L’osservatore silenzioso

di Agatha Christie


Passo le mie giornate sui treni. Ci lavoro. È incredibile, soprattutto se si ha un’indole votata alla curiosità perpetua come me. Ogni giorno vedo gente nuova e ormai i finestrini delle carrozze sono diventati per me un osservatorio migliore della tv. In fondo con la televisione vieni al corrente dei problemi, apprendi le notizie e guardi la pubblicità. Una vera e propria finestra sul mondo. Sul treno la cosa è la stessa. La differenza è che sono più piccoli, quindi sono finestrine sul mondo… A parte gli scherzi, faccio qualche esempio. Alla mattina, ogni giorno, mi metto al lavoro e il treno inizia il suo tragitto. Provate a pensare questo fatto dal punto di vista dello spettatore. A cominciare dalla prima stazione, attraverso il vetro si possono osservare un sacco di problemi del panorama italiano. Proprio l’altro giorno c’era un signore elegante che parlava a un altro tizio seduto di fronte a lui più o meno così:

- Non trova queste stazioni uno spettacolo disgustoso? O sono da decenni in stato di restauro oppure in stato di abbandono più totale. In questa, per esempio, non c’è un orologio che sia a posto. Sono tutti fermi. E i vetri? Vogliamo parlare dei vetri? Quasi sempre sono tutti rotti. Mi gioco una mano se questa stazione ha i vetri a posto! Ecco, vede? Avevo ragione! E le panchine: o sono inesistenti o sono sfasciate e sporche. E nessuno si sogna di cambiarle! Ah già! Ecco che mi stavo dimenticando di mostrarle una cosa! Guardi laggiù, quel gruppetto vicino alla mezza panchina. Secondo lei cosa stanno facendo? Certo che si stanno drogando! Altra piaga di questo paese! Ma che fa il governo, dorme? E prima ancora, scommettiamo che i poliziotti della stazione sono assenti o stanno facendo altro? Ci ho azzeccato ancora, ha visto? -

Non so assolutamente come dare torto a questo signore e trovo che non ci sia altro da aggiungere. Andiamo avanti. Avete presente il tragitto di un treno che va e viene da Milano?

Immaginiamo ancora di guardare dal finestrino: cosa si può vedere? In primo luogo l’occhio cade sul vetro stesso. Ogni millimetro quadrato è cosparso di ditate e di macchie. Proprio l’altro giorno c’era sul treno una bambina che ha cominciato a emettere urlettini di disgusto rivolta al vetro. Diceva che non voleva appoggiarsi perché aveva paura che il suo peluche si prendesse qualche brutta malattia. Soggetti interessanti i bambini… hanno la capacità di esprimere in parole estremamente semplici concetti che sembrano incomprensibili alla gente che ha le possibilità per agire. Ma al di là del vetro cosa c’è? Rottami, capannoni che sembrano ancora di sessant’anni fa (se non lo sono davvero)… Poveri noi! Avete capito perché guardare fuori da un treno è come guardare la televisione? Si guarda in faccia all’Italia.

Meno male che non sono io che devo aggiustare le cose… Vi ho mostrato la situazione per vedere se vi viene una qualche idea geniale… Io che sono un semplice ragno che ogni giorno tesse la sua tela, che posso fare?

Agatha Christie


Solo un attimo

di Agatha Christie

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-Ti amo. Si, è così. Anche se ti sembrerà una cosa strana, ti prego, credimi. Mi sono innamorato di te dalla prima volta che ti ho visto…

Il ragazzo di nome Luca si ripeteva queste parole ormai da mezz’ora, in piedi, appoggiato al tronco del grosso tiglio che svettava all’ingresso della proprietà della sua famiglia. Il suo viso era accaldato e chiazzato di rosso per l’agitazione. La gola riarsa gli impedì di riprovare, per l’ennesima volta, quello che avrebbe dovuto dire.

Sospirò tremante. Aveva la nausea. Una fitta alla pancia lo fece piegare in due.

Meccanicamente si sedette su una grossa radice sporgente e si guardò intorno con occhi annebbiati. Casa sua era parecchio più in basso del suo punto di vista, nella parte di terreno pianeggiante che i suoi parenti coltivavano da generazioni. Non era un grosso appezzamento, tuttavia era sufficiente per trarne un guadagno abbastanza consistente da permettere alla sua famiglia di vivere agiatamente.

Davanti a lui vedeva il piccolo sentiero che, dai campi, confluiva più a valle nella strada asfaltata.

Il ragazzo teneva gli occhi puntati febbrilmente proprio verso quella parte.

Una solitaria raffica di vento gli rinfrescò le guance e gli scompigliò i capelli. Finalmente riuscì a respirare profondamente e il suo cervello tornò lucido per un po’.

Che cosa stava facendo, accidenti? Era sicuro che avrebbe ricevuto un rifiuto, ma di che genere? Temeva, infatti, che l’affare non si sarebbe risolto con un semplice no. Nella sua mente, ogni volta che ci pensava, udiva una risata sguaiata e crudelmente indifferente che lo attanagliava senza pietà, imprigionandolo. In questo caso, la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre. Lo avrebbero preso in giro tutti, a vita. In più abitava in un paese tanto minuscolo che, nel giro di poco, sarebbero potuti venirne a conoscenza anche i suoi genitori. Sarebbe stata una tragedia. Non lo avrebbe potuto sopportare.

Luca era sempre stato rispettato a scuola. Aveva carisma ed eleganza ed era molto intelligente, uno dei più dotati. Sapeva far valere le sue molte idee e aveva il fascino del leader.

Se la faccenda fosse venuta a galla, tutto questo sarebbe stato dimenticato, distrutto, annientato. In nessun modo sarebbe riuscito a sconfiggere le radicate malelingue di un arretrato paesino di provincia.

Eppure, nonostante il terrore, era lì. Stufo di mentire a se stesso. Stufo di fare l’ipocrita che in realtà non era. Quella mattina si era alzato con questa insistente convinzione, aveva alzato la cornetta del telefono e aveva organizzato con perfetta naturalezza un normale pomeriggio di studio.

Un’altra folata di vento lo riportò a pensare alla situazione attuale. Un nuovo dolore acuto lo colpì ancora alla pancia. Se non avesse risolto la cosa in fretta, era sicuro che sarebbe svenuto.

D’un tratto le sue pupille ebbero un guizzo e tutti i suoi muscoli si tesero senza controllo.

Una figura si avvicinava camminando per il sentiero.

Era giunto il momento, finalmente.

Quando furono vicini, Luca sorrise.

- Ciao, Andrea.

Andrea sorrise a sua volta.

Di colpo sembrò che il tempo si fosse fermato. Gli attimi intorno a loro erano come cristallizzati, in ascolto. Nessuna foglia osava muoversi, né il vento s’azzardava a soffiare. Il mondo intero sembrava comprendere quello che stava per accadere.

Allo stesso modo in cui una bomba esplode, Luca declamò la frase che aveva tanto ripetuto, per cui aveva tanto sofferto.

Svuotato, spostò gli occhi a terra, aspettando la temuta risata.

Andrea, invece, stette zitto. Lo osservava con occhi curiosi, ma allo stesso tempo calmi e tranquilli.

Luca osò alzare il capo. Si era aspettato tutto, tranne quel dolce silenzio. Spiazzato, lo guardò, senza sapere cosa dire. Si sentiva uno stupido. Era stato un perfetto idiota a dubitare del suo migliore amico. Adesso lo sapeva. Ma cosa sarebbe successo, ora?

Senza preavviso, Andrea lo abbracciò.

Luca spalancò gli occhi per la sorpresa e rimase rigido, senza parole.

Delicatamente, Andrea, sfiorò le labbra di Luca con le sue e si scostò, sorridendo quieto.

Le foglie ricominciarono a frusciare, il vento a soffiare, il tempo a esistere.

Le case nella pianura diventarono di colpo lontane e insignificanti e a Luca tornò la voce. E fu lui a ridere. Rise, rise, fino alle lacrime, apertamente, senza più paura di nulla.

Qualsiasi cosa sarebbe successa più avanti non gli importava. Sapeva che sarebbe stato capace di superare qualunque sussurro allusivo, qualunque ghigno sardonico di quei giovani già vecchi che popolavano la sua vita. Non era più solo.

Agatha Christie

Il canale, acquerello di Sandro Degiani


Lavavetri Junior

di Sandro Degiani

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Già da lontano vedo il capannello al semaforo e tento, rallentando, di arrivare al verde in modo da salutare con un cenno i piccoli lavavetri in agguato e passare oltre con la solita sensazione di pena e di sollievo.

Ma è uno di quei semafori a lunga sosta e la manovra non riesce, mi accodo e subito un sorridente ragazzino di otto/nove anni mi corre incontro sventolando una racchetta per pulire i vetri.

I suoi vestiti sono luridi non perché non si lava, solo che passa quattro/sei ore a strofinarsi contro i parafanghi ed i cofani della auto, ricoperti di smog e polvere.

Stamattina non ho lavato il vetro come faccio di solito, in modo da non offrire un facile appiglio per l’offerta del servizio, ed ora il leggero velo di polvere depositato nella notte, rigato dalla rugiada ed illuminato dalla luce radente del sole che sta sorgendo è un richiamo irresistibile per il lavavetri.

Lo vedo arrivare sorridente ed il cervello parte in quarta con una serie di considerazioni su cosa fare.

Se do soldi al bambino incoraggio il turpe traffico di schiavi, un’altro bambino verrà rapito o comprato per finire a fare lo schiavo sui marciapiedi italiani.

Ma se non lo pago, anche se forse nel futuro il suo aguzzino riterrà il traffico non remunerativo e un bambino verrà salvato dalla schiavitù, oggi “questo” bambino verrà picchiato ed io sarò in parte responsabile della sua ulteriore sofferenza.

Vago con lo sguardo imbarazzato sulle macchine davanti a me... magari si ferma su una macchina precedente e io mi salvo da questa tortura mentale... il cuore mi batte nel petto e nelle tempie... sudo freddo e mi tremano le mani... frugo convulsamente nel portaoggetti alla ricerca di una monetina ben sapendo che il portamonete è nella valigetta 24ore e non posso certo mettermi li ad aprirla... Dio mio che situazione... Cretino! Mi dico, devo sempre tenere un Euro nel portaoggetti... sono nel pallone più totale e, come se esaudisse le mie preghiere, il semaforo scatta improvvisamente sul verde!!

I clacson dei soliti impazienti che spiavano il giallo nell'altro senso urlano in coro e sollecitano i distratti a scattare perchè sono le 8 e venti e si rischia di arrivare in ritardo al lavoro.

Innesto la prima e passo davanti al ragazzino che mi guarda deluso ripartire... gli sorrido ed agito la mano... come per scusarmi ma devo andare, non posso rimanere li a farmi lavare il vetro.

All'incrocio prendo mentalmente nota che da domani sarà meglio che mi trovi un percorso alternativo per qualche mese: non vorrei incrociare di nuovo lo sguardo di quel bambino...

Sandro Degiani


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