagnerà comunque).

Arriviamo al punto finale, naturalmente sdoppiato.

Finale A: l’Italia lancia la Bomba. Ci sono molti scenarî possibili; in tutti, l’Italia si allontana dagli Alleati Anglo-Francesi più che storicamente l’URSS dagli altri Alleati (quindi è molto probabile una sorta di Guerra Fredda – peggiore di quella storica – fra l’Italia da un lato e la [residua] Alleanza Atlantica dall’altro; Italia più isolata che la Spagna e il Portogallo durante gran parte della Guerra Fredda, benché senza alcuna ombra di Totalitarismo). Fra questi molti scenarî, innegabilmente quello delineato dai timori angloamericani è uno dei più verosimili (certo, può andare anche diversamente, ma in questo momento stiamo cercando di calcolare le probabilità complessive).

Finale B: dopo l’insuccesso di alcuni tentativi di sbarco sulla Fortezza Europa, gli Alleati cercano un diversivo e puntano sul deterioramento dei rapporti fra Terzo Reich e URSS (il vero incubo della Geopolitica angloamericana, ma anche francese). Regno Unito e Francia finiscono per fondersi, come nell’Unione del 16. giugno 1940 (Great Britain, Parliament, Parliamentary Debates, Fifth Series, Volume 365. House of Commons Official Report, Eleventh Volume of Session 1939-40 [London, His Majesty’s Stationary Office, 1940]) e come in quella richiesta a Elisabetta dai vertici della Quarta Repubblica nel 1956 (vedi). In complesso, quattro Potenze:

- Alleanza Atlantica (Stati Uniti e Unione Franco-Britannica);
- Italia extraeuropea;
- URSS-Mongolia-Cina Popolare;
- Terzo Reich e Alleati.

Oltre a questo non credo che possiamo arrivare; ognuno di noi metterà questi due scenarî (estremi, ma al contempo i più probabili; da soli credo che superino le possibilità di tutti gli altri alternativi messi insieme) nell’ordine che preferisce. Il finale A è il più vicino (di certo fra questi due) alla versione del Comandante e, direi, dell’Imperatore; il finale B è la continuazione della mia variante.

Il finale A non ha perciò bisogno di tanti commenti; come è evidente, non è la mia versione, è una del tutto seria proposta di ritocco a quelle precedenti (in cui l’essere era, ammettiamolo, molto influenzato dal voler essere, nonostante tutto), per pure ragioni logico-storico-ucroniche. In breve: il Colonialismo porta, per una in parte paradossale concatenazione di cause, al Comunismo (o, più prosaicamente, a una sorta di Patto di Varsavia assai più esteso in Europa). È una sfida che presento alla discussione generale.

Il finale B richiede invece qualche parola di precisazione. In questo, la dinamica logica non riguarda tanto il Colonialismo, quanto quella che prima ho presentato come la ‘seconda ucronia’ (quella semiconscia): l’Italia contro la Germania ([anche] nella Seconda Guerra Mondiale). Ripeto, potrebbe essere un’ucronia a sé, senza la questione delle Colonie o dell’Alaska; ma c’è e quindi la discutiamo qui (o, meglio, anche qui). In tal caso, la sfida che pongo alla discussione generale è che, in molti casi (non so se la maggioranza) e comunque in questo e simili, una più o meno immediata partecipazione dell’Italia alla Seconda Guerra Mondiale a fianco degli Anglo-Francesi (quest’ultima precisazione è cruciale; senza intervento degli Stati Uniti) porterebbe, non di per sé ma per gli effetti collaterali (pericolo molto accresciuto per la Germania, che quindi non attacca né l’Unione Sovietica né gli Stati Uniti: anche questo confido che mi verrà riconosciuto come logico), alla sopravvivenza di un Terzo Reich certo lontanissimo dagli obiettivi hitleriani, ma pur sempre di dimensioni più che quadruplicate rispetto al 1939 (e non potrebbe ottenere un metro quadro in più, dato il contesto internazionale conseguente alla fine del conflitto).

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Alessio Mammarella ribatte:

Questione complessa. Il nazionalismo italiano si è sempre basato sulla Francia come termine di paragone. La Francia infatti è un paese molto simile all'Italia per demografia, cultura, economia (agricoltura e industria dei due paesi sono note nel mondo per i medesimi prodotti) e c'è sempre stata la convinzione che se gli italiani avessero avuto lo stesso atteggiamento intraprendente e scaltro dei francesi avrebbero potuto ottenere gli stessi successi nel mondo.
In effetti dopo la Prima Guerra Mondiale l'Italia si era vista riconoscere lo stesso "rango" della Francia (Trattato di Washington sugli armamenti navali) ma non si trattava di vera parità: la Francia ha una storia nazionale più lunga, che ha costruito meccanismi di formazione e selezione della classe dirigente molto migliori rispetto a quelli italiani; la Francia ha avuto a disposizione secoli per costruire un proprio impero coloniale, e nonostante le battute d'arresto subite in Nordamerica e in India a opera dei britannici è giunta a controllare nel tempo una grande parte del mondo; la Francia ha un popolo abituato a reggere la pressione di grandi crisi (pensate al 1814 o al 1870).
Insomma, io penso che cercare punti di divergenza che possano condurre l'Italia a essere come la Francia (una potenza piccola, ma comunque internazionalmente riconosciuta come tale, paese guida in Europa, all'avanguardia della tecnologia militare e il possesso di varie isole tropicali come residuo del passato coloniale) ci possa condurre solo in qualche vicolo cieco.
Ovviamente ciò non significa che non si possa giocare pensando a colonie ucroniche tricolori...

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Riprende la parola Tommaso:

Beh, vicolo cieco no, ma bisognerebbe partire intorno al periodo in cui la Francia ha costruito il suo Stato nazione e ci vorrebbe un po' di tempo. Ma me lo segno. Comunque senza andare troppo nel passato ( e no Guido non intendo riaprire la vecchia diatriba sul 1848, ma solo citarlo come il progetto di unità nazionale non realizzato più recente che non coinvolga l'appartenenza ad Imperi più grandi dell'Italia stessa, che non sono un male ma avrebbero un'altra ucronia.) si possa dire che un Italia che nasca nel 1848, su base confederale, con meno patemi interni possa muoversi prima e meglio in campo coloniale.

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Alessio riannoda il filo del discorso:

Secondo me anticipare l'unità di due o tre lustri non avrebbe cambiato molto. Ti faccio degli esempi concreti.
Nel 1830 la Grecia diventa un regno indipendente e durante la guerra d'indipendenza greca emergono le potenze che saranno protagoniste degli eventi della regione negli anni successivi: l'influenza degli europei sull'Egitto e sull'Impero Ottomano, la Guerra di Crimea, le guerre balcaniche. L'Italia in quel momento non esisteva ancora e ovviamente le varie potenze non pensarono certo a lasciare una sedia libera per quando ci sarebbe stata.
Sempre nel 1830, la Francia invade l'Algeria, mettendo il primo tassello per la costruzione di quella che sarebbe poi stata chiamata Françafrique. Questione importante perché all'Italia, non avendo uno sbocco diretto sull'Atlantico, avrebbe potuto far comodo costruire un sistema coloniale proprio lì, nell'Africa occidentale, partendo dall'Algeria per arrivare fino al Golfo di Guinea.
Due esempi per dire che non solo il 1848 è una data tarda per l'unità d'Italia secondo me, ma pure il 1830. Proviamo ad andare ancora indietro: il 1820-21 potrebbe essere una buona data per il Risorgimento, ma comunque i tempi sarebbero stati molto stretti, difficile pensare che nel giro di un decennio l'Italia potesse formarsi e passare anche a essere attiva e assertiva nelle questioni internazionali. Siccome prima del 1820 c'è la fase napoleonica, in cui l'Italia era inevitabilmente soggetta alla Francia, secondo me l'unità d'Italia sarebbe dovuta avvenire prima della Rivoluzione Francese.
Per un'Italia del genere, che potrebbe anche non essere contraddistinta dal tricolore consueto (di origine "giacobina") non possiamo che mettere in conto un andamento delle guerre settecentesche. (Mica facile!).

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Sentiamo adesso il parere in merito di feder:

Per adesso al mondo sono stati sviluppati due macrotipi di economie: quelli che creano ricchezza (pensate ad esempio alle collettivizzazioni sovietiche) e quelli che sottraggono ricchezza. In quest'ultimo caso rientra appieno il colonialismo, così come è stato formulato nei secoli: in primis un fenomeno di rapina (e.g. gli spagnoli che bruciano Tenochititlan e portano l'oro degli amerindi in patria) e in secundis un fenomeno di sfruttamento (e.g. la compagnia anglo-belga del Congo, che schiavizza la manodopera locale per produrre tanto pagando poco).

Purtroppo per gli appetiti italiani, il territorio del Corno non si prestava né al primo né al secondo tipo di furto. La ricchezza dell'impero etiope era soprattutto la lunga tradizione che risaliva fino a Salomone; poi, nient'altro. In Abissinia, come in Somalia e in Eritrea non c'erano grandi città (tanto è vero che l'urbanesimo ce lo abbiamo portato noi) né risorse peculiari da prelevare. Non so se qualcuno di noi ha dei nonni tanto vecchi da ricordare il periodo più buio della nostra storia: ecco, se così fosse, forse vorrà chiedergli quale era la considerazione che il caffé ricopriva nella società lungo gli anni 1936-1940. Questo perché la piantagione era una delle poche la cui coltivazione rendeva effettivamente frutti sull'altopiano, e il regime ci teneva a esaltare il valore della conquista!

Chiaramente, non bastava. Un intervento opinabile dal punto di vista morale ma utile dal punto di vista economico sarebbe stato quello di importare colture dal resto del mondo (sicuramente il cotone, così da mettere in moto l'industrializzazione della penisola, ma anche onesto grano, orzo e frumento per alimentare la crescita demografica) e trasformare così il Corno d'Africa in una grande piantagione schiavile a cielo aperto, volendo così sopperire alla mancanza di risorse significative dal punto di vista minerario e umano (nemmeno il clima era troppo favorevole, però).

Non credo sinceramente che l'assenza di colonie avrebbe favorito la modernizzazione della penisola, semmai arricchendoci dal punto di vista morale (ancora oggi siamo ricordati come degli eroi dagli etiopi per avergli fatto presente che pure questi strani bianchi con bastoni esplosivi erano esseri umani e potevano tranquillamente essere presi a calci nel sedere). Che poi Roma le gestisse peggio delle altre potenze (nominalmente l'Inghilterra, perché in realtà la politica coloniale francese si tradusse in una sequela di stupri di massa, mentre quella tedesca nella pedissequa ricerca di carceri sempre più distanti e spaziose) è un fatto; ma nel complesso, esse furono strumentali nel potenziare esponenzialmente la capacità espansiva delle economie europee, sia come origine delle materie prime, sia come sbocco del mercato.

Oltretutto, l'assenza dell'Italia dalla partita a far da cuscinetto potrebbe favorire ulteriori scontri fra le potenze... a chi va il Corno? Somalia a Londra, Eritrea a Parigi, questo è chiaro; ma che dire del Sudan? E la Libia che fine fa, la ingloba la Francia? Ma per farlo dovrebbe attaccare la Turchia, pupillo di Londra, e così confinerebbe direttamente con l'Egitto, scatenando ulteriori diatribe a proposito di Suez... È tosto svincolare questa matassa, ma le occasioni di potenziali crisi si moltiplicano di molto.

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Vediamo cosa ha architettato in proposito Federico Sangalli:

Allora, io l'ho pensata così:

POD: Crispi non si risolleva più dallo scandalo che nel 1878 lo costrinse alla dimissioni da tutte le cariche sotto l'accusa di bigamia e lasci la politica.

Nel decennio successivo Depretis e Minghetti pongono comunque fine alla divisione tra Destra e Sinistra storica per allearsi, dando vita al Trasformismo. Gli si oppone un eterogeneo gruppo di politici guidati dalla Tetrarchia formata da Benedetto Cairoli, Giovanni Nicotera, Giuseppe Zanardelli e Alfredo Baccarini, con il secondo e il terzo a contendersi il posto di leader (in HL Pentarchia con l'inclusione anche di Crispi).

Dopo le elezioni del 1886 Depretis è fortemente indebolito, anche perchè Minghetti è morto e il nuovo leader della Destra, Antonio Starabba di Rudinì, è contrario all'alleanza col vecchio leader della Sinistra storica, il quale per di più versa in cattive condizioni di salute. Per farcela sceglie di rivolgersi proprio ai suoi avversari e negozia con Zanardelli il suo ingresso nel governo in cambio del suo sostengo (in HL negoziò con Zanardelli e Crispi ed entrarono entrambi).

Dopo l'Eccidio di Dogali, Depretis deve rassegnare le dimissioni. Riottiene l'incarico ma muore poco dopo e Zanardelli stesso è chiamato a succedergli al posto del nostro Crispi. Il nuovo capo del governo è apertamente ostile alla deriva politica colonialista e militarista che stanno intraprendendo le altre potenze europee e così è il nuovo Ministro delle Finanze Giovanni Giolitti. Nel 1889 conclude il Trattato di Uccialli con la mediazione britannica, rinunciando a ogni espansione coloniale nel Corno d'Africa in cambio del riconoscimento etiope della base di Massaua e della Baia di Assab che diventano l'equivalente italiano del Gibuti francese. In politica estera si raffredda l'asse con Germania e Austria: la nomina dell'irredentista trentino Oreste Barattieri come ministro della guerra indispone Vienna (Zanardelli tentò di nominarlo anche in HL) mentre il premier si rifiuta di aumentare le spese militari, di garantire l'invio di duecentomila uomini sul Reno in caso di guerra tra Germania e Francia e di lanciarsi in una guerra doganale con quest'ultima. Zanardelli passa anche una serie di riforme progressiste, tra cui il suo famoso codice penale.

Nel 1891 scoppia (anticipatamente) lo Scandalo della Banca Romana che tira giù il governo, da più parti si sospetta che dietro ci sia la mano degli industriali, dei militari e di Re Umberto I che mal sopportano la linea del premier in carica. Ma lo scandalo gli si ritorce contro perché lo stesso monarca è lambito dalle inchieste. Le elezioni dello stesso anno lasciano un parlamento diviso. Il Re incarica il di Rudinì ma il marchese siciliano condivide l'ostilità verso le guerre commerciali e le spese militari del suo predecessore e ben presto perde la fiducia. Dovendo scegliere un volto nuovo e indenne dagli scandali, la scelta ricade su Giolitti e si dice che il futuro statista piemontese avesse trovato certe carte durante la sua permanenza ai vertici del dicastero del tesoro sui conti di Casa Savoia e che Umberto I abbia dovuto cedere al ricatto.

L'Età Giolittiana si apre con dieci anni d'anticipo e con essa i "giri di valzer" di Roma fuori dalla "coppia fissa" austro-tedesca. Giolitti evita i Moti di Milano e anche la repressione dei Fasci Siciliani, al contrario negozia coi socialisti di Turati per instradarli sulla via del riformismo parlamentare e a inizio secolo passa il suffragio universale maschile. Per compensare le paure dei conservatori l'Italia partecipa da protagonista alla repressione della Rivolta dei Boxer e si fa confermare la vasta concessione/protettorato dello Zhejiang, negoziato poco tempo prima dal ministro Visconti-Venosta (in HL ci mancò poco). Questa resta però solo una concessione ricca di empori commerciali molto remunerativi ma non una colonia. Paradossalmente l'estensione del voto danneggia i liberali di Giolitti, più avvezzi alle manovre di palazzo che al voto popolare, a favore dei partiti di massa come la Lega Democratica Nazionale di Romolo Murri, creata dopo la sospensione del non expedit per evitare la vittoria dei socialisti, e i socialisti stessi. Sorprendentemente Murri e Turati negoziano una coalizione ma Giolitti si barcamena benissimo a Montecitorio e viene chiamato a guidarla come figura di garanzia.

Dopo vent'anni di sgarbi e freddi rapporti, l'Italia rompe la Triplice Alleanza approfittando dell'indignazione legata al fatto che, in barba al trattato, l'Austria non ha avvertito Roma e anzi ha preso accordi segreti alle sue spalle circa l'annessione della Bosnia. Qualche generale austriaco furibondo si fa sfuggire che lo stato maggiore asburgico ha preso in seria considerazione l'idea di "dare una lezione" all'Italia approfittando del terremoto di Messina per attaccarla alle spalle, lo scandalo è grandissimo e contribuisce a seppellire definitivamente l'alleanza con le potenza centrali. Umberto I passa tre giorni chiuso nella Sala degli Arazzi a gridare in tedesco.

Non si verifica alcuna invasione della Libia, e quindi neanche le guerre balcaniche. Posto che l'attentato a Francesco Ferdinando vada come previsto, nel 1915 Bulgaria, Romania e Grecia entrano in guerra con l'Intesa contro l'Impero Ottomano. L'esercito serbo non deve essere evacuato via mare dalla Regia Marina ma gli basta ritirarsi oltre le linee greco-bulgare. I russo-bulgari prendono alle spalle gli ottomani a Gallipoli e causano la caduta di Istanbul, Churchill è avvistato sul tetto del palazzo dell'ammiragliato mentre abbatte Zeppelin con bottiglie di whisky incendiarie e ride a crepapelle. Il Sultano fugge ad Ankara, ma gli inglesi sfondano facilmente a Kut e dilagano per la Mesopotamia, mentre i russi calano dall'Armenia, il malato d'Europa arriva al decesso nel giro di dodici mesi al massimo.

La riapertura degli Stretti permette di riprendere i commerci verso l'Impero Russo, facendo sensibilmente abbassare il prezzo del pane (sembra che il grosso dei rifornimenti alimentari zaristi passasse dal Mediterraneo). Le voci rivoluzionarie si calmano un poco, Brusilov ha più mezzi e finalmente sfonda sui Carpazi ed entra nel bassopiano magiaro proprio mentre i serbi e i loro alleati contrattaccano da sud e riprendono Belgrado. Incalzato su tutti i fronti l'Impero asburgico annaspa e chiede la pace anticipata con la missione del principe Sisto di Borbone-Parma, ritirandosi dal conflitto. Dissanguata su due fronti, la Germania deve chiedere la pace nel 1917.

La Pace di Versailles decide che: per l'Impero Ottomano si tenga fede agli accordi pre-bellici (accordi di Costantinopoli), in pratica dando gli Stretti e l'Armenia alla Russia, Iraq e Giordania all'Inghilterra, Siria e Libano alla Francia e la Palestina sotto condominio internazionale delle tre potenze per accontentare lo Zar che vuole fregiarsi del titolo di Liberatore dei Luoghi Santi. La Libia è divisa tra francesi e inglesi. Niente Dichiarazione Balfour e niente focolare ebraico in Palestina, nonché niente Lawrence d'Arabia e quindi niente Hashemiti e Sauditi. L'Austria-Ungheria perde la Slavonia a favore della Serbia, che diventa Iugoslavia, oltre alla Galizia polacca e all'Ucraina transcarpatica che vanno alla Russia e alla Transilvania che va alla Romania, ma gli Asburgo possono mantenere le tre corone dei neonati regni di Austria, Ungheria e Boemia. La Bulgaria ottiene la Tracia e lo sbocco sull'Egeo, la Grecia è compensata con l'Albania. La Germania subisce un destino simile all'HL ma in più perde la Prussia Orientale a favore della Russia.

Giolitti si presenta a Versailles e avvia trattative con Iugoslavia e Austria per tenere dei referendum di autodeterminazione nelle regioni più etnicamente incerte, seguendo l'esempio dei referendum per la minoranza danese dello Schleswig-Holstein concessi anche se Copenhagen era rimasta neutrale. Alla fine Fiume, Trieste, Gorizia, Trento e Zara scelgono di andare all'Italia mentre Sud Tirolo, Istria, Dalmazia, Spalato e Ragusa optano per restare con le loro nazioni. La morte del grande statista e la crisi economica del 1929 portano alla fine del Sistema Giolittiano e aprono al bipolarismo tra i socialisti di Matteotti e la LDN di Don Sturzo.

I nazisti assassinano Carlo I nel 1934 e invadono il paese, annettendo Austria e Boemia e riducendo l'Ungheria a una repubblica fascista satellite. Roma protesta, ma con Londra e Parigi impegnate nell'appeasement non osa muoversi da sola. In reazione le tre democrazie formano il Fronte di Stresa mentre la Francia mantiene in vita anche l'Intesa Franco-Russa.

La Seconda Guerra Mondiale inizia con l'invasione tedesca della Russia, il cui stato centrale debole e inefficiente si rivela incapace di arrestare la guerra lampo del Reich e collassa. Lo Zar Michele fugge all'estero, un gruppo di rivoluzionari dichiara decaduti i Romanov e tenta la via di un armistizio ma si accorge presto che i nazisti non vogliono la pace bensì lo sterminio di tutti i russi, cosicché la guerriglia s'infiamma. Francia e Italia sono invase subito dopo e costrette in ginocchio, l'una sotto Pétain, l'altra sotto un governo collaborazionista nominato dal Re per evitare di perdere la Corona.

La Seconda Guerra Mondiale termina con la sconfitta dell'Asse: in Russia i combattenti dell'Armata Rossa scomunicano lo Zar vigliacco e dichiarano la repubblica sovietica, estesa però solo ai territori russi, visto che le altre etnie hanno approfittato del collasso per reclamare l'indipendenza. Anche in Italia è proclamata la repubblica.

Con l'inizio della decolonizzazione, l'Italia riconsegna Assab e Massaua all'Etiopia nel 1960, dopo aver già rinunciato allo Zhejiang dopo la vittoria dei comunisti in Cina.

Che ne dite?

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William Riker però obietta:

Forse hai dimenticato qualcosa: se l'Italia è con gli Alleati e la Croazia degli Ustascia con l'Asse, oltre ad essere uno dei membri fondatori dell'ONU e ad avere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, soprattutto se volontari italiani hanno partecipato allo sbarco in Normandia e alla resistenza in Russia, l'Italia potrebbe pretendere al tavolo di pace tutta l'Istria costiera, se non addirittura il confine sul displuviale come in HL dopo la prima guerra mondiale. Possibile corsa all'atomica italiana con Fermi e Amaldi. E che succede all'ex Austria-Boemia-Ungheria? Viene ricostituita o i singoli stati diventano indipendenti? Poi non sono sicuro della vittoria dei comunisti in Russia dopo la pace, soprattutto se Žukov è fedele allo Zar (Alessio II?) e per conto suo giunge sino a Berlino. Credo che i comunisti potrebbero piuttosto ritirarsi nelle regioni centrasiatiche, soprattutto dopo una crociata antibolscevica magari guidata da un certo McArthur. In ogni caso, prima di arrivare alla decolonizzazione, il secondo dopoguerra diverge totalmente, non trovi?

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E Alessio dal canto suo suggerisce:

D'accordissimo con Federico, mi sembra uno sviluppo molto logico. Dopo la guerra a Ottone è riconosciuta l'indole antinazista ed egli è restaurato come Re di Austria, Ungheria e Boemia-Moravia ma solo come regni separati, ognuno con un capo di governo differente stile il monarca inglese nel Commonwealth.
Per quanto riguarda di dubbi del
Comandante, credo che il punto principale da approfondire sia la dinamica della guerra sul fronte orientale. Se la Rivoluzione Bolscevica si svolge durante l'invasione tedesca, evidentemente l'Armata Rossa non sarà quella che conosciamo, con divisioni corazzate e molti aerei, ma sarà prevalentemente guerrigliera. La guerra sarà quindi di tipo asimmetrico e ciò significa che la vittoria sovietica consisterà semplicemente nel costringere i tedeschi a desistere, e non sarà una avanzata travolgente verso Berlino.
Paesi come la Polonia non sarebbero quindi liberati dall'Armata Rossa, ma probabilmente resterebbero occupati dai tedeschi fino all'armistizio. Di conseguenza sarebbe favorita una evoluzione verso l'indipendenza, senza dimenticare che comunque potrebbero essere sempre contagiati successivamente dalle idee rivoluzionarie e dotarsi quindi di un governo socialista.
Penso che ciò cambierebbe anche l'atteggiamento occidentale. La Guerra Fredda e la NATO sono figlie della paura per le divisioni corazzate di Stalin. Se invece i sovietici avessero vinto una guerra asimmetrica, nei loro confronti potrebbe esserci più simpatia che paura, ferma restando la diffidenza verso la loro ideologia e il loro sistema socio-politico.
C'è poi da capire come sarebbe il sistema sovietico: in questo caso infatti la Rivoluzione sarebbe guidata da un'altra generazione (Lenin già morto, Stalin e Trockij molto anziani) quindi sarebbe interessante capire chi sarebbero i leader e con quali idee.

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E Tommaso Mazzoni propone:

A parte il finale con l'epidemia di vigliaccheria monarchica (in HL Michele Romanov rimase nel paese per cercare di ottenere la corona al costo di farsi assassinare), molto bella. Comunque non sono sicuro che l'invasione dell'Italia sarebbe così facile. Con l'appoggio anglo-francese io credo che l'Italia (che si prepara alla guerra di sicuro da almeno due anni, e che senza il corrotto regime fascista ha un esercito guidato da persone serie) fermerebbe l'invasione su quella che nell'HL fu la linea gotica (perché in cielo siamo alla pari, via mare siamo superiori e via terra abbiamo un vantaggio nel terreno che non favorisce i carri armati). Quindi niente armistizio e niente monarca collaborazionista, sarebbe qualche filotedesco come Farinacci a guidare una repubblica italiana collaborazionista, mentre il Re continuerebbe a stare a Roma, a meno che il governo non si trasferisse più a Sud per questioni di sicurezza.

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Riprende la parola Alessio Mammarella:

Sull'Italia le opzioni possono essere varie. E' vero, probabilmente i tedeschi non sarebbero riusciti ad arrivare oltre quella che in HL è stata la linea Gotica. Ma una avanzata tedesca fino a quel punto quali contraccolpi politici avrebbe comportato? L'Italia avrebbe deciso di continuare la lotta, oppure perse tutte le grandi città del nord si sarebbe considerata sconfitta? Quando parliamo per esempio di Prima Guerra Mondiale, sembra pacifico che se gli austro-ungarici avessero sfondato sul Piave l'Italia si sarebbe considerata sconfitta, nonostante possiamo immaginare che l'esercito asburgico non sarebbe riuscito comunque ad arrivare a occupare più di città come Verona o Ferrara (insomma, gran parte del territorio italiano sarebbe rimasto libero e non ci sarebbero stati i mezzi per una occupazione totale). Anche nei piani della guerra fredda, tanto occidentali che orientali, sembra che fosse contemplata una resa dell'Italia dopo la perdita delle regioni del nord.

Possiamo allora conciliare le osservazioni di Tommaso con lo scenario prospettato da Federico se facciamo l'ipotesi che, dopo aver fermato gli invasori lungo la linea Gotica (chiaramente avrebbe avuto un nome diverso, ma lo chiamo così "per capirci") gli italiani avrebbero comunque proposto un armistizio (nella convinzione di non poter sostenere ancora a lungo la difesa: la maggior parte delle industrie si trova al nord, probabilmente il Regio Esercito avrebbe previsto di trovarsi presto a corto di mezzi e munizioni; la corona avrebbe potuto temere una vittoria "globale" della Germania e quindi la perdita definitiva delle regioni del nord). In questo caso, l'Italia avrebbe dovuto quantomeno sfilarsi dalla coalizione antitedesca, mettendosi in una posizione per l'appunto simile a quella francese. A differenza della Francia, tuttavia, l'Italia non avrebbe avuto un De Gaulle nelle colonie (non avendo proprio colonie). Avrebbe comunque avuto posto tra gli stati vincitori (come tutti quelli attaccati dalla Germania) ma non con un ruolo "da potenza" come la Francia, visto che quel ruolo è derivato proprio dal contributo alla lotta degli alleati offerto dalle colonie francesi. Ciò sarebbe coerente con l'idea di Italia che pervade tutta l'ucronia, quella di un paese che segue comunque i suoi interessi, ma non si considera una potenza.

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Si fa sentire ancora William Riker:

Sono d'accordo con Alessio, anch'io preferisco che l'Italia si concentri sui propri problemi interni (ancora negli anni '60 il maestro Manzi aveva quasi mezza Italia da alfabetizzare) piuttosto che perseguire una politica di grande potenza, per la quale manifestamente non aveva i mezzi: fu l'illusione di Mussolini, di poter ricostruire l'Impero Romano mandando i nostri ragazzi a combattere nel caldo soffocante del deserto con equipaggiamento pesante, e nel gelo artico russo con le scarpe di cartone (e sappiamo tutti com'è andata a finire). Però l'Italia occupa una posizione strategica nel Mediterraneo, e nessuno, neanche il più italofobo dei belligeranti può permettersi di non tenerne conto: in caso ci sia davvero una Guerra Fredda, dopo il 1945, ognuno dei due schieramenti farà carte false per attirare la tendenzialmente neutrale Italia dalla sua parte. Inoltre che non avessimo le colonie è vero, ma che non avessimo un De Gaulle no. C'erano molti militari valorosi in Italia, da Giovanni Messe ad Amedeo di Savoia (che qui non morirebbe prematuramente dopo l'Amba Alagi, nessun italiano saprebbe neppure che cos'è l'Amba Alagi, come non sa che cos'è Mafeking). Se l'Italia chiede la resa dopo l'occupazione del nord o dopo lo sfondamento della Linea Garibaldi (chiamerò così la nostra Linea Gotica), credo che Vittorio Emanuele III abdicherebbe in favore del figlio andandosene in esilio ad Alessandria d'Egitto, addolorato per la sconfitta, ma i nazisti non lascerebbero mai sul trono Umberto II e soprattutto Maria Josè (nota antinazista). Verrebbe insediato un estremista tipo Alessandro Pavolini che proclamerebbe una repubblica collaborazionista sotto l'egida tedesca (i filonazisti in Italia non sarebbero mancati di sicuro, visto che oggi non mancano i no vax e no green pass violenti), e per Umberto ci sono due strade: o si rinchiude volontariamente con la moglie in una residenza dei Savoia lontano da Roma, come Haakon VII in Norvegia, rifiutando ogni collaborazione, o ripara lui pure in Egitto per coordinare la Resistenza contro l'invasore. Intanto in tutta l'Italia, non solo nel centronord come in HL, esploderebbe una feroce guerriglia antitedesca, cui i nazisti risponderebbero con massacri indiscriminati, e il 4 giugno 1944 ad entrare a Roma tra due ali di folla festante sarebbe re Umberto, acclamato da tutti come un eroe, e sarebbe lui il De Gaulle italiano, soprattutto se ha partecipato in prima persona allo sbarco in Sicilia.

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Alessio si mostra d'accordo:

Mi sembra una ricostruzione plausibile. Se fosse Umberto a gestire la fase finale della guerra, probabilmente lo farebbe con un dinamismo che tutte le forze politiche gli riconoscerebbero. Nel dopoguerra non c'è dubbio che l'Italia continuerà a seguire un percorso democratico, ma con una mentalità politica diversa relativamente a istituzioni come la monarchia o le forze armate (in HL piuttosto screditate).

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E Basileus TFT aggiunge:

Presupponendo che entriamo nella prima guerra mondiale quando ormai le carte sono sicure, comunque non facciamo una grande esperienza bellica. Togliamoci anche le varie avventure coloniali, il fatto che non abbiamo una politica di potenza e tutto il resto; passi che i generali del 1939 non saranno espressione di gente disposta a leccare le scarpe al regime (almeno, non tutti) ma di fatto l'Italia non fa una guerra come si deve dal 1870. Nella testolina degli italiani c'è ancora la guerra di movimento fatta dalle fanterie supportate dalle brigate a cavallo, magari abbiamo perfino un'aviazione minuscola e non sappiamo nemmeno come usarla, carri e corazzati da schifo e in numero risicato. Insomma, quando arrivano i tedeschi con i panzer passando da Udine in Italia è il panico generale, probabilmente lo Stato maggiore si arrende senza condizioni ancora prima della caduta di Venezia.
I nazisti si prendono Trento e Trieste (Bolzano e l'Istria non le abbiamo mai avute, Fiume e Zara nemmeno... siamo entrati in guerra alla fine e senza fare nulla di significativo), obbligano Vittorio III a diventare loro ospite a Gorizia e fanno pressioni per un nuovo governo stile vichy che conceda ai tedeschi l'uso delle ricche fabbriche del nord Italia.
Vittorio III nominerebbe Badoglio, suo uomo di fiducia.
L'Italia in questa timeline non ha colonie, se va bene si è tenuta giusto giusto Massaua per commerciare, il resto è andato agli inglesi.
Umberto non ha altra scelta che fuggire a Malta e proclamarsi nuovo re ad interim.
Ovviamente le attività partigiane iniziano da subito, Sicilia e Sardegna vengono liberate poco dopo; il regno di Vittorio III è di paglia e in un anno viene di fatto annesso dai tedeschi, poi tutto va come deve andare.
Di cambiamenti possiamo dire, oltre al fatto che ci prenderemmo una fettina di Istria, che la Resistenza non avrebbe il sapore ambivalente che ha oggi: i partigiani sarebbero dei patrioti che, a prescindere dal colore politico, hanno lottato per la libertà della patria. Vittorio III è il re "poverino" catturato e poi ucciso dai tedeschi insieme a tanti altri. Umberto e alcuni altri esponenti di casa Savoia sono gli eroi senza macchia che hanno salvato il Paese.
Nel 1946 viene approvata una nuova costituzione e l'Italia non diventa un Paese diviso in blocco cattolico/comunista e resti del fascismo ma un Paese democratico e pluripartitico in modo genuino, dove la figura del re è quella del capo supremo super partes come potrebbe essere per il Giappone o per l'Austria-Ungheria di Francesco Giuseppe.
Quindi negli anni successivi ci evitiamo una cascata di attentati, ci leghiamo comunque agli USA per ovvie ragioni ma non facciamo mezza guerra (alla fine siamo uno statino, nessuno si aspetta nulla di serio). Senza le questioni politiche del dopoguerra potremmo diventare uno Stato moderno e funzionale simile alla Svezia.
Con la crisi del petrolio negli anni '70 iniziamo a puntare sull'energia nucleare e raggiungiamo l'indipendenza energetica.
Altri Stati europei potrebbero seguire il "modello italiano", e magari per il 1999 creiamo un'Unione Europea come si deve.
Il fondamentalismo islamico non è pervenuto visto che gli USA non finanziano la guerra in Afghanistan contro l'URSS (che sopravvive fino ai giorni nostri).
E Mussolini? Sarebbe probabilmente ministro della propaganda nell'Italia occupata e, nel processo di Roma ai collaborazionisti, si prenderebbe l'ergastolo per aver aiutato vari loschi figuri a coprire i loro massacri sui civili.

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Anche Never75 dice la sua:

Con tutto il rispetto per le ricostruzioni altrui, io non sarei così ottimista come Basileus TFT.

Innanzitutto, Spagna docet, stare fuori dalla 1GM non significa per forza di cose stare fuori dai guai. Anche perché noi, a differenza della Spagna, per la nostra posizione geografica ne saremmo stati molto più coinvolti dalle conseguenze.

Oltretutto non vanno dimenticate le tensioni che comunque il Regno d'Italia avrebbe avuto (Questione Meridionale e Romana) che nella proposta originale non sono state analizzate in dettaglio.

Forse avendo molte meno spese nelle FF.AA. e nel mantenimento delle colonie è possibile che tale denaro venga speso meglio per le infrastrutture e si migliori la situazione del Meridione. Ma comunque non si avrà mai un Sud uguale al Nord, prova ne sono i 75 anni di Storia Repubblicana.

Giolitti al potere potrebbe anche fare da paciere nella Questione Romana, ma bisognerebbe farlo finché è papa Leone XIII, perché già con Pio X vedo molto difficile un accordo. Comunque sia, anche facendolo con Leone, non è detto che i suoi successori ne siano entusiasti e lo riconoscano, pertanto la spaccatura tra laici e cattolici potrebbe permanere ancora a lungo.

Anche ammettendo lo svolgimento della 2GM come è stato ipotizzato prima, non è che l'Italia, seppure invasa da Hitler, avrebbe automaticamente avuto diritto a un seggio permanente al CdS dell'ONU.
Nella nostra TL quasi tutti i Paesi invasi dai nazisti (Polonia, Cecoslovacchia, Grecia, Danimarca, Norvegia, Benelux, e non so se ne ho dimenticati altri), pur essendo considerati vincitori alla fine del conflitto, non sedettero nel CdS.
Paradossalmente neppure la Jugoslavia lo ottenne, pur essendo l'unica nazione (assieme a Polonia, Francia, URSS e Grecia) ad annettersi direttamente dei territori appartenenti agli Stati invasori, ed essendosi praticamente liberata da sola dai nazi-fascisti.
Il caso della Francia fu un po' a sé: entrò nel CdS dell'Onu facendo figurare la sua partecipazione alla parte finale del conflitto assai più rilevante di quella che fu.
Fu un po' il contentino dato a De Gaulle da Churchill e Roosevelt per tenerselo buono, ma, nei fatti, a Yalta e a Teheran furono gli altri tre a decidere i giochi.

Anche lo sviluppo "alla svedese" ipotizzato da Basileus TFT lo trovo esagerato. Innanzitutto abbiamo (e avremo comunque) una popolazione di molto superiore a quella di tutti i Paesi Scandinavi messi assieme. Poi le differenze sociali, economiche e persino culturali dell'Italia sono molto più elevate rispetto a Stati assai più omogenei.
Oltretutto a fine conflitto non ci sarebbe necessità di una Nuova Costituzione: si terrebbe lo Statuto Albertino rimodernizzandolo un po' e molte cose che diamo per scontate oggigiorno non le avremmo.
Ad esempio ci terremmo uno Stato accentrato alla francese. Non avendo da gestire situazioni particolari come l'Alto-Adige o la Sicilia al termine del '45 non ci sarebbero né Regioni a Statuto Speciale né ordinario. Rimarrebbero soltanto come mera suddivisione amministrativa o per delineare circoscrizioni elettorali, ma prive di alcun potere.

Questo alla lunga provocherebbe tensioni, sia al Nord che al Sud. Forse non ai livelli dell'ETA o degli indipendentisti catalani o corsi, ma non troppo dissimili da questi.

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L'argomento è ripreso in modo perentorio da Bhrihskwobhloukstroy:

Scusatemi, so che qui si rischia di toccare la sensibilità personale, ma siamo grandi e vaccinati e possiamo provare a superare certe delicatezze.

Voi siete peninsulari, per Voi la Nazione Italiana è una realtà evidente – e lo è davvero anche sul piano oggettivo – ma spesso (non solo Voi ma tantissimi) sembrate non prendere in considerazione che sotto l’etichetta “Italia” ci sono due Nazioni: l’Italia e la “Lombardia” (chiamiamola così).

L’Italia è la Penisola, latino-italica e marginalmente dauno-peucezio-messapica (quest’ultimo particolare è sempre dimenticato, perché considerato ascitizio), con colonizzazioni esterne prestigiose etrusca e greca; unificata da Roma ben oltre i suoi confini, spartita fra l’Impero Romano residuo (Bizantino) e due Regni Romano-Germanici in successione (a parte gli Ostrogoti: Longobardi e poi Franchi, che significa in entrambi i casi Tedeschi), continua a esistere politicamente intorno a un centro – lo Stato Pontificio, a tutti gli effetti la continuazione di Roma – e due periferie (i Regni di Sicilia e i Beni Matildini). Il toscano è l’acroletto naturale (uno dei varî possibili, ma comunque naturalissimo) per tutte le varietà italoromanze, il cui confine settentrionale è la Linea Massa-Senigallia e per il resto ha come limiti solo i mari.

La Lombardia è un Regno Romano-Germanico su base galloromana, inizialmente espansosi anche in buona parte della Penisola, poi sempre più ristretto, con periodi più o meno brevi di riespansione nel settore meridionale della Penisola (Svevi; Asburgo) grazie al centro transalpino comune a (quasi) tutti i Regni Romano-Germanici. Il fiorentino non sarebbe stato l’acroletto naturale per questa Nazione (lo sarebbe stato il milanese antico, che è conservato al meglio nella Val Monastero, l’estremità sudorientale del Cantone dei Grigioni; l’alternativa interna sarebbe stato il genovese, quella esterna il provenzale, comunque più vicino che il toscano), ma lo è diventato perché già era mesoletto un codice per caso molto simile al fiorentino medioevale, il cosiddetto volgare longobardo, nato e sviluppatosi nell’Impero Romano (d’Occidente) tardoantico, continuato nel Regno Longobardo e perciò anche nella sua persistenza entro il Sacro Romano Impero. Il Sacro Romano Impero non ha portato grandi conquiste alla Lombardia (di fatto, a parte quelle in Italia, solo Nizza, che non era lombarda), ma le ha lasciato l’eredità più importante: una lingua nazionale, per quanto non endogena (il fiorentino, una lingua originaria di un territorio conquistato).

L’Italia (quella peninsulare) è una Nazione a tutti gli effetti, come la Spagna o la Romania; la Lombardia è invece una Nazione molto simile (la più simile di tutte) alla Francia, una sorta di sorella minore (come dimensioni, non come età né come sviluppo), ma mentre la Francia è stata quasi tutta inglobata nel Regno di Francia (dei Franchi Occidentali) e solo il Belgio è rimasto più a lungo nel Regno di Germania e quindi nel Sacro Romano Impero), la Lombardia (sorella della Francia) è restata nel Sacro Romano Impero tanto quanto il “suo Belgio” ossia Trento e Trieste (come il Belgio, non solo parte del Sacro Romano Impero, ma anche specificamente del Regno di Germania).

Lombardia è stato cancellato, come nome di Nazione, dal vocabolario geopolitico e si è creata una confusione esiziale (letteralmente: morti su morti). Sia l’Italia sia la Lombardia – due Nazioni molto diverse fra loro – hanno avuto una Storia nazionale altrettanto lunga che la Francia, ma l’hanno trascorsa in gran parte a cercare di conquistarsi a vicenda (lo Stato Pontificio – ossia l’Italia – attraverso i Guelfi, la Lombardia attraverso i Ghibellini). È urgente che ci rendiamo conto che è come se la Francia e la Sardegna si fossero chiamate entrambe Sardegna e avessero passato tutto il loro tempo a tentare di conquistarsi a vicenda (la distanza fra le due Nazioni è la stessa che fra Lombardia e Italia).

A crisi ben peggiori che il 1814 o il 1871, sia la Lombardia sia l’Italia sono abituatissime da secoli. Non c’è stato niente in Francia che non sia stato contemporaneamente anche in Lombardia e/o in Italia. Anche il Colonialismo: Lombardia e Italia sono state unite – e qui non è possibile fare a meno di ricorrere all’appartenenza a un Impero più grande – quando sono state unite Germania e Spagna: la Lombardia e l’Italia sono l’intersezione fra Germania e Spagna e l’Impero Coloniale della Lombardia e dell’Italia è l’Impero Coloniale Spagnolo, come l’Impero Coloniale della Scozia è quello Britannico e quello della Provenza o della Bretagna è quello Francese. Non ci sono stati Imperi Coloniali specificamente Scozzesi, Provenzali o Bretoni, ma è innegabile che gli Scozzesi in quanto Britannici e i Provenzali e perfino i Bretoni – che oltremare/oltreoceano venivano considerati anzitutto Francesi europei – hanno avuto a propria disposizione un Impero Coloniale anche loro, in tutti i sensi, tanto quanto i Londinesi o i Parigini: allo stesso modo, non ci sono stati Imperi Coloniali specificamente Lombardi o Italiani (Peninsulari), ma sia i Lombardi sia gli Italiani hanno avuto a disposizione per secoli un Impero Coloniale anche loro, in tutti i sensi, tanto quanto i Catalani o i Fiamminghi (non tanto quanto i Castigliani, perché questi ultimi sono stati effettivamente privilegiati – mentre i Londinesi e i Parigini non lo sono stati – e tuttavia l’Impero Coloniale Spagnolo resta tale e non solo Castigliano, quindi lo è stato anche per Barcellona, Bruxelles, Cagliari, Napoli e Milano, tant’è vero che il Separatismo catalano contemporaneo è esploso nel momento della fine dell’Impero Coloniale Ispanoamericano).

Le cosiddette Unificazioni Tedesca e Italiana del XIX. secolo sono in realtà il completamento delle Secessioni Prussiana e Sabauda dal Sacro Romano Impero, seguìte da espansioni puramente imperialistiche degli Stati così seceduti; la continuazione di questo Imperialismo sono stati i nuovi Imperietti Coloniali “Tedesco” (di fatto Prussiano) e “Italiano” (di fatto Romano-Sabaudo), striminziti perché arrivati ultimi non solo nel XIX. secolo, ma dopo quattro secoli di Colonialismo (è questa la misura del ritardo; che poi è tale su un fatto moralmente mostruoso, uno dei crimini più efferati di tutta la Storia dell’Umanità, ben peggio che le distruzioni dei Mongoli: molto, ma molto meglio per tutti sarebbe stato che l’Europa fosse conquistata per intero da un Califfato o dall’Impero Ottomano, ovviamente purché dopo non attuasse un Colonialismo semplicemente musulmano anziché cristiano, perché sarebbe stato altrettanto se non più schiavista ancora...).

Dunque, per restare nel paragone ucronico, un Impero Coloniale italiano sarebbe – ed è – stato come se la Scozia o la Bretagna o, peggio ancora, (Sub)nazioni mediterranee come la Provenza o la Catalogna avessero ottenuto l’Indipendenza (ossia avessero attuato una Secessione) a metà del XIX. e avessero ‘preteso’ di procurarsi un proprio “Posto al Sole” oltreoceano: nonostante tutti i secoli di “Storia nazionale” cui avevano partecipato e cui noi stessi riteniamo che abbia oggettivamente partecipato, si sarebbero dovute limitare appunto agli stessi obiettivi o quasi del (per relativa fortuna) miserando Colonialismo Italiano o Tedesco. Analoga secessione con analoghi esiti colonialistici è stata compiuta, prima, dalle Provinc(i)e Unite rispetto alla Spagna. In altre parole, la questione è proprio quella individuata da Tommaso: l’Impero Coloniale si ha quando si è parte (dato che quasi mai si può essere centro) di un Impero più grande. Espresso come formula: o l’Impero Coloniale nell’Impero più grande o la Secessione-Indipendenza (con briciole coloniali).

Facciamo un altro esempio ucronico: portiamo le Secessioni-Indipendenze al massimo. Tutti gli Staterelli del Sacro Romano Impero diventano indipendenti e ognuno, compresi il Principato di Monaco e il nostro caro Liechtenstein (San Marino sarebbe più grande di entrambi messi insieme), vuole un Posto al Sole. Quanto saranno estesi i rispettivi Imperi Coloniali? Tutto ciò per ribadire che l’Impero Coloniale è inversamente proporzionale al Principio Westfaliano (che non è la Sovranità dello Stato, ma molto più prosaicamente il riuscito progetto franco-svedese, con l’interessata approvazione inglese, di disintegrare il Sacro Romano Impero, una vera e propria Spartizione come quelle della Polonia-Lituania, lo Stato gemello del Reich). È infatti significativo che, dei pochi territorî coloniali italiani ucronici illustrati nella cartina del Comandante e che non sono state Colonie Italiane nella Storia reale, una parte considerevole (tre su otto) siano stati obiettivi coloniali o effettive Colonie degli Imperi Centrali (così come, dei quattro Protettorati, due sono stati parte del Sacro Romano Impero e dell’Austria e un terzo è stato obiettivo di guerra e occupato dall’Austria-Ungheria).

Per riassumere: il Colonialismo – a parte le Crociate e le Repubbliche Marinare – nasce come europeo nelle Americhe e rappresenta l’inevitabile espansione oltreoceano degli Stati successori della Nazione celtica (che comprendeva anche Milano e Genova e infatti le include anche nella Prima Età Moderna): Portogallo, Spagna, Francia, Provinc(i)e Unite, Inghilterra/Gran Bretagna (Danimarca, Svezia, Brandenburgo e Livonia si sono limitate a episodî minimi). È il parallelo dell’altrettanto inevitabile espansione oltre la Volga e gli Urali del più grande Stato successore della Nazione (balto)slava: la Russia. La Globalizzazione (ossia l’espansione – più o meno imposta – del Sistema di Vita Americano al resto del Mondo) e il Putinismo sono i due esiti più vistosi di questo processo. Il resto è reazione invidiosa: l’élite locale invidia quella imperiale, fa la Secessione e imita in sedicesimo l’Imperialismo Colonialistico.

La Storia è andata così, secondo l’ideologia Competizione = Progresso. A mio modestissimo parere, se Atlantide avesse sconfitto e conquistato Atene, non si sarebbe arrivati al Colonialismo, perché tutti gli sforzi sarebbero stati assorbiti dall’unificazione dell’Indoeuropa e poi, a tempo debito, dell’Eurasia (compreso fin dall’inizio tutto il Mediterraneo). Mi chiedo però se le Americhe si sarebbero a loro volta unificate e come...

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Alessio però ha ancora qualcosa da dire in merito:

Io farei l'esempio dei Paesi Bassi, piccolo paese nato da una secessione rispetto al Sacro Romano Impero ma entrato in gioco al momento giusto (ossia prima che gli anglosassoni diventassero egemoni sugli oceani). Per quanto riguarda i tempi, è vero che i secoli di ritardo sono 4 (ah, se solo la Pace di Lodi avesse dato origine a un progetto neoguelfo!) ma l'esempio della Francia ci mostra comunque che non era necessario partire sin dal secolo delle grandi scoperte (dopo la Guerra dei Sette Anni i francesi sono ripartiti quasi da zero). Quindi ribadisco la mia tesi: qualcuna delle guerre settecentesche avrebbe dovuto innescare un Risorgimento anticipato (o magari, un percorso progressivo attraverso le varie guerre) e una Italia nata in quel modo avrebbe potuto giocare meglio le sue carte in politica estera.

Tema Lombardia. Molto interessante l'identificazione della Lombardia con l'antica Gallia Cisalpina. Mi sembra di capire che è stata tutta "colpa" della Toscana, nel senso che adottando il toscano come lingua colta della Lombardia la si è legata all'Italia. Ciò è stato fatto perché la Toscana era considerata parte del Regno d'Italia, quindi paradossalmente per dare a quel regno, ossia alla Lombardia, maggiore dimensione, le si è tolta la possibilità di sviluppare un proprio sentimento nazionale separato rispetto a quello dell'Italia. Siccome, da ucronisti, siamo portati a cercare momenti cruciali della storia, in questo caso forse il momento cruciale è stato quello in cui l'eredità di Matilde di Canossa è rimasta nell'ambito del Sacro Romano Impero. Se almeno la Toscana fosse entrata a far parte dello Stato Pontificio, Italia propriamente detta e Lombardia avrebbero potuto svilupparsi indipendentemente. Ci fosse stato anche un letterato lombardo al livello dei tre grandi toscani Dante/Petrarca/Boccaccio, sarebbe stato logico ed ideale.

Si arricchiscono le mie consapevolezze. Sapevo già, per averlo studiato sui testi scolastici, che secondo molti storici lo Stato Pontificio è stato un elemento istituzionale d'intralcio per la nascita di uno stato unitario. Oggi forse ho capito che la rivalità sulla Toscana tra Impero e Papato è quella che ha determinato il sacrificio di un'identità nazionale lombarda. Anche qui, il XVIII secolo invece che il XIX. Quel famoso elemento che Guido ha menzionato talvolta (che per gli Asburgo era normale parlare italiano cioè toscano) prima ancora che l'idea d'Italia dei giacobini oppure quella risorgimentale. Con la centralità della Toscana che sta emergendo, mi convinco sempre di più che Firenze come capitale nazionale fosse adeguata (mentre invece Roma sarebbe meglio che fosse rimasta esclusivamente capitale della cristianità).

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William Riker aggiunge:

Non so se voi siete d'accordo con me, ma trovo mostruoso che un paese che ha faticato tanto per liberarsi dal giogo straniero, pochi anni dopo si sia messa in testa di schiavizzare dei popoli africani con la scusa di "civilizzarli". E pensare che nel 1858 Luigi Mercantini aveva scritto: « Contenta del regno fra l’isole e i monti, / soltanto ai tiranni minaccia le fronti: / dovunque le genti percuota un tiranno, / suoi figli usciranno per terra e per mar. / Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora, / Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier! »

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Ed Enrico Pizzo annuisce:

Effettivamente...
Mi sembra di ricordare che all'epoca dei primi esperimenti coloniali del Regno d'Italia Giuseppe Garibaldi sostenne con forza l'immoralità del colonialismo Italiano.

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Non può fare a meno di dire la sua Bhrihskwobhloukstroy:

Passo, per rispondere alla sollecitazione da parte del Comandante di un nostro parere, all’interpretazione che proporrei del “Paradosso di Garibaldi” (se lo possiamo chiamare così, da chi l’ha denunciato): l’“Italia” – beninteso solo in minoranza, non certo tutti i Sudditi del Regno (che, poveretti, non avevano alcuna voce in capitolo)! – si è messa in testa di schiavizzare dei popoli africani (la scusa di “civilizzarli” era un tributo alla moda dell’epoca; fino a pochi secoli prima sarebbe stata di “salvare la loro anima”) perché era preda del delirio nazionalistico. In particolare (da qui in poi simulo i pensieri dell’epoca): “Noi” siamo diversi, i Migliori, abbiamo sofferto il «giogo straniero», ce ne siamo liberati e adesso recuperiamo il tempo perduto. Non c’è spazio per la coerenza perché non c‘è spazio per l’Umanità: la Nazione è il valore preminente, quindi è più importante il vantaggio per la Nazione che la coerenza nei confronti del resto dell’Umanità (naturalmente, se poi si può perseguire anche quest’ultima tanto meglio, ma «prima vengono gli Italiani»).

Intendiamoci bene: non è certo una colpa dell’Italia in quanto tale, è una colpa dell’Italia in quanto Stato “nazionale” (oltretutto senza fondamento, ma non è rilevante) e la colpa dello Stato “nazionale” non deriva dal fatto di essere nazionale, ma di essere uno Stato postneolitico, quindi con una Ragion di Stato. Insomma: il Colonialismo (non solo italiano) non ha fatto di meglio dell’Assolutismo o del Feudalesimo (anzi, come abbiamo visto è riuscito a fare perfino peggio del Feudalesimo e di almeno una parte dell’Assolutismo, che è tutto dire), ma non per incoerenza, quanto perché è stato coerente al modello violento di Stato e Potere che ha dominato la Storia dei più recenti millenni. Almeno da questo punto di vista, non c’è stato alcun Progresso, anzi è il Potere che è “progredito” in quanto si è accresciuto.

Comunque quello che chiedo è di esplicitare l’ipotesi ucronica (su cui stiamo lavorando) con un punto di vista più asettico e didascalico: non «l’Italia», ma più esplicitamente «gli Stati non asburgici né borbonici nel territorio dell’attuale Italia»; non «un Risorgimento», ma «una conquista armata degli altri Stati nel territorio dell’attuale Italia». Il referente è esattamente lo stesso, ma il linguaggio è più scientifico e, in quanto tale, ecumenico, per cui ci risparmia una gran quantità di schermaglie.

Fatto questo, diventa evidente che non c’è alcun auspicio. Perfino io, che pure sono così coinvolto nella rivisitazione della Storia, riesco talvolta a essere asettico e appunto puramente «funzionale all’ipotesi ucronica su cui stiamo lavorando»: per esempio, quando in questa stessa ucronia si è trattato di discutere della Seconda Guerra Mondiale, ho difeso le possibilità di una vittoria del Terzo Reich (non c’è neanche bisogno di precisare che mi rendo perfettamente conto che nel Terzo Reich sarei stato liquidato senza nemmeno un processo, dunque non ho alcun motivo di auspicare uno scenario del genere).

Altrettanto evidente è che nessuno (non solo io) può essere a favore dell’Imperialismo, a maggior ragione neppure nel caso in cui vorrebbe nascondersi dietro qualche apparenza (compresa la rimozione delle barriere/pacificazione definitiva): infatti voglio sperare che si sarà notato l’astio che nutro nei confronti della Globalizzazione dello Stile di Vita Americano (in realtà delle cinque piaghe della Velocità, Competizione, Distruzione dell’Esistente, Mercificazione, Sfruttamento). Naturalmente, questo non implica (non che qualcuno l’abbia affermato; lo preciso a scanso di equivoci) che la «rimozione delle barriere/pacificazione definitiva» nasconda sempre o spesso un Imperialismo: anzi, una «rimozione delle barriere/pacificazione definitiva» è necessaria (beninteso senza Imperialismo). Ma come arrivarci? Adesso nessuno sembra volerla; e nel Passato? Ecco che entra in scena l’Ucronia: perlomeno dall’Alto “Medioevo” a metà del XIX. secolo, il mezzo più rapido sarebbe stato l’Unione fra Stati (per quanto inaccettabilmente autoritarî), di fatto attraverso l’Unione Matrimoniale Interdinastica. Dopo, questo mezzo non è più stato valido; ma ce n’è qualcuno che l’ha sostituito con altrettanta efficacia?

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A rispondergli è Alessio Mammarella:

Tu hai ricondotto tutto il discorso a una questione binaria: ghibellinismo vs guelfismo, germani vs romani, impero vs nazione. Io vorrei invece provare a proporre un modello ternario: ghibellinismo, guelfismo e gallicismo; germani, romani e "galleschi"; impero, nazione frustrata (divisa, sottomessa), nazione orgogliosa (coesa e in espansione).

Dovendo far rientrare la Francia e la Lombardia in una logica binaria hai definito tutte e due germanizzate. Non lo sono, in realtà, e lo sappiamo bene quando classifichiamo la Francia e la Lombardia come gallo-romanze. Un fatto logico: tanto i franchi quando i longobardi erano molto pochi rispetto alla popolazione autoctona e non erano in grado di imporre la loro cultura perché avevano bisogno del supporto della chiesa, che era custode della lingua e del diritto latini. Forse tu intendevi la germanizzazione semplicemente in senso politico. Questo sì certo, però attenzione: Carlo Magno, seppure era germanico di stirpe, non era un germanizzatore: anzi, passò molti anni a cristianizzare con la forza i sassoni e altre popolazioni ancora barbare. Apparteneva, potremmo dire, a quella serie di personaggi storici (Stilicone, Ricimero, Odoacre..) "germani di sangue ma romani d'adozione". Secondo me è importante precisare questo aspetto per spiegare poi un evento cruciale nella storia europea: la trasformazione del Sacro Romano Impero in Sacro Romano Impero Germanico e la separazione della Francia da quest'ultimo.

Io penso che ci fosse una importante differenza di mentalità tra i franchi occidentali (ossia i franchi propriamente detti) e i franchi orientali (sassoni, svevi, bavari...). Nel momento in cui furono questi ultimi a prendere il sopravvento, i franchi occidentali si avviarono verso la costituzione di un regno separato. Un regno francese staccato dall'Impero avrebbe potuto essere una esperienza solo occasionale e non sopravvivere: i primi re erano politicamente deboli e controllavano un territorio minimo. Credo quindi che se la Francia si sia consolidata, e rafforzata al punto da diventare una delle principali potenze europee, dipenda proprio dall'esistenza di una precisa ideologia politica, che chiamerei appunto gallicismo, portata avanti dall'aristocrazia del paese. Un'ideologia che c'entra anche con la consacrazione dei sovrani, con la legge salica, con il comandamento di difendere Roma (dal primo dei carolingi, Pipino il Breve, all'ultimo dei bonaparte, Napoleone III). Che gallicismo e ghibellinismo fossero contrapposti non c'è bisogno di spiegarlo...

La Lombardia presenta una situazione più complessa, perché la nazione è gallo-romanza come quella francese, ma dal punto di vista storico-politico è stata associata alla Germania. Ma ciò che è storico, è anche giusto? Se guardiamo a un caso molto recente, quello dell'Ucraina e della Russia, sembra di no. Il fatto che l'Ucraina abbia fatto parte del mondo panrusso per secoli non significa che sia giusto che ne faccia parte sempre. Penso che ciò valga anche per la Lombardia: il fatto che quel territorio sia stato conquistato e riconquistato (da Ottone di Sassonia al Congresso di Vienna) non significa che fosse giusta l'appartenenza a quell'Impero. Certo, c'è la questione dell'unificazione multinazionale, quella che rende i popoli più prosperi e che evita le guerre. Ma allora (provocazione) visto che, secondo una frase che hai scritto varie volte "l'Italia è secessionista rispetto alla patria che sarebbe formata dalle nazioni romanze" l'unione a cui dovrebbero appartenere Italia e Lombardia non dovrebbe essere con Francia e Spagna invece che con la Germania?

L'attuale stato italiano è binazionale perché comprende la nazione italo-romanza e quella gallo-romanza (a essere precisi comprende anche la Sardegna, che è un caso a sé, ma molto più chiaro essendo un'isola) ma incidentalmente corrisponde a quello che i longobardi definivano regno "Totus Italiae" nonché all'idea ghibellina che la Lombardia conquistasse l'Italia (Vittorio Emanuele non era forse lombardo?). Certo, la capitale è Roma, e ho la sensazione che ciò non piaccia ai ghibellini/austriacanti ma non capisco perché. In ogni caso ribadisco che, secondo la mia personale visione, la capitale più adatta per l'Italia sarebbe stata Firenze.

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Ma Bhrihskwobhloukstroy insiste:

Dunque Tu vuoi chiamare Risorgimento un fenomeno (ucronico) che non coinciderebbe col Risorgimento noto dalla Storia reale, per la ragione che vedi una categoria di avvenimenti (uno solo dei quali storico, gli altri potenziali) la cui costante è che uno Stato con Capitale entro i confini attuali dell’Italia conquista gli altri Stati entro i suddetti confini. E va bene, fai pure (anzi, non c’è neanche bisogno di autorizzazione; io non ho, ovviamente, la facoltà né la pretesa o l’aspirazione di autorizzare o meno alcunché); non Ti sfuggirà comunque il contesto ideologico, sul piano storiografico, di questo uso esteso: Risorgimento presuppone che il costituendo Stato fosse caduto da una migliore condizione precedente e che con tale operazione “risorga”, quindi che la (nuova) Italia politica sia Roma risorta (non c’era nient’altro che potesse risorgere; i Comuni e le Signorie erano parti del Sacro Romano Impero e quindi un loro – teorico e ucronico – “risorgimento” sarebbe stato anzitutto la restaurazione del Sacro Romano Impero e, al suo interno, dei Comuni e delle Signorie, come Feudi e Città Imperiali: appunto l’operazione ghibellina, mentre quella neoguelfa non era un “risorgimento” della situazione medioevale, ma un ritorno a quella antica, senza Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca e Gallesca, bensì con un Impero Romano Sacro della sola Nazione Italiana – senza riconoscimento della Nazione Gallesca – e con Capitale Roma).

Certo che anche l’unificazione ghibellina sarebbe stata, almeno in parte, militare; perché lo dovrei negare? Non stiamo facendo apologie, stiamo cercando di capire la Storia, che ben conosciamo. Il (Tuo) “Risorgimento” settecentesco e la reale (sia pure non sincrona) unificazione (neo)ghibellina (uso neoghibellina nell’accezione che aveva nel XVIII. secolo, sinonimo di ‘imperiale austriacante’; non in quella, completamente diversa, introdotta nel... Risorgimento) sono due fenomeni (uno ucronico e l’altro in parte storico e in parte – nella sua versione sincrona – ucronico) di unificazione politica sia della Nazione Italiana sia di quella che allora era parte integrante della “Nazione Tedesca e Gallesca” di cui il Sacro Romano Impero era lo Stato Nazionale: entrambi unificano gli stessi Stati, la differenza è che l’unificazione (neo)ghibellina li unisce e basta, il Risorgimento li divide al contempo da quelli transalpini, ponendo sulle Alpi un confine che non c’era. Il Risorgimento unisce e divide al tempo stesso (è unità di qualcosa e secessione – detta “indipendenza” – di qualcosa d’altro), mentre l’unificazione (neo)ghibellina porta a uno Stato molto più esteso. Tutto questo è talmente evidente da risultare banale, ma c’era bisogno di dissipare qualsiasi possibilità di equivoco.

Chiarito ciò, la mia perplessità è che si consideri preferibile una soluzione che unisce e divide, producendo uno Stato di dimensioni x, a una che ne produce uno di dimensioni molto maggiori di x, e questo in nome della... potenza e rilevanza nel Mondo. Facciamo un esempio: ci sono due paesini vicini (fittizi; non è detto che siano in Italia), *Bruscàto e *Fiabbàno. La maggioranza della popolazione dei due paesi è convinta che i due Comuni abbiano la convenienza a fondersi, ma ovviamente ognuno vorrebbe che la Sede Comunale fosse nel proprio. A questo si aggiunge che il Sindaco di *Fiabbano, che si candiderebbe anche a fare il Sindaco del Comune unito, è, pur figlio di immigrati, nato sul posto, mentre il Sindaco di *Bruscato è Ursula von der Leyen (che ha preso la residenza a *Bruscato). I *Bruscatini sostengono che avere come Sindaco la Presidente della Commissione Europea sia un vantaggio, mentre i *Fiabbanesi controbattono che è più importante essere del posto (non per forza come famiglia, ma per l’anagrafe). Alla fine il Governo centrale decide che sarà *Bruscato a diventare frazione di *Fiabbano. Si tengono le nuove Elezioni Comunali e, siccome *Fiabbano è più popoloso di *Bruscato, Ursula von der Leyen ne esce sconfitta. A me sembra che sia successo così.

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Diamo la parola a Paolo Maltagliati:

A questo punto però, occorre svelare le carte: ogni ucronia e ogni ucronista ha un fine geopolitico, basato su un assunto ideologico, che in qualche misura è divergente rispetto a ciò che nella storia è dominante.

L'obiettivo di Bhrihskwobhloukstroy è abbastanza chiaro ed esplicito, ovverosia il mondo unito il prima possibile, obiettivo che per lui è auspicabile in quanto eliminerebbe o quantomeno ridurrebbe di molto l'entità delle vittime di guerre e genocidi nel corso della storia, oltre a spuntare le armi della competizione capitalistica con susseguente divario cetuale, visto che esisterebbe un mercato unico del lavoro, con costo dello stesso meno disomogeneo.
Tutte osservazioni volendo opinabili, visto che partono da presupposti non universalmente condivisi (che l'eliminazione della vita sia un male, che socialmente la competizione del capitalismo moderno sia sregolata e generi crescenti sacche di povertà e così via), ma, ripeto, chiare.

Perchè No?, per dirne un'altra, è invece convinto che il gioco sia più o meno a somma zero e qualsiasi mondo ucronico non sia mai migliore dello storico, semplicemente diverso.

Tommaso ritiene supremamente desiderabile una giustizia, più retributiva che distributiva in fondo (a soggetti buoni infine capiteranno cose buone) e ritiene che sia più auspicabile che questo ideale si incarni in simboli viventi, per cui ritiene che un mondo di monarchie (dal potere non assoluto però. Un simbolo con troppo potere potrebbe prima o poi distruggere la sua simbolicità con azioni nefande) sarebbe migliore, con persone-simbolo (re che rivestano una sorta di funzione di 'santi laici')con una certa sacralità a cui l'individuo può ispirarsi e guardare.

Io ho ideologie meno nette, e se da un lato condivido l'implicito fatalismo di Perchè No?, sino a travalicare spesso nel pessimismo (per cui un soggetto buono e intelligente può benissimo essere odiato e accusato di nefandezze e ucciso barbaramente, un crudele tiranno può benissimo essere nobilitato dai posteri), dall'altro la scomparsa di popoli e culture genera in me sofferenza e sarebbe desiderabile in me un mondo in cui ogni villaggio sia indipendente ma, allo stesso tempo, non faccia guerra all'altro. In cui ognuno preservi la propria microscopica specificità, ma che questa specificità sia la prima di una serie di identità concentriche, ma non confliggenti.

Siccome ciò è estremamente difficile, mi interessano però sommamente quelle ucronie in cui sopravvivono e prosperano culture e lingue andate storicamente perdute e ucronie in cui nascano e sopravvivano città e regni multietnici (cercando però di rimanere entro gli stringenti limiti del realismo pessimista che mi autoimpongo).

Perché questo lungo discorso? Perché poi però alla fine la stragrande maggioranza delle ucronie e delle analisi storiche hanno soggiacente il principio della vittoria e del potere.

Si sceglie un soggetto e lo si fa vincere. Che non è sbagliato in sé, ma cerchiamo introspettivamente di capire due cose:

> Perché abbiamo scelto quel soggetto e non un altro da far vincere? (La risposta potrebbe essere anche 'a caso' ma di solito non è così)
> Cosa vuol dire vincere? (Perché nella maggior parte dei casi vincere non vuol nemmeno dire 'essere ricchi e prosperi al massimo grado immaginabile' ma 'eliminare colui o coloro che ritengo essere o essere stati i nemici'. Le due cose non sono sincrone)

Insomma, facciamo lo sforzo di chiarire a noi stessi perché un esito e non un altro è desiderabile e sulla base di quale ideologie.

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Anche Enrico Pizzo ha la sua proposta:

Alla morte di Pio IX si aprì, all'interno del Collegio Cardinalizio, il dibattito sul luogo in cui avrebbe avuto luogo il Conclave.
Nella prima riunione solo un quarto del Collegio era favorevole a tenerlo nella città di Roma, e sembrava prevalere l'ipotesi di un trasferimento a Malta.
Al riguardo venne, con cautela, interrogato il Governo Italiano ottenendo dal Ministero degli Interni l'assicurazione che in nessun caso il Regno d'Italia avrebbe attentato alla libertà di movimento del Sacro Collegio.
Tuttavia il Governo Italiano, attraverso il Ministro degli Interni Francesco Crispi, aggiunse che "se lasciare Roma sarà oltremodo facile, rientrarvi invece risulterà impossibile..."
Probabilmente furono le, neanche tanto velate, minacce del Governo a convincere il Sacro Collegio che il Conclave si sarebbe dovuto svolgere a Roma, ma riflettere al riguardo mi ha suggerito un PoD. E se nel Febbraio del 1878 il Cardinale Camillo di Pietro decidesse che l'elezione del nuovo Romano Pontefice avrà luogo a Malta? E se il Papa non avesse più potuto far rientro in Italia per l'opposizione dei Liberali più oltranzisti?

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Dario Carcano azzarda:

Sarebbe il PoD ideale per una guerra cristera ambientata in Italia...

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Ma Federico Sangalli scuote la testa:

Non si sarebbe mai arrivati a tanto. La classe dirigente unitaria, afflitta dall’improvvisa mancanza di scopo seguita al conseguimento dell’unificazione nazionale, era convinta che l’Unità fosse una costruzione fragile e precaria. Non che fosse un’impressione così sbagliata: il Meridione era scosso dai moti anti-unitari e vetero-borbonici meglio noti come Brigantaggio; la maggioranza della popolazione era cattolica e, anche se questa non aveva assunto un atteggiamento apertamente ostile (anche perché la Chiesa non si spinse a tanto), il boicottaggio proclamato con il Non Expedit contro le istituzioni italiane faceva temere una debolezza intrinseca del fronte interno e l’esistenza di una quinta colonna pronta a sabotare l’esistenza del neonato stato; sul piano internazionale le lunghe coste e le difficoltà ad avere una Marina funzionale (vedasi Lissa) lasciavano Roma in balia degli inglesi; sul versante terrestre l’Italia era chiusa tra due potenze, Francia e Austria, ambedue militarmente superiori e politicamente ostili e molto legate al cattolicesimo politico e dunque potenziali alleate del “partito romano” pronto a restituire il Quirinale al Papa. In HL queste condizioni determinarono un lungo periodo di incertezza geopolitica, lungo gli Anni Settanta del XIX secolo, fino a che lo Schiaffo di Tunisi e la nascita del Sistema Bismarckiano non diedero una spintarella in una direzione pro-teutonica (l’adesione alla Triplice Alleanza disinnescò infatti le minacce esterne, permettendo di neutralizzare quelle interne ormai non più rischiose in assenza della possibilità di agganciarsi con sponsor stranieri). Dato questo contesto, il rischio di spaccare la neonata costruzione nazionale sarebbe troppo forte. Oltretutto l’Italia è sempre stato il paese dove “Scherza con i fanti e lascia stare i santi” ha avuto un significato letterale. Verrebbe data tutta la colpa a Crispi, che verrebbe sacrificato sull’altare dell’interesse nazionale, e il successivo governo avrebbe accolto indietro il Papa con tutti gli onori. Anzi, si potrebbe anche pensare a un compromesso che chiuda subito la Questione Romana in un modo più favorevole al Papato di quanto accaduto nella nostra storia.

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Ecco a voi ora un'altra proposta del nostro Webmaster William Riker:

Il Re Non Buono

Il "Re Buono" (che aveva decorato Bava Beccaris per aver sparato sull'inerme folla di Milano) Umberto I sfugge all'attentato di Bresci ma viene gravemente ferito, e quando si riprende si irrigidisce su posizioni ancor più conservatrici e reazionarie; un Mussolini emerge prima, nella persona del generale Luigi Pelloux (1839-1924), che sospende le libertà costituzionali ed instaura una dittatura di destra senza partiti, dominata dall'esercito. L'Italia si schiererà comunque con l'Intesa contro l'Austria; è probabile che, in questo contesto, Mussolini resti socialista e venga incarcerato a più riprese dal Pelloux. Questo stato di cose proseguirà, sotto successivi governi militari, fino alla caduta del governo Badoglio il 25 luglio 1943, in seguito alla sconfitta italiana nella Seconda Guerra Mondiale, quando l'Italia, cacciati i tedeschi, diverrà democratica e repubblicana.

Il Re Non Buono

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Ed ecco come l'amico Enrico Pellerito l'ha genialmente commentata passo passo:

Riker:

Il "Re Buono" Umberto I sfugge all'attentato di Bresci ma viene gravemente ferito, e quando si riprende si irrigidisce su posizioni ancor più conservatrici e reazionarie

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Enrico:

Sì, potrebbe essere l'effetto naturale dopo ben quattro attentati subiti (Re Buono si, ma Re fesso no dal suo punto di vista); però lo stesso Umberto ebbe a dire che gli attentati erano un rischio che chi regna doveva accettare, e quindi non è proprio certo che da fascista in pectore (perchè lo era, eccome!) diventi smascheratamente un despota.

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Riker:

Un Mussolini emerge prima, nella persona del generale Luigi Pelloux (1839-1924), che sospende le libertà costituzionali ed instaura una dittatura di destra senza partiti, dominata dall'esercito.

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Enrico:

Nella nostra TL, Pelloux (il quale, incredibile dictu!, iniziò la sua carriera politica nella sinistra), voleva dare una violenta sterzata in senso autoritario, oppressivo e repressivo (dittature di destra o di sinistra? sono dittature e basta); fu bloccato dal Parlamento, ma pare che anche il Re non gradisse molto questa "esuberanza", in quanto preferiva, in presenza di tumulti, dei temporanei stati d'emergenza per poi rientrare nella legislazione ordinaria.

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Riker:

L'Italia si schiererà comunque con l'Intesa contro l'Austria

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Enrico:
Qua ho dei dubbi, perchè Umberto era sfegatatamente "triplicista", ma ciò non toglie che le conclusioni delle analisi strategiche del 1915, convincessero lui e i militari al potere (come nella realtà avvenne più facilmente con il figlio e con Salandra) ad aderire all'Intesa; e non è una forzatura, perchè nel 1915 dipendevamo per più del 50% dall'estero nei settori energetico e alimentare, e anche restando neutrali, Francia e Gran Bretagna, tra sospensione dei noli e controlli e contingentamento del traffico mercantile neutrale, in pochi mesi avevano ridotto le importazioni italiane di carbone, petrolio e grano del 25%. Con simili pressioni sul nostro governo, e con il fatto che i Tedeschi non ci avrebbero potuto rifornire di carbone in modo adeguato (per non parlare del grano), a causa anche dell'insufficienza della rete ferroviaria italiana, la scelta a favore dell'Intesa divenne, di fatto, obbligatoria. 

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Riker:

È probabile che, in questo contesto, Mussolini resti socialista e venga incarcerato a più riprese dal Pelloux.

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Enrico:

Concordo in pieno.

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Riker:

Questo stato di cose proseguirà, sotto successivi governi militari, fino alla caduta del governo Badoglio il 25 luglio 1943, in seguito alla sconfitta italiana nella Seconda Guerra Mondiale, quando l'Italia, cacciati i tedeschi, diverrà democratica e repubblicana.

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Enrico:

Si, se seguiamo l'iter successivo alla fine del primo conflitto, l'emergenza del biennio rosso comporta il prolungarsi del regime autoritario, e i militari, specie quelli felloni e arrivisti, alleati al capitalismo industriale ed economico nostrano, preferiranno mantenere quanto più a lungo possibile il potere. Se diamo per certo l'impossibilità di una qualche evoluzione in senso democratico, possiamo considerare altamente probabile il nostro schieramento a fianco della Germania nazista (Londra e Parigi sono pur sempre responsabili della vittoria mutilata), e lo sviluppo della guerra è simile a quello della nostra TL.

Risultato: dopo la guerra l'Italia sarà più lontana dal mondo militare di quanto non lo è stata, effettivamente, nella nostra realtà, tanto che, come il Giappone, definirà le proprie FF.AA. quali forze di auto-difesa.

Solo una cosa: avete pensato che Mussolini, in quanto socialista e perseguitato dal regime militare potrebbe far parte del C.L.N.? Immagina Alessandra impegnata a difendere il nonno dalle accuse dei revisionisti che stigmatizzano la sua grave responsabilità nell'avere ordinato la fucilazione di Badoglio, senza che questi sia stato sottoposto ad un regolare processo. Fucilazione, avvenuta, forse, il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra?

Ah, l'Ucronia! questo genere affascinante...

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Questo è l'originale contributo di Andrea Mascitti:

A volte quando si propone un'ucronia X, si tende a valutare solo le conseguenze geopolitici più grossolane sottovalutando le conseguenze minori che comunque avrebbero anche loro il loro peso.
Pensiamo ad una delle tante ucronie classiche ovvero quella in cui il Regno d'Italia riesca ad ottenere il Trentino già nella terza guerra d'indipendenza.
Quali sarebbero state delle conseguenze minori? Che per esempio personaggi politici che hanno fatto la storia dell'Italia sarebbero nati cittadini del Regno d'Italia, tra i più importanti non possono che essere citati Alcide De Gasperi e Cesare Battisti le cui posizioni riguardo la WWI per molti aspetti erano fortemente divergenti. Come sarebbe cambiata la loro storia?

Alcide De Gasperi
Nella nostra time line fu membro della Camera dei deputati austriaca, in questa timeline invece sarebbe stato eletto all'alba della guerra Deputato del Regno d'Italia, ma in quale partito? Sicuramente avrebbe fatto parte dei neutralisti. Finita la guerra avrebbe seguito la nostra timeline entrando nel partito popolare fondato da Don Luigi Sturzo?

Cesare Battisti
Anche lui nella nostra TL fu membro della Camera dei deputati austriaca come socialista, fervente irredentista scappo nel Regno d'Italia arruolandosi volontario fu catturato dagli austriaci e giustiziato come traditore.
Ma se fosse nato cittadino italiano?
Avrebbe fatto parte del partito socialista, ma come sarebbe stata la sua posizione riguardo la WWI? Con il Trentino già italiano sarebbe stato interventista o neutralista? Battisti era fautore del confine sulla Chiusa di Salorno, ma forse la volontà di vedere Trieste italiana l'avrebbe lasciato nella sua posizione da interventista.
Arruolatosi volontario a differenza della nostra TL se catturato, non sarebbe stato giustiziato ma fatto solo prigioniero e se sarebbe sopravvissuto alla prigionia come si sarebbe comportato nel dopo guerra avrebbe seguito Mussolini?
(Vista la piega nazionalista ed imperialista che prese il primo dopoguerra, credo che anche in questa time line alla fine avrebbe vinto la fazione per il confine sul Brennero rispetto a quello sulla Chiusa di Salorno)

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E ora, l'idea di Never75:

La Comune di Milano

I moti milanesi del 1898 (la cosiddetta "Protesta dello stomaco") riscuotono maggior successo. La folla inferocita, ma meglio organizzata in questa Timeline, riesce, seppur con gravi perdite, a ricacciare il Regio Esercito. Il generale Bava Beccaris ferito, cade da cavallo e poi viene linciato dalla folla. Infine il suo corpo, come ulteriore sfregio, viene appeso a testa in giù a Piazza Loreto, assieme a quello dei suoi ufficiali.

A Milano si festeggia: per la seconda volta della sua Storia in meno di 60 anni è riuscita a cacciare da sola i suoi occupanti, prima gli Austriaci di Radetzky, ora i Piemontesi di Re Umberto. In San Simpliciano si festeggia la vittoria con una Messa di Suffragio per i "patrioti" defunti.

Calata l'euforia della vittoria, si pensa ad organizzare meglio gli effetti della Rivolta. Pochi giorni dopo l'uccisione del Bava Beccaris i patrioti milanesi vanno all'assalto della Prefettura e del Municipio. Anche qui, con gravi perdite, Sindaco e Prefetto vengono cacciati dalla città. Lo Stato Sabaudo, per il momento, risulta sconfitto.

In seguito, nel capoluogo meneghino si costituisce una sorta di Comune simile, nella sostanza, a quella parigina di un trentennio precedente, chiamata "Repubblica Ambrosiana", che ha come bandiera lo scudo crociato rosso che viene perfino issato sulla "Madonnina" dorata del Duomo.

Alla Costituzione del nuovo statuto comunale prendono parte, tra gli altri, esponenti federalisti (ex seguaci di Cattaneo, poi messi in minoranza con la nascita del Regno d'Italia), repubblicani, socialisti, anarchici, parecchi cattolici (seppure, ufficialmente, la Chiesa Ambrosiana sia rimasta neutrale nello scontro) e pure qualche liberale. Punto fondamentale della Nuova Costituzione cittadina sono i temi sociali e quelli dei diritti civili.

Milano si ricostituisce quindi come città stato, pienamente indipendente ed autonoma da Roma e dallo Stato Italiano. Inutile dire che in molti paesi confinanti con Milano si scatenano moti analoghi, con tanto di cacciata dei sindaci scelti da Roma. L'esempio milanese viene ripreso poi anche da altre città del Nord Italia come Piacenza, Parma, Modena e Reggio (paradossalmente è stato in quest'ultima città che è apparso per la prima volta il tricolore italiano).

I moti insurrezionali di manifestano anche a Torino, ex capitale che si è sentita tradita dai Savoia. Con la classica miopia che da sempre caratterizza i governi italiani dal post-Unità ad oggi, il Re ed i suoi ministri faticano a rendersi conto della reale situazione che si sta creando in parte della Lombardia e dell'Emilia Romagna. Come si dice dalle nostre parti: "Quant i bö in scapà, a saran la stala!"

Le misure d'urgenza (come mettere in Stato d'Assedio le città "ribelli" del Nord) vengono attuate quando queste ultime si sono già date un'organizzazione anche militare ben precisa, con tanto di creazione di una sorta di "Guardia Nazionale".

Gli altri Stati Europei intanto assistono curiosi alla vicenda. Da una parte ci sono Nazioni come la Francia, la Svizzera e l'Austria che guardano con simpatia alla Comune Milanese. In particolar modo Parigi, benché sia ancora fresca la ferita della sua fallita Comune, fa arrivare sottobanco ai Milanesi armi, soldati e viveri. Lo scopo principale è quello di indebolire lo Stato Sabaudo, che sta rappresentando una costante minaccia alle mire francesi sul Mediterraneo. Un grande stato italiano indipendente potrebbe essere un pericolo in futuro: molto meglio allora vederlo diviso in due o più tronconi. Inoltre, dato che l'esercito italiano per il momento ha altro a cui pensare, l'esercito francese occupa nel frattempo anche Tripoli e Bengasi (nell'odierna Libia).

Per motivi opposti invece simpatizzano per i comunardi milanesi gli Elvetici, specie i cugini del Canton Ticino. Oltr'Alpe, infatti, lo Stato Monarchico Sabaudo non è mai stato visto di buon occhio. Un po' per via di molti "geni" italiani che vorrebbero completare l'Unità della Penisola con l'annessione del Canton Ticino e di parte dei Grigioni, un po' per via delle idee federaliste di Cattaneo che, a Lugano e dintorni, ha fatto una vera e propria anti-propaganda dello Stato Italiano Post-Unitario.

In Austria la situazione è più sfumata. Molti vedrebbero nei moti italiani un buon motivo per attaccare i Savoia e riprendersi parte dei territori perduti (almeno il Veneto). Alcuni addirittura pensano (sbagliando) che l'odio per i "Piemontesi" sia così forte nei Lombardi da spingerli di nuovo tra le braccia di Vienna! Però l'Imperatore è scettico. Non solo (ufficialmente) l'Italia è alleata dell'Austria, ma pure quest'ultima, visto l'agitarsi delle questioni nazionali, specie dei popoli slavi, è a forte rischio secessionistico. Per cui, per il momento, a Vienna si preferisce la neutralità.

Invece i governi di Londra e Berlino (entrambe per la dottrina del "Balance of Power", un'Italia forte ed unita è un efficace antidoto alla "grandeur" parigina ed all'imperialismo austriaco) mandano un telegramma a Vittorio Emanuele in cui, sostanzialmente, si dichiarano pronti a sostenerlo anche militarmente nella sempre meno remota ipotesi di una guerra civile.

Curioso il comportamento di un gruppo (trecento circa) di Irlandesi che, fortunosamente, fuggiti di nascosto dalla loro Isola ed arrivati in Italia passando attraverso Francia e Svizzera, giungono infine a Milano e si arruolano spontaneamente nelle Milizie Ambrosiane!

Ora, il gioco è questo: come immaginereste voi (con queste premesse) l'evolversi della situazione italiana? E quali conseguenze avrebbe avuto (sia nel caso di vittoria che di, assai più probabile, sconfitta) la drammatica vicenda della "Comune" Milanese sugli equilibri geopolitici europei?

Never75

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Questo è il commento di Maggioriano:

La comune milanese non sarebbe destinata a durare a lungo, ma sicuramente avrebbe un'influenza determinante per l'orientamento dei partiti di sinistra italiani. Nei mesi successivi il popolo milanese conoscerebbe una crudele repressione ad opera di truppe venute dal sud (una dolce vendetta per loro). Credo che in ogni caso la morte di Bava Beccaris non sarebbe una grande perdita: è una macchia nella dignità dell'esercito italiano.

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A questo proposito, Generalissimus ha tradotto per noi quest'ucronia:

E se il Comunismo non venisse mai la luce?

Karl Marx ha trasformato il paesaggio politico mondiale.
Reagendo alla natura dell'era industriale, Marx e Friedrich Engels teorizzarono l'idea del Comunismo, che influenzò i futuri leader per tutto il 20° secolo.
Dato che il Comunismo e gli insegnamenti di Marx sono stati così influenti sul palcoscenico mondiale, questo fa sorgere una domanda: e se il Comunismo non venisse mai inventato? E se le idee di Karl Marx semplicemente non si diffondessero? In questa TL alternativa il Comunismo non diventa mai un'ideologia importante.
Per Marx il Comunismo era la società utopica senza classi, dove la gente prendeva e creava quello di cui aveva bisogno.
Non esiste il denaro e la gente lavora non perché deve farlo, ma perché vuole farlo.
Questo ideale ispirò innumerevoli movimenti in America Latina, Europa e Asia.
Marx voleva una rivoluzione contro il capitalismo e la creazione di uno stato governato dai lavoratori.
Dopo un po' alla fine lo stato avrebbe dovuto sparire, perché non era più necessario, ma questo ovviamente non avvenne (o non poté avvenire) mai.
Russia, Cina, Cuba, tutti diventarono degli stati corrotti governati da un'élite di pochi.
In alcuni casi, Russia e Cina uccisero perfino milioni di persone a causa delle politiche dei loro governi.
Gli standard di vita decaddero e la cultura calò, tutto nel tentativo di realizzare questa società perfetta teorizzata da Marx.
Prima della nascita dell'Unione Sovietica, Marxisti e Socialisti avevano le stesse idee.
Socialismo è un termine ampio, ma per semplificare al massimo è quando la società permette a tutti i cittadini di avere uguali opportunità e una base da cui partire.
Nel tempo nacquero fazioni con proprie idee su come raggiungere questa società e su quale livello fosse abbastanza buono.
Per esempio, i Socialisti Democratici come i paesi scandinavi e Bernie Sanders sono Socialisti, ma credono nel capitalismo e nella democrazia.
Marx influenzò molto lo sviluppo del Socialismo europeo, per Marx e i suoi seguaci il Socialismo era semplicemente una tappa sulla strada verso il Comunismo.
Le idee di Marx furono alla base di molti movimenti sociali europei.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale i Socialisti si divisero in due campi principali con l'inizio della Rivoluzione russa: i Bolscevichi, poi chiamati Comunisti, che credevano in una rivoluzione violenta per raggiungere il paradiso Comunista, e gli anti-Bolscevichi, che credevano che il Socialismo potesse evolversi naturalmente in un sistema politico europeo attraverso la democrazia.
Dopo la Prima Guerra Mondiale gli anti-Bolscevichi si distanziarono dai Comunisti e guadagnarono influenza, il tutto tramite le elezioni e senza rivoluzioni.
Comunque, a causa delle azioni di Mao e Stalin, i Socialisti dovettero allontanarsi dalle idee di Marx ed è per questo che nelle nazioni europee le idee socialiste si sono mescolate nelle società capitaliste.
Forse le idee di Marx non sono state implementate del tutto, ma la sua influenza si avverte.
In questa TL alternativa, Karl Marx e Friedrich Engels semplicemente non nascono mai.
È molto probabile che un altro intellettuale scriva un libro che diventi altrettanto popolare come il Manifesto Comunista e il Capitale.
In questa TL alternativa gli scritti del nuovo autore potrebbero accompagnarsi a, o influenzare futuri movimenti al posto di quelli di Marx, perciò è assolutamente possibile che i Socialisti potrebbero venire ispirati da un altro scrittore che non condivide la teoria Comunista.
Esatto, un mondo senza Karl Marx non vuol dire un mondo di assoluto capitalismo in stile americano, hamburger, libertà e bikini, il Socialismo sarebbe ancora importante nella società europea anche senza Marx ad aiutare a gettare le fondamenta dei partiti Socialisti, ma ci sarebbero comunque dei cambiamenti in Europa.
Infatti, senza i Sovietici che si impossessano della Russia, i Socialisti europei sarebbero ancora più influenti che nella nostra TL.
Nella nostra TL, con l'ascesa violenta di Lenin e Stalin, il mondo iniziò a temere l'espansione dell'Unione Sovietica, divenne una tale minaccia che i partiti Socialisti non collegati ai Leninisti e agli Stalinisti vennero screditati, specialmente negli Stati Uniti.
In questa TL alternativa, se le idee di Marx non si diffondono, La Paura Rossa e la Guerra Fredda non ci saranno.
In questa TL alternativa, ironicamente, senza Marx gli Stati Uniti avrebbero potuto essere più Socialisti.
In questa TL alternativa il Fascismo non sarebbe nato affatto.
Il Fascismo in realtà ha origini basate sul Marxismo, e in principio era un movimento di estrema sinistra, proprio come il Comunismo.
Mussolini, dopo la sua ascesa al potere, fu pesantemente influenzato da Marx: entrambi credevano in una rivoluzione contro i capitalisti da parte della classe operaia e Mussolini in gioventù fu perfino un fervente Socialista che scriveva per un quotidiano Socialista.
Mussolini non credeva in alcun tipo di lotta di classe, ma senza dubbio il Marxismo ebbe influenza sulle credenze Fasciste di Mussolini.
Ovviamente potrebbero nascere comunque movimenti Fascisti, ma sarebbero molto meno influenti di quelli Socialisti.
Senza l'uomo nero Comunista il Socialismo, o perlomeno il capitalismo mescolato con elementi Socialisti, sarebbe l'ideologia più popolare di questa TL alternativa.
In Asia, senza il Comunismo, i nazionalisti cinesi prenderebbero immediatamente il potere dopo la caduta dell'Imperatore.
La Cina non affronterà mai una brutale guerra civile come fece nella nostra TL, riuscirebbe a sconfiggere facilmente il Giappone anche se questi cercasse di invadere il paese e oggi, in questa TL alternativa, la Cina avrebbe goduto di oltre 70 di ottime relazioni con l'Occidente.
Senza decenni di isolamento a causa del regime Comunista di Mao, la Cina sarebbe la prima potenza economica del mondo.
In questa TL alternativa ci sarà comunque una reazione alla rapida industrializzazione del mondo.
Comunismo e Fascismo nella nostra TL vennero visti come delle soluzioni che in tempi disperati sembrarono allettanti per le masse più povere, in un mondo dove Marx non scrive la sua teoria Comunista un altro scrittore prende il suo posto.
I suoi scritti potrebbero influenzare il mondo, ed è impossibile dire come saranno o come influenzeranno l'Europa e il mondo, ma questo è solo uno scenario.

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Tommaso Mazzoni però non si mostra soddisfatto:

Ci sono un po' di semplificazioni in questo testo; ad esempio, inizialmente in Cina la lotta non fu fra Nazionalisti e Comunisti ma fra Nazionalisti e Signori della Guerra Conservatori, i quali furono sconfitti proprio dai Comunisti. Senza Marx manca il Socialismo scientifico, e quindi nemmeno i partiti socialisti democratici nasceranno nei tempi e nei modi della nostra timeline, bisognerà aspettare l'unionismo britannico e i primi del 1900; questo probabilmente spingerà la chiesa ad accelerare nell'ispirazione di movimenti politici Cristiano-Sociali, e Murri potrebbe avere maggior fortuna. Se i partiti Cristiano-Sociali precedono i partiti socialisti nei campi e nelle officine, la storia cambia tantissimo.

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E MorteBianca aggiunge:

Senza Marxismo no nasce la Socialdemocrazia. L'Unionismo come noi lo conosciamo ne è stato influenzato. Senza marxismo sarà tutta un'altra cosa.

In generale, senza Marx non crollano i regimi in Cina e Russia. Senza rivoluzione russa la Russia non arriverà mai ai livelli di potenza che ebbe nella nostra timeline (per una semplice questione di dispersione delle risorse in ambito capitalistico). E quindi è altamente improbabile che nella Seconda Guerra Mondiale la Russia o vinca o comunque si formi l'impero che ha avuto, quindi niente cortina di ferro.

Senza Marx il socialismo resta non scientifico. Avremo quindi vari progetti utopici di superamento del capitalismo. Nessuno di questi però realmente di massa e con una mentalità politica complessa a lungo termine. Immagino quindi che al posto del socialismo oggi avremmo tutta una serie di movimenti pseudo-anarchici e comunitaristici per le autonomie locali.

Senza Marx i sindacati non si formeranno così presto. Oggi i diritti civili e dei lavoratori sarebbero molto più indietro. Marx ha avuto la capacità di coagulare il successo attorno alla sua teoria. La classe dei lavoratori si è unita sotto un solo stendardo nonostante esistessero anche socialismi non marxisti. Senza Marx lo scenario che c'era ai suoi tempi si manterrà, quindi tanti piccoli movimenti, non ci sarà qualcosa di gigantesco come l'Internazionale.

Una storia senza Marx è analoga ad una storia senza Gengis Khan. La sola morte (o vita) di una persona può cambiare tutto (Napoleone), quindi vista l'enorme portata delle idee di Marx, immaginare un mondo alternativo senza è fattualmente impossibile, cambiano troppe cose.

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Tommaso non è d'accordo nemmeno con lui:

Le Trade Unions nascono nel 1824, quando Carletto aveva 8 anni. Quindi il sindacalismo inglese ci sarebbe stato lo stesso anche senza socialismo. Non è impossibile immaginarcelo questo mondo, anche se ci vuole molto tempo, e molta fantasia. Lo Zarismo di Alessandro III e Nicola II sarebbe crollato comunque, sotto i colpi dei Cadetti.

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Anche Pechè No? dice la sua:

Durante la Rivoluzione Francese la congiura dei Filadelfi diretta da Cadoudal é spesso considerata come proto-comunista e non é l'unico esempio: altri movimenti, congiure, intellettuali avrebbero probabilmente preso il posto di Marx, non in identico modo ma molto simile. Il marxismo non nasce dal nulla, Marx non ha creato la sua ideologia come un'Atena già armata nata dalla testa di Zeus. Non é naturale che la Rivoluzione Industriale e la creazione di una vasta classe operaia conduca alla nascita di un'ideologia di ridistribuzione delle ricchezze e di difesa di questo nuovo gruppo sociale?

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La palla torna ora ad Alessio Benassi, che ha proposto quanto segue:

Nel 1879, con il secondo governo Cairoli, si avvia una intensa politica estera per estendere un protettorato italiano sulla Tunisia. Il primo obbiettivo di Roma e tranquillizzare Londra, timorosa che l'Italia occupando le due sponde del canale di Sicilia mini l'egemonia inglese. Cairoli incassa l'appoggio di Bismarck, e soprattutto inizia a pressare il Bey di Tunisi Muhammad III al-Ṣādiq ibn al-Husayn affinché accetti un accordo con l'Italia: egli dovrà staccarsi da Costantinopoli, ottenendo un regno "indipendente" ma riconoscendo de facto il protettorato italiano; tutta la politica estera della Tunisia dovrà essere gestita da Roma; inoltre i coloni italiani avranno facilitazioni, appezzamenti di terreno e diritti di pesca. Il Trattato del Bardo entra in vigore il 12 maggio 1881, Roma instaura un protettorato sulla Tunisia e come garanzia per la sicurezza dei coloni invia delle truppe di presidio in due fortezze nel territorio, non a Tunisi e non superiori alle 10.000 unità per tranquillizzare Londra. Nel giro di pochi anni il numero di coloni italiani aumenta notevolmente, con incremento delle produzione agricola di grano e olio. Niente tensione con la Francia e niente Triplice Alleanza. Forse, sapendo già di avere l'Italia contro, Austria e Germania sono più prudenti a gestire il dopo Sarajevo...

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C'è anche l'ucronia tradotta per noi da Generalissimus:

E se non ci fosse mai stata alcuna emigrazione verso gli Stati Uniti?

L’emigrazione è un grande problema nel mondo di oggi.
L’attuale crisi dei rifugiati siriani sta minacciando di fare a pezzi l’Unione Europea, mentre l’immigrazione illegale dal Messico è ancora un argomento caldo negli Stati Uniti d’America.
A proposito del mio paese natale: l’immigrazione è sempre un argomento delicato per molti Americani, perché gli Stati Uniti sono un paese costruito dagli immigrati.
Molti Americani possono far risalire le loro origini a persone nate all’estero che sono arrivate in America per sfuggire alle persecuzioni o cercare una vita migliore per loro e la loro famiglia.
Gli Stati Uniti però hanno sempre avuto una forte corrente anti-immigrazione che continua ad esercitare la sua influenza nel processo politico.
Quando ci penso, io, in qualità di ucronista, devo chiedermi: e se non ci fosse stata alcuna immigrazione negli Stati Uniti d’America? Avvertimento veloce: questo video sarà più una domanda ipotetica che un’ucronia implausibile, perché senza immigrazione non esisterebbero nemmeno le 13 Colonie.
Inoltre ci sono molti fattori che incentivarono l’immigrazione dopo la nascita degli Stati Uniti, come carestie, turbolenze sociali causate dalla Rivoluzione Industriale e modi più veloci di viaggiare, come l’energia a vapore, perciò è quasi impossibile fermare questi sviluppi senza riscrivere completamente la storia umana recente.
Ciononostante, spero di ideare un modo plausibile per cambiare la storia in modo da diminuire di molto il numero di immigrati arrivati in America dopo l’indipendenza del paese.
Detto questo, vediamo come sarà un’America senza immigrati: prima di tutto iniziamo col POD.
La prima legge sull’immigrazione fu il Naturalization Act del 1798, propugnato dal Partito Federalista, uno dei partiti americani originari, seguita dagli Alien and Sedition Acts, una serie di leggi emanate dal Congresso controllato dai Federalisti e approvate dal Presidente John Adams.
Esse richiedevano una residenza di 14 anni prima che un immigrato potesse diventare un cittadino, e permettevano al governo di deportare chiunque fosse pericoloso.
I difensori del Naturalization Act dicevano che fosse necessario per la sicurezza nazionale, ma gli storici moderni pensano che venne promulgato per togliere voti ai rivali dei Federalisti più amichevoli nei confronti dell’immigrazione, i Democratico-Repubblicani, i precursori dell’attuale Partito Democratico.
La vittoria di Thomas Jefferson nelle elezioni presidenziali del 1800 portò alla fine del governo Federalista e del Naturalization Act.
Forse in una TL alternativa Jefferson viene sconfitto dai Federalisti, e una forte posizione anti-immigrazione diventa il fondamento del primo governo americano.
Questo probabilmente non interromperà del tutto l’immigrazione, ma sarebbe un inizio.
Una forte opposizione del governo a residenti provenienti dall’estero sarebbe una benedizione per i gruppi anti-immigrazione creatisi nella nostra TL come il Know Nothing, un’organizzazione politica nativista che si opponeva agli immigrati Cattolici a causa di una teoria della cospirazione che affermava che il Papa voleva sottomettere l’America, un po’ come alcuni Americani moderni hanno paura degli immigrati Musulmani perché vogliono introdurre la Shari’a.
I Know Nothing e organizzazioni simili come il Partito Americano e l’Ordine della Bandiera a Stelle e Strisce erano costituite soprattutto da bianchi Protestanti anglosassoni, senza l’influsso di immigrati culturalmente e religiosamente diversi persone come i membri del Know Nothing potrebbero diventare il principale gruppo etnico dell’America.
Di fatto, l’idea di un’etnia americana potrebbe essere ancora più distinta di oggi, in questa TL la parola nativo americano potrebbe definire un discendente delle 13 Colonie piuttosto che un Indiano americano.
Un altro fattore che incoraggiò l’immigrazione che dobbiamo considerare è la disponibilità di terre più economiche .
L’Homestead Act del 1862 garantiva terreni gratuiti più piccoli di 160 acri a qualsiasi Americano disposto a stabilirvisi e a coltivarli.
I meridionali si erano sempre opposti a questo piano, perché temevano che avrebbe attirato immigrati, e ad essere onesti lo fece, perciò sbarazziamocene.
Forse il sud in questa TL non secede e non si fa sfuggire l’opportunità di opporsi all’Homestead Act, o forse non avviene l’Acquisto della Louisiana.
Se siamo in un’America anti-immigrazione governata dal Partito Federalista allora non c’è nessuna garanzia che essa si espanderà oltre il Mississippi.
Nella nostra TL molti Federalisti si opposero all’acquisto e una mozione contraria ad esso venne battuta alla Camera dei Rappresentanti per soli due voti, perciò in questa TL non c’è nessun acquisto della Louisiana e di conseguenza nessun Homestead Act.
Senza terra a basso prezzo da coltivare gli immigrati avranno meno motivi per arrivare negli Stati Uniti.
Senza immigrazione, però, l’economia di quest’America alternativa sarà più piccola e lenta, senza una grande forza lavoro l’industrializzazione verrà ritardata e sarà incentrata tutta negli stati del nordest.
Questi Stati Uniti alternativi potrebbero essere perfino più dipendenti dal commercio di schiavi, perché c’è sempre bisogno di qualcuno che faccia i lavori che nessuno vuole fare, perciò l’Act Prohibiting Importation of Slaves del 1807 potrebbe non essere mai ratificato e il commercio di schiavi potrebbe continuare per decenni.
Anche se questo vorrà dire che l’America avrà una popolazione Afroamericana ancora più grande, non sono affatto convinto che questi Stati Uniti fittizi saranno migliori per i neri.
Leggi come il Naturalization Act del 1870, che estese la cittadinanza ai neri liberati dopo la Guerra di Secessione Americana, probabilmente non verranno mai promulgate da degli Stati Uniti dominati da una distinta etnia americana che si oppone a qualsiasi minaccia percepita contro la sua esistenza.
Non sono sicuro di come sarà la vita per gli Afroamericani in questi Stati Uniti alternativi, ma dubito che sarà buona.
Penso che sia ragionevole presumere che alcuni immigrati riusciranno ad arrivare sulle coste americane per un motivo o per un altro, ma scommetto che non riceveranno un benvenuto amichevole, probabilmente affronteranno una dura segregazione e forse saranno addirittura vittime di violenze da parte dei nativi.
I loro figli probabilmente non avranno il diritto di cittadinanza fin dalla nascita, perché non credo che in un paese che vuole tenere fuori la gente l’America ratificherà qualcosa come il 14° Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che afferma che tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e soggette alla loro giurisdizione sono cittadine degli Stati Uniti e dello stato dove risiedono.
Detto ciò, penso che pochi individui arriveranno in questa America, scienziati come Albert Einstein e Nikola Tesla non chiameranno mai gli Stati Uniti casa loro, e il paese perderà il loro impatto sulla scienza.
L’America perderà anche imprenditori come il magnate dell’acciaio Andrew Carnegie, o Sergey Brin, che ha fondato Google, che possiede la piattaforma dalla quale sto parlando con voi in questo momento.
Aspettate, non dimentichiamoci che questa è stata co-fondata dagli immigrati Steve Chen e Jawed Karim! Di fatto gli studi dimostrano che gli immigrati hanno il 40% in più di diventare imprenditori rispetto agli Americani nativi, e si può presumere che senza questo spirito imprenditoriale l’economia di questi Stati Uniti alternativi sarà ancora più debole di quanto ho fatto intendere prima.
Potrei andare avanti, ma è sempre difficile speculare man mano che ci allontaniamo dal POD iniziale, e penso che abbiate capito quello che penso.
Questi ipotetici Stati Uniti senza immigrati saranno un paese nel quale molti Americani non vorranno vivere, non sono un paese che potrebbe produrre la potenza industriale per sconfiggere le potenze dell’Asse, resistere all’Unione Sovietica, sbarcare sulla Luna o difendere i diritti umani in patria o all’estero.
È un paese nel quale neanche io potrei esistere, considerato che i miei nonni nati all’estero lasciarono l’Europa piagata dalla guerra per avere la possibilità di una vita migliore al di là dell’Atlantico.
Detto questo, non farò finta che i problemi riguardanti l’immigrazione non siano complicati, specialmente alla luce della sicurezza nazionale, inoltre capisco perché la gente pensa che gli immigrati stiano rubando il lavoro agli Americani, perché è probabile che lavorino ad un costo inferiore.
Comunque devo ricordarvi le cose buone causate dall’immigrazione: ha permesso agli Stati Uniti di essere una superpotenza culturalmente ed economicamente dinamica, e infatti vorrei concludere citando il programma del Presidente Abraham Lincoln, il primo presidente Repubblicano, per le elezioni presidenziali del 1864, quando molti stavano cercando di fare a pezzi gli Stati Uniti.
Esso afferma: “L’immigrazione straniera, che in passato ha aggiunto così tanto alle ricchezze, alle risorse e all’aumento della potenza del nostro paese, dovrebbe essere incentivata e incoraggiata”.

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A proposito, riportiamo anche quest'ucronia di Enrico Pizzo:

I Dagos di New Orleans

Nel 1890 il capo della polizia di New Orleans venne ucciso in un attentato. Poco prima di morire indicò i "Dagos", gli italiani, come autori dell'attentato. Nei giorni successivi decine di italiani vennero arrestati e 19 di loro processati per omicidio. Data l'inconsistenza delle prove gli imputati furono tutti assolti, scatenando le ire dei notabili della città. Il sindaco di New Orleans scrisse allora una serie di articoli sui giornali locali per incoraggiare la popolazione al linciaggio.

L'operazione ebbe successo, e il 14 marzo 1891 un gruppo di 150 notabili assaltò la prigione uccidendo gli italiani. Il governo italiano reagì alla notizia richiamando il proprio ambasciatore a Washington, mentre "l'ambasciatore statunitense a Roma venne dichiarato Persona non Grata". La Regia Marina inviò in crociera nell'Atlantico 23 navi, allarmando l'amministrazione USA che poteva contare solo su 4 navi moderne. Il regno di Spagna, preoccupato per il movimento indipendentista di Cuba finanziato dagli USA, offri al governo italiano la possibilità di usare i porti di Cuba come base, ed anche la Gran Bretagna offrì assistenza militare all'Italia nel caso di guerra.

La questione venne infine risolta con un indennizzo in denaro offerto dall'amministrazione USA alle famiglie delle vittime e "affidando ad imprese italiane i lavori per le celebrazioni dei 400 anni dalla scoperta dell'America". Ma se si fosse giunti alla guerra?

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Gli risponde Basileus TFT:

Interessantissima, direi. Ai tempi la potenza USA era ancora tutta da formare, specialmente sul mare. Le corazzate classe Caio Duilio non avevano rivali e non c'era alcun modo di abbatterle (niente aviazione, siluri, ecc) se non con fuoco pesante navale, in cui noi italiani eravamo infinitamente superiori agli americani. Se dichiariamo guerra vinciamo sicuro eventuali scontri navali con perdite irrisorie, dopodichè possiamo devastare la produzione interna con continui cannoneggiamenti dei porti. La Spagna coglie la palla al balzo e ci segue nel conflitto, dando una decisiva eradicata ai separatisti.

Constatata l'impossibilità di un'invasione via terra, si giunge ad una pace con pagamento economico più o meno gravoso, intanto però l'Impero Americano è bloccato sul nascere.

Gli USA diventano maggiormente isolazionisti, evitano una politica di infiltrazione nel Pacifico e di fatto come colonia otterranno solo la Liberia, con un governo ancora più restio agli affari europei la pace della prima guerra mondiale potrebbe essere diversa, maggiormente "inglese", gli inglesi stessi dopo la seconda guerra potrebbero avere un peso maggiore e la NATO essere americano-britannica e non solo americana.

Il Giappone non entra in guerra con gli USA ma con l'UK, anche se di fatto gli USA intervengono per ovvi interessi, ma conservano parte della flotta.

La Spagna evita il disastre del 98, conserva il suo impero e riesce ad eradicare i separatisti. Senza la guerra evita anche l'iperinflazione, magari la successiva guerra carlista (c'e stata una guerra carlista? O ricordo male) e riesce ad industrializzarsi un pelo prima. Può permettersi di partecipare alla prima guerra mondiale, ovviamente a fianco dell'Intesa e viene ricompensata con parte del Togo tedesco, che poi vende agli inglesi. Franco e i suoi fanno un colpo di Stato che fallisce subito e sono fucilati. I liberali moderati probabilmente dominano la scena politica. Subito dopo la seconda guerra mondiale (la Spagna entra solamente nel 44 dopo il D-Day) smolla Cuba e le Filippine creando una sorta di Commonwealth. E nel 1926 la guerra del Rif la vince da sola.

L'Italia ottiene una vagonata di prestigio internazionale e getta le basi per un'amicizia solida con la Spagna, migliorandone i rapporti commerciali, magari firmano anche un'alleanza cercando di sganciarsi col tempo dalla Triplice. Probabilmente Guam e le Marianne settentrionali vengono vendute all'Italia nei primi del '900. Essendo maggiormente rispettati a livello internazionale magari l'UK prende un pelo più seriamente le nostre richieste nella prima guerra mondiale e gli Alleati ci danno Fiume e la Dalmazia, ma non il Tirolo. Incognita su come si sviluppa il fascismo.

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Ed Enrico Pellerito aggiunge:

Riguardo il cosiddetto "linciaggio di New Orleans", questo link illustra i fatti e accenna anche alle conseguenti complicanze diplomatiche tra il Regno d'Italia e gli Stati Uniti d'America.

Sull'aspetto strategico militare, Emanuele Rizzardi fa riferimento alle moderne e davvero temibili corazzate della classe "Caio Duilio", entrate in servizio nel numero di due nel 1880 e nel 1882, in tempo, quindi, per partecipare ad eventuali scontri, ma non vanno dimenticate le due corazzate della classe "Italia" e molti altri scafi che facevano della Regia Marina italiana nel periodo in questione, almeno dal punto di vista del tonnellaggio, la terza a livello mondiale dopo le marine dell'Impero Britannico e della Repubblica Francese.

Fra l'altro, negli Stati Uniti la Caio Duilio era vista come l'esatto esempio di ciò di cui l'US Navy doveva dotarsi al più presto. Durante una seduta parlamentare un senatore tuonò che la sola Caio Duilio avrebbe potuto distruggere l'intera flotta degli Stati Uniti. E nel Regno Unito, la Royal Navy, che certo non doveva temere la marina italiana, si sentì comunque psicologicamente scossa dalla costruzione della Duilio e la risposta non si fece attendere quando, nel 1876, con la corazzata italiana ancora in allestimento, venne varata l'HMS Inflexible, entrata poi in servizio nel 1882.

Bisogna, però, ricordare che non pochi analisti militari hanno considerato i vertici della Regia Marina di quegli anni non sempre adatti al ruolo che dovevano svolgere, sia in termini di applicazione della strategia navale, sia nella gestione degli scontri navali, in quanto, rispetto a Lissa, non era cambiato molto come mentalità, come nel migliorare l'addestramento degli equipaggi.

Se però ci vogliamo limitare agli aspetti "visibili" le nostre navi non avrebbero affatto sfigurato nei confronti di quelle statunitensi, sebbene a partire dal 1880 la US Navy avesse iniziato a dotarsi di navi in acciaio, che durante la guerra ispano-americana affrontarono una flotta vetusta e obsoleta. Lo sviluppo ipotizzato da Basileus TFT è, quindi, molto plausibile.

Anche l'aspetto ricordato da Enrico Pizzo sull'eventualità che Londra mostrasse un interesse ad appoggiare l'Italia in questo conflitto, non è da considerarsi ipotetico: in quel periodo Londra era piuttosto vicina a Berlino e il suo principale antagonista era l'Impero russo, guardando parimenti con sospetto alla sempre più evidente capacità americana di espandersi come potenza industriale e politica.

Non sono mancati attriti fra le due sponde dell'Atlantico in quello scorcio di tempo e, ironicamente, le due nazioni si sarebbero avvicinate (con l'inizio dell'allontanamento da Berlino) proprio durante la guerra ispano-americana.

L'aspetto da considerare "è" il momento temporale e ciò che nel panorama internazionale esprimeva l'Italia nel suddetto momento. Certamente presso le cancellerie europee l'Italia era poco considerata, unica nazione "bianca" in Africa ad essere stata sconfitta, non soltanto in qualche battaglia, ma addirittura in un conflitto dagli autoctoni. Questo, però riguardava uno degli aspetti della politica estera italiana, quello relativo all'espansione coloniale, che si coniugava con gli altri esempi (Custoza e Lissa) che dimostravano una scarsa efficienza delle forze armate del Regno d'Italia.

Ambigua, però, risultava la politica navale italiana: la Regia Marina si sarebbe "riaffacciata" in Adriatico molto tempo dopo Lissa, mentre (se si leggono i testi critici relativi alla suddetta politica nel periodo 1870-1910, come il file che ho allegato prima) si scoprirà una "verve" che proprio italiana non sembra!

La Regia Marina iniziò in quegli anni a navigare nel Mar Rosso, nell'Atlantico e nel Pacifico. Si studiò per costituire a noleggio presidi oltremare dove rifornirsi di carbone (come la stazione navale di Rio de La Plata), si effettuarono crociere oceaniche anche di intere squadre, si partecipò ad operazioni internazionali contro il Venezuela e se ne progetto una nazionale contro il Brasile a seguito di tensioni con quella nazione!!!

Riguardo poi proprio il Brasile, a seguito di una rivolta da parte degli equipaggi della flotta navale brasiliana, venne costituita una formazione navale internazionale, al cui comando venne posto l'ammiraglio italiano Magnaghi.

Sull'aspetto dell'eventuale, e sottolineo eventuale, appoggio britannico, ribadisco che in quegli anni fra Londra e Washington non vi era, ancora, una solida amicizia.

Faccio, comunque, notare un elemento: la flotta mercantile statunitense non era tutta iscritta nei registri navali nazionali, perché a seguito della lotta corsara operata dalla marina confederata, molti armatori del Nord avevano scelto di far battere alle loro navi bandiere diverse da quella a "stelle e strisce"; tale politica sarebbe durata fino ai primi del novecento, se non ricordo male.

Conseguentemente è probabile che, a meno di non impegnarsi in blocchi dei porti (e a quel punto i cannoni costieri dei forti navali dell'US Army avrebbero potuto mettere in difficoltà le navi italiane) rifornimenti di materie non reperibili sul territorio americano (e non sono poi molte) sarebbero lo stesso potute entrare negli USA, come, d'altra parte, le esportazioni americane avrebbero potuto proseguire. Per cui, a parte una batosta alla US Navy, le navi italiane non avrebbero poi fatto molto di più, dando, comunque, una lezione di forza.

Che poi nei decenni a venire è probabile che l'Italia l'avrebbe pagata con un'azione alla "Ricordatevi di Alamo". Ma questo resta il mio parere.

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Chiudiamo per ora con il contributo di Dario Carcano:

Ogni tanto mi capita di iniziare a scrivere senza sapere esattamente dove andrò a finire, poi la mia logorrea fa il resto. Anche qui, non sapevo esattamente dove sarei andato a finire, spero solo che quello che ho scritto vi piaccia.

La Repubblica della Razza

Il Partito Repubblicano Popolare nacque nel 1891, quando la corrente del Partito Liberale guidata da Enrico Ferri si scisse dalla casa madre. Ferri se ne andò dal Partito Liberale essenzialmente per le sue posizioni di apertura verso i socialisti, che lo ponevano in contrasto con la leadership conservatrice del Partito Liberale, all'epoca guidato da Francesco Crispi.
Già la scelta del nome, Partito Repubblicano Popolare, era una aperta sfida al Partito Liberale che dal 1848, quando il Partito Repubblicano si era sciolto per confluire nei liberali in seguito all'abolizione della monarchia, governava l'Italia in un regime di monopartitismo.
Del resto, perché c'era bisogno di altri partiti? I liberali rappresentavano perfettamente l'intera società italiana: gli ex aristocratici, che nel partito avevano un modo per mantenere le proprie posizioni di potere; la nascente borghesia industriale, che nel partito vedeva un argine contro le idee socialiste; e anche la piccola borghesia e i ceti operai, che beneficiavano delle politiche paternaliste del Partito Liberale, e si erano anche visti garantire il suffragio universale (maschile).
O meglio, quasi tutta la società italiana. Erano esclusi da questo sistema la Chiesa Cattolica, sostenitrice della vecchia monarchia, e all'epoca ancora chiusa in posizioni reazionarie, e gli ultimi degli ultimi, ovvero il sottoproletariato rurale: se alle manifestazioni degli operai seguivano concessioni sindacali, le manifestazioni dei contadini erano represse nel sangue dalle truppe repubblicane.

Ma negli anni '90 dell'800, questo sistema iniziava a entrare in crisi: i cattolici, che stavano iniziando ad uscire dal proprio isolamento volontario, reclamavano un posto nel sistema di potere del Partito Liberale; i socialisti non si accontentavano più delle concessioni paternaliste, ma volevano delle vere riforme economiche verso il socialismo; gli agrari e gli industriali, spaventati dal fatto che i socialisti aumentassero le proprie pretese, volevano un governo ancor più ostile ai rossi; e i braccianti, spinti dall'aumento del costo della vita, iniziarono ad organizzare proteste, che puntualmente furono represse nel sangue dalle truppe governative.

Ferri fu abile nello sfruttare l'insoddisfazione dei vari ceti sociali verso i Liberali: agli operai promise ulteriori riforme sindacali, ad agrari e industriali una più dura repressione dei socialisti, e ai cattolici la fine delle politiche antireligiose dei Liberali.
Così, nel 1896, il PRP vinse le elezioni confinando i Liberali all'opposizione, e quell'anno lo stesso Ferri fu eletto Presidente della Repubblica.
Ferri mantenne molte delle sue promesse: fece finire le persecuzioni anticattoliche, e nel 1898 un concordato normalizzò i rapporti con la Chiesa; creò un sistema pensionistico, e introdusse un salario minimo, mentre al contempo usava bande di picchiatori per reprimere i socialisti quando alzavano troppo la voce. E come sempre, usava le truppe repubblicane per sparare ai braccianti agricoli.
Concordato a parte, il governo del PRP non era troppo diverso da quello dei Liberali.
O forse lo era?

Ferri, all'attività politica, alternava una attività accademica in cui va sottolineata la sua vicinanza a Cesare Lombroso; ma al contrario di Lombroso, che si era focalizzato sulle caratteristiche fisiologiche dei criminali, Ferri si concentrò sulle caratteristiche psicologiche, arrivando a teorizzare come sentimenti quali odio, cupidigia e vanità, influenzassero il comportamento criminale. Influenzato da Darwin, e dalle teorie eugenetiche di Galton, Ferri riteneva che fosse possibile migliorare la specie umana, selezionando individui meno propensi ad azioni criminali, secondo lui i meridionali, soprattutto i braccianti, erano geneticamente predisposti al crimine a causa di una "scarsa resistenza alle tendenze e tentazioni criminali, dovuta a una impulsività squilibrata tipica dei bambini e dei selvaggi".
Fu così che nel 1899 furono introdotte le prime leggi sulla separazione dei 'Puri' dai 'Minorati'. "Uguali ma Separati", questo il principio base delle 'Leggi per la Difesa della Società dalle devianze criminali'.
L'appartenenza ad una delle due categorie era determinata da esami fisiologici e psicologici; questi ultimi generalmente prevedevano domande di educazione civica sul funzionamento delle istituzioni repubblicane, quindi non sorprende che quasi tutti i braccianti, di regola analfabeti, performassero peggio rispetto ai padroni e agli operai. I matrimoni misti tra 'Puri' e 'Minorati' erano proibiti, e un figlio di una relazione mista era considerato 'Minorato' a prescindere dalla prestazione negli esami fisici e psicologici, perché ha comunque nel proprio corpo i geni criminogeni.
I 'Minorati' non potevano andare a scuola, e gli erano riservati i lavori più umili e degradanti, come appunto il lavoro nei campi, dove erano sfruttati in condizioni schiavitù.
Ovviamente i 'Minorati' non potevano votare, anche se questo non fu un grande cambiamento, perché già la legge precedente richiedeva l'essere alfabetizzato come condizione essenziale per poter esercitare il diritto di voto, escludendo così la grande maggioranza dei braccianti e del sottoproletariato rurale.

E il Mondo, per una volta, osservò l'Italia con ammirazione, perché in Italia si mettevano in pratica le teorie scientifiche più moderne e all'avanguardia sulla genetica e il miglioramento della razza.

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Questo è il commento in merito del grande Bhrihskwobhloukstroy:

Quando un’opera è pubblicata, l’interpretazione dei lettori è non solo libera, ma sollecitata (lo stesso Autore diventa un interprete fra molti); mi sento interpellato e rispondo per quel poco che posso (con un indirizzario fatto in casa, perché non ho altra scelta; pressoché di certo dimenticherò qualcuno e ne chiedo scusa fin d’ora).

Non mi sembra un’utopia (positiva) e di sicuro è un’ucronia, quindi mi pare doveroso affrontarne la prospettiva ucronica. Premesso che non ci sono vincoli e che il Comandante ci ha ben abituati ai Maya da altri pianeti, qualche pensierino deve pur sempre essere riservato al contesto più vicino alla Storia vera.

Le tracce sono che esiste una Repubblica Italiana, che comprende l’Italia Meridionale, è stata una Monarchia, soppressa nel 1848 e alla quale il Papa era favorevole. Non si sa se ci sia stato un intervento francese dal 1849 al 1870 (non ce ne sono tracce). La borghesia industriale è allo stato nascente. Non si parla dei Militari né di Colonie; l’Italia non è in stato di guerra né sembra averne attraversate di devastanti.

Il quadro che si delinea è che, al momento dell’abolizione della Monarchia, l’Italia fosse un Regno con la benedizione del Papa, quindi qualcosa di simile alla Confederazione propugnata dal Neoguelfismo, ma in forma di Stato Monarchico, dunque simile al Secondo Reich: gli Stati, compreso quello Pontificio, si sono fusi in uno Stato Federale, retto da un Monarca (che non è il Papa stesso).

Sono indeterminati i confini: di certo includono (per via del Meridione d’Italia) il Regno delle Due Sicilie e, con ogni verosimiglianza, lo Stato Pontificio (altrimenti non sarebbe tanto urgente un Concordato), inoltre un sufficiente numero di Stati caratterizzati sia dalla Proprietà Agraria sia dalla nascente Industria. In quest’ultimo caso, se l’Italia non è uno Stato territorialmente discontinuo (comprendente da un lato l’ex-Regno di Sardegna e dall’altro il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio), deve essere stato annesso (e poi vi devono essere stati deposti i relativi Monarchi) qualche Stato asburgico, come minimo il Ducato di Modena e Reggio (e quindi, probabilmente, per ragioni territoriali, anche il Granducato di Toscana). La nascita di Enrico Ferri a San Benedetto Po (1856) non è invece diagnostica, perché un singolo individuo può tranquillamente emigrare, specialmente in Stati omoglotti.

Tracce negative che saltano all’occhio sono che la deposizione del Re non si è scontrata con una repressione sabauda, che nel caso sarebbe verosimilmente stata vittoriosa; inoltre, che l’Austria non ha potuto impedire tutto ciò. Per i Savoia, vuol dire che non c’entravano o erano ormai fuori gioco; per gli Asburgo – che non si può dire che non c’entrassero, se non altro a motivo di Modena e Reggio e di conseguenza della Toscana – vuol dire che erano fuori gioco (impegnati in qualcosa di più urgente o importante e/o adeguatamente compensati).

Ancora una traccia: perlomeno nel 1899, «il Mondo» osserva l’Italia con ammirazione per un’operazione razzistica; non è dunque un Mondo di Democrazie prototipiche (non siamo di conseguenza autorizzati a postulare Repubbliche democratiche in Germania o in Russia) e, siccome è molto difficile immaginarsi una deriva razzista per la Repubblica Francese, dobbiamo attribuire tale ammirazione ad altre Potenze, che all’epoca non erano tanto numerose (Stati Uniti, Regno Unito, Impero Russo e poche altre).

La prima idea spontanea – una Repubblica Italiana nata nel 1848 con più o meno i confini del Regno d’Italia del 1914, se non del 1935 – è perciò incompatibile con troppi dati. Scartarla può sembrare controintuitivo, ma è richiesto dalla logica storica e dalla coerenza della narrazione. Ci sono scenarî alternativi che meglio rispettino entrambe queste ultime condizioni? Se sì, qual è il più vicino alla Storia reale?

Una Confederazione Italica nel periodo della Restaurazione sarebbe stata repressa dalla Santa Alleanza. La prima occasione utile è in concomitanza con l’elezione di Pio IX. al Soglio Pontificio; il Punto di Divergenza potrebbe essere l’adesione di Modena e Reggio al progetto di Lega Doganale, a quel punto estensibile al Regno delle Due Sicilie. Se ciò ritarda i Moti Rivoluzionarî del gennaio 1848 in Sicilia e in Campania, possiamo conservare alcuni fatti storici: la dichiarazione di guerra di Carlo Alberto all’Austria il 23. aprile, l’allocuzione di Pio IX. sei giorni più tardi e il ritiro di Ferdinando II., che in questo contesto ucronico si possono fondere in una rottura fra Carlo Alberto e il resto della Lega, la quale però prosegue nel progetto unitario, a questo punto ben visto da Ferdinando II. (senza più il pericoloso rivale sabaudo); le (ucronicamente ritardate) rivolte a Parma e Modena appaiono allora come tentativi di portare a un’annessione dei Ducati al Regno di Sardegna, con cui la Lega rompe le relazioni. Gli avvenimenti ucronici si susseguono rapidamente nel resto dell’anno: la Lega residua (senza il Regno di Sardegna) si trasforma in Regno Federale, con Ferdinando di Borbone come Re (il quale ha l’agio di ridividere il Regno delle Due Sicilie in Unione Personale fra Regno di Napoli e di Sicilia, così evitando definitivamente il principale motivo di rivolta a Palermo), ma la crisi politica a Roma (15.-24. novembre), in questo caso con diretto coinvolgimento di Ferdinando II., porta alla deposizione dei Monarchi e alla proclamazione, anziché della Seconda Repubblica Romana, di quella Italiana (29. dicembre 1848 invece che 5. febbraio 1849).

Nella Storia reale, ciò condurrebbe alle spedizioni e repressioni francese e austriaca e l’esperienza repubblicana si concluderebbe qui per circa un secolo. Se ciò non avviene, dobbiamo postulare altre due divergenze: in Francia non si impone Napoleone III. (rimane la Repubblica) e l’Austria, di cui – se non altro in grazia dell’ineliminabile sostegno russo – è impensabile un crollo, deve essere impegnata e soddisfatta in qualcosa di più importante che il recupero della/e Secondo- e Terzogenitura nonché di Parma. Insisto su questo, perché – anche se sono la persona più sospetta quando mi imbarco in queste argomentazioni – davvero non vedo altri scenarî realistici convincenti; del resto, come spesso ripeto, non sono stato io a proporre il tutto, sto solo commentando un’opera altrui, in un modo che spero obiettivo.

La proposta di soluzione ricalca uno scenario che avevo delineato in un’altra occasione per motivi del tutto diversi, ma che torna appropriata in questa circostanza, con l’aggiunta di un particolare: la mancanza – resasi qui necessaria – della Restaurazione Bonapartistica in Francia è compensata da una maggiore assertività sulla questione dei “Confini Naturali” (ossia l’annessione della Renania) e ciò determina per reazione a Francoforte un rafforzamento della coesione pangermanica che si traduce nella prevalenza dell’idea grande-tedesca su quella piccolo-tedesca; di conseguenza, Francesco Giuseppe viene proclamato Imperatore del restaurato Reich e la sua accettazione autorizza l’adesione di Federico Guglielmo IV.; alla testa dell’esercito imperiale, Francesco Giuseppe riconquista l’Ungheria più rapidamente (dato che il contributo russo sussiste comunque) e può puntare con molte più risorse al teatro cisalpino, dove le vicende di Venezia si svolgono come nella Storia reale, mentre la Guerra Austro-Sarda prosegue fino a una resa dei conti in questo caso definitiva, con l’invasione e l’annessione degli Stati Sardi di Terraferma (Vittorio Emanuele si riterrà fortunato di essere rimasto a capo dell’unica Monarchia superstite dell’ex-Lega Doganale, sia pur ridotto alla sola Sardegna). L’annessione della Savoia (fra l’altro) all’Austria è la goccia che fa traboccare il vaso: scoppia la Guerra Franco-Tedesca, che il Reich e il Kaisertum riescono a vincere (con tanto di annessione dell’Alsazia-Lorena) solo grazie al decisivo apporto russo, pagato da Schwarzenberg col via libera a San Pietroburgo per quanto riguarda l’Impero Ottomano (di cui Vienna riesce a riservare per sé solo quanto già pattuito da Giuseppe II. con Caterina II. nel 1781-1782: l’Oltenia, Nicopoli, Vidin, Belgrado e tutti i territorî a Ovest della Linea da qui all’Adriatico, incluso il Golfo di Drin).

Nella Guerra di Crimea, gli Imperi Russo e Austro-Tedesco vincono così su quello Ottomano, che ha l’appoggio del solo Britannico (non esistendo quello Francese); la Guerra dei Ducati finisce di deteriorare i rapporti austro-britannici, ma non al punto di portare a una guerra europea. Nel frattempo, la situazione in Italia è stata ratificata da un Congresso: le annesioni austriache (Stati Sardi di Terraferma) vengono riconosciute come compenso per la perdita della/e Secondo- e Terzogenitura (e di Parma), mentre Vienna e San Pietroburgo riconoscono la Repubblica Italiana e Londra estende il proprio protettorato di fatto al residuo Regno di Sardegna (la sola isola eponima) come opportuno punto di guardia al confine fra le due Seconde Repubbliche (Francese e Italiana).

Così, nel 1899, il «Mondo» che osserva l’Italia con ammirazione è rappresentato, come detto, da Stati Uniti, Impero Britannico, Impero Russo e Reich Tedesco-Kaisertum Austriaco (non ci sono state né Guerra Austro-Prussiana né Compromesso Austro-Ungarico del 1867). L’Eritrea è austriaca, Sagallo russo, la Somalia interamente britannica, la Libia spartita fra Impero Britannico e Francia.

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