di Mattia Spadoni
L'imperatore romano Valentiniano I
375: nei pressi del Danubio, incontro tra Valentiniano I e gli ambasciatori dei Quadi. Valentiniano si sente male, cade a terra, momenti di paura in tutti i presenti. Ma dopo questo attimo l'imperatore si rialza, ha avuto un piccolo svenimento, ma ora sembra star bene. Agli ambasciatori dei Quadi risponde diretto. Non vuole sentire scuse, i Quadi o accettano di risarcire i danni o affronteranno l'ira imperiale. I Quadi rifiutano e la guerra è inevitabile. Per tutto il 375 e 376 Valentiniano guida le operazioni infliggendo una pesante sconfitta e condizioni durissime ai barbari.
377: Valentiniano guarda con preoccupazione la situazione confusionaria con i goti creatasi in Tracia e si offre di aiutare il fratello, il quale però si decide a chiedere l'aiuto solo l'anno successivo quando la situazione è ormai critica. Per prepararsi ad aiutare il fratello Valentiniano rinsalda le tregue con le popolazioni sul Reno e trascorre l'anno rinforzando le difese del Limes.
378: tornato dall'Oriente, Valente si decide a far guerra ai
Goti di Fritigerno chiedendo l'aiuto del fratello. Purtroppo l'impazienza ed il richiamo di Valentiniano per un'invasione di Alamanni sembravano prefigurare comunque Adrianopoli. Ma Valentiniano, ricevuto un ultimo messaggio del fratello che annunciava l'intenzione dell'attacco a marce forzate si diresse ad aiutare il fratello giungendo giusto in tempo per la parte centrale di uno dei più grandi disastri sfiorati della romanità. Mentre infatti le forze di Valente erano sul punto di essere attaccate sui fianchi dai cavalieri
Goti Valentiniano emerge sul campo di Battaglia. I Romani riprendono coraggio ed affrontano valorosamente i
Goti. La sorte della battaglia viene ribaltata ed i goti si sbandano e fuggono. E' un massacro. Fritigerno scappa ma è presto raggiunto da Valentiniano, pensando che la sua fine sia vicina si prepara alla morte, ma l'augusto d'Occidente
sorprende tutti. Valentiniano afferma che di fronte alle elevatissime perdite egli sarà disposto a trattare. Fritigerno avrà il titolo di Dux Gothorum e verrà affiancato da magister barbarorum, gran parte dei supersititi potrà trasferirsi nel territorio dell'impero d'Occidente tra i territori della Spagna, dell'Italia e della Britannia. In cambio ogni uomo non reclutato dovrà consegnare le armi in proprio possesso. 15000 goti andranno a formare la "Militia barbarorum" una milizia ai diretti ordini dell'imperatore ed in cui Fritigerno manterrà una funzione di comando. A fine servizio questi riceveranno cittadinanza e terre da coltivare a differenza dei figli degli altri goti che la otterranno solo dopo una generazione anche se forniranno.
Fritigerno oltre alla carica ottiene la cittadinanza Romana e l'ammissione al senato, ma il suo comando rimane puramente subordinato a Valentiniano e di stampo militare perdendo ogni vero comando sul suo popolo che verrà disperso su tutto il territorio
imperiale. La nuova militia di Goti avrà però un ruolo diverso da quello che i più pensavano.
Valentiniano rientrò dalla campagna contro i Goti e per la prima volta da anni poteva godersi un po' di riposo o almeno così credeva. Durante il ritorno colto da un nuovo svenimento improvviso era stato accolto presso la casa di un decurione di Virunum. Degente l'imperatore nonostante tutto volle ascoltare le storie del padrone di casa, egli infatti, anche se decurione, era tutto meno che entusiasta della carica, i potenti locali infatti in più casi non pagavano le tasse costringendo l'inerme decurione a dover rifondere di cassa sua i soldi delle imposte. Toccato da questa storia Valentiniano decise di fermarsi ancora qualche giorno per osservare come andavano le cose, sulla piazza del mercato un bambino malaticcio gli si avvicinò. Un durò militare di norma avrebbe soprasseduto, ma forse la degenza, forse la visione pietosa lo mossero a compassione. Recatosi nella casa del ragazzo venne a sapere della condizione della famiglia, coloni spremuti all'osso dai decurioni e poi limitati dallo strapotere dei maggiorenti locali (tra cui un senatore). Come se non bastasse la guerra ed i pesanti trattati agricoli non facilitavano le cose. Valentiniano non dimenticò mai questa visione.
Rientrato a Milano riceveva un'ambasceria del senato in cui protestava fortemente per l'ammissione di un barbaro nell'ordo senatorio. Di fronte a questo la natura non pacata di Valentiniano sembrò trattenersi. Egli infatti decise di recarsi a Roma e discutere personalmente la questione, qui la finta della calma che Valentiniano aveva inscenato finì subito. Dopo aver incassato l'offensiva senatoria l'imperatore difese veementemente la propria scelta. Di fronte allo scandalo per il grande trasferimento di genti nel territorio romano Valentiniano dimostrò un'inattesa capacità oratoria ponendo in luce la necessità delle terre romane di essere lavorate e soprattutto attaccò apertamente un ceto parassitario detentore di grandi riserve di terre magari spesso trascurate e tra cui molti probabilmente non pagavano le tasse come dovuto.
Tale orazione, probabilmente redatta da qualche segretario locale, rimase nelle menti dei senatori i quali però non fecero che aumentare l'odio verso l'imperatore. Di fronte ad una discussione inutile Valentiniano se ne ritornò a Milano, ancora in dubbio su cosa fare.
379: Il trattato con l'alamanno Macriano (in questa TL la presenza di Valentiniano aveva indotto i Franchi a non attaccare Macriano) e la grande vittoria su Quadi e Goti sembravano garantire un anno di pace all'impero. Valentiniano passò l'anno a corte, ricordando l'esperienza presso la casa del decurione ordinò a dei suoi uomini di recarsi come osservatori presso ogni angolo della parte occidentale dell'impero per studiare la situazione e vedere quanto il malanno fosse endemico e quanto effettivamente i decurioni fossero alla mercè dei potenti locali.
Fritigerno intanto otteneva dall'imperatore una residenza di lusso a Roma, ufficialmente per partecipare alle riunioni del senato, ufficiosamente per tenere sotto controllo quel branco di serpi, paradossalmente il suo nemico di ieri sarebbe stata la persona di cui più fidarsi per controllare quel posto. La sua famiglia era tenuta in ostaggio dall'imperatore e sia lui che il suo popolo erano in grande debito con Valentiniano per non averli sterminati tutti, ma anzi aver concesso loro delle terre.
A corte intanto iniziò a notare la strana piega intollerante che suo figlio Graziano stava iniziando ad avere contro il vecchio paganesimo, complice forse anche l'influenza del vescovo di Milano Ambrogio. Decise di far affiancare quindi il figlio da consiglieri cristiani tolleranti e pagani che potessero evitare una deriva del figlio e recuperarlo prima che fosse troppo tardi.
Alla fine dell'anno però messaggi inquietanti giungevano da Nord, i Sassoni avevano attraversato il Reno, lasciati passare indisturbati dai Franchi, i quali vedevano male l'aumento di relazioni tra Macriano e Valentiniano, erano penetrati nel territorio imperiale, le forze imperiali erano riuscite a trattenerli a costo di gravi perdite, ma ci erano riuscite, anche grazie alle fortificazioni fatte costruire alcuni anni prima dall'imperatore. Nonostante ciò Valentiniano decise di raccogliere l'esercito e la Militia e recarsi a Treviri per controllare meglio la situazione.
380: arrivato a Treviri, Valentiniano non deve affrontare i Sassoni, ma si ritrova invischiato nelle questioni di Alemanni e Franchi. I primi infatti guidati da Macriano ed in guerra con i Franchi erano stati messi a mal partito. Costretto dalla necessità Macriano si dichiarò improvvisamente cliente di Roma promettendo un sussidio in cambio della protezione imperiale. Valentiniano solo in extremis riuscì a ricondurre i Franchi alla ragione varcando il Reno in supporto degli Alamanni ed inducendo Mallobaude, fino a qualche anno prima generale romano, a ritirarsi. Il re dei Franchi non digerì però la cosa meditando vendetta.
In Oriente Valente desideroso di togliersi l'onta Dell'essersi salvato solo grazie al fratello e necessitato a rimpolpare l'esercito dopo le gravi perdite di Adrianopoli aveva innalzato la tasse. Cosa che non era stata gradita in tutto l'impero, ma ogni delegazione giunta a Costantinopoli per protestare fu rispedita a casa. Verso settembre nei pressi di Ancyra l'impossibilità di dare al fisco romano la quantità di denaro richiesta e la situazione di povertà dei decurioni a causa dei grandi insolventi portò la popolazione a delle proteste a cui presto si affiancarono gli stanchi decurioni della città. Era la prima volta in cui i decurioni si sollevavano apertamente, ma sembrava una protesta destinata a spegnersi.
381: Mentre Valentiniano si trovava a Treviri per discutere delle riforme da attuare nel suo impero, in attesa dei rapporti chiesti 2 anni prima, Mallobaude ed i suoi franchi colpirono con una violenta incursione la provincia della Belgica romana. La situazione era più grave del previsto poiché dopo una prima osservazione si capì che insieme ai Franchi c'erano anche i Sassoni e delle truppe Burgunde (entrambi da oltre Reno) insoddisfatte della recente svolta filo-alamannica dell'imperatore.
Di fronte alla situazione Valentiniano dovette attendere l'arrivo di suo figlio Graziano con i rinforzi e la Militia Gotica (spedita l'anno prima a sedare una rivolta in Gallia Narbonese), reputandosi ancora in dubbio sulle capacità di vittoria Valentiniano Chiese a Macriano di onorare il suo patto da cliente di Roma facendosi spedire alcune migliaia di guerrieri. Con questo esercito al completo l'imperatore si mosse subito verso nord intercettando i collegati barbari nei pressi di Colonia agrippina, ma presto fu evidente che Graziano ed i goti si erano attardati. 25000 tra Romani ed Alamanni furono costretti ad accettare battaglia contro i collegati che superavano le 50000 unità.
Mallobaude si fregava le mani, avrebbe annientato questo contingente e poi i rinforzi. Deciso lanciò i suoi uomini all'attacco, non curandosi del terreno bagnato e spinto dagli alleati. La battaglia fu presto cruentissima, Valentiniano attendeva i nemici mentre con numerosi arcieri martoriava le truppe barbariche, ma nonostante le pesanti perdite giunti a contatto i barbari sembravano poter sbaragliare le truppe imperiali che indietreggiavano sempre più, solo l'intervento diretto di Valentiniano in battaglia aveva dato alle truppe il coraggio di resistere, ma la battaglia sembrava decisa. Quando all'improvviso dopo 4 ore di battaglia corni romani annunciavano un fatto imprevisto. Graziano con rinforzi e militia gota era arrivato sul campo di battaglia alle spalle degli alleati. In realtà il loro ritardo era solo apparente, nella notte le truppe avevano abbandonato i loro accampamenti portandosi vicino al campo di battaglia. Mallobaude intuita la situazione fece ritirare il suo contingente, ma il terreno bagnato e la stanchezza lo salvarono solo in parte. Gli altri barbari presi alle spalle furono massacrati, sul campo rimasero oltre 30000 barbari tra prigionieri e caduti. Mallobaude riuscì a salvarsi insieme a 10000 franchi oltre il Reno, ma Valentiniano stava già meditando vendetta.
In Oriente la situazione era degenerata nel corso di tafferugli ad Ancyra e la morte di un decurione particolarmente amato che voleva far pagare i grandi insolventi la popolazione si era sollevata, quella che sembrava una rivolta cittadina poco rilevante in pochissimo tempo divenne una sollevazione nel pieno dell'Anatolia a cui si unirono presto molti popolani e decurioni stanchi dei tributi. Case di nobili venivano bruciate, gente veniva malmenata. Valente però si decise solo in Settembre a guardare il problema in faccia e mobilitare l'esercito, il ritardo della decisione rese le prime operazioni militari, cariche di buoni risultati, sostanzialmente inutili spingendo anzi i ribelli a darsi un'organizzazione sotto la guida di un ex veterano dell'esercito, un tale di nome Valerio Petronio.
382: Desideroso di vendetta contro i Franchi traditori, ma colto da una malattia Valentiniano spedì il figlio insieme alle truppe ed alla militia gota a punire i Franchi. Una spedizione dura, ma in cui Graziano, affiancato dal generale romano Teodosio riuscì a sgominare la resistenza di Mallobaude catturandolo e giustiziandolo. Le fonti, tra cui è classificato un anonimo pseudo-ammiano, parlano dell'enorme massacro compiuto ai danni dei Franchi da parte dei Romani i quali non avrebbero risparmiato donne, anziani e bambini e del grosso ridimensionamento del territorio concesso loro come
foederati. Mentre i Burgundi vennero indotti a pagare un lieve tributo per la loro azione Graziano e Valentiniano preparavano una grossa spedizione per punire i Sassoni di oltre Reno.
A Roma Fritigerno, assistito da alcuni maestri, era finalmente venuto a capo di quell'enigma dal nome di "latino": ormai conoscitore della lingua, partecipava attivamente alle riunioni del Senato rendendosi presto conto della decadenza e forse corruzione di quell'antica istituzione, ma anche il suo sentirsi ferito dalla forte cristianità in espansione in un consesso ancora largamente pagano.
In Oriente le proteste contro le tasse erano scoppiate in vera e propria ribellione aperta. Valerio Petronio ed i suoi ribelli evitando ogni scontro in campo aperto con l'esercito di Valente aveva attivato una feroce guerriglia che costava all'impetatore tanti soldi, uomini e non dava grandi risultati. La non già grande stima di cui godeva l'imperatore si andava lentamente erodendo.
383: Britannia,
il generale Magno Massimo si proclama imperatore sostenuto da alcuni ufficiali delle sue truppe. Ma alla voce dell'usurpazione ben presto il prestigio dell'imperatore in carica spinge altri ufficiali a prendere, ammazzare l'usurpatore e spedirne la testa a Valentiniano dichiarandosi innocenti e fedeli.
La campagna oltre il Reno è
affidata a Graziano e Teodosio, con loro anche metà della militia Gothorum. Il difficile terreno germanico non facilita la campagna la quale però dopo 5 mesi, a Settembre, si conclude, i Sassoni accettano di non raziare più la Britannia e di offrire un sostanzioso tributo ai romani. In cambio vengono loro risparmiate devastazioni in stile Franchi.
Valentiniano intanto, affidata la gestione delle cose al figlio torna a Milano. Qui lo raggiungono novità più importanti sulle beghe del fratello ed un rapporto di Fritigerno il quale nel suo rapporto oltre a rimarcare ciò che l'imperatore già pensa (che il senato sia una manica di serpi) sottolinea però anche che una delle motivazioni, essi si sentono offesi sotto tutti i punti di vista, tra questi anche quello religioso. Il vescovo di Milano, in sua assenza, aveva fatto rimuovere l'altare di Nike dal Senato ferendo profondamente quel consesso. Inoltre non erano poche le voci di persecuzioni ai danni dei pagani partite da alcuni cristiani intransigenti. La voce però di alcune scorribande Marcomanne in Norico lo costrinsero a rimandare la questione per deviare in quella direzione. Mentre si chiudeva la campagna sassone Valentiniano giunse in Norico dove i Marcomanni offrirono la consegna dei presunti colpevoli all'impetatore. Vuoi la stanchezza del sovrano, vuoi la volontà di risparmiare soldi, vuoi il fatto che il grosso delle forze era dislocato altrove, Valentiniano si accontentò della cosa, rimanendo però in Norico e sorvegliare il
Limes.
In Oriente Valerio Petronio continuava a mettere in difficoltà l'impero. Valente dovette registrare anche la ribellione delle zone del Ponto dove vedendo i progressi di Petronio e sobillata da alcuni suoi inviati, la popolazione aveva cominciato ad insorgere costringendo alla fuga i funzionari imperiali. L'imperatore reticente dovette scendere direttamente sul campo, ma la situazione non era destinata a sbloccarsi tanto facilmente.
384: Una cosa che l'impero d'Occidente non vedeva da tempo finalmente poteva tornare. La pace. Infatti sistemata la questione Marcomanna l'imperatore poteva tornare a Milano, ma evento ancora più epocale l'imperatore faceva visita a Roma. Infatti la chiamata di Fritigerno a risolvere la questione lo aveva convinto. Il re dei goti forse aveva accentuato la realtà, ma alla fine questo fu un bene. Giunto al senato Valentiniano, in un'aria a dir poco tesa, allungò la sua mano mostrando un'apertura insolita per un militare. Infatti si disse disponibile a riposizionare l'altare di Nike nel senato e ad indagare sulle persecuzioni di Pagani riconfermando la sua tolleranza religiosa. La cosa fece andare in bestia il vescovo di Milano Ambrogio che minacciò fuoco e fiamme dell'inferno per l'imperatore. A risolvere la questione fu il figlio Graziano che propose in cambio di queste concessioni ai pagani la costruzione di alcune nuove chiese nell'impero. Chiuso dal suo ex allievo Ambrogio accettò per il momento.
In cambio di queste concessioni però Valentiniano mise sul tavolo una nuova questione. Il problema del latifondo e lo strapotere dei possidenti nell'impero. Raggiunto dai rapporti dei suoi fidati aveva visto il profondo disagio di molti abitanti dell'impero. Il latifondo andava eliminato o limitato a favore di liberi coloni. Anche i goti avevano qualcosa da dire lamentando la non efficacie distribuzione della terra. Una situazione calma sembrava reinfuocarsi. Vista la situazione e la relativa calma nell'impero Valentiniano si trattenne a Roma, spedendo Graziano a Treviri a controllare il confine.
In Oriente Valente tentava una mossa per ricacciare i ribelli indietro, muoveva sul Ponto per riconquistare l'area. Con 15000 uomini da Eraclea Pontica puntò a Sinope, sulle coste del mar nero. Avanzato per molte miglia indisturbato si rese però ben presto conto della terra bruciata fatta da Petronio. Desideroso di chiudere in fretta la cosa Valentiniano arrivò comunque a Sinope assediandola. Ma scarsità di cibo ed acqua rendevano l'avanzata durissima. A peggiorare la situazione fu la cattura di un carico di rifornimenti e denaro in arrivo da Heraclea. Affamati e senza soldi per comprare dei rifornimenti i soldati si rifiutarono di continuare l'assedio e costrinsero Valente a ripiegare. Nel tornare indietro una retroguardia di 4000 uomini venne presa di sorpresa dai ribelli e sterminata. La voce di questa battaglia non tardò a diffondersi peggiorando non poco la situazione.
385:
a Valente si gelò il sangue quando dal suo campo di Heraclea Pontica gli giunse una notizia: il Peloponneso, esaperato per l'ennesimo alzarsi delle tasse, si era sollevato, ma a peggiorare il tutto anche 7000 soldati, uccisi gli ufficiali, avevano parteggiato per i ribelli, a scatenare la cosa aveva contribuito non poco anche la voce dei ripetuti insuccessi imperiali. I ribelli avevano preso basi su l'Acrocorinto e alla vecchia Sparta e da lì avevano presto conquistato l'intero Peloponneso.
Valente non poteva più far finta di nulla disperato inviò missive al fratello per spingerlo ad intervenire di nuovo in Oriente, mentre con l'esercito Valente faceva la difficile scelta di riattraversare il Bosforo per stabilizzare la Grecia prima che fosse troppo tardi.
Preso nel bel mezzo dei colloqui a Roma Valentiniano non esitò non sarebbe intervenuto di persona, ma spedì immediatamente messaggeri al figlio Graziano ed al generale Teodosio di organizzare una spedizione. Non volendo impegnare troppe truppe imperiali Valentiniano diede ordine al figlio di radunare contingenti alamanni da Macriano e contingenti dai foederati franchi. Teodosio invece propose l'utilizzo di una popolazione turbolenta stabilitasi ai tempi di Costantino in Pannonia, i Vandali i quali accettarono in cambio di terra in oriente, lontani dalla minaccia crescente degli Unni. Nell'ottobre dell'anno questo a dir poco eterogeneo esercito di 20/25000 uomini, formato per la maggior parte di barbari sotto il comando di Teodosio e Graziano si ricongiunsero a Valente nei pressi della vecchia Pella. Pronti a marciare in Grecia. Contemporaneamente per evitare ribellioni del fondamentale granaio d'Egitto Valentiniano inviava un corpo di 5000 uomini in Egitto per controllare la situazione.
Valerio Petronio intanto, organizzato un vero corpo di spedizione, marciava verso Sud per assediare Antiochia e fare il colpo grosso.
A Roma Valentiniano a peggiorare la cosa aveva anche chiamato
rappresentatni del mondo decurionale. La distrazione delle campagne orientali lo spingeva ad essere poco presente alle questioni. Ma anche Fritigerno lo spingeva però a rimanere concentrato. Ma il rientro a Milano dell'imperatore rimandò tutto.
386: L'esercito di Valente, Graziano e Teodosio dalla macedonia muoveva in Grecia i ribelli in tessaglia venivano totalmente sorpresi tanto da essere presi e massacrati nella battaglia di Larissa. Ma il grosso delle forze ribelli ben presto ripiegò sulle Termopili costringendo l'esercito imperiale ad un inutile spargimento di sangue per tentare di forzare. Solo quando, dicono le fonti, venne ritrovato lo stesso passaggio che usarono i persiani i ribelli di decisero a ritirarsi a preparare la difesa sull'istmo di Corinto. Fortificatolo con palizzate e fossati sembrava uno scoglio ben difficile da superare. Qui intervenne la strategia di Teodosio. Mentre Valente e Graziano trattenevano i ribelli al Vallo Teodosio tornato ad Atene si imbarcò insieme a 3000 uomini sbarcando ad Epidauro. Da qui a marce forzate raggiunse l'istmo per prendere alle spalle le difese. Coordinato grazie ad un gioco di specchi un attacco congiunto sui 2 fronti l'esercito imperiale annientava il blocco. Ma le cose sembravano destinate a non andare mai bene. Nell'attacco Valente veniva ferito a morte e cadeva tra le braccianti nipote Graziano.
Intanto l'attacco di Valerio Petronio ad Antiochia aveva successo, ma anche il capo dei ribelli non se la passava bene, mentre assaliva le ultime difese della città un proiettile vagante lo raggiungeva al cuore, incuneandosi tra le costole e costringendolo ad una
morte per emorragia.
In Occidente Valentiniano metteva finalmente mano ad un editto. Il "De religione" nel quale condannava ogni persecuzione a danno di ogni culto con severissime ammende pecuniarie o punizioni corporali. Il 20 luglio emanava anche il "De latifundis". Dagli ultimi dati erano stati registrati numerose insolvenze dai grandi proprietari o peggio il lasciare volontariamente incolte delle terre per pagare meno tasse. Ciò portò al decreto nel quale l'imperatore imponeva ai grandi latifondisti di ripagare immediatamente le tasse o in alternativa il pagamento degli arretrati con le terre lasciate in semi abbandono e la fornitura anche di attrezzi per la coltivazione. Queste terre sarebbero andate all'ager publicus e poi redistribuite a coloni liberi. Fritigerno riuscì ad imporre una clausola che prevedesse redistribuzioni anche tra i goti.
Nonostante le proteste senatoriali alla fine l'editto venne accettato. Questo prevedeva, in caso di pagamento con terre, uno sconto del 15% sulle tasse. I lavori sarebbero iniziati l'anno dopo. La notizia della morte di Valente intanto inquietò non poco l'imperatore che iniziò a pensare ad una successione non avendo minimamente intenzione di impelagarsi in Oriente.
387: verso
febbraio, dopo un ennesimo svenimento, le condizioni di salute di Valentiniano sembravano rapidamente degenerare. Di fronte al rischio di lasciare l'impero senza rappresentanti in Occidente mandò a richiamare immediatamente Graziano.
In Oriente intanto, appena varcato il Bosforo, Graziano veniva richiamato, lasciando nelle mani di Teodosio tutta la campagna. Intanto tra i ribelli aveva preso il potere Flavio Nicomaco, capo di una fazione ribelle, ma uomo molto meno carismatico e molto più crudele di Petronio. Lo dimostrò subito con un insensato massacro di alcuni sospetti oppositori mentre si trovava ad
Antiochia.
Teodosio sfruttando questo cambio ai vertici mosse subito verso il vecchio obbiettivo di Valente. Puntando a riprendere le coste del mar nero e poi marciare a Sud. Al contrario di Valente egli non si fece imbottigliare nella guerriglia, a costo di avanzare più lentamente egli protesse bene i rifornimenti e nell'avanzata studiò bene il territorio per evitare o prevenire imboscate. Arrivato nei pressi di Sinope cinse d'assedio la città. Sembrava doversi ripetere l'inutile assedio di qualche anno prima quando uno squadra navale con false insegne approdò la mattina del 16 Giugno nel porto della città. Navi cariche di soldati riversarono gli uomini dell'impero in città i quali velocemente, sfruttando la sorpresa ribelle, riuscirono ad arrivare fino alle porte e ad aprirle. Teodosio guidò personalmente l'attacco. Fu un massacro, i ribelli vennero sterminati e la città venne lasciata per 3 giorni al saccheggio di Alamanni, Vandali e del resto dell'esercito. L'imperatore lasciò che alcuni abitanti raggiungessero le altre comunità ribelli portando un messaggio: "se abbandonerete le armi sarete perdonati, se non lo farete, la vostra fine sarà peggiore di quella di Sinope". Messaggio che farà
sudare freddo non pochi ribelli.
Fulvio Nicomaco però non si spaventò, radunato l'esercito ribelle si era già messo in marcia verso Nord per incontrare a metà luglio le truppe del generale che attraversando la Galizia stavano per prendere d'assalto Ancyra patria della rivolta.
La battaglia di Ancyra fu la svolta della guerra. L'esercito imperiale contava 25000 uomini, i ribelli 40000, ma di questi solo poche migliaia erano soldati di professione ed anche la cavalleria era poca, con circa 4000 cavalieri contro i 7000 di Teodosio.
La battaglia iniziata alle nove del mattino, più o meno, vide Nicomaco tentare lo sfondamento del centro imperiale in virtù del suo numero. Teodosio ordinò ai suoi di caricare e contemporaneamente mentre sul fianco destro lasciava 2000 cavalieri egli stesso guidava 5000 catafratti sul fianco sinistro annientando la cavalleria ribelle. Egli poi converse sul fianco destro nemico annichilendolo. Alla voce dell'aggiramento l'esercito ribelle, che pure era vicino a sfondare il centro imperiale, si sbandò e la ritirata si tramutò in un rotta disperata nel corso della quale migliaia e migliaia furono i morti ed i trucidati.
Nicomaco si salvò riparando ad Antiochia con pochi superstiti, ma ormai le cose sembravano segnate.
In Occidente, raggiunto da Graziano, Valentiniano affidava il compito di tenere le redini dell'impero intero consigliandolo di farsi aiutare dal generale Teodosio. Dopo un'ulteriore peggioramento della salute l'imperatore Valentiniano spirava il 13 Settembre.
Al funerale furono presenti personalità di tutte le religioni, e lo stesso Fritigerno e molti goti resero omaggio
all'imperatore.
Il 15 settembre la militia gothorum e l'esercito proclamavano Imperator
Graziano, il quale si prese del tempo per meditare un generale riassetto dell'impero.
388: Graziano
prende una decisione inaspettata; richiamato da voci di irrequietezza barbarica sul Limes germanico e constatando di persona la difficoltà di mantenere unito un così grande impero,
invia una missiva a Teodosio invitandolo a venire a Milano per essere incoronato Augusto al pari dell'imperatore.
La missiva arrivata dopo due mesi
costringe il generale a far ritorno in Occidente lasciando al neo nominato magister militum utriumsque militiae Stilicone il compito di schiacciare definitivamente la ribellione.
Teodosio giunto a Milano in aprile non solo si vede nominare Augusto, ma capisce anche che l'imperatore
sta valutando la possibilità di spaccare definitivamente l'impero in
due tronconi. Teodosio, dopo un'iniziale contrarietà, pensando alla possibilità di assicurare ai suoi figli un'eredità e vedendo molto male la politica di tolleranza religiosa che Graziano
sembra voler riconfermare, si dice favorevole alla cosa. Ma egli si dovrà far carico della questione di ricompensare i Vandali.
In Oriente intanto Stilicone
incalza Nicomaco che sta fuggendo ad Antiochia. Gran parte delle comunità ribelli intanto
depongono le armi. Tagliata la strada con un drappello di cavalleria al ribelle Stilicone lo
raggiunge. La guardia del ribelle si arrende a lo consegnò mentre Stilicone con molta calma ed atteggiamento diplomatico lo fece uccidere e ne spedì la testa a Teodosio che era sulla via di Costantinopoli. Punì anche i capi rimasti della rivolta che non si erano arresi accecandoli. Ma in nome di Teodosio chiuse un occhio su quelli che si erano arresi.
La rivolta era caduta tanto velocemente quanto era nata.
389: Teodosio, dal suo nuovo seggio di imperatore d'Oriente, dovette subito affrontare la questione dei Vandali. Se gli Alamanni se ne tornarono in patria con del bottino, i Vandali non ne volevano sapere affatto di tornare in
Pannonia. Anzi, tornati in Grecia non avevano esitato ad insediarsi in Grecia, particolarmente in Tessaglia. Con le voci di strani movimenti persiani in Oriente, con l'esercito indebolito e Graziano impegnato altrove l'imperatore dovette rinunciare a concedere un Foedus ai vandali accettando la loro, di fatto, il loro insediamento in quel territorio in cambio della fornitura di uomini all'esausto esercito orientale.
In Occidente Graziano continuava l'operato del padre, egli poteva registrare una redistribuzione delle terre, ma voleva agire anche per contrastare un altro problema: limitare lo strapotere dei grandi proprietari nelle province.
Per fare ciò dava vigore alla figura del defensor civitatis. Ogni comunità doveva scegliere questo personaggio non tra i grandi possidenti cittadini, ma tra proprietari medi. Questo doveva
sovrintendere alla riscossione delle imposte, in mano diretta dei governatori e controllare che ognuno versasse la sua parte. Per far sì che non fossero figure isolate venne creato il "defensor civitatis
provinciae" ed il "defensor civitatis diocesis" figure che affiancavano governatori e vicari diocesani con lo scopo di aiutarli nel controllo e nell'esazione delle tasse. I rappresentanti provinciali venivano cooptati dal consiglio dei rappresentanti delle varie comunità ed avevano durata quadriennale con mandato rinnovabile. Stesso discorso, ma con i rappresentati delle province per i defensor civitatis delle diocesi. La loro nomina doveva però essere ratificata dell'imperatore ogni 4 anni.
Per dare forza alla cosa venne creata anche una nuova carica. Il "Dux militiae". Questa figura andava ad affiancare i vicari diocesani comandando 1000 uomini. La loro funzione era però diversa, non erano militari. Questi soldati sarebbero stati la Militia Gothorum, fedele all'impero, avrebbero ricoperto funzioni di polizia contro signori reticenti al pagamento delle imposte o che si dimostrava impedire l'arruolamento militare di loro protetti. Il Dux Militiae di ogni diocesi aveva carica quadriennale e doveva essere nominato ogni 4 anni dell'imperatore.
Queste manovre furono accolte freddamente dall'aristocrazia senatoria. Ma Graziano riuscì ad aumentare l'adesione riconfermando la tolleranza religiosa del padre e, complici la pace ed i buoni raccolti degli ultimi 2 anni, la concessione di uno sgravio fiscale generale del
15 %.
390:
Temendo che i Sasanidi avrebbero approfittato della debolezza imperiale,
Teodosio spedì Stilicone per dividere insieme ai persiani le sfere d'influenza
sull'Armenia e spartirsela tra i due imperi. Intanto sul Danubio goti Greutungi
tentavano l'attraversamento, ma venivano respinti grazie soprattutto al
contributo dei Vandali.
Inoltre Teodosio guardando la
situazione dell'impero d'Oriente decideva di emanare l'Editto di Teodosio,
imponendo il cristianesimo come religione di Stato.
In Occidente le voci della
manovra Teodosiana portavano lo zoccolo duro del cristianesimo, capitanato da
Ambrogio, a chiedere le stesse manovre. Ma Graziano, fatto educare dal padre
alla tolleranza, si mostrò inavomibile rifiutando ogni misura del genere. Ciò
spinse Ambrogio a minacciarlo di fuoco fiamme e pene spirituali oltre che
spingere parte della popolazione di Milano a sollevarsi. Costretto dalla
sollevazione Graziano decise di evitare una strage, assediò i quartieri ribelli,
ma non intervenendo direttamente. Egli avrebbe soprasseduto alla ribellione se
quelli si fossero arresi subito. Altrimenti i soldati avrebbero usato la forza.
Di fronte al rischio di un intervento armato e conoscendo ciò che l'imperatore
aveva fatto a Franchi e Sassoni la popolazione si arrese.
Ambrogio rimasto in minoranza
venne posto dall'imperatore di fronte ad una scelta. Prendere ed andare ad
evangelizzare la Britannia o andare dal suo caro Teodosio a Costantinopoli. Dato
che la prospettiva britannica non era delle più convincenti, Ambrogio accettò di
rinunciare all'arcivescovato di Milano e recarsi a Costantinopoli.
Poi come atto simbolico
Graziano decise di riportare la capitale imperiale a Roma. Ma la sua visita alla
città venne rimandata alla notizia di agitazioni sul confine renano. Macriano
era morto e tra gli Alamanni si era aperto un conflitto tra filo-romani ed
anti-romani. Non volendo perdere un potente alleato Graziano mosse con
l'esercito verso nord per affrontare la questione personalmente.
391:
Teodosio accoglieva Ambrogio, arrivato nel novembre dell'anno prima, in maniera
entusiastica garantendogli tutti gli onori e promettendogli l'arcivescovato di
Costantinopoli alla morte di quello attuale. Di ritorno dalla missione in
Oriente c'era anche Stilicone, il successo e la spartizione delle sfere
d'influenza in Armenia spinsero l'imperatore d'Oriente a nominare il generale "magister
militum per orientem".
Nei territori Alamanni
intanto la lotta era sempre più forte. Il filo-romano Gundoballo, patente di
Macriano, non riusciva a prevalere sugli anti-romani alla sua corte, ma non
voleva nemmeno ricorrere alle armi romane cosa che lo avrebbe indebolito di
fronte al suo popolo. Decise così di chiedere a Graziano solo un drappello di
uomini scelti da utilizzare per uno scopo preciso. Comunicata la posizione
presunta degli antiromani il drappello fece irruzione nel posto massacrando
tutti quelli che trovarono. Molti erano nobili anti-romani. Questo drappello,
travestito, poi scomparve come era arrivato. Gli agentes in rebus dell'impero
avevano adempiuto al loro dovere.
Con la sua posizione
rafforzata Gundoballo decise anche di dare una svolta inaspettata al suo regno.
Decise di fondare la prima vera e propria città dei barbari. Ricalcando il
modello urbanistico romano (chiamando architetti ed ingegneri latini) fondò
Alamannica. L'insediamento di modeste dimensioni, circa 15000 abitanti, fu
fondato fondendo insieme alcuni villaggi di suoi sostenitori ed altri di persone
a lui contrarie, così da poterli controllare, concentrando i nobili locali
all'interno di alcuni palazzi dove potessero essere controllati.
392:
Graziano ha da sua moglie il suo primo figlio maschio. Chiamato Publio Graziano
Cincinnatus (dai suoi piccoli ricci). Di ritorno dal confine Alamannico Graziano
potè godersi per la prima volta un po' di pace. Finalmente egli pote arrivare a
Roma. Qui un Fritigerno inaspettatamente si era fatto spazio tra l'aristocrazia
senatoria, non che fosse simpatico a loro, ma il vecchio capo gotico era in
pratica il mediatore migliore tra l'imperatore e loro. Questo ruolo aveva
stemperato la diffidenza che esisteva nei suoi confronti. Altro elemento che
contribuì alla cosa fu la rapida romanizzazione di Fritigerno, a metà tra
sincero interesse e costrizione dell'imperatore infatti in questi anni il capo
aveva studiato Latino, retorica e storia, aveva anche imparato a masticare un
po' di Greco. In questo periodo Fritigerno stesso inizia il taccuino di appunti
chiamato "De gotharum lingua".
Queste sue doti di mediazione
aiutano Graziano a raggiungere importanti compromessi con l'aristocrazia
senatoria. Egli infatti iniziò a studiare con loro nuove riforme economiche. Con
la nuova riforma egli mise mano al sistema del colonato varando strette regole
per favorire trattamenti più equi tra proprietari e popolani, come contrappeso
però il sovrano condonò parte delle imposte arretrate.
Intanto il lavoro della
milizia anti-corruzione andava a pieno ritmo e portava i primi frutti,
permettendo il rientro di capitali che si perdevano nei periodi precedenti. Il
rigido sistema di controllo basato su costanti rendiconti però metteva in non
poca difficoltà Graziano costretto a dislocare anche nelle province sempre più
burocrati. Questa difficoltà sarebbe stata la base di una nuova riforma
successiva.
In Oriente Ambrogio otteneva
il titolo di vescovo di Costantinopoli. Ma per il resto la pars orientis non vide
fatti di rilievo.
393:
A Nord la pressione di Pitti, Caledoni e Scoti riprende sul Vallo d'Adriano e
nel Galles. Predoni scoti sbarcando nel Galles arrivarono a mettere a sacco la
regione. Decisamente contrario all'idea di recarsi in Britannia, troppo lontana
dal centro del potere, Graziano decise di far fare un po' di gavetta al fratello
minore Valentiniano II. Affiancato dal generale di origine franca Arbogaste lo
invia, insieme a qualche migliaio di uomini a rimettere a posto la questione. In
suo sostegno chiede ed ottiene che il re Alamannico Gundoballo gli fornisca
qualche migliaio di soldati per la campagna come compenso per le attività messe
in funzione per tenerlo sul trono. Valentiniano II arrivato in Britannia solo ad
Agosto riuscì comunque a ricacciare via gli Scoti dal Galles e dalla Cornovaglia
dove si erano spinti a saccheggiare. Gli abili consigli di Arbogaste guidarono
l'inesperto generale che così iniziava a farsi le ossa.
In Oriente Ambrogio iniziava
a crearsi la sua rete di contatti. Il suo prestigio ed il suo carisma in poco
gli fecero guadagnare il sostegno di gran parte del clero dell'impero d'Oriente.
Egli costrinse poi Teodosio a ritirare le sanzioni comminate ad un Vescovo per
aver dato fuoco a sinagoghe ebraiche nella zona mesopotamica. La pressione dei
Goti Greutungi, forte sul Danubio, fu invece fermata grazie a Stilicone ed al
sostegno dei Foederati Vandali, le forti perdite subite però tra i Vandali
generarono non pochi mugugni tra questa popolazione.
394:
Tornato sul continente Arbogaste si muove per incasinare le faccende. Fa girare
voci per le quali Valentiniano II vorrebbe detronizzare il fratello (sicuramente
esagerate), intanto mentre Graziano preoccupato vuole dirigersi ad accordarsi
con il fratello, viene raggiunto dalla notizia che Arbogaste raggiunta Roma ha
sobillato un senatore locale, il retore Eugenio, a sollevarsi contro
l'imperatore. Di fronte a quale emergenza affrontare Graziano sceglie di
concentrarsi sul fratello. I due si incontrano a Cenabum in Luglio. Qui avviene
il chiarimento dei due. Graziano ha un figlio, probabilmente erediterà il
trono, mentre Valentiniano rimarrà al massimo come tutore, questa prospettiva
non lo alletta. Contemporaneamente ha la saggezza necessaria di non volere una
guerra civile che gioverebbe solo ai barbari sui confini. Di fronte
all'apparente stallo Graziano opta per una soluzione non pensata. Egli infatti
da tempo non ritiene di avere il tempo e la "voglia" di controllare la
Britannia e visti i successi del fratello con anche l'incursione sull'isola di
Man si procede su questa linea.
Riportando in auge un
concetto simile alla tetrarchia Valentiniano II otterrà tutta la britannia e le
sue forze con l'obbiettivo di tenerla sotto controllo e se possibile espanderne
il controllo. Per fare ciò Graziano gli aumenta le truppe a disposizione oltre
che cercare l'aiuto dei clienti Alamanni e di truppe prese dai barbari del
confine Danubiano. Valentiniano II sicuramente puntava a qualcosa di più, ma
probabilmente si accontenta. Di fronte al fratello il 20 luglio a Cenabum
Valentiniano II viene proclamato dall'esercito imperator Britanniae ed Augusto.
Prima di tornarsene nel suo nuovo regno decide però di aiutare il fratello a
schiacchiare l'usurpatore Eugenio ed ottenere i soldati di cui ha bisogno con un
reclutamento straordinario e l'assoldo di ausiliari tra i barbari Danubiani.
In Agosto, mentre varcano le
Alpi per affrontare Eugenio, arriva però la delegazione guidata da Quinto
Aurelio Simmaco che gli porta le teste di Arbogaste ed Eugenio. La sollevazione
aveva coinvolto 120 senatori pagani dell'ala intransigente. Ma la consistente
ala di Senatori pagani fedeli (che poteva contare oltre 300 senatori) insieme a
quella cristiana avevano ben presto schiacciato da loro l'usurpazione.
Graziano era felice della
cosa. Egli procedette quindi a purgare i 120 responsabili confiscandone anche
molte delle non piccole proprietà fondiarie che andavano ad ingrandire la già
grande Res Privata dell'imperatore
395: Valentiniano II e Graziano raggiungono il Danubio, qui appena la voce si sparse, si erano radunati ambasciatori di Quadi, Marcomanni ed alcune tribù Gote, il nuovo imperatore di Britannia
poté così ottenere 10000 soldati dai barbari, mentre altri 10000 li ottenne da campagne di reclutamento straordinarie. Uniti ai 5000 uomini messi a disposizione dal fratello Valentiniano ripartì per la Britannia con i suoi nuovi 25000 uomini.
Graziano non sprecò il resto dell'anno. Infatti sfruttando gli anni di pace egli poteva avviare ora una grande campagna edilizia su tutti i confini. Come il padre aveva fatto qualche decennio prima inizio la costruzione o la ristrutturazione di forti e Castella lungo il limes Renano e Danubiano. Rafforzò anche le difese fisse delle alpi orientali che avrebbero contrastato i tentativi di invasione dell'Italia.
In Oriente però lo scontento dei barbari si faceva critica, i Vandali infatti venivano gravati dagli impegni militari e finanziari, mentre la pressione dei Goti Greutungi sul confine Danubiano non accennava a distendersi. Un accenno di ribellione presso i Vandali fu sventato solo dalla pronta reazione di Stilicone e Teodosio che riuscirono a prevenirne le mosse concedendo loro qualche terra di più in Grecia e sostenendo l'elezione di un sovrano apparentemente filo-Romano.
A Roma intanto moriva Fritigerno (che in questa TL vive molto più a lungo) egli non lasciava disposizioni su chi dovesse prendere il suo posto. Il titolo di Rex Gothorum era privo di potere effettivo essendo la gente gotica dispersa, comunque però Graziano volle mantenere quel barlume di identità nominando a quella carica il giovane Alarico giovane e determinato soldato che si era distinto all'interno della Militia Gothorum. I suoi compiti sarebbero stati simili a quelli di Fritigerno: controllo segreto sui senatori e mediatore tra loro e l'imperatore. Ben presto l'uomo si sarebbe reso conto dell'ormai inutilità di tale funzione data dal mutare dei tempi.
396:
Sistemata la questione con il fratello Valentiniano II, Graziano pote
concentrarsi alle riforme istituzionali che da tanto meditava.
Innanzitutto radunò una commissione di decine tra i più famosi giuristi
imperiali per fare un po' d'ordine delle miriadi di leggi e constitutiones degli
anni.
Successivamente avrebbe pensato a riordinare anche le riforme emanate dal padre
sulla gestione della corruzione per poter organizzare meglio le operazione.
Ma soprattutto per la prima volta nella storia antica l'imperatore iniziò a
ragionare sistematicamente di economia. Egli radunò i migliori filosofi,
giuristi e funzionari imperiali della zecca per capire come affrontare il
problema dell'aumento dei prezzi. La svalutazione monetaria infatti forniva
denaro da usare sul breve periodo, ma nel corso dei suoi viaggi gli era venuto
il sospetto che questo danneggiasse l'impero sul lungo periodo. In più l'enorme
patrimonio di Res Privata imperiale andava gestito meglio e serviva un modo
all'imperatore per poter controllare il valore dei suoi funzionari.
Sui confini la situazione di tranquillità rimase sostanzialmente invariata, gli
Alamanni infatti erano calmi, mentre i Franchi non avevano ancora il coraggio di
rialzare la testa.
In Britannia Valentiniano II si occupò di iniziare a conoscere seriamente le
reti di contatti e clientele che esistevano sul territorio, stabilì la propria
corte a Londinium e da lì creò un piccolo senato locale dove radunò i notabili
più importanti dell'isola.
Allo scopo di evitare problemi futuri con i pirati e con le incursioni via mare
diede ordine di creare una flotta fissa presso il sud dell'isola ed una piccola
forza marina nel canale tra Galles ed Hibernia.
In Oriente l'influenza di Ambrogio non tardo a farsi sentire, la stretta contro
i pagani si concretizzò con la chiusura e la distruzione di numerosi templi e
strutture pagane lungo tutto l'impero. I malumori generati spinsero molti pagani
a prendere valigia e bagagli e spostarsi verso Occidente. Anche ad Alessandria
molti studiosi stanziati presso ciò che rimaneva della biblioteca decisero di
andare via, attratti dalla tolleranza dell'Occidente. Non che il tartassato
occidente fosse un approdo invitantissimo, ma la relativa stabilità degli ultimi
anni e la politica tollerante di Graziano convinsero molti a partire.
Graziano li accolse a braccia aperte.
397:
Un assassinio fallito ai danni di Gundoballo getta gli Alamanni nella guerra
civile. I lavori sulla città di Alamannica vengono interrotti mentre tra la
nobiltà inizia una lotta senza quartiere tra filo-romani ed Anti-romani.
Graziano è raggiunto dalla notizia nel mese di Marzo e congelando le questioni
amministrative lascia Roma e raggiunge la frontiera del Reno. Qui al comando
delle truppe attraversa il Reno e con una campagna lampo va in aiuto del suo
alleato messo a mal partito. Lo scontro decisivo avviene però in settembre
quando gli anti-romani vengono sterminati nella battaglia di Alamannica. 10000
Alamanni rimangono sul campo di battaglia. Gundoballo rinsiedato sul trono si
dedica a piegare la nobiltà rimasta con una politica di sterminio. Ormai
incontrastato il capo Alamanno sposa una nobile Romana e promuove il matrimonio
incrociato tra nobili romani ed Alamanni.
Nella speranza di ottenere una presa più forte sui vicini, ma senza generare
scandalo, Graziano favorisce questa politica puntando su matrimoni con nobili
minori della Germania romana.
Nell'alto corso del Reno i Franchi rimangono tranquilli.
Valentiniano II in Britannia compie una spedizione sull'Isola di Mann, qui
stabilisce un avamposto per il controllo del canale "Hiberiano". Al Vallo di
Adriano una scorreria dei Pitti viene fermata in extremis dalla guarnigione del
forte locale che trattiene i barbari il tempo necessario all'arrivo
dell'imperatore di Britannia.
In Oriente la pressione di Goti Greutungi si fa molto pesante. Questi tentano di
nuovo di attraversare il Danubio, respinti fino ad Agosto, a Settembre riescono
a guadare al confine tra impero d'Occidente ed impero d'Oriente, da qui puntano
verso la Tracia per chiedere l'accoglienza imperiale.
Stilicone su mandato di Teodosio muove per intercettarli, ma durante i primi
scontri la defezione dei foederati Vandali, scontenti per le perdite subite,
costringe Stilicone a ripiegare su Tessalonica per risolvere la questione
Vandala lasciando la Tracia alle scorrerie Greutunge. La notizia della morte di
Teodosio alla fine dell'anno non migliora la.situazione.
398:
alla corte d'Oriente la morte di Teodosio generò il panico. L'imperatore non
poteva andarsene in un momento peggiore con il continuo arrivo di nuovi
Greutungi sul territorio imperiale. A peggiorare le cose c'erano le ultime
volontà dell'imperatore che volevano l'impero diviso in due blocchi tra il
figlio più giovane Onorio, che avrebbe ereditato la parte Europea+Creta+Anatolia
dell'impero ed il più grande Arcadio che avrebbe ottenuto Egitto, Cipro,
Cirenaica e Siria. Stilicone avrebbe dovuto agire come tutore dei due e garante
dell'unità informale dell'impero d'Oriente, ma la sua cattiva fama per le sue
origini vandale non lo aiutavano nel complesso compito affidatogli.
Nell'incertezza generale il generale riuscì però a guadagnarsi l'approvazione di
Onorio per chiudere la defezione dei Vandali, a questi sarebbe stata ampliata
l'area di concessione per l'insediamento. Oltre alla Tessaglia anche tutta la
Beozia per potersi stanziare, ottennero inoltre una riduzione del tributo da
pagare all'impero. Queste onerose concessioni riportarono il popolo vandalico
dalla parte dell'impero d'oriente. Stilicone, rinsaldate le file pote così
marciare contro i Greutungi. Fu presso Marcianopoli che egli riuscì a ricacciare
indietro in un primo scontro le forze gote cogliendole di sorpresa mentre
saccheggiavano i dintorni dell'insediamento. La campagna venne continuata
energicamente dal magister militum il quale respinse i Greutungi ad Ovest della
Tracia. Stilicone stava anche per dar loro il colpo di grazia e sottometterli
definitivamente alle condizioni imperiali quando un'epidemia improvvisa
costrinse l'esercito orientale ad una pausa. Questo tempo fu vitale per
permettere ai goti di spostarsi in Epiro e svernare saccheggiando quei
territori.
In Occidente Graziano riprende i suoi lavori di risistemazione legislativi.
Mentre metà del corpus legislativo Romano era già stato trascritto, egli emanava
la constitutiones "De Militia" nella quale si poneva un limite alla possibilità
di pagare per evitare l'arruolamento. Questo con l'obbiettivo di aumentare la
presenza di romani nell'esercito diminuendone la componente barbara ad un numero
più controllabile.
Radunata la commissione di studio sulle monete Graziano procedeva poi alla
catalogazione di tutte le emissioni di monete fatte da 50 anni a questa parte.
Operazione di colossale sforzo organizzativo, ma che avrebbe permesso agli
uffici imperiali di capire bene chi in passato aveva fatto che cosa.
L'afflusso di studiosi dall'oriente lo spinse poi a rilanciare la produzione
scrittoria ed ampliare la biblioteca di Roma. Presso l'argiletum sarebbero state
rinvigorite le tradizionale attività di copiatura dei testi, mentre la
biblioteca di Roma avrebbe disposto di altre 4 sale per accogliere i nuovi
giunti. Erano solo operazioni preliminari a quello che aveva in mente. A Fine
anno un anziano Fritigerno muore, al suo posto emerge tra i goti il determinato
Alarico, questi viene subito riconfermato nel ruolo di "Dux Gothorum" mentre
ottiene la cittadinanza romana ed una sostanziosa pensione.
In Britannia veniva terminata la costruzione di un Castrum sull'isola di Mann
per mano di un magister militum di Valentiniano II. L'imperatore di Britannia
invece passò l'estate a devastare il territorio non romano del nord dell'isola.
Dopo aver raggiunto il Vallo Antonino nel giugno del 398, in Luglio lo supera
devastando arrivando a devastare anche le Highlands. La benevolenza doveva
essere evidentemente una dote di famiglia dato che anche Zosimo, secoli dopo,
ricorda (magari esagerando) di come molto pacatamente Valentiniano II distrusse
così tanti villaggi ed uccise così tanti barbari che alla fine soltanto la
nausea dei suoi soldati a tante atrocità gli impedì di debellare completamente i
barbari a nord del Vallo di Adriano.
399:
La campagna d'Epiro venne ricordata negli annali come una delle più cruente mai
condotte dall'impero. Da entrambe le parti l'offensiva militare si realizzò in
lotte tra bande di soldati impegnate ad uccidersi nelle impervie montagne di
quella regione. Per mesi la determinazione di Stilicone sembrò sul punto di
distruggere la mandria Greutungia sempre più alle strette.
Fu però lo scontro di Durazzo nell'Agosto a ribaltare le sorti. I romani
infatti, insieme ai foederati Vandali, riuscirono a ricacciare indietro i goti,
ma negli scontri l'anonimo capo vandalo venne ucciso. Questo gettò nella
confusione il popolo alleato che si ritirò dal campo di battaglia costringendo
Stilicone a ripiegare in attesa dei rinforzi romani dall'Oriente, da Arcadio.
Questo permise ai Goti di tornare verso Nord e ricongiungersi con nuovi profughi
che stavano attraversando il Danubio in quel momento. La loro situazione però
sembrava critica ed in più di un capo gota balenava l'idea di tornare nella loro
precedente casa o intavolare trattative pacifiche. Commisero però lo sbaglio
involontario di rivolgersi a Stilicone.
Ma l'atto che gettò nel panico la corte di Costantinopoli fu la decisione di
Stilicone di non svernare a corte, ma di rimanere con le truppe molto vicino al
territorio Vandalo. I consiglieri imperiali riuscirono in breve tempo ad
avvelenare la mente di Onorio. Le voci, dubbie secondo gli storici, che i
Vandali avrebbero offerto la corona a Stilicone, che l'avrebbero supportato in
caso di rivendicazioni al trono e che i goti si erano rivolti a lui per chiedere
la pace, in breve convinsero il giovanissimo Onorio della malafede del generale.
Egli ne ordinò così l'uccisione.
Fu solo una missiva intercettata da un fedele ufficiale del generale a
permettere al Magister Militum di venirne a conoscenza e scappare. La firma
della missiva, che riportava sia Onorio che Arcadio lo convinse ad un'azione
avventata. A settembre del 399 Stilicone prese di nascosto una nave e salpò alla
volta dell'Occidente, dove sperava di essere accolto da Graziano.
Nella pars occidentis invece l'anno passava tranquillo, non venivano segnalate
scorrerie alle frontiere tanto che Zosimo parla, a secoli di distanza, che
quello fu il momento che salvò l'impero dal collasso.
L'arrivo di Stilicone gettò però confusione. Graziano non voleva in alcun modo
mandare in malora gli sforzi per la pace, dall'altra non voleva rinunciare ad un
così valente generale. Egli inviò subito messaggeri alla controparte di
Costantinopoli per tranquillizzare sul suo non interesse ad Oriente, promettendo
invece un tributo per pagare la presunta colpa del suo nuovo uomo. Tributo che
Onorio, così disperatamente desideroso di denaro e soldati, accettò prontamente.
Preoccupato per le frontiere Graziano diede comunque ordine di riprendere ed
accellerare le operazioni di rafforzamento del Limes Danubiano e Renano.
In Britannia Valentiniano II prese un anno di pace dalle sue operazioni belliche
e a Londinium pote dedicarsi alle questioni di corte. Fu qui che si accorse di
come la Britannia in Occidente era probabilmente la zona meno romanizzata
dell'impero. Questa riflessioni si concretizzò subito con la decisione di
avviare una campagna di lavoro per ristrutturare gli edifici pubblici di
Londinium.
Sul Reno i Franchi continuarono il loro stanco sonnecchiare in attesa del
momento migliore per colpire, mentre gli Alamanni iniziarono a vedere i primi
risultati delle politiche filo-romane. La politica di matrimoni misti aveva
infatti portato alla presenza dei primi insegnanti latini in territorio
barbarico ed i mercanti imperiali stabilirono basi fisse presso Alamannica.
Gundoballo stesso, rimasto vedovo, decise di risposarsi con una romana di
famiglia Equestre.
400:
la situazione dell'Oriente di Onorio sembrava disperata, rimasto senza un
difensore e con la corte divisa tra consiglieri e cortigiani l'esercito si mosse
a marzo contro i nemici. I foederati Vandali accettarono di seguire l'impero
anche se con forte malumore, dopo aver nominato un nuovo re.
L'esercito imperiale si mosse ad intercettare la mandria di goti che nel
frattempo si erano mossi verso la Tracia. Incontratisi presso Philippopolis, gli
schieramenti vennero a battaglia. Poco prima del contatto tra i due
schieramenti, tutta l'ala destra, tenuta dai Vandali si stoppò e si diede alla
fuga senza nemmeno combattere. Rimasti senza ala i romani vennero presi sul
fianco ed aggirati.
La battaglia si trasformò in un massacro, sul campo rimasero infatti circa 18000
uomini, mentre oltre 10000 vennero catturati.
Il re dei vandali infatti aveva deciso, accordatosi in segreto con il re dei
goti, di abbandonare i romani per darsi al libero saccheggio.
I Goti Greutungi dopo la vittoria, forti di 30-40000 uomini si diedero a mettere
a ferro e fuoco tutta la Tracia.
Di fronte a questa situazione disperata Onorio scrisse a Graziano pregandolo di
venire in suo aiuto. L'augusto d'Occidente, pressato dalla corte, decise suo
malgrado di intervenire. In Luglio questi era in Dalmatia dove, radunata una
forza di 30000 legionari e 15000 ausiliari barbari, mosse verso l'oriente. Alla
notizia dell'avvicinarsi di Graziano i Greutungi si prepararono ad accoglierlo
muovendosi verso Serdica e sfruttando la geografia montuosa del luogo per
impedire il passaggio romano.
Graziano però, volendo fare una cosa veloce, utilizzò la carta del nuovo Dux
Alarico, spedito con dei finti disertori a far credere ai goti che anche
l'esercito occidentale fosse meno numeroso di quanto pensassero e che i barbari
fossero pronti a disertare. Questi imbaldanziti dai recenti successi decisero
quindi di lasciare le loro posizioni per attaccare battaglia verso metà
settembre. Al momento dello scontro però le cose non andarono come previsto.
Quelli davanti a loro non erano legionari novellini, ma veterani delle campagne
di Graziano i quali ressero egregiamente l'urto. Gli ausiliari inoltre non
defezionarono. Dopo 2 ore di battaglia il centro dello schieramento romano,
formato dallo zoccolo duro dei veterani, riuscì a sfondare la linea gotica
ponendo fine allo scontro e dando inizio al massacro.
Quel giorno sul campo rimasero almeno 20000 goti a fronte di poche centinaia di
romani morti.
Qui Graziano, come suo padre Valentiniano, mostrò però una forte intelligenza
politica nei confronti degli sconfitti.
Autonomamente e senza consultare la controparte di Costantinopoli, egli spedì
Alarico a trattare con i goti sconfitti, superata l'iniziale diffidenza si
riuscì ad arrivare ad un accordo.
L'accordo prevedeva che tutta la popolazione Greutungia sarebbe stata portata su
territorio romano, qui sarebbe stata divisa. 15000 combattenti sarebbero stati
integrati nella Militia Gotharum per rafforzare l'azione contro briganti e
corrotti. Il resto degli uomini, chi avesse voluto, sarebbe stato integrato
nelle legioni. Chiunque fosse rimasto fuori avrebbe ricevuto un appezzamento di
terra da coltivare per se e la propria famiglia.
I goti accettarono solo con l'assicurazione che l'impero non avrebbe inviato
ufficiali corrotti ad occuparsi dello smistamento. Graziano mostrando grande
competenza rimase agli stesso sul confine ad occuparsi di tutto. Presi i capi
goti come interlocutori, con Alarico come mediatore, l'imperatore divise in 10
tronconi il popolo barbarico e lo spostò in Dalmazia, qui si assicurò che i
magistrati locali non lucrassero sulle attività. La presenza di goti come
interlocutori segnò la presenza di più ruberie che Graziano punì nel sangue
facendo scorticare vivi i corrotti.
L'inverno rallentò le operazioni e costrinse a far stabilire i goti nelle città
fino alla primavera. Ogni episodio di razzismo ed isteria da parte della
cittadinanza venne duramente represso dell'imperatore. Anche se questi furono
limitati data l'immagine dura, ma positiva che la Militia Gothorum aveva dato
nel combattere i briganti nei decenni precedenti.
Il rovescio immediato di questa azione fu che Graziano, rientrata la minaccia
gotica, si rifiutò categoricamente di aiutare oltre Onorio, lasciandolo con la
patata bollente dei Vandali allo sbando.
401:
infatti, imbaldanziti per l'assenza di guarnigioni romane, i Vandali si diedero
al saccheggio dei territori macedoni e greci. Serdica venne data alle fiamme ad
Aprile, mentre Tebe a Maggio, Atene venne assediata, anche se senza successo,
per oltre tre mesi. L'assenza di ogni resistenza e la mancanza di truppe ed il
rifiuto di ogni aiuto da parte di Arcadio costrinsero Onorio a concessioni mai
viste. Venne infatti concesso ai Vandali di non pagare alcun tributo, anzi di
riceverlo loro, di insediarsi su un territorio dalla Tessaglia fino all'Attica,
lasciando all'impero solo le isole ed il Peloponneso ed in caso di guerra
ottenere (prassi che già nell'ultima si era concretizzata) aiuto da contingenti
inquadrati e comandati da comandanti barbari e non romani.
Costretto a queste concessioni Onorio vide la sua popolarità calare a picco.
In Britannia Valentiniano II resosi conto della scarsa romanizzazione dell'isola
avviava una serie di modesti, ma utili, lavori pubblici a Londinium e poi apriva
la scuola di Retorica di Londinium dove sarebbero stati accolti i figli delle
famiglie di medio ed alto rango per venir educata alla romana.
Conclusa la questione gota Graziano fece ritorno a Milano e da qui a Roma dove
finalmente le sue commissioni di studio iniziavano a produrre i primi risultati.
402:
Onorio sembrava poter finalmente tirare un piccolo sospiro di sollievo. La
situazione sembrava essersi calmata, nonostante in molti a corte ormai non lo
vedessero bene (non che fosse mai stato così popolare). Arcadio invece, nella
sua parte di impero d'Oriente, procedeva in un regno tranquillo che non vedeva
per il momento grandi attriti con la Persia.
In Occidente Graziano poteva tenere finalmente analizzare i risultati dei suoi
gruppi di studiosi. I primi a raggiungere dei risultati furono quelli messi a
studiare "l'economia". Il gruppo di giuristi, filosofi e burocrati infatti
riuscì a radunare quello che può essere considerato il primo storico delle
emissioni monetarie passate ed una parziale attestazione del cambiamento dei
prezzi nei decenni.
Quello che insieme all'imperatore emerse era che sempre più coniazioni
sembravano aver aumentato anche i prezzi. Fu qui che iniziò ad affacciarsi
ufficialmente, sulla storia, lo studio organico del fenomeno dell' "inflazione".
All'inizio l'imperatore egli studiosi pensarono di limitare le monete e vedere
se, in via del tutto sperimentale, i prezzi sarebbero calati. Il primo problema
fu però che le monete di più alto valore non potevano essere ritirate. Questo
innanzitutto avrebbe spinto la popolazione a fare resistenza per l'alto valore
dell'oro e dell'argento e dall'altra a compensarle con molte monete di piccolo
valore, cosa forse ancora peggiore. Inoltre non era possibile limitare la
circolazione di monete d'oro ed argento, ciò avrebbe comportato problemi nel
pagamento dei soldati e dei contingenti barbari.
Ciò portò alla scelta di Graziano di togliere dalla circolazione le monete più
vecchie e degradate ed una parte delle monete di più basso valore intrinseco e
nominale.
Per spingere le persone ad accettare abbozzò un decreto varato poi nel 403 in
cui si concedeva un taglio delle imposte del 5% in cambio della concessione di
questa moneta (anche rimanendo inferiori al valore della riduzione stessa).
Unito a ciò l'imperatore diede direttive per una riorganizzazione delle zecche
imperiali molto rigida. 1 zecca ufficiale per diocesi doveva occuparsi di
gestire la coniazione. Ogni nuova coniazione ufficiale (non quindi la
sostituzione di monete rovinate) doveva essere pianificata con un anticipo di un
anno per permettere all'impero di procedere unitamente su tutto il territorio.
Anche sul fronte Britannico l'impero viveva momenti di particolare tranquillità.
La base sull'isola di Mann infatti, insieme alla politica di contrasto alla
pirateria avevano portato ad una riduzione delle scorrerie, mentre le dure
campagne di Valentiniano II negli anni precedenti avevano inflitto ferite molto
grandi ai Pitti tanto da spingerli a non provare la pazienza dell'imperatore di
Britannia.
Gli anni dal 404 al 406 rappresentarono in genere un periodo molto tranquillo su
tutto il mondo romano. Graziano però non sentendosi sicuro ordinò il
rafforzamento di tutte le frontiere, rafforzò i legami con il sovrano alamannico
Gundoballo. A ciò si aggiunse la determinazione imperiale a far fruttare la pace
ed aiutare così a rimpolpare i ranghi dell'esercito in 5 anni di tranquillità.
La pace durò fino alla notte del 31 dicembre del 406 d.C.
406:
I servizi di informazione imperiali captarono per tutto l'anno segni di
irrequietezza al di là del Reno, infatti i mercanti che provenivano dal
territorio dei franchi e dei Sassoni testimoniavano come questi fossero sempre
più pronti a vendicarsi delle sconfitte subite decenni prima. Queste notizie
avevano preoccupato Graziano. Egli negli anni prima, avendo capito la necessità
di avere buone informazioni, aveva preso a raccogliere quotidianamente le
notizie in arrivo.
Fu per questo che egli, dopo aver passato l'anno a Treviri decise di svernare a
Milano e non a Roma, pronto a reagire più velocemente in caso di minaccia.
Il 31 dicembre 406 fu così freddo che il Reno si ghiacciò per gran parte del suo
corso. Se gli Alamanni fecero spallucce, Franchi, Alani, Burgundi e Suebi videro
il concretizzarsi di una grandissima opportunità. Sempre più oppressi e
preoccupati per le voci sul temibile popolo unno e desiderosi di vendetta contro
l'impero queste popolazioni assalirono in massa i confini dell'impero.
Presso Magonza la guarnigione locale fu così pesantemente superata di numero che
questi si richiusero immediatamente in città armando anche i locali per la
disperazione. In altri punti congelati del Reno si registrarono scontri con i
presidi e le fortificazioni prese sotto pesante assalto. Anche Colonia Agrippina
si vide assediata dai barbari che avevano provato ad oltrepassare in quel punto.
Una cosa però apparì palese fin da subito, il limes, per quanto sotto pressione
mai vista, stava reggendo. Gli assedi portati dai barbari a Mogontiacum, Colonia
e Treviri però si portarono presto per le lunghe, le guarnigioni, disperate,
combattevano con ogni mezzo a disposizione.
La presenza dei Comitatensi nelle zone galliche però avrebbe ben presto
risollevato la questione. Mentre Stilicone, lasciato l'anno prima da Graziano in
Gallia, procedeva a radunare l'esercito ed inviare messaggeri agli Alamanni per
richiedere aiuto, i raziatori barbari si resero presto conto che non avrebbero
potuto continuare all'infinito gli assedi delle città e delle piccole fortezze.
Furono i Suebi i primi a distaccarsi, da Colonia Agrippina questi si
allontanarono verso l'interno, in direzione di Cenabum. Stilicone, con terribili
marce forzate nella neve li intercettò e li debellò prima che potessero
abbandonare la Belgica.
Mogontiacum, assediata dagli Alani invece venne liberata dall'intervento degli
Alamanni di Gundoballo che guidò i suoi guerrieri prendendo alle spalle i
barbari e sterminandoli.
Lo scontro successivo avvenne a Colonia agrippina, nel Febbraio del 406, quando
Stilicone debellò i Sassoni assedianti.
Franchi e Burgundi, rimasti soli tentarono di ritirarsi verso nord, ma la
scomparsa del ghiaccio e la ripresa di attività delle guardie sul fiume impedì
loro di riguardare il Reno. Errando lungo il fiume vennero alla fine
intercettati a fine Marzo da un Graziano appena arrivato al fronte e
ricongiuntosi con Stilicone.
Stanchi, affamati ed incalzati dalla guerriglia romana i due popoli barbari
vennero massacrati un centinaio di Km a sud di Colonia Agrippina.
Graziano non avrebbe lasciato impunito tale grande affronto e ben presto iniziò
i preparativi per oltrepassare il Reno e punire i colpevoli.
Quello che però Graziano non si sarebbe mai aspettato fu che questi popoli
barbari, così timorosi decidessero di prendere armi e bagagli e darsi alla
migrazione. I franchi Salii ed una parte dei Ripuari, temendo l'inevitabile
arrivo dei romani decisero per primi di abbandonare le loro terre e spostarsi
verso Est. Le voci che provenivano da mercenari ed Auxulia erano infatti che la
compagine orientale dell'impero, divisa in due, fosse molto più debole e
permeabile. Questa cosa ben presto venne imitata da una parte dei Burgundi ed
alcuni gruppi Sassoni.
Quando Graziano riuscì ad attraversare il Reno nel Luglio del 406 trovò solo
alcuni sparuti gruppi di Franchi e Suebi che chiesero pietà in cambio del loro
completo inglobamento nell'impero e nell'esercito.
Graziano accettò ed inglobò parte dei Franchi e dei Suebi nella Militia di
polizia, ora ridenominata "Militia Laetorum", egli confermò anche la
distribuzione di questi gruppi in unità sparse, in modo da far sì che i fedeli
goti tenessero in inferiorità numerica le componenti più recenti.
L'altra parte di queste popolazioni invece vennero inviate come regali al
fratello Valentiniano II sempre in cerca di coloni e guerrieri per il suo regno.
Quelli che ebbero il destino peggiore furono invece Sassoni e Burgundi che
dovettero affrontare una sistematica campagna di massacro condotta da Graziano e
Stilicone come punizione, in migliaia furono uccisi, schiavizzati o torturati,
decine, se non centinaia di villaggi distrutti. L'imperatore però si mosse anche
con saggezza, egli infatti epurò gran parte della nobiltà favorendo
l'installazione di personaggi legati agli Alamanni ed assegnò formalmente una
porzione di territorio oltre il Reno più ampia del territorio originale,
sperando di coprire in questo modo i buchi lasciati dall'esodo delle altre
popolazioni. Infine fece formalmente confluire i sassoni all'interno del popolo
Burgundo imponendo un tributo annuale.
Questa sistemazione permise a Graziano di tornare in territorio romano con molto
bottino, un nuovo stato cliente e dei barbari pesantemente prostrati. Per molto
tempo non avrebbero più rappresentato un problema all'impero.
Valentiniano II vedendosi arrivare nuovi coloni aprì i suoi domini a braccia
aperte. Quello che non si aspettò fu invece la protesta e la resistenza delle
componenti aristocratiche della popolazione che non vedevano bene tutti questi
nuovi arrivati.
In Oriente invece, ben presto, la situazione prese una piega negativa. A
Settembre migliaia e migliaia di barbari erano sul Danubio desiderosi di
attraversarlo. Bande di Franchi, Alani, Sassoni, tutti erano lì per attraversare
il fiume.
Complici le pesanti sconfitte degli anni precedenti l'impero di Onorio non
poteva disporre di grandi numeri di uomini sui confini. Quando questi visto il
rifiuto imperiale di accoglierli (ricordando gli ultimi problemi) iniziarono a
costruire un gran numero di battelli ed imbarcazioni per attraversare il fiume
tra gli ufficiali ci fu il panico.
I comitatensi riuscirono a stento a resistere per un paio di settimane, ma poi i
guerrieri, concentrato l'attraversamento su un punto unico riuscirono a creare
una falla tra le inesperte guardie di confine.
Questo era l'inizio delle invasioni barbariche per l'impero d'Oriente.
L'imperatore, forse nel suo unico sprazzo di lucidità si accorse che non era in
grado di contrastare i barbari, decine di migliaia di barbari, per cui decise di
intavolare trattative.
Questo fu troppo per alcuni cortigiani d'Oriente. Il 20 novembre Onorio fu
assassinato da una congiura di palazzo.
Il 406 era stato un anno funesto per l'Oriente, il 407 sarebbe stato peggiore.
407:
Erano passati 2 mesi dall'assassinio di Onorio ma la corte di Costantinopoli era
ancora nel caos più totale. Mentre in Tracia i barbari si aggiravano totalmente
liberi nel saccheggio dei territori romani, a corte non si capiva più a chi
dovesse essere concesso il comando.
Alla fine, agli inizi di Gennaio arrivò la missiva con cui Arcadio, da Antiochia,
rivendicava il trono imperiale, ma si sarebbe potuto recare là solo agli inizi
di marzo.
Quando ciò avvenne non fu comunque come i cortigiani si aspettavano, Arcadio
infatti era completamente impreparato a gestire il caos formatosi sul Danubio e
non pote quindi intervenire limitandosi a promettere un sostanzioso aumento del
tributo ai Vandali scongiurandoli di intervenire.
Questi accettarono, ma se ne pentirono ben presto, mossisi per intercettare gli
invasori presso l'antica città di Pella i Vandali vennero pesantemente
sconfitti.
Da qui, mentre i Franchi si diressero in Grecia, gli Alani con le bande Sassoni
e Burgunde (da ora mi riferirò a loro solo come Alani) rimasero a saccheggiare
la Tracia.
I Vandali, incalzati dai primi furono così rovinosamente messi in fuga che
riuscirono a bloccare l'avanzata franca solo presso le termopili. Nella testa
dei loro capi era comunque troppo, così questi decisero di requisire ogni
imbarcazione possibile e di costruirne di nuove per poter abbandonare la Grecia.
Le opere sarebbero state compiute solo l'anno successivo.
I Franchi intanto decisero di stabilirsi nei territori della macedonia e della
tessaglia.
Arcadio dovette rimandare al 408 ogni operazione militare intanto che faceva
confluire truppe dai suoi territori d'origine.
In Occidente una malattia improvvisa di Graziano sembrò sull'orlo di creare una
crisi dinastica, infatti già si temeva che una nuova guerra civile sarebbe scesa
sull'impero tra l'inesperto e giovane Graziano Cincinnatus e Valentiniano II. La
ripresa dell'imperatore scongiurò il pericolo. Allo scopo di non permettere
nuovi momenti d'incertezza futuri Graziano propose al fratello di rendere
definitiva la divisione dell'impero.
Fu così che verso il settembre del 407 i due fratelli si reincontrarono in
Gallia, a Cenabum, definendo quello che le fonti chiamano il "Divisorium
Tractatum" con la quale si sanciva la definitiva divisione della Britannia
dall'impero d'Occidente ed entrambi rinunciavano alla rivendicazione sull'altra
parte. In cambio Valentiniano II (che doveva essere il più svantaggiato)
otteneva l'invio di 5000 mercenari aggiuntivi per le sue campagne in
preparazione verso l'Hibernia.
Dal punto di vista giuridico veniva finalmente completata la mastodontica opera
di raccolta di tutte le costitutiones imperiali ed il loro riordino e
sfoltimento.
I volumi furono organizzati in una serie di 5 Tomi "storici" in cui si
radunavano le leggi emanate nel corso della romanità e che rimanevano come
ispirazione di altre norme.
Dall'altra parte, dopo una pesante opera di sfoltimento, venivano pubblicati 3
volumi con le leggi attualmente in vigore nell'impero.
Per far sì che nell'impero fossero in vigore leggi tutte uguali l'imperatore
diede ordine che questi venissero conservati in tutti gli uffici amministrativi
imperiali, dalle prefetture del pretorio fino alle province. Le spese per tale
opera vennero pagata grazie ai bottini dell'anno precedente e ciò diede grande
impulso alle officine di produzione libraria.
Tutta questa raccolta prese il nome di "Codex imperialis".
Con il termine del 407, mentre tornava verso Roma, Graziano si riprometteva di
iniziare seriamente anche la riorganizzazione imperiale delle tasse, del fisco e
delle sostanze imperiali.
408:
insediatosi stabilmente a Costantinopoli e radunato l'esercito Arcadio inviò
l'esercito a confrontarsi con gli Alani che si erano lanciati verso la capitale.
Fu ad una 50 di km dalla città che l'esercito d'Oriente riuscì ad infliggere una
sconfitta alla banda barbarica, pagandola però a caro prezzo con l'esercito
congiunto dei Magister militum Sulpicio e Varanes che subì pesanti perdite e non
riuscì a dare il colpo decisivo ai barbari i quali si ritirarono verso la
Tracia.
Con la pressione dei Franchi in Grecia e le richieste di pietà degli Alani alla
fine l'imperatore concesse loro di insediarsi come foederati in una parte,
quella costiera, della Tracia imperiale.
Anche in questo caso però la debolezza delle forze imperiali si risolse in un
trattato su modello vandalo:
-tributo dell'impero per tenerli buoni
-contingenti alleati guidati da comandanti "nazionali"
-esenzione da ogni tributo verso l'impero.
Con questa formula gli Alani acconsentirono alla fornitura di contingenti per la
campagna contro i Franchi.
Questi nelle zone da loro occupate combatterono con le unghie e con i denti per
non perdere i territori conquistati tanto che lo stesso Sulpicio morì nella
battaglia della penisola calcidica, dove l'esercito Romano a stento riuscì a
sconfiggere i franchi.
Arcadio, temendo una guerra della durata di quella di suo fratello, con la voce
di irriquietudine persiana ad Est e con le prime comunicazioni riguardo al fatto
che i Vandali avevano preso armi e bagagli ed avevano attraversato l'Egeo,
decise di concedere ai Franchi un patto di Foederatio al pari di quello alano in
cambio del loro insediamento su macedonia e porzioni della Tessaglia.
Intanto i Vandali sbarcati nelle zone di Efeso chiesero all'imperatore la
concessione di questa regione come loro nuova zona abitativa.
L'indecisa risposta di Arcadio avrebbe avuto funeste conseguenze.
In Occidente una scorribanda di Quadi sui confini diede il pretesto a Graziano
di spedire suo figlio Graziano Cincinnato, insieme a Stilicone, a punire i
colpevoli. Il giovano, appena 16enne avrebbe così conosciuto la vita militare.
Ragazzo che il padre volle educato nelle arti liberali, Cincinnato aveva
mostrato fin da giovane una grande attenzione a tutte le discipline, dalla
letteratura alle scienze ed alla matematica.
Sul campo di battaglia, dopo un'iniziale stordimento mostrò comunque di essere
il diretto discendente di duri imperatori Pannoni comportandosi egregiamente sul
campo di battaglia e condividendo le fatiche dei soldati.
Dopo aver studiato la situazione della "Res Privata", aver controllato lo stato
dei debiti dei cittadini e della corte Graziano aveva deciso di provvedere a
stilare una grande riforma dell'impero al fine di migliorare l'economia
imperiale.
Fu così che egli avviò una grande opera di ridistribuzione delle terre
incamerate nell'enorme Res Privata imperiale.
Constatando in passato che appezzamenti troppo piccoli non avevano fatto altro
che impoverire ancora di più la popolazione senza mezzi per concorrere con i
grandi proprietari decise di cambiare sistema.
Le concessioni sarebbero state assegnate su sorteggio a base municipale e
cittadina, questi possedimenti sarebbero stati di dimensioni maggiori rispetto
alle microconcessioni precedenti, dai 30 iugeri in su, allo scopo di creare
nuclei familiari che potessero sostentarsi ed avere anche la possibilità di non
indebitarsi subito.
Le persone che fossero rimaste senza concessioni o con piccoli appezzamenti
avrebbero avuto la possibilità di divenire braccianti negli appezzamenti di
media dimensione che si andavano formando.
Gli appezzamenti così avuti non sarebbero stati ceduti, ma dati in affitto, così
da poter rappresentare per l'impero una fonte costante di entrate.
Le microconcessioni invece sarebbero state delle vere e proprie cessioni di
terra gratuite ai sudditi.
A garantire la popolazione sarebbero intervenuti i "Defensor Civitatis" la cui
carica, oltre ad essere esclusa per legge ai Decurioni, venne affiancata a
quella dei duces così da provvedere gli stessi di un qualche strumento
coercitivo tramite la Militia Laetorum.
Venne così completata e chiarificata definitivamente la riforma del padre
Valentiniano.
L'opera di redistribuzione fu fin da subito attuata con grande energia da
Graziano il quale si mosse anche con le questioni riguardanti le tasse.
Sfruttando la buona situazione imperiale degli ultimi anni concesse una
riduzione delle tasse ai cittadini comuni, mentre intimò ai grandi possidenti di
ridare tutte le tasse in denaro oppure rinsaldarle in terre con uno sconto
sull'ammontare stesso.
Questo provvedimento generò però malumori in molte parti dell'impero
d'Occidente, dalla ricca Africa fino alle lande della Belgica e della Gallia.
Vennero regolamentate i lasciti ad istituti religiosi, in special modo alle
chiese cristiane sempre più potenti, allo scopo di non lasciarsi fuggire troppi
terreni riassegnabili. Il malumore delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche
venne superato con la promessa di costruzione di molte chiese in varie località
dell'impero.
Per favorire le attività commerciali l'imperatore inoltre diminuì le tasse
dovute dai commercianti nella speranza che questi cominciassero a circolare di
nuovo sul territorio imperiale.
Allo scopo di lenire la fuga del ceto dei Curiales Graziano eliminò
l'obbligatorietà delle varie concessioni e premi ai clienti per i propri voti.
Alla fine, come ultimi provvedimenti decise di sfoltire la corte. Per finanziare
i provvedimenti sopra citati infatti provvide ad un'asta generalizzata di molti
oggetti in possesso della corte imperiale. Ciò sia per farsi sentire più vicino
ai sudditi, i Panegirici Gallici specialmente ci informano della vita parca e
modesta dell'imperatore esaltandone la frugalità, sia per eliminare voci di
spesa legate allo sfarzo inutile del mondo cortigiano.
Procedette inoltre a sfoltire pesantemente la platea di cubiculari ed cortigiani
di vario tipo a favore di ufficiali dalla riconosciuta competenza in materie di
amministrazione statale. In generale l'imperatore mosse per sostituire il
personale di corte con studiosi e personale dalla solida preparazione in materie
di stato.
Questa politica gli provocò anche un tentativo di assassinio da cui però
fortunatamente si salvò.
L'insieme di questi provvedimenti così forti fu messo a forte rischio alla
notizia che una parte del ceto senatoriale a Roma e diversi centri nelle
province avevano visto movimenti di ribellione guidati da grandi possessori
reticenti ai provvedimenti.
L'intero sistema venne minacciato quando il sistema informativo imperiale iniziò
ad avvertirlo che tra malumori e moti clandestini, alla fine del 408 in diverse
parti dell'impero scoppiarono delle vere e proprie ribellioni contro i
provvedimenti imperiali. Anche nel senato Romano, un gruppo di 100 senatori
prese le armi e si schierò contro Graziano.
In Hibernia la campagna di Valentiniano II dovette abortire sul nascere per
colpa di un'improvvisa febbre dell'imperatore che lo costrinse a rientrare in
Britannia ed attendere l'anno successivo.
409:
Le prime sollevazioni del 409 misero in discreta difficoltà Graziano. I
rapporti parlavano di moti in tutto l'impero, dalla frontiera del Danubio fino
alla Lusitania. Di fronte a questa situazione l'imperatore scelse di mettere
prima in sicurezza le zone di frontiera, fu così che egli raggiunse suo figlio
in Pannonia e da qui iniziò a battere il territorio in una sistematica campagna
di repressione.
Quasi come se sentisse l'eccezionalità della situazione, Graziano diede ordine
di far scrivere a velocità lampo una serie di provvedimenti da integrare nelle
constitutiones come "Leges extraordinariae" per giustificare la dura repressione
portata avanti nel corso della campagna.
Alla fine dei conti Graziano rimaneva un duro imperatore figlio del forte
Valentiniano e non si risparmiò nella sua repressione, chiunque si opponesse
andava incontro ad una morte dolorosa ed i suoi averi confiscati. L'imperatore e
suo figlio riuscirono così in una stagione a stroncare la ribellione in Pannonia
e Dalmatia e rimettere così in sicurezza la frontiera.
Intanto in Gallia, dopo aver radunato 10000 Comitatensi e 10000 uomini della
militia Laetorum Alarico e Stilicone guidarono la campagna di repressione in
quei territori. Partiti dalla frontiera del Reno per assicurarla si mossero su
due tronconi distinti. Stilicone si mosse lungo le coste della manica e da lì
lungo le zone costiere fronteggiando una resistenza più dura. Alarico con la
Militia mosse da Argentoratum costeggiando le falde dell'arco alpino e
reprimendo la debole resistenza in quel territorio, prima di arrivare alle coste
mediterranee e da lì puntare a tagliare i collegamenti con i rivoltosi hispanici.
Giunto ai Pirenei a fine Agosto Alarico mosse verso nord raggiungendo la fedele
Burdigala.
Dopo l'iniziale avanzamento ribelle, l'uso di molti sobillatori aveva fatto
partire una serie di contro-moti portati avanti disordinatamente dalla
popolazione che unita, dove poteva, alla militia laetorum riuscirono a bloccare
il degenerare della rivolta.
Fu così che in Gallia, dopo le iniziali resistenze alla fine di Luglio
l'avanzata romana si trasformò in una marcia trionfale ed a metà Ottobre, in
mezzo alla Gallia. Stilicone ed Alarico si reincontravano per chiudere la
campagna.
Intanto in Hispania, la militia del posto, guidata dal poco conosciuto, ma abile
gota Eurico (persona senza grandi ascendenti) riusciva a riorganizzarsi e
liberare il nord dell'Hispania e schiacciare la ribellione sulla costa
Mediterranea, confinandola nelle parti interne della Baetica ed in Lusitania.
In Africa, l'azione congiunta di Limitanei, Comitatensi e Militia Laetorum
riuscì a tenere in sicurezza sia la Mauritania, sia la città di Cartagine.
Nelle isola i provvedimenti di Graziano non suscitarono praticamente alcuna
ribellione, mentre in Italia del Sud a fermare l'insurrezione fu specialmente
l'insorgere dei contro-moti a favore dell'imperatore, guidati in questo caso dai
Defensor Civitatis.
Alla fine del 409 l'impero d'Occidente era quindi riuscito a circoscrivere la
rivolta.
In Britannia Valentiniano II partì per la sua campagna di conquista dell'Hibernia
partendo dalle basi sull'isola di Mann e poi sbarcando nel nord dell'Isola, in
quello che nella nostra TL è l'Ulster. Qui l'avanzata dell'imperatore di
Britannia si rivelò abbastanza agevole, riuscendo a sottomettere una tribù dopo
l'altra, timorose di affrontare l'ira imperiale e delle orde di barbari al suo
seguito. Quando alla fine dell'anno abbandonò la campagna per tornare sull'Isola
di Mann e poi in Britannia quella che sarebbe, più o meno, l'Irlanda del Nord
con l'aggiunta delle coste occidentali era stata formalmente sottomessa.
410:
la situazione sembrò alleggerirsi, dopo aver svernato sulle coste
dell'Adriatico Graziano si diresse verso l'Hispania a Marzo.
Dopo aver raggiunto Barcino l'imperatore decise però di delegare le operazioni
al figlio assistito da Alarico e Stilicone, limitandosi a tenere un ruolo di
controllo a distanza. Ciò era voluto sia per metterlo a proprio agio nel mondo
militare, sia per testarne le capacità vere e proprie.
Fu così che Graziano Cincinnato decise prima di tutto di chiudere le operazioni
in Baetica dove affrontò una durissima guerriglia che lo portò a dover
conquistare le zone valle per valle.
Fu qui che apprese i rudimenti delle campagne militari stando sempre attento
nell'avanzata, usando un approccio prudente e combattendo solo quando sicuro di
vincere e risparmiando l'esercito il più possibile. Quando a Giugno si poteva
dire libera la Baetica fece internare i prigionieri e li spedì dal padre per il
processo. Intanto per evitare troppi spargimenti di sangue provvide ad
organizzare con i suoi due consiglieri una nuova strategia. creò una serie di
corpi armati alla leggera, ma capaci di spostarsi molto velocemente sul
territorio, a cavallo o a piedi. Questi li fece infiltrare oltre le linee
ribelli per attivare una sorta di guerriglia contro gli stessi ribelli.
A compiere queste missioni furono in primis i soldati della Militia, più adatti
a compiti di quel tipo.
Questo approccio si rivelò soddisfacente e quando dopo un mese di incursioni i
ribelli furono costretti a vedersela anche con l'avanzata dell'esercito vero e
proprio questi si ritrovarono schiacciati tra 2 blocchi venendone schiacciati.
A fine ottobre del 410 cadeva l'ultima roccaforte ribelle. Questa grande
ribellione diede a Graziano sì filo da torcere, ma anche un bacino di terre e
risorse enormemente molto più grande per portare a termine le sue riforme.
In Hibernia la seconda campagna di Valentiniano II si rivelò invece molto più
ostica, le popolazioni Hiberniche, fra cui si distinguevano i bellicosi Ebdani,
fornirono un boccone amaro ai legionari costretti sotto costanti imboscate e
schermaglie da una pressante guerriglia.
Valentiniano allora decise di procedere secondo un modello diverso. create delle
solide basi sulle coste si mosse sia corteggiando alcuni principi locali, sia
portando avanti la costruzione di una serie di piccoli forti, che accoglievano
tra i 100 ed i 200 uomini a controllo del territorio e con i quali muoveva
frequenti rastrellamenti nei vilaggi. Questo metodo, lento, ma inesorabile gli
conquistò definitivamente in qualche mese l'intera zona settentrionale
dell'Irlanda e gli diede una presa salda anche su una fascia più ampia del
territorio Occidentale.
Soddisfatto dei risultati decise di chiudere la campagna in Settembre e svernare
però sul territorio, ritirandosi nel Nord dell'Isola dove aveva fatto approntare
il grande campo futuro nucleo della città di "Hibernica".
411:
Con la fine della grande ribellione Graziano fece partire quella nota
nelle fonti come “grande purga”. Terminata la guerra egli infatti subì un
secondo attentato partito dalle file dei cubiculari il quale quasi gli costò la
vita ed in cui venne sventato solo per una fortunosa soffiata dell’ultimo
minuto.
I congiurati vennero presi e torturati a morte, i loro averi confiscati. Da qui
Graziano istituì un tribunale d’urgenza, affidò al figlio il compito di seguire
le corti in Gallia ed Hispania, mentre lui si dedicava alle altre. Con queste
perseguitò le ultime sacche di resistenza contro la sua politica. Intanto che
questa sua politica veniva portata a termine procedeva ad estendere di molto la
riforma già pensata precedentemente.
Egli integrò gran parte del patrimonio confiscato non nel fisco imperiale,
com’era stato fino ad allora, ma nell’erario(lasciando a chi si era pentito per
tempo il giusto per non morire di fame). Da qui egli procedette ad incaricare i
municipium a ridividere e vendere a prezzi agevolati gli appezzamenti. La legge
proibiva però l’acquisto di quantità troppo grandi di appezzamenti, in linea con
la politica di Graziano di non favorire grandi latifondi. A presiedere alle
operazioni sarebbero stati presenti degli ufficiali imperiali. La carenza di
personale per queste operazioni costrinse a turni mai visti i burocrati romani,
nel corso della stessa inoltre apparirono gravi problemi legati
all’impreparazione dello stesso. La necessità di registrare tutte le operazioni
costrinse ad ampliare gli archivi ed anche il figlio dell’imperatore fu
costretto ininterrottamente per presiedere a riassegnazioni e simili. Le fonti
parlano di come a Roma e nel resto dell’impero la situazione fosse nel caos più
completo, sono però anche unanimi nell’indicare in questo una sorta di anno zero
per la riorganizzazione dell’impero d’occidente.
La situazione che emerse progressivamente era infatti quella di un impero con un
ceto dirigente pesantemente intaccato. La guerra e le sue conseguenza portarono
anche al trascurare la coltivazione con l’emergere di una carestia che pote
essere bloccata solo nei 2 anni successivi e l’acquisto di massicci quantitativi
di grano dal vicino Orientale.
Le operazioni di riassegnazione terminarono comunque 3 anni dopo, nel 414.
I beni e le ricchezze mobili vennero invece massicciamente inglobate dal fisco
imperiale. Graziano fece anche coniare una nuova serie di monete per celebrare
il suo grande trionfo.
In Oriente per il 411 ed il 412 non si registrarono grandi sconvolgimenti. Alla
fine Arcadio dovette rassegnarsi a concedere ai Vandali, come foedus, il
territorio della costa anatolica ed alcune isole egee.
In Britannia Valentiniano II, di fronte alle difficoltà crescenti nella guerra
in Hiberia sbloccò la situazione con la diplomazia, egli favori un principe
locale nel Sud Ovest dell’Irlanda, in cambio di una sostanziale indipendenza
interna ed un tributo non grave, Valentiniano ottenne la sua sottomissione come
cliente. Egli si concentrò così nell’assoggettare il centro dell’Hibernia dove
la sua strategia di fondare piccoli forti e basarsi su unità molto mobili a
controllo del territorio riuscì a permettergli di rafforzare il controllo del
territorio.
Fu così che alla fine del 412 decise di tornare in Britannia ritenendo
stabilizzata la sua conquista.
413:
l'impero d'Occidente poteva vedere finalmente i primi frutti della riforma di
Graziano. Terminata la carestia, venuto anzi un anno piuttosto mite, nell'impero
si assistette ad un rinato ottimismo. Sembra infatti che la pacificazione
interna portata dall'imperatore e lo sradicamento di numerosi potentati locali
avessero facilitato la vita dei cittadini. Inoltre il pesante sfoltimento di
tutta la parte inutile della burocrazia e l'incameramento di grandissime
ricchezze lasciarono all'imperatore abbastanza soldi da poter emanare una
sanatoria parziale delle tasse senza per questo incorrere in vari problemi.
Ultimo effetto non calcolato fu la facilità di reclutamento tramite la leva
obbligatoria. Infatti lo sradicamento di potentati locali tramite la guerra
civile impedì che un vero potere potesse limitare le capacità di reclutamento
interno.
Con il buon saldo dei reclutamenti l'imperatore pote anche congedare corpi
mercenari molto costosi ottenendo quindi un ulteriore risparmio sui conti
imperiali.
Forte di questo egli si ritirò a Roma. Le fonti sono discorsi nell'indicare il
perché della decisione, si limitano a registrare la stanchezza del sovrano.
Graziano, alla fine del 413 decise di abdicare a favore del figlio.
L'imperatore negli anni seguenti si sarebbe sempre più svincolato dal governo
lasciando le questioni al suo figlio diciottenne.
Questa decisione venne accolta nell'indifferenza della corte, alla fine Graziano
era sempre lì ed avrebbe smesso di seguire il figlio solo qualche anno dopo.
Tra la possibile opposizione all'imperatore invece non si registrava nessuna
reazione scomposta, più che altro perché l'opposizione era stata pesantemente
purgata.
Anche nel resto del mondo il 413 fu un anno molto tranquillo. Per alcuni fu il
simbolo che la fine del mondo era ancora lontana. Si sarebbero dovuti ricredere
nei decenni successivi.
414:
questo fu un anno di grande fervore nel mondo Occidentale, il nuovo imperatore
infatti si mostrò fin da subito un mecenate delle arti e dei saperi. Fece
ordinare la costruzione di una nuova grande ala della biblioteca di Roma e la
costruzione, alla periferia della città, di un edificio dedicato agli
esperimenti dei sapienti. Inoltre diede l'ennesimo finanziamento all'Argiletum
per ingrandirne la produzione libraria. Per accontentare la chiesa Cattolica, a
cui il padre si era convertito decenni prima, decise la costruzione di una nuova
chiesa dedicata a Santo Stefano primo martire. L'unica nota dolente fu la
chiusura di un paio di tempi pagani secondari. Lo stroncamento dell'aristocrazia
durante la guerra civile aveva generato come conseguenza inattesa un declino
ancora più grave del paganesimo romano rimasto senza i suoi rappresentanti più
autorevoli. Ciò permise a Graziano di chiuderli inglobandone il patrimonio
residuo. Questa mossa non generò alcuna protesta pagana per lo stato di profonda
confusione in cui si trovavano, mentre generò la gioia delle gerarchie
ecclesiastiche. Non venne però intaccato il principio della libertà religiosa,
lasciato inalterato.
Graziano procedette inoltre a mettere fine all'attività dei tribunali speciali
emanando un'amnistia generale ai pochi rimasti intoccati, inoltre registrò il
termine delle attività di redistribuzione delle terre. Fu così che non rinnovò
la sanatoria alle tasse di suo padre e procedette ad un grandissimo censimento
per facilitare le operazioni di raccolta tasse.
Temendo le voci sugli Unni sempre più vicini e non volendo subire saccheggi sui
confini, Graziano si mosse per potenziare le forze di Limitanei sul confine. Per
fare ciò provvide ad una campagna straordinaria di reclutamento che portò 12000
nuovi Limitanei e 3000 nuovi comitatensi. Procedette poi a rafforzare le difese
con una serie di nuovi fortini e castella e cinte murarie per le città.
In Britannia Valentiniano II, desideroso di conquiste, organizzò una nuova
campagna. Usando come pretesto una presunta razzia di Pitti sul vallo di
Adriano, organizzò l'esercito e riportò il confine sul Vallo Antonino di cui
avviò la ristrutturazione. La guerra fu praticamente una marcia trionfale
essendo le tribù del luogo ancora pesantemente provate dalle azioni dei decenni
precedenti.
415:
Pressati sempre di più dagli Unni ormai insediatisi nel medio corso del Danubio
e pensando che il cambio di governo avrebbe potuto favorire una reazione più
lenta, Quadi e Marcomanni si coalizzarono. Questi, nella primavera del 415
tentarono di forzare le posizioni romane al confine tra Norico e Pannonia
concentrando la loro spinta su alcuni punti specifici ritenuti più sguarniti.
Le politiche degli imperatori Pannoni degli ultimi decenni, specialmente poi
l'arruolamento di nuovi limitanei ed il rimpolpamento dei reparti diedero però i
loro frutti. Non Solo la pressione barbarica venne contenuta, ma il Magister
militum della Pannonia riuscì a radunare abbastanza velocemente i Comitatensi e
ricacciare i barbari indietro fino oltre il Danubio.
Graziano Cincinnato, giunto a Giugno nei pressi di Juvavum, prese il comando
delle truppe ed ottenuto anche il supporto degli alleati Alamanni del re
Gundoballo guidò una dura campagna oltre il fiume.
Come il padre, il giovane imperatore mostrò da subito di essere magnanimo di
base, ma di poter essere terribilmente spietato se provocato.
Egli diede la caccia a tutti i barbari possibili e non mostrò nemmeno la più
piccola intenzione di scendere a patti con il nemico. Alla fine della campagna
le fonti registrano che migliaia e migliaia di persone erano state letteralmente
trucidate.
Dopo questo insuccesso e vedendo che le frontiere dell'Occidente erano troppo
sicure da poter essere violate, i barbari scongiurarono l'imperatore di
scortarli da altre parti. In cambio di ostaggi e di un pesantissimo tributo,
Graziano Cincinnato concesse la pace e la disponibilità a girarsi dall'altra
parte se questi avessero intrapreso strani viaggi verso Oriente.
Qui, secondo Zosimo, la pratica dell'occidente di spingere ad oriente i barbari
divenne sempre più forte, tanto da minare i rapporti tra i due imperi in maniera
molto profonda.
Conclusa la campagna l'imperatore decise di svernare sul confine ed ispezionare
l'andamento delle riforme.
Valentiniano II in Britannia decise che era il momento di dare tregua al suo
esercito, fu così che ritornò a Londinium. Egli qui decise di adottare le misure
prese dal fratello per l'impero. Al contrario del resto dell'occidente, dove il
potere aristocratico e dei latifondi era più forte, egli pote attuare una
politica più tranquilla, inoltre, data la mancanza di personale per la
burocrazia, l'imperatore di Britannia chiese al nipote di inviargli gente
qualificata per occuparsi degli affari di governo. Richiesta a cui Graziano
Cincinnato seppe rispondere a malapena, dato che tutte le purghe del padre
avevano lasciato anche lui a corto di personale. L'ambito "civile" specialmente
registrava delle gravi mancanze, ma anche il mondo militare registrava vuoti da
colmare e gerarchie da ricostruire.
In Oriente alla corte di Arcadio intanto cominciarono a registrarsi crescenti
insofferenze verso la presenza massiccia di barbari entro i confini imperiali i
quali sembravano fare quello che volevano.
416:
Alcuni raid Unni sul confine della Pannonia furono bloccati dai Limitanei
non prima che però le squadre nomadi riuscissero a saccheggiare alcuni villaggi
di confine. La notizia però passò per il momento sottotono nella corte
d'Occidente, Graziano Cincinnato era infatti vessato da altre questioni.
Chiusa la campagna anti Marcomanna l'imperatore doveva infatti affrontare un
altro grande problema rimasto nell'impero dopo la purga di suo padre. Le
strutture amministrative lavoravano sì, ma con numerosi problemi ed il
reclutamento di nuovi burocrati era faticosa e spesso legata a pratiche di
compravendita. Fu per questo che egli innanzitutto vietò la compravendita delle
cariche e poi prese a modello un esperimento che aveva visto nel suo rientro a
Roma presso la città di Bononia. A quanto pare i notabili locali avevano preso
l'abitudine di trasmettere le conoscenze da loro acquisite ai loro successori e
per farlo si erano muniti di un piccolo edificio dove le trasmettevano in alcuni
giorni.
Fu da questo esperimento che Graziano ordinò la costruzione di alcune strutture
simili lungo l'impero, diede mandato ai governatori delle diocesi di munirsi di
una struttura simile per ognuna delle loro amministrazioni e quindi implementare
delle vere e proprie scholae dove chi intendeva (o era spinto dalla famiglia)
affrontare il mondo della burocrazia doveva passare per queste strutture. Il
provvedimento voleva anche superare ogni possibile frammentazione e puntare a
rendere obbligatoria la frequentazione di una qualche struttura come questa.
Bononia, per aver dato a Graziano l'idea, venne ricompensata promuovendola a
sede di scuola, anche essendo una città secondaria, al fianco di Roma.
Marcomanni e Quadi, alla fine decisero di migrare verso Est, disperando di poter
sfuggire all'orda unna. La loro decisione coraggiosa fu però anche letale.
Intercettati dagli Unni vennero costretti ad unirsi a loro. Solo un quarto dei
due gruppi barbari riuscirono a sfuggire ed a trovare rifugio sul Danubio.
Giunti qui disperarono di poter passare sul territorio dell'Impero d'Oriente, ma
fu qui che venne in loro soccorso il popolo degli Alani, insediato anni prima in
Tracia. Questi, nonostante il rifiuto di Arcadio fecero passare Quadi e
Marcomanni. Nelle fonti si racconta che il capo Alano fu commosso dalla
disperazione degli altri barbari e per questo mosse ogni possibile vascello a
disposizione.
La mancanza di organizzazione e controllo centrale rese però questa cosa
drammatica, decine di imbarcazioni di fortuna affondarono e centinaia
annegarono. Ma alla fine la mancanza della pressione Unna, impegnati nei raid
contro l'Occidente e costretti ad affrontare un piccolo contro-raid dal magister
militum pannonico, permise il passaggio dei barbari. Questo generò
irriquietudine alla corte di Costantinopoli, qui infatti Arcadio non sapeva che
pesci pigliare. Accettare i barbari avrebbe sicuramente scatenato molti malumori
nell'aristocrazia, uno scontro diretto avrebbe potuto comportare l'opposizione
anche degli Alani che avevano siglato un'alleanza con Quadi e Marcomanni.
Per questo Arcadio prese l'unica scelta sensata al momento. Mobilitò quello che
poteva mobilitare dell'esercito orientale, chiedendo anche il contributo
vandalo, poi prese contatti con gli Alani, egli avrebbe innalzato il proprio
tributo se questi avessero sciolto i contatti con Quadi e Marcomanni,
permettendo loro di finirli.
Vedendo che le cose però si mettevano male questi ultimi, con uno sforzo
inaspettato, decisero innanzitutto di eleggere un re comune tra entrambi i
popoli, un nobile di nome Mallobaude, poi presero un'altra strada dirigendosi
dalla Tracia verso l'Epiro.
Il colposo tergiversare degli Alani nel tentativo di ottenere un tributo più
alto, permise ai due popoli di scappare più lontano e quando l'impero si accorse
della farsa questi si erano ormai inoltrati nel mezzo delle montagne balcaniche.
Qui questi popoli trovarono nella popolazione un'inaspettato alleato. Esasperati
dall'incompetenza dell'imperatore, dallo stato di abbandono e dalla corruzione,
specie in confronto al fratello occidentale non furono in pochi quelli che
decisero di unirsi ai barbari, ingrossandone le fila.
Questi non ebbero nemmeno bisogno di saccheggiare troppo i territori per
ottenere le provviste per non morire.
Tutto ciò rese il compito di Arcadio incredibilmente disagevole.
417:
Cincinnato volle imitare il provvedimento preso precedentemente in ambito
civile, in quello militare. Istituì quindi delle primitive scuole dove i figli
di Romani e barbari che almeno da una generazione avessero la cittadinanza
militare in ogni Diocesi. Qui sarebbero stati formati ufficiali o almeno una
parte di loro, per l'esercito. Il percorso doveva durare 3 anni, per poi
trasferirsi sul campo.
Oggi gli archivi della Roma Occidentale, giuntici integri per trascrizione, le "notitiae
de administratione" ci testimoniano la percezione ed il fatto reale che i romani
erano tornati rappresentare una grossa fetta dell'esercito imperiale
d'Occidente.
In oriente la situazione barbarica venne per una volta affrontata con accortezza
dall'oriente. Piuttosto che gettarsi a testa bassa contro i barbari, il generale
d'Oriente Procopio attuò una feroce guerriglia per cacciare i gruppi di barbari
e ribelli evitando gli scontri decisivi fino a quando non fosse sicuro di
vincere. Mesi di guerriglia fruttarono molti schiavi e spinsero i barbari sempre
più verso la costa Epirota. Ma a rovinare la situazione furono i franchi
insediati in Tessaglia e Macedonia. Scontenti dell'aumento dei tributi ai soli
Alani questi decisero di far partire un serie di razzie in Grecia e Tracia. La
minaccia alle vie di comunicazione costrinse Procopio a mollare la presa per
difendere il collegamento con la capitale. Questo diede tempo ai barbari di
riorganizzarsi ed insediarsi e procedere all'occupazione delle città. Mallobaude,
per favorire una presa più stabile sulla zona mosse subito per stroncare i
poteri locali he si erano mostrati più reticenti. L'evento che però favorì i
barbari fu la presa di Durazzo. La presenza di alcuni romani molto ambiziosi e
che si erano distinti nel guidarli tra le montagne diede infatti a Mallobaude
un'idea. Mentre avanzava verso Durazzo saccheggiando le campagna e la gente
scappava verso Dirrachyum mandò questi verso la città a confondersi con i
profughi. Li rifornì d'oro, li acconciò da persone importanti ed affiancò loro
30-40 dei migliori guerrieri mascherati da schiavi. Anche la fortuna aiutò i
barbari. Infatti gli infiltrati ebbero la fortuna di arrivare poco prima che la
città chiudesse le porte e senza che le guardie, per la confusione,
controllassero i bagagli con le armi all'interno. La notte del 25 settembre,
mentre i barbari si erano apparentemente accampati lontano dalle mura, una delle
porte della città si aprì. Erano i soldati barbari che avevano preso la porta.
Mallobaude non si fece scappare l'occasione ed inviò prima la cavalleria e poi
la fanteria a tenere la porta ed invadere la città. Inutile dire che fu un vano
il tentativo di resistenza della piccola guarnigione cittadina. Era mezzogiorno
quando il foro della città venne conquistato. Sarebbe seguito un interno giorno
di sacco.
418:
la presa di Durazzo fu un evento che scandalizzò profondamente la popolazione,
sembrava che l'impero non fosse più in grado di difendere i propri sudditi dagli
attacchi dei barbari e che anzi l'imperatore fosse in loro balia. Fu così che in
Ottobre, alla notizia dei fatti di Durazzo, la popolazione di Costantinopoli
insorse durante i giochi del circo. Ben presto Arcadio venne costretto
all'interno del palazzo imperiale, mentre le scholae riuscivano difficilmente ad
impedire l'ingresso della folla inferocita.
Si scatenò una vera e propria ondata xenofoba nella popolazione che uccise ogni
barbaro che capitasse a tiro. Diversi contingenti barbari presso la città
vennero impegnati dalla folla ed inizialmente la sorpresa portò al massacro di
alcuni reparti. Appena riorganizzati però i mercenari Alani, Franchi e Vandali
si vendicarono. La mattina del 20 Ottobre 417 mentre una folla inferocita si
muoveva verso di loro i barbari tesero loro un agguato uccidendone centinaia.
Ciò paradossalmente non fece che aumentare la rabbia popolare a cui si unirono
alcuni Illustres orientali, chi per opportunismo, chi per sincera convinzione.
I barbari invece, piuttosto che rischiare di confrontarsi con gruppi che
iniziavano a contare anche le milizie private dei ricchi decisero di prendere
armi e bagagli ed andarsene, tornando ai loro popoli di origine. Si aprirono una
via fino alle porte della città e poi se ne andarono.
La situazione per Arcadio si fece disperata, si aggiunse infatti a ciò il fatto
che il capo delle scholae si rifiutò di caricare la folla, limitandosi a
difendere il palazzo e gli approvvigionamenti. Più voci dissero che a salvare
l'imperatore fu l'indecisione dello stesso capo delle scholae che rifiutò per
incertezza più volte l'elevazione alla porpora imperiale da parte dei suoi
uomini.
Ciò diede il tempo al generale Procopio di tornare a marce forzate in città. Ai
primi di Novembre le truppe di Procopio apparirono fuori Costantinopoli. La
repressione fu crudele, il generale divise la città in porzioni dove agire e
giorno per giorno provvide a debellare gli insorti. Alla fine 10000 persone
vennero uccise in maniera sommaria ed altrettante furono torturate dalle truppe.
I capi della rivolta vennero squartati vivi, mentre anche l'indeciso capo delle
scholae venne giustiziato per insubordinazione.
Arcadio venne profondamente colpito da questi fatti, le fonti narrano che da
questo momento l'imperatore iniziò ad essere sempre più irrequieto, gli
psicologi moderni, affiancando gli storici, considerano tutt'ora Arcadio da
questo momento in preda ad una nevrosi sempre più acuta che lo consumerà fino
alla fine dei suoi giorni.
Intanto la sorella dell'imperatore Galla Placidia, rimasta vedova dopo la morte
di uno sconosciuto nobile romano, decise di prendere in moglie il generale
d'Occidente Flavio Costanzo. Questi aveva deciso, per ambizione personale, di
abbandonare l'Occidente e spostarsi ad Oriente che in quel momento aveva carenza
di buoni generali e sembrava sempre pronto a crollare sotto il peso dei barbari.
In Occidente intanto Mallobaude, regnante degli Alamanni da molti anni, spirò
agli inizi dell'inverno 418. Cincinnato temendo un nuovo movimento anti-romano
ed una minaccia alla politica di buon vicinato con i barbari si mosse subito per
contrastare possibili successioni sfavorevoli al trono. Fatto che non si
concretizzò, infatti grazie al supporto di nobili legati al mondo romano per
matrimoni o interessi e dei soldi dei mercanti romano suoi sostenitori, il
figlio di Mallobaude, Macriano, detto "Il minuto" per la sua costituzione esile,
divenne re con il sostegno dell'assemblea dei nobili. La successione indolore
lasciò all'imperatore d'Occidente la possibilità di tornare ad occuparsi di
questioni interne e di guardare con più attenzione alle preoccupanti scorribande
unne portate contro i confini pannonici.
Per prevenire nuove incursioni egli stesso all'inizio dell'estate raggiunse il
confine Pannonico insieme ad un esercito di rinforzo. Ma per quell'anno i nomadi
non si gettarono contro il limes.
419:
la nomina di Macriano il Minuto come re degli Alamanni e la stabilità della
compagine Burgundo-Sassone installata nella parte superiore del Reno convinsero
definitivamente Cincinnato ad operare un massiccio spostamento di risorse sul
Danubio. Questo perché l'avanzare degli Unni lo rendeva sempre più inquieto, La
frontiera del Reno venne così privata di metà delle sue forze per rafforzare
ulteriormente la Pannonia.
Questo movimento fu fondamentale quando nell'estate del '19 una massiccia
penetrazione di oltre 10000 soldati Unni tentò di vendicarsi delle sconfitte
subite gli anni precedenti.
La pronta reazione delle forze imperiali e dell'imperatore portò, anche se a
caro prezzo, ad infliggere una sconfitta importante all'orda.
Anche l'esercito era composto principalmente da alleati Quadi e mercenari e solo
in piccola parte cavalieri Unni, il re degli Unni Octar decise che non valesse
la pena perdere uomini in Occidente quando l'Oriente era, nella pratica, un
enorme colabrodo. Questa sicurezza venne rafforzata dalle voci dei mercanti e
dei disertori Romani che testimoniarono come l'impero d'Occidente stesse
rafforzando massicciamente la propria presenza sui confini del Danubio.
Fu per questo che verso la fine dell'estate, sfruttando alcune imbarcazioni, una
serie di squadre Unne attraversò il fiume saccheggiando i territori di confine.
La sostanziale anarchia in cui versava l'Oriente fece passare inosservata la
cosa, ma era segno che un vento di tempesta stava per abbattersi, per l'ennesima
volta sull'Oriente.
Impero d'Oriente che quell'anno dovette impegnare tutte le risorse a riassorbire
la crisi barbara. Il Generale Procopio, affiancato, grazie all'influenza della
sorella, da Flavio Costanzo, mossero per liberare Durazzo da Quadi e Marcomanni.
La campagna si rivelò fin da subito dura, la disperazione dei Barbari unita al
morale basso della truppa imperiale non resero facile l'avanzata romana. Lo
stesso Flavio Costanzo rischiò in un'occasione di essere preso ed ucciso in
un'imboscata.
Fu solo la durezza di Procopio a tenere il fronte unito, infliggendo pesanti
pene a chiunque mostrasse codardia il generale iniziò ad essere temuto più dei
nemici.
Mesi di feroce guerriglia portarono nuovamente i barbari ad essere schiacciati
presso Durazzo. Fu il sopraggiungere prematuro della cattiva stagione, unito
alle notizie degli Unni a spingere Procopio alla diplomazia. Egli propose a
Mallobaude di sottomettersi, pagando un pesante tributo annuo avrebbero potuto
rimanere nel territorio, dovevano poi fornire truppe non però raggruppate e
comandante dai loro ufficiali, ma sottoposti ai Romani.
Mallobaude, anche se restio, di fronte alla possibilità di rimanere chiuso in un
assedio decise di desistere ed accettare.
Il 30 ottobre 419 le truppe di Procopio entravano a Durazzo.
Il problema fu che la notizia non andò a genio alla nevrosi di Arcadio ed alla
frangia intransigente della corte di Costantinopoli.
In un barlume di chiarezza Arcadio non giustiziò Procopio, ma lo spedì ad
Oriente, sul confine Sasanide che in quel periodo era tranquillo. Di fatto
questo limitava l'influenza del generale, ma ebbe anche un effetto inaspettato.
I barbari non videro bene la cosa poiché vedevano nel generale un riferimento
affidabile, ma per il momento si limitarono a mugugnare tra loro.
L'anno terminò con l'apparizione di una nuova malattia delle piante che colpiva
in maniera maggioritaria le piante di papiro belle zone del Nilo. L'inizio della
malattia passò inosservato, ma quando una grande quantità di piante iniziò a
morire partirono subito i timori nell'amministrazione imperiale.
420:
a Costantinopoli tirava aria pesante. Arcadio in preda alle sue manie non
si fidava più di nessuno, i barbari erano costantemente sull'attenti, le frange
estremiste anti-barbare si rifiutavano di collaborare e si davano ad una sorta
di boicottaggio passivo.
A peggiorare la situazione l'impero doveva affrontare la Penuria di papiro per
l'amministrazione imperiale che costrinse al massiccio ricorso di tavolette
cerate e specialmente pergamena, la cui produzione era però ancora ampiamente
insufficiente a coprire le necessità.
In questo clima pronto ad esplodere l'incursione degli Unni di Octar non
facilitò le cose. Quando il Danubio, in Giugno, venne superato da una forza di
7000 uomini, l'imperatore dovette spedire Flavio Costanzo a tamponare la
situazione. Il generale, sorprendentemente riuscì a respingere le forze Unne
rifiutando scontri in terreni asciutti e piani dove la cavalleria Unna potesse
andare liberamente e sfruttava l'unico fiore all'occhiello rimasto:
l'artiglieria. Inoltre chiuse con fortificazioni le città, queste erano
virtualmente inattaccabili per un tale piccola orda di uomini.
Fu così che Octar, venuto a sapere da cittadini romani passati agli Unni della
difficile situazione della compagine Barbara installata nell'impero.
Ad Agosto, sorprendendo i Romani egli si gettò sugli Alani insediati vicino al
Danubio. Questi in tutta risposta tentarono di respingere gli assalitori, ma con
una parte dei soldati inquadrati nell'esercito imperiale dovettero subire il
saccheggio dei territori a loro assegnati.
Zosimo racconta di come numerosi villaggi abitati da Romani ed Alani vennero
saccheggiati ferocemente e che anche alcuni nobili Alani vennero torturati ed
uccisi.
La cosa fece uscire di testa il contingente Alano con Flavio Costanzo, il
generale venne costretto a virare verso il Danubio evitando la prudenza che
aveva fino a quel momento usato per difendere la Tracia più interna.
Zosimo sempre racconta che verso metà settembre, quando l'esercito stava
muovendo contro gli Unni, come ai tempi di Camillo:
"Delle oche, stabilite in un fattoria molto vicina alle postazioni dei romani
iniziarono a schiamazzare richiamando l'attenzione delle sentinelle Romane che
ebbero il tempo di dare l'allarme al campo ed evitare così una battaglia che
avrebbe visto i romani perire sotto le armi unne".
Capito di essere stati scoperti infatti gli Unni rinunciarono all'attacco a
sorpresa e si ritirarono portando con loro il bottino.
Il danno era però stato compiuto, gli Alani infatti, fuggiti dentro l'impero
anche per paura e pressione degli Unni, non volevano riattraversare l'incubo
terminato. Fu così che iniziarono a tartassare l'imperatore di richieste per
spostare il territorio a loro assegnato. Richieste che Arcadio accolse con tante
buone parole, ma pochi fatti, la poca collaborazione di Flavio Costanzo inoltre
non facilitò le trattative.
Ad Occidente Graziano Cincinnato apprendeva con molta preoccupazione le voci
riguardanti i movimenti Unni ad Oriente, ma non per questo era disponibile ad
inviare soldati a sacrificarsi. Al contrario, temendo la mobilità degli Unni ed
avendo ausiliari Iazigi e mercenari Unni al suo servizio si mosse per poter
contrastare la cavalleria nemica. Avviò così appositamente lo studio
sull'arruolamento di qualche migliaio di uomini come arcieri a cavallo per
l'occidente.
In Britannia, Valentiniano II era invece sempre più preoccupato da un'altra
questione: la sua successione, sapeva infatti che se fosse morto senza eredi il
suo territorio sarebbe potuto ritornare al nipote.
Divorziò quindi dalla moglie che non gli aveva dato figli per prendere in sposa
una notabile britanno-romana del posto.
Fiducioso di poter avere un erede maschio, l'imperatore di Britannia ed Hibernia
accantonò le paure ed iniziò a preparare l'ultimo tassello del suo piano di
conquista della Britannia: l'invasione della Caledonia.
I Pitti ed i Caledoni erano però molto cambiati dagli anni prima. Rendendosi
conto della virtuale invincibilità dei Romani sul campo aperto adottarono una
strategia di guerriglia.
Quando Valentiniano II tentò di adottare una rodata contromossa basata sull'uso
di piccoli fortini i barbari risposero egregiamente.
Non lasciarono il tempo ai romani di organizzarsi ed assaltarono i forti
uccidendone le piccole guarnigioni impiegate nella costruzione.
Capito che la campagna sarebbe stata più impegnativa del previsto Valentiniano
II si abbandonò ad ogni possibile violenza. Iniziò a rastrellare i villaggi
prendendo in ostaggio donne e bambini, distrusse il cibo, iniziò a dividere in
piccole squadre i suoi uomini per cacciare i nemici gruppo per gruppo.
Solo a Settembre del 419 riuscì ad avere ragione delle resistenze barbariche.
Oltre 4000 erano i nemici trucidati ed altrettanti civili erano stati uccisi per
piegarne la resistenza. Alla fine i capitribù della Caledonia meridionale
decisero di sottomettersi riconoscendo l'autorità imperiale.
Per le file dell'impero Britannico però le azioni avevano richiesto un grande
sforzo, a fronte delle forti perdite nemiche anche le legioni avevano subito un
duro colpo. Le fonti, disilluse, parlano di almeno 3000 legionari morti insieme
a 1000 ausiliari.
Desideroso di tornare a completare la sua azione Valentiniano si avviò a
svernare verso Sud quando avvenne l'irreparabile. Rimasto indietro con una
piccola scorta di uomini in uno dei villaggi appena conquistati, l'imperatore si
fermò a visitare la popolazione.
Valentiniano II era sicuro che il terrore non avrebbe permesso gli succedesse
nulla.
Le fonti non sono chiare a riguardo, c'è chi parla di un bottegaio, chi di un
pastore, chi, addirittura di un notabile locale, fatto sta che un uomo,
avvicinandosi alla scorta dell'imperatore cominciò ad inveire contro di lui.
L'uomo era rimasto senza moglie e figli per colpa delle azioni di
controguerriglia. Quando le guardie si avvicinarono per allontanarlo questi
sfoderò una spada uccidendo uno della scorta. Si dice che ne derivò una
colluttazione in cui la popolazione del villaggio si unì alla zuffa. Nello
scambio di colpi con pietre, lame e botte da ogni dove Valentiniano venne
raggiunto da due massicci colpi di frombola che lo colpirono allo sterno ed alla
testa e cadde ferito. Le guardie alla fine riuscirono ad avere ragione
dell'attacco, ma la salute dell'imperatore peggiorò sempre più finché,
nonostante le medicazioni ricevute al campo qualche km più a Sud, morì in
agonia.
Non aveva generato eredi, lasciando così il trono dell'impero Britannico
vacante.
In Oriente invece si scatenava il Caos, gli alani irrequieti, di fronte alla
possibilità di una nuova razzia Unna, ma soprattutto di fronte alle tante belle
parole di Arcadio, decisero che si erano anche rotti le balle.
Prese armi e bagagli abbandonarono i loro insediamenti per spostarsi a Sud.
Sotto la velata minaccia di vedere la sua testa mozzata se non fosse riuscito a
fermarli, Flavio Costanzo venne intimato di fermare l'avanzata dei barbari.
Il generale però con le forze sparute e stanche che aveva a disposizione era
tutto meno che desideroso di intraprendere quest'azione.
Con la minaccia Unna sui confini deperire ulteriormente le forze imperiali era
un suicidio.
Così mentre fingeva di andare contro gli Alani con uno stanco inseguimento
inviava messaggi alla moglie a Costantinopoli per sondare il terreno per un
colpo di mano.
Era chiaro come alla corte Costantinopolitana in pochi gradissero Arcadio e la
sua incapacità.
Fu così che Flavio Costanzo si decise per tentare il colpo di mano. Raccolto il
giuramento di fedeltà dai suoi uomini egli procedette anche a stabilizzare il
fronte barbarico.
Convocati in gran segreto gli Alani decise di assicurare loro il Peloponneso, in
cambio questi avrebbero smesso di girovagare ed avrebbero versato un tributo
decennale all'impero insieme a tornare a fornire truppe.
A Giugno il piano scattò. Costanzo, deviando dalla sua tratta originaria in
Mesia fece un lungo discorso di esortazione alle sue truppe e riscossa
l'acclamazione delle sue truppe mosse su Costantinopoli. Qui i vertici delle
Scholae, ricordando il servizio da Arcadio anni prima, rifiutarono di sostenere
l'imperatore ed accordatesi con Galla Placidia avrebbero messo sotto custodia
l'imperatore.
Quando le prime forze di Flavio Costanzo apparvero alle mura di Costantinopoli
il piano scattò. In breve Arcadio venne assediato nel suo palazzo mentre le
porte della città aperte, pare che la popolazione, aizzata a dovere, fosse
andata ad accogliere personalmente Costanzo.
Alla fine l'imperatore, ormai prossimo al crollo nervoso per le vicende, si
suicidò gettandosi dalla finestra del palazzo.
A millenni di distanza sembra che la famosa serie tv "Game of Thrones" ispirò il
volo d'angelo del Re Tommen a quello dell'imperatore Arcadio dal proprio
palazzo.
Il 20 Luglio 419 Flavio Costanzo venne ratificato imperatore da parte del senato
costantinopoliano ed in breve ricevette il giuramento di fedeltà degli eserciti
egiziano ed europeo.
Il generale Procopio ad Est invece rifiutò di piegare la testa a quello che
considerava un usurpatore.
L'unico a passare l'anno grattandosi fu Graziano. Le notizie della Pars Orientis
lo preoccupavano, ma sì, fino ad un certo punto. Mentre procedeva
l'addestramento di truppe ausiliari di arcieri a cavallo egli predispose lo
spostamento di alcuni reparti di comitatensi ai confini con l'Oriente. Ma
sostanzialmente la tranquillità interna permetteva di agire con molta calma.
In accordo con il re Alamanno Macriano, l'imperatore promulgò una serie di
editti che integravano i circuiti commerciali Alamanni e Romani, inviò infatti
esperti della zecca ad Alamannica dove ben presto si iniziò a coniare una moneta
di peso e piede simile al solido romano. Questo avrebbe permesso di facilitare
gli scambi tra ricchi mercanti dei due stati.
Il colpo al cuore venne alla notizia della morte dello zio. Egli rimaneva
l'unico vero erede al trono.
Fu così che venne costretto nel 420 ad attraversare in armi la manica assieme a
10000 veterani e reclamare per se il trono.
Azione che si svolse senza grande opposizione dato che l'élite militare e civile
britannica non aveva chissà quale caratterizzazione a se stante da porre
alternative.
Suo malgrado però Graziano dovette rendersi conto di dover chiudere i casini
dello zio. La Caledonia pacificata infatti alla notizia di ribellò vanificando
le azioni precedenti.
Quando un consistente esercito Pitta marciò verso il vallo di Adriano egli li
intercettò e sbaragliò.
Egli riuscì anche a catturare alcuni influenti nobili. Vedendo a difficoltà a
piegare con le armi quel popolo l'imperatore optò per la diplomazia. Rispedì
questi nobili a casa e mentre iniziava ad organizzare la campagna militare
iniziò a seminare tramite loro discordia tra i Pitti.
421:
La notizia che Procopio aveva stretto un patto di non aggressione (in cambio di
un tributo) con i Sasanidi ed aveva poi mosso verso l'Egitto fu ciò che convinse
Flavio Costanzo a rinunciare ad ogni possibile trattativa. Tenendo sotto
custodia Teodosio II, figlio di Arcadio, Flavio Costanzo raschiò il fondo del
barile delle risorse dell'Oriente, richiamò praticamente tutte le truppe rimaste
a guarnigione del Danubio per unirsi alla sua campagna. Limitanei, Comitatus,
barbari, Costanzo riuscì a radunare sui 30000-40000 uomini. Le fonti confermano
quella che era una sensazione comune tra i soldati e cioè che l'abbandono del
Danubio avrebbe significato non un indietreggiamento temporaneo, ma un abbandono
definitivo della frontiera sul fiume.
Flavio Costanzo non lo sapeva, ma in breve gli Unni avrebbero occupato l'area
oltre il Danubio ormai sguarnita ed egli non sarebbe riuscito a riprenderne il
controllo.
Per prevenire la mossa di Procopio diretto in Egitto Flavio Costanzo si imbarcò
e si mosse verso Alessandria, fu qui che entrarono in gioco i Vandali. Questi
non riconoscendosi più legati da alcun giuramento o trattato iniziarono a fare
quello che facevano meglio, essere spine nel fianco. Dalla base ad Efeso dove si
erano insediati anni prima presto cominciarono ad accampare ogni scusa possibile
per non partecipare alla guerra. Inoltre mentre la flotta imperiale avanzava,
navi non identificate attaccarono alcuni vascelli dei rifornimenti. Flavio
Costanzo capì presto il gioco Vandalo. Questi negli anni di pace si erano
costruiti un gran numero di barche ed ora, con la scusa di non essere loro i
mandanti ufficiali inviavano pirati a fare azioni di disturbo (ndr: Bruno, ti
ricorda qualcosa? ahahah). Sapevano che le navi imperiali avevano fretta e non
potevano reagire e cercavano ogni modo per estorcere nuove concessioni.
Flavio Costanzo fu costretto a cedere se non voleva vedersi i rifornimenti
minacciati ed una spina nel fianco alle spalle. Il problema era che i forzieri
imperiali erano praticamente asciutti, non c'era possibilità di fare spese
extra, fu così che, suo malgrado, il neo imperatore mise sul piatto il possesso
di Samo ed altre isole Egee.
In cambio però l'imperatore pretese che i Vandali si impegnassero in azioni di
disturbo sulle coste della Siria, così da rallentare Procopio.
Il piano andò bene i Vandali iniziarono le scorrerie e giurarono fedeltà a
Flavio Costanzo mentre questi arrivò prima di Procopio in Egitto assicurandosi
la fedeltà delle truppe qui presenti.
Procopio non era uno sprovveduto e resosi conto che i Vandali erano solo una
distrazione decise di cambiare strategia, rinunciando alla missione in Egitto
mosse verso Nord formalmente per sistemare i Vandali e coprirsi le spalle.
Credendosi al sicuro e volendo una veloce vittoria Costanzo abbandonò la
posizione di vantaggio nel delta del Nilo e mosse verso Procopio. Sperava che
una vittoria veloce avrebbe convinto l'esercito ad abbandonare il rivale.
Quello che non calcolò fu il contributo delle tribù arabe al servizio del
generale.
Il 17 settembre 421, mentre il resto dell'esercito era indietro, l'avanguardia
di Flavio Costanzo venne attaccata da qualche migliaio di arabi, veloci e
sfuggevoli presto falciarono l'avanguardia decimandola e costringendola a
ripiegare indietro verso l'Egitto.
In Occidente Graziano avviava la nuova campagna contro i Pitti, sfruttando i
suoi veterani iniziò una lenta, ma costante avanzata nel territorio. Ripropose
la strategia dei forti già tentata dallo zio, ma questa volta decise di
procedere pezzo per pezzo così da scoraggiare gli attacchi. Inoltre disperse un
gran numero di soldati a battere il territorio. Veterani che avevano già visto
una guerra fatta di imboscate riuscirono presto a mettere i pitti sulla
difensiva stanando i loro covi e distruggendoli. Con una costante azione di
controspionaggio inoltre riuscì ad individuare le guide che davano indicazioni
sbagliate ed arrestarle.
In tutto ciò, stranamente, non torse un capello alla popolazione che invece
assistette.
A fine anno, sfruttando la rete di contatti che si era creato iniziò ad avanzare
proposte di pace ai Pitti ed agli Scoti. Specialmente iniziò ad offrire
posizioni di rilievo a quei nobili che avrebbero abbandonato la causa Pitta
consegnando i nemici ai Romani. Ben presto le difficoltà e la durezza della
guerra fecero venire strane idee ad alcuni notabili locali. L'oro sicuramente
facilitò questi pensieri.
La sconfitta fuori dal Delta fecero sfumare le intenzioni di Flavio Costanzo.
Egli dovette riorganizzare le proprie forze, intanto però Procopio si era ormai
allontanato andando verso Nord. Ad Ottobre questi riuscì, sempre grazie alle
tribù arabe ad intercettare le varie squadre vandale debellandole ed inducendoli
a fare quello che riusciva loro meglio: i propri affari. Prese armi e bagagli i
Vandali se ne andarono.
Procopio organizzò poi un secondo attacco, questa volta ai danni della flotta di
Flavio Costanzo, prese una piccola squadra navale e sfruttando gli ultimi giorni
di navigabilità del mediterraneo lanciò un raid alla flotta dell'usurpatore.
Specialmente a fare danni fu l'uso di alcuni speciali brulotti. Sfruttando un
racconto antico egli posizionò dei contenitori di grasso animale ed olio in
delle bireme alleggerite, delle fiamme era posizionate molto vicino ai
recipienti. All'impatto con le navi le fiamme sarebbero cadute appiccare un
forte fuoco. Il vento favorevole avrebbe fatto il resto disperdendo le fiamme
contro le vele e le navi nemiche.
Questa cosa scompaginò la flotta di Costanzo mentre la squadra navale creò danni
profondi. Flavio Costanzo andò su tutte le furie quando venne a sapere che oltre
40 navi erano state distrutte o rese inutilizzabili.
Nelle intenzioni di Procopio questo doveva rallentare Costanzo, diminuirne la
capacità navale e la possibilità di rientrare in fretta a Costantinopoli.
Il piano si avverò, infatti, con meno navi e l'arrivo della cattiva Stagione
Costanzo non voleva rischiare una traversata per rientrare a Costantinopoli.
Isolato in Egitto Costanzo dovette muoversi di nuovo sul piano diplomatico, gli
arabi con i loro mordi e fuggi erano un pericolo costante all'avanzata inoltre
riuscivano a riferire velocemente Procopio di ogni mossa nemica che così poteva
muoversi e rispondere adeguatamente. Fu così che egli iniziò ad informarsi, dai
disertori apprese che a Sud era schierato nello specifico un contingente di
arabi Lakmidi sotto il comando del fratello minore del capotribù. Uomo dissoluto
ed assetato di potere questi non si fece ripetere due volte di poter ottenere la
guida della popolazione con l'aggiunta di un piccolo tributo e ricche proprietà
private in Egitto.
Fu così che a fine Novembre, mentre Procopio si riorganizzava e preparava i
rifornimenti per un raid a Costantinopoli nella prossima stagione, Costanzo si
mosse, con la defezione degli Arabi a Sud l'esercito poté passare senza che
Procopio si accorgesse se non dopo molto tempo.
Fu così che Flavio Costanzo riuscì a sbloccare la situazione muovendo lungo la
costa mediorientale. Le forze lasciate ad Aelia capitolina, per contrastare i
movimenti nemici, tagliate fuori, vennero prese di sorpresa. Nel tentativo di
contrattaccare le spalle di Costanzo caddero in un'imboscata dei traditori arabi
e sconfitti.
Procopio preso impreparato venne salvato dal sacrificio di una legione di
veterani che riuscì a rallentare Abbastanza il nemico da farlo riorganizzare.
Temendo che la sua posizione fosse compromessa Procopio abbandonò la calma e si
diresse ad intercettare Costanzo, ne risultò la battaglia della Siria del Sud.
Un gigantesco bagno di sangue in cui però nessuno dei due schieramenti ebbe la
meglio terminando in un inconcludente pareggio tattico. La tenacia degli Arabi
ancora con Procopio annullò quella dei traditori. Sul fronte imperiale se il
comitatus di Costanzo riuscì a sfondare l'ala destra di Procopio, l'ala sinistra
di questi, supportata dalla più forte cavalleria e da esperti arcieri riuscì a
sfondare la destra di Costanzo realizzata soprattutto di barbari. Il sostanziale
pareggio tattico portò enormi caduti a tutti con oltre 15-20 mila morti e feriti
gravi sul campo.
La cosa però più sconvolgente fu quello che accadde alla notizia che i Sasanidi,
venendo meno ai patti avevano deciso di approfittare di quello che ormai era un
supermercato incustodito come l'impero d'Oriente. Decine di migliaia di Sasanidi
attraversarono i confini. Alla notizia entrambi i comandanti avrebbero voluto
dare il colpo definitivo al rivale per poi rispondere alla minaccia. Qui però
avvenne l'incredibile. I soldati di entrambi gli schieramenti, dopo che i
rispettivi ufficiali si erano contattati tra loro, decisero di rifiutare di
prendere le armi. Era inconcepibile concentrarsi nell'ennesima guerra intestina
con questa invasione in campo.
Costrinsero così i due contendenti a scendere a patti ed incontrarsi.
In Pittia e Scotia Graziano mosse le sue tele. Quando al concilio della nobiltà
Pitta e Scota si discusse cosa fare con le proposte romane, i nobili filo romani
inizialmente tentarono di convincere gli altri ad ascoltare. All'ennesimo
diniego, deciso durante la terza riunione, avvenne il finimondo. Le guardie dei
filoromani iniziarono ad assassinare a coltellate gli altri, il tutto mentre un
gruppo di "forze speciali" imperiali iniziò un assalto a sorpresa al villaggio.
A fine giornata, il 15 Novembre 421, buona parte della nobiltà Pitta insieme ai
loro uomini era stata liquidata aprendo le porte alle trattative di pace.
Costretti in una situazione veramente imbarazzante, con i loro ufficiali pronti
a liquidarli entrambi se non avessero messo da parte le momentanee differenze,
Procopio e Flavio Costanzo dovettero accettare di mettere momentaneamente fine
alle loro discordie. La considerazione che godevano come buoni generali era
l'unica cosa che li teneva in vita.
Decisero quindi di firmare l'intesa di Antiochia, avrebbero momentaneamente
unito le loro forze contro i Sasanidi congelando promesse e complotti verso
alleati e nemici. Fu così che verso il dicembre del 421 i due eserciti
marciarono congiuntamente verso i Sasanidi impegnati nei saccheggi della Siria
Orientale.
Messe momentaneamente da parte le differenze, la loro abilità congiunta si vide
subito, questi infatti immediatamente iniziarono una controguerriglia feroce
contro le sparpagliate squadre sasanidi convinte di poter fare bello e cattivo
tempo.
Presi di sorpresa dalla riunione degli eserciti imperiali inaspettata i Sasanidi
vennero costretti allo scontro frontale con l'esercito imperiale. La battaglia
che ne seguì, nonostante per l'impreparazione e la sottovalutazione dei Sasanidi
sia stata a senso unico, vide un fatto che nessuno poteva aspettarsi.
Procopio, nel tentativo di attirare in una finta ritirata la cavalleria persiana
e chiuderla contro la seconda linea di fanteria venne gravemente da una freccia.
Con l'ultimo fiato prima di cadere ordinò alla cavalleria romana di finire i
Sasanidi intrappolati e spingere per l'accerchiamento.
Flavio Costanzo invece, schierato tra la fanteria per tenere il centro venne,
durante lo scontro, momentaneamente isolato dal resto dei suoi uomini. Egli,
combattendo con le unghie e con i denti riuscì a resistere e tornare tra le sue
fila, di contro ricevette così tante ferite da essere costretto ad abbandonare
il campo poco dopo che il fronte Sasanide si ruppe.
Giunto al campo apprese della morte di Procopio, il suo sollievo fu però ben
presto lavato via dalla sua precaria condizione di salute. Mentre gli ufficiali
si sbrigavano a chiudere una pace bianca con i Sasanidi, l'infettarsi di una
ferita fece morire Costanzo di morte dolorosa.
In una battaglia sia l'usurpatore che il difensore dell'imperatore "legittimo"
erano caduti sul campo.
L'esperienza degli ufficiali e la loro stanchezza assieme a quella dell'esercito
evitarono novelli usurpatori. I barbari stanchi chiedevano di tornare a casa.
Nel giro di 3 mesi erano caduti oltre 35000 uomini, nessuno voleva altro sangue.
Il Magister Militum per la Tracia, al seguito di Flavio Costanzo, mandò un
messaggio alla controparte occidentale per informarla dell'accaduto chiedendo
pareri sul da farsi e mostrandosi propenso a sottomettersi a Graziano se lo
avesse ritenuto opportuno, per il resto prese il titolo di Magister Militum per
Orientem. Il capo delle Scholae venne rispedito a Costantinopoli con la missione
di tenere la situazione tranquilla, mentre le truppe rimandate nelle rispettive
posizioni. Ben presto fu chiaro che la Tracia era perduta, le truppe prima lì,
le poche rimaste, avrebbero trovato nuova sistemazione.
In Occidente Graziano, dopo aver sottomesso le tribù della Scotia, saputo dei
casini in Oriente tornò tempestivamente in patria delegando ai suoi generali di
terminare la campagna.
Egli rispedì al mittente l'offerta di tornare a guidare l'impero d'oriente. Il
suo pensiero ora era solo all'Occidente il quale solo da qualche anno era
tornato a splendere. Egli invece riconobbe come legittimo imperatore Teodosio II
ed inviò anche 3000 veterani affinché vigilassero sulla vita del collega ed una
promessa di un grande concilio a Costantinopoli per il tardo 422.
422:
Se tutto l'anno passò relativamente tranquillo il grande Concilio Imperiale del
422 si trasformò in uno dei più tormentati incontri a cui Graziano partecipò.
Come suo padre egli fu solito tenere un diario. Fatto che nella storia si è
visto poche altre volte, abbiamo prove tangibili, con la sua sgraziata grafia
semionciale, di insulti ed alterchi di sfogo che lo stesso annotò sul proprio
taccuino data la difficoltà che trovava nel trattare con quel covo di serpi che
era Costantinopoli.
"Nessuno mi aveva avvertito che avrei preferito il freddo schifoso e le budella
dei Pitti morti agli sfarzi del Palazzo di Costantinopoli."
Quello che si aprì il 30 settembre 422 si preannunciava come un Concilio
stranamente ottimista, l'ultimo usurpatore era morto e la decisione univoca
dell'esercito di abbassare le armi sembrava finalmente portare tranquillità.
Inutile dire che non sarebbe stato così.
Primo scoglio duro: i cortigiani non gradivano Teodosio II, era un debole, ma un
debole stranamente avulso dalle adulazioni e dalla vita di corte, forse i
ricordi tormentati del padre lo avevano spinto ad allontanarsi da quel mondo.
Insomma, nella sua debolezza era una scheggia prevedibile e poco comprabile con
adulazioni.
Una mezza congiura venne proprio sventata un paio di giorni prima dell'arrivo di
Graziano. Egli, volendo dimostrare buona volontà, vedendo quant'era raffazzonata
la cosa, chiuse un occhio, fece annegare silenziosamente il capo del tutto e
spedì delle lettere minatorie agli altri come fossero "buffetti" sulle guance.
Secondo Nodo: i Vandali.
Questi, non paghi di aver giocato sulla pelle di un po' tutti attuando il più
spudorato dei cerchiobottismi, ebbero l'ardire di autoinvitarsi al Concilio.
Additarono come pretesto la necessità di ridiscutere i trattati per ratificare
le concessioni di Flavio Costanzo e tutte le isole occupate oltre che la
concessione di un tributo per il loro "servizio" all'impero.
Graziano rischiò, doveva essere caratteristica di famiglia, l'ictus cerebrale,
ma asciugatosi il sangue dal naso li incontrò privatamente.
Il fatto era che al momento, tra le flotte rubate e costruite i Vandali
disponevano di una flotta non indifferente e lo stato dell'esercito orientale
rendeva impensabile una difficile campagna interna all'anatolia. Da parte sua,
nonostante le pressioni del capo delle Scholae Palatinae, Graziano non voleva
mettere un uomo per l'Oriente.
Fece così una mossa avventata ma efficace. Grazie ai contatti di alcuni suoi
veterani lì da qualche settimana ottenne di corrompere alcuni ufficiali Vandali,
pagati questi a peso d'oro, riuscì ad incendiare le navi con cui i barbari si
erano presentati a Costantinopoli.
Poco dopo fece pervenire a questi un messaggio.
"Vi concedo di tenere solamente Samo, se provate a mantenere un uomo su qualsiasi
altra isola egea affronterete la mia furia".
I Vandali, capendo la dimostrazione di forza, annuirono ed accettarono di sgomberare ogni isola e di "accontentarsi" di Samo.
Così erano liquidate le questioni di contorno, si aprì finalmente il Concilio.
Informato Teodosio II delle azioni Graziano fece pervenire al collega il suo
pieno riconoscimento.
Teodosio II e soprattutto sua sorella Pulcheria ebbero così l'appoggio di
controbilanciare le richieste di esercito, barbari ed aristocrazia. Il primo
partito a venir liquidato fu quello antibarbarico. Venne dato loro un contentino
simbolico con cui si proibiva ai capi barbari di ricoprire importanti cariche
militari nell'esercito. L'imperatore poteva però "in condizioni di comprovata
necessità concedere deroghe ed eccezioni". Questa fumosa correzione rese presto
il decreto lettera morta.
Venne poi affrontato il nodo dell'esercito. I legionari volevano un aumento del
soldo o un donativo straordinario come compensazione delle enormi fatiche
sopportate negli ultimi anni. Il problema era che in cassa a Costantinopoli
praticamente non c'era nulla.
Confidando nella possibilità che la pace facesse ripartire la riscossione delle
imposte Graziano concesse di far pervenire un prestito da parte sua al collega
in cambio di un pagamento molto dilazionato nel tempo, 20 anni. 1000 libbre
d'oro sarebbero arrivate l'anno dopo per permettere il pagamento del donativo
straordinario.
L'aristocrazia rappresentò invece un nodo più duro, questi lamentavano le molte
e, secondo loro, ingiuste tasse arretrate. Interi incontri degenerarono in
bagarre in cui l'esercito dovette sedare gli animi con accuse e contro accuse.
"Questi latifondisti, dovrei fare con loro come fece mio padre in Occidente".
Alla fine si giunse all'accordo che a chiunque avrebbe fatto richiesta entro tre
anni sarebbe stato scontato fino ad un massimo della metà degli arretrati. In
cambio questi si impegnavano a pagare piano piano gli arretrati rimasti in 10
anni insieme alle tasse normali.
I barbari chiesero l'estensione dei loro privilegi, questa fu l'unica richiesta
che Graziano non riuscì a controbilanciare adeguatamente. Se i Marcomanni
accettarono la semplice forte riduzione del tributo annuo da loro dovuto, Alani
e Franchi chiesero di rimodulare l'Hospitalitas a cui erano soggetti.
Gli Alani chiedevano il Peloponneso, l'Attica e l'Eubea, mentre i Franchi il
controllo completo della Tessaglia fino ad una parte di Beozia ed le parti
Sud-Est della Macedonia. In pratica questi volevano riconsegnare all'impero le
porzioni più vicine al confine Unno che avevano.
Solo un'estrema opera di convincimento e paura riuscì a convincere gli Alani a
rinunciare all'Attica ed all'Eubea in cambio della Focide e di una striscia di
terra che connettesse Peloponneso e Focide, inoltre si riusci a chiudere il
tributo che l'impero doveva loro annualmente. I Franchi vennero convinti a
rinunciare a tutte le richieste a Sud ed accettare parti più settentrionali
della macedonia così da poter difendere meglio quello che rimaneva in mano
dell'impero in Grecia.
Sostanzialmente però l'impero d'Oriente non riuscì ad impedire ai barbari di
ottenere gran parte delle loro richieste.
Liquidata l'ultima questione, dopo 4 faticosi mesi, il Concilio si chiuse.
Graziano Cincinnato si trattenne fino a primavera e concluse l'anno sposando
Galla Placidia e ponendo quindi fine ad ogni questione di successione o cose
simili.
Egli infatti, rimasto vedovo prematuramente a 20 anni, non si era più risposato,
pressato dalla sua corte alla fine decise di accettare la mano di Galla
Placidia, vedova di Flavio Costanzo. Così avrebbe riportato quella donna in
Occidente chiudendo le questioni dinastiche Orientali.
Verso fine 423 ebbero anche il loro primo figlio, chiamato Valentiniano III.
Da lì per alcuni anni regnò la pace nel Mediterraneo e nei due imperi.
422-430: La pace regnò per otto anni. Persino gli Unni rimasero molto
tranquilli. Se l'Oriente riuscì a tenere la posizione fu l'Occidente a vedere la
fioritura.
La fine delle spese straordinarie militari in Britannia permise di deviarne
parte al consueto mantenimento delle difese di confine, in parte alla tesoreria
in vista di progetti futuri.
All'interno dei domini imperiali vennero varate anche alcune riforme
amministrative.
Innanzitutto la Militia Laetorum venne riorganizzata. Constatando la progressiva
scomparsa di un carattere etnico venne come prima cosa rinominata semplicemente
"Militia".
Il numero di 30.000 unità venne mantenuto ed il loro numero diviso tra le
diverse prefetture del Pretorio e poi tra le diocesi e Province. Il prefetto del
pretorio sarebbe stato affiancato da un Magister Militum per coordinare le
azioni della forza sul territorio con compiti essenzialmente di polizia e caccia
ai briganti.
Le prefetture vennero riorganizzate.
I Preafecutura Italiae et Africae: comprendeva
l'Africa dell'Occidente e l'Italia.
II Praefectura Hiberiae et Galliarum: tutta la
penisola iberica e la Gallia comprendendo la Germania Romana.
III Praefectura Pannoniae et Illiryci: Pannonia ed
Illirico
IV Praefectura Britanniae et Hiberniae: tutta la
Britannia con l'Hybernia.
Ogni prefettura vedeva il dispiegamento di 7000 militiani con l'aggiunta di 2000
sparsi tra le città più Popolose come Roma e Cartagine per aiutare nel controllo
del territorio.
In Britannia inoltre la Militia lavorò fianco a fianco con l'esercito per
terminare il lavoro di sottomissione e debellare le ultime sacche ribelli.
Sfruttando il tesoro dello zio Valentiniano II Graziano fece poi partire molti
lavori pubblici in Britannia così da munirla di strade e controllarla meglio.
A livello locale venne definitivamente accantonata la figura del Curiale.
L'onere delle tasse mancanti sarebbe quindi ricaduto su tutta la comunità e non
solo su questi. Vennero definitivamente accantonati i donativi di ringraziamento
per l'elezione dei magistrati locali sostituiti dalla possibilità di versare
somme per evergetismo e non per clientela politica. Somme che insieme
all'amministrazione economica caddero sotto l'autorità del Questor Municipalis
il quale si occupava il compito di riscossione imposte e controllo sulle finanze
locali a fine di evitare spese pazze a caso e testimoniare la ricchezza della
città. Per evitare corruzioni la carica era nominata in sede di Diocesi e
ruotava ogni 3 anni.
Per il resto le città vedevano una sostanziale autonomia interna nella gestione
locale.
La progressiva e sempre più forte decadenza dei culti pagani spinse le autorità
alla chiusura di altri templi abbandonati il cui incameramento dei tesori portò
nuove risorse all'Erario imperiale.
Per quanto riguarda l'estero l'impero d'Occidente completò il totale
asservimento del regno Burgundo-Sassone dell'alto Reno. Profondamente legati
ormai ai romani, dopo la morte senza eredi dell'ultimo monarca la nobiltà si
rivolse all'imperatore nella scelta della propria guida. Da lì fino
all'inglobamento del regno sarebbe stata sempre Roma a decidere il nuovo
monarca.
Macriano il minuto intanto, come guida degli Alamanni continuò la politica di
Romanizzazione. Egli completò la costruzione di una rete stradale lastricata nel
regno ed iniziò a redigere un codice di leggi fortemente ispirato alla summa del
diritto Romano pubblicato pochi anni prima. La costruzione di grandi terme
pubbliche nella capitale Alamannica fu un ulteriore segno dell'alta
romanizzazione del sovrano.
432:
Ormai un decennio di pace regnava nell'impero quando il Re Unno Rua,
succeduto ad Octar, decise di tornare alla carica per saccheggiare nuovi
territori.
Paradossalmente il debole e malato Oriente venne lasciato in pace, Rua voleva
infatti fare il colpo grosso e con un esercito di 25000 uomini, tra cui 15000
fanti alleati, mosse dalla Tracia e Mesia occupate verso occidente.
I Limitanei vennero presi di sorpresa, ma mostrarono la disciplina che li
contraddistingueva dai corrispettivi orientali. Le fortificazioni sul confine si
attivarono creando numerose rogne costringendo gli Unni a rallentare, questo
finché il forte presidio di Sirmio, con 6000 uomini riuscì a bloccare l'avanzata
Unna costringendoli ad intraprendere un grosso assedio per cui non erano pronti.
Questo diede il tempo al Magister Militum per la Pannonia di radunare delle
truppe per contrastarli. Tra i Duces al seguito del Magister un Giovane
ufficiale chiamato Flavio Ezio il quale da subito si pose di traverso all'idea
di andare ad incontrare gli Unni volendo aspettare il radunare una forza più
consistente di cavalleria prima di muovere e di intercettarli solo dopo averli
chiusi su un terreno a loro sfavorevole.
A male parole il Dux venne rimesso al suo posto, mentre i romani riuscirono a
radunare 24000 uomini. 15000 Fanti, 7000 cavalieri e 2000 arcieri a cavallo
delle nuove forze fatte approntare dall'imperatore.
Partiti dalla costa Illirica i romani marciarono verso Sirmio. Rua non
volendo farsi schiacciare tra la città ed i Romani mosse d'anticipo lasciando
l'assedio e muovendosi verso l'esercito in arrivo. Un primo tentativo di
imboscata contro i romani fallì per l'azione di Flavio Ezio, il quale conoscendo
gli unni, dopo averci trascorso anni come ostaggio ed ospite, previde la mossa
muovendo unità di schermagliatori e far sloggiare gli Unni dalle colline a Nord
delle loro posizioni.
Capendo la situazione Rua sloggiò dall'assedio e mosse verso nord, voleva
attirare i Romani su un terreno più favorevole alla sua cavalleria e non aveva
intenzione di ritirarsi con questo magro bottino che aveva avuto fin'ora.
Il magister militum, ansioso di reclamare una prestigiosa vittoria sui nemici
abbandonò ogni cautela e mosse all'inseguimento.
Le parole di Ezio furono inutili, il 15 Giugno la colonna romana in avanzata
subì l'assalto improvviso dei cavalieri Unni, 3000 arcieri a cavallo colpirono
gli impreparati legionari appena usciti dal campo.
1500 fanti e 400 rimasero feriti o uccisi senza che riuscissero nemmeno a
rispondere.
Non pago di ciò il comandante romano continuò imperterrito, per una settimana
gli Unni continuarono i loro attacchi mordi e fuggi rifilando qualche centinaio
di morti nelle schiere. Ma Rua si mosse bene, per non indurre i romani a
fermarsi sacrificò una parte dei suoi uomini, durante il tardo pomeriggio del 26
Giugno gli Unni ingaggiarono una battaglia, a scontrarsi furono principalmente
le fanterie e si rivelò subito la supremazia romana che sbaragliò le forze
nemiche. Il sopraggiungere della sera e la stanchezza dopo la marcia insieme
all'intervento della cavalleria Unna riuscì a salvare i barbari.
A fronte di moderate perdite, appena 800 uomini, Rua tolse ogni dubbio ai
romani che mossero ancora più furiosi nella trappola Unna.
Il 30 Giugno si incontrarono nei pressi del Danubio.
Sarebbe stata una battaglia difficile da dimenticare per i Romani.
Il campo di battaglia era pianeggiante, l'ideale per le forze unne, Ezio, con un
estremo tentativo pregò il Magister di rinunciare alla battaglia e contenere gli
Unni fino all'arrivo dell'imperatore o quantomeno dei rinforzi.
Sfregandosi le mani per la vittoria imminente, almeno così credeva, il magister
fu ad un passo dall'esautorare Ezio. Lo lasciò al suo posto solo per la sua
abilità.
Fu così che di buona mattina gli esercito si schierarono, i Romani si
schierarono su una linea sola, scelta molto discutibile, puntando a sfondare la
fanteria nemica.
Mettevano in campo tra i 12 ed i 13000 fanti con 6000 cavalieri e 2000 arcieri a
cavallo. Ezio venne relegato ad un ruolo minore e che gli stessi Romani non
comprendevano bene, come comandante dei tiratori montati.
I 6000 cavalieri vennero divisi equamente in 3000 uomini per fianco. Mentre i
2000 arcieri a cavallo fungevano quasi da riserva indietreggiati, un uso
abbastanza ingenuo per quel tipo di truppa.
Gli Unni schieravano invece 14000 fanti alleati e 10000 cavalieri, divisi essi
tra 5000 arcieri a cavallo e 5000 cavalieri pesanti da sfondamento.
Inoltre Rua volle indebolire volutamente il suo centro schierando 10000 uomini,
i migliori che aveva, tra i due fianchi ed altri 4000 al centro. Voleva che i
romani impattassero con forza il centro, ma venissero poi imbottigliati ai
fianchi.
Gli Unni allo stesso modo schierarono in modo uniforme le loro forze mettendo
5000 cavalieri per lato.
La battaglia iniziò con i romani avanzare chiusi nel loro muro di scudi, una
lenta avanzata che rese inutili le frecce degli arcieri e tiratori unni per
testare la formazione legionaria, coperta da scudi e pesanti corazze. Alla fine
i due blocchi di fanteria vennero a contatto e si evidenzio fin da subito la
superiorità romana che iniziò a far indietreggiare le schiere Unne. Sulle Ali la
situazione era invece più stabile, i più pesanti cavalieri Romani sembravano
reggere la pressione del corpo a corpo unito alla frecce.
Ezio intuì che qualcosa non andava, stava andando tutto troppo bene.
Infatti, Rua, ritenendo l'indietreggiamento della fanteria credibile suonò il
segnale di ritirata facendo indietreggiare la fanteria. I cavalieri sul fianco
sinistro invece scapparono.
Il Magister, a capo dell'ala destra Romana decise che era il momento di andare
avanti ed inseguire il nemico. La cavalleria romana sul fianco destro quindi si
sganciò dalla battaglia per inseguire il nemico, quando fu chiaro, ormai
abbastanza distanti che era tutta una trappola, infatti ben presto gli arcieri a
cavallo, che nel simulare la fuga si erano divisi in più tronconi, tornarono a
tirare da tutte le direzioni sui cavalieri.
Anche i cavalieri da mischia Unni terminarono la ritirata e bloccarono l'ala
romana circondata.
Ezio, capendo la trappola si spostò sul fianco sinistro, aggirò l'ala destra
Unna con i suoi arcieri a cavallo, per sbloccare il pesante impasse fece
un'azione quasi suicida. Lasciò ad un suo sottoposto di nome Costanzo 1500
arcieri a cavallo ad attirare l'attenzione dei corrispondenti nemici, mentre con
500 uomini si incuneò negli spazi vuoti nemici per prendere alle spalle i
cavalieri Unni.
Seppur ancora non rodati gli arcieri a cavallo di Costanzo ressero bene il
confronto con i corrispondenti, a fronte delle pesantissime perdite del reparto,
1000 cavalieri, egli riuscì a tenerli lontano.
La carica di Ezio riuscì a scompaginare gli Unni impreparati, Rua, cercando di
sbloccare la situazione suonò la ritirata. Ezio però non cadde nel tranello e
fece fuggire gli scompaginati cavalieri Unni, riunì le sue fila appena in tempo
per vedere il ritorno dell'ala sinistra Unna che muoveva sul fianco destro
Romano per aggirarlo. Sapendo che se l'azione fosse stata completata, sarebbe
stato un disastro, Ezio prese con se 1000 cavalieri pesanti, mentre ordinò ai
superstiti di aggirare il fianco destro nemico.
Mosse dietro lo schieramento giusto in tempo per prevenire l'accerchiamento.
Tra le fanterie la situazione era diventata insostenibile. I Romani avanzavano
al centro, ma sui fianchi non riuscivano a sfondare. Il fianco destro romano
iniziò a scompaginarsi quando iniziarono a comparire le prime frecce alle
spalle.
L'unica cosa che impedì lo sfaldamento totale fu l'arrivo di Ezio che ricacciò
indietro gli Unni. I Romani erano meno, ma attaccati alla vita combatterono con
le unghie e con i denti per salvare i commilitoni. Rua vedendo la situazione, e
ricevendo notizie della pressione sul fianco destro dei, seppur stanchi,
cavalieri Romani, ordinò la ritirata e che i cavalieri superstiti muovessero un
ultimo sforzo a coprire la ritirata.
Quando Ezio vide che gli Unni indietreggiavano e la pressione si allentava,
ritenendo i suoi uomini troppo stanchi e provati, suonò anch'egli la ritirata
generale per tornare all'accampamento.
A fine giornata, nonostante si trattasse sostanzialmente di un pareggio tattico,
il bilancio era devastante.
Gli Unni subirono perdite notevoli, 5000 fanti caduti e 3000 cavalieri, ma per i
Romani fu molto peggio.
oltre a 1300 arcieri a cavallo tutta l'ala destra era stata annichilita, in
aggiunta ad altri 800 morti sul fianco sinistro, i cavalieri morti erano 5100. I
fanti avevano subito perdite anch'esse molto forti, con oltre 7000 uomini caduti
o feriti, specialmente sul fianco destro.
Miracolosamente a salvarsi fu il Magister Militum che rientrò al campo la sera a
piedi, sporco di terra.
Ezio, con un'azione appoggiata dagli altri ufficiali, esautorò il magister
prendendo il comando dei superstiti.
Ezio con una mossa disperata abbandonò tutte le salmerie inutili e nella notte,
lasciati manichini con armature e fuochi accesi, abbandonò l'accampamento con i
soldati, addirittura lasciando insepolti i morti. Gli Unni fortunatamente non si
accorsero di ciò impegnati a celebrare i riti per i loro caduti. Quando se ne
accorsero vennero presi di più a saccheggiare l'accampamento che gettarsi
all'inseguimento.
Questo permise ad Ezio di rientrare precipitosamente a Sirmio.
Per un mese intero gli Unni devastarono il corso del Danubio uccidendo e
saccheggiando nelle campagne. Solo la notizia che un grande esercito guidato da
Graziano in persona si avvicinava li fece desistere e ritirare nelle loro terre
carichi di bottino.
Inutile dire che Graziano Cincinnato era furioso.
Ad Agosto a Smirne incontrò Ezio ringraziandolo per aver salvato il salvabile ed
il Magister Militum.
Le fonti ci dicono che fu l'unico episodio della sua vita in cui dimostrò di
essere "uno di famiglia". Preso da un accesso di rabbia sfoderò la spada, fece
immobilizzare il magister e mosse per decapitarlo.
La rabbia gli fece più volte sbagliare il colpo: la prima volta tranciò
parzialmente il collo e le altre volte, tra le urla strazianti del malcapitato,
colpirono spalle e parti della nuca. Alla fine il settimo fendente recise il
capo del Magister.
Dio solo sa il dolore che provò quell'uomo.
433:
Rua tentò un nuovo colpo ad Occidente, seguendo lo stesso tragitto della volta
precedente, portando però questa volta quasi 30.000 uomini di cui oltre la metà
cavalieri.
Ma per l'Occidente le cose non miglioravano dall'anno precedente: Graziano, che
aveva svernato a Sirmio, colpito da un banale incidente domestico (una caduta
dalle scale) si frantumò le gambe. Nessun danno permanente, ma venne costretto
per mesi a rimanere fermo a Sirmio.
Fu così che decise di dare il comando al Magister Militum Praesentalis
Sebastiano.
Ezio, per quanto meritevole, venne elevato al rango di Magister Militum per la
Pannonia.
Sebastiano, più esperto del suo predecessore, innanzitutto mosse per chiudere
agli Unni i passaggi attraverso le pianure per occuparli in difficili scontri su
terreni favorevoli. L'approccio molto più conscio fruttò subito, dopo un mese di
campagna, non solo gli Unni non avevano sfondato il limes, ma non avevano fatto
nemmeno bottino di alcun genere.
Ben presto il campo di battaglia divenne la Morava, i Romani, divisi in piccoli
gruppi rafforzati a seconda delle necessità da altre legioni, riuscirono a
bloccare i guadi più importanti ed i ponti.
Per sbloccare l'impasse Rua tentò un'azione avventata. Durante la foschia
mattutina, organizzò un attacco per forzare uno dei guadi. Per rincuorare
soldati ed ufficiali poco propensi a questa azione, Rua stesso guidò i primi
assaltatori.
Il piano però si rivelò un fallimento enorme. I romani, tramite esploratori,
riuscirono a scoprire il tentativo di forzare il guado. Ne scaturì una battaglia
confusissima nella quale gli Unni vennero pesantemente sconfitti. Dopo i primi
scontri i Romani infatti tentarono di controattraversare il guado spingendo
indietro gli Unni, Ezio, inviato da Sebastiano al guado più vicino a Nord lo
attraversò con 2000 cavalieri e verso le 12 caricò da nord il disordinato campo
Unno. Solo l'arrivo di un temporale estivo di proporzioni epocali costrinse i
romani ad indietreggiare permettendo agli Unni di fuggire. Sul campo rimasero
quasi 10000 Unni e moltissimi i prigionieri. Ma il peggio era che Rua cadde
insieme ai suoi uomini.
Sembrava ormai quindi in pugno la vittoria per Roma. L'esercito Unno
disordinatamente cercava scampo verso Sud e Sebastiano, lasciati 10.000 uomini
con Ezio a ripulire e fare la guardia a Nord da possibili rinforzi nemici, mosse
con i restanti 30000 verso Sud per inseguirli.
Fu qui che due fratelli, nipoti del re appena caduto, presero in mano la
situazione. Il carisma dei due, specie del secondo, riuscì a ricompattare le
fila barbariche e farle muovere verso Sud.
Vennero abbandonati tutti i bagagli inutili e tutto l'oro e l'argento.
Sebastiano venne anche raggiunto da disertori Quadi degli Unni che lo
informarono di come, nonostante si fosse ricompattato, lo schieramento Unno
fosse vicino a sfaldarsi.
Alla notizia Sebastiano accelerò l'inseguimento fino a rimanere a poche ore di
marcia dall'accampamento Unno poco più a Sud, lungo la Morava meridionale.
Altri disertori Quadi lo esortarono portando nuove buone dal campo Unno che lo
vedevano sempre più disunito e con i Quadi lasciati come retroguardia, ma pronti
a sollevarsi. Per questo, senza indugi, Sebastiano mosse la mattina del 3 Agosto
433, ben presto comparvero all'orizzonte, ad una sorta di strettoia tra fiume e
degli acquitrini.
Man a mano che ci si avvicinava però si fece chiaro che qualcosa non andava. I
Quadi erano in armi e il fioco sole mattino si rifletteva sulle loro spade.
Le loro intenzioni non sembravano affatto amichevoli.
Alla vista di ciò Sebastiano intuì al volo cosa stesse accadendo.
Un velocissimo bagliore colpì l'occhio dell'ufficiale di fianco a lui.
Era troppo tardi.
Un altro soldato venne colpito da un altra freccia la gola. Solo per estremo
riflesso Sebastiano evitò un'altra freccia. Dalle selve vicine una nuvola
incessante di frecce iniziò a falcidiare le legioni.
In breve i morti furono innumerevoli, ma non era finita. Un urlo infernale si
levò dalle selve vicine la costa. Gli Unni erano lì, feroci come mai, Sebastiano
non ebbe tempo di reagire, la sua posizione venne colpita da Quadi ed Unni e lui
fu tra i primi a cadere.
L'assalto si concentrò sull'avanguardia e la retroguardia romana.
I legionari, non in formazione e poco prima baldanzosi, vennero massacrati.
Ben presto tra i 30.000 romani si scatenò il panico.
La battaglia fu un macello di proporzioni bibliche, a fine giornata poche
centinaia di legionari riuscirono a fuggire.
Dalla schiera Unna si levò un grido ai due fratelli:
"BLEDA ED ATTILA, RE DEGLI UNNI!"
Il disastro affrontato dall'impero d'Occidente per poco non fece collassare
Graziano. A salvare la situazione fu ancora una volta Ezio. Rimasto indietro con
10000 uomini riuscì a bloccare e scoraggiare gli Unni. Capito che non poteva
sconfiggerli rimasto con così pochi uomini, Ezio iniziò una tattica di imboscate
ed assalti.
Questo quantomeno salvò i romani dal vedere gli Unni dilagare verso Sirmio.
Alla fine però Graziano venne costretto a trattare. 1000 libbre d'oro e 5000
d'argento era il prezzo che l'impero annualmente accettò di pagare per
convincere gli Unni ad andarsene e firmare un patto di non aggressione
decennale.
Se la ricchezza dell'impero permetteva di pagare tale somma, la disfatta della
Morava segnò un importante punto nella storia imperiale.
La proverbiale tolleranza di Graziano infatti si irrigidì considerevolmente per
molti anni e se il 433 terminò con l'impero che si leccava le ferite, la
determinazione dell'imperatore alla vendetta divenne quasi un'ossessione.
Le prime nevi caddero insolitamente presto nel 433, non era nemmeno novembre che
il terreno cominciò a riempirsi di uno strato soffice di candida neve.
Mentre gli Unni festeggiavano baldanzosi, l'imperatore d'Occidente non si perse
d'animo, già dal dicembre di quell'anno cominciò una serie incredibile di
riforme d'emergenza per affrontare la minaccia.
Innanzitutto, rompendo definitivamente con la linea di tolleranza religiosa,
Graziano ordinò di chiudere tutti i templi pagani rimasti.
La decisione, ad onor del vero, non era dettata da motivazioni religiose, ma dal
fatto che, nonostante il paganesimo fosse in costante recessione, permanevano
templi dalla discreta ricchezza. Per incamerare questi terreni egli non badò
alla sua immagine. La Militia nei mesi successivi occupò tutti i templi maggiori
e provvide a sequestrarne le proprietà. La chiesa non ebbe il tempo di
festeggiare che il martello arrivò su di loro, capendo che il sostegno
ecclesiastico fosse imprescindibile in questo momento, Graziano riuscì ad
ottenere che, in cambio dell'ufficiale rigetto del paganesimo greco-romano, la
chiesa accettasse un aumento della tassazione sulle proprietà ecclesiastiche
(ora portata al 10%).
Vennero poi, per la prima volta dopo quasi 20 anni, rialzate le tasse per la
popolazione. Per rendere meno indigesta ed evasa questa misura per la prima
volta nella sua storia la Militia, insieme a reparti dell'esercito, vennero
impiegati sistematicamente per perseguire chi non pagava. Contemporaneamente
l'imperatore pagò moltissimi pubblicisti, cantori ed artisti affinché
diffondessero con ogni mezzo possibile la percezione degli Unni come reietti
portatori della fine del mondo.
Queste mosse e lo stato di ricchezza precedente dell'impero permisero di pagare
il tributo agli Unni e pagare la ristrutturazione dell'esercito senza che le
casse imperiali finissero in tracollo.
Il passo successivo fu ricostruire le enormi perdite dell'esercito.
Una campagna straordinaria di reclutamenti venne portata lungo tutto l'impero.
La disciplina venne tenuta strettissima con addestramenti pesantissimi, vennero
introdotti anche rudimenti di alcune nascenti tecniche di lotta corpo a corpo.
Per favorire un equipaggiamento uniforme venne riordinata la produzione di armi
nelle officine imperiali uniformando sistemi di misura e dispiegando ufficiali
che testassero la qualità delle armi.
Venne inoltre reso obbligatorio e formalizzato la necessità per gli ufficiali di
più alto rango di formarsi tramite apposite accademie, mentre gli ufficiali di
basso rango dovevano, durante i primi anni di servizio, ricevere rudimenti di
educazione se non presenti.
438:
Mentre l'impero portava avanti questi cambiamenti, gli Unni ed il resto del
mondo rimasero relativamente tranquilli: per cinque anni, tra 433 e 438, non ci
furono incursioni di rilievo.
Fu ai primi di Aprile del 438 che però Attila e Bleda attraversarono il Danubio
nuovamente, decisi a saccheggiare tutta la parte europea dell'impero d'Oriente,
desiderosi di una conquista facile.
Quello che gli Unni si trovarono davanti era paragonabile più ad un cammino in
un cimitero, che ad una campagna militare. Le terre immediatamente dopo il
Danubio erano abbandonate e devastate. Decenni di guerre le avevano ridotte a
cumuli di macerie.
Prima che gli Unni trovassero resistenza passò un mese. A Costantinopoli
Teodosio II era decisamente poco propenso ad andare incontro agli Unni,
l'esperienza vissuta dal collega Occidentale lo aveva impressionato molto. In
quei cinque anni, sfruttando ogni brandello di risorsa imperiale che riusciva a
racimolare, l'imperatore aveva fatto fortificare le parti più interne della
Tracia ed aveva rafforzato le mura di Costantinopoli.
Attila e Bleda quindi ebbero davanti due scelte, cominciare una guerra
d'assedio, contro un impero sicuramente debole, ma comunque ancora impero, o
allungare la passeggiata di piacere andando contro gli altri barbari.
Se Bleda premeva per ulteriore gloria e puntava quindi a Costantinopoli, Attila
invece premeva veementemente sulla possibilità di soggiogare altri popoli
barbari ed ampliare il proprio impero.
Bleda ottenne la ragione dopo un confronto serrato e portò gli Unni contro la
Roma d'Oriente. Il problema è che, seppur debole, l'impero non era sprovveduto.
Le numerose piccole fortezze diedero filo da torcere e numerosi morti agli Unni,
non abituati ad una guerra d'assedio. Bleda quindi, commettendo un grave errore,
decise di ignorarle e puntare a Costantinopoli. Pagò fior fior di denaro per
convincere i Vandali a bloccarne il porto e puntava a bloccare la città.
Il problema è che Bleda non capì che i Vandali, al sicuro sulle loro navi,
intascarono i soldi e poi fecero ciao ciao con la manina rimangiandosi la parola
sul blocco. Questo vanificò la prima parte del piano. Poi dopo due mesi in
quello che doveva essere un assedio, in realtà fecero poco più che stare davanti
la città accampati, gli Unni fecero in tempo anche a vedere insorgere
un'epidemia nel loro campo.
Bleda dovette pure affrontare una sconfitta cocente, anche se secondaria,
guidata dai pochi limitanei delle fortezze lasciate indietro.
La campagna del 438 sembrava quindi un completo fiasco. Attila che saggiamente
si era tenuto in disparte allora tornò a consigliare la sua linea. Verso Luglio
gli Unni erano in Macedonia, con una procedura lampo Attila intercettò ed arrecò
ai Franchi una sconfitta pesantissima.
Li costrinse a pagare un tributo, sostenerli a livello militare e riconoscersi
clienti.
La differenza di andamento tra le due parti della campagna non passò inosservato
agli Unni stessi ed il partito di Bleda, già di suo non molto forte, venne eroso
dalla personalità e dai risultati di Attila.
Fu per questo che in molti fecero spallucce quando nell'inverno tra 438 e 439
uno strano incidente di caccia coinvolse Bleda che venne sventrato da un
cinghiale: Attila si disse incredibilmente triste ed affranto per la morte del
fratello, ma in pochi avrebbero giurato sulla sincerità dell'ora sovrano unico
degli Unni.
442:
questo fu un anno fervido di cambiamenti. I primi a muovere i primi pezzi nello
scacchiere furono i Vandali, confidando nella debolezza del potere imperiale
decisero di smettere di riconoscere ogni legame con l'impero e non paghi di
questo lanciarono un'offensiva alle isole Egee occupando in poco tempo sia Lesbo
che Chio e minacciando le Cicladi.
A dire il vero la loro azione fu fin troppo fiduciosa della mancanza di reazione
imperiale, Teodosio II, per una volta in vita sua seppe reagire tempestivamente
e a Giugno la flotta imperiale intercettò quella Vandala a Sud di Nasso.
Nonostante l'abilità di Genserico, la flotta era forse uno dei pochi elementi
che l'impero in quegli anni era riuscito a ricreare meglio. Per questo la
battaglia fu cruenta e si concluse con la vittoria imperiale. Questo salvò dalla
caduta anche le Cicladi. Il problema è che nella successiva battaglia di Samo,
seppur in extremis, Genserico ebbe la meglio, costringendo la flotta orientale a
rientrare nei porti senza riuscire a recuperare le isole.
Le offensive terrestri si rivelarono impossibili dato che un secondo tentativo
Sasanide richiese all'impero di spostare le proprie legioni ad Oriente.
Qui l'impero, stranamente, riuscì ad ottenere un'insperata vittoria, le forze
Sasanidi penetrate fino ad Antiochia vennero intercettate durante la marcia e
sbaragliate, costringendo l'imperatore persiano ad una tregua umiliante.
Questo fatto fu di vitale importanza per lo sviluppo degli anni successivi, i
Sasanidi infatti non avrebbero rimesso piede nell'impero per almeno 20 anni.
In Occidente non si dovette aspettare molto per rivedere la comparsa degli Unni,
desiderosi di vendetta, i primi furono i Turingi. Attila si gettò immediatamente
su di loro per vendicarsi degli affronti dell'anno precedente. Verso Luglio le
forze Turinge vennero sbaragliate, oltre 10000 rimasero sul campo e gli altri si
diedero alla fuga. Venne la volta degli Eruli i quali vennero pesantemente
sconfitti. Solamente i Rugi riuscirono a resistere attuando una pesante
guerriglia ai danni degli Unni e rifugiandosi tra acquitrini e foreste
germaniche.
Attila però non era soddisfatto e verso Settembre prima di concludere la
campagna penetrò in Occidente dal Norico. Qui però le cose non furono semplici,
la compagine imperiale si era ben preparata per questo eventualità ed Ezio fu
maestro nel convogliare le truppe Unne su percorsi già prefissati e che gli
impedivano di sfruttare a pieno la mobilità nomadica.
Compresa la situazione Attila non insistette, ritornò oltre il Danubio.
La grande novità avvenne però a livello diplomatico, infatti nonostante Attila
incutesse nella gente grande timore le popolazioni non erano entusiaste di
essere sottomesse al potere nomadico. Franchi e Marcomanni iniziarono a legarsi
in modo sotterraneo all'impero d'Occidente, mentre gli Alani, timorosi di
perdere la loro libert,à riuscirono a strappare un accordo all'erede
dell'Occidente Valentiniano III. L'Occidente avrebbe riconosciuto la libertà de
facto degli Alani da ogni regno se questi avessero continuato a lottare contro
gli Unni.
443:
Nel tentativo di rompere il fronte occidentale antiunno, Attila mosse con un
grande esercito verso il centro della Germania, evitando il Norico e la Pannonia
dove i romani li aspettavano, il re nomade intendeva colpire Alamanni e Burgundi
e forzarli ad abbandonare l'alleanza con l'Occidente.
Il problema era che all'epoca non era facile nascondere il movimento di qualche
decina di migliaia di uomini e le spie imperiali erano ovunque ormai.
Fu così che mentre nella primavera del 443 gli Unni arrivavano nella Germania
centrale dal Reno l'imperatore Graziano e 25000 uomini mossero per sostenere gli
alleati. Fu qui che vennero rodati i ricostituiti corpi di cavalleria leggera ed
arcieri a cavallo Occidentali che diedero validissima prova di se riuscendo a
contrastare le incursioni unne. Il piano di Attila si rivelò presto inattuabile
con i Romani che evitavano gli scontri diretti e si adeguarono presto ad un
territorio ricolmo di boschi ed acquitrini che favoriva la difesa.
Quando gli Unni furono sul punto di spostarsi nell'alto Reno, ad Agosto, arrivò
ad Attila una notizia inaspettata. Ezio, insieme a Valentiniano III ed un corpo
di 15000 comitatensi dal Norico erano partiti per intrappolare gli Unni.
Come se non bastasse anche l'Oriente, in accordo con la controparte occidentale,
prese coraggio e da giugno aveva un'offensiva per recuperare i territori Unni a
sud del Danubio.
Questo costrinse Attila a tornare rocambolescamente sui propri passi per evitare
l'essere messo in trappola.
Ezio e Valentiniano III saggiamente non tentarono di opporsi al passaggio dei
nomadi che quindi tornarono in patria senza aver ottenuto nulla.
A Settembre le forze barbare erano già in Dacia dopo una marcia forzatissima.
Entrati in Tracia riuscirono ad intercettare e sconfiggere 3000 uomini
dell'Oriente, ma poi questi, recuperati i forti traci che impedivano l'avanzata
verso Costantinopoli, si disposero a riccio in difesa. Il poco tempo prima
dell'arrivo della stagione invernale e la stanchezza delle truppe convinsero
Attila a rientrare.
444:
la situazione continuò a rimanere bloccata, con Attila che tentava di forzare la
situazione ed i Romani ed alleati che controllavano con cura la difesa dei
confini.
Intanto Valentiniano III, il primo della famiglia a mostrare ben più abilità in
politica che nella strategia militare, continuava a tessere le sue fila
diplomatiche.
Il 445 sarebbe stato un anno decisivo per la questione Unna, anche se ormai i
protagonisti iniziavano a credere che nulla avrebbe sbloccato la situazione.
445:
l'inverno del 445 fu molto duro. Il territorio Burgundo fu il più colpito, anni
di incursioni unne ne avevano decimato i capi di bestiame riducendo
progressivamente il benessere. La stagione fredda aveva inoltre spinto al
consumo precoce le scarse scorte di cibo. In questo contesto il malessere
anti-romano prese vigore ed un piccolo partito filo-Unno, sfuggendo alle maglie
delle spie imperiali riuscì ad orchestrare una congiura tra le fila Burgunde. Ad
Aprile gli Unni mossero un grandissimo esercito, che all'epoca si stimava di 120
000 uomini (che gli storici moderni riducono di 40000 unità almeno), verso
l'alto Reno. Sembrava l'inizio dell'ennesimo anno di battaglie, magari più dure
per la proporzione dei mobilitati, ma né Ezio, né Graziano temevano troppo e
quindi procedettero con i consueti preparativi.
Quello che mandò nel caos il fronte imperiale fu l'assassinio improvviso del re
Burgundo da parte del partito filo-Unno.
Contemporaneamente, prendendo di sorpresa i soldati lealisti, i ribelli
avviarono l'attacco a sorpresa contro alcuni forti disposti sul Weser riuscendo
a porli sotto assedio.
Normalmente in breve tempo i responsabili sarebbero stati puniti ed impiccati,
ma l'arrivo di 10000 cavalieri Unni di avanguardia gettò nel caos l'esercito
Burgundo. Questi non capendo che stesse accadendo non riuscì a reagire
prontamente e mancò quindi la freddezza necessaria. L'esercito Burgundo invece
di sloggiare i deboli assedianti credendo che le fortezze fossero già perse
abbandonarono tutto. Le fortezze, sovrastimando enormemente le capacità degli
assedianti e spaventate dall'arrivo Unno abbandonarono le armi ed aprirono le
porte.
In un paio di settimane il sistema di difesa Romano era crollato e si rischiava
di rimanere bloccati tra il Reno ed il territorio Burgundo.
Con estremo sangue freddo Ezio e Graziano riuscirono ad organizzare la
contromossa. Ordinarono a Macriano ed ai suoi Alamanni di abbandonare il loro
territorio e seguirli, loro si sarebbero ritirati in Gallia ove Valentiniano III
li avrebbe raggiunti con altre truppe provenienti dal fronte Danubiano.
L'organizzazione precedente, per fortuna dei romani, permise loro di avere già i
soldati pronti, questi quindi poterono ritirarsi abbastanza agevolmente tramite
il basso corso del fiume Reno. La presenza di strade fatte costruire in passato
dai sempre più romanizzati Alamanni si rivelò fondamentale.
Attila intanto, sfumata l'opportunità di prendere i romani alle spalle decise di
forzare la mano. Con il suo esercito si portò verso Colonia Agrippina. Le sue
squadre di genieri fatte approntare anni prima si rivelarono fondamentali nel
prendere la città. Questa inizialmente sembrava infatti ben protetta dalle sua
mura e quando Attila sembrava sul punto di abbandonare l'assedio, il volo di
alcune colombe lontano dalle mura fece individuare un punto debole nelle
fortificazioni cittadine. Nella notte queste crollarono e molti interpretarono
la cosa come segno delle azioni del Demonio in favore di Attila. Gli Unni
lanciarono un attacco coordinato sulla breccia ed altri punti. Nonostante i 5000
uomini di guarnigione combatterono fino all'ultimo, il 10 Maggio 445 la città
cadde. Seguirono 7 giorni di quello che fu descritto come il saccheggio più
orrendo della storia con l'intera popolazione cittadini trucidata e/o stuprata e
gli edifici dati alle fiamme.
Con Colonia aggrippina distrutta Attila cominciò a sciamare nei territori
Gallici. Le città impaurite non tentarono di resistergli, questo però non le
risparmiò. Superata la Senna Attila arrivò fino a Cenabum. Qui però la sua
marcia trionfale ebbe fine.
Sacrificando le città Galliche Graziano ed Ezio avevano infatti permesso
all'esercito di radunarsi, oltre 120 000 uomini (anche questi secondo gli
storici da ridurre di almeno 40000 unità) marciarono a fine Giugno in direzione
della città assediata mentre un corpo più piccolo di 10000 uomini prendeva il
basso corso del Reno per tentare di chiudere il passaggio Unno.
Cenabum resistette per ben 3 settimane agli assalti Unni. Poi il I luglio, alla
notizia che i Romani non erano distanti, rendendosi conto della posizione
svantaggiosa tra città ed esercito, ordino di ripiegare con il sostanzioso
bottino.
Questo, come anni fa era stata la ragione della sua vittoria, fu anche la
ragione della sua condanna. Il rallentamento dato dalle salmerie fu fatale.
I Romani si lanciarono in un cauto inseguimento e quando gli Unni
riattraversarono la Senna anch'essi forzarono il passo portandosi a poca
distanza dai barbari. Attila venne notificato troppo tardi del fatto che il
piccolo corpo Romano da 10000 uomini aveva provveduto a demolire i ponti
principali sulla Mosella, fortificato i guadi più importanti ed eliminato i suoi
uomini posti a guardia.
Dopo un tentativo di forzarne uno inutilmente, Attila venne raggiunto dalle
forze imperiali che lo inseguivano, abbandonò il punto vicino alla mosella e
mosse nuovamente verso l'interno. Abbandonare il bottino lo avrebbe
probabilmente salvato da una battaglia, ma egli voleva risolvere definitivamente
i conti con la Pars Occidentis. Fu così che trovato un terreno più favorevole
della riva della Mosella i due eserciti si prepararono allo scontro decisivo.
Era il 10 Luglio 445 ai Campi Catalaunici.
La mattina del 10 Luglio 445 l'aria era fresca, una strana brezza infatti
attraversava la piana della battaglia. Il sole non era ancora sorto che le prime
operazioni militari erano già in corso.
I Romani infatti si schieravano al centro e sul fianco sinistro, mentre Burgundi
ed Alamanni sul fianco destro, Graziano guidava il centro, Ezio il fianco
sinistro e Valentiniano III si era unito a Macriano il minuto sul destro.
Le forze erano distribuite omogeneamente, anche se si notava una predominanza di
arcieri a cavallo e appiedati sul fianco destro.
Gli Unni schierarono invece Gepidi e Quadi sul fianco destro, Ostrogoti e
Sassoni sul sinistro, mentre insieme ai Turingi, ai Franchi già al loro seguito
il popolo nomadico occupava il centro.
Lo scontro cominciò, appunto, prima del sorgere del sole e fu deciso soprattutto
dal controllo della collina al centro del piano. Gli Unni tentarono di occuparlo
precocemente, ma i Romani ebbero lo stesso presentimento.
All'alba e per diverse ore i contendenti si contesero la collina. Si racconta
che i due schieramenti, abbandonata ogni formazione si scontrassero in feroci
scontri senza quartiere. Lo stesso imperatore Graziano si trovò spesso vicino ad
Attila e quasi vennero al duello frontale. I due comandanti supremi vennero più
volte colpiti ed atterrati da colpi di botta o dalle mani nemiche.
Un anonimo successivo ci tramanda:
"Ero lì, in quella bolgia di leoni, era come se l'umanità avesse abbandonato la
terra in quei giorni, sentivo le frecce ronzare sopra la mia testa, le urla dei
feriti le cui viscere erano mischiate nel sangue, nel fango e nella merda. Le
orde Unne si riversavano su di noi come furia, ma noi, con l'aiuto di Dio e dei
Santi, forse anche con l'aiuto dei vecchi Dei pagani, respingemmo ogni
combattente. Fui vicino alla morte quando un unno mi gettò a terra, il mio
attaccamento alla vita mi salvò, stavo soffocando con la testa quasi immersa nel
fango. Questi provato quanto me provo ad infilzarmi con una spada, un colpo di
reni mi salvò facendomi spostare all'ultimo. Afferrai con la mia mano la sua e
lo tirai giù, con tutta la forza in corpo morsi il suo braccio fino a staccargli
della carne. L'Unno gridò di dolore, ebbi il tempo per liberare la mia gamba da
un cadavere, estrarre il mio pugnale e conficcarglielo sopra il ginocchio
sinistro. L'uomo cadde, sporco di sangue, capì che era spacciato ed il suo
ultimo sguardo mi pietrificò. Era lo sguardo di morte, uno sguardo di rispetto
tra guerrieri, uno sguardo di sofferenza immane che i soldati riconoscono. Uno
sguardo di disperazione, ma anche di pietà per una pace prossima. Riafferrata la
spada con un fendente gli trancia il collo. Volevo calarmi su di lui e chiuder i
suoi occhi, ma la battaglia non lo permise. Poco distante da Me l'imperatore
Graziano stava guidando l'ennesima controcarica per scacciare gli Unni."
La battaglia proseguì feroce per ore, ma alla fine gli Unni vennero cacciati
dalla collina, sui fianchi le forze alleate, aiutate anche dall'incessante tiro
degli archieri, dei gastraphetes e dell'artiglieria, riuscirono a ricacciare
indietro i nemici. La cavalleria leggera Romana riuscì ad intercettare quella
Unna, questa nonostante fosse superiore di numero, una volta fermata venne
travolta da una carica di Catafratti pesanti che ne falcidiò le fila.
Nonostante tutto lo scontro rimase incerto fino alla ritirata dalla collina
quando l'intero schieramento Unno collassò.
I barbari si chiusero nel proprio campo. Nonostante Ezio e Valentiniano III
premessero per la prudenza ed assediare il campo con calma, Graziano ordinò
l'assalto al campo.
I soldati stanchi seguirono con le loro ultime forze il loro imperatore e si
gettarono nel campo Unno.
Dopo un'ora buona di assalti alla fine venne aperto un varco nelle difese e si
accesero le fasi finali della battaglia.
Qui si concretizzò quello che si era più volte rischiato durante la mattina.
Graziano ed Attila si trovarono uno di fronte all'altro, lo scontro a duello fu
inevitabile.
I soldati dei due schieramenti quasi si congelarono nel guardare i due grandi
imperatori confrontarsi. Colpo su colpo, fendente su fendente i due si
confrontarono. Più volte Graziano fu sul punto di uccidere Attila, più volte lo
fu l'Unno con il Romano. I due erano ormai senza forze quando la fortuna voltò
le spalle al Romano. Attila, a terra, raccolse della polvere e la lanciò negli
occhi dell'imperatore, che abbassò la guardia acceccato e venne trafitto dalla
spada nemica. Attila si avvicino molto all'imperatore Romano, tanto che sembrò
quasi un atto di rispetto del nomade il far appoggiare il corpo dell'imperatore
sulla sua spalla.
Lo schieramento romano si gelò per qualche istante, ma venne presto seguito da
quello Unno.
"Non lascerò Roma in balia di un barbaro come te, miei soldati, figlio mio,
vendicate la mia morte!"
Con il suo ultimo fiato Graziano gridò ciò e poi sfruttò la sorpresa di Attila
per conficcare la propria daga nel collo del sovrano Nomade.
Passarono istanti interminabili, forse minuti, prima che i due schieramenti
ricominciassero a lottare per contendersi le spoglie dei loro imperatori.
Il calar del sole salvò gli Unni dal massacro completo, ma le fonti ci dicono
che più di metà schieramento nemico morì nella battaglia.
Anche Romani ed alleati dovettero sopportare perdit
e pesantissime con almeno 40 000 uomini caduti.
Oltre all'imperatore romano ed Attila caddero anche il re dei Gepidi, il sovrano
Ostrogoto ed il re Alamanno Macriano il Minuto.
L'11 Luglio le parti si accordarono per seppellire i propri morti, mentre il 12,
la sera, sfruttando il buio i superstiti Unni abbandonando bottino e bagagli
iniziarono una precipitosa ritirata verso i loro territori.
I Romani non li inseguirono, affranti dalla morte dell'imperatore.
Gli storici odierni identificano in quella battaglia un punto fondamentale
dell'umanità.
Con la sconfitta il fronte Unno crollò nel Caos, i romani non li inseguirono se
non tardi e stancamente, ma praticamente già in Agosto tutte le forze Unne
avevano abbandonato il versante occidentale del Reno. Normalmente un sovrano
della dinastia di Valentiniano avrebbe preso armi e bagagli, fatto un ultimo
sforzo e cacciato a randellate nei denti gli Unni rimasti. Valentiniano III però
non mostrava la stessa propensione dei predecessori alla guerra.
Affidato ad Ezio di ricacciare indietro gli Unni, egli tornò a Roma con la salma
di suo padre.
Il funerale di Graziano II Cincinnato fu uno dei più grandiosi dell'antichità.
Venne dato al sovrano il nome postumo di Dominus Hunnorum (dominatore degli
Unni).
Il funerale si narra fu celebrato dal papa stesso e la folla di Roma accorse in
numero straordinario per rendere omaggio al grande sovrano. Le fonti tramandano
che anche un numero incredibile di povera gente si recò alla celebrazione.
Fortunatamente per Valentiniano III egli non aveva fratelli e la stabilità della
sua dinastia lo rendeva automaticamente l'erede designato. L'esercito non pose
problemi ed il Senato ratificò immediatamente la sua nomina ad imperatore il I
Agosto 445. Per rafforzare i legami con l'altro uomo forte di Roma, il Magister
Militum Ezio, egli decise di dare in moglie sua sorella, Flavia Valentiniana, al
generale (questa aveva 20 anni al momento del matrimonio).
445-454: Il Neo-imperatore era una persona profondamente acculturata. Suo
padre lo aveva mandato fin da giovane a studiare e si era formato sui libri di
storia, di filosofia, di matematica, di scienza e sull'arte. Dai suoi personali
studi, specie quelli storici, aveva maturato un'opinione tutta sua dell'impero.
Egli infatti riteneva il vecchio impero unitario troppo difficile da governare
con le risorse attualmente in possesso alla Pars Occidentis. Ogni tentativo di
riconquista sarebbe stato un successo vano e temporaneo. A complicare la
situazione c'era un fronte ricco di popolazioni non più paragonabili ai barbari
di 400 anni prima le cui strutture sempre più complesse ed elaborate potevano
essere governate da lontano senza bisogno della forza.
Da questo ne scaturì una politica estera molto cauta nella sua espansione e che
inglobò territori solo quando ne vedeva guadagni strategici o economici.
Arrivò anche a disconoscere il testamento del padre, scritto il giorno prima dei
Campi Catalaunici in cui chiedeva al figlio di riportare agli antichi fasti
l'impero, come "le farneticazioni di un uomo ormai consumato dalla vendetta".
Con questo spirito egli si dedicò subito a rompere il sistema di clientele Unno
tramite gli intrighi. Come prima cosa venne a sapere della debolezza interna al
regno dei tre figli di Attila. Ellac era stato nominato re degli Unni, ma i due
fratelli non lo avevano appoggiato e stavano invece tramando contro di lui.
Valentiniano riuscì quindi a giocare tra queste faglie. Innanzitutto prese
contatti con Franchi e Marcomanni, le due popolazioni più ostili al dominio
Unno, ai primi riconobbe la piena sovranità in Oriente in cambio della loro
ribellione, ai secondi il riconoscimento di un blando legame di clientela in
cambio della sostanziale autonomia interna. Questi quindi, a metà settembre
defezionarono dal fronte Unno prendendo la strada verso casa. Ellac si mosse per
riportarli all'ordine, ma la voce che l'esercito romano stesse attraversando il
Reno guidato da Ezio costrinse il sovrano a dover scegliere che cosa fare.
Individuando in Roma un pericolo maggiore egli decise di stipulare una pace
pesantissima con l'impero allo scopo di comprarne la neutralità. Veniva
riconosciuta a Roma la sovranità su tutti i territori dei Burgundi e degli
Alamanni, i vecchi trattati con Attila erano stracciati e molti dei tributi dati
ai nomadi dovevano essere restituiti.
ll "Trattato della codardia" come venne chiamato dai fratelli, riconsegnò a Roma
i territori dei suoi clienti senza colpo ferire.
Questo trattato però generò grandi malumori nei due parenti. Quando anche i
Sassoni, spediti come truppa per reprimere i ribelli passarono, sotto la
corruzione dell'oro Romano, all'altro fronte e trucidarono gli Unni che li
accompagnavano, Denginizico ed Ernac misero apertamente in questione il dominio
del fratello ammutinandosi a lui e sfidandolo.
Questa lotta costrinse Ellac ad interrompere la repressione per guidare
l'avanzata contro i fratelli la quale si protrasse stancamente per tutto
l'inverno e la primavera successiva.
Mentre tra i fratelli le cose andavano così il dominio Unno si avviò alla
disgregazione. Gli Ostrogoti si ribellarono anch'essi ed i Gepidi, ottenuto
dall'imperatore d'Occidente l'approvazione a stanziarsi nella vecchia Dacia, si
staccarono anch'essi dal giogo nomade. Quando finalmente nel Maggio 446 Ellac
riportò all'ordine i fratelli si trovò contro una coalizione delle popolazioni
assoggettate. Fu così costretto a marciare loro contro, dopo un'iniziale
vittoria nei pressi del fiume Elba, il suo esercito venne sorpreso e
pesantemente sconfitto sulle rive del Tibisco. La coalizione Germanica di Gepidi,
Franchi, Marcomanni, Sassoni, Turingi, Longobardi, Eruli ed Ostrogoti sbaragliò
le forze Unne. Sul campo rimase lo stesso re Ellac.
Ben presto tutti gli alleati Unni defezionarono e cominciò un esodo di massa dei
nomadi. Alcuni divennero mercenari romani, altri tornarono in Asia, altri ancora
vennero assorbiti in altri gruppi barbarici.
La coalizione Germanica, allo stesso tempo, ben presto si frantumò e
ricominciarono a scannarsi ed a migrare.
La Germania stessa, privata del territorio tra Weser e Reno, era rimasta in
parte disabitata ed in parte contestata tra i vari gruppi barbari che si stavano
riassestando.
Dopo il crollo definitivo dell'impero Unno Valentiniano III vide la possibilità
di superare, con poco sforzo, i grandi imperatori del passato.
Il costante flusso di barbari, nomadi, agenti, militari e mercanti aveva
permesso nei decenni all'impero di affinare la conoscenza del territorio
Germanico. Era ormai sostenuto da molti che una linea del fronte Elba-Danubio
avrebbe richiesto meno risorse per essere presidiato per la minore lunghezza dei
confini.
Dall'altra parte la scomparsa dei regnanti Alamanni e Burgundi rischiava di
mettere in discussione la politica di stati clienti portata dai suoi
predecessori fino a quegli anni.
Come terza ragione che spingeva verso l'Elba era la stanchezza di molte
popolazioni dopo la guerra, i conflitti interni alle varie confederazioni e la
possibilità, occupando la Germania fino all'Elba di poter tenere sotto scacco
eventuali pirati. I sassoni infatti, stanziati tra Weser ed Elba sarebbero stati
annessi definitivamente, mentre Juti ed Angli sarebbero stati a portata
dell'impero.
Con queste premesse Valentiniano III si legò ai Rugi, agli Angli, ma soprattutto
agli Ostrogoti. A questi ultimi promise infatti il riconoscimento del predominio
al di là dell'Elba, il loro appoggio era una misura per cautelarsi contro quelli
che al momento erano il popolo più pericoloso nelle terre da conquistare: i
Longobardi.
Per alleggerire ancora di più la situazione Valentiniano riuscì ad accordarsi
con una parte della nobiltà Turingia, vendette loro privilegi nel futuro governo
romano in cambio della fedeltà a Roma.
Con queste premesse, il 15 Maggio 449 Ezio, al comando di un esercito di 40.000
uomini iniziò l'invasione della Germania Magna.
Poche settimane dopo gli Ostrogoti, il cui re Teodorico venne nominato Patrizio
dall'imperatore, lanciò un assalto contro i territori Longobardi ad Est del
fiume Elba.
Se i Sassoni vennero vinti nel primo anno di guerra ed i Turingi caddero durante
il terzo anno di battaglie, i Longobardi si rivelarono un nemico difficile ed
ostinato. Lo stabilire un campo invernale permanente delle legioni sul medio
corso dell'Elba aiutò a mettere in scacco questa popolazione, ormai schiacciata
tra Ostrogoti e Romani.
La battaglia decisiva avvenne in un luogo non meglio precisato lungo il medio
corso dell'Elba. Una battaglia incerta fino all'ultimo decretò la vittoria di
Ezio e la morte del re Longobardo a cui seguì l'assoggettamento di tutti coloro
che stavano ad Ovest del fiume.
Chi invece si trovava ad Est riuscì, sorprendentemente, a respingere gli
attacchi ostrogoti ed a fuggire. Migrarono prima verso il territorio dei Quadi,
qui si stanziarono sconfiggendo pesantemente i precedenti occupanti nella
seconda battaglia del Tibisco.
I Quadi erano infatti la popolazione più stremata dal dominio Unno, l'ennesimo
conflitto li convinse a prendere i bagagli e cercare una nuova casa. Sentendo
voci per cui i territori appena a Sud del Danubio fossero sostanzialmente
abbandonati da controllo Esterno questi ottennero il permesso di passaggio dai
Gepidi e si stabilirono sul corso del Danubio, sperando di aver trovato
finalmente pace.
Con la fine del 454 e la fine della campagna Germanica di Ezio si poteva dire
conclusa un'opera che era sfuggita all'imperatore Augusto stesso.
Valentiniano III celebrò un enorme trionfo a Roma per se ed il suo generale ed
avviò presto la fase di stabilizzazione del territorio con la deportazione di
una parte della popolazione barbara all'interno dell'impero e l'insediamento di
coloni Romani.
In Oriente dalla morte di Attila erano cambiate alcune cose.
La fine della minaccia unna infatti aveva ben presto imbaldanzito i barbari.
Incassata il sostanziale "me ne frego" dell'Occidente sulle questioni orientali
Alani e Franchi tornarono irrequieti, nel 448 gli Alani lanciarono una decisa
offensiva a prendere i territori del Peloponneso non in loro possesso, mentre i
Franchi iniziarono la prima di una serie di scorrerie in Tessaglia per prendere
il completo controllo del fertile territorio.
L'imperatore Teodosio II si vide costretto a scendere in campo per prevenire
ulteriori perdite territoriali. Questo impedì all'impero di poter energicamente
riprendere il controllo delle sponde del Danubio. Le controffensive imperiali
ebbero scarso successo ad impedire ai Franchi di Meroveo di controllare la
Tessaglia, ma quando questi, nel 451 tentò di penetrare nella penisola Calcidica,
venne sonoramente sconfitto di fronte a Tessalonica.
Gli Alani riuscirono ad allungare il loro braccio su quasi tutto il Peloponneso
ed addirittura furono brevemente in controllo della Laconia. L'energica
controffensiva del Magister Militum per la Grecia, riuscì a riportare Sparta ed
il suo territorio sotto il dominio imperiale. L'impero allora si arroccò nelle
montagne del Taigeto per resistere a nuove offensive.
Ma il vero grave smacco fu la perdita di Creta che mise in crisi tutto il
sistema di controffensiva imperiale in Grecia. Nel 452, sfruttando l'assenza di
truppe, impiegate per tamponare l'emergenza in Laconia, Genserico mobilitò la
sua flotta ed invase l'isola. Poco distante anche Nasso cadde e la flotta
imperiale ancorata vicino l'Argolide, su cui le truppe imperiali stavano
guidando una controffensiva, venne sorpresa e battuta. Le perdite non furono
enormi, ma costrinsero allo stop la campagna in Grecia.
La mancanza di truppe adeguate da delegare al fronte Vandalo impedì anche che
una controffensiva terrestre potesse costringerli a cedere. L'esercito orientale
infatti era lontano dalla gloria di un tempo e l'attacco sulla direzione di
Efeso nel 453 si rivelò un nulla di fatto.
L'arrivo dei Quadi nel 454 mise poi fine alle speranze di una futura riconquista
del confine Danubiano. I barbari, senza chiedere nulla a nessuno, si insediarono
lungo la sponda del fiume.
Gli unici successi di quell'anno consistettero nell'impedire gli assalti franchi volti
di nuovo alla penisola Calcidica.
454:
L'impero d'Oriente invece stava attraversando quella che era una crisi di cui
vedeva lo stazionarsi solo negli ultimi anni prima del 454.
Le condizioni economiche dell'impero erano critiche. Le guerre, i saccheggi ed
il costante prelievo avevano impoverito le popolazioni rurali favorendo
l'amplificarsi di strapoteri fondiari che limitavano l'afflusso di tasse e
uomini all'impero.
Il commercio, un tempo l'attività più fiorente dell'impero, era minacciata dai
pirati Vandali che costantemente razziavano le rotte dell'Egeo e cominciavano ad
affacciarsi su tutto il mediterraneo orientale. Anche la popolazione degli Alani
intanto aveva cominciato ad esercitare questa lucrosa attività. Le forze
dell'impero erano insufficienti a contrastare queste minacce.
I vandali via terra riuscirono presto a fortificare le proprie posizioni in Asia
Minore ed a schierare una flotta poderosa che combatteva regolarmente con quella
imperiale. Gli Alani tentavano regolarmente di conquistare la Laconia e questo
costringeva l'impero a tenere una guarnigione in loco non indifferente. I
Franchi erano però la minaccia barbarica più ampia. Infatti i costanti tentativi
di penetrare nella penisola calcidica avevano richiesto grossi sforzi all'impero
per tamponare gli attacchi.
Normalmente l'impero avrebbe avuto tutte le risorse per contrastare quelle che
sarebbero state minacce, tutto sommato, abbastanza contenute. Quello che però
aggravava la capacità di risposta dell'esercito orientale risiedeva sia nella
cronica mancanza di reclute e denaro per le campagne dato dalla difficile
situazione politica ed economica dell'impero sia nella scadente qualità a cui
era crollato l'apparato militare orientale.
Se il corpo ufficiali poteva non essere ancora così scadente, le reclute erano
sempre più demotivate, composte da mercenari e con equipaggiamento inadeguato.
In questo contesto era difficile per l'Oriente procedere ad una riconquista del
territorio perduto e quando i Quadi migrarono sul Danubio l'unica cosa che
fecero è trovare un accordo di Foederatio con l'impero senza colpo ferire, ma
anche senza obblighi formali.
All'interno del governo orientale, sotto il parco governo di Teodosio II, si
erano ormai delineati due partiti. Uno filo-barbarico che spingeva per
l'integrazione e l'uso di mercenari ed era rappresentato specialmente dai
magnati latifondisti dell'Egitto e della Siria dove l'uso di forze mercenarie
barbariche usate come milizie private aveva permesso di ridurre i danni di
briganti e banditi (ma solo per i loro territori). L'altro che era insediato in
Anatolia e nei territori rimasti della Grecia ed in generale tra i commercianti,
che vedeva nelle razzie e scorrerie barbare l'ennesima prova della necessità di
una purga e grande campagna contro di questi.
L'imperatore Teodosio II in tutto questo si stava rivelando un imperatore
debole, ma sicuramente migliore di tanti altri avuti fino a quel momento. Il suo
carattere introverso lo rendeva immune alle consorterie ed alle adulazioni.
Viveva seriamente il suo compito dando il massimo per fare quel che si poteva.
Non brillava come militare né come amministratore civile, ma probabilmente il
suo impegno e le sue capacità di mediazione e compromessi avevano impedito negli
anni successivi ai problemi interni imperiali di far finire a coltellate interne
nuovamente la corte.
La fine della pressione Unna aveva permesso di rimettere denaro sulla flotta,
unico comparto che effettivamente manteneva ora una minima efficienza,
nonostante le batoste subite e la perdita di Creta.
Teodosio II aveva poi sicuramente il merito di aver fortificato la provincia di
Tracia, cosa che aveva impedito la caduta per mano Unna e che ora permetteva di
non lasciar penetrare i barbari mantenendo i dardanelli in mano imperiale. (cosa
che quindi salvava anche Costantinopoli da nuovi possibili assedi via terra e
mare).
Conclusioni
La situazione culturale/civile del mondo Romano Occidentale era molto
cambiata da un secolo prima.
Da quando Valentiniano I permise l'accesso ai Goti Tervingi nel territorio
romano qualcosa era accaduto. I numerosi accessi di barbari permessi nell'impero
avevano infatti in un certo senso imbarbarito un po' i Romani. Dopo le
diffidenze iniziali infatti, la fama dei goti quali Militiani aveva spinto
giovani romani ad arruolarsi per poter essere loro paragonabili. Alcuni
atteggiamenti più rudi ed alcune mode di portare i capelli e barba erano entrati
nell'uso quotidiano. Ad aiutare questa diffusione furono i vari imperatori della
casa che contravvenendo agli arzigogolati canoni del regnante orientale, avevano
iniziato a portare capelli relativamente lunghi e barba poco curata.
Contemporaneamente il temperamento molto sui generis della famiglia pannonica
aveva diffuso un modo di atteggiarsi molto diretto nella popolazione. Simmaco
Minore ci informa di come in tutto l'impero tra i giovani si diffuse il
risolvere le dispute non con tanti discorsi retorici o peggio il ricorso a
qualche banda armata, ma con dirette scazzottate tra i coinvolti. Gli storici,
negli archivi gallici giunti fino a noi un chiaro esempio di come se diminuirono
i crimini legati agli omicidi crebbero però le attestazioni di risse.
Allo stesso tempo la grande inclusione di barbari, specie in Britannia che per
molto tempo rimase staccata dall'impero, portò alla diffusione di nomi molto
strani tra la popolazione. La dinastia Pannonica era allergica a tutte le
questioni formali di nomi e famiglie e per quanto pure Graziano II Cincinnato e
Valentiniano III fossero colti ed istruiti fin da giovani era per loro
abbastanza indifferente far sì che i barbari romanizzati prendessero i loro
nomi.
Così accanto ai Tria nomina dei normali cittadini romani maschi iniziarono ad
avere Cognomina molto strani oppure decisero di abbandonare il Praenomen o
meglio ad utilizzarlo come Nomen facendo perdere senso al gentilizio.
Questo moto si rafforzò, non divenendo comunque ancora dominante, dopo le grandi
guerre civili occidentali degli anni '10 del 400. La grande lotta tra l'impero e
molti magnati/latifondisti, portò in molti quasi la vergogna a tenere il nome di
Gentes cui esponenti famosi si erano schierati contro l'impero.
Per quanto riguarda invece il moto inverso, la romanizzazione del barbari,
questa avvenne molto velocemente e quando un barbaro entrava a Roma in una
generazione, generalmente, acquisiva la cittadinanza. In questo non si
discostava molto dal periodo precedente. I barbari però, essendo immessi nella
popolazione in modo atomico e non come popolazione in blocco, persero ben presto
il connotato, già debole, delle loro confederazioni. Con l'eccezione dei goti,
la cui ascendenza era rivendicata con orgoglio da chiunque ne condividesse anche
mezza stilla di sangue (come fanno alcuni Italoamericani nella nostra TL) in
pochi ponevano accento a quale confederazione tribale i propri antenati
appartenessero.
Accanto a ciò anche i tradizionali metodi di risolvere le dispute iniziarono a
scemare, faida e guidrigildo non erano esattamente viste bene nella mentalità
latina. L'ultimo poteva ancora in qualche modo incontrare la tradizione del
diritto romano, ma la prima era incompatibile, specie se aggiungiamo il
progressivo ammorbidirsi del diritto Occidentale con il diminuire della
pressione sui confini. Emblematica fu un caso nella città di Lugdunum quando due
famiglie, una Sassone ed una Franca iniziarono a darsele di santa ragione a
colpi di gambizzazioni ed omicidi. Prima ancora che la Militia potesse
intervenire per placare gli animi la popolazione cittadini scongiurò i due
gruppi di smetterla ed affidarsi alla giustizia. Appello che venne ascoltato.
Forse è questo progressivo abbandono della giustizia violenta per i grandi casi
che indirettamente favorì lo sviluppo invece delle scazzottate non letali per
risolvere i conflitti minori.
Dal punto di vista religioso invece l'impero viveva sempre più all'interno del
cattolicesimo. Nonostante la grande tolleranza applica
ta dalla famiglia Pannonica la crisi dei vecchi culti pagani, visti ormai come
un'orpello di un'elitè decadente, era praticamente sempre più marcata e
l'incapacità di riorganizzarsi in forme più simili alla chiesa non ne alleviò la
situazione. I preti cristiani e gli zeloti stessi inoltre, vistasi chiusa la
strada della violenza, dovettero fare di necessità virtù e quindi molti dei
movimenti più violenti del IV secolo si sgonfiarono sempre di più, non
scomparvero mai del tutto, ma la loro influenza era molto minore che in passato.
Probabilmente anche la fine fatta dai sostenitori di Ambrogio a Milano che si
ribellarono contro Graziano I poteva esser servito come deterrente.
La predicazione pacifica ed instancabile portò presto i propri frutti
convertendo sempre più persone. L'arianesimo introdotto dai barbari venne presto
soppiantato e la chiusura dei templi pagani per prenderne le ricchezze diede il
colpo di grazia agli antichi culti greco-romani. Il sincretismo di
cristianesimo, paganesimo Greco-Romano ed elementi di paganesimo Germanico e
tengrista portarono allo sviluppo di una superstizione così particolareggiata
che risulterebbe troppo complesso e contraddittorio da riassumere. Venere, ad
esempio, nel culto popolare divenne la protettrice dei giovani che facevano
l'amore passionalmente, ma tra i romani di ascendenza nomadica che lavoravano
ancora nel mondo dell'allevamento, anche una protettrice della riproduzione dei
cavalli e delle greggi. Rimane poco chiaro come riuscì a svilupparsi tutto ciò.
Per quanto riguarda il modo di pensare si vede come il progressivo ingresso del
modo cristiano di concepire il tempo stesse portando all'abbandono del modello
"ciclico" del tempo tipico del mondo classico. Rimaneva saldo il pensiero che
esistessero corsi e ricorsi storici, ma allo stesso tempo ne si stemperava il
determinismo impiantandolo comunque su un percorso, non lineare, ma costante,
verso la fine dei tempi e la nuova Gerusalemme celeste dell'Apocalisse.
A livello Linguistico invece non si segnalavano discontinuità di rilievo,
l'unica vera faglia nel latino era tra quello Britannico insulare e quello
continentale dovuto ai decenni di separazione ed alla mai completa
romanizzazione dell'isola dei secoli precedenti. Il fatto era però di poco
rilievo (assimilabile alla differenza di oggi tra Inglese Americano ed Inglese
di Oxford). Nella lingua entrarono comunque diversi vocaboli di origine
germanica.
La scrittura vide il perfezionarsi ed il cristallizzarsi della semionciale,
l'unità imperiale infatti impedì il diffondersi di modelli sui generis per ogni
provincia. La semionciale definitiva, partita dall'Africa, si impose come
modello per tutto l'impero.
A livello economico, ci sarà un approfondimento ulteriore più dettagliato, si
segnala come il declino della schiavitù, la pace, la riduzione drastica del
latifondo, permisero la rinascita dei commerci ed al 455, dopo la fine della
minaccia Unna, una classe mista di piccoli proprietari più ricchi, liberti,
equites, barbari arricchiti e veterani con qualche soldo da parte ed impiegati
nell'amministrazione costituissero una frangia di popolazione molto dinamica,
per l'epoca, economicamente. La mancanza, da decenni, di scorribande barbariche
all'interno dell'impero, lasciando da parte l'incursione unna, aiutò inoltre
l'aumento dei viaggi "lunghi" anche sfruttando la ristrutturata ed ampliata rete
stradale Romana. La presenza della Militia inoltre permise di aumentare il
livello di sicurezza delle strade. Le cacce al brigante, precedentemente portate
dalle città, si venne a coadiuvare con quelle portate dai militiani. La
diffusione di unità di militia più mobili e di personaggi più esperti e
specializzati nel combattere questo tipo di guerra aumentò la sicurezza.
Rimaneva molto rischioso viaggiare di notte, ma il rischio di prendersi
coltellate si poteva dire dimezzato.
L'economia globale era l'altro elemento che era molto cambiato in quasi un
secolo. La condizione di debolezza endemica dell'Oriente, lenita solo negli
ultimi anni e molto limitatamente, unita all'intolleranza religiosa infatti
portarono ad un progressivo spostamento del baricentro commerciale verso
Occidente. A rendere definitiva questa cosa ci fu la pesantissima pressione
fiscale dell'Oriente, ma soprattutto la devastazione portata dalle guerre a cui
seguirono inevitabili carestie e malattie.
Il drenaggio di risorse verso l'area tracica per chiudere la capitale in una
rete di forti drenò ulteriori risorse. In questo contesto anche l'economia
orientale, tradizionalmente meno accentrata nelle mani di pochi magnati rispetto
all'Occidente, andò incontro ad un moto di concentrazione. L'impossibilità di
far rispettare la legge ed il pagamento dei tributi della corte Orientale non
migliorava la situazione.
L'Occidente al contrario aveva visto un costante aumento delle entrate e dei
traffici. Seppure solo la pace da se servisse a molto, praticamente Gallia,
Britannia, Spagna ed Africa erano intoccate da devastazioni pesanti da decenni
(cosa non vista da secoli) uno dei contributi più grandi venne dalla
riorganizzazione delle proprietà e dal riaffermarsi dell'autorità statale.
Infatti, già con Valentiniano I e Graziano I la presenza di un'autorità più
forte aveva favorito il ritorno nelle casse imperiali del denaro. Altro
provvedimento fondamentale fu quello elaborato insieme a molti studiosi fuggiti
da Oriente, si giunse ad un'empirica ed intuitiva comprensione del concetto di
inflazione per cui l'immettere costantemente nuovo denaro nel sistema sembrava
portare soltanto danno a lungo termine. Per ovviare a ciò Graziano aveva
profondamente riorganizzato la coniazione di denaro mentre aveva provveduto a
togliere dalla circolazione decine, se non centinaia di migliaia di monete di
basso calibro e rovinate.
Il vero scossone per l'economia imperiale d'Occidente era stato il grande
conflitto civile che contrappose la vecchia aristocrazia senatoria, sublimazione
dei grandi proprietari terrieri. La politica centralista e richiamante
all'ordine i latifondisti locali, uniti alla presenza all'epoca della Militia
Laetorum e dell'esercito che potevano fungere da mezzi di pressione, avevano
spinto ad un conflitto breve, ma molto intenso che in 2-3 anni portò al
ribaltamento del tessuto della ricchezza Occidentale.
Infatti Graziano I e suo figlio Graziano Cincinnato inglobarono un gran numero
di patrimoni fondiari e mobili nel patrimonio imperiale. Qui era avvenuto il
cambiamento finale di gestione della ricchezza, infatti l'imperatore aveva
incamerato queste cose nella Res Privata (i beni fondiari) e nell'Erario (i beni
mobili). Da qui si era proceduto ad una redistribuzione in affitto o acquisto in
cambio di pagamento dilazionato nel tempo, di un gran numero di patrimoni. Ad
impedire un problema del passato dato dall'impoverimento di contadini lasciati
con microappezzamenti, questi vennero assegnati solo in dimensioni maggiorate
rispetto al passato. Chi nel sorteggio (o negli inevitabili magheggi) non
ottenne molto aveva comunque la possibilità di lavorare come bracciante o in
forme di colonato. Quello che fece funzionare meglio il sistema rispetto al
passato era la pace interna, la presenza di una sorta di rappresentante, una
personificazione imperiale del vecchio tribuno della plebe, il Defensor
Civitatis, diffusi a livello municipale e che potevano in qualche modo difendere
gli strati più bassi.
La realtà non era ovviamente così ideale, ma la pace e l'eradicazione di molti
potentati di vecchi grandi latifondisti rendevano il sistema imperiale meno
opprimente ed il potere latifondista fortemente limitato.
In questo contesto l'impero d'Occidente stava vedendo la rinascita di ferventi
attività artigianali e commerciali ed i prodromi, con la fine della minaccia
unna, di richiesta di "servizi" per i molti contadini di medie dimensioni:
fabbri, muratori per le strutture, ecc... e di una domanda non rappresentata
solo da burocrati.
Altra particolarità che si era diffusa in Occidente riguardava alimentazione e
bevande. Rispetto ad una Timeline dove l'impero d'Occidente cade e si formano i
regni romano barbarici ed il sistema pesantemente improntato sui cereali si
ammorbidisce a favore di alimentazioni più da allevatori, l'alimentazione romana
rimase molto legata allo stile mediterraneo.
Gli influssi barbarici però si fecero sentire ed emersero specialmente negli
anni della guerra civile ed in quelli successivi, quando la scarsa disponibilità
di cereali richiese di munirsi di altro.
In generale aumentò il consumo di latticini e di carne tra la popolazione ricca
romana, tra i poveri si diffuse sempre di più l'usanza di mangiare ogni cosa
potesse contenere proteine. Mentre aumentavano gli allevamenti suini si
diffondeva una cultura del non spreco molto estesa. Se la base
dell'alimentazione rimanevano i cereali, piatti di frattaglie e parti meno
nobili si diffusero nell'immaginario e nel palato popolare.
Nello specifico nacque una combinazione tra un antico piatto romano, la Puls,
una specie di polenta con farina di farro, si incontrò con le frattaglie o al
formaggio scaldato e sciolto sopra.
Per quanto riguarda il bere invece il mondo romano si era aperto di più. A
giocare a favore della massiccia introduzione della birra nella società
occidentale fu l'amore che gli imperatori Pannonici ebbero per questa bevanda e
legata ad una particolare circostanza difficile da chiarire storicamente.
A quanto pare Valentiniano II, imperatore di Britannia e fratello di Graziano I,
sviluppò negli anni quello che gli antichi definiscono "rigetto" del vino. I
medici oggi sono dubbiosi su cosa voglia dire quella definizione, ma i contorni
paiono quelli di una forma lieve di allergia. Non abbastanza grave da ucciderlo,
ma forte quanto bastava per farlo stare male. Questa circostanza avrebbe portato
tutta la corte britannica per qualche decennio a cambiare il vino con la birra
dove invece l'imperatore non riscontrava problemi.
Alla riunione dell'impero questa abitudine non venne abbandonata, ma anzi
potenziata. Vino e birra divennero sempre più fratelli nelle bevute romane.
Un altro fattore che spiega la diffusione talmente massiccia della birra in così
poco tempo è invece di tipo economico-agricolo. Durante gli anni 409-410-411
quando i moti civili attraversarono l'impero diversi vigneti ed impianti da vino
vennero distrutti. La coltivazione della vita necessitava di investimenti
accorti e per diversi anni nell'impero in pochi furono capaci di poter
effettivamente dispiegare investimenti e cura necessari a rimettere in sesto la
produzione. Come se non bastasse una malattia della vite ne falcidiò la
popolazione lasciando per il decennio 420-430 gravemente azzoppata la
produzione. Solo con un paio di decenni la situazione si pote definire rientrata
ed il vino delle annate 450-451-452 si ricordano come alcuni dei più buoni tanto
da diventare quasi una metafora. Da allora il vino riesplose nel suo consumo e
si diffusero nuovi modelli produttivi per consumi domestici, ma ormai saldamente
al suo fianco si era installata la birra.
Birra anch'essa che nei decenni andò sempre più specializzandosi, riflettendo i
gusti della popolazione. Infatti i palati non erano tutti uguali. Nelle calde e
torride terre del nordafrica le birre venivano preferite dal gusto più leggero e
beverino, nella lontana britannia invece si preferivano combinazioni più
aromatiche e decise, nella futura provincia di germania birre più scure e
pesanti e così via. Diverse zone portarono a diverse specializzazioni.
Come effetto collaterale di ciò ci fu il progressivo specializzarsi della pianta
di luppolo che in diverse province cominciò ad essere coltivato selezionandone
le varietà più adatte alla necessità del luogo.
Mattia Spadoni
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Dopo questa grande ucronia, passiamo alla proposta di Basileus TFT:
Alessandria capitale
Costantino fu molto vicino da eleggere Alessandria a propria capitale; supponiamo che lo faccia per davvero. Certo, la posizione era meno difendibile, ma aveva un controllo diretto sull'Egitto, il granaio del vecchio mondo. Questo riduceva la quantità di grano da esportare in Grecia e nei Balcani, e inoltre poneva l'Imperatore in una regione orientale da sempre abituata a sovrani assoluti. Ecco una breve Timeline.
Da Costantino a Giuliano II:
Bene o male la situazione è uguale alla nostra timeline. L'occidente cade e l'Oriente si mantiene, i barbari si insediano nelle varie zone e creano i regni romano barbarici. Le differenze sostanziali sono tre:
- Tarassicodissa non sale al trono e gli isauri rimangono una popolazione semibarbarica dei monti tauri. Il potere viene preso da Skikda, un capo tribale della bassa Nubia, cittadino romano a tutti gli effetti. Questi sale al trono con il nome di Zenone e si libera dell'elemento barbarico.
- Non viene edificata né ricostruita nessuna basilica di Santa Sofia. Tuttavia verrà completamente riparato il faro di Alessandria sotto Skikda e ampliato sotto il suo successore Giustino, rendendolo alto 140 metri. Anche la biblioteca di Alessandria viene restaurata, tornando ad essere il glorioso edificio che era un tempo.
- Essendo il cuore dell'Impero dominato da eretici nestoriani, copti e assiri il governo bizantino (anzi, alessandrino) è più tollerante verso le credenze eretiche. Vige la consapevolezza di credere alla stessa cosa sotto punti di vista diversi e il rapporto è disteso. Male invece se la passano gli ebrei e i pagani della Circassica, della Crimea e della Georgia, che comunque sono nella sfera d'influenza romana.
Giuliano II attua una profonda riforma nel sistema militare, giuridico e civile, amplia la Biblioteca di Alessandria e da vita ad un tentativo di restaurare l'Impero. Il primo a cadere è il regno vandalico, dopo la battaglia di Ad Decium, quindi viene recuperata tutta l'africa, grazie all'appoggio di alcuni capi tribali locali come il re di Altava. Poi è la volta dell'Italia, la cui resistenza si protrae per diverso tempo (come nella nostra Timeline). Avendo occupato tutta l'africa occidentale l'Impero non organizza nessuna spedizione contro i Visigoti.
Alessandria diventa la città più grande del mondo, con una popolazione di 800mila abitanti, un'urbanizzazione molto forte ed un sistema di approvvigionamento tipicamente romano (cisterne, acquedotti ecc). Giuliano II edifica anche il Circo Giuliano, una copia del Colosseo di dimensioni maggiori, in grado di ospitare 70mila persone.
Invasione persiana:
I persiani colpiscono con forza, prima occupando l'Armenia e poi lanciando un'offensiva verso Antiochia, volta a separare le truppe bizantine. Il Senato di Alessandria si appella ad Eraclio, eserca di Cartagine, che giunge ad Alessandria in un momento critico. Vengono addestrate nuove reclute e ritirate tutte le truppe disponibili. Questo apre la strada all'invasione longobarda e slava, mentre in africa tutto resta abbastanza tranquillo. In pochi anni i persiani occupano anche Gerusalemme, Tiro, Gaza e raggiungono l'istmo di Suez. L'asia minore cade rapidamente e nel 626 i persiani sbarcano a Gallipoli. Nel frattempo assistiamo alla calata degli Avari, che conquistano buona parte dei balcani. Non venendo sconfitti nell'assedio di Costantinopoli (che anzi capitola quasi subito), il popolo avaro diventa simile agli unni, cioè crea un impero di tipo federale dove gli avari dominano su varie tribù (come gli slavi). I longobardi non incontrano resistenza e possono tranquillamente occupare Milano, Ravenna, l'Istria, Firenze, Pisa, non riescono a prendere Roma ma si insediano a Benevento. I bizantini mantengono la Puglia e la Calabria, le isole italiche e la zona attorno a Roma. Nei balcani il loro potere è ridotto al Peloponneso, a Tessalonica e a Spalato. I persiani tentano un assedio di Alessandria nel 625, che tuttavia deve essere levato per mancanza di rifornimenti. Si spingono quindi a sud, in cerca di terre fertili da razziare e conquistano Il Cairo. Quindi riprendono la loro marcia verso nord riconquistando Damietta e la zona del delta del Nilo, per poi porre un nuovo assedio alla capitale nel 627. Le forze alessandrine resistono accanitamente e nel 628 per i persiani diventa troppo tardi. Eraclio riesce nella sua invasione della Persia e il conflitto finisce. I persiani restituiscono tutte le terre bizantine occupate, pagano un pesante tributo e sostanzialmente diventano vassalli dell'Impero. Gli Avari mantengono il loro dominio e gli alessandrini recuperano solamente Gallipoli, Costantinopoli e Atene.
641, l'invasione araba:
Gli ultimi anni di Eraclio sono contrassegnati dall'invasione araba. Questi beduini della steppa occupano rapidamente la Siria, sconfiggono la Persia e poi si dirigono contro Asia Minore ed Egitto. L'imperatore Giuliano III, figlio di Eraclio, organizza la resistenza presso l'istmo di Suez, raccimolando uomini da ogni regione possibile. In Egitto gli alessandrini riescono a resistere ma sono costretti a cedere l'Asia Minore, terra ricca di grano e metallo. Rilevante per questa guerra è l'appoggio dei popoli copti e nestoriani del sud dell'Egitto, come Blemmi e Axum. Alla morte di Giuliano III per tubercolosi, gli succede il fratello Eraclio II.
Anni 641-668:
Eraclio II muore dopo pochi anni di regno e gli succede un nobile di origine alessandrina, Alessandro. Costui riuscì a contenere l'invasione dell'Egitto e iniziò una campagna militare in italia, contenendo i temibili attacchi dei longobardi. Era sua intenzione spostare la capitale a Siracusa ma l'opposizione della nobiltà Alessandrina fece si che l'Imperatore rimanesse ad Alessandria, difendendo la capitale. Nel frattempo gli arabi occupavano Nicea, Nicomedia ed Efeso e nel 666 sbarcarono a Gallipoli, in europa, conquistando la città dopo 37 giorni d'assedio. Nel 668 sconfissero anche il Khan degli Avari, strappandogli la parte bassa dei balcani. L'impero avaro cominciò a contrarsi, vedendo Serbi, Croati, Slavi e Gepidi staccarsi dalle proprie fila. Alessandro venne ucciso dal nobile Mecenzio, che rivendicò il trono. Tuttavia suo figlio, Alessandro II, non era intenzionato a farsi da parte.
Come continuarla? Per fornire suggerimenti all'autore, scrivetegli a questo indirizzo.
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Ed ora ecco a voi l'idea geniale di Renato Balduzzi:
Il "nostro" Olimpo!
E se il Cristianesimo non fosse riuscito a soppiantare del tutto le antiche divinità greco-romane? Se cioè una minoranza o addirittura una parte consistente della popolazione avesse continuato a credere in quegli déi pagani fino al presente, al di là di tutti gli aspetti sociali e culturali, oggi come li vedrebbe?
Nel nostro immaginario attuale li pensiamo vestiti con tuniche e calzari della moda antica ma, se sono effettivamente sopravvissuti fino all'evo moderno, l'Homo technologicus tenderà ad idealizzarli come uomini perfetti del nostro tempo. Quindi vedremo Giove in giacca e cravatta come un presidente, Marte in uniforme da generale con carriarmati e testate nucleari, Vulcano con la tuta blu da metalmeccanico e la fiamma ossidrica in mano, Venere in minigonna inguinale e reggiseno di pizzo, Nettuno con divisa da marinaio e pipa in bocca...
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Gli risponde Never75:
Quello che hai scritto mi ha fatto venire subito in mente Pollon (cliccate qui per rivederla!)
Comunque, con tutta la simpatia che gli dèi dell'Olimpo mi danno (forse alla fine io sono rimasto ancora un po' pagano dentro...) credo che ormai, Cristianesimo o no, il loro culto già all'epoca di Diocleziano fosse alla frutta. Se non ci avesse pensato il Dio ebraico-cristiano dargli la spallata definitiva, sarebbe stato il turno di Mitra, o di Iside, o Cibele-Attis o qualche altro culto misterico.
Oppure, siamo nell'ucronia, magari dello Zoroastrismo o Manicheismo. Forse pure l'Ebraismo avrebbe fatto la sua parte. Nell'immaginare il "mio" Ponzio Pilato nel processo a Gesù (presente nella parte finale delle disavventure di Timeo) ho messo parecchia ironia, ma il succo è quello. Agli dèi classici già ai tempi di Augusto ormai ci credevano in pochi, figurasi dopo! Basta leggere "I dialoghi degli dèi" di Luciano di Samosata per capire quali erano le idee più diffuse al riguardo...
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Tuttavia, il tuo gioco potrebbe continuare:
Mercurio. Verrebbe
raffigurato in modi diversi a seconda delle sue diverse funzioni.
In quanto dio del commercio, vestirebbe in giacca e cravatta, avrebbe una 24 h ed un PC portatile per seguire gli ultimi aggiornamenti della Borsa in tempo
reale. Nel suo caduceo, anziché avvinghiarsi due serpenti, avremmo i simboli di
€ e $ che si affrontano.
Come dio della velocità, non avrebbe le ali ai piedi, ma guiderebbe una Ferrari
Testarossa (e il logo della vettura di Maranello potrebbe proprio essere il profilo della stessa divinità, piuttosto che il cavallino
rampante) oppure sarebbe a "cavallo" di un missile spaziale e vestirebbe la tuta da astronauta.
In qualità di dio burlone, avrebbe sarebbe simile ad un clown, con tanto di nasone rosso e capelli verdognoli, e racconterebbe barzellette sconce agli
altri dèi.
Infine, come patron dei ladri, metterebbe una calzamaglia in testa e girerebbe armato di
mitra!
Apollo. Me lo immagino come un fotomodello od un divo di Hollywood.
Vestirebbe all'ultima moda, avrebbe un fisico palestrato ed occhiali da sole. In
estate girerebbe a torso nudo con un costumino stile hawayano.
Le sue Sibille avrebbero un sito Internet di consulti on-line e gestirebbero per
lui il suo fan-club.
Minerva. In quanto dea della guerra, sarebbe abbigliata più o meno come Marte:
con la tuta mimetica e le armi supermoderne.
Come dea della sapienza, invece, assumerebbe la posa della tipica Nerd (stile
Arisa) superocchialuta, con gonne lunghe alla "Valleluja" e si porterebbe presso
sempre una sfilza di libri ed enciclopedie.
Giunone. Alle scappatelle di Giove, minaccerebbe ogni volta il divorzio chiedendo gli alimenti (ambrosia) eterni al Divino Consorte!
Bacco. Non si limiterebbe al vino, ma passerebbe subito alle droghe (leggere e
pesanti).
Avrebbe perennemente in bocca una decina di canne ed ogni tanto snifferebbe della coca ed il suo carro avrebbe la forma di una immensa foglia di
marijuana!
Cupido. Anziché arco e frecce, sarebbe armato di bazooka!!
Plutone. Il suo trono dell'Aldilà sarebbe in realtà una sedia elettrica che intrappolerebbe qualsiasi umano, bruciandolo vivo, che voglia prendere il suo posto accanto a Proserpina (come nel mito greco tentarono di fare Teseo e l'amico Piritoo).
Ercole. Sarebbe un bestione superpompato, dopato di steroidi con un corpo alla Hulk. Anziché viaggiare con clava e scudo, si porterebbe presso un bilanciere per fare esercizi ginnici.
Cerere. La dea dell'agricoltura, in una versione modernizzante, guiderebbe certo un trattore od un aratro meccanico.
Esculapio. Il dio della medicina girerebbe con uno stetoscopio e la cassettina del Pronto Soccorso!
Saturno. Sarebbe rappresentato come un vecchio un po' rimbambito sulla sedia a rotelle, assistito però da uno stuolo di badanti-ninfe con costumi succinti e perizomate... Una bella vecchiaia!!!
Naturalmente anche la dimora degli dèi non sarebbe più un Tempio su un Monte, ma una mega-astronave a passeggio per gli Universi.
Infine, per completare il quadro:
I centauri sarebbero metà uomini e metà automobili. (4 gambe = 4 ruote)
I satiri metà uomini e metà biciclette o moto (2 gambe = 2 ruote)
I giganti, come già ipotizzato da Riker, assumerebbero le fattezze dei robottoni giapponesi come Goldrake, Jeeg, Mazinga, Daitarn III ecc.
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Ora veniamo ai patronati:
Giove, re degli dei e degli uomini, sarebbe anche il patrono dei meteorologi (per via dei fulmini), oltre che dell'ENEL.
Venere proteggerebbe le ballerine, le veline, i porno-attori e porno-attrici,
gli aspiranti concorrenti ai reality show e (naturalmente) le escort.
La sua effigie sarebbe rappresentata sulla facciata delle case di tolleranza (che qui, come ovvio, non verrebbero mai abolite), la Casa del Grande Fratello
sarebbe in realtà un tempio a lei dedicato e la De Filippi e la D'Eusanio figurerebbero come sue devote sacerdotesse!
Mercurio proteggerebbe gli speculatori, affaristi, gli imprenditori, gli
esploratori dello spazio, i piloti di F1 (per attinenza alla velocità) e, in quanto dio dei ladri, sarebbe assai spesso invocato da quasi tutti i politici
nostrani (del presente e del passato).
In quanto dio dei commerci, poi, la sua effigie potrebbe essere il simbolo di
Confindustria.
Apollo proteggerebbe attori, attrici, scrittori, musicisti, registi, fumettisti, artisti in generale e fotomodelli.
Bacco sarebbe il dio preferito da Marco Pannella nella sua battaglia per la
liberalizzazione delle droghe leggere.
Ovviamente veglierebbe anche su alcoolisti, cannaioli e drogati in generale.
Ercole sarebbe il patron ideale di culturisti, sportivi in generale e wrestler professionisti.
Nettuno proteggerebbe i marinai, i sommozzatori, i sub e la cucina a base di pesce.
Vulcano sarebbe il dio dei metalmeccanici, dei tornitori, del Piccolo Artigianato e diverrebbe icona della Sinistra Estrema (il dio proletario!) e della FIOM. La sua immagine campeggerebbe spesso e volentieri, nelle vignette disegnate da Altan, sul banco da lavoro dell'operaio Cipputi.
Minerva sarebbe protettrice degli studenti universitari, dei secchioni e delle
ragazze non tanto belle che non hanno il fidanzato (e forse non ce l'avranno mai) perchè passano tutto il giorno sui libri od a navigare in Internet!
Ugly Betty sarebbe la sua sacerdotessa ideale, al pari di Lisa Simpson!
Cerere sarebbe la patrona di Confagricoltura e Confesercenti, mentre Esculapio veglierebbe sull'INAIL e sulla MUTUA.
Saturno, infine, sarebbe il protettore dell'INPS e tutte le case di riposo sarebbero intitolate a suo nome.
Beh, alla fine dei conti, non sarebbe stato tanto brutto come scenario! Tu che ne pensi, Renato?
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Così si entusiasma Renato:
Bellissimo! Plutone probabilmente avrebbe i capelli lunghi e sarebbe vestito con giubbotti e pantaloni di pelle borchiati come un metallaro. Sarebbe naturalmente il protettore del metal!
Durante il periodo sessantottino, molti complessi dediti ai "viaggi" con l'LSD potrebbero inserire come incipit dei loro LP invocazioni a Bacco. Tutti i film erotici inizierebbero, come il De Rerum Natura, con una invocazione a Venere. Tinto Brass e Corrado Fumagalli sarebbero devotissimi alla dea e scriverebbero saggi sul culto venusiano.
Tutte le mattine, la borsa di New York sarebbe aperta con una invocazione a Mercurio.
Giunone sarebbe la divinità di riferimento del movimento femminista.
Braccio di Ferro, dopo aver picchiato Bruto, non intonerebbe la famosa melodia del "sailor man", ma una preghiera di ringraziamento a Nettuno!
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Federico Sangalli invece suggerisce:
Il culto del Sol Invictus avrebbe potuto una chance come versione razionale del culto dell’Imperatore che in HL molti ambiziosi sovrani romani tentarono di instaurare, prima in senso pagano, poi mediante il Cesaropapismo. Penso che in assenza di fedi abramitiche ci sarebbe un tentativo simile ma destinato probabilmente a fallire: Roma non era il Giappone, l’Imperatore non era considerata una persona sacra (non in quel senso almeno e neppure ai livelli dell’intoccabilità concessa ai sovrani medievali), la maggior parte di loro saliva al potere macellando i propri predecessori per poi fare la stessa fine. Poiché nessuno è disposto a riconoscere come divinità il nemico a cui hai appena fatto la pelle per prenderne il posto tale culto non durerebbe oltre l’orizzonte di qualche dinastia e sarebbe intrinsecamente debole, legato alla persona del fondatore e forse dei suoi più stretti familiari, pronto a collassare dopo la loro dipartita come con Akhenaton.
Il culto solare potrebbe essere un mezzo per rendere un culto del genere meno legato alla persona dell’Imperatore. Ma resto comunque abbastanza scettico perché;
A) sarebbe comunque molto
legato agli imperatori e alle loro bizze,
B) l’Occidente, anche pagano, ha sempre teso verso divinità antropomorfe e
capaci di dialogare con l’Uomo, il culto del sole come manifestazione naturale
potrebbe non durare a lungo, e
C) si tratta di un prodotto della cultura romana calato nel panorama culturale
romano e legato alle istituzioni romane, tre cose che erano già in decadenza e
che non sarebbero sopravvissute a lungo.
Il Manicheismo è un’idea interessante ma vi esorto anche a pensare a qualche pulsione mistico-culturale che in HL prese la forma delle prime eresie cristiane. Anche senza cristianesimo non è detto che i suoi protagonisti non possano proporre nuovi assiomi religiosi tali da soppiantare il declinante mondo pagano con una nuova fede. Per esempio, il Montanismo è stata un’eresia cristiana fondata da un ex sacerdote della dea Cibele, Montano, che sosteneva di ricevere visioni e pretendeva, assieme ad altre, di essere un profeta. Montano potrebbe profetizzare come sacerdote pagano e fondare una nuova fede senza l’argine della teologia cristiana, magari proprio a partire da un’influenza manichea invece che cristiana, popolarizzando il manicheismo e rendendolo più accessibile insomma.
Personalmente non posso condividere l’affermazione secondo cui esisterebbe un odio ideologicamente insito verso l’ebraismo all’interno della teologia cristiana. E non perché in passato non siano mancati - e in certi periodi non siano andati per la maggiore - grandi persecutori tra le file della cultura cristiana, per quando negli stessi tempi già molti si prodigavano per contrastare questa insulsa deriva bigotta (e parlo di gente come Papa Alessandro VI il Borgia, non dell’ultimo pretino progressista di ieri l’altro). No, lo dico semplicemente perché se tale odio fosse così insito nella teologia e nel discorso cristiano allora il Cristianesimo avrebbe dovuto sempre negare delle proprie radici ebraiche, accogliendo per esempio le tesi di quegli eretici come i Marcionisti, che predicavano il ripudio dell’Antico Testamento e di tutta l’eredità culturale ebraica e che invece furono repressi e cancellati dalla storia in favore di una visione che prima ha conservatore e poi ha valorizzato tale legame all’insegna delle “radici giudaico-cristiane” (che poi è la ragione per cui i Nazisti pianificavano di sbarazzarsi della Cristianità una volta vinta la guerra).
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Anche Basileus TFT ha voluto dire la sua con queste proposte:
Dopo la sconfitta del paganesimo nell'impero romano, cosa sarebbe successo se molti filosofi e uomini di cultura legati alle vecchie tradizioni di pensiero fossero scappati all'estero, un po' come fece Ario dopo la sua condanna? Potremmo vedere la diffusione del paganesimo romano misto ad elementi barbarici. Mitra si fonderebbe con Zoroastro o con Iside. In Europa, Odino sarebbe la divinità speculare di Giove, Marte di Thor, eccetera. Le invasioni barbariche cosa si porteranno dietro?
Inoltre i romani erano sempre stati caratterizzati dal fatto di assimilare le varie religioni da essi incontrate, un po' per superstizione un po' per controllare meglio i popoli sottomessi. Cosa succede se l'editto di Tessalonica viene rispettato ma non ampliato? I culti pagani e cristiani rimangono entrambi leciti e anzi si fondono in accesi dibattiti teologici e metafisici. Come prosegue questa convivenza fra cristiani e pagani?
E c'è anche il caso più estremo... Flavio Eugenio, magister militum d'Occidente e strenuo difensore del paganesimo, non perde contro Teodosio nella battaglia del Frigido e diventa imperatore. Immediatamente l'editto di Milano è revocato e i culti pagani tornano legittimi. Cosa succede nel futuro?
Ecco una cartina da me elaborata delle religioni nell'Impero al tempo di Flavio Eugenio:
In blu le regioni a maggioranza Cristiana.
In arancione le regioni a maggioranza pagana con profondi influssi di tipo egizio (Iside, Horus, Serapide,
ecc.)
In verde le regioni a maggioranza pagana con influssi da divinità orientali (Mitra, Cibele, Attis)
In fucsia le regioni a maggioranza pagana con tratti tipici dei culti britannici
In viola scuro le regioni a maggioranza pagana con elementi romani preponderanti (Giove, Zeus, ecc)
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E ora, la proposta di Generalissimus:
Il popolo di Milano casca nei tranelli orditi da Aurelio Ambrogio per convincerlo di essere una persona indegna a ricevere la carica di vescovo. Ambrogio continua la sua carriera amministrativa fino alla sua morte sotto il regno di Onorio, non viene santificato e inoltre i Milanesi dovranno trovarsi un altro candidato Cattolico se non vogliono che il vescovato di Milano finisca in mano ad un vescovo Ariano. Quali le altre conseguenze di questo fatto? E come evolvono l'immaginario collettivo e la cultura popolare milanesi senza la figura di Sant'Ambrogio?
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Gli risponde Paolo Maltagliati:
Certo che sei perfido a volte... Prima mi ammazzi Tolstoj e Dosdy (soprattutto Dosdy), poi adesso mi fai sparire Sant'Ambrogio. Ti piace ammazzare i simboli!
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Generalissimus gli ribatte, strizzando un occhio:
Non è che mi piace, è solo che contemplo la possibilità dell'esistenza di universi paralleli nei quali è prevista l'assenza di personaggi appunto come Tolkien, Dostoevskij e San Gennaro, ma credo anche io che questi universi paralleli siano mondi odiosi in cui vivere. Uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare.
E a proposito di perfidia, non hai ancora visto l'universo parallelo in cui i nazisti dominano il mondo e un mediocre e meschino Raffaele Ucci, giovane gerarca rampante ansioso di essere trasferito prima o poi in Mittelafrika, si illude di fare il colpaccio firmandosi Grossadmiral e infiltrandosi in un blog di ucronisti che scrivono di vittorie degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale, trionfi mondiali di comunismo e socialismo e chi più ne ha più ne metta, risalendo alle loro abitazioni e facendo deportare costoro e le loro famiglie per attività e diffusione di idee sovversive...
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Paolo allora deglutisce asciutto:
Chissà perché, mi è passata all’improvviso la voglia di scrivere ucronie...
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Ma Generalissimus lo rassicura:
Tranquillo, quello lì non lo sopporto neanche io, e finché se ne starà rinchiuso nel suo "Universo dello Specchio" non potrà far male a nessuno voi... relativamente!
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Chiudiamo per ora con la proposta di Inuyasha Han'yō:
In questo sito ho trovato la seguente, splendida illustrazione: i legionari romani contro lo xenomorfo di "Alien"! Voi che ne pensate?
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Per contribuire con idee e suggerimenti, scriveteci a questo indirizzo!