Ucronie siciliane

di Enrico Pellerito

In base alla progressione epocale cui si riferiscono, elenco le ucronie che ho ipotizzato circa la mia terra natale:

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Gli eredi di Federico II

Un progresso economico e sociale del Mezzogiorno sarebbe potuto avvenire con il perdurare del regno svevo. Io ho pensato ad una vittoria di Corradino a Tagliacozzo, POD tutt’altro che impossibile a verificarsi. Gli effetti sono che il partito ghibellino si rafforza in tutta Italia ed il Papa o è costretto al compromesso con la “stirpe delle vipere” o ha difficoltà a trovare qualcuno disposto ad abbattere il Regno di Sicilia; lo stesso fratello di Carlo d’Angiò, re Luigi IX il Santo, nonostante fosse probabilmente il monarca più forte in quel periodo in Europa, aveva già rifiutato di prendere posizione riguardo il Regno di Sicilia, ed era poco propenso alle avventure militari (tranne che le crociate).

Nel frattempo, se non è proprio un inetto, Corradino cercherebbe di aumentare la propria forza in terra e in mare, onde evitare future brutte sorprese; non penso che sottrarrebbe al Papa territori per avere continuità con il Sacro Romano Impero, ma un robusto esercito verrebbe utile per contenere (perlomeno al Sud) ingerenze francesi, spagnole o addirittura turche. Inoltre, per gli eredi di Federico, in quanto pur sempre legati al sacro Romano Impero, sarebbe logico stringere intese con le nazioni di lingua tedesca e, successivamente, la cattolica Austria potrebbe essere la naturale alleata del Regno di Sicilia. Il che significa un ulteriore prolungamento temporale di ben più di cinque secoli di dominazione a matrice sveva.

Considerando il percorso storico riguardante la Penisola, possiamo ipotizzare che dopo la parentesi delle invasioni francesi (1799 e 1806-1815), il Congresso di Vienna avrebbe rimesso sul trono gli eredi di Federico II, contro i quali il Regno di Sardegna dovrebbe poi lottare per giungere all’unificazione dell’Italia sotto un’unica corona. Ma a questo punto non è detto che questa dovesse essere quella dei Savoia; perché non quella degli Hohenstaufen?

Tutto questo periodo sotto un governo di mentalità tedesca (cioè con elementi formati ad un certo rigore), mi fa sorgere qualche timida speranza che nel tempo ci sarebbe potuto essere un progressivo incremento e miglioramento di infrastrutture e industrie nel Meridione e nella Sicilia, con un conseguente più ampio benessere economico; a questo si può aggiungere un positivo atteggiamento popolare verso l’autorità, da cui si sviluppi un maggior senso civico e quindi una meno forte criminalità. Non sarebbe stato come ai tempi di Federico Stupor Mundi, ma sempre meglio di niente.

Di contro, dubito fortemente che un prolungarsi di una dominazione angioina avrebbe risollevato le sorti economiche di quelle regioni, stante la politica che nel passato i Francesi hanno adottato nei territori occupati.

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L’Austria e il Mezzogiorno d’Italia

Come nella precedente ucronia, penso, o m’illudo, che una prolungata dominazione straniera (lo so che questo mi attira gli strali dei miei conterranei) improntata ad un’efficiente organizzazione amministrativa, avrebbe potuto portare una benefica evoluzione economica nel Mezzogiorno e una riduzione della criminalità.

Per ottenere ciò è necessaria una deviazione allostorica tale da consentire, se non una netta vittoria austriaca nella Guerra di successione polacca, perlomeno un positivo andamento della campagna nell’Italia meridionale e, nella fattispecie, un diverso esito della battaglia di Bitonto del 25 maggio 1734, dove 14.000 Spagnoli, comandati dal generale Montemar, riuscirono a mettere in rotta 10.000 Austriaci guidati dal principe Belmonte, sancendo così il predominio militare di Madrid nel Mezzogiorno.

In effetti la battaglia avrebbe potuto avere un diverso finale.

La notte del 24 maggio, le forze imperiali austriache, schierate fuori le mura di Bitonto, ebbero un primo scontro poi interrotto a causa di un violento temporale.

Il giorno successivo gli Spagnoli attaccarono, ma gli Austriaci assorbirono bene l’urto e il generale Montemar temette il peggio; fu però provvidenziale l’intervento della cavalleria spagnola che spinse verso il mare gli Austriaci, i quali, dopo nove ore di combattimenti furono costretti a ritirarsi, parte verso Bitonto, parte verso Bari.

Sia la prima che la seconda città vennero presto conquistate senza ulteriori spargimenti di sangue, ottenendo la resa delle ultime guarnigioni austriache.

Non essendoci altre truppe imperiali (in Puglia erano già sbarcate quelle di stanza in Sicilia), Vienna ritenne che la partita nel Mezzogiorno fosse ormai persa, e non inviò ulteriori rinforzi. Ormai stanche della politica fiscale vessatoria degli Asburgo d’Austria, tutte le altre città del Meridione si arresero agli imperiali spagnoli senza colpo ferire.

Se la cavalleria spagnola fosse stata in un qualche modo impedita nella sua azione (ad esempio un intenso fuoco dei cannoni austriaci) o fosse giunta in ritardo, è abbastanza probabile che Montemar ordinasse, nella migliore delle ipotesi, di ripiegare per rinsaldare le fila e tentare un nuovo attacco, ma avrebbe anche potuto essere costretto ad abbandonare il campo sotto la minaccia di un contrattacco austriaco. Comunque la ritirata non significava affatto la fine della campagna; oltre al contingente al suo comando, c’erano altri 15.000 uomini nel Sud sui quali Montemar avrebbe potuto contare per tornare a minacciare gli Austriaci.

Ma una vittoria di Belmonte avrebbe potuto significare un diverso orientamento di Vienna verso quel fronte, con il conseguente invio di consistenti rinforzi per riprendere Napoli e consacrare l’occupazione di ciò che era austriaco in base a quanto stabilito negli anni passati a Utrecht, Rastadt e L’Aja.

Mantenendo questi territori anche dopo la Guerra di successione austriaca, direi che il dominio di Vienna nel Meridione poteva durare fin quando l’Europa non fosse stata scossa dalle guerre napoleoniche.

Sufficiente questo periodo di tempo per consentire uno sviluppo di tipo “lombardo” a Bari, Napoli e Palermo?

Guardando ai fatti, i pochi anni di effettivo dominio storico degli Asburgo al Sud furono improntati a tosare quei territori, soprattutto la Sicilia, senza spendervi neanche un soldo, nonostante alcuni storiografi austriaci a tutt’oggi ritengono che un ulteriore periodo del loro buon governo avrebbe giovato al Meridione.

Ma potremmo anche pensare che col tempo Vienna trovasse utile migliorare il territorio delle regioni meridionali, costruendo rotabili, ferrovie ed edifici di pubblica utilità, e adeguando la ricettività dei porti; né sarebbe mancata una politica accorta, sebbene interessata, per incentivare la creazione di industrie di qualsivoglia tipo (aumento del benessere economico = aumento della tassazione).

Aggiungiamo che dal 1815 Vienna sarebbe rientrata in possesso di queste regioni (è pensabile che Metternich non le reclamasse?) e quindi il periodo del buon governo si sarebbe ulteriormente prolungato.

Ritengo ciò sufficiente ad avvicinare un poco di più il Meridione al progresso morale, sociale ed economico del Lombardo-Veneto, anche se in quest’ultime aree i miglioramenti erano dovuti più alla mentalità degli autoctoni, che al rigore dei bilanci ed alla correttezza della paternalistica amministrazione pubblica degli Austriaci.

Per quanto poi riguarda il Risorgimento, resta da vedere cosa sarebbe stato in grado di fare il Regno di Sardegna contro tutti i domini austriaci, presenti al Nord e al Sud d’Italia, senza l’aiuto di una potenza straniera (diciamo la Francia o, più probabilmente, la Gran Bretagna).

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L’occupazione britannica della Sicilia

Durante le guerre napoleoniche, il Regno Unito utilizzò la Sicilia come base strategica per contrastare la Francia nel Mediterraneo; di fatto l’isola divenne un protettorato di Sua Maestà Britannica, anche se formalmente restava sotto re Ferdinando.

Dal 1811 al 1814 il comandante in capo delle forze britanniche (e ministro plenipotenziario alla corte borbonica) fu il generale Lord William Bentinck, il quale, non solo impose a Ferdinando di emanare una costituzione per la Sicilia, ma in virtù del fatto che fosse molto ben visto dai Siciliani,  pensò perfino di far ufficialmente diventare l’isola un protettorato britannico, con lui stesso in una sorte di veste proconsolare.

Il governo di Londra, che per controllare il Mediterraneo centrale in tempo di pace aveva già pensato ad incorporare Malta e che per presidiare la Sicilia doveva mantenervi ben 17.000 uomini,  lo disilluse; sia perché aveva già esperienza di un’isola cattolica (l’Irlanda), sia perché, una volta eliminato Napoleone, sarebbe stato inutile e costoso proseguire ad occupare ed occuparsi della Sicilia.

In ogni caso, legare l’isola all’Impero Britannico non avrebbe portato benefici se non quelli dell’instaurarsi, col tempo, di un senso civico tipicamente anglosassone (che è già tanto) così come accaduto ai Greci di Cipro.

Tanto per comprendere meglio questo mio atteggiamento di “sudditanza” nei confronti delle dominazioni straniere, dalle quali (presumo) si possa imparare qualcosa di buono in termini di organizzazione e di atteggiamento sociale, cito ciò che il diplomatico A’ Court, inviato in Sicilia al posto di Bentinck, scriveva a proposito dei miei conterranei di quasi duecento anni fa:

“Abituati all’obbedienza passiva, i siciliani si aspettano che a far per loro siano gli altri”.

Analisi che ritengo molto obbiettiva e, purtroppo, in parte ancora attuale.

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Garibaldi fu… ferito?

Durante lo scontro di Calatafimi, Garibaldi viene ferito e preso prigioniero o, addirittura nella peggiore ipotesi, ucciso. Cosa fanno i garibaldini (o garibaldeschi) nel frangente? Reagiscono e proseguono il combattimento, ottenendo gli stessi esiti della nostra TL fino al Volturno? oppure si ritirano ma si mantengono compatti e finisce come sopra? o si sbandano e finiscono vittime delle stesse bande di “picciotti” che pensano bene di schierarsi con il vincitore?

Non possiamo certo ignorare il potere trascinatore di Garibaldi, che ebbe un peso notevole nel convincere molti a scendere in campo con lui (compresi alcuni, non molti, soldati borbonici) e il fatto che l’eroe dei due mondi sia in qualche maniera messo fuori gioco potrebbe favorire parecchio Re Francesco II; ma sappiamo che gli interessi convergenti di Torino, Parigi e Londra vogliono la caduta del Regno delle Due Sicilie.

Si era in presenza di una combine politico-massonica che contava, per di più, sulla corruzione dei vertici militari e della classe dirigente borbonica oltre che dell’appoggio delle varie mafie locali. Se una prima spedizione è fallita, nulla toglie che i Savoia ci riprovino, magari fomentando rivolte nelle Marche, in Umbria e nello stesso Regno delle Due Sicilie, come già precedentemente verificatosi nell’Italia centrale, secondo la politica annessionistica (ed espansionistica) di Cavour.

Ottenuto il controllo dei territori adriatici dello Stato Pontificio, l’esercito sabaudo raggiunge il confine con gli Abruzzi e da qui, sempre con l’intendimento di pacificare, penetra nelle Due Sicilie. Grazie ad una superiorità di mezzi e all’esperienza bellica delle guerre precedenti, gli Italiani sconfiggono le forze duosiciliane, costringendo, per la terza volta nella storia, un sovrano borbonico a fuggire a Palermo.

Quanto durerebbe, comunque, un Regno delle Due Sicilie limitato alla sola Sicilia? Senza un appoggio navale subirebbe, prima o poi, un’invasione anfibia sabauda, e solo l’appoggio determinato di nazioni straniere potrebbe impedire questo. Ma è immaginabile che la Spagna e/o l’Austria siano disposte a usare le proprie flotte contro quella italiana e magari quelle francesi e britanniche? Se la Russia, unica potenza straniera che appoggiava i Borboni, avesse avuto la possibilità di mantenere una presenza navale militare nel Mediterraneo le cose sarebbero state diverse, ma la Russia era lontana sotto tutti i punti di vista. E a Palermo Francesco II sarebbe stato costretto a promulgare la costituzione e a garantire chissà cos’altro se voleva contare su una Sicilia almeno parzialmente tranquilla.

A volte un POD non basta a far si che l’esito degli eventi ipotizzabili sia tanto dissimile da come sono poi effettivamente avvenuti. A meno che cominciamo a far intervenire più divergenze, e qui io non mi sento in sintonia.

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American Sicily

L'idea è quella proposta da Giuseppe. È ovvio che da siciliano anch’io ho pensato a qualcosa del genere, solo che non trovo alcuna giustificazione di carattere politico-giuridico, secondo il diritto internazionale, per far si che la cosa avvenga.

L’unica cosa che ho ipotizzato è che la Sicilia è stata occupata mentre l’Italia era ancora in guerra contro gli alleati e che l’armistizio è stato firmato il 3 settembre 1943; da quella data l’ingresso degli anglo-americani nei territori facenti parte del Regno d’Italia non è più quello di eserciti invasori, mentre lo è stato proprio per l’isola.

In base a questa diversità, si potrebbe dare consistenza al POD, con l’affermazione del principio che la Sicilia viene considerata quale riparazione di guerra a favore degli USA e perciò da questi mantenuta in possesso.

Concordo, comunque, con il pensiero di Giuseppe sulle probabili conseguenze da lui previste; aggiungerei che la Sicilia diventerebbe una sorta di Porto Rico mediterranea, con tutti gli aspetti positivi e negativi che l’isola caraibica ha subito fino ad oggi.

Enrico Pellerito

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Anche MorteBianca ha voluto portare il suo contributo:

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Ibn al-Thumna

Il tizio sopra citato era un importantissimo Emiro nella Sicilia araba. Partendo dall'essere un semplice nobile riuscì a scalare la gerarchia con la sua astuzia, arrivando a comandare su Catania. La Sicilia saracena era da tempo in declino a causa delle lotte tra i vari emiri. Ibn al-Thumna fu particolare, egli infatti comprese tale declino e chiese il sostegno dei Normanni nelle sue lotte di potere, promettendo loro la sua fedeltà e la facilitazione nella lotta contro gli altri Emiri. Questo è anche uno dei miliardi di motivi della rivalità storica tra Catania e Palermo (che rimase fedele fino all'ultimo agli arabi). Ibn al-Thumna ha sostenuto i Normanni fino alla sua morte, avvenuta in una battaglia/agguato in cui venne punito per aver tradito il suo popolo. Ma se fosse sopravvissuto? I normanni erano molto tolleranti con le altre religioni e permettevano la mescolanza e la convivenza culturale, cosa che avrà un effetto estremamente positivo sulla cultura Siciliana. Ibn al-Thumna probabilmente manterrà il suo controllo su Catania e sarà un punto di riferimento per i musulmani in Sicilia (e quindi in tutto il Sud Italia). Sarà anche lui a guidare i Normanni in Africa (dove forse estenderanno i loro domini anche a tutta la Libia). Ibn al-Thumna potrebbe anche contribuire ad un dialogo con Roma.

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Guglielmo II Imperatore d'oriente

Mussolini proclamò di essere il primo dai tempi dell'Impero Romano a voler conquistare la Grecia. Ci provò con tutta l'Italia unita alle sue spalle. Fallì miseramente. Non sapeva invece di essere il secondo, poiché la Sicilia ci provò prima di lui, riuscendoci parzialmente. Guglielmo/William II di Sicilia infatti si infilò nelle diatribe interne dell'Impero Bizantino, all'epoca già in declino irreversibile, e sulla base di proclami genealogici e dei suoi interessi sbarcò ed iniziò a penetrare le file imperiali. E ci riuscì. L'Impero Bizantino rispose tardi e male, ancora diviso nelle faide politiche interne, senza una vera e propria risposta. Il Regno Siciliano aveva un esercito moderno, variegato, ben comandato e coordinato con tecniche che, per l'epoca, erano l'avanguardia. L'armata compatta fece numerose conquiste e ci fu la seria ipotesi di una possibile intronazione di Guglielmo sul trono. Questo avrebbe avuto anche una valenza religiosa, per la possibile unificazione tra latini e orientali. Ci fu anche la celebre azione di Cipro, con cui il monarca si appropriò di 70 triremi dell'Imperatore (la più grande perdita navale). Il giovane monarca morì a 36 anni. Il suo genio politico ha permesso la genealogia che creerà Federico II e la sua popolarità era alle stelle. Ma che succede se sopravvive e i suoi piani proseguono? Guglielmo non muore e Isacco II angelo non prende il posto dell'usurpatore a Bisanzio. La campagna nell'Impero Bizantino prosegue, una dopo l'altra le isole dell'Egeo (a partire da Rodi e Cipro) vengono strappate ai bizantini e usate come basi per futuri attacchi. Alla fine dopo l'ennesima deposizione la nobiltà bizantina viene riunita per un'elezione, al fine di risolvere le diatribe si decide di trasformare l'Impero in una monarchia elettiva, in cui più o meno forzosamente Guglielmo si compra l'elezione e diventa Imperatore d'Oriente. La Sicilia adesso è riunita di nuovo con Bisanzio, solo che i rapporti di potere si sono invertiti. Se Bisanzio subisce riforme analoghe a quelle della Sicilia è possibile una ripresa notevole.

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Lo Stato Crociato

Il regno siciliano fu implicato nelle crociate per via indiretta (ricordiamo che la Sorella di Riccardo Cuor di Leone sposò il monarca precedentemente descritto). Per un periodo infatti ci furono dei parenti Altavilla in Sicilia, con moderati successi (riuscirono a bloccare l'avanzata di Saladino. Quando Saladino prese Gerusalemme furono i Normanni a pattugliare la costa impedendogli di prendere altri porti crociati). Che succede se il Regno di Sicilia ci si mette con tutte le sue forze (anche come politiche matrimoniali), e si crea un vero e proprio Regno di Gerusalemme legato alla monarchia Normanna (magari associata alla precedente ucronia)?

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Federico Magno

Ucronia conseguenza delle precedenti: Federico II di Svevia eredita non solo il trono di Sacro Romano Imperatore Germanico e Re di Sicilia, ma anche Re di Gerusalemme, Re di Libia, Re di Tunisia e Imperatore Romano d'Oriente, e riunisce tutti questi titoli nell'unico titolo di Imperatore Romano. Oltre alle numerose riforme e gli incentivi culturali quali conquiste potrebbe effettuare in prima persona? Viene per forza in mente la Francia: per parte Siciliana Federico è legato alla monarchia inglese, la Francia in quel momento storico è molto debole, la spartizione sarebbe ideale.

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Manfredi il Guelfo

La caduta della dinastia Hohenstaufen e il declino della monarchia siciliana ha inizio, fondamentalmente, con il conflitto tra Guelfi e Ghibellini. Fu infatti lo schierarsi di Manfredi con questi ultimi (e la sua ostilità storica al Papato) a costargli la corona, che venne ceduta quindi agli Angiò. Ciò che accadde dopo è storia: gli eredi normanno/tedeschi trovarono asilo in Aragona (dove si sposarono, offrendo a loro il claim monarchico per poter poi conquistare il Sud quando i Siciliani si stufarono del dominio francese). La monarchia aragonese tuttavia fu poco più efficace di quella francese, e sarà seguita dal dominio spagnolo, responsabile di gran parte dell'attuale situazione meridionale. Una sola decisione (quella di Manfredi) ha da sola, effettivamente, condannato il Mezzogiorno. Ma che succede se Manfredi invece diventa un Guelfo agguerrito, Defensor Fidei e Papista della prima ora?

Viene favorita una coalizione di paesi italiani coordinata dal Papa in contrasto con il potere Imperiale. Manfredi non mostra attaccamenti con i suoi cugini tedeschi (ed anzi, straccia ogni pretesa di controllo ereditabile da Corrado davanti al Papa stesso, proclamandosi orgogliosamente Venosiano. Manfredi viene tenuto al potere (la sua legittimità viene rinforzata dal riconoscimento Papale), la monarchia siciliana viene difesa dall'attacco francese.

La monarchia prosegue ancora per diverse generazioni, abbastanza per ottenere quei legami socio-economici che le permettano di proseguire e transitare in nuove forme senza venire invasa o occupata. Il Meridione non cade nella malagestione latifondista (sia i Normanni sia gli Svevi sono sempre stati centralizzatori), importanti riforme conducono ad una modernizzazione continua.

Cambia anche il volto politico del Sud: ai tempi normanni era la Sicilia ad essere, fattualmente, il centro politico, non Napoli (tale cambio avvenen con la divisione nelle, appunto, Due Sicilie, anche se fattualmente era Napoli a controllare la Sicilia). La capitale dunque non sarebbe Napoli, ma Catania (inizialmente fu Palermo, ma dal 1266 fu Catania ad essere capitale, città peraltro favorita da Federico II). Oggi il Sud non sarebbe meno sviluppato del Nord, anzi le differenze tra le due componenti d'Italia sarebbero minime, non è da escludersi che l'unificazione parta da Sud, se il Sud si è tenuto lontano dagli intrighi d'Asburgo.

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Gli replica Generalissimus:

1) Grazie ad al-Thumna i Musulmani potrebbero non scomparire dalla Sicilia.

2 e 3) Le mosse successive di un Guglielmo II che sopravvive (diciamo circa fino al 1219) e diventa Basileus sarebbero proprio volte alla ricostituzione del Regno normanno d'Africa, ad una partecipazione massiccia alla Terza Crociata e alla riconquista dell'Egitto grazie alle azioni del Grand'Ammiraglio Margarito di Brindisi, che in questa TL serve Re Guglielmo fino alla sua morte naturale intorno al 1217.

4) Non può essere conseguenza delle precedenti, se Guglielmo II vive più a lungo ha anche la possibilità di garantirsi una discendenza.

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In seguito MorteBianca ha voluto presentare un'altra straordinaria ucronia siciliana:

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(Santo) Aldo Moro assassinato dalla Mafia

La Seconda Guerra di Mafia viene aperta dall'omicidio in grande stile di Aldo Moro, coadiuvato da forze eversive di estrema destra e dalla Banda della Magliana. Si tratta del primo presidente del consiglio a venire rapito e poi ucciso, ma soprattutto a sconvolgere l'Italia e l'Europa è che sia stata la Mafia ad organizzare tale attentato.

Alcuni giornalisti sospettano che dietro tutto ciò ci sia (da un lato) l'intento dei Corleonesi di ottenere un riconoscimento statale e di stipulare una trattativa stato-mafia che desse loro maggior potere, usando come mediazione la destra della DC, e (dall'altro) la destra della DC stessa che sotto Andreotti voleva a tutti i costi impedire il Compromesso Storico e l'entrata delle Sinistre in politica.

I possibili esiti a parer mio sono due:

-Le cose vanno come nella nostra timeline (nel senso dell'esito delle Guerre di Mafia) ma in senso più distopico, ossia una vittoria sostanziale della Mafia: gli omicidi cessano, la DC fa approvare sottobanco numerose leggi che depenalizzano il reato di associazione a delinquere di Stampo Mafioso, permette il trasferimento ai boss in carceri più comodi, rende illegale ogni forma di intercettazione per il crimine organizzato, ed il Presidente viene obbligato a graziare numerosi boss e reintegrare diversi latitanti. Perseguire la Mafia diventa qualcosa di scoraggiato, e nella burocrazia giudiziaria e poliziesca si fa attivo ostruzionismo contro chi cerca di gettare luce sul mistero. Falcone e Borsellino non faranno mai carriera e potrebbero addirittura venire licenziati, se non uccisi in modo meno spettacolare e dimenticati da tutti.

-Le cose vanno decisamente meglio (o peggio, dipende dai punti di vista), lo stato si indurisce, l'estrema destra e l'estrema sinistra reagiscono compatte contro la minaccia mafiosa e la DC destrorsa a questo punto deve cavalcare l'onda e proporre una figura forte ed autoritaria per contrastare la Mafia. La Guerra diventa totale, attacchi terroristici costanti, giudici ed alte cariche dello stato in pericolo costante, il Sud vive in terrore continuo e le zone calde sono pattugliate attivamente. Lo stato diventa molto più severo con gli arrestati per accuse di natura mafiosa. Falcone, Borsellino, Grasso ed Ingroia vengono protetti come dei Santi ed onorati dal popolo italiano sin da subito.

Figure come Travaglio, Saviano, Crocetta, Vendola, De Magistris, Marino ed altri politici o giornalisti con una storia di lotta alla mafia continua non vengono abbandonati e non si chiede, per alcuni di loro, la fine della scorta a gran voce come succede ora. Aldo Moro era un fervente cattolico, il suo omicidio per mano dei mafiosi potrà venire visto come un atto di martirio per la giustizia (specie dopo la confessione di un pentito che ha riferito del tentativo costante da parte di Moro di convincere i suoi catturatori a consegnarsi, e l'averli perdonati poco prima di venire ammazzato) e potrebbe iniziare una causa di Beatificazione.

Un dipinto di Aldo Moro, beatificato nel 1998

Un dipinto di Aldo Moro, beatificato nel 1998

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Gli risponde Findarato:

Secondo me, una guerra totale con la mafia lo stato potrebbe anche perderla (e questa ipotesi la ritengo anche probabile, data la maggiore conoscenza del territorio ed il fatto che le popolazioni sentano la criminalità più vicina a loro dello stesso stato, per quanto paradossale ed incomprensibile questo possa sembrare), con conseguente istituzionalizzazione della stessa nelle nazioni (ex regioni italiane) sotto il loro controllo.

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Ma Yoccio Liberanome non è d'accordo:

Uno stato non può perdere una guerra contro la mafia se si mette a combatterla davvero e con tutte le sue forze. Nonostante la questione meridionale, la fine della mafia significa innanzitutto la fine del pizzo per commercianti eccetera, quindi una buona fetta di classe bassa-media non sarebbe così ostile a un maxi-intervento statale. Se ci dovesse essere una totale mobilitazione delle istituzioni la mafia sarebbe morta e sepolta prima di tutto negli affari. Sorveglianza dei porti, protezioni di commercianti e possidenti, espropri delle proprietà mafiose, grandi inchieste su corruzione o connivenza, la mafia resterebbe facilmente senza soldi e sui soldi si basa quindi perderebbe. Per quanto fossero tempi diversi, ai tempi di Cesare Mori lo stato era in guerra totale con la mafia, ed era sul punto di spazzarla via completamente, e all'epoca non era così barbara come lo è diventata. Una guerra totale permetterebbe allo stato italiano di far sentire la propria presenza in modo diverso al sud, sarebbe quasi come una nuova unificazione e potrebbe iniziare un vero programma di sviluppo del meridione.

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MorteBianca ribatte:

In realtà Mori è proprio l'esempio di come la Mafia non sia totalmente cancellabile: all'epoca lui prese solo "pesci piccoli", mentre i pesci grossi, i boss e la Cupola erano al sicuro, segreti ed infiltrati nella burocrazia locale, o addirittura nel PNF stesso.

Lo Stato può senza dubbio decapitare molti dei profitti ed essere più duro con leggi ed indagini (e, magari, legalizzare le due maggiori fonti di introiti della Mafia: droghe leggere e prostituzione), ma la mafia potrebbe reinventarsi come mera organizzazione corrotta/massonica ed in tal modo sarebbe più silenziosa e difficile da beccare. Un cancro silenzioso ma più invasivo. Oppure come gang locale per rapine di piccolo calibro, di quelle che non si eliminano perché ben radicate nel territorio (a là Los Angeles). Ci vorrebbe molto tempo per eliminarla del tutto.

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Ed Enrico Pellerito gli tiene dietro:

Diciamo che Mori riuscì a colpire solo una parte della cupola, mentre parte di questa agì e si protesse come riportato da Nicoletti.

Il problema è che cosa nostra è un'organizzazione, come molte altre presenti in Italia e nel resto del mondo, che basa la sua stessa essenza su un sistema comportamentale che ha il suo fulcro sullo sfruttamento delle risorse economiche esistenti sul territorio (estorsioni, controllo dei mercati alimentari generali, inserimento forzoso negli appalti pubblici, ecc.) a quello dei vizi umani (droga, prostituzione e chi più ne ha, più ne metta).

Però, riguardo alla guerra totale credo abbia ragione Yoccio. Sebbene i tentativi di cercare di "convivere con le organizzazioni criminali" ci siano stati (e perdurino), si è trattato di tentativi che hanno sempre sollevato un coro indignato da parte della maggior parte dell'opinione pubblica e reazioni adeguate da parte delle istituzioni.

Perdere una sfida come quella lanciata da cosa nostra siciliana sarebbe stata una cosa intollerante per qualsiasi governo; pensate anche alle ricadute nei confronti del contesto internazionale, finendo l'Italia per essere considerato un paese instabile e fragile.

Certo, si può continuare a vivere come in Colombia, dove molte zone sono finite sotto ferreo controllo dei criminali (ma le cose stanno cambiando anche lì), però un paese dell'Europa occidentale non se lo poteva permettere, non in maniera così manifesta.

Un conto è "laissez faire" in un'ottica quantomai deprecabile, ma quando si è di fronte alla palese e, aggiungo, plateale e feroce imposizione di un dominio in opposizione alle strutture statali, tutto ciò è intollerabile.

Difatti oggi cosa nostra siciliana è stata messa all'angolo, continua ad esistere ma vivacchia alla peggio.

Ha un controllo (nel senso di imposizione del pizzo e pretesa di avere le proprie aziende come partecipanti negli appalti e nei subappalti) molto più contenuto e, in genere, limitato ad alcune aree rurali e suburbane.

A questo aggiungete che oggi i mafiosi siciliani sono molto poco considerati nell'ambito della malavita internazionale.

I cugini americani tengono con loro il minimo di contatto, il mercato all'ingrosso della droga è passato in mano alla 'ndrangheta, che ha maggiore presenza sul territorio in virtù del fatto che è stata sempre molto più "discreta", cercando di ricorrere il meno possibile agli omicidi ed evitando quelli eclatanti, rispetto a chi, dominato dal delirio di onnipotenza, decretava soppressioni ad ogni piè sospinto.

Anche la camorra, oggi ritenuta una criminalità molto presente sul territorio, è considerata più pericolosa della mafia siciliana (e ci si sta attivando nel mettere anche quella all'angolo).

Illusorio pensare che il Settentrione e il Centro Italia sarebbe rimasti indenni dal terrorismo mafioso; c'è anzi il rischio che di fonte ad una partizione dell'Italia, con conseguente calo delle risorse economiche al Sud e in Sicilia, l'espansione criminale sarebbe divenuta ancora molto più marcata dove dette risorse sarebbero state presenti.

A quel punto, non voglio neanche immaginare cosa avrebbe potuto decidere la "cupola" in caso di legittime reazioni da parte delle istituzioni di Milano o Firenze o Roma.

Considerando che la reazione di Padania ed Etruria non poteva essere come quella effettuata dallo Stato italiano, che in HL può disporre di specialisti meridionali sul fenomeno (magistrati e componenti delle Forze dell'Ordine), l'unica soluzione può essere l'espulsione forzata di tutti i meridionali residenti e la creazione di un "muro".

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Yoccio Liberanome allora commenta:

Beh, questo fu l'esito, ma Mori mise in ginocchio la mafia e stava arrivando alle radici, ma venne fermato prima: è solo un esempio di dove può arrivare uno stato.

Certo la mafia potrebbe reinventarsi ma in un tale clima di indagini pesanti, attentati ed esercito, quanto picciotti spaventati e non pagati preferirebbero andare dalla polizia in cambio di un trattamento morbido e confessare tutto? Io dico tanti.

Certo, non tutti i mafiosi finirebbero in gattabuia, qualcuno per forza di cose si salva ma se diventano solo piccole bande sparute che non possono fare più di tanto e magari sono in competizione fra loro, non è più mafia, perché la mafia è un grande circolo di danaro sporco con una straordinaria organizzazione e coordinazione interna.

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Enrico Pellerito gli obietta:

E difatti oggi la mafia siciliana si sta sempre più riducendo numericamente e a frastagliarsi fra famiglie meno coordinate fra di loro.

Certo, la 'ndrangheta non è una prospettiva migliore, ma ha mostrato meno visibilità, agendo in maniera più furba e subdola (e, ahimé, più intelligente); la percezione della sua pericolosità è meno sentita, nonostante gli appelli del procuratore Gratteri, ma anche in Calabria qualcosa si sta muovendo in senso positivo.

Speriamo davvero la politica si impegni con forza contro le grandi organizzazioni criminali, facendo anche pulizia al suo interno.

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E MorteBianca fa notare:

Comunque allo stato attuale Cosa Nostra è ancora la mafia più potente sul campo europeo. Non conto la Russia come Europa da questo punto di vista, altrimenti la Organizaja vincerebbe a mani basse.

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Enrico Pellerito puntualizza:

Da quello che si legge e da quanto ho appreso da parte di alcuni "addetti ai lavori" con i quali sono amico qui a Palermo, cosa nostra, facendo l'eccezione giustamente della Russia, ha perso posizioni e non è più la più potente organizzazione criminale in Europa essendo stata scavalcata dalla mafia calabrese.

Potrà sembrare strano per chi, vivendo in Sicilia, ha una percezione diversa, ma le cose parrebbero essere queste.

Lo stesso Messina Denaro non ha lo spessore organizzativo di Riina, Provenzano e di c'era prima di loro al vertice della cupola.

Non per questo Magistratura e Forze dell'Ordine hanno abbassato a guardia e ci danno sotto più che possono.

Il problema fondamentale non è, comunque, cosa nostra in quanto struttura militare, ma le sue infiltrazioni nella società e infatti le investigazioni sui cosiddetti colletti bianchi assumono grande importanza.

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MorteBianca non è da meno:

Diciamo che l'idea del "parente del mafioso a cui non si può dire nulla", del pizzo in qualsivoglia attività di qualsivoglia quartiere, e della brutta fine che fai nel parlare troppo è ancora sentitissima in Sicilia.

Ma non so proprio chi possa considerarsi più potente in Europa. Partendo dal presupposto che Milleu Corso, organizzazioni serbe e cose simili non credo possano competere, io guarderei in Italia.

Al Nord e al centro solo succursali o cose autoctone che non arrivano a questi livelli. Passiamo al Sud.

Al Sud la Sacra Corona Unita non ci arriva proprio. La Camorra? Ma è troppo divisa, poco articolata, ed i Casalesi hanno poco potere politico. La 'ndrangheta magari fa più soldi, ma se lo intendiamo come radicamento nel territorio ed infiltrazione nella burocrazia, reale presenza e controllo della popolazione, siamo sicuri che vinca?

Fuori dall'Europa cambia tutto: le Triadi giganti che si scannano, la Yakuza, le bande vietnamite, il crimine coreano in crescita, l'Organizaja, le varie bande militari e criminali in Africa, i Cartelli in Sud America che sono il nuovo volto del crimine organizzato. Infine le mafie italo-americane, che io vedo ancora come "Piccolo giganti", ossia organizzazioni semplici che macinano molti soldi per l'enormità dei territori, e le gangs americane disorganizzate ma ben armate e che dominano nelle prigioni.

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Naturalmente il grande Enrico Pellerito non può esimersi dallo spiegargli:

«La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine.»

Riporto qui per intero la frase che Giovanni Falcone pronunciò durante un'intervista.

La dirompenza di questa frase sta tutta nella prospettiva che viene espressa: la mafia, nonostante la sua pericolosità e il potere raggiunto potrà venire estirpata e non ci si sarà costretti a dovervi convivere.

Cosa che altri personaggi delle istituzioni in precedenti affermazioni avevano, in una visione di rassegnazione, dato per scontata, rappresentando il fenomeno come endemico e caratterizzato dalle condizioni culturali e sociali siciliane.

Si è invece dimostrato che, se lo si vuole (e a volerlo deve primariamente essere l'autorità politica che gestisce il Paese) i fenomeni criminali, per quanto radicati, possono venire contrastati e perfino sconfitti.

Le mie affermazioni nelle precedenti mail riguardo cosa nostra non vogliono affatto sminuirne la pericolosità sociale: il fenomeno è sempre virulento, il "sistema" mafioso è in essere e nonostante i risultati la guardia non va abbassata (cosa che ribadisco è stata tentata mercé alcuni politici e i loro manutengoli presenti nei media, fra gli opinionisti, nel mondo della sociologia e nell'Ordine degli avvocati).

Ancora oggi la percezione sul territorio in Sicilia (ma presumo che medesima cosa avvenga in Calabria e in Campania) è quella che i mafiosi sono presenti, forti e feroci, riuscendo ad imporsi sulle persone attraverso la sensazione di isolamento che avverte la vittima rispetto ad individui che agiscono in gruppo.

Però, almeno a Palermo, il pizzo non è più imposto a tappeto su tutto il territorio urbano, le cosche appaiono organizzate in modo non proprio ottimale, gli arresti avvengono con una certa frequenza e i processi che si sono susseguiti dagli anni 90 ad oggi hanno permesso di contrastare l'apparato militare mafioso; si è anche riuscito ad incidere sull'area rappresentata da burocrati e imprenditori legati a cosa nostra, mentre si è, purtroppo solo, scalfito l'ambiente dei politici.

Tra le figure su citate abbiamo anche elementi mafiosi in quanto affiliati, ma si tratta, per lo più, di complici, conniventi, contigui o minacciati, così come lo sono i soggetti non combinati ma legati a singoli mafiosi per ragioni di parentela e amicizia o paura o ricatto e che, per esempio, danno appoggio logistico ai latitanti oppure acconsentono all'intestazione fittizia di beni mobili ed immobili.

Ritengo la 'ndrangheta oggi la prima organizzazione criminale in Italia anche perché ha mostrato di sapersi infiltrare meglio nelle strutture pubbliche ed imprenditoriali del Settentrione.

Ha inoltre ricevuto meno batoste rispetto a cosa nostra e, dato il numero minimo di pentiti, risulta molto più granitica.

Forse non è riuscita ad avere molti contatti con politici di alto livello nazionale, ma questo è un aspetto su cui indagare è difficoltoso.

Riguardo la mafia siciliana concordo che molto resta da fare, non solo come repressione e prevenzione, ma anche a livello di progresso economico, sociale e culturale.

Sfrondata dalle attività criminali, la mentalità mafiosa e il derivante comportamento si concretizzano in prepotenza ed imposizione, anche attraverso la violenza, della propria volontà e del proprio interesse a discapito di quello altrui; tutto questo è ancora presente e si accompagna a molte persone che vivono nei vecchi quartieri storici dei centri urbani siciliani, nelle periferie abitate dal sottoproletariato, nelle zone agricole.
Riuscire ad arrestare un latitante, a prescindere se mafioso o meno, così come uno scippatore in certe aree non è semplice, scatenandosi una reazione da parte dei residenti.

Ma organizzazione complessa o semplice comportamemto malavitoso, la società non può desistere dal combattere il fenomeno mafioso le sue implicazioni subculturali, meno che mai ritenere inevitabile la forzata convivenza con esse.

Per concludere vorrei fare notare due fatti.

La scelta criminale può anche essere una forma (per nulla legittima in uno struttura sociale organizzata, specie se essa è uno stato di diritto) volta al riscatto della propria posizione rispetto ai ceti abbienti.

Possiamo dire che la fame può fornire leve alla criminalità organizzata, onde affrancarsi da condizioni di vita non agevoli, ma credo che il benessere raggiunto da molti mafiosi abbia inciso, in qualche modo, su alcuni di coloro che sono diventati poi collaboratori di giustizia.

Già negli anni 60 tra alcuni mafiosi italoamericani si percepiva un certo rammollimento, come quando qualcuno chiedeva di rinviare una determinata azione dato che aveva già preso impegni personali.

Probabilmente l'imborghesimento ottenuto e la paura di tornare a doversi confrontare con una vita dura e con molte privazioni, tipo quella che spesso comporta una latitanza senza disponibilità di fondi o il 41-bis in carcere, ha agito su qualcuno nella scelta di tradire l'organizzazione.

Altra cosa, la sempre più pressante presenza della malavita cinese in Sicilia.

Dapprima sono entrati in un ambito considerato per nulla onorevole dalla mafia, cioè la prostituzione (a meno che non si tratti di roba d'alto bordo, locali specifici o pornografia dove investire capitali), poi, mantenendo sempre i centri per massaggi, hanno cominciato a produrre e fornire all'ingrosso le droghe leggere, senza, per il momento almeno, sconfinare nel controllo dello spaccio. Si sono parimenti inseriti nel giro delle bische clandestine e nel riciclaggio di denaro sporco.

Considerate, infine, che le attività commerciali gestite da Cinesi non pagano il pizzo a cosa nostra ma a loro connazionali.

Ammesso che la mafia siciliana ottenga un provento ritagliato da quello che i Cinesi guadagnano, resta il fatto che è stato loro consentito di "entrare in casa" e dall'ingresso credo che col tempo giungeranno ad introdursi nel resto dell'appartamento.

Concludo facendo notare che già nel 1974 i Carabinieri, attraverso le indagini, erano giunti alla conclusione che ci si trovava di fronte ad una «unica radice mafiosa» relativamente all'attività dei sequestri di persona e ad una «unificazione dei vari gruppi di mafia».

Era bastato fare un semplice due più due, considerando che mafiosi di famiglie diverse svolgevano tranquillamente affari in aree appartenenti a cosche che non erano certo quelle di appartenenza.
Con questo estratto desidero pure onorare la memoria del tenente colonnello Giuseppe Russo, ufficiale dei Carabinieri assassinato il 20 agosto del 1977 dalla mafia e che coordinava le indagini nella Sicilia occidentale in quegli anni.

Ci vollero altri sei anni affinché nascesse il pool antimafia, segno che non vi era identità di vedute fra la Procura di Palermo e gli organi di Polizia Giudiziaria.

E ricordo che mio padre, anche se non più in Magistratura, si lamentava di questa discrasia.

P.S. tutto questo è un sunto di ciò che ho letto e di quanto narratomi da mio padre che è stato anche magistrato.

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MorteBianca insiste:

Dici che sarà fattibile una guerra fra Mafie "esplicita" nel prossimo futuro, intendo fra Cosa Nostra e le Triadi impiantate in Sicilia?

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Ed Enrico replica:

Una guerra fra Cosa Nostra e le Triadi la ipotizzo ma sarebbero necessari altri dati per sapere se sia possibile una sua concretizzazione.

D'accordo che le Triadi hanno scelto come zona base un'area ben lontana da quelle dove sono presenti, in quanto regioni d'origine, le mafie nostrane, ma ci sono alcune cose che mi fanno sospettare una progressiva infiltrazione criminale, parallela alla (in teoria legale) espansione imprenditoriale cinese.

Posso, però, parlare solo della realtà che conosco meglio e direttamente, cioè quella di Palermo.

Racconto questa. A dicembre 2009 si viene a sapere pubblicamente, tramite intercettazioni ambientali, che nel precedente mese di ottobre, durante una delle loro riunioni, alcuni boss mafiosi intendono fare effettuare danneggiamenti agli esercizi commerciali gestiti da persone di nazionalità cinese e far seguire ulteriori azioni criminali in modo da indurre gli esercenti cinesi alla ricerca di protezione da parte dell’organizzazione mafiosa, imponendo il pagamento del pizzo in cambio della garanzia di poter svolgere tranquillamente la loro attività.

A me appare un po' strano che fino a quel momento non fosse stata ancora imposta alcuna estorsione, ma la cosa può essere spiegata con il fatto che i Cinesi hanno da poco incrementato la loro presenza e il loro giro d'affari a Palermo (siamo ancora nel 2009) e anche perché Cosa Nostra, come ho detto, non riesce più a controllare tutte le zone cittadine, situazione un tempo assodata.

Successivamente una persona che abita nella zona di quella che oggi viene definita la China Town di Palermo, mi raccontò che una mattina (evidentemente quella seguita alla notte durante la quale vennero messi in opera i danneggiamenti di cui sopra) i commercianti cinesi parevano allarmati, perché i lucchetti che chiudevano le saracinesche dei loro esercizi risultavano bloccate (probabilmente con adesivi tipo Attak).

Dopo poco tempo giunsero due Mercedes (guarda un po'!) dalle quali scesero alcuni Cinesi vestiti in modo elegante e di corporatura insolita per l'etnia (tutti alti e apparentemente muscolosi).

Questi soggetti in breve tempo ruppero, platealmente, i lucchetti bloccati con delle grosse tronchesi e ne fornirono di nuovi ai commercianti, dopodiché si allontanarono.

Personalmente ipotizzo due opzioni.

Nel giro di brevissimo tempo i rappresentanti dei commercianti cinesi hanno contattato gli ambienti mafiosi palermitani risolvendo immediatamente la questione e aderendo alle richieste estorsive; ma la cosa appare troppo rapida e se già erano in contatto, a quale titolo? (visto che la loro espansione commerciale non era stata convenuta né pagavano alcunché come dimostrato dalle intercettazioni).

Altra ipotesi: i commercianti cinesi hanno subito avvisato coloro cui probabilmente pagano il pizzo e hanno chiesto immediata protezione per come gli spetta di fronte a nuove richieste estorsive.

Ad ogni modo, non risulta agli inquirenti, a meno che non si scopra qualcosa al riguardo in futuro, che siano state poste in essere ulteriori azioni di danneggiamento agli esercizi commerciali gestiti da Cinesi a Palermo, cosa che invece accade nei confronti dei commercianti di altre etnie non originarie italiane.

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Se volete partecipare alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.


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