La Rivoluzione Liberale

di Demofilo


Molti storici hanno indicato che le elezioni politiche del 1919 e 1948 avevano un aspetto comune: la sconfitta dell'area liberale e laica, sostituta nel 1919 dai partiti di massa (il Ppi di don Sturzo e il Psi di Turati) e nel 1948 dalla vittoria della Dc di De Gasperi. Essa era erede di quella grande tradizione di statisti e servitori dello stato che aveva retto le sorti dell'Italia dall'Unità fino all'avvento del fascismo.

Ma ecco che, durante l'esilio in Francia, mentre i socialisti e i comunisti continuavano a litigare su una possibile "concentrazione unica antifascista e antireazionaria per la repubblica e il socialismo", nell'autunno del 1927 lo storico Pietro Gobetti e il giornalista Carlo Rosselli danno vita al movimento "Giustizia e Libertà" con un documento, "La Rivoluzione Liberale", nel quale i due intellettuali indicano una "terza via" tra il capitalismo e il socialismo.

Il programma politico vero e proprio del movimento è stilato dall'economista Ugo La Malfa e da Altiero Spinelli, fondatore del Movimento Federalista Europeo: naturalmente prevede una chiara scelta repubblicana, con regime parlamentare e una struttura federale dello stato democratico, garantendo le varie autonomie locali (istituzione delle regioni e tutela delle minoranze linguistiche). Allo stesso tempo si chiede una "democratizzazione" delle fabbriche e delle aziende, uno statuto dei lavoratori e la nascita di consigli di gestione nelle varie realtà produttive. Lo stesso Rosselli afferma che rappresenta il "compromesso tra le teorie sull'uguaglianza del socialismo democratico riformista e la gestione pratica dell'istituzione liberale di un paese". In calce viene messo un forte richiamo ad una possibile grande federazione europea tra le nazioni e i popoli del vecchio continente.

Questa iniziativa fa presa soprattutto sull'antifascismo in esilio in Francia: molti socialisti e comunisti decidoro infatti di aderire a questo nuovo progetto. Vanno ricordati il vecchio Filippo Turati, stanco ormai dei continui litigi all'interno del PSI, il giovane Sandro Pertini e Giorgio Amendola. L'attrazione verso il movimento aumenta anche dopo il fallito attentato a Carlo Rosselli e al fratello, e la guarigione di Gobetti dalla tubercolosi che lo ha tenuto infermo per ben due anni.

Dopo l'8 settembre 1943, il movimento si organizza in squadre partigiane, coordinate da Pertini, dal comandante partigiano Ferruccio Parri e dall'avvocato Emilio Lussu, nelle brigate di "Giustizia e Libertà". Fondamentale è l'apporto di tale movimento, che per numero e lavoro supera le brigate comuniste "Giuseppe Garibaldi". Il 28 gennaio 1944, al Teatro Comunale di Bari, si incontrano i vari esponenti dell'antifascismo democratico italiano e fondamentale è la partecipazione e l'intervento di "Giustizia e Libertà": esso diviene proprio in questa sede un vero e proprio partito politico di massa. Ha infatti ricevuto la piena adesione dei partigiani Riccardo Lombardi ed Enrico Mattei e gli ex-presidenti del consiglio Ivanoe Bonomi, socialista riformista e Vittorio Emanuele Orlando e Francesco Saverio Nitti, liberali.

Il 2 marzo 1944 Benedetto Croce, padre del pensiero liberale italiano, propone al Consiglio Nazionale del rinato Partito Liberale Italiano di stringere un patto federativo per unificare le varie anime del pensiero liberale e democratico, riformista e laico in Italia.

Il 28 maggio 1944 a Salerno nasce l'Unione Democratica Nazionale, che appunto unisce i liberalsocialisti Carlo Rosselli e Pietro Gobetti, i liberaldemocratici Ugo La Malfa e Ferruccio Parri, il Partito Liberale Italiano di Benedetto Croce, la Democrazia del Lavoro di Ivanoe Bonomi, il Movimento Federalista Europeo di Altiero Spinelli. Da Washington arriva intanto la piena adesione (anche finanziaria) da parte del presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt e del Partito Democratico Americano, mentre l'economista liberale Luigi Einandi, presidente della Banca d'Italia, e i cosiddetti "poteri forti" (il partito della finanza e dell'industria) aderiscono in massa al partito del tricolore, della spiga e della stella.

Durante il primo congresso al Teatro Nuovo di Firenze, il 2 dicembre 1945, viene eletto segretario politico Rosselli con La Malfa responsabile organizzativo e il giovane Eugenio Scalfari responsabile del settore giovani, mentre Gobetti e Croce riprendono a pubblicare l'organo ufficiale del partito, "La Rivoluzione Liberale". Nel maggio del 1945 abbiamo la scissione dell'ala conservatrice, guidata da Roberto Lucifero e Giovanni Malagodi, che fondano il Partito Conservatore Italiano e aderiscono direttamente alla causa monarchica insieme all'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini e al Partito Nazionale Monarchico di Vincenzo Selvaggi. L'Unione Democratica invece lascia libertà di voto, anche se Rosselli comunica il risultato di un sondaggoi dei quadri generali del partito, che segnala un 60 % in favore della causa repubblicana.

Il 2 giugno 1946 l'Unione Democratica Nazionale conquista la maggioranza relativa dell'Assemblea Costituente di Montecitorio con il 35,8 % dei suffragi, impone la caduta del governo a guida democristiana e chiede al nuovo capo dello stato, il liberale napoletano Enrico De Nicola, la presidenza del consiglio. Nasce così il 25 giugno 1946 il primo esecutivo guidato da Pietro Gobetti, con la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista di Unità Proletaria di Pietro Nenni e il Partito Comunista d'Italia di Palmiro Togliatti.

Durante i lavori della Costituente fondamentale è l'apporto del partito del presidente (anzi dei presidenti, vista l'adesione dello stesso De Nicola), e il 27 dicembre 1947 al Quirinale si tiene la solenne cerimonia con le firme di De Nicola, Gobetti e del presidente della Costituente, il comunista Umberto Terracini. Intanto la Guerra Fredda è cominciata e il presidente degli Stati Uniti Harry Truman dichiara pubblicamente il pieno appoggio a Gobetti e all'Unione Democratica Nazionale, diventato partito durante il secondo congresso a Padova, dal 2 al 15 gennaio 1948.

Alle elezioni politiche del 18 aprile 1948 si presentano tre coalizioni: l'Unione Democartica Nazionale (che aveva ricevuto a braccia aperte i socialdemocratici di Giuseppe Saragat e Giuseppe Romita dopo la scissione di Palazzo Barberini) e la Democrazia Cristiana candidano Pietro Gobetti; il Fronte Democratico Popolare (PSI e PCI) candidano Palmiro Togliatti; l'Uomo Qualunque, il Partito Nazionale Monarchico, il Partito Conservatore Italiano e il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante candidano Guglielmo Giannini. Vince Gobetti con il 48,5 % dei voti. Il 35,7% va a Giannini, mentre è deludente il risultato dei socialcomunisti. Carlo Sforza, conte, ambasciatore e antifascista, viene eletto presidente della repubblica mentre Luigi Einandi prende la presidenza di Palazzo Madama e Giuseppe Saragat quella di Montecitorio.

Il II governo Gobetti è così composto: Pietro Gobetti presidente del consiglio con delega alla cultura, Alcide De Gasperi ministro degli affari esteri, Riccardo Lombardi ministro dell'interno, Ferruccio Parri ministro della difesa, Ugo La Malfa ministro dell'economia con delega alle finanze, al tesoro e al bilancio, Giuseppe Romita ministro di grazia e giustizia, Giorgio La Pira ministro del lavoro e delle politiche sociali e Benedetto Croce ministro della pubblica istruzione

Demofilo

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Diamo ora la parola a Filobeche:

Punto di Divergenza: L'Inghilterra durante la depressione conosce un colpo di stato comunista e diventa l'alleata principale dell'Unione sovietica.

1929: Crollo di Wallstreet,in america la grande depressione riduce milioni di persone sul lastrico e costringe grandi imprese a chiudere insieme alla banche. Poiché il denaro americano regge l'economia europea il crollo della borsa in America provoca la caduta dell'economia in Europa. 

1931: A causa della sempre maggiore instabilità economica i sindacati britannici organizzano ore ed ore di scioperi; a guidare la rivolta è il leader dei laburisti Clement Attlee. Dopo la chiusura delle Fabbriche e delle miniere scoppia la cosi detta "Rivoluzione incruenta" I gallesi e tutto il mid-west carbonifero marciano su Londra e proclamano la "Repubblica Polare di Gran Bretagna" costringendo la famiglia reale alla fuga in Canada.

1932: Escono dal Commonwhealth Africa del sud, Rodesia e l' Oceania e Canada ed India rimangono all'interno tutte le nazioni asiatiche e quelle Africane incluso l'Irak e Aden. Il Canada si dà una costituzione monarchica elevando i Windsor a regnati del paese (Una sorta di duplice monarchia Quebecois-canadese) 

1933: Clement Attlee organizza la repubblica Inglese (British Commonwhealt of repubblics) in 4 repubbliche sovietiche federate (Inghilterra, Galles; Irlanda del Nord e Scozia) mentre le nazioni dell'impero britannico ancora fedeli a Londra vengono gestite da locali funzionari facenti parte del BCCP (British Commonwhalth Comunist Party) ed alla fine dell'anno stringe con l'Unione sovietica un'alleanza militare ed economica. Hitler diventa cancelliere di Germania

1934-1935: Prime repressioni  in Irlanda del Nord dove moltissimi cattolici trovano la morte; la religione viene ufficialmente bandita da tutto l'impero anche se in realtà le viene permesso di vivacchiare nelle regioni contadine.

1936: In seguito alla tentata invasione della Cecoslovacchia gli Inglesi invadono la Germania nazista; scoppia la cosi detta "Guerra del Nord" La Germania viene rapidamente sconfitta anche con il consistente aiuto della Francia e viene divisa in due sezioni a nord la repubblica democratica tedesca ed a sud la Federazione tedesca meridionale che coinvolge anche l'Austria. La Guerra si conclude il 2 Giugno del 1939.

Filobeche

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Diamo ora la parola a Rivoluzionario Liberale:

Viva la Muerte!

Dopo aver letto "Viva la Muerte" di Petacco, sulla Guerra Civile Spagnola, volevo fare alcune ipotesi.

1) vittoria repubblicana e fucilazione di Franco. A questo punto Mussolini e Hitler sono più prudenti, e si viene a creare uno stato socialista nell'Europa del sud-ovest. Hitler aprirà solo il fronte orientale? Gli alleati temeranno più il comunismo del nazismo. L'Italia se ne starà neutrale, Mussolini tenderà a nascondere la sconfitta: "No pasaran, e siamo passati", magari non entra neppure in argomento o afferma che Franco non meritava l'appoggio.

2) Franco vince come nella HL, ma entra in guerra, oppure sono gli alleati che decidono di invadere la Spagna perchè Franco aiuta troppo l'Asse. Lo sbarco anziché in Normandia avviene in Spagna, non saprei neppure dove ma lo spazio c'è. Gli spagnoli non hanno mezzi per difendersi dopo quattro anni di guerra, e l'Asse non ha più le risorse per difendere una costa lunghissima. Gli sconfitti della guerra civile risorgono e fungono da quinta colonna per gli Alleati, la guerra finisce come nella HL, ma i tempi e i tragitti per gli Alleati si allungano. I Paesi Baschi e la Catalogna ottengono l'indipendenza per l'appoggio dato agli angloamericani, Franco viene processato a Norimberga. I sovietici arrivano quasi al Reno, ci sarà una grossa DDR e una piccola Germania Federale. L'Austria e la Baviera sono repubbliche socialiste satelliti. Il nord Italia viene occupato dall'Armata Rossa, e ci sarà una Repubblica Padana socialista. Scoppierà la primavera di Vienna o di Milano?

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Così gli risponde Massimiliano Paleari:

La Spagna Repubblicana avrebbe potuto vincere la guerra civile a seguito di uno o più realistici POD, alcuni interconnessi tra loro "a cascata". Provo ad elencarne alcuni.

In Francia il Fronte Popolare dura un po' di più e comunque la Repubblica Francese si decide ad aiutare un po' di più la sorella latina.

In Spagna, anche grazie al maggiore aiuto francese, si rafforzano più i socialisti del PSOE (e anche gli anarcosocialisti del POUM) rispetto ai comunisti di obbedienza staliniana; in questo modo la Spagna repubblicana fa meno paura ai liberali e ai conservatori europei, tra cui quelli inglesi; anche la Gran Bretagna quindi aiuta in vari modi la Repubblica spagnola (pur senza entrare apertamente nel conflitto). Tra l'altro in questa timeline non abbiamo la guerra civile nella guerra civile tra il POUM e i Comunisti a Barcellona.

Mussolini, Hitler e Salazar, di fronte alla vacillante posizione di Franco sul piano militare e politico, ritirano e/o riducono drasticamente gli aiuti a quest'ultimo.

Nel 1938 l'offensiva repubblicana dell'Ebro ha successo. Per Franco è l'inizio della fine. Ufficiali moderati del campo franchista cercano un abboccamento con esponenti dell'esercito repubblicano in cambio di una amnistia. Nel marzo 1939 un "alzamiento nell'alzamiento" provoca la fuga di Franco e degli irriducibili nel Marocco Spagnolo. Una giunta militare "apolitica" inizia a trattare la resa con la Repubblica. La capitolazione viene firmata il 1 aprile 1939. Franco però controlla ancora il Marocco, le Canarie, la Guinea spagnola e le Baleari. I Repubblicani, stremati dal duro conflitto, non hanno per il momento la forza di piegare le province e le isole ribelli d'oltremare. In luglio, aiutata dalla flotta francese, la Repubblica riprende il controllo delle Baleari. Hitler scatena ugualmente l'attacco alla Polonia. A quel punto Franco gioca il tutto per tutto e, sperando in una qualche forma di aiuto tedesco, dichiara guerra a Francia e Inghilterra. I Francesi a quel punto invadono il Marocco spagnolo, mentre la flotta britannica si impadronisce delle Canarie. Franco fugge in Germania a bordo di un U-boot tedesco. La Repubblica spagnola ovviamente è scesa in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna in aiuto alla Polonia (non tutti sanno tra l'altro che i Polacchi nella timeline reale degli eventi furono i secondi fornitori di armi e mezzi da combattimento (compresi aerei) alla Repubblica dopo l'URSS.

La blitzkrieg tedesca riesce ugualmente e nel giugno del 1940 i Tedeschi sono al confine spagnolo. La Francia però decide di continuare la guerra (anche perchè non vi è qui la sindrome dell'accerchiamento potendo contare sul contiguo territorio spagnolo amico) e il Governo francese ripara in Algeria, mentre i resti dell'esercito francese ripiegano in Spagna.

I Franco/Spagnoli, affiancati da pochi reparti britannici, riescono in qualche modo a consolidare un fronte difensivo sui Pirenei, dove i tank tedeschi non possono sviluppare appieno le loro tattiche offensive.

Mussolini a questo punto decide di entrare in guerra. L'Italia conquista la Corsica ma un tentativo di attacco alle Baleari viene frustrato dalle flotte congiunte franco/spagnole. Scarso è l'appoggio della Legione Spagnola, un corpo militare formato da spagnoli franchisti e inquadrati nell'esercito italiano.

Hitler, impantanato lungo i Pirenei, deve rimandare sine die l'Operazione Barbarossa e mantiene il grosso delle proprie forze a Occidente.

Intanto le risorse dell'impero francese d'oltremare vengono incanalate in Spagna a rafforzare il fronte dei Pirenei; nella stessa Francia è attivo fin da subito un forte movimento partigiano. I Maquis, che possono contare sugli aiuti del Governo legittimo, costringono i Tedeschi a dispiegare sul territorio metropolitano francese ingenti forze di presidio (qui non ci sono i "collabò petainisti" o, se sono presenti, si tratta di frange estremamente minoritarie di fascisti francesi).

Mussolini, che ha inviato il CSIS (corpo di spedizione italiano in Spagna) sul fronte franco/spagnolo, formato in gran parte da truppe alpine, non si avventura nella campagna di Grecia.

Nell'estate del 1941 è invece Stalin, con un improvviso voltafaccia, ad attaccare Hitler. I Tedeschi hanno a est solo poche divisioni e vengono travolti. Il 1 settembre cade Varsavia e i Tedeschi ripiegano dietro l'Oder. In ottobre i vertici della Wermacht, stanchi della fallimentare politica hitleriana (che non è riuscito a chiudere la guerra a ovest e che ha sottovalutato il pericolo dell'innaturale patto con Stalin poi infranto dal secondo), con un colpo di STato eliminano Hitler e i gerarchi nazisti e negoziano immediatamente un armistizio con gli Alleati a ovest, sulla base del rituro da tutti i territori occupati a partire dal 1938. Francia e Gran Bretagna accettano e lasciano i Tedeschi, che comunque conservano una poderosa forza militare, a vedersela con Stalin.

Mussolini riesce a cavarsela per il rotto della cuffia. Sgombera la Corsica, consegna Franco ai Francesi che a sua volta lo "cedono" ai Repubblicani (che lo fucilano per alto tradimento) e esce dal conflitto. Deve però cedere il Fezzan alla Francia e la Cirenaica alla Gran Bretagna, oltre che sgomberare l'altopiano etiopico dove si reinsedia il Negus (mantiene però il Tigré, incorporato all' Eritrea).

Il Giappone, vista anche la piega degli avvenmenti in Europa, non attacca Usa e Gran Bretagna in Estremo Oriente ma si limita a continuare la "pressione" sulla Cina. 

Nel 1942 una conferenza internazionale sancisce la rinascita della Polonia indipendente, che però è costretta a cedere all'URSS i territori orientali. I Polacchi in cambio si annettono il Porto di Danzica e alcuni lembi di Slesia tedesca (non però nelle stesse dimensioni della nostra timeline).

Il dopoguerra di questa "mini seconda guerra mondiale" è piuttosto instabile e distopico:

La Germania vive un difficile dopoguerra, per alcuni versi simile al primo dopoguerra. Nelle piazze sinistra e destra si scontrano. L'esercito riveste un ruolo "importante" negli affari politici. Molti nazisti gridano al tradimento etc.

In Italia Mussolini è ancora al potere, anche se indebolito.

Il Giappone mantiene intatto tutto il suo potenziale aggressivo... Chissà, forse deciderà di scagliarlo verso nord (vale a dire verso Vladivostok e la Siberia) per procurarsi le materie prime di cui ha disperatamente bisogno senza fare indispettire gli Americani e gli Inglesi.

Vediamo adesso uno scenario alternativo: Franco vittorioso che entra in guerra a fianco dell'Asse.

Bisogna ricordare che gli Spagnoli erano veramente "a terra" dopo 4 anni di guerra civile, comunque una Spagna franchista che entra nel conflitto all'inizio di luglio del 1940 sarebbbe probabilmente riuscita a occupare Gibilterra con l'aiuto italo/tedesco. Altrettanto probabilmente per conseguenza anche Malta sarebbe caduta. A quel punto gli Inglesi, con il Mediterraneo occidentale tappato, avrebbero avuto serie difficoltà in Egitto e in tutto il Medio Oriente. Nno so se l'Asse sarebbe riuscita ad arrivare al Canale di Suez, ma di certo vanche l'Operazione Torch, potendosi sviluppare a partire dalle sole coste atlantiche del Marocco, sarebbe stata più difficoltosa, dispendiosa e lunga per gli Alleati. Senza contare che prima avrebbero dovuto espugnare le Canarie, isole che non è difficile immaginare sarebbero diventate basi per i sommergibili tedeschi (con conseguenti maggior idanni ai vitali convogli alleati che attraversavano l'Atlantico. Diamo comunque per scontato che alla lunga lo strapotere industriale statunitense avrebbe spostato la bilancia del conflitto dalla parte alleata. Fatti i debiti conti, gli Alleati occidentali ci avrebbero tra i 6 e i 12 mesi in più ad arrivare sul Reno. Quindi è più che plausibile immaginare una influenza sovietica sull'intera Germania (o poco meno), sull'Austria, sulla Grecia e forse anche sull'Italia. Ma, ucronie a parte in realtà Franco era un gran furbone (e molto prudente, nel senso che difficilmente "faceva il passo più lungo della gamba"). Lo dimostra il fatto che non entrò in guerra a fianco dell'Asse, nemmeno quando la cosa sembrava poterli convenire (a metà del 1940).

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Anche Paolo Maltagliati dice la sua:

E se viceversa l'offensiva italiana su Guadalajara riuscisse? Mettiamo caso che Pariani decide di mettere da subito il generale Bastico al comando delle forze del CTV, invece di Roatta ("domani a Guadalajara, tra tre giorni a Madrid!": le ultime parole famose...).

Bastico sarebbe riuscito a resistere alle pressioni del Duce (forse l'unico in grado di permetterselo era Badoglio, che comunque per paura di una sua eccessiva popolarità era stato estromesso di peso dal comando delle operazioni)e riorganizzare le forze armate italiane in Spagna senza abbandonarsi alla faciloneria e all'improvvisazione per la foga di ottenere rapidamente vittorie "risonanti"? (soprattutto per quanto riguarda l'addestramento delle CCNN, con cui i comandi "sabaudi" dell'esercito non sopportavano di avere a che fare).

Vorrei rammentarvi che Guadalajara fu una sconfitta non pesantissima sul piano strategico-tattico, ma devastante sul piano mediatico e di risonanza a livello internazionale! (perfino i franchisti ne risero, come testimonia il motto: "italianos, menos camiones y mas cojones!"

E se invece si fosse rivelata VERAMENTE decisiva per la conquista rapida di Madrid? Cosa avrebbe dovuto dare Franco a Mussolini per ricompensarlo (immagino con quanta gioia...)? Una base navale nelle Baleari come minimo. E poi?

Viceversa. Mettiamo che Mussolini, Hitler e Salazar, di fronte alla vacillante posizione di Franco sul piano militare e politico, riducano drasticamente gli aiuti a quest'ultimo. Quali conseguenze per l'italia?

Badoglio era certamente convinto, e non solo lui, che l'intervento in Spagna, a fronte del già costoso dispendio di soldi per l'Etiopia fosse uno spreco. quel denaro sarebbe dovuto andare all'adeguamento di mezzi e materiali per la preparazione di una possibile guerra in Europa, a cui molti generali temevano di arrivare gravemente impreparati.

L'intervento in Spagna (50 mila uomini più abbondanza di mezzi di ogni tipo) incise anche sulle nuove commesse (ci fu un crollo nel 1940, anche per ridurre i costi), soprattutto per quanto riguarda automezzi e velivoli.

Con 10 miliardi in più in cassa, qualche soldato in più dei nostri avrebbe avuto la possibilità di portare a casa la pelle dalla Grecia, dalla Francia e, soprattutto, dagli inferni africano e russo?

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E Massimiliano replica:

Se la guerra fosse terminata già nel 1937 a seguito di un decisivo contributo italiano avremmo avuto due immediate conseguenze:

1) il dispositivo militare italiano si sarebbe logorato meno e negli anni successivi ci sarebbe stata qualche risorsa in più per ammodernare e meglio equipaggiare il R.E. e l'aviazione;

2) a livello internazionale il prestigio politico dell'Italia fascista e quello militare delle sue forze armate (entrambi comunque sopravvalutati già nella timeline reale degli eventi) sarebbero andati alle stelle.

In altre parole il Duce avrebbe potuto bluffare più a lungo e di più. Chissà, forse i Francesi e gli Inglesi, spaventati dalla possibilità di entrata in guerra dell'Italia, avrebbero fatto alla stessa offerte tali (cessione di colonie) da indurre il Duce a restare neutrale. Più probabilmente, se l'Italia fosse scesa ugualmente in guerra, la Grecia si sarebbe piegata all'ultimatum italiano senza fare resistenza e quindi Hitler non avrebbe dovuto accorrere in soccorso dell'alleato nell'aprile del 1941. Per conseguenza l'Operazione Barbarossa sarebbe iniziata circa 2 mesi prima e probabilmente i Tedeschi avrebbero preso Mosca e Leningrado entro la fine dell'anno. Stalin avrebbe portato il Governo al di là degli Urali per continuare la guerra, ma a questo punto forse il Giappone avrebbe potuto decidere di approfittare della debolezza sovietica per sferrare il "colpo" a nord, verso la Siberia e la Mongolia, piuttosto che a sud. E senza Pearl Harbour Roosevelt difficilmente sarebbe riuscito a convincere gli Americani a scendere in guerra... brr, vengono i brividi a immaginare le conseguenze di questo scenario, mi fermo qui!

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In proposito, Generalissimus ha tradotto per noi quest'ucronia:

E se Franco avesse perso la Guerra Civile Spagnola?

In Spagna il decennio precedente al 1936 fu caratterizzato da tumulti politici, sociali e culturali, ma in realtà fin dal crollo dell’impero spagnolo il paese era stato messo in difficoltà volta dopo volta da pessime circostanze e malgoverno, situazione che peggiorò drammaticamente nel XIX secolo con quella che può essere descritta come un’era di governo inaffidabile, un periodo che vide invasioni, colpi di stato, rivoluzioni, restaurazioni ecc. che completarono il quadro di una nazione in declino, un’immagine che venne finalizzata e divenne chiara agli Spagnoli dopo la loro sconfitta nella Guerra Ispano-Americana.
Quando la tua nazione si sta schiantando e sembra che nessuno stia facendo nulla per impedirlo vuoi ovviamente prendere le cose nelle tue mani, ed è precisamente quello che accadde in Spagna.
All’inizio del secolo emersero due campi ideologici, quello dei Tradizionalisti e quello dei Socialisti, che poi avrebbero formato i nuclei dei Nazionalisti e dei Repubblicani durante la guerra.
Sia i Tradizionalisti che i Socialisti avrebbero dato vita a loro volta a numerose fazioni, anche se in generale avevano visioni polarizzate su quale direzione dovesse prendere la Spagna.
Ma una delle questioni principali era il ruolo della Chiesa Cattolica: i Tradizionalisti volevano creare una società più aderente alla dottrina religiosa, cosa che pensavano avrebbe reso la nazione più forte, mentre i Socialisti volevano separare e ridurre il ruolo della Chiesa nel governo e nella cultura spagnole, perché pensavano stesse rallentando il progresso, e queste dispute divennero il nucleo di alcuni scontri iniziali che si sarebbero moltiplicati negli anni ’30.
Nel 1931, dopo un esperimento con la dittatura, venne creata la Seconda Repubblica Spagnola e il re di Spagna venne deposto.
La repubblica voleva modernizzare la Spagna sotto tutti gli aspetti: dovevano essere sviluppate le industrie, dovevano essere istituiti sindacati, dovevano essere attuate riforme e avrebbe dovuto prendere il via la laicizzazione.
Come detto prima, tutto questo non piaceva alla maggioranza della popolazione devota Cattolica, e questo avrebbe alimentato di nuovo scontri ideologici durante gli anni e anche fatto passare il potere di mano dai Liberali ai Tradizionalisti intorno al 1933.
I Tradizionalisti essenzialmente disfecero tutte le riforme laiche dei repubblicani Liberali e fecero oscillare il pendolo nell’altra direzione, mentre Socialisti e Anarchici diedero il via a scioperi di massa e rivolte come rappresaglia.
Questo periodo vide l’ascesa del Fronte Popolare, una coalizione di vari gruppi di sinistra, principalmente partiti Socialisti, Marxisti, Comunisti, Anarchici e Repubblicani.
Il Fronte Popolare fece riottenere il potere alla sinistra, e questo scatenò ancora più caos nelle strade.
I Comunisti e gli Anarchici della linea dura che facevano parte della coalizione dissero che questa stava annacquando la loro causa e protestarono per il passo lento col quale stavano venendo attuate le riforme e contro il sistema democratico, che aveva permesso ai Tradizionalisti di disfare le riforme in pochi anni.
I Tradizionalisti si stavano a loro volta stancando di vedere la loro cultura distrutta e temevano lo spaccamento totale del paese su basi ideologiche e culturali.
Il conseguente caos portò alla morte di molti leader della destra e di alcuni leader della sinistra, cosa che alla fine lasciò la destra senza un rappresentante di spicco.
L’esercito, che aveva enormi simpatie per la destra, pensò che questa non avrebbe mai più vinto un’altra elezione a causa di ciò, e adesso era costretto a stare a guardare mentre la sua patria veniva rapidamente trasformata dalla sinistra.
Rifiutandosi di accettare questo esito, l’esercito lanciò un colpo di stato contro il governo di sinistra al potere, che in risposta armò varie fazioni di sinistra e le unì in una labile alleanza di Anarchici, gruppi indipendentisti, Comunisti, Repubblicani e così via, la maggior parte dei quali sventolava la bandiera del Fronte Popolare, ma con alcuni che tennero fedeltà solo alla loro fazione, dando così il via alla Guerra Civile Spagnola.
Nel nostro mondo i Nazionalisti si assicurarono la vittoria grazie ad armamenti, addestramento, leadership e alleati migliori.
Il paese piagato dalla guerra fu costretto a rimanere fuori dalla Seconda Guerra Mondiale così come era successo durante la Prima, e subì alcune riforme che rafforzarono il potere della Chiesa Cattolica e delle pratiche tradizionali, garantirono maggiori libertà alle imprese per implementare i metodi che ritenevano più adatti e crearono anche un sistema economico basato sull’autosufficienza, che forse non fu la scelta migliore per una nazione sia devastata che industrialmente arretrata come era la Spagna.
Per il successivo mezzo secolo la Spagna rimase per lo più isolata ed ebbe un ruolo minore negli eventi mondiali.
Oggi, con la democrazia in gran parte resuscitata nella nazione, la polarizzazione politica fra destra e sinistra è di nuovo in ascesa, e sembra che la Spagna stia ancora facendo i conti col suo status quo storico.
Come detto prima, i Nazionalisti avevano la supremazia dei numeri sul campo, incluso il sostegno affidabile della Germania, e una leadership che riuscì a tenere insieme le varie fazioni del fronte Nazionalista.
I Repubblicani, invece, avevano il sostegno mediocre dei Sovietici e del Messico, e soffrivano anche la disunità al loro interno.
Le varie fazioni alle volte avevano obiettivi contrastanti, che in qualche caso portarono a scontri interni, soprattutto tra gli Anarchici e i Repubblicani.
Ci fu l’opportunità per la Francia di farsi coinvolgere e sostenere con forza i Repubblicani, perché il primo ministro dell’epoca, Léon Blum, era un Socialista con forti simpatie per i suoi compagni della sinistra, ma aveva paura di dividere la sua coalizione ed essere rimosso con la forza dall’esercito a favore della destra.
Alla fine fu comunque rimosso dal potere perché la questione divise la coalizione e fece arrivare il governo ad un punto morto.
In questo mondo proporremo che i Nazionalisti perdano comunque la guerra, e questa è una grande forzatura, perché tutto quello che poteva andare storto per i Repubblicani andò storto, ma proviamo a risolvere questo fatto in due modi: in questa TL potremo vedere i Repubblicani fare come Franco e promuovere un piano o un manifesto che dopo la guerra esaudisca i desideri delle loro fazioni principali.
Come detto prima, le fazioni Repubblicane erano in costante disaccordo, e i loro obiettivi contrastavano di molto, la cosa più importante che le teneva insieme era semplicemente l’antipatia condivisa nei confronti di Franco, mentre lo stesso Franco fece grandi sforzi per unire le varie fazioni Fasciste, Tradizionaliste, monarchiche ecc. sotto la bandiera del Nazionalismo.
Questa volta i Repubblicani riescono a fare più o meno lo stesso sotto la bandiera del Socialismo.
In alternativa Léon Blum potrebbe dire al diavolo tutto e spingere per un sostegno totale ai Repubblicani, un po’ come tentò di fare durante la sua seconda breve amministrazione nel ’38, una cosa che sicuramente gli attirerà contro le ire dell’Inghilterra, che nonostante la neutralità aveva tendenze favorevoli ai Nazionalisti, o per meglio dire contrarie a quelli che percepiva come Socialisti.
Blum temeva che le sue azioni avrebbero scatenato un colpo di stato militare, dato che la Francia all’epoca non era il più stabile degli stati, e in questa TL potrebbe accadere proprio questo, ma ci torneremo dopo.
Possiamo optare per entrambi questi POD, ma realisticamente gli effetti dell’uno potrebbero semplicemente dare il via agli effetti dell’altro, perché anche se il sostegno francese potrebbe assicurare la vittoria, i Repubblicani dovrebbero comunque unirsi in qualsiasi modo con le altre fazioni della sinistra per decidere la direzione della Spagna o rischiare una seconda guerra civile interna alla sinistra.
Viceversa, se viene prima stilato un piano finale e viene ottenuta una vittoria, il governo di Blum non avrà bisogno di compromettere la sua posizione e coinvolge la Francia, che certamente diventerà amica della Spagna dopo la guerra e implementerà politiche più Socialiste, che in effetti potrebbero far partire un colpo di stato militare.
Essenzialmente una vittoria Repubblicana ha quasi sempre degli effetti sulla Francia, a meno che le fazioni Socialiste in qualche modo non salgano al potere e lo facciano solo i Repubblicani.
Per mantenere le cose semplici sceglieremo la prima opzione: la sinistra sviluppa un piano migliore su come dividere e organizzare la Spagna e questo garantisce una migliore coesione, quella che basta per sconfiggere i Nazionalisti.
I Repubblicani vincono, la nazione è in rovina, ma adesso la coalizione di sinistra sa dove vuole andare e può iniziare immediatamente il processo di ricostruzione, affidandosi al sostegno finanziario ed economico della Francia e dell’Unione Sovietica.
I principali gruppi indipendentisti che prima della guerra si erano accordati per l’autonomia regionale vorranno come premio per i loro sforzi l’indipendenza totale, portando alla nascita dei nuovi stati della Catalogna nel sudest e della Repubblica Basca nel nordest.
I Baschi in generale si opponevano agli ideali di sinistra dei Repubblicani, e alcuni di essi erano molto religiosi e a favore di un forte governo centralizzato, ma poiché i Nazionalisti si opponevano all’indipendenza basca e mostravano il desiderio di assimilare la regione nella cultura generale spagnola, la popolazione basca sostenne i Repubblicani.
Il loro stato probabilmente adotterà caratteristiche conservatrici, Cattoliche e ruraliste.
In Catalogna, invece, c’era un’alta concentrazione di Anarchici, Comunisti e sindacati Socialisti, la regione probabilmente vedrà continua instabilità a causa dei disaccordi interni, ma in generale adotterà una politica Anarco-Sindacalista che permetterà ai lavoratori l’autogestione totale, riducendo il ruolo del governo a livelli minuscoli e creando una comune decentralizzata di sindacati dei lavoratori simile ai Soviet dell’Unione Sovietica degli inizi.
L’URSS, che vi ricordo sta ancora stazionando i suoi volontari all’interno della Spagna, cercherà senza dubbio di influenzare l’intera Spagna, specialmente la Catalogna.
Anche la Galizia desiderava una maggiore autonomia, ma le sue politiche si allineavano in gran parte con quelle dell’ordine spagnolo, e il suo ruolo nella guerra fu soprattutto passivo, perciò rimarrà parte della Spagna, anche se come provincia autonoma, una soluzione appoggiata dai Repubblicani che potrebbe essere adottata anche per il Marocco.
Il resto dello stato spagnolo vedrà l’ascesa al potere del Fronte Popolare, cosa che garantirà il potere non solo ai Repubblicani, ma anche ad una grande legione di Socialisti, Comunisti e Marxisti.
A questo punto, e dall’inizio della guerra, a detenere davvero il dominio del partito saranno i Socialisti e i Comunisti, molti dei quali hanno avuto o sviluppato relazioni con i Sovietici prima della fine della guerra.
Sarà a causa di questo che permetteranno ai Sovietici di rendere la Spagna un loro avamposto da cui operare e diffondere ulteriormente l’influenza Comunista nei paesi vicini.
Anche se la pratica religiosa verrà soppressa in Spagna, la violenza contro le chiese e il clero cesseranno, così da convincere la popolazione Cattolica a cooperare.
La pratica religiosa privata continuerà più o meno come in Unione Sovietica, ma ufficialmente la nazione adotterà caratteristiche laiche.
Gran parte dei membri dei partiti radicali di destra verrà arrestata e subirà processi-spettacolo, i leader militari più importanti verranno giustiziati o incarcerati, mentre alle figure monarchiche e filo-religiose verranno garantite pene più leggere o saranno rilasciate per prevenire lo sdegno pubblico.
Più o meno come con Franco, ai dissidenti meno importanti verrà permesso di lasciare la Spagna, ma sotto questo nuovo governo i proprietari terrieri che hanno scelto di andarsene vedranno le loro proprietà collettivizzate dal governo senza ottenere compensazioni.
La collettivizzazione nel complesso non sarà resa obbligatoria dal governo, ma sarà incoraggiata tramite delle compensazioni in cambio della terra a tutti coloro che rimarranno.
Avendo perso gran parte del loro esperto esercito, i Repubblicani, o per meglio dire i Socialisti, avranno bisogno di compensare questo fatto migliorando la qualità degli armamenti spagnoli, magari comprandone un po’ dalla Francia e affidandosi al sostegno finanziario o industriale dell’Unione Sovietica, che certamente vorrà mantenere a galla il suo nuovo alleato, creando una relazione simile a quella che abbiamo visto con Cuba anni dopo.
Il nuovo governo cercherà di bilanciare le sue politiche con moderazione e di non scivolare troppo nella direzione radicale dell’Unione Sovietica, per paura che una dichiarazione di Comunismo conclamato scateni l’azione delle potenze europee, essenzialmente lo stesso motivo per il quale Franco non sostenne direttamente l’Asse.
Agli operai verrà concesso più potere grazie alla creazione di consigli, dei quali diventeranno membri gli ex proprietari, e diversamente dalla Spagna di Franco i Socialisti non pianificheranno di isolarsi sul lungo termine, dato che avevano l’ambizione, una volta stabilizzatisi, di espandere la loro ideologia nei vicini Portogallo e Francia, dando tutto l’aiuto possibile ai movimenti Socialisti affini, il che ci porta alla Francia.
La Terza Repubblica Francese era un disastro quanto la Seconda Repubblica Spagnola, disorganizzata, inefficiente e in lotta con sé stessa in un’era sempre più polarizzata.
La nazione doveva ancora sfuggire completamente agli spasmi della Grande Depressione, e aveva iniziato a civettare fortemente col Socialismo, per la rabbia dei tradizionalisti francesi, proprio come in Spagna.
Nel nostro mondo il governo del Socialista Léon Blum cadde tre volte nell’arco di un mese, ma in questo mondo, poiché i Repubblicani stanno vincendo, Blum non è mai stato messo sotto pressione dall’opposizione per la sua neutralità, permettendogli di rimanere al potere, ma in realtà il governo di Blum non conta: il potere in Francia cambiava così regolarmente che le semplici condizioni dell’epoca avrebbero dato alla Spagna Socialista, e fino ad un certo punto all’Unione Sovietica, la capacità di influenzare la politica francese a loro favore.
A prescindere da quello che accadrà dopo il cambiamento ideologico della Spagna, la Francia, a causa dello spostamento dell’equilibrio in favore del Socialismo in Europa occidentale, affronterà una situazione che alla fine la spingerà nella guerra civile, magari scatenata dalla garanzia di protezione della Polonia, che, quando sarà invasa, vedrà le forze armate ammutinarsi e rifiutarsi di gettare via le loro vite per uno sforzo che non porterà alcun beneficio al popolo francese.
Spesso viene dato per scontato che la Francia sfuggì di poco alla propria guerra civile, anche se qualcuno afferma che sia avvenuta comunque e sia stata nascosta dall’invasione tedesca e dalla Seconda Guerra Mondiale, dove i collaborazionisti e i seguaci di Pétain rappresentavano il fronte Nazionalista, mentre la Francia Libera di de Gaulle rappresentava il fronte Repubblicano, le somiglianze sono quasi inquietanti.
Senza il coinvolgimento della Francia, il Regno Unito ritirerà rapidamente la sua dichiarazione di guerra, dato che proprio come nel nostro mondo ci sarà un periodo di otto mesi successivo ad essa privo di eventi nei quali nessuna delle due parti intraprese azioni importanti, lasciando che quella che sarebbe stata la Seconda Guerra Mondiale diventi poco più che una Strana Guerra, un falso allarme.
Comunque sia, nello stesso momento inizierà la Guerra Civile Francese.
Come con la guerra in Spagna, la guerra in Francia diventerà una guerra per procura tra le potenze Fasciste e Comuniste.
La Germania utilizzerà la sua vicinanza per fornire grandi forze ai Nazionalisti, ancora più grandi di quelle viste in Spagna, dato che se venisse sconfitta in questa guerra per procura la Germania si ritroverebbe circondata ad est e ovest da potenze Comuniste.
Sorprendentemente, le circostanze in Spagna e Francia erano in realtà incredibilmente simili, perfino quasi identiche.
Pétain radunerebbe dietro di lui una vasta gamma di fazioni di destra, mentre la coalizione Repubblicana si unirebbe semplicemente per contrastare Pétain e sarebbe composta da Repubblicani, Anarchici, Comunisti, insomma, avete capito la situazione.
La Francia seguirà lo stesso percorso che seguì la Spagna nel nostro mondo, con i Repubblicani sconfitti dai Nazionalisti e un governo semi-Fascista che salirà al potere.
Possiamo supporre che i Repubblicani francesi avranno migliori possibilità grazie alla vicina Spagna, ma proprio come nel caso della Spagna quel sostegno sarà piuttosto piccolo, visto che la nazione sarà ancora distrutta dalla guerra, starà subendo numerose riforme e starà pagando i debiti di guerra.
Ciò che rimane è una repubblica Socialista spagnola con grandi ambizioni ma che proprio come l’URSS dovrà affrontare un lungo periodo di transizione prima di poter effettivamente reclamare un posto di potenza formidabile, anche se la nazione cercherà senza dubbio di esercitare la propria influenza, sempre come fece l’Unione Sovietica, ma con poco successo.
Poiché a causa delle interferenze in Spagna uno stato vicino è caduto vittima del Socialismo, i Nazionalisti e gli anticomunisti francesi adotteranno caratteristiche più difensive, e proprio come nella Spagna del nostro mondo rovesceranno il vecchio regime per installare un governo Nazionalista.
A causa del conflitto in Francia e del rifiuto di agire al momento della dichiarazione di guerra fatta dalla Germania, la Seconda Guerra Mondiale non avviene, perché la Germania non ha motivo di invadere la Francia.
La Francia Nazionalista si unisce alla Germania e all’Italia nel Patto Anticomintern, mentre la Gran Bretagna, che ha permesso alla sua politica di appeasement di andare troppo lontano ma ora non ha più i mezzi diretti per attaccare la Germania, rimane fuori dal conflitto in Europa e sostiene invece gli Stati Uniti contro il Giappone per proteggere l’India e l’Australia.
La Germania senza dubbio pianificherà ancora di invadere l’Unione Sovietica, però non dovrà affrettare l’invasione come fece nel nostro mondo, preparandosi meglio e sostenendo gli sforzi e lo sviluppo dei suoi alleati, ma i Sovietici faranno lo stesso, accelerando il loro piano quinquennale e sostenendo la militarizzazione e il recupero della Spagna in quella che diventerà una corsa agli armamenti tra le potenze europee Comuniste e Fasciste.

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C'è poi questa proposta di Enrica S.:

Il 14 marzo 1936 la "Falange Española y de las JONS" fu messa fuori legge e il suo fondatore José Antonio Primo de Rivera fu arrestato insieme al fratello Miguel con l'accusa di aver rotto i sigilli posti dalla polizia il 27 febbraio alla sede madrilena della Falange e di detenzione abusiva di armi. Si racconta che qualche giorno prima dell'arresto Primo de Rivera fosse stato avvertito da Manuel Azaña ed invitato a lasciare la Spagna, ma egli avrebbe risposto: « Non posso, mia madre sta male. » Alla replica di Azaña, il quale stupito gli ricordò che sua madre era morta ormai da molti anni, Primo de Rivera avrebbe risposto: « Mia madre è la Spagna, non posso lasciarla ». Primo de Rivera fu fucilato il 20 novembre successivo, e dopo la vittoria di Francisco Franco contro i Repubblicani fu venerato come un eroe nazionale. Come Che Guevara a Cuba, anch'egli fu più utile al suo partito da morto che da vivo. Ma che succede se è più furbo e fugge in Francia, per poi ritornare in Spagna non appena si avvicina la vittoria falangista? Quanto saranno tesi i rapporti tra lui e Francisco Franco?

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Le risponde Massimiliano Paleari:

Franco, con la sua tipica furberia un po' sorniona, seppe utilizzare abilmente le varie correnti politiche antirepubblicane allora presenti in Spagna: monarchici, cattolici tradizionalisti, falangisti. Con la Falange in particolare il rapporto fu ambiguo, esaltata per il cruento (e utile dal punto di vista di Franco) ruolo nella guerra civile in funzione antirepubblicana, ma sostanzialmente imbrigliata dopo la vittoria franchista. Non a caso il regime di Franco fu definito un fascismo sui generis, senza un vero movimento fascista (se non per alcuni aspetti esteriori) che facesse da base di consenso del regime. Indubbiamente il fatto che la Falange fosse stata decapitata del suo leader all'inizio della guerra civile agevolò il disegno di Franco. Se invece José Antonio Primo de Rivera fosse sfuggito al plotone di esecuzione repubblicano e fosse riuscito a raggiungere il territorio spagnolo controllato dai Nazionalisti, è probabile che Franco avrebbe dovuto negoziare perlomeno un parziale condominio del potere. Lo sbocco più probabile sarebbe stato una entrata in guerra di una Spagna nazificata a fianco dell'Asse nel 1940 (evento sfiorato già nella nostra timeline). A Londra si sarebbe organizzato un Governo Repubblicano in esilio e forse nel 1943 gli Alleati avrebbero iniziato la riconquista del Continente a partire dalla Spagna e non dall'Italia. Il regime franchista/falangista sarebbe crollato quasi subito (al massimo in Germania si sarebbero rifugiati gli oltranzisti della collaborazione fino al 1945 in una qualche Siegmaringen in salsa ispanica). Si sarebbe posto un problema non da poco nel clima della Guerra Fredda, dal momento che i Comunisti spagnoli avrebbero avuto sicuramente un forte seguito. A Yalta però Stalin forse sarebbe stato indotto a mollare sulla Spagna (per ragioni geopolitiche: troppo "occidentale"), magari in cambio di una "neutalizzazione" dell'Italia (sul modello austriaco).

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Aggiungiamo l'idea di Generalissimus:

Cosa accade se nella Guerra Civile spagnola è un'altra fazione a prevalere al posto dei Falangisti? Cosa accade alla Spagna se vincono, rispettivamente...

... la Confederazione Spagnola delle Destre Autonome?
... i Carlisti?
... gli Alfonsisti?
... il Fronte Popolare?
... la Confederazione Nazionale del Lavoro?
... la Federazione Anarchista Iberica?
... e l'Unione Generale dei Lavoratori?

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Il primo a rispondergli è Tommaso Mazzoni:

Se vincono gli Alfonsisti, probabilmente si ripristina la monarchia costituzionale, ma il Partito Comunista è sciolto; Se vincono i Carlisti, non sanno chi fare re, giacchè Don Alfonso di Borbone-Carlos è defunto; potrebbero optare per il Borbone-Napoli, comunque, dovrebbero accettare una monarchia costituzionale, ma a costituzione sospesa, e con Franco Primo Ministro. Non escludo la repubblica nel 1975.
Se vince il Fronte Popolare, Repubblica Popolare Spagnola, con Azana Presidente del Soviet Supremo. Attaccherà (o sarà attaccata da) la Germania nel 1941, liberata dagli Anglo-Americani, sarà ripristinata la Monarchia Costituzionale.
Se vincono i Sindacalisti, repubblica Socialdemocratica. Neutrale nella Guerrra Mondiale, capofila dell'Integrazione Europea.
Se vincono gli Anarchici, governo molto instabile; Non escludo un invasione alleata post-1945, per riportare un po' d'ordine.

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Generalissimus però gli obietta:

Per i Carlisti c'era Saverio di Borbone-Parma.

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Ma Tommaso non è d'accordo:

Così a occhio, i Borbone-Napoli non sono dinasticamente più accreditati? Discendono da Carlo III di Spagna, mentre i Borbone-Parma dal di lui fratello minore Filippo, se non sbaglio.

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Generalissimus gli ribatte:

Nel 1936 la maggioranza dei Carlisti supportava Saverio di Borbone-Parma. Una minoranza supportava Alfonso XIII, ma ad Alfonso XIII non piacevano i Carlisti. Ancora meno Carlisti supportavano Carlo Pio d'Asburgo-Lorena. Il Borbone-Napoli non se lo filava nessuno, però, se è una soluzione per mettere d'accordo tutte le correnti interne al Carlismo, ben venga.

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E ora, la parola a Dario Carcano, che si è ispirato a un'idea di feder:

Il Messico trockijsta

Il 1° dicembre 1934 Manuel Pérez Treviño, generale e leader della rivoluzione messicana, si insediò come Presidente del Messico. Essendo il candidato del Partito Nazionale Rivoluzionario (PNR), l'elezione di Treviño era una conclusione scontata. Era politicamente impossibile per il suo patrono, Plutarco Elías Calles, servire di nuovo come presidente, ma quest’ultimo continuava a dominare il Messico anche dopo la sua presidenza (1924-1928) attraverso quelle che erano a tutti gli effetti delle amministrazioni "fantoccio", in un sistema noto come ‘Maximato’.
Tuttavia, nel 1934 Calles fece molta fatica a convincere il PNR a convergere sul nome di Treviño. Infatti, si era formata nel partito una fronda che si opponeva allo strapotere del Jefe Máximo (Leader Massimo), e che aveva contrapposto alla candidatura di Treviño quella di un altro generale della rivoluzione, Lázaro Cárdenas del Río. Cárdenas era molto popolare, e la sua sarebbe stata una candidatura molto forte, ma alla fine Calles riuscì comunque ad avere la meglio e ad imporre il nome di Treviño.
Non però senza concessioni allo schieramento avversario: politici ostili al Jefe Máximo ottennero incarichi di governo, e lo stesso Cárdenas fu compensato con l’incarico di Ministro degli Esteri.
Manuel Pérez Treviño aveva ottenuto la presidenza dalle mani di Calles, che sperava di avere l’ennesimo presidente fantoccio attraverso cui mettere in atto le sue politiche, usando gli estremisti di destra (le Camicie Dorate di Nicolás Rodríguez Carrasco) e di sinistra (le Camicie Rosse di Tomás Garrido Canabal) come braccio armato per intimidire gli oppositori.
Tuttavia, già dopo pochi mesi Treviño si mostrò insofferente al ruolo di pupazzo assegnatogli dal Jefe Máximo, e iniziò ad avvicinarsi a Cárdenas e agli oppositori di Calles.
Tra il 1934 e il 1938, Treviño e Cárdenas lanciarono una serie di riforme sociali che li resero molto popolari, ma gli inimicarono Calles e la mafia latifondista, che del Jefe Maximo era sostenitrice.
Il governo messicano concesse il diritto di voto alle donne, accolse nazionalizzò l’industria petrolifera e, cosa più importante, varò una riforma agraria che avrebbe redistribuito ai braccianti organizzati in cooperative agricole 180.000 km2 di terre confiscate ai latifondisti.
Per i latifondisti questo era troppo, e trovarono una sponda nelle Camicie Dorate e in Calles, che in quel periodo si stava avvicinando a posizioni fasciste.
Il 2 ottobre 1938, un esercito composto da Camicie Dorate e sgherri della mafia latifondista, marciò su Città del Messico. Colto totalmente di sorpresa, Treviño non fu in grado di organizzare una resistenza.
Sarebbe stato assassinato il giorno stesso assieme a Cárdenas e molti altri membri del suo governo.

Nei giorni successivi gli sgherri di Calles cercarono casa per casa gli oppositori del Jefe Máximo, molti sarebbero stati radunati presso Tlatelolco, dove oggi sorge ‘Plaza de las Tres Culturas’, nel luogo dove nel 1520 Pedro de Alvarado massacrò un gruppo di aztechi nel corso di una cerimonia religiosa. Lì furono giustiziati.
Per questo motivo in Messico gli eventi del 2 ottobre 1938 e dei giorni successivi sono noti come “Noche de Tlatelolco”, o più genericamente come Massacro di Tlatelolco.
Nella confusione di quei giorni, alcuni dirigenti delle Camicie Rosse trovarono rifugio nella casa del pittore Diego Rivera. Anche il leader delle Camicie Rosse, Tomás Garrido Canabal, era morto nei massacri della Noche de Tlatelolco, e il movimento aveva disperatamente bisogno di un leader che potesse aggregare la resistenza al Jefe Maximo.
E in quella casa avvenne un incontro determinante per il futuro del Messico. Nel 1937, per scrollarsi di dosso le accuse di comunismo che arrivavano dall’opposizione, Treviño e Cárdenas accolsero in Messico Lev Trockij; potrebbe sembrare un controsenso, ma all’epoca si considerava “comunismo” solo ciò che si rifaceva esplicitamente all’Unione Sovietica, e invitare in Messico il nemico giurato di Stalin sembrò a Treviño il modo migliore per distanziarsi dal comunismo.
Così, nel 1937, Trockij arrivò in Messico, ospite di Diego Rivera, e dalla sua casa assistette alla Noche di Tlatelolco. Lì, in quelle ore confuse, Trockij evidenziò quali erano stati gli errori di Treviño e Cárdenas, in primis aver pensato che la borghesia sarebbe stata passiva di fronte al governo che redistribuiva le terre ai proletari, in secondo luogo essersi fatti trovare completamente impreparati dalla reazione borghese. Trockij nelle sue analisi mostrò una profonda comprensione della società messicana, e suggerì alle Camicie Rosse come avrebbero potuto invertire gli eventi, e riprendere il potere.
Non ci volle molto perché le Camice Rosse, decapitate dalla Noche di Tlatelolco, facessero di Trockij il proprio leader.

Attorno ai resti delle Camicie Rosse si coagularono comunisti, sindacalisti, nostalgici di Zapata e Pancho Villa, sostenitori Treviño e Cárdenas, ed ex Cristeros memori delle politiche anti-cattoliche del massone Calles.
Nacque così l’Armada Roja, che sotto la guida di Trockij iniziò a guadagnare terreno e infliggere sconfitte sempre più pesanti all’esercito federale di Calles.
Nella guerra civile messicana si andò formando una insolita alleanza contro Calles: oltre ai comunisti-zapatisti guidati da Trockij, erano ostili al governo anche la Chiesa Cattolica, contro cui Calles riprese le persecuzioni che dieci anni prima erano sfociate nella guerra cristera, e soprattutto gli Stati Uniti d’America di Franklin Delano Roosevelt, quest’ultimo preoccupato dalla prospettiva di avere alle porte di casa un governo apertamente filo-fascista.
Isolato a livello internazionale, e odiato dalla maggioranza del suo stesso popolo, il governo Calles riuscì a resistere fino al 1942, quando Trockij lanciò un’offensiva generale contro le truppe federali, che si concluse con l’ingresso dell’Armada Roja a Città del Messico il 15 ottobre 1942. Calles fu arrestato, processato, e fucilato quattro giorni dopo.
C’era da ricostruire un paese, e Trockij non si tirò indietro. Già nel 1943 entrò in vigore una nuova costituzione, con cui di fatto Trockij si autoconcesse la cittadinanza messicana (i parametri stabiliti per l’ottenimento della cittadinanza erano così larghi che anche Trockij, che aveva vissuto in Messico appena sei anni, poté diventare cittadino messicano).
La costituzione creava una repubblica presidenziale federale non troppo diversa dagli Stati Uniti d’America; non c’era il collegio elettorale (l’elezione del ticket presidenziale è a suffragio universale, con la possibilità di un ballottaggio nel caso al primo turno nessun candidato raggiungesse la maggioranza assoluta dei voti), e anziché nelle mani degli Stati federati, il grosso del potere a livello locale era detenuto dalle municipalità; queste possono essere di due tipi: Municipalità urbane (Municipios urbanos), ossia le città; e le Municipalità rurali autonome (Municipios rurales autónomos), definizione in cui ricadevano tutte le comunità rurali.
Entrambi i tipi godono di ampi margini di autonomia, specialmente in fatto di spesa.
Altra grossa differenza rispetto al modello americano, il monocameralismo e il fatto che il Congresso del Popolo (il parlamento federale) è eletto con una legge proporzionale pura.
Anche nella giustizia il sistema ricalca quello americano, ma con molte differenze: resta in vigore la civil law, il vertice del potere giudiziario (la Corte Suprema) e l’organo responsabile per l’interpretazione della carta costituzionale (la Corte Costituzionale) sono due organi nettamente separati; i giudici della Corte Suprema sono eletti dal Congresso per un mandato di dieci anni, con la maggioranza qualificata dei due terzi, e revocabili in qualsiasi momento attraverso un voto del Congresso a maggioranza qualificata.
In generale, tutti i giudici sono eletti e revocabili. Revocabilità che vale anche per i membri del governo (Presidente compreso) e i membri del congresso, secondo il principio che “i rappresentanti devono rappresentare, e se non rappresentano devono essere rimossi”.
Trockij, memore degli errori passati, cercò subito di condividere il suo potere; il suo vicepresidente, Vicente Lombardo Toledano, ricevette da subito la responsabilità di numerosi dossier, e il Partito Comunista Messicano, a cui la costituzione affidava il ruolo di partito-guida della società messicana, fu fin dalla guerra civile impostato come una struttura democratica dal basso, in cui le politiche sono discusse democraticamente secondo l’idea leninista del Centralismo democratico.
Ma comunque, il Messico era uno Stato a partito unico: il Partito Comunista Messicano era l’unico partito legale (nonostante nelle elezioni per il Congresso e per le amministrazioni locali non fosse raro vedere candidati indipendenti vincere contro candidati del PCM), e solo dopo la morte di Trockij la costituzione fu emendata per permettere a partiti estranei al PCM di correre alle elezioni. Purché questi partiti fossero antirazzisti, antimperialisti, anticapitalisti e antifascisti.
La Costituzione creava uno stato laico e tutelava la libertà di culto, e aveva al suo interno diverse norme che stabilivano come lo Stato potesse mettere in atto politiche ostili alla proprietà privata per redistribuire la ricchezza tra i suoi cittadini.
E queste politiche furono messe in atto molto presto: i latifondi padronali furono sequestrati, e redistribuiti ai contadini organizzati in cooperative agricole; stessa cosa per le (poche) industrie, collettivizzate e affidate agli operai.
Nel 1943 ebbe inizio il primo piano di sviluppo quinquennale, grazie al quale furono costruite industrie in cui trovarono occupazione migliaia di messicani. Gli stabilimenti producevano soprattutto macchinari agricoli, con i quali Trockij puntava a meccanizzare l’agricoltura e liberare manodopera, da impiegare nelle nascenti industrie col secondo piano di sviluppo quinquennale, iniziato nel 1948. Con quest’ultimo, Trockij mise in pratica quella che in economia è chiamata Industrializzazione per sostituzione delle importazioni, ossia tutti i beni di consumo che fino a quel momento erano importati dall’estero, sarebbero stati prodotti localmente in fabbriche messicane con manodopera messicana.
Quest’ultimo piano fu un successo clamoroso; la disoccupazione arrivò a rasentare lo 0%, e già all’inizio degli anni ’50 il settore secondario aveva superato quello primario per numero di occupati, mentre la produzione industriale, nel quinquennio 1946-1951, aumentò il proprio volume di quattro volte.
Questa crescita economica iniziata negli anni ’40 fu nota come Miracolo messicano.

Dal punto di vista internazionale, nel 1944 il Messico entrò nella Seconda guerra mondiale a fianco degli Alleati, dichiarando guerra a Germania e Giappone e inviando corpi di spedizione dell’Armada Roja a combattere in Europa e nel Pacifico. Il Messico poté aumentare la propria reputazione internazionale sedendosi al tavolo dei vincitori, e nel 1945 fu uno dei membri fondatori dell’ONU.
Durante la guerra in Corea, Trockij mantenne un atteggiamento neutrale, giudicando il conflitto una “guerra per procura” tra due potenze imperialiste. Il Messico fu invece un attivo sostenitore dei movimenti marxisti nell’America centrale, Cuba in primis.
Quest’atteggiamento, di equidistanza del Messico dalle due superpotenze fu ulteriormente rimarcato da Trockij nel 1948, con la fondazione della Quarta Internazionale: oltre al Messico trozkista, ne faceva parte la Jugoslavia titoista, che aveva appena rotto con Mosca, e l’India di Jawaharlal Nehru, che pur non essendo comunista guardava con interesse all’esperimento terzomondista di Trockij.
Anche per questo gli USA, tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, furono sempre incerti su come trattare il vicino meridionale: come una minaccia comunista da estirpare, o come un potenziale alleato in chiave antisovietica?
Anche l’opinione pubblica era divisa: se in quegli anni Hollywood produceva film che esaltavano il ruolo del Messico nella Seconda guerra mondiale, l’FBI teneva sotto controllo i movimenti comunisti di ispirazione trozkista, oltre a quelli stalinisti, e i politici conservatori tuonavano sulla necessità di estirpare “il bubbone del comunismo nell’America centrale”.
Questo stato di cose durò fino alla morte di Stalin nel 1953. Chruščëv, con l’inizio della destalinizzazione, prese le distanze da Stalin, e arrivò persino a riabilitare Trockij, definendo la sua condanna un “grave errore”.
Trockij sarebbe morto nel 1957. Fece in tempo a vedere la fine dello stalinismo in Unione Sovietica e il successo della rivoluzione cubana, che aveva sostenuto sia economicamente sia militarmente.
Memore del fatto che dopo la morte di Lenin, Stalin ne aveva imbalsamato il corpo e trasformato la salma in oggetto di venerazione, Trockij nel suo testamento chiese di essere cremato e che le ceneri fossero disperse nell’Oceano Pacifico, l’oceano che il Messico condivide con la Russia.
Morto Trockij, gli successe il suo vicepresidente, Vicente Lombardo Toledano, sotto il quale il Messico abbandonò la politica terzomondista per avvicinarsi all’Unione Sovietica, processo già iniziato con Trockij, ma che sotto Toledano arrivò a compimento, con la storica visita di Chruščëv a Città del Messico nel 1959. La Quarta Internazionale rimase in piedi, però smise di agire in opposizione al comunismo sovietico.

Dario Carcano

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Chiudiamo per ora con queste altre due ucronie, tradotta per noi da Generalissimus:

E se il War Plan Red venisse messo in pratica?

Oggi Canada e Stati Uniti sono stretti alleati, perciò è difficile immaginare che ci fu un'epoca nella quale il sospetto reciproco era tale che un piano americano per invadere il Canada non era completamente fuori questione.
Questo era il War Plan Red: alla fine degli anni '20 gli Stati Uniti avevano associato un colore ad ogni piano che vedeva coinvolta una nazione con la quale c'era la possibilità di una guerra.
Il War Plan Orange era per una guerra contro il Giappone, il Green era per il Messico, il White era il contrasto di una ribellione Marxista, il Black era per una guerra contro la Germania ecc., il War Plan Red era per una guerra contro l'impero britannico.
Il motivo per cui non ci fu mai una guerra tra l'impero britannico e l'America è che l'Inghilterra iniziò a declinare nel momento in cui gli Stati Uniti divennero una potenza.
L'Inghilterra e l'America non ebbero mai interessi fortemente contrastanti dopo la metà del 19° secolo, e perciò non ci fu mai un vero motivo per la guerra, ci fu sempre qualcos'altro di cui preoccuparsi e contro il quale unirsi piuttosto che uccidersi a vicenda, fosse esso il Kaiser, i Nazisti o l'Unione Sovietica.
Perciò, perché questa TL abbia almeno una possibilità di avverarsi dobbiamo far sì che si verifichino degli eventi che possano creare un possibile sostrato prima che il War Plan Red venga messo in atto negli anni '30.
Nella nostra TL l'impero britannico non fu mai una minaccia per gli Americani negli anni '20 e '30, perché la Prima Guerra Mondiale aveva dissanguato l'Inghilterra, troppi giovani erano morti nelle trincee della Somme e di Passchendaele perché ci fosse qualsiasi possibilità realistica di future guerre, perciò, perché in questa TL si realizzi il War Plan Red, gli Inglesi dovrebbero gestire il loro sforzo bellico in modo molto più saggio, senza organizzare offensive incredibilmente sanguinose come quella della Somme, che causarono centinaia di migliaia di morti, e cercando di avere meno vittime possibili, e tutto questo non provocherà disillusione nei confronti dell'impero tra la gente.
Gli Inglesi devono pensare che l'America sia la minaccia più grande per l'impero e che solo tramite una guerra contro gli Stati Uniti esso possa sopravvivere, dato che l'America sarà una delle poche potenze ancora in giro dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, perché l'Inghilterra non applicherà questa logica ai Sovietici e ai Giapponesi non so dirvelo.
Perché avvenga il War Plan Red sia l'America che l'Inghilterra dovrebbero essere governati da falchi di guerra psicotici, questo perché i leader della nostra TL erano troppo ragionevoli per mettere in moto il War Plan Red, se anche nella nostra TL ci fosse stata una piccola disputa di confine essa sarebbe stata risolta tramite la diplomazia, ma in questa TL dovrebbe venire risolta attraverso la guerra.
Forse in America una leadership di Theodore Roosevelt potrebbe condurre ad una mania per la guerra, o forse in Inghilterra una vittoria nella Prima Guerra Mondiale porterà il sentimento che la guerra e l'interventismo sono la migliore politica.
Anche aggiungendo tutto questo il War Plan Red rimarrebbe comunque improbabile, e a causa di questo la guerra verrebbe vista come un errore simile alla Prima Guerra Mondiale, nessuna delle due parti avrebbe una qualsiasi ragione o il rancore adatto per una dichiarazione di guerra, e dopo aver commesso questo errore la situazione dovrebbe degenerare ad un punto in cui entrambe le parti penseranno che in caso di sconfitta perderanno le loro caratteristiche nazionali e il loro potere.
Per il bene di questa TL devo scegliere una data di inizio della guerra abbastanza lontana dalla Prima Guerra Mondiale perché entrambe le parti si dimentichino delle perdite subite durante la guerra e del fatto che erano alleate, ma anche abbastanza lontana dalla Seconda Guerra Mondiale.
Per rimanere fedeli al momento in cui venne ideato il vero piano sceglierò il 1935.

La prima azione della guerra sarà un'invasione americana del Canada, e questa mappa è precisa tranne che per un dettaglio: gli Stati Uniti non bloccheranno Halifax, in realtà gli USA stavano pianificando un assalto navale durante il quale sarebbero stati usati gas velenosi nel caso la città non fosse caduta abbastanza rapidamente.
Anche i Canadesi avevano un proprio piano, chiamato Defence Scheme No. 1, per invadere gli Stati Uniti settentrionali e provare a conquistare le città vicine al confine canadese, così da costringere gli Americani a concentrare il loro fuoco su queste città invece che su quelle canadesi e guadagnare tempo perché gli Inglesi inviino truppe a protezione del Canada.
Onestamente non conta se questo piano avrà successo o no, perché i Canadesi saranno facilmente in grado di conquistare Seattle o Fargo, ma semplicemente grazie alla loro potenza gli Stati Uniti potrebbero cacciarli molto rapidamente e conquistare il Canada.
Il piano inglese era semplicemente mandare un esercito a proteggere il Canada nel caso avesse resistito abbastanza a lungo da richiederne uno.
Gli Inglesi pensavano che provare a proteggere il Canada fosse inutile, dato che era probabile che gli Stati Uniti lo avrebbero conquistato prima che gli Inglesi fossero riusciti a mettere insieme un esercito per proteggerlo.
Come probabilmente avrete capito, grazie alla loro popolazione e al loro vantaggio industriale gli Stati Uniti avrebbero conquistato il Canada molto rapidamente se si fosse davvero verificato il War Plan Red.
A questo punto i combattimenti si sarebbero svolti nei possedimenti americani e britannici nei Caraibi (dove avrebbero vinto gli Americani a causa della vicinanza al fronte e alla maggiore potenza industriale), nei possedimenti inglesi nel Pacifico (dove il risultato è in bilico), e nelle Filippine americane (che verrebbero conquistate dagli Inglesi).
A questo punto i piani bellici sia americani che inglesi affermavano che i combattimenti in generale si sarebbero fermati e che sarebbero iniziati attacchi al commercio nemico nelle acque dell'emisfero di propria competenza.
Anche i governi più aggressivi non avrebbero potuto davvero fare altro, immagino che gli Inglesi avrebbero potuto cannoneggiare le città costiere americane, ma forse gli Stati Uniti erano abbastanza forti da impedirlo, un'invasione americana dell'Inghilterra e dell'Australia sarebbe stata suicida a causa della semplice distanza, così come sarebbe stata suicida un'invasione anfibia del Nordamerica a causa della distanza, delle dimensioni e della potenza industriale degli Stati Uniti.
La guerra finirà con la conquista americana dei possedimenti inglesi nel Nuovo Mondo e del Canada, e con la conquista inglese delle Filippine.
Quando scoppierà la Seconda Guerra Mondiale gli Inglesi non vorranno entrare in un'altra guerra a così breve distanza dalla precedente.
Quando Hitler invaderà la Polonia, l'Inghilterra, e di conseguenza anche la Francia, lo lasceranno semplicemente fare per impedire un'altra guerra.
In realtà questo non è irrealistico, Hitler non era interessato ad una guerra contro l'Occidente, egli pensava che le vere minacce per la razza Ariana fossero il Giudeo-Marxismo dell'Unione Sovietica e i popoli slavi.
L'obiettivo principale di Hitler era fin dall'inizio la conquista dell'Unione Sovietica, e non gli importava molto del fronte occidentale.
Hitler affronterebbe Stalin senza far guerra all'Inghilterra e alla Francia, e senza la distrazione del fronte occidentale e senza gli invii di aiuti all'Unione Sovietica dell'Occidente i Tedeschi farebbero meglio che nella nostra TL, ma le semplici dimensioni della Russia, la sua potenza industriale e la sua superiorità numerica impediranno una completa conquista tedesca.
L'esito più probabile sarà uno stallo negli anni '50 e la creazione di un confine da qualche parte tra l'Ucraina e la Bielorussia.
La Cina e molti altri paesi che nella nostra TL diventarono Comunisti non lo diventerebbero, perché con la Russia impegnata in dieci anni di combattimenti contro i Tedeschi essa non avrà le risorse per aiutare i regimi Comunisti locali che presero il potere nella nostra TL, per esempio in questa TL la Cina rimarrà Nazionalista.
Nel frattempo, in Oriente, il Giappone combatterà comunque contro le potenze coloniali di Inghilterra, Francia e Olanda, e sarà vittorioso a causa della vicinanza del fronte alla patria, della lunghezza delle linee di comunicazione nemiche e del maggiore adattamento alla guerra in quella regione.
In questa TL, poiché i Francesi e gli Inglesi non saranno occupati in Europa, i Giapponesi non avanzeranno oltre a quanto avanzarono nella nostra TL, i Giapponesi stabiliranno la loro egemonia nel Pacifico ma probabilmente non sull'Australia o l'India.
La guerra in Cina probabilmente finirà con una tregua, perché i Cinesi non riusciranno a cacciare completamente i Giapponesi dalla Cina senza aiuti e per i Giapponesi sarà impossibile conquistare la Cina per via della sua grandezza e della sua popolazione.
Dato che gli Inglesi controlleranno le Filippine, i Giapponesi non si sentiranno minacciati da un possibile contrattacco americano diretto verso la loro campagna del Pacifico, perciò non sentiranno il bisogno di muovere guerra contro gli Americani e non ci sarà l'Attacco di Pearl Harbor.
La guerra contro il Giappone non sarà così estenuante per le potenze coloniali come la guerra contro la Germania, perciò l'Inghilterra non uscirà dissanguata dalla Seconda Guerra Mondiale e questo vuol dire che riuscirà a mantenere il suo vecchio impero coloniale e che in questa TL non ci sarà la decolonizzazione.
In questa TL l'Europa sarà ancora la regione più potente della Terra, mentre l'America e la Russia non saranno degli egemoni mondiali come nella nostra TL.

Post Scriptum: Vi era davvero un colore per ogni operazione pianificata. Grey per l'invasione dell'Italia (poi sostituita da Haiti e infine dalle Azzorre), Ruby per l'India, Scarlet per l'Australia, Garnet per la Nuova Zelanda, Emerald per l'Irlanda, Brown per una nuova rivoluzione nelle Filippine, Tan per Cuba, Yellow per la Cina, Gold per le colonie francesi nei Caraibi, Indigo per l'Islanda, Purple e Violet per varie repubbliche latinoamericane.

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E se il Credito Sociale avesse avuto successo?

L’economia è una materia ampia che viene spesso criticata senza tener conto di quello che fa veramente, e ricade nello stesso ambito delle forze guida divisive come la politica e la religione, e, come nel loro caso, sembra che non ci siano approcci chiaramente definiti e accettati nei confronti dell’economia, ci sono economie più o meno regolate, di sinistra e di destra, come nella dicotomia tra Comunismo e capitalismo, ma tra le due c’è una gamma di pratiche economiche miste che tentano di mescolare entrambi gli aspetti per creare un modello più libero ed efficace.
Uno di questi sistemi fu il prodotto di un ingegnere inglese di nome Clifford Hugh Douglas, che cercò di applicare i metodi pratici dell’ingegneria al sistema economico.
Douglas riconobbe un’apparente disparità tra il valore che entrava e usciva dalla produzione: calcolando il lavoro, gli stipendi, i materiali, la gestione ecc., scoprì che una porzione del valore che sarebbe dovuto finire nelle tasche del lavoratore scompariva, mentre il prezzo del prodotto finito aumentava.
Questo per Douglas creava un problema aneddotico, dove i lavoratori non sarebbero riusciti a ricomprare la totalità di quello che avevano prodotto.
Questo è importante perché c’è un delicato circolo di acquisto e produzione che tiene a galla l’economia: se non c’è abbastanza denaro per comprare, allora la produzione si ferma o rallenta perché nessuno compra, di conseguenza i posti di lavoro scompaiono, si compra di meno e le cose prendono una spirale discendente.
Douglas scoprì che il problema non era il denaro che un capo o un manager avido si intascava, perché andava tenuto conto del loro stipendio per una pianificazione e una supervisione necessaria, il problema erano chiaramente il debito e il valore immaginario.
In un sistema perfetto un’impresa può chiedere un prestito, fabbricare un prodotto, venderlo e usare i profitti derivati da esso per ripagare il debito, ma nella realtà fattori non tenuti in considerazione, come il deprezzamento e i tassi d’interesse creano uno squilibrio piccolo ma cumulativo che nella nostra società viene mitigato attraverso l’uso del debito o per aumentare la produzione, o per ridurre i prezzi, o perché venga utilizzato dal pubblico perché acquisti i prodotti.
Poiché il sistema non si sostiene da solo e dipende dalla creazione di altro debito, il valore reale della valuta diminuisce mentre il gap tra salario e prodotto aumenta.
In queste circostanze in superficie può sembrare che l’economia stia crescendo perché si producono e si comprano più cose, ma uno sguardo più accurato rivelerà che a causa del bisogno di ripagare un debito sempre crescente, la quantità di produzione e i prezzi sono costretti ad aumentare per mantenere la stabilità economica che a sua volta dipende comunque da un debito crescente.
I costi e i salari, nonostante i fattori che hanno creato questo gap, devono essere equalizzati in qualche modo, altrimenti i lavoratori vengono licenziati, le imprese vengono chiuse, insomma, avete capito.
Storicamente abbiamo risolto questa cosa solo creando più debito.
È stato proposto un aumento dei salari perché implementi a mantenere lo standard di vita nei paesi pesantemente indebitati, ma una cosa del genere costringerebbe semplicemente i prezzi ad aumentare e ad aggravare il precedentemente spiegato debito.
Una nazione dove i beni sono facilmente accessibili e producibili si ritroverà alla fine distrutta da povertà e carestie imposte artificialmente, i lavoratori specializzati ad alto costo verranno rimpiazzati da lavoratori non specializzati a basso prezzo, la ricchezza sfuggirà dalla prospera classe media maggioritaria nelle tasche di un’élite privilegiata.
Douglas asseriva che questo sistema basato sul debito avrebbe condotto le grandi nazioni industrializzate alla corruzione e alla depressione, e avrebbe perfino alimentato direttamente i problemi dell’inquinamento, delle migrazioni di massa e della guerra.
Fu a causa di questo che Douglas propose un’alternativa all’uso del debito come soluzione al divario tra prezzi e salari, per dirla in modo semplice una soluzione senza debiti.
Le specifiche delle politiche di Douglas sono vaste e piuttosto complicate, probabilmente ci vorrebbe un video di 10-20 minuti a parte per spiegare in parole chiare come funziona il tutto, ma per dare un’idea generale egli voleva eliminare la capacità delle banche private di prestare denaro e sperava di creare al loro posto una serie di autorità di credito nazionali che potessero fornire fondi liberi dal debito e dagli interessi a piccole e grandi imprese.
Queste autorità di credito sarebbero state create come aziende pubbliche che avrebbero recuperato le loro spese o attraverso delle tasse o sotto forma di tariffe alla fine di un ciclo finanziario.
Questo avrebbe impedito qualsiasi opportunità per le banche di esercitare influenza su una nazione attraverso il debito e avrebbe mantenuto le spese saldamente nelle mani del governo stesso.
Oltre a questi prestiti alle imprese, queste autorità di credito sarebbero state responsabili della consegna al pubblico di un regolare dividendo nazionale sotto forma di un salario universale di base e di sovvenzioni d’acquisto che rimborsino il denaro che sarebbe dovuto andare nelle tue tasche ma che invece è andato perduto nel ciclo finanziario, fornendo al pubblico un valore uguale di oggetti attualmente in produzione che altrimenti sarebbero rimasti invenduti e sprecati, facendoli ricircolare nel sistema liquidando completamente e pareggiando i costi dei livelli dei salari.
La liquidazione di tutti i costi vuol dire che non rimane debito che si accumuli gradualmente ciclo dopo ciclo.
Per Douglas il denaro in sé per sé non voleva dire ricchezza, così come il suo possesso e accumulo, egli credeva che il denaro doveva essere precisato per essere quello che era davvero, un buono col quale acquistare ricchezza vera e tangibile sotto forma di cibo, abiti e beni, così come doveva servire come mezzo per misurare il potenziale produttivo di una comunità, un qualcosa che doveva rimanere nelle mani del solo pubblico, non un qualcosa col quale avrebbero intrallazzato banche con dei propri interessi.
Douglas immaginava un sistema che su un periodo di tempo abbastanza lungo sarebbe diventato sempre più efficiente ed automatizzato.
Le proiezioni per una produzione senza debito mostravano che i prodotti sarebbero diventati sempre più economici e il potere d’acquisto sarebbe aumentato sempre di più, i civili sarebbero stati in grado di vivere con lavori più agiati e le macchine si sarebbero fatte carico dei lavori più duri e pericolosi.
Il reddito universale di base avrebbe continuato a permettere al pubblico di concentrarsi sulla realizzazione di sé stessi e sugli obiettivi personali, cosa che Douglas sperava avrebbe creato un’aristocrazia di produttori abili e artistici, pensatori e atleti simile a quella romanticizzata della società dell’antica Grecia.
Douglas credeva che gli effetti internazionali avrebbero visto l’inizio della fine della guerra e della povertà, che avrebbero lasciato spazio ad un’era di pace e libertà.
Come diceva Douglas, senza scarsità di beni e il bisogno di toglierli agli altri, e con la capacità di difendere da soli la propria patria, non c’è bisogno di imporre la volontà di qualcuno sull’altro, né di temere che qualcun altro la imponga a te.
Per citarlo direttamente “La forza non accompagnata da motivi per l’aggressione è un fattore che può creare la pace”.
Ora a questo punto starete presumendo che l’ideologia di Douglas sia Socialista, ma egli stesso respingeva questa affermazione asserendo che il Socialismo suggerisce una nazionalizzazione di imprese genuinamente benefiche nelle quali il governo si intrometterà e ostacolerà, riducendo alla fine la libertà degli individui di perseguire ambizioni commerciali, e che il Socialismo non riesce affatto a dirigersi verso il nucleo del sistema di credito sociale, che è l’eliminazione definitiva del debito.
In realtà il sistema di credito sociale probabilmente ha molto da spartire con le filosofie politiche dell’ex governatore della Louisiana Huey Pierce Long, e, cosa abbastanza sorprendente, con quelle della Germania di Hitler, che si era sbarazzata del sistema del debito e aveva cercato di creare un sistema economico autosufficiente una volta che la Germania avesse ottenuto abbastanza risorse dall’espansione nel Lebensraum.
Douglas sosteneva che il sistema aveva il potenziale per fare molto bene, ma venne attivamente soppresso dalle élite bancarie.
L’ideologia vide un breve picco di popolarità durante la Grande Depressione, anche al di fuori della nativa Inghilterra, ma presto si esaurì nella seconda metà del 20° secolo.
E se questo cambiasse? E se in degli anni ’30 alternativi Douglas utilizzasse le condizioni della depressione globale per promuovere più aggressivamente le sue idee? Il problema è che Douglas non era un uomo molto aggressivo, molti probabilmente lo descriverebbero come piuttosto contenuto e giocoso.
Ciò è fantastico, ma non può far diffondere un messaggio molto lontano né riesce a far eccitare le persone, e cambieremo questo suggerendo che Douglas sia più schietto sui pericoli del sistema di debito dell'epoca.
Egli pubblicò le sue prime opere sul Credito Sociale un decennio prima della depressione, e riconobbe che l’economia stava diventando sempre più instabile.
All’estero non venne ascoltato da molti, perché nazioni come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e perfino la Germania videro durante questo periodo un boom economico tangibile, ma Douglas capì che questo non era sostenibile e che la natura interconnessa del sistema economico moderno avrebbe destinato al disastro tutti quelli che ne erano coinvolti.
In questo mondo il Credito Sociale ottiene un modesto seguito, ma il grande punto di svolta arriva assieme al crollo dei mercati, quando le previsioni di Douglas si dimostreranno esatte.
Nel nostro mondo, invece, si assistette all’ascesa di un altro economista inglese le cui idee erano all’estremo opposto di quelle di Douglas, un uomo chiamato John Maynard Keynes, fondatore dell’Economia Keynesiana, che difendeva l’aumento delle spese per stimolare l’economia, anche al costo di accumulare più debiti, un sistema che lasciò molte nazioni nella situazione di debito che abbiamo oggi.
Detto questo, tutto ciò aiutò a stimolare l’economia semplicemente perché il denaro si muoveva e veniva utilizzato, ma sempre ad un prezzo che dobbiamo ancora ripagare del tutto.
Negli anni precedenti alla depressione Keynes sbagliò ripetutamente le sue predizioni, prima affermando “Non avremo più crolli nella nostra epoca” solo due anni prima che si verificasse il crollo del mercato globale, e a quel punto disse che a Londra non ci sarebbero state gravi conseguenze e che gli anni seguenti sarebbero stati incoraggianti, ma le cose rimasero le stesse per circa cinque anni prima che la disoccupazione iniziasse a calare gradualmente.
Nonostante questo, Keynes divenne molto influente negli anni ’30, e poi divenne uno degli economisti occidentali più importanti del 20° secolo, ma in questo mondo è Douglas a riempire quel ruolo, gli viene data la possibilità di implementare il suo sistema e nazionalizza le banche private e istituisce un reddito universale di base per alleviare la povertà, il tutto stimolando l’economia incoraggiando l’acquisto di più cibo e beni.
La domanda cresce lentamente e le imprese spendono più soldi per creare più prodotti e assumere più lavoratori.
Ci vorrà tempo perché il sistema si metta completamente in piedi, ma se avrà successo vedremo un recupero più veloce fin dal primo giorno.
Il Regno Unito ha il grande beneficio di possedere un impero coloniale ampio e ricco di risorse sul quale fare affidamento, un qualcosa che lo renderà capace di estraniarsi dagli affari economici delle potenze straniere e quindi concentrarsi sullo sviluppo locale.
È assolutamente possibile che se le politiche di Douglas vengano portate avanti abbastanza a lungo, la Gran Bretagna potrebbe evitare la Seconda Guerra Mondiale, visto che si è distaccata dalle connessioni internazionali, ma se presumiamo che rimanga coinvolta nel conflitto e che questo segua il corso che ha avuto nel nostro mondo, la Gran Bretagna postbellica svilupperà caratteristiche molto differenti.
Senza l’ascesa dell’Economia Keynesiana e il Credito Sociale accettato da gran parte della classe operaia come una rivoluzione economica di cui c’era bisogno, vedremo il rifiuto dei politici bellicosi e internazionalisti come Churchill, ma anche il rifiuto degli internazionalisti del Partito Laburista.
È assolutamente possibile che un nuovo partito possa nascere dalle divisioni nei partiti Laburista e Conservatore che crei qualcosa di più adatto ai nuovi bisogni della popolazione.
Cosa abbastanza interessante, Huey Pierce Long sperava di fare la stessa cosa in America spaccando i Democratici e i Repubblicani tra sostenitori del New Deal e sostenitori delle sue politiche, e potremmo benissimo vedere una cosa simile accadere in Inghilterra, con Douglas in persona che guiderà o perlomeno fonderà questo partito.
La decolonizzazione diventerà probabilmente un tema più caldo e più dibattuto che nel nostro mondo, dato che l’impero si troverà in conflitto tra il bisogno di mantenere la sua sovranità nei confronti delle nuove superpotenze USA e URSS e il desiderio di permettere l’autodeterminazione ai suoi possedimenti coloniali.
Presumendo che nascano movimenti politici simili nei domini inglesi e in alcune delle sue colonie, potremmo vedere una riorganizzazione dell’Impero Britannico in una specie di Federazione Imperiale, specialmente se questi territori saranno integrati e culturalmente compatibili, e di conseguenza non c’è l’infrazione dei diritti di un altro popolo.
Questo compromesso potrebbe servire ad accontentare i difensori della decolonizzazione e quelli a favore del mantenimento di una forte unione inglese.
Anche se la nazione svilupperà probabilmente l’energia nucleare, forse si asterrà dallo sviluppare completamente armi nucleari come mezzo per tenersi fuori dai mirini americani e sovietici, anche se sicuramente verrà ammassato un arsenale convenzionale per proteggere i sui vari domini da un’invasione.
Realisticamente, un sistema di Credito Sociale come quello proposto da Douglas può funzionare? E se sì, durerà? È difficile dirlo, perché il sistema descritto da Douglas non è mai stato implementato, soprattutto nella sua forma pura.
Il Canada tentò di mettere in pratica il sistema nella provincia dell’Alberta, ma non si sviluppò mai.
Sistemi monetari liberi dal debito e nazionalizzati sono già stati attuati, ma vennero eliminati poco dopo, soprattutto in Germania e negli Stati Uniti sotto i presidenti Jackson e Lincoln.
Anche la questione del reddito universale di base ha dei meriti, ma potrebbe anche disincentivare il lavoro e la produzione, rivelandosi controproducente per il sistema se troppi ne trarranno vantaggio, ma potrebbe riuscire a sradicare l’instabilità e la dipendenza causata dal circolo vizioso del debito sempre crescente, i risultati potrebbero essere addirittura utopistici.

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A proposito di quest'ultima, MorteBianca osserva:

Mi sembra di capire che alla fine il programma di Douglas è sostanzialmente Reddito di Base Universale (UBI) + Sistema Bancario pubblico forte.
La banca pubblica decide a chi prestare soldi e chi no, ed inoltre viene emesso un reddito di base per tutti. Si evita in questo modo il fenomeno dela speculazione finanziaria (che alza i prezzi per fare cassa) e quindi si attenua il fenomeno dell'incolmabile gap capitalistico tra prezzi e stipendi. Questo ovviamente presume una tassazione molto forte. E' ovvio che qualcosa scappa comunque (la caduta del saggio del profitto), quindi l'ipotesi marxista resta preferibile a parer mio, ma è un buon inizio e come dico sempre la Socialdemocrazia può essere la base da cui poi convertire tutto lentamente in un paese socialista del tutto.

In realtà la Germania nazista fece una cosa ancora più stupida: cercarono di creare due monete diverse, una di corso normale e una da usare per il debito. Così potevano dire nella loro propaganda "siamo sdebitati" e non mentire, tecnicamente, se non fosse che era ovviamente un sistema a perdere che avrebbe sofferto di inflazione fortissima nel lungo termine, lo stato non può semplicemente dare soldi alla gente e basta senza in qualche modo ottenere qualcosa in cambio. L'unico paese che sta tentando oggi qualcosa di simile è il Venezuela di Maduro, con una sua criptovaluta parallela al denaro corrente con cui intende far riprendere l'economia. Maduro è già più intelligente perché almeno non l'ha resa Fiat Money, bensì l'ha legata al valore del petrolio. Scelta comunque pessima visto che è un valore estremamente volatile e già a ribasso una volta ha condannato il Venezuela.

Spezzo una lancia in favore di Keyenes, che in realtà in più missive disse di stimare Douglas e di arrivare alla sua stessa conclusione, seppur da premesse diverse. Keynes non era un fautore del debito senza fondo, per lui non si poteva prescindere da una forte tassazione.

Riguardo la mia opinione, lo UBI è necessario, ma "flat" non è sufficiente ed è anzi uno strumento liberistico che rischia di venire visto come sostituto del wellfare. Invece, lo UBI deve essere una aggiunta al wellfare, e deve essere differenziato. Meglio stai, meno ne ricevi. Se sei disoccupato, lo ricevi massimale. A chi lamenta che questo rischia di disincentivare la fannullosità, si risponde che esistono misure per prevenrie ciò, rendendo obbligatorio il ricercare lavoro ed un limite ai posti di lavoro rifiutabili entro quel tempo. Se li rifiuti tutti e sei ancora disoccupato, niente reddito per te. Sistema perfezionabile sine dubio, ma non è il mostro decantato dai renziani.

La mia opinione è quindi che il Reddito diventa ineluttabile, nel momento in cui l'automazione finisce per cancellare più lavori di quanti ne crea (e soprattutto i nuovi lavori creati richiedono una specializzazione che molti non possono permettersi. Una volta passavi dal campo alla fabbrica e chissene frega. Ma passare da camionista a tecnico informatico non è esattamente facile). Sarà un dato di fatto che una porzione della popolazione dovrà lavorare, e tutto il resto rimarrà nolente o volente disoccupato. Finchè tale porzione è minoritaria si può aggirare il problema, ad esempio abbassando l'età pensionabile, aumentando l'obbligo scolastico (cosa che anzi ci aiuta) e aumentando i sussidi per disabilità estendendoli enormemente. Mantenere il reddito ma sempre con le condizioni di cui sopra. Arriverà il momento in cui però i lavoratori saranno una porzione minoritaria della popolazione. Come faremo allora?
La risposta è che il numero di volontari sarà inferiore al numero di lavoratori necessari, e per colmare questo gap bisognerà incentivare il lavoro, fornendo bonus molto più alti del Reddito (quindi stipendio minimo garantito molto alto), essendo che il lavoro per allora costerà pochissimo la cosa è economicamente ovvia.

Poi si arriverà al punto in cui basteranno i volontari. Poi al punto in cui persino i volontari saranno troppi e bisognerà organizzare una sorta di Lotteria del lavoro per dare a tutti l'opportunità, ma solo ad alcuni la reale possibilità, di lavorare. Infine, l'automazione renderà l'uomo libero dal lavoro forzoso, lasciandolo libero di perseguire un lavoro libero.

Nazionalizzare tutto sarà necessario.

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Per partecipare alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.


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