LE CHIESE DI SAN MICHELE

(da "La Nona Campana", giugno-luglio 2002)

quante e dove le chiese del monastero?

La "Prealpina" del 4 giugno 2002 ospitava un breve articolo in cui si annunciava l'inizio, finalmente, dei lavori nell'ala nord dell'ex monastero di San Michele, definiti e collocati "a metà tra la ristrutturazione e la conservazione", messa al primo posto la "ricerca dell'antica chiesa" per via di indagine archeologica.

L'uso antico era di seppellire nelle chiese. Se gli archeologi trovano degli scheletri sotto il pavimento di un locale dell'ala nord, quel locale era la chiesa.

Ma il titolo del giornale sembra ignorare il sito della prima chiesa del monastero. Eppure, dopo varie ricerche d'archivio e vari riscontri sul monumento, alcune cose già si sanno sul monastero, divulgate in conferenze e in visite guidate anche se non ancora consegnate a pubblicazioni dopo il fascicolo prodotto per la giornata FAI del 1993, sempre valido per l'appendice documentaria.

Stavolta facciamo il discorso a ritroso, partendo dal disegno del 1792 dell'ing. Gaeta che pone la chiesa sul lato est del quadrilatero claustrale di San Michele. Di questa chiesa, trasformata intorno al 1950 in locali di abitazione privata (rüga sciüca = piazza S. Ambrogio 14), rimane il portone d'ingresso in fondo al vicolo San Michele (laterale di via Cavour). La chiesa era divisa in due parti da un tramezzo: la parte raggiungibile dal vicolo San Michele era accessibile al popolo lonatese, l'altra era riservata alle monache di clausura, l'altare era sotto il tramezzo mediano. Questa era la chiesa nuova rispetto alla vecchia.

Dettaglio della pianta del monastero di San Michele del 1575 circa

Dettaglio della pianta del monastero di San Michele del 1575 circa

Chiesa nuova e chiesa vecchia figurano con questi stessi aggettivi in uno schizzo dell'anno 1575 circa (vedi fig. soprastante), che purtroppo ha sempre guadagnato una certa diffidenza degli architetti chiamati a lavorare nell'ex monastero, oggi come ieri, i quasi vorrebbero un monastero più grande di quello rappresentato nello schizzo, magari con un'altra chiesa da aggiungere alle due qui accennate. Lo schizzo traccia e denomina i locali. Nell'ala nord, da ovest ad est: la cucina, la dispensa, un vano senza nome (usato per andare sia a nord che a sud), la chiesa vecchia, la scala. La chiesa "vecchia", essendo disegnata nell'ala nord del monastero, era accessibile soltanto dalla rüga sciüca (ovvero dalla rüga d'in sü, contrapposta alla rüga d'ingiô, oggi via Nazario Sauro).

Costruita la chiesa nuova a fronte dell'aumentata popolazione monastica (nel 1567 san Carlo aveva concentrato in San Michele le monache del vicino convento di San Francesco), si rendeva inutile la chiesa vecchia, che lo schizzo del 1575 destinava infatti ad altro uso monastico: diventava laboratorio.

La chiesa "vecchia" era stata costruita cent'anni prima, tra il 1450 e il 1455, fu consacrata nel 1476 intitolando il suo unico altare ai santi Michele ed Antonio, soltanto nel 1488 diventò sede di cappellania, cioè vi si cominciò a celebrare quotidianamente o quasi: tutte operazioni che avvennero per iniziativa del ricco sacerdote Francesco Bodio, figlio di Antonio. Nell'atto steso dal notaio ecclesiastico Giovan Pietro Ciocchi per l'istituzione della cappellania nel 1488, si legge che la chiesa era "aderente" al monastero e che l'aveva fatta costruire il sacerdote Francesco Bodio, appunto. Costruire potrebbe anche significare riadattare ad uso sacro locali preesistenti. Sul sacerdote Bodio si hanno notizie dall'anno 1450 al 1498.

Nel 1455 il monastero, allora genericamente denominato di Sant'Agostino (seguiva la regola agostiniana), fu oggetto di breve descrizione durante la visita pastorale dell'arcivescovo Gabriele Sforza. Le tre monache professe che vi abitavano furono interrogate proprio nella chiesa del monastero. Dichiararono che per ascoltare messa andavano in parrocchia e che i1 monastero non aveva la debita clausura. Nella stessa situazione, più o meno, si trovavano nel 1455 altri nove monasteri lonatesi, nessuno capace di vera clausura perché abitazioni delle monache e abitazioni dei loro massari si affacciavano promiscuamente sullo stesso cortile.

La chiesa per essere tale non necessitava che di un altare e magari di un affresco raffigurante i santi titolari. Non praticandosi ancora vera clausura, era accessibile anche alla popolazione; l'atto del 1476 assicurava indulgenza particolare ad ogni persona che, contrita, visitasse, facendo un'offerta, la chiesa del monastero in giorni precisati dell'anno, tra cui le feste dei due santi titolari.

L'accesso dalla rüga sciüca al monastero e alla chiesa avveniva attraverso il portale con spalle in granito, posto circa a metà dell'ala nord, tamponato più tardi. Era già visibile prima; attualmente è ancor meglio visibile, da quando la muratura esterna è stata disintonacata in vista degli accennati lavori di "ristrutturazione-conservazione". Le frammentarie decorazioni in graffito superstiti nel vano cui il portale immetteva, così come le decorazioni in graffito leggibili in altre zone del monastero, sottolineano la dignità che si volle dare ad alcuni siti. Il vano fungeva da atrio sia per la cappella che stava a sinistra, sia presumibilmente per il monastero che stava a destra, quest'ultimo forse accessibile anche tramite un'altra porta più ad ovest sulla rüga sciüca, che allora, presumiamo, era più lunga di quanto sia oggi.

La Pentecoste, affresco del 1700 nel Monastero di San Michele

La Pentecoste, affresco del 1700 nel Monastero di San Michele

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Sant'Agostino e le monache, affresco del secolo XVI nel Monastero di San Michele (foto di Paolo Zanzi)

Sant'Agostino e le monache, affresco del secolo XVI nel Monastero di San Michele (foto di Paolo Zanzi)

 

Secondo la prassi antica, la chiesa doveva essere orientata, avere cioè l'altare ad oriente, perché l'oriente simboleggiava la luce portata dalla novità cristiana e ricordava l'alba delta resurrezione del suo Fondatore. Nello schizzo del 1575, la chiesa vecchia è orientata; lo schizzo la disegna estesa fino alle scale terminali dell'ala nord, aggiunte o inserite nel Cinquecento quando ce ne fu bisogno. Chiarimenti si attendono dalla scialbatura delle pareti della chiesa 'vecchia' e dall'analisi delle murature, non solo dei pavimenti e delle fondazioni.

Comunque, da soli i documenti d'archivio escludono che il monastero di San Michele avesse una chiesa più antica di quella del 1450. In ogni monastero le riunioni capitolari si tenevano nella chiesa, ovviamente quando c'era; ebbene, nel 1425 le monache del monastero Gennari (era questo il primo nome del futuro San Michele), per decidere capitolarmente un affitto di terreni, si radunarono, dice il notaio Giovannino Ferrario, sotto il portico del monastero.

Al più, frugando nel monumento, si potrà giustificatamente trovare un'edicola devozionale; nell'ala nord i graffiti del peristilio suggeriscono qualcosa del genere.

il Gruppo San Michele

 

 un frantoio di san Michele

Grazie all'attenzione di un componente del Gruppo San Michele, è stato salvato dalla discarica un cimelio del monastero: si tratta di un antico frantoio in granito (cm 120 x 100 x 40), dotato di canalicolo di scolo, riaffiorato durante gli scavi per la ricostruzione del muro di recinzione del Parco Bosisio su via Dante. Ora esso attende un'opportuna ricollocazione all'interno del monastero, presso il quale venne utilizzato dalle monache per parecchi decenni.

Il frantoio riaffiorato nel 2002 durante gli scavi per la ricostruzione del muro di recincione del Parco Bosisio su via Dante

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

 

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