Re Hasan di Libia

di Tommaso Mazzoni

PoD: la salute di Re Idris I peggiora più rapidamente che nella nostra Timeline; il 4 agosto 1969 egli abdica a favore del Nipote Hasan, che è incoronato ufficialmente a Tripoli.

Re Hasan I di Libia

Re Hasan I di Libia

1969
Il 1 Settembre è sventato il colpo di Stato dei Giovani Ufficiali; Mohhammad al-Qaddafi e gli altri cospiratori sono arrestati e Re Hassan resta sul trono.

1970
Per impedire ulteriori colpi di stato Re Hasan inizia una profonda riforma, che porterà ad una nuova costituzione, in cui lo stato torna ad essere federale, stavolta identificando nelle varie tribù i soggetti dell'Autonomia; inoltre, ripristina i partiti politici, ed estende il suffragio.

1971
Le nuove elezioni vedono la vittoria del Partito Nazionale Conservatore, fedele al sovrano; Il ripristinato Partito Nazionale del Congresso è il secondo partito; Wanis al-Quaddafi resta Primo Ministro.

1972
Re Hasan tiene un discorso all'Organizzazione dell'Unità Africana ad Addis Abeba, in cui annuncia l'uscita della Libia dall Lega Araba; “Quella Araba è solo una parte della complessa identità Libica; come molti paesi africani, siamo il frutto di molteinfluenze; La Libia non puà fossilizzarsi soltanto su una di esse. La Politica estera libica diventa nettamente filo-africanista.
Il Governo Libico negozia con l'Italia la costruzione di una serie di infrastrutture fondamentali, che permettano di collegare fra se le varie cittò, incluse quelle nel deserto.

1973
Tensioni con il governo Egiziano di Sadat.

1974
L'intelligence Libica sventa il complotto del Derg in Etiopia; Il Negus Negesti Haile Selassié I, su consiglio di Re Hasan, abdica a favore del figlio Yaqob Tafari, che diventa Imperatore con il nome di Ahma Selassié I; Immediatamente quest'ultimo crea un governo di tecnici, liberali e progressisti per modernizzare il paese, e scrivere una nuova costituzione.
Diversamente che nella nostra Timeline, la nazionale di calcio della Libia partecipa alla Coppa d'Africa in Egitto, ottenendo la sua prima vittoria in finale contro lo Zaire.

1975
Un'amnistia generale permette la liberazione dei congiurati del 1969, fra cui Muhammar al-Quaddafi (nessuna parentela col Primo Ministro).

1976
Il Partito Nazionale Conservatore rivince le elezioni; Nell'Assemblea Generale ci sono quattro partiti Maggiori: Il Partito Nazionale Conservatore, il Partito del Congresso Nazionale, il Partito Socialista Nazionale e il Partito della Giustizia e della Costruzione, islamista moderato.
Wanis al-Quaddafi confermato primo ministro.

1977
Muhammar al-Quaddafi, che ha abbandonato l'anti-fazionismo della sua gioventù, entra nel Partito Socialista Nazionale.

1978
La nazionale di calcio Libica ottiene la prima, storica qualificazione ai mondiali, venendo poi eliminata al primo turno, nel gruppo tre, arrivando terza dietro a Polonia e Germania Ovest, e davanti al Messico.

1979
Inaugurata la Tripoli-Tobruk.

1980
Muhammar al-Quaddafi cambia il suo nome in Muhammar Gheddafi, per distinguersi dal Primo Ministro. 
Gheddafi è eletto Segretario del Partito Socialista Nazionale.

1981
Alle elezioni, il Partito Socialista Nazionale vince le elezioni, garantisce la sua fedeltà alla costituzione, e, il suo leader, Muhammar Gheddafi è eletto Primo Ministro.

1982
Nasce la Compagnia Nazionale Libica degli Idrocarburi, che, senza eccessi acquista progressivamente il controllo del Petrolio Libico.
Seconda vittoria della Coppa d'Africa per la Nazionale Libica padrona di casa, in Finale con il Ghana.

1983
Accordo Italo-Libico per i diritti di pesca.

1984
In Costa d'Avorio, la Libia campione è sconfitta dal Camerun.

1985
Papa Giovanni Paolo II visita la Libia, accolto da Re Hassan all'aeroporto di Tripoli, e dice Messa nella Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù.

1986
Il Partito Socialista Nazionale rivince le Elezioni in Libia.

La Bandiera del Regno di Libia

La Bandiera del Regno di Libia

1987
Mikhail Gorbachev visita la Libia.

1988
Anche Ronald Reagan visita la Libia.

1989
Crolla il Muro di Berlino; in Algeria, il Fronte di Liberazione Nazionale cessa di essere Partito Unico; Gheddafi e Chadli Bendjedid firmano un accordo di libero scambio fra i due paesi.

1990
Ai Mondiali Italiani, la Libia è eliminata ai quarti dall'Inghilterra, con risultato di 3-2 dopo i Tempi Supplementari. La Libia è la prima squadra Africana ad arrivare ai quarti di finale di un mondiale.

1991
Alle elezioni Libiche, il Partito del Congresso Nazionale, formazione liberale, vince le elezioni
e porta al governo della Libia Mohammed Yousef el-Magariaf.
In Algeria a vincere le elezioni non è il Fronte di Salvezza Islamico, ma il Partito 
Nazionale della Pace, Islamico ma Moderato, finanziato dalla Libia. Questo evita il colpo di stato.

1992
Alla Coppa d'Africa in Senegal, terza vittoria della Libia.

1993
Trattato di Tripoli che sancisce la nascita del Parlamento Africano con sede a Lomé, nel Togo.

1994
Prime Elezioni del Parlamento Africano; Il Partito Liberale Africano, al quale il Partito del Congresso Nazionale Libico è affiliato, vince la maggioranza dei seggi.

1996
Alle elezioni Libiche, riconfermato el-Magariaf.

1997
Firmato il Trattato di Addis Abeba, che sancisce la nascita del Agenzia della Collaborazione Militare Africana. L'acma costituisce il primo Esercito Comune Africano.

1998
L'Acma pone fine all'anarchia Somala, dopo la deposizione del Dittatore Mohammed Siad Barre.

1999
Il Partito Socialista dei Lavoratori Africani, al quale il Partito Socialista Nazionale Libico è affiliato, vince le Elezioni Africane.

2000 
Presentata la proposta per l'organizzazione del Mondiale in Libia, il primo in terra Africana.
Esso si giocherà in inverno, giacché l'estate Libica è considerata troppo torrida.

2001
Saif Gheddafi, figlio di Muammar, vince le elezioni alla testa del Partito Socialista Nazionale, e diventa il più giovane Primo Ministro della storia Libica.
Ahmad Shah Massoud, il Leone del Panshir, scampa ad un attentato grazie all'intelligence Libica.
In seguito a fatti dell'11 Settembre, la Libia è l'unico paese Musulmano ad accettare di partecipare alla Coalizione dei Volenterosi in Afghanistan.

2002
Su pressioni Libiche, alla Loya Girga è consentito di ripristinare la Monarchia in Afghanistan; Mohammed Zahir Shah torna sul trono di Kabul.
Ahmad Shah Massoud diventa Primo Ministro, dopo aver vinto le elezioni alla testa dell'Alleanza Afghana per la Democrazia e il Progresso.

2003
Grave attentato a Tripoli: uccisi 15 soldati dell'Esercito Libico; Saif Gheddafi dichiara che i libici non si piegheranno alla violenza.
Comunque, la Libia non partecipa alla Guerra contro l'Iraq.

2004
La candidatura Libica per i Mondiali del 2010 risulta vincente (alcune recenti rivelazioni inducono a pensare che Tripoli possa aver versato svariati Milioni di Dinar nelle casse dei dirigenti FIFA).
Nonostante la sconfitta del PSA, buon risultato del PSNL di Saif Gheddafi alle Elezioni Africane.

2005
Muore Re Hasan I, gli succede il figlio Mohammed con il nome di Idris II.

Re Idris II

Re Idris II

2006
Saif Gheddafi è confermato Primo Ministro.

2007
Papa Benedetto XVI visita Bengasi, dove vive una nutrita comunità cattolica.

2008
La Nazionale Libica ottiene la sua quarta Coppa d'Africa in Ghana, eliminando in semifinale la squadra di casa e battendo in finale il fortissimo Egitto.

2009
Alle elezioni Africane, successo del Partito Socialista Africano; In Libia comunque, il PSNL arriva secondo, dietro il Partito della Giustizia e della Costruzione, che aderisce al Partito Africano dei Conservatori Moderati.

2010
Mondiali di Libia; Con il suo 4° posto la Nazionale Libica diventa la Nazionale Africana di maggior successo in un Mondiale.
In Egitto e in Tunisia, sono deposti i dittatori Hosni Mubarak e Zine El Abidine Ben Ali; in Egitto è restaurata la Monarchia, e Re Fuad II torna sul trono.

2011
Il Partito della Giustizia e della Costruzione vince le elezioni Libiche, e Mohammed Sowan è eletto Primo Ministro.
Il Primo ministro Sowan ospita un incontro di pace fra Hamas e Israele.

2012
La Nazionale Libica di Calcio vince la sua Quinta Coppa d'Africa nell'edizione organizzata congiuntamente da Gabon e Guinea Equatoriale.
Hamas riconosce l'autorità del Presidente Abu Mazen.

2013
La Libia torna nell'Unione Araba, ma mantiene intatta la propria partecipazione al processo di integrazione Africana.

2014
Grave attentato dell'Isis in Libia, una bomba all'aeroporto di Sirte causa decine di morti.
Il Gran Mufti di Bengasi e l'Arcivescovo di Tripoli condannano la violenza dell'Isis. La Libia dichiara Guerra allo Stato Islamico.

2015
Papa Francesco visita la Libia, dove è accolto da Re Idris II e dal Primo Ministro Sowan. Il Papa si congratula con il primo ministro islamico per i suoi sforzi a favore della pace.

Tommaso Mazzoni

Lista dei Primi Ministri di Libia dal 1971:

Nome

Partito

Mandato

Wanis al-Quaddafi

Nazionale Conservatore

1971-1981

Muhammar Gheddafi

Socialista Nazionale

1981-1991

Mohammed Yousef el-Magariaf

Nazionale del Congresso

1991-2001

Saif Gheddafi

Socialista Nazionale

2001-2011

Mohammed Sowan 

Giustizia e Costruzione

2011-in carica

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Anche Alessio Mammarella ha voluto proporre la sua versione di questa ucronia:

Mohammed I di Libia, l'anti-Berlusconi

La Libia poteva essere un paese diverso, senza Gheddafi? Nel Golfo Persico, la combinazione tra popolazione limitata e grandi risorse petrolifere ha prodotto realtà come quelle degli Emirati Arabi e del Qatar. Già la Libia di Gheddafi era tutt'altro che uno stato povero, pur non essendo, per le note ragioni politiche, un centro finanziario ed una meta del turismo crocieristico. Ecco ma allora se la Libia si fosse sviluppata in quel modo lì, come gli Emirati ed il Qatar, come sarebbe stata la sua storia? Come sarebbe stata la sua politica senza le idee terzomondiste e panafricane di Gheddafi? Senza le sue folli spese in armamenti ed operazioni terroristiche? Quali rapporti avrebbe avuto con l'Italia un paese del genere così vicino? E considerando la grande importanza, nella storia recente, di TV satellitari come Al Jazeera, l'interesse di un sovrano libico interessato all'Italia ed alla TV lo avrebbe portato in rotta di collisione con Berlusconi? E' questa l'ipotesi che provo a sviluppare.

Il 1 settembre 1969, un gruppo di cospiratori libici, tra i quali spicca il giovane capitano Muammar Gheddafi, tenta prendere il potere approfittando dell'assenza dell'anziano Re Idris, all'estero per cure mediche. Il tentativo sovversivo vorrebbe anticipare l'avvicendamento al potere fra il vecchio re ed il nipote, principe Hasan, già designato come erede al trono. Nel giro di pochi giorni, tuttavia, i sovversivi vengono sgominati ed il 5 settembre Hasan viene proclamato come previsto Re di Libia. L'effervescenza dei militari, influenzati dal vicino Egitto nasseriano e convinti che solo un ordinamento repubblicano possa modernizzare il paese, viene definitivamente vinta nel 1975 dopo un nuovo tentativo di colpo di Stato che si conclude con una vasta epurazione. Ampi programmi sociali ed infrastrutturali, resi possibili dall'aumento del prezzo del petrolio, sembrano finalmente fornire alla monarchia un ampio sostegno popolare. Dopo la Rivoluzione Iraniana anche la Libia, preoccupata, si unisce al fronte delle nazioni arabe che sostengono Saddam Hussein contro l'Iran rivoluzionario.

L'erede al trono libico, il giovane principe Mohammed, assume la guida del fondo sovrano istituito per diversificare gli investimenti, e comincia a guardare verso l'Italia. Nel 1983 decide di entrare nel settore televisivo, acquistando da Mondadori l'emittente denominata "Rete4", promettente ma già con molti debiti. La cosa desta una profonda impressione, visto che all'epoca si stava discutendo in modo acceso nel paese se degli editori privati dovessero poter gestire dei canali televisivi oltre l'ambito locale. L'acquisto di un canale importante da parte di un gruppo arabo appare a molti bizzarro e preoccupante. L'anno successivo Rete 4 viene "spenta" per alcuni giorni da un provvedimento giudiziario, ma a sbloccare la situazione è la lettera aperta di tre importanti giornalisti, Maurizio Costanzo, Enzo Biagi e Giorgio Bocca, che pubblicano una lettera aperta agli italiani sulla questione della libertà di espressione. La successiva legge Gava, dal nome dell'allora ministro delle Comunicazioni, regolamenta il mercato e le concessioni per trasmettere sull'intero territorio nazionale. Rete4 ottiene una concessione è può quindi continuare le trasmissioni con serenità, anche se viene posto un limite all'ampliamento del gruppo, che non potrà avere altri canali. In ogni caso, la qualità dei programmi e l'ombrello finanziario libico consentono a Rete4 di reggere la competizione con i canali della Rai e di Berlusconi, che nel frattempo apre un terzo canale, Italia7.

Nel 1990 la Libia si schiera con la coalizione internazionale dopo l'invasione del Kuwait, confermandosi un paese arabo amico dell'occidente. Nel corso degli anni '90, la presenza libica in Italia si rafforza: i libici comprano la squadra di calcio dell'Inter, estendendo al calcio la rivalità con Berlusconi, e la compagnia petrolifera Tamoil che ne diventa lo sponsor principale. Un ulteriore ampliamento si ha però sul finire del decennio, quando vengono acquistate dal gruppo Olivetti le due società di telefonia Omnitel e Infostrada, nel quadro della grande operazione finanziaria che porterà Olivetti ad assumere il controllo di Telecom Italia. Berlusconi, che nel frattempo è entrato in politica, contesta aspramente l'operazione e chiede una legge che vieti di avere partecipazioni nei media e nelle telecomunicazioni allo stesso tempo.

Dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche del 2001, si comincia a parlare di riforma del sistema televisivo. Il nuovo ministro per le Comunicazioni, Maurizio Gasparri, congegna una revisione nell'attribuzione delle frequenze che consenta alla Rai di aprire un nuovo canale, che dovrà chiamarsi appunto "Rai4". Rete4 protesta vivacemente, sostenendo che la nuova ipotetica rete Rai verrebbe aperta semplicemente per estromettere Rete4. Viene lanciata la campagna "No a Rete4 sul satellite" che porta all'abbandono del progetto di legge. Viene tuttavia stabilito, in una diversa legge a tema antitrust, un divieto di commistione tra le società televisive e quelle telefoniche. Malgrado il business della telefonia sia il più promettente, pare che lo stesso Re Mohammed abbia voluto restare nel settore televisivo, disponendo la vendita di Omnitel ai britannici di Vodafone e di Infostrada alla concorrente italiana Wind. I proventi della vendita vengono investiti nel potenziamento dell'emittente satellitare 4News, che proprio da Rete4 e dai suoi validi giornalisti aveva tratto ispirazione per diventare una delle principali reti "all news" del mondo arabo. Dopo il 2003, 4News diventa molto critica sulla scelta americana di invadere l'Iraq. In Italia si comincia a parlare di sospetti rapporti tra servizi segreti libici e gruppi terroristici, mentre una trasmissione di Rete4, Annozero, parla per la prima volta del rapimento dell'egiziano Abu Omar, che mette in imbarazzo il governo italiano. Negli anni successivi però il governo italiano ha altri problemi di cui occuparsi, ed infine la crisi economica costringe Berlusconi a dimettersi. Lo sostituisce il tecnico Mario Monti, che sembra star bene a tutte le principali forze politiche.

La Libia, nel frattempo, vede svilupparsi ai suoi confini le cosiddette "Primavere arabe", che scuotono soprattutto quei regimi repubblicani che sono stati storicamente egemonizzati dai militari. La Libia sembra in confronto un'isola felice. Qualcuno dall'estero, accusa proprio la Libia di essere tra i fautori del sovvertimento degli stati vicini, con la sua TV satellitare 4News, effettivamente favorevole ai manifestanti, e con il denaro delle sue banche. Tuttavia Barack Obama, visitando Mohammed I nel 2012, in occasione del ventesimo anniversario del suo regno, ribadisce il totale sostegno degli Stati Uniti alla Libia. L'anno successivo, il nuovo Primo ministro italiano Enrico Letta visita a sua volta Tripoli, auspicando che la Libia torni ad investire in Italia e poco dopo, il fondo sovrano libico acquisisce una partecipazione in Alitalia. A fronte di un investimento però, arriva anche un addio: Mohammed decide infatti di vendere la squadra di calcio dell'Inter, che gli ha dato soddisfazioni inferiori a quelle che si aspettava. Curiosamente, anche Berlusconi annuncia poco tempo dopo l'idea di vendere il suo Milan.

In seguito, il principale problema della Libia diventa la situazione in Siria. La Libia è schierata in quel fronte di stati arabi che chiede la destituzione del dittatore Assad, ed è al tempo stesso preoccupata per il problema umanitario connesso ai profughi. La Libia da parte sua è un paese che accoglie moltissimi immigrati provenienti dall'Africa subsahariana, tutti felicemente impiegati nel turismo, nel commercio e nei servizi più vari, ed auspica che anche i paesi europei come l'Italia, fino ad allora non toccati da flussi massicci di immigrati, facciano la loro parte. Rete4 lancia una campagna di informazione per sensibilizzare gli italiani sull'esigenza di accogliere i profughi siriani, campagna che vede favorevoli per altro sia i partiti al governo sia il Vaticano. Ad opporsi sono i soliti berlusconiani spalleggiati dall'estrema destra xenofoba...

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Diamo la parola ad Inuyasha Han'yō:

Io pure ho voluto scrivere un'ucronia che prevede una Libia potenza regionale. Per leggerla, cliccate qui.

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Paolo Maltagliati però obietta:

Toh! Con il titolo "La Libia potenza regionale" e la partenza nell'antichità, mi sono inizialmente illuso che il PoD fosse antico o medioevale, invece è tutta incentrata su Gheddafi.

Ammetto che il tuo Gheddafi ucronico è piuttosto verosimile nelle sue dichiarazioni. Ho però un grande dubbio sul fatto che anche con una vittoria netta nelle Toyota Wars la Libia riesca ad annettersi il Chad per intero. Habré in HL fu a dir poco geniale a riuscire a vincere di fatto usando la Tecnica (videogiochi di mezzo mondo, rendete omaggio ad Habré, la Tecnica è diventata famosa in pratica grazie a lui). Poi chiaro che puoi avere tutte le Toyota land cruiser che vuoi, ma le devi saper usare bene... E in mezzo al deserto, le indicazioni dei satelliti americani aiutano a capire dove stanno i libici, anche se ti muovi dieci volte più velocemente di loro.

Il limite dell'esercito libico, a parte la fregatura di trovarsi all'improvviso contro SIA i chadiani pro presidente, SIA i Chadiani CONTRO Habré (il Gunt), forse è stato - paradossalmente - di avere un esercito regolare più impostato e quindi, di fronte a una tattica di guerriglia rapida e creativa, di essere troppo rigido. Di fatto la Toyota War fu una batosta molto oltre le aspettative dello stesso Gheddafi, su un esercito di 80/100mila uomini ne perse qualcosa come 8mila, cioè un decimo.

E poi, ho un altro dubbio scemo sui Mondiali in casa del 2010: 4 punti con vittoria sulla Francia in un girone se non di ferro, perlomeno ostico, con Uruguay e Messico (in cui l'Italia avrebbe fatto figure peggiori), e Gheddafi non è contento perchè la Libia è stata comunque eliminata al primo turno? Ma dai, povera nazionale libica...

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E Alessio Mammarella aggiunge:

Anch'io come Paolo sono sorpreso da quanta distanza ci sia tra l'inizio della Timeline, che parte da molto lontano, e il fatto che il PoD sia relativo a una miglior fortuna per Gheddafi. Si poteva partire direttamente dalla storia della Libia indipendente che comincia poco prima rispetto all'avvento al potere del Rais.

Credo che il momento cruciale sia la conquista del Ciad, ma finalizzato a far ottenere alla Libia un deterrente nucleare (grazie alle miniere di uranio nella striscia di Aozou, immagino). Vorrei suggerire la possibilità di un PoD ancora più semplice: poco dopo la II Guerra del Golfo, i servizi segreti occidentali scoprirono che Gheddafi aveva un programma nucleare clandestino, e il tiranno decise di ammetterlo e di collaborare al suo smantellamento, in modo da ottenere la benevolenza occidentale (sappiamo bene che quella benevolenza fu solo apparente, solo pochi anni dopo aver garantito il non possesso di armi non convenzionali la Libia subì la sorte che sappiamo). Il PoD potrebbe consistere semplicemente nella "non scoperta" del programma nucleare libico e quindi della rivelazione dello stesso solo nel momento in cui la Libia avrebbe avuto armi pronte all'impiego.

Mi permetto tuttavia di osservare che non necessariamente un deterrente nucleare avrebbe consentito alla Libia di diventare una potenza regionale. La Corea del Nord, per esempio, non si può definire tale nonostante sia entrata nel novero degli stati in possesso di armi nucleari. In particolare, penso che alla Libia sia sempre mancato un adeguato peso demografico, che conta sia sul piano economico (mercato interno) sia su quello militare. Come avrebbe potuto la Libia essere una potenza regionale avendo di fianco l'Egitto, con oltre 100 milioni di abitanti?

Io propenderei maggiormente, volendo immaginare una Libia più fortunata rispetto alla storia che ha vissuto, una "Libia Felix", uno stato prevalentemente affaristico e quindi lontano da problemi come l'estremismo politico, il finanziamento del terrorismo e l'attivismo in politica internazionale. Mi rendo conto che però uno scenario del genere può essere meno affascinante rispetto a quello della potenza regionale.

Per quanto riguarda l'aspetto calcistico, devo dire che ci ho prestato poca attenzione. Generalmente le nazionali africane non colgono grandi risultati a livello internazionale, quindi quella libica dovrebbe essere una nazionale africana che eccezionalmente si confronta da pari a pari con le nazionali europee e sudamericane. Una versione ancora alternativa di questa ucronia potrebbe allora riguardare una Libia che, appunto perché poco popolosa di suo, viene colonizzata in modo molto più importante da una popolazione europea (italiana, ma non necessariamente) e si trasforma quindi in un pezzo di Europa sulla costa africana, con benefiche ricadute sul piano sportivo.

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E ora, la proposta di Andrea Mascitti:

Cosa sarebbe cambiato se, durante la lotta per l'indipendenza dal Regno Unito, le varie etnie che popolano l'attuale Nigeria invece di unirsi in un unico stato si fosse costituiti in due o più stati?
Mi sono venuti in mente 2 ipotesi
Caso A: Divisione della Nigeria in due stati, uno cristiano a sud e uno mussulmano a nord. Il confine sarebbe potuto essere delimitato dai due fiumi il Niger e il Benue, 
Caso B: Una Nigeria divisa in 3 stati, con a nord sempre uno stato mussulmano e a sud, due stati cristiani, di cui uno dei due sarebbe stato il Biafra.
Cosi facendo ci sarebbero stati minori tensioni etnico-religiose? O per assurdo, data la vasta presenza di petrolio i Nigeria, avrebbe ancor di più alimentato guerre fra i vari stati, per il suo possesso?

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Gli risponde Paolo Maltagliati:

Ma se dobbiamo dividere la Nigeria, a questo punto non lo si può fare su una base grossolanamente etnica oltre che (o piuttosto che) religiosa? Se dobbiamo proprio farne tre, proporrei un Hausaland, un Oyo (Yorubaland) e un Benin (nel senso di Igboland, che non c'entra con il Benin attuale, mi raccomando)

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E Generalissimus aggiunge:

Si potrebbe perfino arrivare a cinque Nigerie: la Repubblica Arewa a nord popolata da Musulmani, il Biafra popolato da Igbo, la Repubblica del Delta del Niger popolata da Ijaw, la Repubblica Oduduwa popolata da Yoruba e uno stato Ogoni.

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A questo punto diamo la parola a feder:

Nasser sugli scudi

Secondo voi, quale (o quali) PoD sarebbe stato necessario per assicurare una sopravvivenza e anzi un'estensione sella Repubblica Araba Unita oggi, così come paventato dal suo principale propugnatore? Quali sarebbero gli effetti di un grosso soggetto nazionalista arabo, laico e repubblicano (per non dire socialista) sull'equilibrio geopolitico dell'area? Penso soprattutto ai rapporti con Iran (dove scoppierebbe ugualmente la rivoluzione? E se sì, sarebbe islamica o socialista?), Turchia (paese fortemente instabile nella seconda metà del secolo, il kemalismo potrebbe tingersi di rosso per puntellare la sua stabilità) e Israele (la Repubblica annetterebbe la Palestina?).

Certamente le guerre dei Bush, oltre che la nascita dello Stato islamico e i conflitti locali in Yemen e Siria sarebbero evitati dalla presenza di un elemento accentratore che agirebbe da naturale calmiere e stabilizzatore della zona. Ah, dimenticavo: i flussi di immigrati del XXI secolo sarebbero verosimilmente integrati e assimilati da quest'ultimo, così da evitare la nascita di soggetti politici facenti capo a personaggi del calibro di Salvini e le Pen in Europa...

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Gli replica Tommaso Mazzoni:

Il primo PoD è che ci siano meno galli nel pollaio; quindi in Iraq, Libia e Siria ci devono essere fedelissimi di Nasser al potere. E il secondo è che Nasser viva più a lungo.

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Ed ecco il parere in proposito di Federico Sangalli:

La soluzione potrebbe trovarsi dall’altra parte del mondo.
Il 21 gennaio 1947 il Generale George C. Marshall entrò in carica come Segretario di Stato degli Stati Uniti, posizione dalla quale avrebbe lanciato il famoso Piano Marshall l’anno successivo.
Fino al 18 luglio, quando il Succession Act of 1947 sarebbe entrato formalmente in vigore, Marshall sarebbe stato secondo nella linea di successione presidenziale, essendo la vicepresidenza vacante dopo la morte di Roosevelt e l'ascesa di Truman alla Casa Bianca.
Proprio a metà del 1947 Truman subì il primo dei due tentativi di omicidio organizzati durante la sua presidenza. La Banda Stern, organizzazione paramilitare nazionalista ebraica, irritata dalle esitazioni di Truman nel sostenere il movimento sionista nel suo tentativo di creare lo stato di Israele, gli inviò infatti una serie di lettere esplosive. Il governo americano però era già stato messo in allerta dai servizi britannici dopo un tentativo analogo ai danni di alti funzionari inglesi e il centralino della Casa Bianca individuò e neutralizzò gli ordigni.
Immaginiamo invece che la Banda Stern non tenti prima il trucco con gli inglesi, questi non avvertano gli americani e Truman venga ucciso da una di queste lettere nel giugno del 1947.
Marshall sarebbe Acting President (Facente Funzioni di Presidente) fino alla fine del mandato, il 20 gennaio 1949.
Ora, mentre Truman e Marshall scrissero assieme pezzi fondamentali della politica estera statunitense, le loro opinioni sul Medio Oriente differivano profondamente. Marshall infatti era un tenace oppositore del riconoscimento e del sostegno allo Stato Ebraico: secondo lui si trattava di una mossa stupida, dettata unicamente da ragioni di consenso interno (cioè conquistare il numeroso voto ebraico in vista delle elezioni del 1948, dove Truman era dato per sfavorito), che preferiva legarsi alle rivendicazioni nazionalistiche di un piccolo stato ancora tutto da costruire alienandosi invece le simpatie della stragrande maggioranza del Medio Oriente arabo.
In uno scenario in cui il Presidente USA viene assassinato da fanatici ebrei (dopo il già grande trauma della morte di FDR) Marshall non avrebbe problemi a imporre la sua linea anti-israeliana in favore di un approccio più filo-arabo. Sarebbe peraltro in linea con l’inclinazione anti-colonialista americana, volta a smantellare le vecchie potenze coloniali inglese e francese in favore degli interessi della superpotenza americana (caso da manuale, l’ascesa di Mossadeq in Iran, prima sostenuto da Washington finché non ha nazionalizzato le concessioni petrolifere britanniche, quindi abbandonato e rovesciato con un golpe militare organizzato dalla CIA che ha portato alla ri-privatizzazione dei pozzi ma a favore di compagnie USA).
In questo scenario Israele potrebbe nascere ugualmente ma sarebbe più piccolo e sarebbe con ogni probabilità uno stato socialista. A Mosca prevarrebbero i consigli opposti di Molotov di appoggiare Israele piuttosto che gli arabi, che già in HL furono alla base di un iniziale atteggiamento ondivago sovietico (iniziale riconoscimi di Israele, sostegno ai sionisti con grossi carichi di armi cecoslovacche, tentativi di paragone tra il socialista Ben-Gurion di suoi kibbutz coi kolkhoz sovietici).
In questo scenario Nasser sarebbe un alleato americano e il panarabismo potrebbe diventare il mezzo con cui tenere il Medio Oriente al sicuro dalla sovversione comunista.
Non credo che Assad avrebbe fatto tante storie, visto che in HL partecipò al fallito contro-golpe che nel 1962 avrebbe dovuto annullare la secessione siriana e riportare Damasco all’interno della Repubblica Araba Unita. Penso si sarebbe opportunisticamente adattato e avrebbe fatto carriera nel nuovo sistema.

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Lasciamo spazio all'idea di Enrica S.: la Bomba di Tutankhamon!

Come sarebbe cambiata la geopolitica del Medio Oriente se l'Egitto di Nasser si fosse dotato dell'arma atomica, grazie all'invio di tecnici dall'Unione Sovietica?

Gamal Abd el-Nasser e Nikita Chrušcëv fanno esplodere la prima bomba atomica egiziana

Gamal Abd el-Nasser e Nikita Chruščëv fanno esplodere la prima bomba atomica egiziana

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Le replica Generalissimus:

Israele renderebbe palese il suo programma nucleare, difficile che ci siano i conflitti dalla Guerra dei Sei Giorni in poi a causa del rischio di un'escalation nucleare. C'è il rischio anche di un'Intifada anticipata e di un'escalation di violenze. Forse, paradossalmente, si arriverà prima alla pace, se arabi e israeliani saranno nauseati da tale stato di guerra permanente: la pace e il disarmo come unica via per evitare l'inutile e stupido incenerimento di milioni di vite.

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Perchè No? prende la parola:

Immagino il casino al momento dell'elezione del presidente Morsi (Fratelli Musulmani) e l'intervento quasi immediato di una forza americano-saudita. Ma probabilmente non ci sarebbe neanche stato Morsi né la rivoluzione contro Mubarak.

E se l'Egitto ottiene la bomba, avranno senza dubbio anche delle centrali nucleari! Se l'Egitto ha l'energia nucleare, forse non avrebbero costruito la grande diga di Assuan e l'Egitto continuerebbe a ricevere l'inondazione annuale senza tutti i problemi ecologici attuali.

A proposito di aiuto sovietico, mi sono chiesto una volta se sarebbe stato possibile uno Stato di Israele pro-sovietico o addirittura una Repubblica Democratica di Israele, probabilmente con un'altro nome...

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Anche il grande Enrico Pellerito dice la sua:

Un'indipendenza nucleare fornita dall'Urss ai paesi rientranti nella propria sfera non è mai avvenuta.

Gli stessi ordigni e i missili posizionati a suo tempo a Cuba erano rigorosamente sotto controllo sovietico; nelle installazioni create all'uopo sull'isola, solo pochi Cubani vi avevano accesso e si trattava di leader politici e alti gradi militari, non certo tecnici o specialisti militari locali.

Anche in caso di conflitto che avesse visto coinvolto il Patto di Varsavia, rigide misure avrebbero inquadrato l'utilizzo di armi nucleari da parte di alcune componenti facenti parte di forze armate alleate ma diverse da quelle sovietiche.

D'altra parte, eguali misure erano prese dagli Stati Uniti per quanto riguardava i propri alleati in Europa, a parte Francia e Regno Unito.

Ci vuole qualcosa che muti l'approccio da parte del Cremlino.

Possiamo ipotizzare una risposta di fronte ad un cambiamento da parte della politica attuata da Washington sullo specifico aspetto, ma ci vuole sempre qualcosa di plausibile che metta in essere questo cambiamento.

Riguardo invece Israele, agli inizi essa era appoggiata dall'Urss, non soltanto perché la struttura sociale che gli Ebrei stavano creando in Palestina si basava su un'interpretazione socialista (comunità tipo i kibbutz e i moshav organizzate su regole rigidamente egualitaristiche e sul concetto di proprietà comune, oltre alla presenza di un proletariato urbano fortemente sindacalizzato), ma anche come contrasto geostrategico nei confronti dei paesi arabi indipendenti di allora, tutti schierati dalla parte di Londra e Washington e che avevano accolto come consiglieri militari e perfino come ufficiali, ex appartenenti alla Wehrmacht e alle SS.

Sarebbe stata la stolidità in materia di politica estera dell'ala conservatrice repubblicana statunitense a far ribaltare le posizione di paesi arabi come l'Egitto, facendoli avvicinare all'Urss e costringendo di conseguenza Mosca ad allontanarsi, sempre per esigenze geostrategiche, da Tel Aviv.

Un PoD in questo senso potrebbe essere una politica estera americana guidata da un Segretario di Stato diverso da John Foster Dulles, che a differenza di questi voglia mantenere buoni rapporti con i ba'thisti e i nazionalisti arabi, addirittura appoggiando i vari colpi di stato effettuati contro le monarchie arabe come quella egiziana e irakena.

A quel punto il socialismo sionista si legherebbe sempre di più all'Unione Sovietica.

Ricordiamo che in HL Israele ottenne appoggio completo dai governi Usa solo dopo la Guerra dei Sei Giorni, mentre prima di allora, a parte qualche sporadica iniziativa diplomatica, gli aiuti d'oltre oceano giungevano solo attraverso i potentati economici ebrei presenti negli Stati Uniti.

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Si inserisce nella discussione Federico Sangalli:

A questo punto mi viene da proporre uno sviluppo: poniamo che l'Egitto, ottenuta l'atomica, s'ingagliardisca, convinca grazie a questa altri paesi arabi a supportarlo e osi di più durante l'attacco a sorpresa dello Yom Kippur nel 1973. Israele é spalle al muro, gli USA non osano intervenire apertamente nel timore di un coinvolgimento nucleare e così la Meir e Dayan decidono di ricorrere al bottone rosso. Uno scambio nucleare devasta il Medio Oriente, con un numero imprecisato ma parecchio alto di vittime (non conosco esattamente le proporzioni del l'arsenale segreto israeliano in quel periodo, figurarsi quello fittizio in mano a Sadat) e danni incalcolabili. Israele é de facto cancellato dalla faccia della Terra ma neanche gli arabi se la passano molto bene: le grandi città e le infrastrutture più importanti, come installazioni petrolifere e le dighe su Nilo, Tigri ed Eufrate, sarebbero senz'altro degli obiettivi. Non saprei se i grandi luoghi di culto, come La Mecca, Medina, Gerusalemme, Betlemme e il Monte Sinai, possano essere obiettivi, forse per indebolire il morale del nemico, dipende dalla disponibilità di armi nucleari. Quando finalmente la polvere (radioattiva) si posa, il Mondo é sconvolto, probabilmente vi saranno regole molto più strette sulla proliferazione nucleare, ma sopratutto é l'intera Geopolitica che cambia: con i grandi pozzi di petrolio mediorientali contaminati o distrutti se ne va oltre la metà del mercato petrolifero mondiale mentre la regione perde rapidamente interesse, diventando un deserto radioattivo del Terzo Mondo. La conseguente crisi energetica potrebbe lasciare intere nazioni in ginocchio per decenni mentre a fornir petrolio, considerando che le prospezioni in Siberia non erano ad uno stadio molto avanzato, rimarrebbero Persia, Algeria, Indonesia, Mare del Nord, Nigeria, Caucaso, Venezuela, Messico ed USA, ma quasi esclusivamente per uso interno. Forse le energie rinnovabili emergeranno prima (il nucleare all'epoca era all'apice ma suonerebbe male promuoverlo dopo un conflitto atomico) ed é altresì probabile che, senza gli intrighi delle superpotenze, non vi sia neanche il terrorismo internazionale jihadista.

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Generalissimus suggerisce:

Ufficiosamente Israele ottenne la sua prima atomica nel dicembre del 1966. All'epoca della Guerra dello Yom Kippur aveva 13 bombe non guidate e 20 missili Jericho I a testata nucleare, più una valigetta atomica.

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Ed Enrico aggiunge:

In HL Nasser decise di avviare un programma militare nucleare dopo che venne a conoscenza della costruzione del primo reattore nucleare a Dimona (tra il 1962 e il 1964). In questo senso chiese ausilio a Urss e Cina, ma la risposta fu negativa.

Facciamo che Nasser chieda solo aiuto per la costruzione di un impianto a scopo pacifico e gli Egiziani lavorino per ottenere segretamente ordigni nucleari; hanno delle loro risorse umane specializzate e poi riescono, senza far trapelare nulla, ad assumere alcuni tecnici stranieri privi di scrupoli e magari di idee naziste, ottenendo dei risultati positivi (per l'Egitto, ovviamente) ed evitando che preventive azioni israeliane facciano naufragare tutto.

Lo so, obbietterete che riuscire a menare per il naso il Mossad è difficile, ma non è detto che sia impossibile. Così, nel 1973, Sadat dispone di un numero di ordigni che, però, francamente non saprei quantificare. Se ad attaccare sono per primi gli Egiziani, onde cancellare Israele sono necessari parecchi ordigni.

Poche esplosioni e l'attesa che il fall-out renda la striscia di terra israeliana invivibile non garantisce, infatti, che non venga attuata l'Opzione Sansone.

I missili Jericho I avevano una gittata stimata di 500 km; non avrebbero raggiunto l'Irak ma certo l'Egitto, la Giordania, il Libano e la Siria.

I 13 aerei da utilizzare per gli altrettanti ordigni erano gli F-4 Phantom II con ordigni nucleari. Certo, gli A-4 costavano un quarto degli F-4 e portavano molte più bombe, ma a causa della bassa velocità di penetrazione e dell'entrata in servizio negli eserciti arabi dei missili antiaerei SA-6 subirono diversi abbattimenti.

Se invece ad iniziare è Tel Aviv, le cui truppe, nonostante gli aiuti Usa non riescono a contenere l'offensiva egiziana nel Sinai o quella Siriana sul Golan, o entrambe, allora gli obbiettivi sarebbero le forze nemiche schierate.

Poi l'escalation potrebbe scatenarsi con l'intervento delle nazioni "madrine", ma invece qui si prospetta un conflitto geograficamente limitato.

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A questo proposito, Generalissimus ha tradotto per noi quest'ucronia:

E se nel 1948 Israele fosse stato sconfitto?

Fin dal 1948 il Medio Oriente è stato piagato dal Conflitto Israelo-Palestinese, e anche se il 2020 ha portato una nuova soluzione dei due stati dagli USA e nuove relazioni diplomatiche tra Israele e altri stati arabi, una qualsiasi soluzione a lungo termine sembra ancora un sogno irrealizzabile, ma se quel conflitto non fosse mai scoppiato? E se vivessimo in una TL senza Israele? Salve a tutti, sono Matt Mitrovich, lo storico alternativo.
In questo video ci faremo la domanda: e se Israele avesse perso la Guerra Arabo-Israeliana del 1948? E sì, questo non è il genere di video che mi procurerà un sacco di amici su internet, ma farò del mio meglio per presentare un’ucronia ben ricercata e senza pregiudizi.
Detto questo, è il momento del contesto storico! Ora, potrei fare un intero video sulla complicata storia di questa guerra, ma per arrivare all’ucronia il più velocemente possibile, sarò breve.
Comunque, dopo la Prima Guerra Mondiale la regione nota come Palestina era amministrata dall’Inghilterra.
A causa della Dichiarazione Balfour del 1917, nella quale il governo inglese annunciava il suo sostegno alla creazione di una patria Ebraica in Palestina, centinaia di migliaia di Ebrei si trasferirono in Palestina dagli anni ’20 agli anni ’40.
Come potrete immaginare, i nuovi immigrati che comprarono la terra e sfrattarono gli Arabi che ci vivevano fecero arrabbiare i Palestinesi locali.
Scoppiò la violenza tra i due gruppi, e anche se il Regno Unito cercò di porre un freno all’immigrazione Ebraica, l’Olocausto rese uno stato Ebraico un imperativo per molti Ebrei che cercavano di proteggere loro stessi da un altro genocidio.
Alla fine la Gran Bretagna sbolognò la questione alle nuove Nazioni Unite, che nel 1947 se ne uscirono con la brillante idea di spartire la Palestina tra uno stato arabo e uno Ebraico.
Anche se i rappresentanti Ebrei erano a sostegno del piano, esso venne rifiutato dagli stati arabi, che pensavano che il piano dell’ONU fosse troppo favorevole agli Ebrei.
Per esempio, concedeva il 55% della Palestina allo stato Ebraico, nonostante all’epoca gli Ebrei costituissero solo un terzo della popolazione della Palestina.
Intanto, la proposta portò alla guerra civile in Palestina, dove le forze Ebraiche più organizzate sconfissero gli Arabi palestinesi, perciò, quando i coloni Ebrei dichiararono l’indipendenza dello stato di Israele il 14 Maggio 1948, e il 15 Maggio gli Inglesi lasciarono finalmente la Palestina, una coalizione di stati arabi che includeva Libano, Siria, Iraq, Egitto, Giordania e Arabia Saudita, sotto le spoglie della Lega Araba, invase la Palestina, dando il via alla Guerra Arabo-Israeliana del 1948, anche nota come Guerra d’Indipendenza di Israele e al-Nakba, ovvero la catastrofe, dai Palestinesi.
La Lega Araba si aspettava una vittoria facile, ed era impreparata alla resistenza che oppose Israele.
Non aiutò neanche il fatto che i suoi eserciti fossero mal equipaggiati e non avessero i numeri per sopraffare le nuove Forze di Difesa Israeliane o IDF, specialmente dopo che queste ricevettero armi dalla Cecoslovacchia durante un periodo di tregua nel Giugno-Luglio del 1948.
Questo fu fatto grazie all’incoraggiamento dell’Unione Sovietica, che pensò in maniera pragmatica che l’esistenza di Israele avrebbe portato le nazioni arabe nel campo sovietico, perciò, anche se gli Arabi avanzarono in Palestina abbastanza da minacciare sia Tel Aviv che Gerusalemme Ovest, gli Israeliani riuscirono a cacciarli e a occupare tutta la Palestina tranne la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est.
I resoconti tradizionali della guerra descrivono gli Israeliani come un disordinato gruppo di partigiani, inferiori per numero e capacità al colosso arabo che rifiutava ogni offerta di pace, ma le storie più recenti provenienti da documenti desecretati riguardanti la guerra fanno trasparire un racconto più sfumato, dove le IDF, che includevano veterani della Seconda Guerra Mondiale, alla fine della guerra superavano di numero gli eserciti arabi.
Intanto, lungi dall’essere un fronte unito, gli Arabi in realtà erano divisi su quale dovesse essere l’obiettivo finale della guerra.
Inoltre, anche ad Israele viene data parte della colpa della rottura diplomatica con gli Arabi.
Forse una delle vedute più controverse in queste nuove storie è quello che causò la crisi dei rifugiati palestinesi.
I resoconti tradizionali affermano che i Palestinesi se ne andarono semplicemente di loro spontanea volontà su suggerimento dei loro leader.
Anche se ciò in alcuni casi è vero, gli storici adesso fanno riferimento ai resoconti che affermano che gli Israeliani espulsero i Palestinesi dalle loro case, con alcuni Israeliani che massacrarono i civili in quella che è stata definita una pulizia etnica.
E sì, ci furono anche massacri eseguiti dagli Arabi, non lo nego, ad essere onesti nessuna delle due parti uscì pulita da questa guerra, ma, lo ripeto, chi è che esce pulito da una qualsiasi guerra? Adesso dobbiamo far deragliare la storia e far perdere la guerra ad Israele, ma come? Beh, le mie ricerche suggeriscono che gli invii di armi dalla Cecoslovacchia furono estremamente importanti per la vittoria di Israele.
Come disse Yitzhak Rabin, uno dei comandanti delle IDF nella guerra e in seguito quinto Primo Ministro d’Israele: “Senza le armi dalla Cecoslovacchia dubito molto che saremmo riusciti a portare avanti la guerra”.
Quindi, senza queste armi, le IDF non sarebbero riuscite ad armare abbastanza soldati per contrastare gli Arabi.
Forse gli Stati Uniti, che avevano messo un embargo a tutte le fazioni combattenti, prendono la cosa più seriamente e impediscono alle armi di raggiungere Israele, o forse l’Inghilterra, che nelle fasi successive della guerra fu impegnata in scontri aerei con gli Israeliani, trova una ragione per diventare più filoaraba e interviene per fermare gli arrivi di armi, o forse i Sovietici hanno dei ripensamenti e dicono alla Cecoslovacchia di starne fuori, in tutti i casi le IDF non riescono ad equipaggiare abbastanza soldati per andare all’offensiva e alla fine vengono cacciate da Gerusalemme e riescono a malapena a mantenere Tel Aviv.
Detto questo, non credo che la Lega Araba riuscirà a trarre il massimo vantaggio da questa svolta degli eventi.
Come detto prima, le loro forze erano mal equipaggiate, e la loro motivazione per vincere era varia.
Per esempio, la Legione Araba, le forze armate della Transgiordania, o Giordania, come è nota oggi, aveva l’ordine di occupare solo i territori assegnati ai Palestinesi nel piano di spartizione dell’ONU per motivi che spiegherò più avanti.
Altri stati arabi, come il Libano e l’Iraq, fecero solo tentativi simbolici di invadere la Palestina, e in gran parte occuparono solo alcuni villaggi, perciò, a meno che la Lega Araba non ottenga l’aiuto dei pipistrelli spaziali alieni, non conquisterà tutta la Palestina senza pagare un grosso prezzo in termini di uomini e materiali che semplicemente non potrebbe permettersi.
Per fare un altro esempio, dobbiamo parlare di un preconcetto che molta gente ha sulle ucronie dove Israele perde la guerra d’indipendenza: vedete, quando ho chiesto su Twitter quali erano i loro pensieri su questa ucronia, molta gente credeva che l’esito definitivo di una vittoria araba sarebbe stato il genocidio, ma io semplicemente non lo vedo come plausibile.
C’erto, c’era il timore tra i coloni Ebrei che non sarebbero stati al sicuro in una Palestina controllata dagli Arabi, e la retorica araba prima e durante la guerra non aiutò ad alleviare le loro paure.
I leader di Iraq ed Egitto avvertirono la comunità internazionale che le vite degli Ebrei del Medio Oriente sarebbero state in pericolo se la Palestina fosse stata spartita.
Nel frattempo, 'Abd al-Rahman 'Azzam, il primo Segretario Generale della Lega Araba, a quanto pare disse: “La creazione di uno stato Ebraico porterà ad una guerra di sterminio e ad un massacro epocale come quello dei Mongoli e dei crociati”.
Tutto questo sembra abbastanza schiacciante, fino a quando non si comprende che nessuno sa con certezza quando o dove 'Azzam abbia detto ciò.
David Horowitz, che in seguito divenne il Governatore della Banca d’Israele, affermò che in realtà 'Azzam aveva detto: “Cercheremo di sconfiggervi, non sono sicuro che avremo successo, ma ci proveremo. Siamo riusciti a cacciare i crociati, ma d’altro canto abbiamo perso la Spagna e la Persia, può darsi che perderemo la Palestina, ma è troppo tardi per parlare di soluzioni pacifiche”.
Intanto David Ben Gurion, il primo premier israeliano, definì 'Azzam il più onesto e umano dei leader arabi, uno dei pochi Arabi al mondo ad avere una mentalità e degli ideali umani, il che non lo fa sembrare una persona che pensereste abbia intenzione di far partire un secondo olocausto.
Inoltre, nonostante le minacce fatte da qualche stato arabo, la posizione ufficiale della Lega Araba non era sterminare gli Ebrei, ma impedire che la Palestina venisse spartita.
Come disse 'Azzam ad un quotidiano palestinese: “Qualunque sia l’esito, gli Arabi aderiranno alla loro offerta di uguale cittadinanza per gli Ebrei nella Palestina araba, e li lasceranno essere Ebrei come vogliono”.
Certo, è facile dirlo adesso col beneficio del senno del poi, ma per una nuova nazione che includeva sopravvissuti dell’Olocausto? Posso capire perché le paure di un altro genocidio fossero molto reali.
Detto tutto questo, il senso di colpa per l’Olocausto era una cosa molto sentita in tutta l’Europa e l’America all’epoca, perciò, se questi avvertiranno che gli Arabi saranno sull’orlo di una vittoria totale, penso che gli Stati Uniti e i loro alleati interverranno per impedire che le cose sfuggano di mano, e quindi, con la paura che Israele non ce la faccia e con gli Arabi che cercheranno una via d’uscita facile quando sono ancora in grado di dichiarare la vittoria, penso che la scena sia pronta per un finale diverso della Guerra Arabo-Israeliana del 1948.
Allora, la guerra è finita, la paura di un genocidio sta scemando e adesso tutti devono escogitare che diavolo farne della Palestina, e, sfortunatamente, se siete un nazionalista palestinese, le cose non saranno buone.
Ufficialmente la Lega Araba andò in guerra per difendere la Palestina, ma in realtà tutti volevano quanta più Palestina possibile.
Per esempio, i Giordani si opponevano in segreto ad una Palestina indipendente, e pianificavano di annettere quante più aree arabe possibili, specialmente se avrebbero potuto fargli guadagnare un porto sul Mediterraneo.
Nel frattempo, Re Fārūq I d'Egitto aveva piani per annettere la Palestina meridionale nel caso gli Arabi avessero sconfitto gli Israeliani.
Anche Siria e Libano desideravano territorio palestinese, perciò, in questa TL alternativa, con i membri della Lega Araba che vogliono dividersi la Palestina, accoppiato col fatto che gli stessi Palestinesi avrebbero poca influenza sui negoziati di pace, a causa del fatto che hanno dovuto essere salvati dalla Lega Araba, qualsiasi sogno di uno stato indipendente da parte dei nazionalisti palestinesi morirà piuttosto velocemente, il che onestamente potrebbe causare qualche problema in seguito, ma ci arriveremo.
Intanto, chi è che scioglierà il nodo gordiano della Palestina? Entra in gioco Re Abd Allah I di Giordania, se c’è qualcuno a mio parere che può ottenere una pace che può… Ehm… Rendere tutti ugualmente scontenti, quello è lui.
Nella nostra TL Abd Allah e la sua famiglia, gli Hashemiti, si ribellarono all’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale con la Rivolta Araba.
Dopo la rivolta, Abd Allah, avvertendo forse in che direzione stesse soffiando il vento, si impose come Emiro della Transgiordania e mise il suo paese sotto la protezione degli Inglesi.
Durante questo periodo Abd Allah mantenne buone relazioni non solo con gli Inglesi, ma anche con gli Ebrei che si stavano insediando nella confinante Palestina.
Questo rese Abd Allah la persona alla quale qualcuno voleva affidare il futuro della Palestina post-britannica.
Per esempio, come discusso nel libro Chances of Peace – Missed Opportunities in the Arab-Israeli Conflict di Elie Podeh, gli Inglesi sostenevano l’annessione delle parti arabe della Palestina da parte della Giordania fin dal 1937, quando la Commissione Peel propose la spartizione della Palestina.
Anche se questa proposta trovò ovviamente sostegno in Giordania, trovò anche un iniziale supporto in Siria, tra i Cristiani Maroniti in Libano e addirittura fra alcuni Palestinesi.
Intanto, nel periodo precedente alla Guerra Arabo-Israeliana del 1948, Abd Allah era in contatto con le autorità Ebraiche.
Nel 1947 propose a Golda Meir, il quarto Primo Ministro d’Israele della nostra TL, un’unione tra la sua nazione e la Palestina, dove sarebbe esistita una patria Ebraica all’interno dei suoi confini.
Abd Allah sarebbe stato il capo di questo paese, ma il governo, le forze armate e l’economia di questo stato sarebbero stati condivisi congiuntamente da Arabi ed Ebrei.
Cosa più importante, sottolineò che solo lui poteva proteggere gli Ebrei da qualsiasi estremista arabo.
Durante la guerra, una proposta simile venne fatta dal mediatore delle Nazioni Unite Folke Bernadotte, che suggerì un’unione tra Giordania e Israele.
Questo nuovo stato avrebbe concesso la Cisgiordania e il Deserto del Negev o parte di esso agli Arabi, mentre la Galilea occidentale o parte di essa sarebbe andata ad Israele.
Intanto l’intera Gerusalemme avrebbe fatto parte dello stato arabo, con i quartieri a maggioranza Ebraica che avrebbero goduto dell’autonomia sugli affari locali.
E così, nella mia TL alternativa, viene raggiunta una pace dove la Giordania e la Palestina, assieme alle aree occupate dagli Israeliani, formano un’unione chiamata Regno di Giordania e Palestina, che potrebbe assomigliare a questa mappa che ho commissionato al sempre talentuoso Sean McKnight.

Abd Allah avrebbe guidato questo nuovo stato, mentre Israele diventerà la Zona Autonoma Ebraica, o ZAE, che controllerà parte della costa e della Palestina settentrionale, ma garantirà seggi agli Ebrei nel governo a maggioranza araba.
Gli Ebrei controlleranno tutti i loro affari interni all’interno della ZAE e gli verrà permesso di avere una piccola forza di sicurezza per protezione, una Legione Ebraica, se volete.
Penso che la Gran Bretagna e le Nazioni Unite sosterranno la proposta, e gran parte del resto del mondo si aggregherà.
Anche un Israele disperato potrebbe accettare l’unione come modo per creare una patria Ebraica fino a quando non arriverà il momento per uno stato indipendente.
I Palestinesi potrebbero essere più duri da convincere, ma potrebbero cedere alla garanzia di Abd Allah che avranno voce in capitolo nel nuovo regno.
Inoltre i più di 700.000 rifugiati avranno una possibilità di tornare a casa, o perlomeno di stabilirsi nelle aree arabe del nuovo regno.
Di fatto nella nostra TL avvenne qualcosa di simile: nel Dicembre 1948 dei rappresentanti palestinesi e giordani si incontrarono nella Conferenza di Gerico, dove concordarono che la Giordania avrebbe annesso la Cisgiordania e Abd Allah sarebbe stato riconosciuto come Re della Palestina.
E poi c’è la Lega Araba: come ho detto prima c’era divisione al suo interno, e molti non si fidavano di Abd Allah, e sospettavano che volesse creare un impero nel Medio Oriente, perciò potrebbe non piacerle l’idea di Abd Allah che ottiene la Palestina, ma, col resto del mondo che sostiene la proposta e i costi in aumento del mantenere i suoi eserciti sul campo, alla fine potrebbe accettare, così da poter dichiarare la vittoria davanti al popolo in patria.
Forse Abd Allah potrebbe perfino convincere glia alleati riluttanti scambiando territori, ad esempio cedendo all’Egitto parte del Deserto del Negev.
Dunque, la guerra è finita, gli eserciti sono tornati a casa e Abd Allah è rimasto a governare il suo nuovo regno, allora cosa succede dopo? Sarebbe ingenuo pensare che questo POD possa assicurare una pace duratura in Medio Oriente.
Per esempio, nella nostra TL i risultati della Conferenza di Gerico non furono accettati da tutti i Palestinesi o gli altri stati arabi, e non possiamo dimenticarci che lo stesso Abd Allah venne assassinato nel 1951 da un Palestinese che temeva che stesse per riconoscere Israele.
E quindi, anche se Abd Allah fece del suo meglio per convincere i Palestinesi, penso che qualche nazionalista palestinese lavorerà comunque attivamente per separarsi dal regno con l’aiuto di altri stati arabi che potrebbero ospitare un governo palestinese in esilio.
Nel frattempo, altre fazioni militanti potrebbero eseguire attacchi al governo del Regno di Giordania e Palestina e contro gli Ebrei della ZAE.
Di fatto, se questi nazionalisti palestinesi otterranno abbastanza sostegno, potremmo vedere scoppiare una guerra civile come è avvenuto nella Giordania della nostra TL nel 1970-71 in un evento noto come Settembre Nero in Giordania, quando l’esercito giordano combatté contro i ribelli palestinesi che operavano nel territorio giordano.
Poi ovviamente c’è la Zona Autonoma Ebraica: le possibilità che questa accetti mansuetamente l’autonomia all’interno di uno stato arabo non sono esattamente alte.
I gruppi paramilitari Sionisti potrebbero continuare ad operare all’interno dei confini della ZAE e utilizzare tattiche terroristiche nella loro ricerca dell’indipendenza.
Se le cose andranno davvero a rotoli potremmo vedere un’altra guerra d’indipendenza israeliana, cosa che potrebbe solo ritardare l’inizio del conflitto col quale ha a che fare la nostra TL.
OK, quindi è ancora possibile del caos sanguinoso per il Regno di Giordania e Palestina, ma questa nuova nazione ha una possibilità di funzionare? Beh, il bisogno di un luogo dove far insediare le migliaia di Ebrei sfollati dalla Seconda Guerra Mondiale e dall’Olocausto potrebbe mantenere stabili sul breve termine le relazioni tra la ZAE e il Regno di Giordania e Palestina, inoltre il regno beneficerebbe economicamente del turismo in Terrasanta, mentre la ZAE attrarrà sia i capitali stranieri che immigrati specializzati.
Nella nostra TL Israele riuscì a raccogliere milioni durante la sua guerra d’indipendenza, mentre molti degli immigrati che arrivarono dopo la guerra provenivano dalle città europee, e spesso dovettero essere istruiti su come si coltivava.
Certo, la ZAE potrebbe ricevere meno immigrazione perché Israele in questa TL non è indipendente, ma di nuovo, nella nostra TL la minaccia di una guerra costante con i suoi vicini arabi non ha fermato l’immigrazione in Israele, perciò chissà… Un gruppo che potrebbe non emigrare nella ZAE sono gli Ebrei provenienti da altre parti del Medio Oriente.
Nella nostra TL, molti Ebrei che vivevano nei paesi arabi o se ne andarono di loro spontanea volontà o vennero espulsi dopo che Israele divenne indipendente.
In questa TL alternativa dove Israele è adesso la ZAE, la probabilità che gli Ebrei di queste nazioni vengano espulsi è minore, dato che in un mondo dove Israele è stato sconfitto le loro patrie potrebbero non nutrire molta ostilità verso di loro.
A proposito delle loro patrie, non c’è bisogno di dire che una TL senza Israele avrà un impatto importante sulla storia politica del Medio Oriente.
Per esempio la monarchia egiziana potrebbe durare di più, dato che la sconfitta dell’Egitto nella guerra del 1948 fu uno dei fattori che portarono al suo crollo.
Questo significa che el-Nasser non arriverà mai al potere, e l’Egitto potrebbe trasformarsi in una monarchia costituzionale, anche se una Crisi di Suez potrebbe sempre avvenire, dato che non riesco a immaginare una TL dove l’Egitto non vuole per sé il Canale di Suez, ma senza Israele a istigare l’Inghilterra nel conflitto potrebbe svolgersi in maniera molto diversa.
Nel frattempo, la Guerra Civile in Libano, che durò dal 1975 al 1990, potrebbe non avvenire, dato che l’arrivo di migliaia di rifugiati palestinesi che sconvolse l’equilibrio demografico di quel paese verrebbe evitato.
Inoltre, il Colpo di Stato in Siria del Marzo 1949 potrebbe essere evitato, il che aiuterà l’emergente democrazia siriana o condurrà ad una situazione dove ad Abd Allah verrà offerta la corona siriana, che nella nostra TL è una cosa alla quale ambiva, e se l’Iraq riuscisse a mantenere la sua monarchia Hashemita alla fine potremmo assistere alla federazione araba a guida Hashemita per la quale Abd Allah e la sua famiglia andarono in guerra contro gli Ottomani.
Anche le relazioni tra gli Stati Uniti e gli stati arabi potrebbero essere migliori in questa TL: senza Israele alle nazioni arabe potrebbero arrivare più aiuti americani, il che indebolirebbe l’influenza dell’Unione Sovietica, anche se potrebbe spingere alcuni Israeliani a favore dell’indipendenza verso l’URSS.
Ciononostante, migliori relazioni vogliono dire che eventi come l’embargo petrolifero del 1973 non avverranno, dato che questo era mirato contro le nazioni che sostennero Israele durante la Guerra del Kippur.
Dunque, un Medio Oriente più filoamericano sembra plausibile se credete che Israele abbia un effetto enormemente negativo sulle relazioni tra America e Medio Oriente.
Come evidenzia Josef Joffe nel suo articolo su Foreign Policy riguardante una TL senza Israele, spesso Israele è l’uomo nero della politica mediorientale, e un politico che è contro di esso ha gioco più facile nel radunare la gente attorno a sé e distrarla dai suoi problemi in patria come la mancanza di diritti civili, l’alto tasso di disoccupazione, la scarsa istruzione e le poche opportunità per le donne… Un po’ come certi politici americani che danno la colpa di tutto agli immigrati! E anche se non sono d’accordo con tutto quello che dice quell’articolo, non possiamo ignorare che molti conflitti che hanno tormentato il Medio Oriente, come la Guerra Iran-Iraq o l’attuale conflitto in Yemen, non hanno niente a che fare con Israele, e perciò la sua assenza come stato indipendente non impedirà guerre nella regione.
L’inesistenza di Israele non potrebbe nemmeno garantire migliori relazioni tra gli Stati Uniti e il Medio Oriente: la politica americana nella regione potrebbe comunque creare loro molti nemici.
Per esempio, Israele non ha avuto niente a che fare col rovesciamento del governo dell’Iran nel 1953, invece la politica statunitense “il petrolio deve scorrere” probabilmente si.
E poi c’è la questione del terrorismo Islamico: innegabilmente la mancanza di uno stato Ebraico toglierà agli Islamisti radicali una fonte di propaganda, ma se gli Stati Uniti agiranno lo stesso come nella nostra TL potrebbero comunque portare nuove reclute fra le loro braccia.
Perciò sì, questo è un e se? al quale è difficile rispondere con un qualsiasi grado di certezza, anche se sono sicuro di quali saranno le conseguenze a breve termine, le conseguenze a lungo termine appartengono al campo delle supposizioni.
È difficile rendere giustizia a questo argomento senza fare molte ricerche in più, e anche a quel punto sono sicuro che troverò folle di persone desiderose di dirmi che tutto quello che ho detto è sbagliato, ciononostante spero che questo video abbia messo indubbio alcuni dei preconcetti che ha la gente, come credere che una vittoria araba avrebbe portato al genocidio o che l’inesistenza di Israele avrebbe risolto tutti i problemi del Medio Oriente.
E chissà, magari il mio scenario ottimistico dopotutto non è così implausibile, e là fuori c’è una TL dove alla fine una Zona Autonoma Ebraica ha finalmente ottenuto l’indipendenza come Israele, non attraverso la guerra, ma attraverso la diplomazia, e dove Ebrei e Musulmani festeggiano insieme l’arrivo di un nuovo membro della comunità internazionale.
Mi piace immaginare che là fuori c’è una TL simile, e che forse ha qualcosa da insegnarci sul nostro possibile futuro.

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C'è anche l'ucronia contraria, di Sparta:

Ucronia dedicata a mio padre, che era israeliano. Cosa sarebbe accaduto se Israele avesse annesso tutte le conquiste della Guerra dei Sei Giorni, incluso il Sinai?

Federico Sangalli gli risponde:

Innanzitutto devo affermare che il mantenimento del Sinai ad Israele avrebbe causato conseguenze catastrofiche. Qualcuno dirà, Tommaso in testa, che come al solito sono troppo distopico, ma venitemi dietro e capirete anche voi cosa intendo. Per prima cosa l'annessione definitiva del Sinai avrebbe comportato l'inclusione di circa 1.400.000 persone, perlopiù beduini ed egiziani di fede musulmana, all'interno dei territori controllati da Israele (uso questa denominazione perché se dico Israele non includo i cittadini palestinesi e se dico Palestina rischio di non includere i cittadini israeliani), causando un serio squilibrio demografico. Già nel 1980 si sarebbe così giunti ad un pareggio della popolazione ebraica con quella musulmana e anzi oggi (cioè dal 1980 in poi) quella musulmana supererebbe sempre più quella ebraica (per la precisione sarebbero tra i sette/otto milioni di musulmani contro i sei milioni di ebrei). Certo, questo potrebbe indurre il governo israeliano a favorire una maggiore integrazione tra i due gruppi, ma ci sono due motivi che probabilmente bloccherebbero un tale sviluppo: il primo è l'ostilità di una buona parte della classe politica israeliana, che avrebbe ulteriori motivi per gridare all'assedio arabo e al nemico alle porte più di quanto non faccia oggi per ostacolare il processo di pace, il secondo è il parallelo rafforzamento della Destra israeliana, nazionalista, tradizionalista ed ultraortodossa, all'interno dello stesso governo israeliano, condizione molto probabile se non necessaria alla decisione israeliana di annettersi il Sinai. Non è difficile immaginarne l'ascesa dopo l'attacco a tradimento perpetrato dagli arabi durante una delle festività più sacre dell'ebraismo nel 1973, che ebbe anche come conseguenza le dimissioni del governo laburista moderato di Golda Meir. Un governo nazionalista e conservatore, espressione di una minoranza demografica che è spaventata dalla maggioranza: sono gli ingredienti base dell'Apartheid su modello sudafricano ed è probabile che anche in questo caso si giunga a qualcosa del genere, perlomeno più marcatamente di quanto non si faccia già oggi. Analogamente è probabile che questo governo cerchi di ovviare a questo problema favorendo ancor di più la colonizzazione dei territori occupati, magari anche con profughi cristiani attirati dai paesi vicini: alla lunga anche gli indigeni avrebbero mostrato risentimento, il Sinai e la Palestina non sono molto vasti e sono per di più desertici (fin dai tempi di Mosè aggiungerei) ed è d'uopo che non vi sia terra per tutti. Certo, potevano mostrarsi favorevoli agli israeliani all'inizio, in quanto popolazione indigena che ha scacciato un antico governante per porsi sotto una nazione più avanzata e ricca che tuttavia ben presto inizia a sottrargli le terre migliori per assegnarle ai propri coloni e a relegarli in appezzamenti sempre più piccoli: è la stessa storia degli indiani d'America e credo che alla fine anche i beduini avrebbero qualcosa da ridire ai loro nuovi padroni. Ma se fosse "solo" per questo, mi limiterei a scrivere che l'annessione avrebbe aggravato il processo di pace, forse lo avrebbe bloccato del tutto, ma non sarei, naturalmente, abbastanza distopico. Seguite il mio ragionamento: la restituzione del Sinai all'Egitto fu la condizione fondamentale perché il Presidente di questo Anwar Sadat firmasse nel 1978 gli Accordi di Camp David, con la decisiva mediazione del Presidente americano Jimmy Carter, e l'anno successivo la pace tra i due paesi, segnando un momento storico. In cambio del Sinai, infatti Sadat accettò di riconoscere l'indipendenza e l'esistenza di Israele, rompendo il finora compatto fronte di nazioni arabe anti-israeliane, e per questo fu il primo capo di stato arabo e musulmano invitato a parlare alla Knesset israeliana. Tale mossa costò a Sadat la vita, giacché venne assassinato nel 1981 da un gruppo di giovani ufficiali nazionalisti e islamisti contrari alla pace con Israele proprio durante la parata militare per celebrare la "vittoria" egiziana in Sinai durante la Guerra dello Yom Kippur di otto anni prima. Dopo la sua morte seguirono cinque giorni di caos e colpi di mano finché il braccio destro di Sadat, Hosni Mubarak, non fu in grado di proclamarsi Presidente: Mubarak costruì un sistema di governo basato sulla corruzione e sul filo-americanesimo che avrebbe successivamente causato la sollevazione contro di lui nel 2011 durante la Primavera Araba, ma giocò anche un importante ruolo nella Storia appena dieci anni dopo la sua scesa al potere. Nel 1990 infatti Saddam Hussein invase il Kuwait, e inizialmente le nazioni del Mondo furono divise su come reagire: il Re Fahd dell'Arabia Saudita propose una conferenza con tutte le nazioni dell'area per dirimere la questione, da tenersi in un luogo neutro come la stessa Arabia Saudita, garante in quanto Custode dei Luoghi Santi. La Prima Ministra inglese Margaret Thatcher tuttavia era ben decisa a far in modo che quel "cane idrofobo" di Saddam non mettesse le mani sul "suo" petrolio, e così si attaccò alla Linea Atlantica e tempestò di telefonate Bush Senior, chiedendogli di fare qualcosa per evitare la conferenza, che, secondo gli analisti dell'epoca, era destinata a trasformarsi in una "Monaco in salsa araba" con le altre nazioni che, per non rischiare la guerra con l'Iraq, avrebbe lasciato il piccolo Kuwait nelle grinfie di Baghdad. Bush il Vecchio, che secondo i suoi collaboratori era sempre in soggezione quando parlava con la Signora Thatcher, accettò ma naturalmente non poteva parlare contro un paese alleato come l'Arabia Saudita. A questo punto della Storia entra in scena il nostro amico Mubarak che ricevette una bella telefonata da Washington, in cui il Presidente gli ricordò come gli aiuti economici americani (vedi alla voce tangenti) e le forniture di armi tenessero in piedi il suo regime e di come sarebbe stato spiacevole se si fossero interrotti proprio sul più bello, quindi di punto in bianco cambiò argomento e iniziò a dirgli la sua "franca opinione" su quella "conferenza" e di come Saddam Hussein fosse una minaccia per la regione. Mubarak capì l'antifona e il giorno dopo andò in televisione a dire che Saddam era un criminale e un tiranno che minacciava tutta l'area. L'ego di Saddam si sentì punto sul vivo e questi allora si rifiutò di sedersi al tavolo con chi lo aveva insultato, cosa che offese a morte l'onore arabo di Re Fahd, giacché qualcuno rifiutava un suo invito personale a sedersi in casa sua per parlare di pace. In breve i negoziati andarono a carte quarantotto, e all'Arabia Saudita non restò altro da fare che invocare la protezione occidentale. Guarda caso, gli americani avevano già una bella armata pronta e sbarcarono inizialmente per proteggere Ryadh e poi, qualche mese dopo, con l'autorizzazione ONU, liberarono il Kuwait nella Prima Guerra del Golfo. Tra le altre cose lo sbarco di "infedeli crociati occidentali" nella Terra dei Luoghi Santi dell'Islam fece venire da vomitare a un certo Osama Bin Laden, il quale decise quindi che gli USA erano il nuovo nemico dopo il crollo dell'URSS, dando inizio ad un complotto che avrebbe portato nel giro di un decennio agli Attentati dell'11 Settembre.

A questo punto lo scenario si mostra lineare: se Israele non restituisce il Sinai all'Egitto, Sadat non firmerà mai gli Accordi di Camp David e dunque non verrà assassinato nel 1981. Quando morì Sadat aveva 62 anni, per cui avrebbe potuto rimanere Presidente almeno fino alla Prima Guerra del Golfo senza grande sforzo. Le politiche di Apartheid, il governo nazionalista e l'occupazione del Sinai peggiorerebbero l'opinione araba verso Israele più di quanto non lo fosse già, rafforzando i governi nazionalisti ed islamisti. Nel 1983 Egitto e Siria attaccano Israele dopo che questo ha invaso il Libano ma sono nuovamente sconfitte, anche perché l'Iraq è ancora impegnato con l'Iran. Nel 1990 Sadat supporta le pretese di Saddam Hussein, Baathista come lui e della cui alleanza ha bisogno contro Israele, così la Conferenza di Ryadh riconosce il possesso iracheno sul Kuwait. Senza Prima Guerra del Golfo, l'Iraq non subisce né l'embargo né le sanzioni e può sviluppare in tranquillità il suo programma di distruzione di massa, arrivando all'atomica entro il 2001. Entro quella data è anche probabile che Sadat lasci il posto a qualcun'altro, probabilmente un esponente dell'ala più intransigente, per esempio il generale Khalid Istambouli (colui che lo assassinò nella nostra Storia). Abbiamo visto come senza guerra del golfo, Osama Bin Laden non avrebbe scelto come nemico gli Stati Uniti e quindi probabilmente si sarebbe volto contro Israele stesso. L'11 Settembre, con un aereo di linea che cade sul Muro del Pianto, avrebbe innescato una guerra all'ultimo sangue tra Israele, supportato dagli USA e della NATO (probabilmente solo la Turchia però), e le nazioni arabe guidate dall'Iraq. Alla fine, con così tanti militari nazionalisti e fanatici religiosi da ambo le parti, qualcuno avrebbe messo mano alla valigetta nucleare e sarebbero partiti i fuochi d'artificio: gli attacchi arabi si sarebbero concentrati su Israele e sulle basi americane nel Golfo Persico ed in Turchia, mentre le principali città siriane, giordane, irachene, egiziane e libiche sarebbero diventate bersagli per il fronte opposto. Una settimana, qualche megatone e quindici milioni di morti più tardi, il Medio Oriente sarebbe distrutto, intere nazioni (tra cui lo stesso Israele) spazzate via, lande bruciate spazzate da tempeste di sabbia radioattiva, le infrastrutture petrolifere e i giacimenti distrutti o contaminati, una crisi economica devastante. Caos, povertà, migrazioni colossali, collasso delle democrazie in spietate dittature, guerre sarebbero le principali conseguenze di questa linea temporale: Cina vs USA per i giacimenti del Mar Cinese Meridionale, Cina vs Russia per i giacimenti siberiani e via dicendo. Se il (anzi i) fall-out radioattivi non contribuissero al raffreddamento terrestre, il massiccio ritorno al carbone causerebbe il peggioramento delle condizioni climatiche mondiali e nel 2025 la Corrente del Golfo si bloccherebbe, spazzando via con una nuova glaciazione buona parte dell'Europa, la Russia, l'Estremo Oriente ed il Nord America: il sottoscritto scrive queste righe da un'innevata Cuba nel marzo 2040, insieme ad un certo Tommaso Mazzoni (che sta cercando di convincere i cubani a diventare una monarchia senza molto successo) che lo rimprovera di essere troppo distopista perché "Vedrai, tra due o trecento anni ri-uscirà il sole e l'Umanità ricomincerà..."

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E William Riker aggiunge:

Mi hai fatto venire in mente un'altra idea. Durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 i voti di Unione Sovietica, Bielorussia, Ucraina, Polonia e Cecoslovacchia furono decisivi per l'approvazione a maggioranza della risoluzione 181 che proponeva la spartizione della Palestina in due stati, uno israeliano ed uno arabo. Infatti 33 furono i sì, 13 i no e 10 gli astenuti, voti questi ultimi che si sommavano, e con il pareggio 28 contro 28 la risoluzione sarebbe stata respinta. Perchè Stalin decise di votare a favore della nascita dello Stato d'Israele? Secondo lo storico russo Leonid Mlecin, con quel voto Stalin intendeva insidiare la supremazia del Regno Unito nella regione mediorientale, favorendo la nascita di quello che sarebbe dovuto diventare un nuovo paese socialista. Il Ministro degli Esteri sovietico Molotov si affrettò infatti a riconoscere per primo il nuovo stato e a rifornirlo di armi da guerra pesanti russe e cecoslovacche per la difesa contro i paesi arabi. Invece gli Stati Uniti, pur favorevoli alla risoluzione 181, si mostrarono freddi verso Tel Aviv per il timore di mettere in pericolo i propri rifornimenti di petrolio arabo. Anche Golda Meir, ambasciatrice israeliana a Mosca nel 1948-49, dovette ammettere che senza le armi sovietiche, Israele non avrebbe potuto vincere la prima guerra contro le nazioni arabe. Ma che accade se Stalin intuisce che invece Israele sarà l'ennesima quinta colonna statunitense, e decide di votare no alla risoluzione 181?

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E ora, un'altra ucronia tratta da questo sito e tradotta per noi da Generalissimus:

E se la Guerra Iran-Iraq avesse avuto un chiaro vincitore?

1) Vince l'Iran.
Negli anni '80 il Medio Oriente fu il palcoscenico della collisione fra due regimi irrazionali: da una parte c'era l'Iraq sotto il controllo di Saddam Hussein, dall'altro l'Iran, che era appena diventato una teocrazia Islamica alimentata dallo zelo rivoluzionario.
Alla fine iniziò un conflitto tra le due nazioni: questo fu la Guerra Iran-Iraq, un conflitto devastante lungo 8 anni che costò la vita a centinaia di migliaia di soldati e civili di entrambe le parti e finì con una situazione di stallo.
Perciò, dato che nessuna delle due parti raggiunse davvero i suoi obbiettivi, questo mi fa pensare: e se l'Iran vincesse la guerra? Ma prima, un po' di storia: Cosa condusse alla Guerra Iran-Iraq? Tornando indietro a prima della guerra, nel 1980 il clima politico in Medio Oriente era cambiato drammaticamente: lo Scià iraniano laico ma corrotto era stato rovesciato da una rivoluzione Islamica che trasformò la nazione in uno stato teocratico.
Il suo vicino ad ovest, l'Iraq, era da anni sotto il controllo del Partito Ba'th, con Saddam Hussein alla sua testa.
Anche se il Ba'thismo propagandava la superiorità araba Saddam credeva che l'Iraq fosse la nazione superiore del mondo arabo, e voleva dimostrarlo tramite la potenza militare.
L'Iran controllava una regione a maggioranza araba che confinava con l'Iraq chiamata Khūzestān.
Saddam odiava l'idea che dei Persiani controllassero degli Arabi e desiderava conquistarla, prendendo allo stesso tempo il controllo dello Shatt al-'Arab, il punto dove Tigri ed Eufrate si connettono, condiviso da entrambi i paesi.
Quando in Iran ci fu la rivoluzione islamica Khomeini chiamò alla cacciata dei governi laici come quello di Saddam, invitando alla diffusione del fondamentalismo in tutto il mondo Islamico.
Questo non piacque affatto a Saddam: mentre l'Iran vedeva disordini politici Saddam colse l'opportunità per invadere e conquistare territori e risorse preziose.
Il 23 settembre 1980 le forze terrestri irachene sconfinarono in Iran, conquistando territori in Khūzestān e nei territori occidentali del paese.
Ma i calcoli di Saddam erano tremendamente sbagliati, la sua invasione non mandò in subbuglio il popolo iraniano, bensì gli fece fare fronte comune in difesa del nuovo governo, con migliaia che si offrirono volontari per combattere.
A causa della cattiva pianificazione l'Iraq permise all'Iran di organizzarsi, presto l'Iran riuscì a rispondere e un contrattacco costrinse Saddam a ritirare le sue forze dietro il confine.
Arrabbiato per l'incursione l'Iran andò all'offensiva in Iraq con l'obbiettivo di rovesciare Saddam e installare un suo governo teocratico, ma anche la sua invasione andò in stallo.
Alla fine la guerra andò in stallo, i due paesi, con forze quasi pari, iniziarono a combattere in maniera simile alla Prima Guerra Mondiale.
L'Iraq utilizzò attacchi con gas mostarda sia contro i militari che contro i civili e l'Iran lanciò massicci attacchi basati su maree umane, praticamente fu una guerra totale, nessuno era al sicuro dal conflitto e i civili finivano sempre vittime del fuoco incrociato.
Nel tentativo di coinvolgere una superpotenza Saddam bombardò i mercantili iraniani nel Golfo Persico.
Il petrolio iracheno veniva trasportato da navi straniere a causa del blocco terrestre iraniano e quindi gli iraniani si vendicarono attaccando le navi kuwaitiane e saudite che trasportavano il petrolio iracheno.
Questo attacco al petrolio fece arrabbiare gran parte del mondo, paesi come gli USA, l'URSS e l'Inghilterra iniziarono a finanziare l'esercito di Saddam perché combattesse l'Iran e proteggesse il loro petrolio e il Golfo.
Alla fine, dopo anni di combattimenti costanti, attacchi ai civili e centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti, Iran e Iraq si accordarono per la pace: i confini tornarono quelli precedenti alla guerra e nessuno ottenne un vantaggio dalla guerra.
Ma se l'Iran avesse vinto la guerra? È una specie di domanda a trabocchetto, perché se l'Iran avesse conquistato Baghdad avrebbe potuto vincere la guerra, se solo si fosse trattato di una questione prettamente tra l'Iran e l'Iraq, ma all'Iran non sarebbe mai stato permesso di ottenere la vittoria contro Saddam, almeno considerato come fu combattuta la guerra.
L'Iran era universalmente odiato in tutto il mondo sia dall'Occidente che dai Sovietici, l'Ayatollah e il fondamentalismo Islamico isolarono il paese.
Saddam e gli USA avevano paura che il fondamentalismo Islamico avrebbe diffuso la rivoluzione in altre nazioni.
Reagan disse che gli USA dovevano fare tutto quello che era in loro potere per assicurarsi che l'Iran non ottenesse la vittoria contro l'Iraq, nella nostra TL lo fecero dando armi ed equipaggiamenti all'esercito di Saddam.
In questa TL alternativa l'Iran respinge le forze armate di Saddam oltre il confine iracheno, riprendendosi i territori perduti e decidendo stavolta di andare all'offensiva.
Anche se irrealistico, l'Iran riesce a rovesciare il regime di Saddam o catturando Baghdad o finanziando una rivolta tra i Curdi e gli Sciiti contro il governo Ba'thista.
In entrambi i casi la vittoria totale dell'Iran avrebbe installato un governo Sciita fondamentalista in Iraq.
Se riuscisse in questo l'Iran si ritroverebbe in guerra con gli USA e i suoi alleati, Saddam, anche se era un folle brutale, veniva ancora visto come un deterrente per l'Iran Islamico.
Se l'Iran cacciasse Saddam avrebbe visto attacchi aerei, bombardamenti e forse perfino un'invasione internazionale.
Immaginate una Guerra del Golfo con l'Iran al posto dell'Iraq, e con un Iraq occupato al posto del Kuwait.
Potrebbero esserci bombardamenti di Teheran e delle città persiane da parte dell'Occidente abbastanza pesanti da convincere gli Iraniani che la vittoria è impossibile e da costringerli a sedersi al tavolo dei negoziati.
Nella nostra TL i Curdi che combattevano per l'indipendenza da decenni si allearono con l'Iran per combattere Saddam, ma l'insurrezione finì quando Saddam usò le armi chimiche per spazzare via interi villaggi curdi.
In questa TL alternativa, dato che l'Occidente mirerebbe a prendere a calci l'Iran, i Curdi potrebbero diventare potenziali nemici degli USA, dato che gli americani avrebbero interesse a mantenere Saddam al potere, anche se questa è una speculazione a piè di pagina.
Riassumendo, se l'Iran sconfiggesse gli Iracheni e riuscisse a rovesciare Saddam o catturare Baghdad affronterebbe una coalizione internazionale simile a quella della Guerra del Golfo, ma questa non sarebbe una situazione come quella della guerra in Iraq nel 2003, perché il partito e le forze armate di Saddam non verrebbero messe al bando, permettendo ad un governo vile ma stabile di tornare al potere.
In questa TL alternativa l'Iraq diventerebbe un alleato americano, le relazioni si baserebbero sul commercio di petrolio e sull'impedire che l'Iran ottenga la superiorità nella regione.
Il regime di Saddam è brutale, ma nella nostra TL per gli USA non fu un problema, perciò non lo sarebbe nemmeno in questa TL alternativa.
L'Iran è ancora più isolato dal mondo, se verrà invaso o meno dalle forze internazionali durante la guerra è difficile da predire, ma se non verrà rovesciato il governo iraniano diventerà ancora più zelante.
In questa TL alternativa Saddam non invade il Kuwait, perché furono le azioni dirette della Guerra Iran-Iraq che condussero all'invasione e alla Guerra del Golfo.

2) Vince l'Iraq.
E se l'Iraq di Saddam Hussein sconfiggesse con successo in guerra l'Iran? Quali sarebbero le conseguenze di una simile vittoria? Gli obiettivi di Saddam in quella guerra erano: 1) controllare lo Shatt al-'Arab, 2) impossessarsi delle risorse petrolifere iraniane e 3) catturare territori che Saddam considerava iracheni di diritto.
Questi tre obiettivi sono fondamentali per capire cosa sarebbe successo se Saddam avesse vinto, ma nella nostra TL ci furono dei motivi per cui l'Iraq non riuscì a raggiungere questi motivi:
1) Le dimensioni dell'esercito iracheno rispetto a quello iraniano
2) La costante interferenza di Saddam negli affari militari.
Saddam non era un leader militare e sapeva a malapena qualcosa della guerra, ma questo non gli impedì di decidere cosa dovessero fare le forze armate irachene.
Se ci si opponeva ai suoi piani ignoranti si finiva col venire giustiziati, perciò anche se il paese aveva il potenziale per vincere Saddam rovinò tutto.
In qualsiasi scenario realistico l'Iraq non avrebbe potuto vincere la Guerra Iran-Iraq, la guerra fu il prodotto dell'ottusa ignoranza e della personalità violenta di Saddam, anche se i numeri erano terribilmente a suo sfavore.
Diciamo che in questa TL alternativa l'Iraq riesce a vincere grazie anche ad un'insurrezione dei Musulmani Sciiti e grazie al fatto che Saddam non interferisce negli affari militari.
L'Iraq vince la guerra conquistando il territorio e costringendo l'Iran ad accettare un accordo di pace alle sue condizioni.
L'Iran non rimarrebbe seduto a permettere che gli Iracheni si tengano la loro terra, e in questa TL alternativa l'unico modo perché l'Iraq vinca è difendere a qualsiasi costo le aree conquistate e causare perdite così gravi da costringere l'Iran al tavolo dei negoziati, ma per questo scenario diremo semplicemente che l'Iraq mantiene il possesso di quelle terre e costringe l'Iran al cessate il fuoco.
Cosa potrebbe accadere, poi? Ci sono vari scenari diversi:
1) Saddam voleva che l'Iraq diventasse la potenza militare e politica dominante del Medio Oriente.
Gli USA non volevano che l'Iran diventasse una potenza regionale importante e diffondesse la rivoluzione, ma in questa TL alternativa lo stesso varrebbe per l'Iraq.
Durante la Guerra Iran-Iraq l'Occidente voleva che nessuna delle due parti ottenesse una vittoria considerevole, una vittoria irachena o iraniana avrebbe messo a rischio l'equilibrio del commercio del petrolio nel Golfo Persico.
L'unico motivo per cui gli USA sostennero Saddam è che l'Occidente non voleva vedere i suoi flussi petroliferi messi a rischio da una vittoria iraniana.
In questa TL alternativa l'Occidente non vorrà che Saddam abbia così tanto potere nella regione, e correrebbe il rischio di aiutare l'Iran o finanziando in segreto i ribelli nel territorio occupato o bombardando le posizioni militari irachene in Iran, lo scopo sarebbe quello di far abbandonare all'Iraq il territorio preso all'Iran.
2) Ogni offensiva militare contro l'Iraq avrebbe aiutato l'Iran, e in questa TL alternativa, a causa della recente Crisi degli Ostaggi in Iran, i leader potrebbero non voler usare le forze armate in una teocrazia Sciita, così in questa TL alternativa l'Occidente non contrasta l'invasione dell'Iran come fece in Kuwait.
L'Occidente invece cerca di ingraziarsi Saddam e crea nuove relazioni basate sul petrolio.
Lo abbiamo già fatto nella nostra TL, perciò lo scenario potrebbe essere plausibile.
3) L'Occidente permette a Saddam di tenersi i territori iraniani e continua le sue relazioni basate sul petrolio e sulla deterrenza contro l'Iran, ma Saddam dà il via ai suoi piani per eliminare dal Khūzestān l'influenza persiana.
Saddam era un membro del Partito Ba'th, e i Ba'thisti prendevano ispirazione diretta dai movimenti nazisti e fascisti degli anni '30.
Saddam vedeva gli Arabi come superiori ai Curdi e ai Persiani e nella nostra TL bombardò con armi chimiche e spazzò via i villaggi curdi non solo per sopprimere la ribellione, ma anche per fare pulizia etnica nell'Iraq settentrionale, un po' come fece Hitler contro gli Slavi e gli Ebrei.
Uno degli obiettivi della guerra era liberare il Khūzestān arabo dai leader e dall'influenza iraniane, se Saddam conquistasse la regione è probabile che inizierebbe assassinii di massa di chiunque non sia arabo, perciò questo fatto potrebbe condurre a due cose in questa TL alternativa: o la comunità internazionale emette condanne e intraprende azioni politiche e militari contro Saddam o ignora le sue azioni genocide come fece nella nostra TL quando bombardò i Curdi.
In questa TL alternativa Saddam non invaderebbe il Kuwait.
Perché? Nella nostra TL, dopo la fine della Guerra Iran-Iraq a fine anni '80, l'Iraq aveva fortissimi debiti dopo aver chiesto soldi e armi dai paesi del Golfo, dall'Occidente e dagli Stati Uniti, perciò, per aiutare l'economia in declino dell'Iraq e farlo uscire dai debiti, Saddam invase il Kuwait (al quale doveva anche dei soldi) per prendere il controllo delle sue vaste provviste petrolifere.
Dopo il drammatico fallimento contro gli Americani l'intera immagine di Saddam finì a rischio, innescando ribellioni nella maggioranza Sciita e portando quasi alla caduta del suo regime, ma Saddam riuscì a mantenere il potere diventando ancora più brutale, e anche se ancora in sella l'Iraq non era che la debole e scossa ombra di sé stesso.
Saddam rimase al potere fino all'invasione americana del 2003.
In questa TL alternativa, senza un conflitto lungo 8 anni, senza enormi debiti e con l'accesso al petrolio iraniano, Saddam non invade il Kuwait.
Invadere il Kuwait ricco di petrolio rese Saddam, che prima era un alleato americano, un nemico, cambiando la relazione tra i due paesi.
Senza la Guerra del Golfo Saddam non perde gli Stati Uniti e la sua immagine non viene danneggiata.
Il suo controllo sul paese non viene messo a rischio, sempre ammesso che non litighi con gli USA per il possesso del Khūzestān.
Le relazioni irachene con gli USA sarebbero traballanti, ma non apertamente ostili.
Saddam sarebbe potuto rimanere al potere anche nel 21° secolo grazie ad un arsenale di armi chimiche tollerato dall'Occidente perché non c'è mai stato un conflitto tra i due.
Se l'Iraq avesse vinto la guerra la storia moderna del Medio Oriente sarebbe potuta cambiare in modi piuttosto ovvi che non ho bisogno di menzionare.
Ovviamente queste sono solo teorie e non una predizione al 100%.

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Inuyasha Han'yō ha aggiunto:

Ammettiamo che Saddam Hussein si renda conto che l’Iran è un boccone troppo grosso e indigesto, decidendo quindi di puntare in anticipo di un decennio sul Kuwait, che l’Iraq rivendica come suo territorio sin dai tempi del re Ghazi I. L’invasione, come nella HL, termina con l’annessione del piccolo emirato alla repubblica irachena. Kuwait City viene ribattezzata Madinat al-Ba'ath, ovvero Città della Risurrezione (nazionale), in omaggio al partito omonimo, e diventa il principale porto iracheno sul Golfo Persico. Certo, all’ONU ci saranno dibattiti e proteste, ma se l’Iraq ottiene l’appoggio degli USA non si andrà oltre.
Negli anni successivi, grazie al commercio del petrolio (di cui è uno dei principali paesi produttori) l’Iraq si arricchisce (un po’ come la Libia) e le sue forze armate vengono dotate di armi sia dalle nazioni occidentali (in primis gli Stati Uniti) sia in misura minore dall’URSS, in chiave anti-iraniana, il cui regime fondamentalista era inviso alle suddette. Dal canto suo l’Iran decide di armarsi a sua volta, facendosi rifornire principalmente dalla Cina, pur guardandosi bene dall'attaccare il paese limitrofo onde evitare una violenta reazione da parte dell’Occidente. Tra Baghdad e Teheran si instaura una vera e propria guerra fredda regionale, con la Siria vicina all’Iran e Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto, Sudan e Arabia Saudita vicini all’Iraq.

GLI ANNI ‘90
In questo contesto, avendo l’Iraq già annesso il Kuwait nel 1980, non si ha la guerra del Golfo. L’Iraq non subisce alcun embargo e continua a prosperare. Forse in questo decennio arriverà a dotarsi della bomba atomica, ma ciò può accadere solo se Israele non colpisce il reattore di Osirak. Inoltre c’è il rischio che ciò, oltre a raffreddare i rapporti con gli USA spinga l’Iran ad avviare un proprio programma nucleare bellico, e ciò spingerebbe i suoi avversari a fare lo stesso.

GLI ANNI 2000 E LA LOTTA AL TERRORISMO
In un contesto simile avremmo la guerra al terrorismo? La risposta è sì. Al Qaida nacque già nel 1988, e prese parte a diversi conflitti (come le guerre civili in Afghanistan, Somalia e nello Yemen). Una differenza importante è che in questa TL non avrebbe luogo l’invasione dell’Iraq, che anzi sarebbe alleato degli USA contro il fondamentalismo islamico. Quindi gli USA concentrerebbero le loro forze in Afghanistan, e non avremmo lo scandalo di Abu Ghraib né il crollo di popolarità subito dall’amministrazione Bush. Questo però potrebbe non bastare a impedire l’elezione di Obama nel 2008.

LA PRIMAVERA ARABA E L’ISIS.
Ma passiamo alla primavera araba. Tale avvenimento era inevitabile, a causa di governi autoritari e corrotti, che ormai erano alla frutta. Essa più o meno avrebbe luogo come nella HL, con la caduta dei regimi in Tunisia, Libia ed Egitto, e la guerra civile in Siria.
E l’Iraq? Ci sono cinque  possibili scenari:

1) Algerino: le proteste hanno poco seguito e non intaccano la stabilità del regime.
2) Tunisino: il regime cade e il paese si avvia verso la democrazia.
3) Egiziano: il regime cade e si ha un breve periodo di governo democratico, scalzato da un golpe che instaura una dittatura militare.
4) Libico: il regime cade e l’Iraq precipita nel caos, con i sunniti e gli sciiti che si massacrano a vicenda e i curdi che vogliono l’indipendenza. Possibile intervento turco contro i curdi e iraniano a sostegno degli sciiti, forse ci si mettono anche i sauditi che appoggiano i sunniti.
5) Siriano: l’Iraq è dilaniato da una lunga e sanguinosa guerra civile tra il regime e i suoi oppositori.

Nel caso dello scenario algerino un Iraq forte e stabile impedirebbe all’Iran di espandere la sua influenza in Medio Oriente, e anzi potrebbe intervenire in Siria a sostegno dei ribelli anti-Assad. Se il regime di Damasco cade il paese diventa un protettorato iracheno. In questo contesto l’ISIS non nascerebbe e oggi l’Iraq si preparerebbe a intervenire in Libia (forse).

Nel caso di quello tunisino si formerebbe un governo a maggioranza sciita vicino all’Iran, duramente contrastato dai sunniti (dipende anche se la politica di Saddam nei confronti degli sciiti rimane immutata).

Nel caso di quello egiziano allora si potrebbe immaginare un governo a guida sciita presto abbattuto da un golpe attuato da un generale sunnita (tipo Abid Hamid Mahmud).

Nel caso di uno scenario libico l’Iraq diventa una polveriera vera e propria, agli scontri inter-etnici e inter-religiosi si aggiungono quelli tra soldati turchi, iraniani e sauditi, che potrebbero sfociare in guerra aperta tra Turchia, Iran e Arabia Saudita; in tal caso l’Iraq diventa il principale campo di battaglia tra i tre eserciti, ognuno dei quali intende scacciare gli altri due.

Infine lo scenario siriano: da una parte avremmo il regime di Baghdad, spalleggiato dai sauditi e forse dalle nazioni occidentali, dall’altra l’opposizione sciita spalleggiata dall'Iran.

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Ed ecco un'altra ucronia tradotta per noi da Generalissimus:

Come arrivare ad un Maghreb arabo unito?

Le Guerre Barbaresche sono un conflitto spesso trascurato sia nella storia americana che in quella del mondo, furono un importante scontro con la pirateria Islamica nel XIX secolo che oggi molti collegano alla Guerra al Terrore.
I pirati in questione operavano dagli Stati Barbareschi, un nome che derivava per alcune nazioni europee sia dalla Costa dei Barbari che dai principali abitanti della regione, ovvero i Berberi, il cui nome derivava sempre da una vecchia parola per indicare i Barbari.
I Berberi sono un gruppo etnico indigeno nativo dell’Africa settentrionale con uno stile di vita prevalentemente tribale, ma dopo il dominio romano e l’arabizzazione della regione molti Berberi, specialmente quelli situati sulla costa, ora hanno dentro di sé una forte miscela genetica araba con fluttuazioni verso il DNA europeo o africano a seconda di quanto andate a nord o a sud.
Potreste pensare che la diffusione dell’Islam in Nord Africa sia stata paragonabile alla diffusione del Cristianesimo in Europa e abbia sostituito drasticamente le pratiche tribali dei popoli nativi e abbia istituito un nuovo ordine culturale, ma diversamente dall’Europa, dove la fede si diffuse rapidamente e in profondità, a causa delle montagne e dei deserti dell’Africa settentrionale sacche di cultura tribale berbera riuscirono a sopravvivere e ad esistere a lungo in competizione con i Berberi adesso Islamici che arrivarono a dominare le principali città costiere nordafricane, attorno alle quali si sviluppò la maggior parte della civiltà, lasciando i Berberi tradizionali confinati all’agricoltura sulle montagne o in aree isolate o a vivere una vita nomade, una sistemazione che, accoppiata col fatto che gran parte del Nord Africa è circondata dal Deserto del Sahara, ha reso un governo stabile a lungo termine una sfida, anche se fu durante le Guerre Barbaresche che la regione nota come Stati Barbareschi raggiunse uno strano livello di cooperazione che probabilmente non si vedeva dai tempi di Cartagine e che forse non si vedrà mai più.
In Nord Africa le principali città costiere servivano da centri principali per le operazioni dei pirati, in particolare la città di Tangeri, Tripoli, Algeri e Tunisi, con Tripoli che fungeva da capitale non ufficiale degli Stati Barbareschi, che all’epoca erano ancora tecnicamente parte dell’Impero Ottomano, ma che sotto tutti i punti di vista rimanevano in generale autonomi.
I Corsari Barbareschi terrorizzavano e addirittura ad un certo punto dominavano il Mar Mediterraneo, catturando le navi europee dei paesi che si rifiutavano di pagare il denaro della protezione e spesso saccheggiavano anche le navi che accettavano di farlo.
Tutti i beni di valore a bordo venivano sequestrati, incluso l’equipaggio.
I Cristiani europei erano il bersaglio principale del commercio di schiavi arabo, specialmente i nobili, per i quali si potevano chiedere grosse somme come riscatto.
Quelli abbastanza sfortunati da non essere riscattati si ritrovavano alla mercé dei loro nuovi padroni, che erano famigerati per la loro brutalità, punendo la disobbedienza e la mancanza di rispetto con gravi punizioni corporali e perfino la morte.
Alcuni Europei convertiti o che diedero volontariamente aiuto ai pirati condivisero con i loro nuovi alleati le tecniche di costruzione navale e di fabbricazione di armi europee, che li resero più formidabili.
I saccheggi, il commercio di schiavi e i riscatti ebbero l’effetto collaterale di generare grandi quantità di tanto necessaria ricchezza per le città santuario dalle quali operavano questi pirati.
Gli Ottomani trascurarono abbastanza le loro terre nordafricane, in realtà desideravano solo essere sicuri che le potenze europee non le rivendicassero, dato che il terreno aspro e la disunità generale costrinsero gli Ottomani a rendere la regione in gran parte autonoma.
I territori della regione erano comunque costretti a pagare i tributi al sultano Ottomano, e il grande impero si impadroniva anche dei ricavi commerciali.
Questa è più o meno la stessa storia vista nelle colonie caraibiche dopo l’era dei corsari: grande isolamento, trascuratezza da parte degli imperi e poche opportunità per svilupparsi.
La risposta fu dare il benvenuto e accogliere imprese piratesche che avevano bisogno di un posto dove nascondersi e spendere il loro bottino.
Questo fatto avvicinò le città degli Stati Barbareschi, dato che i pirati formavano una comunità interconnessa basata sullo stile economico simile, la comune pratica Islamica e una struttura di potere affidabile, formando la base per uno stato non ufficiale con una gerarchia simile a quella del Giappone feudale, dove il bey regionale o governatore riempiva il ruolo del signore e i pirati formavano una classe guerriera nobile molto simile a quella dei samurai.
Alla fine i pirati arrivarono oltre il Mediterraneo e si diffusero ampiamente oltre l’Atlantico, raggiungendo le coste del Brasile e dell’Islanda.
Molto presto le razzie non divennero limitate alle navi, e qualsiasi città costiera alla portata dei pirati divenne minacciata, soprattutto quelle dei paesi mediterranei, ma anche quelle di paesi lontani come l’Inghilterra e l’Islanda, che nel corso di soli due raid vide 900 cittadini portati via dalle loro case.
La caduta dei pirati arrivò come risultato dei nemici internazionali che si erano fatti.
Le guerre in Europa costrinsero a pattuglie navali regolari che ridussero di molto la minaccia di un attacco pirata, e col passare del tempo le marine europee divennero superiori a quella dei pirati, che dipendevano in gran parte dagli avanzamenti tecnologici dell’Impero Ottomano.
La fine arrivò quando gli ancora giovani Stati Uniti furono costretti all’azione dai ripetuti attacchi pirati e dalle richieste di tangenti per la protezione sempre più alte.
Gli Stati Uniti all’epoca non avevano alcuna marina, e perciò costruirono rapidamente una squadra di enormi fregate.
La costruzione di tutte e sei queste navi venne pianificata assieme a quella di alcuni vascelli finanziati dal pubblico, ma con un armamento di oltre 30 cannoni pesanti e un ottimo bilanciamento fra dimensioni e velocità si credeva che queste fossero sufficienti per gli scopi difensivi.
Dato che gli Stati Uniti erano una nazione ancora giovane e stavano attaccando un nemico in una terra lontana, le prime scaramucce delle Guerre Barbaresche furono piuttosto inconcludenti, con una delle navi americane che fu perfino catturata dai pirati ma che poi venne distrutta dagli USA per impedire che venisse riutilizzata.
Alla fine la guerra terminò con una pace stilata fra gli Stati Uniti e gli Stati Barbareschi che vietava l’imposizione di pedaggi per la protezione e che costringeva i secondi a reprimere la pirateria.
I decenni seguenti avrebbero visto l’Europa raggiungere un livello di superiorità navale che essenzialmente eliminò la minaccia dei pirati, mentre allo stesso tempo la colonizzazione europea dell’Africa e l’abolizione della schiavitù avrebbero segnato la fine definitiva dei Corsari Barbareschi.
Ma se questo non succedesse? Nel nostro mondo, dopo essersi ritrovato con la USS Philadelphia bloccata, il Capitano William Bainbridge, temendo che i pirati avrebbero rivolto la nave da guerra contro le forze americane, buttò fuori bordo tutti i cannoni e i barili con i rifornimenti e tentò di autoaffondare la nave.
Anche se i cannoni vennero messi fuori uso, essa venne catturata prima che potesse essere affondata.
In questo mondo alternativo Bainbridge non ha nemmeno la possibilità di disarmare la nave, e i pirati adesso hanno a loro disposizione non solo un’arma capace di tenere testa alla tecnologia americana rimasta, ma hanno anche accesso alla conoscenza su come è stata costruita la nave e ad un mezzo per produrne altre.
Era rarissimo che i pirati avessero l’opportunità di catturare una nave militare vera e propria, specialmente una così grande e ben armata.
Gli Stati Uniti avevano ottenuto il meglio nel loro progetto grazie ad un’ottima fornitura di legno, cosa che sarà uno degli ostacoli principali per i pirati nella loro ricostruzione, ma non è nulla che un po’ di saccheggio non possa aggiustare.
I pirati tenteranno quasi certamente di riprodurre la nave americana, i Corsari Barbareschi tendevano ad usare vascelli piccoli ma veloci per cogliere di sorpresa e compiere assalti veloci, non valeva la pena utilizzare delle grandi navi a vela per le razzie, perché erano facilmente rintracciabili e difficili da manovrare, ma con una nave più grande e forte ancora capace di sviluppare grandi velocità i pirati potrebbero diventare più ambiziosi e forse tenteranno perfino di catturare altre navi della marina.
Forse non è la migliore delle idee, ma ehi, maggiore è il rischio maggiore è il guadagno! Diventerà sempre più necessario accumulare potenza di fuoco supplementare quando le guerre in Europa trasformeranno gran parte delle acque circostanti in una zona militarizzata.
I pirati continueranno a fare razzie, costruendo gradualmente la loro marina improvvisata, che opererà lungo la costa degli Stati Barbareschi assieme ai vascelli Ottomani, altrimenti non cambierà nulla fino al 1830, quando il monarca borbonico restaurato Carlo X di Francia stilò un piano per porre fine una volta per tutte al commercio di schiavi barbaresco.
C’era stata una precedente disputa tra l’Algeria e la Francia su qualcosa di poco conto chiamata Affare del Ventaglio, dove il leader algerino dell’epoca colpì un ambasciatore francese col suo ventaglio perché la Francia si era rifiutata di pagare delle tasse mercantili.
È una cosa un po’ stupida, ma il punto è che la Francia bloccò Algeri, Algeri sparò dei colpi d’avvertimento contro le navi francesi, dopo tre anni di negoziati falliti il blocco rimase ancora in piedi e la Francia alla fine invase e conquistò l’Algeria dopo altri atti d’aggressione.
Questa volta le cose vanno in modo diverso: l’800 non fu il periodo migliore della flotta Ottomana, per non parlare di quella delle sue dipendenze, perciò quando la marina francese si avvicinò alle spiagge di Algeri c’era poco a fermarla, ma stavolta qualcosa c’è.
I pirati non erano leali verso le loro città, e si affidavano alla costa per mantenere i loro mezzi di sussistenza, se l’invasione francese avesse successo segnerebbe l’inizio della fine per la pirateria nella regione.
I Francesi avevano sovrastimato il loro avversario, e in generale concordarono che se non si fosse riuscito a conquistare una testa di spiaggia l’invasione sarebbe stata interrotta.
Questo era particolarmente vero per l’ammiraglio messo al comando delle operazioni navali, Guy-Victor Duperré, che pensava che questa manovra fosse troppo pericolosa e che non ne valesse la pena.
Dato che i pirati di questo mondo sono meglio preparati a combattere le navi della marina, essi sono costretti ad entrare in azione per preservare il loro santuario.
Un po’ come con gli Stati Uniti in precedenza, i pirati combattono abbastanza da causare la ritirata dei loro avversari e dichiarano la vittoria.
Nel nostro mondo l’invasione della Francia stabilì un precedente perché il resto d’Europa esercitasse influenza su tutte le terre instabili ma altamente strategiche e ricche.
In questa TL alternativa questo non avviene, quei territori per adesso rimangono sotto la bandiera Ottomana, ma questo non durerà a lungo.
Se in questo mondo gli Ottomani non riusciranno a difendere adeguatamente Algeri dalla Francia questo fatto, appaiato con la loro sconfitta nella Guerra d’Indipendenza Greca, potrebbe costargli il rispetto del popolo algerino, che non è stato salvato dagli Ottomani, ma dai pirati.
Viene quindi sollevata la domanda: perché mai rimanere sotto il dominio Ottomano, se esso non riesce a tenerci al sicuro? Sicuramente le città saranno stanche di pagare i loro tributi ai Turchi, il cui impero è chiaramente in graduale declino mentre le potenze europee sono in ascesa.
Anche se questa invasione è stata respinta non sarà l’ultima, e quindi, con gli Ottomani incapaci di proteggere il Nord Africa la gente si rivolgerò ai pirati.
I governatori regionali si incontreranno a Tripoli con i capitani pirati e i capi di alcune tribù berbere bendisposte per creare uno stato barbaresco unificato.
Dovrà essere creato un nuovo ordine sociale per dare vita ad una maggiore coesione tra gli stili di vita ampiamente differenti dei diversi gruppi.
Si deciderà la formazione di una specie di labile sistema di caste, uno nel quale i tribali sono liberi di fare quello che vogliono all’interno delle zone berbere sotto la protezione del governo fino a quando rimarranno Islamici e tutti gli uomini abili si arruoleranno nella riserva dell’esercito.
Questo sistema di caste darà ai Berberi una patria stabile, ma nelle aree costiere rimarranno dei cittadini di seconda classe.
I tribali berberi potranno però liberarsi di questo rango se abbandoneranno la loro vita per unirsi ad un equipaggio di pirati, un gruppo che sulla costa godrà di privilegi speciali ma che non potrà viaggiare nei territori berberi, per impedire che pratichino lo schiavismo in patria.
In cima alla gerarchia ci saranno gli Arabo-Berberi, soprattutto quelli che praticano più profondamente la fede Islamica, uno status che può essere elevato ancora di più se fanno parte di un equipaggio pirata.
Gli Arabo-Berberi domineranno in maniera schiacciante i meccanismi del governo, delle forze armate e dell’informazione, costituendo una casta nobile d’élite.
Le tribù ribelli nel territorio berbero che si rifiuteranno di piegarsi alle volontà del nuovo stato verranno soggiogate, arrestate o perfino schiavizzate per essere utilizzate come operai nelle città.
Se questa secessione dagli Ottomani avverrà negli anni immediatamente seguenti all’invasione francese potrebbe avvenire in contemporanea con la Guerra Ottomano-Egiziana del 1831-33 o a una qualsiasi delle rivolte nei Balcani, peggiorando la situazione per gli Ottomani e rendendo la separazione più facile.
I decenni successivi vedranno calare la richiesta internazionale di schiavi, anche se la vendita degli schiavi europei potrebbe essere approfondita in Asia e perfino nel vicino Marocco, col quale gli Stati Barbareschi svilupperanno un’amicizia più stretta e incoraggeranno a sostenere ulteriormente i pirati, che useranno la costa marocchina principalmente come punto di partenza per l’Atlantico.
Scoppieranno occasionalmente dei conflitti, specialmente con la Francia, gli stati italiani e la Spagna, le cui condizioni turbolente dell’epoca la lasceranno vulnerabile ad alcuni raid terrestri e occupazioni che si spingeranno alle coste della Spagna e alle Canarie.
L’instabilità della popolazione berbera del Marocco la spingerà a cercare una stabilità più affidabile attraverso un’unione con gli Stati Barbareschi, creando quello che diverrà noto come Impero Maghrebino, un enorme paese con pochi grandi centri abitati che punteggiano la costa e un grande interno poco popolato che in gran parte andrà alle tribù berbere indigene.
La regione diventerà famosa per il commercio, sia legale che non, e si guadagnerà lo status di impero economico favorito soprattutto dal nuovo impero tedesco, la cui posizione geografica in Europa lo ha lasciato quasi illeso dagli attacchi pirati, mentre quasi tutte le altre potenze europee nutrono una forte animosità nei confronti del paese, cosa che potrebbe potenzialmente unire gran parte dell’Europa in una coalizione contro l’Impero Barbaresco.
Il Kaiser, però, penserà che il Maghreb offrirà maggiori opportunità per la Germania di ottenere una posizione esclusiva nel Nord Africa, e in un evento identico alla Crisi di Tangeri il Kaiser viaggerà in Marocco nel 1905 per negoziare e alla fine dichiarare ufficialmente l’alleanza Tedesco-Maghrebina, che garantirà alla Germania l’accesso ai principali porti nordafricani e fornirà ai pirati armamenti navali mai visti prima, scatenando, come potrete immaginare, una serie di audaci attacchi alle navi europee, cosa che alla fine trascinerà la coalizione e la Germania nella Grande Guerra Barbaresca.
Qui è dove vorrei finire il video, ma sono sicuro che vi state chiedendo chi vincerà.
Va bene, allora, diversamente dalla Grande Guerra del nostro mondo questo conflitto anticipato potrebbe escludere la Russia, perché a questo punto non c’è bisogno di invadere la Serbia, dato che l’arciduca non sarà assassinato per ancora qualche anno.
Comunque sia verranno coinvolte la Spagna e il Portogallo, dato che probabilmente verranno colpiti più pesantemente dalla presenza dei pirati proprio oltre lo Stretto di Gibilterra.
Nonostante questo né la Spagna né il Portogallo potranno contribuire in modo molto significativo allo sforzo bellico, ma per essere franchi nemmeno gli Stati Barbareschi, a meno che la Germania non riesca in qualche modo a militarizzarli rapidamente o, ancora più improbabile, il Maghreb non riesca a stare al passo con i progressi europei durante tutti questi anni.
Ad essere realisti, il Maghreb probabilmente sarà in uno stato più primitivo di quello della Russia, sì, probabilmente avrà una grande popolazione e molta terra dalla quale attaccare, ma non avrà i mezzi giusti per farlo, anche se il fatto che la Germania non dovrà combattere su due fronti le darà tutti i vantaggi necessari per battere la Francia.
Nel frattempo gli Stati Barbareschi invaderanno comunque l’Iberia, forse perfino l’Italia.
Come bottino di guerra i Corsari Barbareschi reclameranno tutte le isole spagnole, portoghesi e italiane nel Mediterraneo, così come la confinante Africa Occidentale Francese.
La Germania, a sua volta, chiederà le colonie africane portoghesi, italiane e perfino belghe, così da creare la sua colonia della Mittelafrika.
Quindi, è il 1910, la Germania ha praticamente vinto la Prima Guerra Mondiale, la Russia non è diventata Comunista e la pirateria esiste ancora.
A peggiorare le cose, la schiavitù potrebbe ancora esistere in Nord Africa, anche se forse le pressioni delle potenze europee e la semplice direzione nella quale sta andando il mondo faranno morire in anticipo la pratica, ma con tutta probabilità la continuazione della pirateria nella regione andrà di pari passo con la continuazione del commercio di schiavi arabo.
Comunque, alla fine, come accaduto in Giappone, il ruolo dei pirati dovrà finire quando gli Stati Barbareschi svilupperanno un ruolo più legittimo nel mondo e il commercio legale diventerà la fonte primaria di ricchezza.
La vecchia pirateria o svanirà naturalmente o verrà repressa.

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feder obietta:

Forse i Fatimidi sarebbero un buon candidato per questo risultato? Anche se io tornerei più realisticamente indietro fino a Cartagine, con la possibilità di avere carta bianca a disposizione. Che poi nel periodo della decolonizzazione nordafricana un tentativo velleitario in direzione di una Unione Maghrebina vi fu davvero tra quei cinque stati, ma naturalmente fallì.

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Altro lavoro di traduzione di Generalissimus:

E se l'Etiopia fosse una superpotenza?

Ah, l’Etiopia! La gente pensa raramente alla sua storia, e probabilmente ai fan qui vengono in mente tre cose: prima di tutto che si può giocare con Hailé Selassié nei videogiochi Civilization, secondo che è l’origine di molte barzellette offensive che probabilmente non dovreste raccontare al vostro primo appuntamento, e terzo che un sacco di fumati fanno parecchia bella musica lodandola come Zion, ma questo non rende affatto giustizia alla ricca storia dell’Etiopia.
È uno dei pochissimi paesi dell’Africa subsahariana che ha una storia veramente antica, risalente probabilmente al 1000 a. C. circa, è stata una nazione Cristiana per quasi 2000 anni, è stato l’unico paese africano a riuscire a sconfiggere l’imperialismo occidentale della fine del XIX secolo, e intorno al 580 l’Etiopia era un potente attore regionale, riuscì a conquistare lo Yemen e a controllare il commercio del Mar Rosso, ma per molti motivi differenti la potenza dell’Etiopia declinò.
E se questo non fosse mai accaduto? E se l’Etiopia riuscisse ad espandere il suo potere piuttosto che andare in declino e diventasse una vera superpotenza? Come questo influenzerebbe il mondo? Come cambieranno la civiltà, i confini, la storia, la cultura? Questa è la domanda di questa ucronia.
Allora, il declino dell’Etiopia è avvenuto per una serie di motivi, primo fra tutti la perdita del controllo militare dello Yemen, che era la sua colonia principale, perché i Persiani sostennero una ribellione dei nativi che la cacciò, e, in secondo luogo, il cambiamento climatico.
Il Periodo Caldo Medievale, che fece sì che l’Europa avesse un buon clima, risultò nella fioritura della civiltà medievale e permise ai Vichinghi di insediarsi in Groenlandia, ebbe l’effetto collaterale di rendere l’Etiopia più arida, e l’Etiopia, che era già piuttosto arida, soffrì un bel po’ a causa di questo.
Terzo, e più importante motivo, l’ascesa dell’Islam.
Nel VII secolo gli Arabi si riversarono fuori dalla Penisola Arabica e conquistarono un impero che si estendeva dalla Spagna al Pakistan.
Col tempo cacciarono gli Etiopi dalle loro forti posizioni commerciali sulla costa del Mar Rosso verso le montagne dell’interno dell’Acrocoro Etiopico, e questo isolò gli Etiopi dal commercio e li rese economicamente e tecnologicamente stagnanti.
Gli Etiopi divennero degli Armeni neri, ovvero circondati e sotto assedio da parte di nazioni Musulmane aggressive per i successivi 1500 anni.
Anche se le cose sembrano tristi, ci sono sempre modi in cui possiamo mantenere l’Etiopia una nazione potente.
Prima di tutto, il cambiamento climatico può funzionare in entrambi i modi per la costruzione degli imperi, per esempio i Mongoli partirono alla conquista in parte perché la loro patria era diventata più arida a causa del Periodo Caldo Medievale, e un grande motivo del perché i Manciù invasero la Cina a sud nel XVII secolo fu che la Piccola Era Glaciale colpì la Manciuria in maniera tremenda e li obbligò praticamente ad attaccare a sud per sopravvivere.
Nel frattempo, parte del motivo per cui esisto io è che la Piccola Era Glaciale rese più fredda l’Europa settentrionale, e questo rese l’emigrazione in Nord America più attraente durante l’epoca moderna.
Inoltre la Piccola Era Glaciale diede il via alla rivoluzione agricola europea, che in realtà non ottiene abbastanza credito per essere stata uno degli eventi più importanti della storia, perciò non è difficile immaginare che l’inaridimento della patria etiope possa anche ottenere l’effetto di far desiderare agli Etiopi conquistare nuove aree ed emigrarvi, di conseguenza qui userò il mio solito trucco e dirò che gli Etiopi hanno circa 100 anni o tre generazioni di buona leadership che gli daranno abbastanza tempo per solidificarsi in una posizione di potere.
Affermiamo quindi che gli Etiopi riescono a vincere in Yemen e riescono a rimpinguare la loro flotta, così che possano controllare il Mar Rosso e il Mar Arabi… Volevo dire Mar Etiopico: quando gli Etiopi cercarono di conquistare la Penisola Arabica assediarono La Mecca nel 570.
A quell’epoca il profeta Maometto era già nato, perciò in questo mondo esisterebbe comunque.
La guerra medievale aveva dei tassi di vittime sorprendentemente poco alti, perciò le possibilità statistiche della sua morte da bambino in questa guerra sono molto basse, e, allo stesso tempo, sbarazzarsi semplicemente di Maometto e dell’Islam renderebbe questa TL molto confusa, perché ci vorrebbe un altro video di lunghezza uguale per esplorare tutti gli effetti di ciò.
In generale, però, se Maometto esiste comunque in questo mondo, gli Etiopi non manterranno il possesso della Mecca.
Anche se siete dei rabbiosi anti-Islamici dovete ammettere che Maometto era un uomo notevolmente carismatico, talentuoso e intelligente, non riesco a trovare alcun modo in cui gli starebbe bene che una potenza straniera controlli la sua patria e non vedo neanche alcun modo in cui egli possa fallire nel liberare la sua patria.
L’impero etiope potrebbe comunque sopravvivere con l’Islam in giro, basta guardare ai Bizantini, e agli Etiopi probabilmente starà bene fino a quando avranno la loro costa, però probabilmente dovranno abbandonare lo Yemen per alcune generazioni dopo le iniziali invasioni arabe, ma riusciranno a riconquistarlo una volta che il centro del potere Musulmano si sposterà dall’Arabia verso Baghdad e Damasco nel nord.
Quando i Musulmani si preoccuperanno dell’Impero Bizantino, e gli Abbasidi alla fine si indeboliranno al punto da poter contare solo sulla Mezzaluna Fertile, gli Etiopi riusciranno a ottenere il controllo dell’Oman e costruiranno insediamenti commerciali in quella che adesso è la Somalia.
Il controllo dell’Oman permetterà agli Etiopi di stringere la loro presa sul commercio nel Golfo Persico, il che vuol dire che controlleranno entrambi i capi della collana di perle, ovvero la versione marittima e più grande della Via della Seta.
Questo renderà gli Etiopi favolosamente ricchi.
In pratica a questo punto l’Etiopia starebbe bene, sarebbe seduta su una delle rotte commerciali più ricche del mondo e avrebbe un potere abbastanza stabile.
In quel periodo le nazioni Musulmane saranno troppo egocentriche e prese da loro stesse per riuscire a sconfiggerla, inoltre il mondo Musulmano era enormemente diviso e non riuscirà a organizzare la lotta.
Gli Etiopi inizieranno a solidificare il loro controllo sulla regione, ottenendo il controllo sul commercio in Africa orientale, e trasformeranno Zanzibar, Mogadiscio e Mombasa in stati clienti.
Commerceranno parecchio con l’India e in particolare con lo Sri Lanka, che era il porto d’entrata principale del commercio dell’Oceano Indiano.
Il fatto che l’attore più potente della regione sarà Cristiano risulterà in una diffusione del Cristianesimo in tutta questa zona.
La Somalia e gran parte dell’Africa orientale si convertiranno direttamente al Cristianesimo, e ci saranno grandi minoranze Cristiane in Yemen e Oman, abbastanza grandi da avere delle tremende guerre civili quando diventeranno indipendenti.
Nel frattempo si svilupperanno grandi comunità Cristiane all’interno dell’India e dello Sri Lanka.
In generale in quest’epoca tutte le religioni coinvolte nel commercio nell’Oceano Indiano venivano rispettate, e Musulmani, Cristiani, Induisti, Buddhisti e Zoroastriani commerciavano gli uni con gli altri senza molto trambusto o violenza.
Nel frattempo, in Indonesia, alcuni stati si convertiranno al Cristianesimo e altri si convertiranno all’Islam, e sfrutteranno gli Etiopi contro i mercanti Musulmani provenienti da aree contro la Persia e l’India, perciò l’Indonesia diventerà un arazzo di stati Cristiani e Musulmani.
Questo renderà il patriarca dell’Etiopia una figura piuttosto potente, probabilmente alla pari con i patriarchi di Costantinopoli e della Russia, e renderà la setta Cristiana etiope una delle più grandi di tutto il Cristianesimo, e dato che in questa TL il patriarcato sarà più forte possiamo aspettarci che ci saranno uffici più freddi.
Anche se gli Etiopi saranno una forza piuttosto potente nell’Oceano Indiano, probabilmente non riusciranno a colonizzare l’interno dell’Africa, questo perché fino a 100 anni fa l’Africa tropicale era praticamente mortale per chi proveniva da fuori per via delle sue malattie, e il motivo principale per cui gli Etiopi avevano una civiltà avanzata era il fatto che vivevano su montagne che in pratica gli regalavano un clima che si poteva trovare 1600 chilometri più a nord rispetto a dove si trovavano, e questo gli permise di avere una società urbana senza che ci fossero delle malattie a distruggerla.
Prima della conquista Musulmana, lo stato axumita o etiope era basato soprattutto sulla costa, in quelli che oggi sono l’Eritrea e il Gibuti, così come nel nord dell’Etiopia.
Gli Etiopi si trasferirono in quella che oggi è l’Etiopia perché i Musulmani li cacciarono dalla costa, e questo probabilmente accadrà comunque in questa TL, quando gli agricoltori etiopi si spingeranno nell’interno per ottenere più terre.
Posso anche prevedere che gli Etiopi si espanderanno nelle montagne del Kenya centrale, che avevano un clima non dissimile da quello dell’Etiopia.
Questo espanderà l’entroterra etiope, il che significa che potrebbe esserci una base demografica più ampia per reclutare gli eserciti ed esigere le tasse, cosa che potrebbe solidificare il potere sulle parti non etiopi dell’impero.
Nel frattempo il Sudan rimarrà probabilmente uno stato cuscinetto tra gli Etiopi e gli altrettanto potenti Egiziani a nord.
L’Africa a sud dell’Etiopia, invece, avrà probabilmente un clima troppo diverso dall’Etiopia perché gli Etiopi la colonizzino.
Gli Etiopi riusciranno a mantenere questa posizione di dominio per un periodo abbastanza lungo, né i Mamelucchi né i Persiani a nord erano molto concentrati sulla marina, e gli starà bene che gli Etiopi controllino queste rotte commerciali fin quando non saranno degli intermediari troppo rapaci, e così gli Etiopi faranno davvero un bel lavoro gestendo il commercio alla fine della collana di perle/Via della Seta, e avranno anche un vero e proprio monopolio sul traffico di schiavi mediorientale con l’Africa.
Quando compariranno gli Ottomani, essi saranno troppo lontani dai loro centri di rifornimento in Egitto e in Turchia, perciò probabilmente lasceranno perdere e permetteranno agli Etiopi di tenersi la parte terminale della Penisola Arabica e del Mar Rosso.
Questo stato di cose andrà avanti fino a quando in questa regione non arriveranno i Portoghesi intorno al 1500.
Gli Europei avevano un vantaggio enorme praticamente su chiunque altro in alto mare, perché usavano cannoni montati su ruote così che il rinculo non distruggesse i vascelli, e questo significa che potevano utilizzare un numero enorme di cannoni rispetto ai loro nemici.
Questo, unito alla scoperta della guerra burocratica, diede all’Europa occidentale un enorme vantaggio militare sul resto del mondo.
Gli Etiopi probabilmente non riusciranno a stare al passo, e il loro dominio navale della regione verrà distrutto, non sono duro, sono solo realista.
Solo una manciata di paesi, quasi tutti in Europa occidentale, con la strana eccezione di Russia e Giappone, compresero la guerra burocratica, chi non lo fece venne semplicemente distrutto dal punto di vista militare.
Potreste affermare che i Portoghesi non attaccheranno gli Etiopi perché erano entrambi Cristiani, ma in generale i primi esploratori portoghesi di questa regione erano dei rapaci delinquenti a cui non interessava molto a parte i soldi, e avevano molto più in comune con i Vichinghi che con qualsiasi rispettabile mercante odierno, perciò in questo mondo faranno a pezzi il dominio navale etiope, e varie regioni dell’impero come l’Oman e lo Yemen si separeranno e i loro porti principali diventeranno un possedimento dei Portoghesi.
Quando arriverà il XIX secolo e l’Europa colonizzerà questa regione, gli Etiopi verranno umiliati come tutti gli altri orgogliosi imperi non europei come gli Ottomani e i Cinesi, e le parti esterne dell’impero verranno direttamente colonizzate dagli Europei, mentre il cuore dell’impero, proprio come nel nostro mondo, rimarrà in mani indigene, solo che quel cuore sarà più grande.
Onestamente non sono sicuro se nel XX e XXI secolo l’Etiopia si industrializzerà come la Cina o il Giappone o fallirà come l’Iraq o la Siria, è onestamente impossibile da dirlo.
Se io fossi nel 1500 e un viaggiatore dal futuro venisse da me e mi dicesse che la Cristianità occidentale avrà un enorme rinascimento tecnologico e conquisterà il mondo, ma ci saranno anche due nazioni non dell’Europa occidentale che riusciranno a raggiungerla e a giocare allo stesso gioco e io dovessi indovinare quali sono, probabilmente direi che sono i Turchi e i Persiani, e avrei torto, perché in realtà saranno i Russi e i Giapponesi.
Francamente avrei detto questi due paesi Musulmani perché i Musulmani e i Cristiani sono stati in parità tecnologica per centinaia di anni e nel 1500 i Turchi erano la forza militare più avanzata d’Europa, avevano un’economia davvero progredita ed erano uno dei popoli più tolleranti del mondo, e se i Turchi avevano quella tecnologia allora ce l’avevano anche i Persiani.
Queste sarebbero tutte valide ragioni, ma avrei comunque torto, avrei completamente trascurato la Russia, e il Giappone ha un po’ di senso se si guarda alla sua struttura sociale che esteriormente non era molto diversa da quella dell’Europa, ma probabilmente lo avrei trascurato.
E quindi non ho alcuna idea su se l’Etiopia sarebbe ascesa per diventare una superpotenza africana che trascinerà verso l’alto con sé tutti i suoi vicini o sarebbe rimasta a terra come la Siria o l’Iraq.
In questo momento, nel nostro mondo l’Etiopia ha un’economia in ascesa, e in realtà è una delle economie mondiali che cresce più velocemente, però è difficile dire se questo continuerà, perché ci sono tanti casi di paesi del Terzo Mondo che per un breve periodo vanno molto bene ma poi crollano perché non hanno le istituzioni civiche per continuare così, ma non so se l’Etiopia sia o meno una di quelle nazioni, dovremo aspettare 20 anni per saperlo.

Creiamo quattro imperi africani!

Quando si pensa agli imperi non si pensa davvero all’Africa, se non per i Cartaginesi e gli Egizi.
L’Africa ha avuto degli imperi, ma questi in generale sono stati dimenticati, tranne che per cose frivole, come Mansa I del Mali che era ricco e Shaka che era un selvaggio assoluto.
Questo però significa che ho un sacco di spazio dove giocare, ecco un video dove cambio la storia per creare quattro imperi africani: vediamo come si sarebbero formati, cosa avrebbe permesso la loro esistenza, quali sarebbero i loro punti forti e deboli e come sarebbero caduti.
Nessuno di questi scenari è l’opzione più plausibile in cui si sarebbe svolta la storia, ma sono tutti studiati per essere nella sfera del possibile nel caso gli attori coinvolti avessero giocato bene le loro carte.
Detto questo, divertiamoci un po’.

Parte 1: il Sultanato Albanese
Una cosa che molte persone dimenticano è che i Musulmani stavano colonizzando l’Africa nel 19° secolo prima che lo facessero gli Europei.
Il caso in questione è Mehmet Ali.
Mehmet Ali è abbastanza vicino alla definizione di chad, era un ufficiale albanese che combatté per l’esercito turco all’inizio del 19° secolo e che, dopo che i Francesi persero il potere in Egitto, ne prese il controllo.
In seguito lanciò una grande operazione militare per provare a conquistare l’Impero Ottomano, prendendo il controllo della Siria e addirittura invadendo la Grecia con un enorme flotta solo perché gli Inglesi e i Francesi facessero squadra contro di lui per impedirgli di distruggere e riformare l’Impero Ottomano in uno stato potente, respingendolo in Egitto.
Non gli farò prendere il controllo dello sclerotico e debole Impero Ottomano, cosa che probabilmente lo avrebbe portato a riformarlo, cambiando così la storia in maniera enorme, perché avrebbe spostato la capitale a Costantinopoli e avrebbe creato un altro impero europeo, lo farò invece concentrare su due tentativi che provarono a intraprendere i suoi discendenti e che avrebbero il potenziale di creare un impero africano.
La Guerra di Secessione Americana fece salire alle stelle il prezzo del cotone, dato che il sud degli Stati Uniti, il produttore della maggior parte del cotone del mondo, era sottoposto ad un blocco.
Questo enorme aumento del prezzo del cotone fece sì che Isma’il Pascià, della dinastia di Mehmet Ali, contraesse un tremendo ammontare di debiti che investì nella coltivazione del cotone.
Quando la Guerra di Secessione Americana terminò, questo risultò nel crollo del prezzo del cotone, e l’Egitto andò in bancarotta.
L’Inghilterra e la Francia, che volevano che i loro debiti venissero ripagati, posero di fatto fine all’indipendenza dell’Egitto.
La verità è che l’Egitto aveva il potenziale per diventare un grande esportatore di cotone, lo fece in gran parte sotto il dominio inglese senza davvero cambiare molto la sua struttura sociale.
L’Egitto ha una grande combinazione di una forza lavoro al limite della schiavitù, un suolo fertile e un clima caldo che è ottimo per il cotone, se gli Egiziani non si fossero sommersi di debiti e avessero lavorato gradualmente sarebbero riusciti a sviluppare una forte economia basata sul cotone.
L’espansione dell’impero egizio non avrebbe impedito la colonizzazione europea dell’Africa, che onestamente non doveva avvenire.
I motivi più grandi per cui gli Europei colonizzarono l’Africa fu la paura che lo avrebbero fatto altri Europei e la facilità ridicola con cui venne fatto per via dell’incredibile differenza tecnologica tra l’Europa e l’Africa.
Se i Francesi non avessero iniziato a tramare in Africa occidentale come mezzo per ottenere orgoglio dopo le loro sconfitte nella Guerra Franco-Prussiana allora la Spartizione dell’Africa forse non sarebbe mai avvenuta.
Nel caso dell’Egitto gli Inglesi potrebbero costruire il Canale di Suez instaurando una relazione con l’Egitto simile a quella che gli Statunitensi hanno con Panama, ovvero gli Inglesi si tengono il canale ma l’Egitto può mantenere la sua indipendenza e rimanere un alleato finanziato dagli Inglesi.
Prima che gli Inglesi prendessero il potere gli Egiziani si stavano espandendo rapidamente in Africa centrale, conquistando tutto quello che c’era fino alla Repubblica Democratica del Congo e l’Uganda.
Senza l’interferenza europea questo processo sarebbe continuato, il 19° secolo era un’epoca di rapida espansione Islamica nell’Africa tropicale e in tutto il continente, senza l’interferenza europea questo sarebbe andato oltre.
Posso immaginare che gli Egiziani prenderanno il controllo del Buganda, nel moderno Uganda, e lì si installeranno come classe dominante.
Il modo in cui l’impero egiziano potrebbe funzionare, e che sembra abbia fatto in gran parte, sarebbe utilizzare in maniera efficace la cavalleria sudanese per continuare a fare conquiste in Africa verso sud.
I Sudanesi schiavizzeranno e conquisteranno i popoli pagani più a sud nel nome della cultura araba e dell’Islam, inoltre, utilizzando gli ingenti guadagni del commercio del cotone, gli Egiziani potrebbero assumere ed addestrare mercenari occidentali e comprare navi a vapore per solidificare il loro controllo sul Nilo, cosa che gli permetterà di mantenere il controllo sul loro impero.
La cavalleria sudanese, se scatenata nella stessa maniera dei Cosacchi in Russia, riuscirà a fare grandi cose, come conquistare l’Impero di Kanem-Bornu in Ciad e diffondersi nelle regioni temperate del Kenya e della Tanzania partendo dall’Uganda, ma, raggiunti questi obiettivi, si creerà dei regni indipendenti, dato che la monarchia centrale egiziana non riuscirà a mantenere l’autorità su di essa a causa delle grandi distanze.
Vedremo un anello di regni Musulmani arabofoni di origine sudanese in Africa centrale ed orientale.

Parte 2: l’Impero Igbo
Leggere la storia dell’Africa centro-settentrionale è interessante, perché in vari modi è davvero archetipica di quale sia la storia di ogni area.
Se si vuole prendere una regione ad esempio, questa sarebbe il Sahel.
La civiltà media ha avuto un percorso simile a questo: lo stato del Sahel inizia a commerciare e a sottrarre influenza ad altre società confinanti più avanzate, vale a dire il mondo Islamico, poi forma delle monarchie guidate da un dio-re che si sposta gradualmente verso delle religioni monoteistiche per giustificare il suo potere.
Gli imperi centralizzati continuano a declinare dopo essere diventati corrotti in capo ad un paio di generazioni e a crollare a causa delle tensioni interne in seguito alla conquista ad opera di stati ai confini del regno o barbari nomadi.
Queste potenze esterne costruiscono regni centralizzati più grandi e il ciclo continua.
Io penso che se la storia del Sahel è così prevedibile, allora senza interferenze sarebbe andata avanti relativamente con la stessa prevedibilità.
In questa TL all’Europa accade qualcosa che fa regredire il suo progresso tecnologico, magari la Chiesa Cattolica reprime la scienza in qualche modo, forse l’impero di Carlo Magno non cade mai e l’occidente stagna a causa della mancanza di competizione, non lo so e non mi interessa particolarmente fino a quando l’Europa non viene coinvolta nel commercio degli schiavi che portò via da questa regione milioni di persone e distrusse l’equilibrio del potere locale e gli Europei non colonizzano mai l’area.
In queste condizioni la regione si evolverà in gran parte in maniera indipendente, tranne che per gli attacchi e i commerci Islamici provenienti da nord.
Sarà interessante vedere grandi ondate di cavalieri Islamici attaccare continuamente verso sud in questa regione, formando regni sempre più a meridione.
Ci furono generalmente due ondate, nel 16° e nel 19° secolo.
La Tratta Atlantica degli Schiavi Africani rallentò questo processo portando grandi quantità di armi e denaro nei regni africani della costa, che si procuravano schiavi a spese dell’interno, ma abbassò anche la crescita demografica che sarebbe risultata in guerre e creazioni di stati.
Nel Sahel e nell’Africa occidentale abbiamo visto l’Impero del Ghana, l’Impero del Mali e l’Impero Songhai in successione, che si basarono su società che formarono stati sempre più grandi e centralizzati.
In questa TL nel 21° secolo si formerà un impero ancora più grande.
Stavolta nel 19° secolo l’Impero Fulani nigeriano probabilmente sarà più grande senza il potere che passa dall’interno alla costa per via della Tratta Atlantica degli Schiavi Africani.
Senza l’espansione Islamica rallentata, nel 20° secolo gli Igbo in Nigeria si convertiranno all’Islam.
Gli Igbo hanno una cultura basata sulla responsabilità, con elementi democratici e rispetto per l’istruzione, cosa dimostrata dal fatto che gli emigrati igbo hanno successo nei paesi stranieri e nella moderna Nigeria.
In questa TL gli Igbo si integreranno nell’Impero Fulani hausa della Nigeria settentrionale, si ribelleranno e creeranno un impero più grande che unificherà l’Africa occidentale, creando un vero Impero Romano dell’Africa occidentale.
Questo è il progresso a cui si assiste facendo una media di tutte le storie delle altre civiltà.
Una volta che il centro della popolazione dell’Africa occidentale verrà posto in Nigeria sarà così lontano dal Nord Africa e dal Maghreb da renderlo completamente indipendente dalla società Islamica mediorientale.
L’Africa occidentale in questo mondo formerà nel 21° secolo una civiltà completamente diversa separata dalla Cristianità, dalla Cina o dall’India.
L’Impero Igbo sarà una società più centralizzata, burocratica e incentrata su un dio-re con poteri limitatissimi, seguendo la progressione degli imperi in questa regione.
L’Igbo diventerà la lingua franca, e il fiume Niger diventerà l’arteria principale dell’impero.
Alla fine, quando l’impero diventerà corrotto e diviso come quello romano, i barbari dal Sahara e i cavalieri berberi lo distruggeranno.

Parte 3: gli Stati Uniti d’Africa
Stavo guardando la mappa soprastante degli anni ’60 su come pensavano che sarebbe stata l’Africa nel 2000.
Ci sono un sacco di cose strane da esaminare in questa mappa, ma la cosa più grande che mi ha colpito sono gli Stati Uniti d’Africa.
Ho fatto parecchie ricerche, e ho scoperto che negli anni ’20 esisteva un progetto nazionalista nero di creare uno stato panafricano chiamato Stati Uniti d’Africa.
Promosso dal nazionalista nero giamaicano Marcus Garvey, sarebbe affascinante pensare a cosa sarebbe potuto succedere se si fosse realizzato.
Ecco il mio folle scenario su come crearla: l’Università di Parigi crea una facoltà di studi neri durante la Prima Guerra Mondiale come mossa di pubbliche relazioni per far sì che le colonie africane sostengano la guerra.
La facoltà si riempie di nazionalisti neri che iniziano a chiedere l’indipendenza e l’unità africana.
La successiva generazione di leader africani si istruisce in università come questa, perciò viene indottrinata con questa ideologia panafricanista che diventa un blocco e un gruppo di interessi ideologico più grande.
Quando la Francia concede l’indipendenza alle sue colonie fa sì, visto che la leadership africana rifiuta di essere divisa, che tutte le sue colonie dell’Africa occidentale siano un unico enorme paese, così come era organizzata in origine l’Africa Occidentale Francese, invece di creare un mucchio di stati più piccoli.
Un leader carismatico come el-Nasser o Sukarno prende il potere, guidando un enorme stato con base a Dakar.
Il modo in cui arriviamo a questo è far sì che suddetto leader carismatico nazionalista nero dell’Africa francese riesca anche a far leva sul nazionalismo nero nelle colonie inglesi e costituisca una specie di unione.
Questo stato non avrebbe funzionato, è geograficamente troppo grande ed è diviso tra migliaia di gruppi religiosi ed etnici, le ferrovie di queste regioni conducono tutte a porti, non ad altre colonie, e la regione praticamente non ha alfabetizzazione, denaro o coesione.
Inoltre gli Statunitensi e i Francesi gli avrebbero messo i bastoni tra le ruote, dato che un altro importante fattore dei primi movimenti d’indipendenza fu il sostegno al Socialismo del Terzo Mondo, perciò lo stato sarebbe diventato un tiepido alleato dell’Unione Sovietica, e questo avrebbe causato il sostegno a gruppi ribelli all’interno di esso.
Il Socialismo del Terzo Mondo fu anche un enorme fallimento economico, perciò l’economia di questa regione sarebbe stata un fisco completo, come avvenuto in ogni nazione Socialista del Terzo Mondo.
Osservare il collasso di questo stato sarebbe stato molto interessante, la caduta di questo impero sarebbe risultata in uno screditamento degli stati più piccoli che si sono formati nel nostro mondo, come il Togo e il Burkina Faso, screditando l’idea di uno stato in generale in questa regione.
Vedremo la regione precipitare nella guerra, con alcune delle potenze più grandi che riusciranno ad esercitare la propria influenza, in maniera simile a come di solito avvengono queste cose.
Vedremo alcuni gruppi etnici come i Fang, che sono divisi fra tre nazioni, sviluppare degli stati-nazione basati sui loro modelli tribali tradizionali.
Vedremo Dakar ottenere potere in qualità di vecchio centro di esso nello stesso modo in cui lo ottenne Kinshasa per essere tecnicamente al comando di tutta la Repubblica Democratica del Congo.
La Nigeria, per esempio, verrà divisa in perlomeno tre parti, una igbo, una yoruba e una hausa, con la regione igbo ricca di petrolio che sarà un’alleata dell’occidente.
Similmente, l’unica vera forza unificante oltre alle lingue europee è l’Islam, e vedremo un’alleanza nei pressi del Sahara e in parti del Sahel tra le nazioni Islamiche, che creeranno una specie di accordo le une con le altre muovendosi anche guerra tra di loro ogni tanto.

Parte 4: il Sudafrica anglosassone
Il Sudafrica diventò quasi un’Australia, per essere sinceri all’epoca della colonizzazione le condizioni dei due paesi erano quasi esattamente le stesse.
In entrambe le circostanze le popolazioni native vennero quasi interamente spazzate via dalle malattie, e poi vi si trasferì una popolazione di coloni europei.
La differenza fu che il Sudafrica venne colonizzato dagli Olandesi, e l’Australia dagli Inglesi, che erano dei colonizzatori molto diversi.
L’Olanda era più una plutocrazia, le sue colonie venivano gestite in modo da far guadagnare quanto più denaro possibile all’élite.
Possiamo vedere questo, per esempio, nella New York olandese, dove il territorio intorno alla città era diviso fra ricchi proprietari terrieri olandesi che importavano locatari che lavorassero per loro.
C’erano molti Olandesi poveri che volevano immigrare in America, ma questo avrebbe voluto dire più mani in ballo per gli Olandesi ricchi già attivi a New York, perciò l’immigrazione veniva scoraggiata.
Gli Inglesi, invece, scaricarono tre quarti di milione di persone nelle loro colonie in Nord America e gli dissero semplicemente di arrangiarsi.
In Sudafrica gli Olandesi istituirono un sistema schiavistico nel quale importavano schiavi dall’Africa occidentale perché lavorassero nelle piantagioni.
La schiavitù limita sempre le capacità degli immigranti più poveri, il che scoraggiò l’immigrazione in Sudafrica, cosa che fece sì che la colonia avesse una piccola popolazione.
Il Sudafrica che si formò in seguito fu uno stato di Apartheid razzista basato sul lavoro a basso costo degli Africani.
Comunque, diciamo che in questa TL gli Inglesi conquistano il Sudafrica durante la Guerra d’Indipendenza Americana, dove stavano combattendo gli Olandesi: in seguito vi scaricano un buon quantitativo dei detenuti che nella nostra TL avrebbero mandato in Australia, trasformando così il Capo di Buona Speranza, che aveva una piccola popolazione di 50.000 persone nel 1800, in un paese anglofono a maggioranza bianca.
Le colonie anglosassoni avevano un tasso di nascite enorme, e lo avrebbe anche il Sudafrica, col Capo di Buona Speranza che ad inizio 19° secolo avrebbe una popolazione di milioni di abitanti.
Questo accelererà una grande migrazione verso nord, in parte simile a quella degli Olandesi nella nostra TL per sfuggire all’egemonia inglese ma anche per far fronte alla crescita demografica inglese.
Quando si addentreranno nei tropici i Sudafricani si imbatteranno nelle più popolose e più sviluppate popolazioni Bantu, che di fatto erano resistenti alle malattie europee, l’esempio più notevole delle quali erano gli Zulu.
I Sudafricani anglosassoni commetteranno orribili atrocità per assicurarsi le terre migliori, rinchiudendo in riserve la popolazione nera nativa.
Con l’invenzione della ferrovia e di medicine migliori l’Africa diventerebbe colonizzabile, perciò vedremo un’immigrazione di bianchi verso gli altopiani delle regioni temperate dell’Africa meridionale, come lo Zimbabwe, e li vedremo conquistare parti dell’Angola portoghese, che era una colonia ridicolmente debole, stabilendosi nelle regioni montuose temperate.
Anche il Katanga e il Congo diventeranno un protettorato per via delle loro ricche risorse, e verranno utilizzati per coltivare cash crop a causa del loro suolo fertile.
Si svilupperà una strana situazione, dove vedremo enclavi bianche nelle zone temperate dell’Africa meridionale con tecnologia e agricoltura molto sviluppate, collegate tra di loro dalla ferrovia, con grandi popolazioni africane nel mezzo.
Questo regime probabilmente sarà brutalmente razzista, anche se gli Anglosassoni probabilmente non raggiungeranno i livelli dell’Apartheid.
Probabilmente si svilupperà un sistema classista profondamente ipocrita alla tradizionale maniera inglese, nel quale ai neri verrà dato il diritto di voto se si istruiscono e poi l’istruzione verrà negata alla vasta maggioranza di Africani.
Similmente, ci saranno grandi protettorati neri nelle aree che i bianchi non vorranno, come il Botswana e il Malawi, che dovranno essere pacificate per raggiungere il Katanga e la Rhodesia.
Questa regione probabilmente sarà un po’ come il sud degli Stati Uniti, nel quale le enormi disparità nella ricchezza fra bianchi e neri erano così gravi da avvelenare le relazioni tra le classi e le razze, abbassando così la coesione sociale e indicatori come l’istruzione, le politiche pubbliche ecc.
Non so dire se questo sarà uno stato di Apartheid o se si raggiungerà una sorta di accordo, nella nostra TL gli Anglosassoni in Sudafrica cercarono in generale di raggiungere una sorta di accordo razziale sostenendo il voto dei neri, ma non so se in questa TL ciò si allineerà con i loro interessi, al punto da sostenere un regime di Apartheid.
Se falliranno, probabilmente affronteranno insurrezioni Marxiste e nazionaliste nere all’interno dei loro protettorati che richiederanno delle forze armate grandi e aggressive.
Sulla scena internazionale questo stato anglosassone sarà chiaramente un alleato inglese durante le guerre mondiali, nonché statunitense, a meno che il suo status razziale non sia brutale quanto il Sudafrica dell’apartheid.
Anche così sarà un importante mediatore di potere nella regione sudafricana.

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Passiamo alla proposta di Simone Torresani:

Impero d'Etiopia, anno 2012

L'Etiopia ha una superficie di oltre 1.220.000 kmq ed ha un clima nettamente diviso in due stagioni, la secca e la piovosa. Più che dalla latitudine, il clima etiopico é influenzato dalla altitudine: vi si possono trovare infatti 3 fasce climatiche, una al di sotto dei 1200 m, una dai 1300 ai 2300 circa e una di alta montagna oltre i 2500 metri. Addis Abeba stessa é situata a poco meno di 2000 m di altezza.

Tuttavia sono le fasi regolari del monsone oceanico africano a determinare la maggiore o minore quantità di pioggia che, in uno Stato dove l'80 % della popolazione é rurale, é più che necessaria: é letteralmente vitale.

La debolezza dei monsoni ha provocato storicamente in Etiopia diverse siccità, a cui subentravano pesantissime carestie. Quella iniziata nel 1972-73 provocò oltre 120.000 morti in pochi mesi e fu sempre negata da Hailé Selassié I, che non aprì gli occhi neppure dinnanzi alla drammaticità dell'evidenza.

Nel 1973 l'Etiopia cadde in una tremenda spirale di crisi economica ed agricola, che portò il già disastrato e fragile Stato a un passo dalla bancarotta. Ben presto, nella primavera del 1974, ad Addis Abeba e nelle altre città vi furono scioperi di tassisti, di studenti medi e universitari e sommosse di poveri. Quando l'esercito (già salassato in Eritrea) smise di ricevere la paga, anche ufficiali e soldati complottarono contro il Trono del Leone di Giuda.

Per il Comitato militare del "DERG" fu un gioco da ragazzi, il 12 settembre del 1974, presentarsi nella sala del trono e leggere un comunicato di deposizione all'82enne Hailé Selassié, il cui potere si stava sfaldando di giorno in giorno. L'ex imperatore fu messo agli arresti, l'impero tramutato in repubblica e da qui nacque quel regime mezzo marxista e mezzo militare che trascinò il Paese in un tunnel sino alla sua caduta nel 1991 e alla nascita di una parvenza di democrazia. Per inciso, già a dicembre 1960 l'esercito tentò un golpe prendendo in ostaggio il figlio del negus, Asfa Wossen, ma il putsch fallì nel sangue.

Ma cosa sarebbe successo se...

Bandiera dell'Impero d'Etiopia

POD: a febbraio 1974, col paese piegato dalla carestia nelle campagne (oltre 120mila vittime, milioni di etiopi a rischio fame) e le città scosse da crisi e disoccupazione e malcontento politico, il pur antiquato e assolutista negus capisce che il suo tempo é finito.

Per salvare il millenario trono del Leone di Giuda e conservare la forma monarchica all'Etiopia, Hailé Selassié a sorpresa indice un Consiglio della Corona straordinario in cui legge un documento col quale dichiara di abdicare.

Ad essere designato erede é il 57enne figlio Asfa Wossen, nato nel 1917.

Con un annuncio a caratteri cubitali sull'Ethiopian Herald e un telegiornale straordinario sull'unico canale TV (per quei pochi che la possiedono) il palazzo imperiale formalizza la decisione al popolo.

L'annuncio dell'abdicazione ha il potere di calmare provvisoriamente le inquietudini degli studenti universitari di sinistra di Addis Abeba e dei disoccupati e delle fasce degli emarginati urbani, mentre nelle regioni più remote e arretrate la notizia arriva con giorni di ritardo e provoca indifferenza totale.

Anche in Eritrea, da tempo in rivolta armata, la notizia ha il potere di far sospendere le operazioni al Fronte di Liberazione Popolare, in cui si sta distinguendo un 29enne tra i leaders: Isayas Afwerki.

Tutti infatti vogliono vedere cosa succederà davvero ed é presto detto: il 5 aprile 1974, con una solenne cerimonia nel Vecchio Ghebì di Addis Abeba, il vecchio monarca assoluto cede i poteri al figlio e si ritira in una sua villa nella città di Harar, ospite di uno dei suoi nipoti, ossia il duca di Harar, conducendo vita privata, sino alla morte che giungerà come nella nostra TL il 27 agosto 1975.

Il 5 maggio, Asfa Wossen si fa incoronare nella Cattedrale di San Giorgio dal clero copto, con una cerimonia sfarzosissima che irrita di molto il popolo, sofferente per crisi alimentari, disoccupazione e povertà.

Con decreto del 6 maggio, Asfa Wossen prende il nome di Menelik III.

Menelik III é di fronte a un paese nel caos, con l'80% di analfabeti, alcune regioni ferme ai tempi della Bibbia, alle inquietudini dei giovani che non sopportano più un sistema feudale ormai obsoleto.

É l'esercito poi a dare i grattacapi maggiori, con gli ufficiali progressisti guidati da un certo Menghistu H. Maryam che il 29 luglio si ammutinano nella città di Diredawa e in due caserme di Addis Abeba. Menelik III é preso alla sprovvista, ma ben presto chiede aiuti ai suoi veri amici, Israele (i cui istruttori militari hanno in mano l'aviazione) e gli USA (che hanno in mano la fanteria) -Ben presto l'aviazione fedele all'imperatore bombarda le caserme in rivolta e i parà (si é sempre sospettato che assieme ai 200 parà etiopi che presero parte al raid ve ne fossero stati anche altrettanti israeliani) piombarono su Diredawa in rivolta, che venne "pacificata" dopo duri combattimenti di strada tra il 1 e il 6 agosto: Menelik III, col trono scricchiolante, fu spietatissimo: ben 1. 300 i morti accertati (al 40% ribelli, il resto civili).

Poiché Diredawa il 13 agosto si ribellò ancora all'imperatore, questi ebbe la mano ancor più greve. In due settimane di scontri, altri 2. 500 morti e circa 3. 000 arresti . Ci pensarono i tribunali poi a condannarne ben duecento a morte.

Anche ad Addis Abeba, l'esercito, ora in mano al generale Andom, ricoperto d'oro e di favori dal monarca, fu spietato: gli studenti vennero falciati a mitragliate (70 morti) , i carri armati si schierarono dinnanzi al Ghebì (palazzo imperiale) e l'aviazione fece una prova di forza bombardando Asmara, Assab, Massaua e Nakfa in Eritrea (complessivamente, 400 morti civili) e le truppe speciali addestrate dagli USA lanciarono una offensiva verso Badme, occupata dagli uomini di Afewerki.

Al 30 settembre, l'Etiopia era in stato di legge marziale, con le università chiuse, lo stato d'assedio in Eritrea, nella Capitale, a Diredawa e ad Harar e lo stato di emergenza in altre 3 regioni, la censura inasprita e i confini chiusi.

Il 24 ottobre, Menelik III apparve in TV. Ormai tutti i suoi consiglieri si erano resi conto che per sopravvivere, il regime doveva riformarsi. In un discorso-fiume, serissimo e ieratico, il sovrano parlò di un "calendario di modernizzazione imperiale" in cinque tappe:

1) Creazione di consigli di amministrazione cittadina con suffragio popolare
2) Limitata riforma agraria
3) Piano di infrastrutture per assorbire la disoccupazione
4) Allentamento della censura
5) Rimpasto nei vertici della banca centrale e in tutto il governo

Menelik III il 3 novembre sciolse il Governo e dal 4 novembre al 1 settembre 1975 agì con una miriade di decreti.

Il Decreto del 17 marzo '75 creò dei Municipi urbani in tutte le comunità etiopi: sindaco e giunta di assessori erano eletti dal popolo a suffragio ogni 6 anni basandosi su liste di candidati e gruppi (non partiti) che dovevano fare una campagna elettorale. Le prime elezioni, fissate in tutto lo Stato il 13 febbraio 1977
Il Decreto "sulla terra" del 4 giugno toglieva il 10% degli ettari a tutti i ras e i feudatari e li ridistribuiva a contadini in base ad alcuni requisiti (la capacità di coltivarli, etc) che erano riconosciuti da commissioni imperiali.

La Chiesa Copta perse il 45% della sua estensione di terreni e il negus la indennizzò parzialmente.

Un Decreto del 22 agosto, poi, finanziò una commissione dei Lavori Pubblici, diventata il 30 sett. Ministero dei Lavori Pubblici.

Tutti i ministri vennero sostituiti e i vertici della banca centrale terremotati il 28 novembre.

Il 31 gennaio 1976 la Banca Centrale ritirò il vecchio birr dalla circolazione e lo sostituì col nuovo birr, con un rapporto di 100: 1, facendo calare per lo meno l'inflazione.

Nominato un economista a ministro delle finanze, un certo Meles Abbam, lo spedì all'FMI per richiedere un maxiprestito.

In politica estera, con la Somalia alleata dell'URSS, Menelik III sfruttò la guerra fredda e le paranoie statunitensi, per accreditarsi come amico e contrappeso nell'Oceano Indiano degli USA.

Il 13 febbraio 1977 in effetti vi furono le prime elezioni urbane, con bassissima affluenza di voto. Alcuni professori universitari, ex oppositori e membri della limitata intellighenzija divennero sindaci di molte città. Per la popolazione alfabetizzata e moderna, fu comunque un segno di buona volontà e la figura imperiale ne uscì ancor più rafforzata in estate-autunno, con l'aggressione somala all'Ogaden.

Menelik III emulando il padre si mise alla testa di 100. 000 uomini, finanziato da USA e Israele, e condusse dure battaglie coi somali.

In questa TL la vittoria etiope fu schiacciante e la Somalia invasa, Mogadiscio minacciata di occupazione. Quando le truppe imperiali erano a 40 km da Mogadiscio, fu solo la voce grossa dell'URSS a salvare il suo alleato del Corno d'Africa.

L'accordo di pace tenne lo status quo ma Mogadiscio fu costretta a firmare un umiliante documento in cui rinunciava per sempre alle mire sull'Ogaden.

Menelik III ringraziò i suoi mentori di Washington concedendo una base aerea in Dancalia e Washington ammorbidì l'FMI che sbloccò tre generose tranches di aiuti ad Addis Abeba.

Dal 1978 al 1981 l'imperatore condusse tra alti e bassi la riforma agraria, non disdegnando di arrestare e processare 4 ras ribelli (2 fucilati) e a scontrarsi con la potente Chiesa Copta.

Nel 1982-83 partirono i lavori per una ferrovia Addis Abeba - Asmara e per un ammodernamento della rete stradale: in due anni, gli imponenti lavori pubblici fecero sì crescere il PIL e calare la disoccupazione, ma indebitarono esponenzialmente lo Stato.

Intanto, dal 1980, Menelik III aveva lanciato, pur con prudenza, una campagna di alfabetizzazione ("ma non troppo!" confessò a un ministro) che fece calare gli analfabeti dall'85% del 1980 al 60% del 1990.

Fu ancora la siccità del 1984 a guastare i piani imperiali: nel 1985 la carestia colpì milioni di etiopi e l'FPLE ne approfittò per sferrare una massiccia campagna antietiope in Eritrea.

Se in dieci anni il paese si era modernizzato con strade e lavori pubblici é vero che nelle campagne dominavano ancora i ras, che la chiesa aveva una importanza eccessiva e che lo Stato era a un passo dalla bancarotta
Menelik III, nel 1987, preferì abdicare e passare la patata bollente al figlio di un cugino, il duca di Harar, che si insediò al trono come Giovanni V il 9 luglio 1987, in una variopinta cerimonia fiabesca e obsoleta che attirò in Etiopia cronisti da mezzo mondo.

Giovanni V nel 1988 andò a Roma dal papa Giovanni Paolo II dichiarando "ampie convergenze sull'ecumenismo"; nel 1989 visitò Washington, Ottawa, Parigi e Londra, ricevendo le visite dei leader di Francia, Germania Ovest (accordi commerciali) e Turchia in Etiopia.

Il governo insomma all'estero era credibile, ma il fronte interno precipitava. All'FPLE si univa un "Fronte Repubblicano", che univa tutti gli scontenti, guidato da Meles Zenawi, che si alleò con Afewerki.

Nel 1990 vi furono jacqueries nelle campagne contro i residui del feudalesimo, con violenze e uccisioni di ras e di preti copti.

Addis Abeba vedeva a ottobre 1990 una maxi rivolta studentesca e delle opposizioni, guidate dal sindaco e dai municipi, unico sfogatoio di un regime assoluto.

Dopo un decennio di crescita, l'economia segnava il passo e l'indebitamento estero era alle stelle, tanto che nel 1990 Giovanni V dovette accettare un piano di riaggiustamento strutturale dell'FMi che nel 1991 provocò una insurrezione in massa in Eritrea, ormai quasi persa. Afworki combatteva in Eritrea e Zenawi lanciò una offensiva verso HArar, che cadde il 15 aprile 1991.

Per Giovanni V la scelta era tra queste due: o perdere l'Eritrea o perdere tutto.

Si decise a perdere l'Eritrea, avviando a giugno accordi con l'FPLE che sfociarono nell'indipendenza eritrea il 28 maggio 1993.

Nel 1992 in Etiopia vi fu un nuovo bagno di sangue, con l'esercito che si spaccò in due e una violentissima guerra civile, durata sino al 1995, con lo stesso Giovanni V che si rifugiò in un bunker sul lago Tana.

Finì con una nuova pacificazione nel 1995 e con l'imperatore che venne costretto ad accettare i partiti politici e un parlamento.

Il triennio 1996-98 fu cruciale per l'Etiopia, che vide una nuova Costituzione che limitò i poteri imperiali e distrusse totalmente il feudalesimo e limitò i poteri della Chiesa copta.

Nel marzo 2000, le prime vere elezioni videro i 400 seggi del parlamento così ripartiti:

125 ai riformisti
170 ai democratici moderati
12 ai socialisti etiopi
58 ai nazionalisti
35 al movimento per il progresso

Ne nacque un governo moderato di centro, tendente lievemente al centro-sinistra, colla coalizione democratici e progressisti, primo premier fu G. Ahkmed.

Nello stesso 2000, rotti i rapporti con l'Eritrea, l'Etiopia fu impegnata in un conflitto inutile che fece migliaia di morti e si concluse solo nel 2003 con lo status quo.

Un successo fondamentale del governo Ahmed fu la laicizzazione dello stato tra il 2002 e il 2004 con alcune leggi che distrussero il secolare dominio della Chiesa Copta. Proprio durante le proteste del clero e dei fedeli copti, represse dalla polizia, moriva Giovanni V, il 7 novembre 2004.

Il 1 febbraio 2005 era incoronato il figlio, Haile Menghistu Michail, come negus, che assunse il nome di Menelik IV.

Intanto nel 2006 alle elezioni parlamentari, con un colpo di scena, il partito nazionalista, guidato da Zenawi, amnistiato nel 1995, prendeva il potere.

A Corte vi fu un attimo di panico, ma i nazionalisti avevano ormai perso la componente repubblicana: Zenawi si schermì, accettando il ruolo di ministro delle finanze e lasciando il premierato a Gjrma Wolde Gjorgis.

Il governo Gjorgis attirò alcuni investimenti esteri con politiche di sgravi fiscali, facendo crescere l'economia, potenziando le infrastrutture.

In politica estera, si ricordano gli interventi militari contro le coorti somale islamiche a Mogadiscio a fine 2007 e alcuni scontri di confine con l'Eritrea nel 2009.

In politica interna, Menelik IV ha voluto fare una prova di forza nel 2011, sciogliendo il governo Gjorgis - l'unico vero grande potere rimasto, per la costituzione, al monarca, é sciogliere il parlamento in determinati casi - adducendo ragioni di "paralisi governativa".

In realtà é stata una prova di forza tra la Corona e il regime parlamentare.

A parte alcuni deputati filomonarchici, la maggior parte dei partiti, al di là del colore politico, ha condannato l'atto arbitrario dell'imperatore.

Dopo 16 anni di calma, le strade di Addis Abeba si sono surriscaldate, con scuole in sciopero, uffici e negozi chiusi, anche i dipendenti municipali e i mezzi pubblici fermi.

Il 14 giugno 2011 la Guardia Imperiale (1.500 soldati fedelissimi alla monarchia) caricava un corteo nella capitale, ammazzando 7 persone e ferendone 80.

Violentissima la risposta popolare, culminata nell'assalto a uffici pubblici e nell'incendio di una delle proprietà imperiali. Il 20 giugno, Menelik IV si rifugiava nella residenza imperiale di Gonder.

Lo scorno fu più immenso il 18 settembre, allorché le elezioni politiche anticipate videro un trionfo del partito di Gjrmis, il quale signorilmente lasciò il posto al suo braccio destro, Negisso Gidada, attuale premier.

A ottobre imponenti dimostrazioni popolari bruciarono i ritratti di Menelik IV e a novembre circolarono voci di un golpe, che immancabilmente scoppiò il 6 dicembre, con un ammutinamento di fanteria nella capitale, ma furono solo alcuni e isolati reparti coinvolti. Il 2011 si chiuse con il ristabilimento della calma, ma il tempo di Menelik IV era finito.

Sempre per salvare il trono, Menelik IV il 28 gennaio 2012 abdicò in favore del fratello, che prese il nome di Teodoro III.

Incoronato il 19 marzo, il 30 giugno, durante una visita a Jima ha subito un attentato: lo scoppio di un'autobomba uccise 8 poliziotti e due civili, il monarca é rimasto illeso.

Nel settembre 2012, l'Etiopia affronta tutti i classici problemi di un paese del Terzo Mondo o, se preferite, "in via di sviluppo". Certo, é una monarchia costituzionale e l'analfabetismo é sceso al 36 %. Teodoro III, il "Leone di Giuda", siede su un trono molto meno saldo di quello degli avi. Si spera che abbia imparato la lezione e che governi da monarca costituzionale...

Simone Torresani

Per farmi pervenire il vostro parere, scrivetemi a questo indirizzo.

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Ed ecco la versione di questa ucronia ideata da Alessio Mammarella:

Il Negus non è morto!

31 agosto 1975. Molti telespettatori britannici sono davanti al televisore, attendendo l'inizio del telegiornale della BBC. All'improvviso però sugli schermi appare un anziano uomo di colore, dall'aspetto fiero, avvolto in una tunica candida. "Sono stato assassinato in modo indegno, eppure io sono qui, per il mio popolo". Subito dopo l'interferenza termina, appena in tempo per l'inizio del notiziario. L'avvenimento, ovviamente, non passa inosservato. Si è trattato di un'azione sovversiva? Di uno scherzo? Chi è l'uomo apparso in video?

Un buon numero di persone lo riconosce: si tratta nientemeno che di Hailé Selassié, Negus d'Etiopia. Tre giorni prima, il 28 agosto, è stata annunciata la sua morte, nel palazzo di Addis Abeba dove era tenuto prigioniero dei golpisti marxisti del DERG. Molti rastafariani non hanno dubbi: il Negus è stato certamente assassinato ed è risorto!

Ad Addis Abeba, la notizia non viene commentata ufficialmente, ma Menghistu, generale che ha fatto assassinare il Negus, è terrorizzato. Teme che il vecchio sovrano fosse protetto da qualche forma di magia, e che ora il suo fantasma provocherà chissà quali sciagure. Per il cadavere ha previsto la sepoltura sotto un bagno del palazzo imperiale, ma cambia idea, ritenendolo insufficiente: decide di far consolidare la bara dentro un blocco di cemento, e di imbarcarlo a bordo di una nave per una destinazione sconosciuta. Probabilmente, la nave si ferma in qualche punto dell'Oceano Indiano e lì lascia affondare lì il suo macabro carico.

L'anno successivo, i rastafariani di tutto il mondo si incontrano un una grande conferenza per celebrare l'anniversario del martirio e della resurrezione del Leone Conquistatore della Tribù di Giuda. Il Negus non è più apparso dopo l'interferenza televisiva del 31 agosto 1975, ma quell'apparizione è considerata sufficiente a rendere certa la sua resurrezione e ciò impone una revisione della dottrina e della liturgia dei veri ebrei. La comunità dibatte tra due posizioni. La prima è che il rastafarianesimo diventi in pratica simile al cristianesimo, con la notevole differenza di identificare in Hailé Selassié il Messia. La seconda invece cerca di conciliare il credo rastafariano con il cristianesimo ortodosso etiope: Hailé Selassié non è un Messia alternativo a Gesù di Nazareth, bensì la sua reincarnazione. Una "seconda venuta" che secondo la nuova dottrina sarà seguita da una terza presso gli ebrei. Quando avverrà anche quest'ultima, allora inizieranno gli eventi dell'Apocalisse di Giovanni. Questa posizione è quella che infine prevale, ed ha un grande impatto sul mondo delle religioni. Conciliandosi con il cristianesimo ortodosso etiope, la religione rastafari ambisce dichiaratamente alla conversione del popolo del Negus, estraneo al restafarianesimo. Dall'altra parte, numerosi predicatori protestanti diventano sospettosi di fronte alla nuova dottrina, temendo che il Negus che si dice risorto potrebbe essere nientemeno che l'Anticristo. Gran parte delle chiese protestanti comunque non crede alla veridicità della resurrezione di Hailé Selassié, quindi non considera i rastafariani un pericolo.

L'anno successivo iniziano le prime missioni di evangelizzazione in Etiopia, subito perseguite dal regime, ateo per scelta ideologica. Numerosi rastafari vengono catturati ed assassinati dalla polizia del regime. Anche il famoso cantante Bob Marley, illusosi forse di essere maggiormente protetto dalla sua fama artistica, si arrischia ad entrare nel paese. La sua morte genera un caso internazionale e l'Etiopia, sentendosi sotto pressione, pensa bene di ridurre il numero dei propri nemici. La prima mossa è quella di accordarsi con la vicina Somalia sull'Ogaden. Una piccola parte della regione contesa tra i due paesi passa sotto la sovranità somala, una rettifica di confine modesta e simbolica. La parte più importante dell'accordo è la concessione di una vasta autonomia all'Ogaden, determinando un assetto quasi federale dello stato etiope. L'anno successivo è la volta di un analogo accordo con gli eritrei.

Gli accordi con le più importanti fazioni separatiste consente al regime etiope di superare la pressione internazionale seguita al clamore per il caso Marley.

Nella comunità rastafari, tuttavia, la crudeltà del regime etiope ha lasciato un solco profondo: nel 1979 viene fondato l'Ordine dei Cavalieri di Sion, che assume l'incarico di proteggere i predicatori ed i pellegrini rastafariani. Ben presto l'ordine prende una piega sempre più paramilitare ed aggressiva, trasformandosi in un gruppo terrorista e guerrigliero.

Nel 1981 si verifica il primo attentato dell'Ordine contro il governo etiope. Nel 1991, dopo un decennio di guerriglia e attentati, il tiranno Menghistu è così indebolito da dover abbandonare la capitale e fuggire all'estero. L'Ordine prende possesso dello stato etiope, proclamando il rastafarianesimo religione di stato e invitando Amhà Selassié, figlio primogenito ed erede naturale di Hailé Selassié, a tornare nel paese per prendere in mano le sue responsabilità di regno. Dopo alcune settimane, il principe accetta di salire al trono, anche se si fa accompagnare da uno stuolo di consiglieri europei e da una nutrita guardia del corpo, probabilmente perché teme di trovarsi prigioniero di una organizzazione di fanatici religiosi.

Al momento dell'insediamento, il nuovo Negus si esprime con parole volutamente ambigue circa l'effettiva resurrezione di suo padre, per cercare di non scontentare né gli etiopi, molti dei quali sono diventati nel frattempo rastafariani, né gli stranieri, dai quali non vuole essere considerato né un pazzo, né un fanatico. Negli anni successivi, l'Eritrea, la cui popolazione è orgogliosamente musulmana e non vuole aderire al rastafarianesimo, ottiene l'indipendenza. Lo stesso accade per l'Ogaden, che nei primi anni 2000 diventerà il nucleo di una ritrovata unità somala.

Nel 1998, un anno dopo la morte di Amhà Selassié, un documentario della BBC svela che cosa è accaduto davvero nel 1975. Una servitrice del principe aveva notato per puro caso in strada un uomo quasi identico all'anziano Negus. Un venditore ambulante, nato a Brighton da una famiglia di origini africane non meglio chiarite. Il principe aveva deciso di usare l'uomo per un'azione clamorosa, destinata in generale a determinare interesse verso i fatti dell'Etiopia e in particolare a denunciare l'assassinio del Negus. In seguito, tuttavia, quella sorta di burla televisiva ha avuto conseguenze impreviste, come quella di trasformare i rastafarianesimo in una grande religione con decine di milioni di fedeli, e quella di accendere una vigorosa guerriglia contro il regime del malvagio generale Menghistu.

Il documentario, assurto a notorietà internazionale, ha anche ispirato un film commedia girato negli Stati Uniti dal famoso comico Sasha Baron Cohen, e risulta da poco in programmazione una serie TV sull'epopea della guerriglia rastafariana degli anni '80. La serie, decisamente violenta, racconta i rastafariani come dei fanatici in tutto e per tutto paragonabili agli integralisti islamici. Nessuno di questi prodotti è mai stato trasmesso in Etiopia, dove sono bandite, per legge, tutte le opere che raccontano la storia di Hailé Selassié e del rastafarianesimo in modo difforme rispetto alla dottrina ufficiale.

Nel corso degli anni 2000, l'Etiopia ha conosciuto una moderata crescita economica ed è diventata una monarchia costituzionale sul modello europeo. Dal punto di vista religioso vige una formale libertà di culto, ma la resurrezione di Hailé Selassié è considerata verità storica, è indicata come tale sui testi di storia per scuole e università ed è reato fare affermazioni negazioniste oppure trattare l'argomento con toni umoristici.

Nota: Il figlio del Negus era a Londra nel momento in cui si verificò il colpo di stato e suo padre fu arrestato e assassinato. L'idea è che, appresa la morte del padre, abbia voluto organizzare un'azione clamorosa per dare risalto alla questione. Verificando la situazione politica di quell'anno, mi sono accorto che la Gran Bretagna (ma anche l'Italia, paese potenzialmente interessato per ragioni storiche) era fortemente concentrata sui problemi economici interni, e non c'era particolare attenzione alle vicende africane.
Poi, chiaramente, il fulcro dell'ucronia è che questa azione abbia creato il mito della resurrezione del Negus. Quindi siamo al caso di una leggenda metropolitana che diventa verità per dei fanatici religiosi, con le conseguenze del caso.
Si ringrazia Dario Carcano per l'ispirazione!

Alessio Mammarella

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Quest'ucronia ne ha fatta venire in mente un'altra al grande Tommaso:

La Repubblica Eritrea

Nome ufficiale: Repubblica Eritrea
Capitale: Asmara
Forma di Governo: Repubblica Unitaria Parlamentare con Autonomie Locali
Presidente: Mesfin Hagos
Fondazione: 1955 con la fine del Mandato Italiano
Superficie: 110.000 km²
Abitanti: 7.260.000 al 31 dicembre 2018
Densità: 66 abitanti/ km²
Religione: Cristiani Ortodossi, Musulmani Sunniti, minoranze Cristiane Cattoliche, Animiste ed Ebraiche
Moneta: Lira Eritrea
Inno nazionale: "Eritrea, Eritrea, Eritrea."
Lingue: Italiano, Tigrino, Arabo.
Prefisso telefonico: +291
Targa automibilistica: ER
TLD: .er

Società: L'Eritrea è la più antica e stabile democrazia Africana, con una cultura del diritto delle donne a livello Europeo e delle persone LGBTQ più avanzata della media Africana (pur se sempre un po' indietro alla media Europea)

Economia: L'Eritrea sfrutta la propra posizione per fungere da snodo commerciale fra il Mar Rosso e il Mediterraneo; molto sviluppato è il Turismo. Pesca Agricoltura Intensiva e Attività estrattive completano il quadro

Cultura: L'Eritrea mescola Africa Arabia ed Italia nei propri costumi; il Calcio è lo sport nazionale e ci sono numerosi Musei, Moschee e Chiese

Politica: La Repubblica d'Eritrea ha lo stesso impianto istituzionale di quello Italiano, anche se un po' più efficiente nell'esecutivo (il primo Ministro nomina e revoca i ministri, c'è la sfiducia costruttiva , e non c'è il bicameralismo perfetto, il Senato di soli 60 Membri, eletti nelle sei Regioni (tutte a statuto speciale) non vota la Fiducia al Primo Ministro, ma vota la finanziaria. La Camera dei Deputati ha 180 membri, eletti con maggioritario a doppio turno, con un numero di seggi garantiti dalla percentuale ricevuta nelle regioni. Esistono 4 Partiti maggiori, il Partito Popolare Eritreo, il Partito Socialista Eritreo, il Partito Liberale Eritreo e il Partito Democratico-Nazionale Eritreoche prendono voti a livello nazionale. I Partiti, i Sindacati e le associazioni Culturali sono associazioni di diritto pubblico. La Magistratura è indipendente.

Capo del Governo: Primo Ministro Paulos Tesfagiorgis (PSE)

Forze Armate: Professionali e Volontarie; includono un Esercito, una Marina, un'Aviazione e una Guardia Civile simile ai nostri Carabinieri

Mappa dell'Eritrea odierna

Mappa dell'Eritrea odierna

Storia:
La storia della Repubblica d'Eritrea inizia nel 1946 quando viene affidata in mandato alla Repubblica Italiana. Il Generale Giovanni Messe viene nominato Governatore Generale dell'ex-colonia, ed è ricordato come il padre dello Stato Italiano; Messe riuscì a far digerire la cessione di Massaua e della regione circostante all'Etiopia; Il Generale favorì la transizione, con politici Etitrei frequentanti le scuole politiche dei partiti Italiani; vista la minoranza Italiana rimasta in Eritrea non c'è da stupirsi nella nascita dell'MSE (Movimento Sociale Eritreo), oggi rinominato Partito Democratico-Nazionale Eritreo. Le Prime elezioni generali, quelle per l'assemblea costituente si tennero nel 1953 e videro la vittoria di misura dei Liberali, alleati con i Popolari e, a sorpresa, con i Socialisti, che ruppero l'alleanza con i Comunisti; il Tripartito avrebbe governato fino agli 1965. Tale alleanza fu confermata nel 1955, sotto il Liberale Woldeab Woldemariam, Primo Ministro e il Pro-Etiopico Haregot Abbai primo Presidente della Repubblica eletto (Il Partito per l'Amore del Paese confluirà nell'MSE nel 1959) . Nel 1960 il Partito Popolare, guidato dal musulmano Ibrahim Sultan Alì supera il PLE e porta al governo il suo segretario; la politica del governo, fatta di riforme agrarie, industrializzazione, alleanza con gli Americani e gli Italiani e potenziamento delle infrastrutture non cambia, per quanto il governo Alì darà un impronta molto piu Arabo-Italiana al suo governo, a fronte dell'impronta Tigrino-Italiana data dal suo predecessore. la staffetta si ripeterà nel 1960. dopodiché nel 1962 Ibrahim Sultan Alì sarà eletto II Presidente della Repubblica, con scorno dei Socialisti, quindi nel 1965 il Primo Ministro sarà Tedla Bairù ex-Filo Etiope ; il mal di pancia Socialista si traduce in un risultato negativo alle elezioni del 1965 che causa la sostituzione dei Socialisti con i Misseni; la svolta a destra del governo provoca scioperi e proteste, ma non si radicalizza; nel 1968, alla morte di Messe gli vengono tributati onori di Stato e 3 giorni di lutto, come ad un ex Presidente della Repubblica; nel 1969 il Socialista Hamid Idris Awate è eletto III Presidente della Repubblica Eritrea, e nel 1970 l'alleanza fra Socialisti e Comunisti vince le elezioni; tuttavia l'Eritrea non esce dalla Nato, si limita a diminuire la partecipazione attiva; la politica estera Eritrea non cambia molto, in compenso la politica interna cambia; Viene costruito un sistema di protezione sociale senza paragoni in Africa, con Istruzione, Sanità e Previdenza Sociale estesa a tutta la popolazione; nel 1974 l'intelligence Eritrea di concerto con quella Italiana sventa i piani del Derg, e interviene con truppe per impedire l'occupazione di amssaua da parte dei militari golpisti (operazione in cui si distingue il Generale Aman Mikael Andom), ma il Negus deve abdicare, e suo figlio da finalmente inizio alle necessarie riforme. L'Etiopia beneficia molto dall'amicizia Etitrea; lo stesso anno l'Eritrea segna una storica prima partecipazione aduna finale mondiale di Calcio, venendo eliminata al primo turno. Nel 1976 Woldeab Woldemariam è eletto IV Presidente della Repubblica nell'ambito di un accordo fra Socialisti e Liberali, che nel 1975 ha consentito la nascita del II governo di Romadan Mohammed Nur; Nel 1980 è nata una coalizione inedita, con l'alleanza dei Popolari e dei Socialisti, guidata fino al 1990 da Herui Tedla, Socialista, che nel 1983 elessero V Presidente Osman Saleh Sadde, morto nel 1987 e sostituito da Nur, VI Presidente. Nel 1990 il Movimento Sociale cambia nome in Partito Democratico-Nazionale Eritreo, vince le elezioni in coalizione coi Popolari e porta Khalil Mohammed Amer al governo. Nel 1995 la coalizione di Destra ha vinto di nuovo le elezioni forte del bum economico e della riduzione delle imposte. L'Eritrea di Amer è stata fedele alleata degli Stati uniti e nel 1997 ha eletto Andom, l'eroe dell'intervento a Massaua come VII Presidente della Repubblica; Nel 2000 il Partito Socialista ha vinto le elezioni in coalizione con i Liberal-democratici (sinistra del PLE) e ha portato al governo Isaias Afewerki, autore di un programma di riforme massiccio. Nel 2004 il governo ha eletto l'VIII presidente della Repubblica Eritrea, nella persona di Mahmoud Ahmed Sherifo e ha ottenuto di organizzare la Coppa d'Africa di Calcio nel 2012, e i mondiali del 2020; nel 2010 la coalizione è confermata per la seconda volta, e nel 2011 Afewerki lascia la Presidenza del Consiglio dei Ministri per la Presidenza della Repubblica, IX a ricoprire la carica; alla Presidenza del consiglio gli succede Paulos Tesfagiorgis che ha rivinto le elezioni nel 2015 e nel 2018 ha sostituito Afewerki con Mesfin Hagos ex Socialista, ora Liberal-Democratico. X Presidente della Repubblica d'Eritrea, che nel 2019 è stato il 5° Capo di Stato Eritreo, dopo Alì, Woldemariam, Sadda e Afewerki a visitare l'Italia.

P.S. Credo che questa sia la mia prima ucronia in cui lo stato di cui parlo ha un territorio più piccolo nella mia TL che in quella originale...

Tommaso Mazzoni

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A questo punto Andrea Mascitti propone:

Nella nostra timeline nel corno d'Africa i paesi ufficialmente riconosciuti dalla comunità internazionale sono Etiopia, Eritrea, Somalia e Gibuti.
L'Eritrea ha ottenuto l'indipendenza dall'Etiopia negli anni '90 dopo una sanguinosa guerra civile
La Somalia (nata dall'unione della Somalia italiana e quella inglese) è purtroppo praticamente uno stato fallito e quella che era la Somalia inglese si è dichiarata indipendente come Somaliland, seppur non riconosciuta a livello internazionale.
Supponiamo un'Italia neutrale nella WWII sul modello spagnolo o portoghese, che mantiene le sue colonie.
Quello che era l'AOI, una volta ottenuta l'indipendenza (ipotizziamo come data il 1960), avrebbe cercato di costituirsi come un unico grande stato che comprendesse Etiopia, Eritrea e Somalia Italiana con a capo Selassiè o direttamente come una repubblica federale?
Oppure sarebbe andato incontro come nella nostra timeline a delle divisioni e quindi Etiopia, Eritrea e Somalia Italiana danno vita fin da subito a tre stati separati? In uno scenario del genere la Somalia Italiana e quella inglese non si sarebbero mai unite?

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Gli replica Federico Sangalli:

Mi azzardo a dire che penso che l'Eritrea non diventerà mai indipendente, anzi preferirà rimanere sotto controllo italiano, probabilmente come regione d'oltremare a statuto speciale. Rispetto a Somalia, Etiopia e Libia l'Eritrea non ebbe un movimento nazionalista-indipendentista praticamente inesistente e anzi si dimostrò molto sensibile alla penetrazione culturale italiana, al punto che fu l'unico territorio colonizzato la cui popolazione si convertì in massa al cattolicesimo (cosa che non avvenne né in Somalia, né in Etiopia, né tantomeno in Libia). Dopo la caduta dell'AOI gli ascari eritrei rifiutarono di unirsi ai "liberatori" inglesi e invece divennero parte della guerriglia italiana contro l'occupazione britannica. Gli eritrei non si vedevano affatto come etiopi e la decisione alleata di unirla ad Addis Abeba, solo l'ultima in una lunga storia di accorpamento di popolazioni che non avevano nulla a che spartire fra loro, fu vissuta malissimo. I capi e i fondatori del futuro fronte di liberazione eritreo erano tutti ex guerriglieri ascari che durante la guerra avevano lottato per mantenere la dominazione italiana, quindi mi aspetto che l'Eritrea alla fine voti per restare unita all'Italia, probabilmente come regione a sé con molte autonomie e guidato da un partito regionalista.

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Anche Basileus TFT dice la sua:

L'Eritrea resterebbe a braccia aperte con l'Italia, vuoi per una certa simpatia venutasi a creare fra i due popoli col tempo, vuoi perchè una nazione così povera se la caverebbe piuttosto male da sola. Otterrebbe lo status di regione a statuto speciale ed avrebbe due partiti principali: Partito Democratico Eritrero, liberale, laico e localista che vincerebbe le elezioni e avrebbe i suoi 1-2 seggi al parlamento di Roma; ci sarebbe poi il Fronte Islamico, islamico (appunto) e separatista che magari dopo un paio di attentati negli anni '70 convincerebbe l'Italia a ricoprire di sgravi fiscali la regione, facendone un piccolo paradiso fiscale e per le vacanze.
Come accennato, in Italia ci sarebbero parlamentari di colore già dagli anni '60 e lo xenofobismo sarebbe tutto incentrato sugli arabi e sui sudamericani. Se vogliamo essere ottimisti, un contatto profondo con l'islam locale creerebbe una situazione alla francese, dove gli imam eritrei vengono nominati dal parlamento italiano. I ristoranti eritrei sarebbero l'equivalente dei nostri cinesi attuali.

La Somalia di certo si unirebbe con quella britannica e manterrebbe le regioni assegnate dall'Italia. Con un maggior rapporto con la madrepatria di certo si evita una guerra civile lunghissima e l'avvento dell'Isis.

L'Etiopia è la vera sconfitta di questa giostra. La sua unica possibilità sarebbe mediare un'exit strategy dove l'Italia fa da garante per una nazione federale composta dalle vecchie province di Galla, Sidamo, Harar, Scioà e Amara.

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C'è spazio anche per un'altra ucronia di Simone Torresani:

L'ultimo Re di Scozia

Screditato e indebolito specialmente dopo il supporto ai dirottatori filopalestinesi nel luglio 1976 ad Entebbe, il regime di Idi Amin Dada, in Uganda, entrò in crisi irreversibile, preludio allo sfacelo dell'aprile 1979, quando una inopinata guerra contro la Tanzania di Nyerere costò la poltrona all'ultimo "Re di Scozia" (così si faceva chiamare, tra gli altri titoli buffoneschi, il logorroico e tenebroso dittatore ugandese).

Casus belli del breve conflitto (5 mesi) fu l'accusa di Amin a Nyerere di fomentare l'opposizione ugandese, che nell'autunno 1978 dilagò pure tra le truppe di Kampala, con diserzioni e ammutinamenti.

A nulla valsero gli appoggi di Gheddafi e dei volontari dell'OLP: con gli ugandesi in sfacelo, pure i libici tra il 10 e il 12 marzo subirono una batosta che aprì ai tanzaniani e ai ribelli ugandesi la via di Kampala e causò la fuga di Amin.

Ma...

POD: il 10 aprile 1979, le truppe libiche intrappolate a Jinja invece che rimpatriare transitando pacificamente per il Kenya, si scontrano - provocazioni? incidenti? - presso la cittadina di confine di Tororo con reparti kenyoti.

Dapprima una scaramuccia, la battaglia si ingigantisce e il 12-14 aprile i combattimenti provocano, tra i 3.500 libici, almeno 400 vittime e 1.500 prigionieri.

Per Gheddafi, che il 12 del mese ha ricevuto il fuggiasco Amin, è uno smacco intollerabile e ben presto un ponte aereo invia, in 45 giorni, 10.000 militi libici, suddivisi in 2 brigate: la prima si scontra con i ribelli a Kampala, la seconda sempre a Tororo prende contatto con i kenyoti e dopo una durissima battaglia, sconfina nello stesso Kenya.

Il 30 aprile a Nairobi, i presidenti Nyerere e Arap Moi (tanzianiano e kenyota) stipulano una alleanza difensiva e accusano Gheddafi, chiedendo una sessione straordinaria dell'Organizzazione per l'Unità Africana e anche una sessione del consiglio di sicurezza ONU.

Museweni, il leader dei ribelli ugandesi, promette appoggio a Kenya e Tanzania e sferra, il 4 maggio, un duro assalto contro i libici a Entebbe, a sud di Kampala, ove il 6 si lotta per il controllo dell'aeroporto, che il giorno 7 cade però in mano libica.

La diplomazia internazionale è lenta, a parte prese di posizione dell'URSS a favore della Libia e una proposta di mediazione, il 12 maggio, del segretario di stato USA.

Il 13, con i libici penetrati 20 km nel Kenya, Arap Moi dichiara guerra a Gheddafi, seguito il 15 da Nyerere.

Il 18 si apre in sessione straordinaria l'O.U.A. ad Antananarivo, in Madagascar, con subito scintille tra libici - il cui leader Gheddafi si rifiuta di andare e delega alcuni ministri - e Nyerere mentre nei seggi ugandesi non si sa quale sia il referente, in quanto alcuni Stati (Libia, Somalia, Centrafrica, Sudan, Mauritania, Guinea Equatoriale) continuano a riconoscere Amin.

Il 22 un duro scontro tra Siad Barre e Arap Moi ha per conseguenze l'abbandono della Somalia, che il giorno 26 invia un monito a Nairobi e mobilita l'esercito, chiedendo alcune regioni di confine.

Arap Moi risponde che non un solo lembo di terra sarà ceduto e il 1 giugno la parola passa alle armi: 30.000 somali passano il confine, ormai il Kenya è invaso anche a nord con le truppe somale che puntano su Dadaab, contrastate da 28.000 tra kenyoti e tanzaniani.

Razzie, saccheggi, stupri contraddistinguono questa fase sia sul fronte ugandese che kenyota.

Con le grandi potenze ancora incerte e insicure su cosa fare, il 17 giugno 1979 non solo la conferenza OUA si insabbia nel nulla ma le milizie somale cingono d'assedio Dadaab, che dopo cannoneggiamenti e colpi di bazooka e katjuscia, cade il 26, con uno spaventoso massacro di civili e incendi.

Il 23 intanto i libici vincono a Kisumu e i kenyoti-tanzaniani sono allo stremo, il Kenya in balia delle truppe estere.

Il 3 luglio, il disastro continua quando gli etiopi di Menghistu ne approfittano per regolare i conti coi somali nell'Ogaden e si riaccende un terzo fronte.

Il 9 luglio, aerei etiopi bombardano Mogadiscio (120 morti) e si combatte in tutto l'Ogaden.

Il 15, i libici - ormai 25.000 nell'Uganda - circondano e assediano con colpi di mortaio, cannoni e obici Kampala, difesa dalle truppe di Museweni.

Al 20 luglio 1979: libici + sostenitori di Amin + somali (Siad Barre, accordo militare con Gheddafi) contro ribelli antiAmin + kenyoti + tanzaniani.

L'Etiopia fa per conto proprio e in agosto deve anche fronteggiare una recrudescenza della guerriglia eritrea.

Il 10 agosto ribelli ugandesi in fuga sconfinano in Ruanda, mettendo al sacco alcuni villaggi e facendo attizzare le violenze interetniche tra tutsi e hutu, che dopo ferragosto si estendono in Burundi, con un golpe militare degli hutu che in 15 giorni fa ottomila vittime.

Ormai le Potenze non possono più stare alla porta e l'URSS si leva in difesa diplomatica, paventando anche quella militare, della Libia sempre più impelagata nel Kenya e nell'Uganda (nuove battaglie e continui arrivi di militi) e a sostegno dell'Etiopia.

Gli USA intimano all'Etiopia di sgomberare la Somalia (invasa nell'Ogaden) e inviano la VII flotta nell'Oceano Indiano.

E a questo punto... che succede?

Simone Torresani

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Gli risponde Enrico Pellerito:

So che ormai vengo considerato un bastian contrario quando si affrontano argomenti militari, ma con il permesso del signor Torresani vorrei puntualizzare alcuni aspetti.

1) Considerando che i fatti avvengono già con Kampala in mano a Tanzaniani e ai ribelli ugandesi, Entebbe è fuori gioco e il ponte aereo tra Libia e Uganda, fattibile, ma certo con l'appoggio sovietico, dovrebbe avvenire utilizzando gli aeroporti del settentrione; se però la memoria non mi induce in errore, questi siti non erano affatto adatti all'atterraggio di grossi aerei da carico, idonei al trasporto di mezzi blindati e di automezzi, per cui le truppe libiche giunte in Uganda, con quali mezzi dovrebbero essere portate verso sud? Possono utilizzare quanto messo loro a disposizione dall'esercito ugandese presente in zona, che però è in rotta e dubito possa avere sufficienti mezzi; possono sequestrare mezzi ai civili, ma non credo ci sia abbastanza per trasportare 10.000 uomini e i loro equipaggiamenti (truppe che dovranno essere riforniti, man mano che le risorse verranno sfruttate nei combattimenti).

2) L'esercito tanzaniano era di discreta qualità e lo ha dimostrato nella realtà, ma quello keniota lo era anche di più e ben dotato di mezzi corazzati; certo li si può affrontare con le armi anticarro leggere che, però, non sono certo bastevoli per contenere la pressione dei carri da combattimento.

3) su queste premesse, la vedo parecchio difficile riuscire ad arrivare, passando di successo in successo, fino a Kampala e poi ad Entebbe (che una volta conquistata sarebbe certamente utile per far arrivare mezzi blindati aerotrasportati).

In tutto questo, solo un intervento diretto di truppe cubane, di qualità di gran lunga superiore rispetto a quelle libiche, potrebbe fare la differenza per riequilibrare la situazione e riuscire a mettere in crisi l'esercito keniota.

Per cui prendiamo nota che qualcosa del contingente cubano, impegnato fino all'anno prima in Ogaden contro i Somali, dovrebbe essere disponibile nella vicina Etiopia.

Se le condizioni politiche lo consentono (e qui dovremmo vedere quanto il Cremlino è disposto a rischiare di alimentare la crisi che può davvero sfociare in qualcosa di "pesante") il ponte aereo dalla Libia dovrebbe venire indirizzato direttamente nel paese guidato da Menghistu, che metterebbe a disposizione delle forze di Gheddafi veicoli da combattimento blindati e corazzati, prontamente ridipinti con i segni distintivi della Jamahiriya, aumentando il numero dei mezzi a disposizione dei Libici.

L'intervento cubano e (perché no?) etiope potrebbe avvenire in un secondo tempo, qualora l'azione libica non pervenga a risultati soddisfacenti.

Per l'Occidente, però, un conto è non preoccuparsi di una nazione come la Tanzania, socialista e facente parte dei "non allineati", altra cosa è il Kenya, dove Arap Moi è un dittatore legato a Londra e a Washington e i cui governi non lo lascerebbero nei guai.

Già a partire dagli scontri a Tororo, gli Usa interverrebbero con notevoli pressioni diplomatiche e, se non intenzionati ad intervenire in prima persona, avrebbero delegato ai Francesi, schierati nel Ciad (che, ricordiamoci, in quel periodo è già un grosso impegno per Gheddafi), di aumentare la pressione sul sud della Libia, stornando attenzione e preoccupazione del Colonnello.

Infine, mi pare poco plausibile che Siad Barre entri in guerra dalla parte di Amin e di Gheddafi, fra l'altro solo a seguito di un litigio con Arap Moi, dato che in quel periodo il Presidente somalo si era avvicinato agli Usa, che gli avrebbero "consigliato" da quale parte, eventualmente, schierarsi.

Ciò non impedisce che, parallelamente al conflitto in Uganda, non possa riaccendersene un altro in Ogaden.

La tensione può salire fino a coinvolgere i "Grandi" e sarà necessario trovare una soluzione, a meno che non si vuole andare allo scontro diretto.

Se poi avvengono gli sconfinamenti in Ruanda, le cose non si complicano più di tanto; un nuovo focolaio che comporta stragi di civili interessa poco alla cinica opinione mondiale.

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E Bhrihskwobhloukstroy aggiunge:

Se il Golpe in Burundi è dopo Ferragosto e « in 15 giorni fa ottomila vittime », siamo almeno al 31. agosto; il 14. settembre viene ucciso Nūr Muḥammad Tarakī nel Colpo di Stato di Ḥafiẓullāh ’Amīn in Afḡānistān e il Politbjuro era ancora diviso sull'opportunità di intervenire, figuriamoci in Africa Orientale...

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E ora, la parola a Generalissimus:

Il Primo Ministro della Repubblica Centrafricana Barthélemy Boganda aveva ideato un piano per unire tutti i paesi Francofoni dell'Africa centrale negli Stati Uniti dell'Africa Latina, una confederazione da contrapporre al Sudafrica, alla Federazione della Rhodesia e del Nyasaland e agli altri stati anglofoni che avrebbero circondato il nuovo stato.
Boganda però morì nel 1959 in un misterioso incidente aereo, e con lui perì il suo sogno.
Ma se vivesse altri 20 anni e portasse avanti il suo progetto? (qui sotto vedete una possibile bandiera della Federazione dell'Africa Latina)

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Perchè No? osserva:

Per me il problema per me sta in questo: come reagisce la Francia.
Se sostiene l'idea, allora tutto il progetto sarebbe probabilmente come la Francia Equatoriale Francese rediviva e l'espressione post-coloniale del peso della Francia in Africa. Altro che Francofonia!
Se si oppone all'idea, allora farà di tutto per impedirlo e probabilmente riuscirebbe a silurare il progetto. Per impedire questo allora agli Africani francofoni servirebbe un padrone più potente, gli USA o l'URSS.

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Generalissimus gli replica:

La base di partenza degli Stati Uniti dell'Africa Latina sarebbe proprio l'Africa Equatoriale Francese.
Infatti la bandiera della Repubblica Centrafricana, ideata sempre da Boganda, rappresenta coi suoi quattro colori i quattro territori che la costituivano: blu per il Ciad, bianco per la Repubblica Centrafricana, verde per la Repubblica del Congo e giallo per il Gabon (la fascia rossa rappresenta il sangue versato per l'indipendenza).
Solo in seguito gli Stati Uniti dell'Africa Latina si sarebbero dovuti espandere fino a comprendere Angola, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Burundi, le parti Francofone del Camerun (con l'Ambazonia che sarebbe diventata indipendente) e la Guinea Equatoriale.
Quindi c'è anche il rischio che si trasformino in un'Africa Equatoriale Francese rediviva e burattino neocoloniale della Francia (con Boganda che muore comunque).

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E Federico Sangalli spiega:

I francesi e le multinazionali potrebbero anche acconsentire e fare dell’Africa Latina un nuovo Congo: uno stato immenso, ricchissimo di risorse minerarie ma poverissimo a livello sociale e incapace di controllare effettivamente il proprio territorio, sfruttato senza ritegno dalle grandi compagnie e dai loro eserciti privati.

In alternativa possiamo immaginare che De Gaulle muoia in un incidente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il Golpe del 1957, in assenza di un candidato politico dei militari, sfocia nel paventato Comitato di Salute Pubblica di generali intenzionati a tenere l’Algeria francese a suon di bombe e baionette. Boganda è o arrestato perché autonomista oppure si rifugia in un paese che gli dia asilo politico (Egitto, India ed Etiopia i principali indiziati), comunque sia non muore nel fatidico “disastro” aereo. Nel giro di un decennio la giunta collassa sotto il peso della guerriglia algerina e delle rivolte studentesche e nel conseguente vuoto di potere Boganda torna e riesce a unire i vari indipendentisti panafricani attorno al suo progetto. Punti bonus se il paese prescelto per l’esilio è l’India, così da dare modo al leader centroafricano di studiare le istituzioni federali, la politica aconfessionale e non etnica e l’economia mista del grande paese asiatico e di usarne il modello per l’Africa Latina.

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Chiudiamo per ora con la domanda postaci da Lord Wilmore:

Quali modifiche ucroniche occorre applicare alla nostra Timeline affinché i confini del Sudafrica dell'apartheid siano quelli visibili nella mappa sottostante, tratta da questo sito? Nelson Mandela riuscirà ad avere la meglio anche in questa Timeline?

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Per farci sapere che ne pensate, scriveteci a questo indirizzo.


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