Le tre guerre di Troia

L'ucronia di Troia Eterna ha stimolato la fantasia di Jeck86, che ne ha scritto una sua versione:

La guerra di Troia fu solo una schermaglia in una serie di guerre secolari tra gli Achei e l'impero Ittita. Ma che cosa accade se Ulisse non ha l'idea del cavallo di legno?
Probabilmente i Troiani (Ittiti) armano una flotta e invadono la Grecia. Come cambia la storia?

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Le tre guerre di Troia

POD: Ulisse non inventa il cavallo di legno.
Gli Achei abbandonano la Troade e si ritirano in occidente.
I Greci (cioè i popoli del mare) non distruggono l'impero ittita, che sopravvive e cerca vendetta.

Mentre la Grecia è in preda a carestie e crisi economica a causa dei dieci anni di guerra durante i quali i campi sono rimasti incolti l'impero ittita si riorganizza per mezzo di una economia di guerra, costruisce navi e assolda un grande esercito.

Paride guida gli Ittiti alla conquista della Grecia:
Ulisse si arrende e diventa vassallo degli Ittiti (l'impero ittita era feudale come il regno Miceneo) .
Diomede è preso prigioniero e, dopo la fine della guerra, liberato ma, costretto all'esilio ripara in Italia dove vive il resto dei suoi giorni.

Omero scriverà due poemi:
l'Iliade narra le vicende della prima guerra di Troia fino alla sconfitta dei Danai ed al loro ritorno in Grecia.
La Diomedea narra dei vagabondaggi di Diomede in Italia fino alla sua morte.

Agamennone viene ucciso dalla moglie Clitennestra appena tornato a casa.
Egisto, amante di Clitennestra e complice nell'omicidio di Agamennone, offre la testa di Agamennone a Paride come regalo di benvenuto.Tuttavia, Paride, non fu contento di vedere il suo nemico assassinato dai traditori. Quando uno schiavo gli offrì la testa di Agamennone si girò via con ripugnanza, come da un assassino; e quando ricevette la corona di Agamennone depose Clitennestra, fece giustiziare Egisto ed elevò il giovane Oreste (figlio di Agamennone) al trono dei Micenei dandogli in moglie la propria sorella, Cassandra.
La maggior parte dei re greci è sottomessa o morta ma la guerra non è ancora finita.
La città di Sparta rifiuta di arrendersi.
Menelao chiede aiuto a Teseo re di Atene e a re Giasone di Corinto contro gli Ittiti.
Un esercito di 300 spartani guidati da Ercole impegna l'immenso esercito di Paride presso le Termopili mentre le agili triremi di Giasone sconfiggono le meno maneggevoli navi Troiane presso Salamina.
Alla fine, però, Ercole è sopraffatto dalla marea ittita e le navi corinzie devono ritirarsi.

Nella battaglia di Platea sono schierati tutti e tre i re greci alleati contro l'esercito Ittita.
La battaglia è vinta dai Greci ed è firmata la pace.
Atene, Corinto e Sparta conservano l'indipendenza mentre il resto della Grecia è sottomessa agli Ittiti.
Per il rapimento di Elena Paride paga un tributo in oro a Menelao.
Un matrimonio dinastico tra Andromaca, vedova di Ettore, e Menelao cementa la pace.
Nel complesso, i Troiani di questa timeline, si comportano in modo assai più pietoso dei greci del nostro cronotopo di riferimento.

Così termina la Seconda Guerra di Troia:
Paride, tornato in patria, celebra uno sfarzoso trionfo e viene incoronato imperatore degli Ittiti, dei Troiani e dei Greci.

La conquista Ittita della Grecia sostituisce l'invasione dei Dori, che in questa timeline non avviene.

Nella mitologia greca, le amazzoni hanno combattuto come alleate dei Troiani e quindi, mentre nella nostra timeline subiscono un inesorabile declino che porta all'estinzione della loro cultura, in questa timeline prosperano nella Scizia e nella Sarmatia.

La Terza Guerra di Troia segna la conquista Ittita della Macedonia e della Tracia ad opera del generale Enea.
Al termine della vittoriosa campagna, Enea viene incoronato re di Pella.

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La stirpe Iulia e la fine dell'impero ittita

Per migliorare le relazioni tra Ittiti e Georgiani, Iulo, figlio di Enea, sposerà Medea, ex moglie di Giasone e figlia del re della Cholchide Eete.

La cosa curiosa è che un tale matrimonio, tra un ragazzo insignificante e apatico ed una maniaca omicida, sarà un matrimonio felice.

Sulla vita di Enea e di Ascanio il poeta Galato-Romano Virgilio originario di Ankara scriverà l'Eneide.

L'impero itttita resiste agli Assiri ma nel 900 a.C. circa viene sottomesso da Re Salomone , si salva solo la parte europea. In questa timeline Salomone è uno dei grandi conquistatori della storia.

I discendenti di Ascanio e Medea prendono il nome di gens Iulia e continuano a dominare la città di Pella per diverso tempo.

Alla stirpe Iulia apparterranno anche il re Numitore di Pella e suo fratello Amulio.
Numitore teme di essere detronizzato dai discendenti del fratello e costringe allora la sua unica nipote, Rea Silvia, a diventare sacerdotessa e a fare quindi voto di castità.Tuttavia, il dio Marte s'invaghisce della fanciulla e, possedendola con la forza in un bosco sacro, dove era andata a prendere dell'acqua, la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo.

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La nascita di Roma in oriente

I due bimbi vengono esposti in un bosco e vengono trovati da una lupa che li alleva.
Nel 753 a.C. Romolo fonda la città di Roma là dove nella nostra timeline sorge Bisanzio.
Remo, invece, si imbarca come marinaio su una nave mercantile che fa naufragio e lui solo si salva approdando in Belgiom dove da origine al popolo dei Remi.

Ad Atene, Sparta e Corinto nasce il sistema parlamentare delle poleis che si estende poi a tutta la Grecia ed anche a Roma (Bisanzio) che è in tutto è per tutto una città stato parlamentare Greca.
Le guerre persiane, la talassocrazia carataginese, le conquiste di Alessandro Magno si svolgono più o meno come nella nostra timeline con una sola eccezione: Demarato re di Sparta.

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Demarato di Sparta e l'impero etrusco

Quando il re Demarato di Sparta viene esiliato, nella nostra timeline emigra in oriente presso la corte del gran re Serse.
In questa timeline, invece, emigra in magna Grecia.
Per un po'di tempo fa il mercante ed il mercenario guadagnando una fortuna, poi si ritira nella città di Tarquinia; ivi sposa una donna nobile ma povera e chiama il suo primo figlio Lucumone.
Il re romano Lucio Tarquinio Prisco della nostra timeline, quindi, nasce in questa con uno o due secoli di ritardo a dalla dinastia euripontide.
Roma è lontana (in Tracia) e quindi tenta un colpo di stato per diventare re di Tarquinia e ci riesce.
Riesce con la diplomazia e con la corruzione a mettersi a capo della sua dodecapoli e ad intraprendere una grande guerra di colonizzazione della Sabinia.
Grazie all'utilizzo della falange, insegnatagli dal padre, riesce a sottomettere in breve tempo questo popolo.
Poi conquistò le città latine di Cornicolo e Collazia.
Piegò al suo volere le città etrusche di Chiusi, Arezzo, Volterra, Rosselle e Vetulonia che si erano rivoltate contro di lui.
Grazie a queste fortunate guerre riuscì a rimpinguare le casse statali con i ricchi bottini depredati alle città sconfitte.
Riformò anche la amministrazione di Tarquinia e costruì opere pubbliche come il circo massimo e la cloaca massima.
Con lui nasce il nucleo dell'impero etrusco che si espanderà nei secoli successivi.
Darà anche inizio alla dinastia dei Tarquinii Euripontidi che governerà l'impero fino al 400 d.C. circa.

Da quì un avanti la storia di Tarquinia è identica a quella della Roma della nostra timeline fino al 264 A.C. ma con due eccezioni:

1) Tarquinia non diventerà mai una repubblica e resterà una monarchia parlamentare anche quando diventerà un impero e fino alla fine dell'impero etrusco.
2) Le donne etrusche hanno uguali diritti civili rispetto agli uomini.

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Roma, Etruria, Cartagine, Egitto, Seleucidi e la spartizione del mondo

Mentre l'impero etrusco si espande in Italia e Cartagine si espande in Africa, Alessandro magno conquista l'oriente; alla sua morte i diadochi si spartiscono le sue conquiste.
A Lisimaco spetta la Tracia e l'Anatolia e stabilisce la capitale a Roma sfruttando il senato della Città come apparato burocratico per amministrare il suo regno.
Lisimaco ebbe l'intelligenza di conservare la struttura parlamentare della città senza tentare di introdurre l'assolutismo ellenista.
Agli cercò sempre di ottenere l'appoggio del senato romano in pace e soprattutto in guerra.
Sotto di lui i diritti dei cittadini romani vengono estesi a tutta la Tracia.
Venne ucciso durante lo scontro con Seleuco del 281 a.C. a Corupedio in Frigia.
Dopo la sua morte, i Romani, continuano a resistere contro Seleuco con una implacabile guerriglia a cui ben presto si uniscono anche le città greche.
Nel 281 a.C muore Seleuco I Nicatore e Roma negozia con il suo erede la pace.
Roma conserva la Tracia e la Macedonia mentre l'Anatolia va ai Seleucidi.
Dopo la morte di Lisimaco Roma diventa una repubblica e non accetterà più di sottomettersi ad alcun re.
Nei due secoli successivi Roma sottometterà anche le città greche con la diplomazia o con la spada riducendole a socii.

Nel 264 l'imperatore etrusco Demarato Lucumone mlax (il buono) riesce ad evitare la prima guerra punica.
In una conferenza internazionale vengono stabilite le zone di influenza rispettive tra Cartagine ed Etruria:
la Sicilia, la Spagna e l'Africa a Cartagine, la Gallia, la Corsica, la Sardegna agli Etruschi.
Amilcare conquista la Sicilia ed inizia la conquista della Spagna che verrà completata da suo figlio Annibale.
Amilcare porta a Cartagine l'ingegnere italiano Archimede che ivi creerà la sua scuola di ingegneria nota come l'Archimedeo che sarà l'equivalente punico della biblioteca di Alessandria.
Asdrubale sconfiggerà i Mauri conquistando le coste della Libia mentre le popolazioni berbere emigreranno nel deserto per non sottostare al dominio cartaginese.
Annibale, di ritorno dalla Spagna, attua un colpo di stato e si fa incoronare imperatore di Cartagine.

Gli Scipioni iniziano, per ordine del senato di Tarquinia, la conquista etrusca delle Gallie che sarà ultimata circa un secolo dopo da Pompeo e Crasso.

Nel 197 a.C. il proconsole romano di Macedonia Filippo Antigonide (il nostro Filippo V) conquista alla repubblica romana il regno di Pergamo.
Nel 109 a.C. il console Spartaco conquista il regno del Ponto ed il Tauro; democratizza, inoltre, la repubblica Romana.
La schiavitù per debiti è abolita con forma retroattiva, sono aboliti i giochi gladiatorii (recentemente importati dall'Etruria) in favore degli sport olimpici.
Filippo Antigonide appartiene al partito degli aristocratici mentre Spartaco appartiene al partito dei democratici.
Queste due fazioni non arrivano mai alla guerra civile nella Roma di questa timeline mentre si scontrano furiosamente in Etruria.
Spartaco è l'omologo Orientale del generale Mario a capo del partito dei populares etruschi.
Nel partito dei democratici a Roma (Bisanzio) milita anche Giulio Cesare.
Egli appartiene alla gens Iulia una delle famiglie più nobili di Roma ma anche una delle più povere. 
Egli è l'erede politico di Spartaco nonché uno dei più grandi conquistatori della storia.
A lui si deve la conquista dei territori a sud del Danubio e dell'Illirico ed il completamento della conquista dell'Anatolia.
Egli strinse inoltre relazioni amichevoli con l'Egitto dove favorì l'ascesa al trono di Cleopatra e la fece sposare con il suo luogotenente Marcantonio.
Nel 68 A.C. si fa nominare dittatore a vita dal senato Romano.
Combattè anche una guerra contro i generali etruschi Pompeo, Bruto e Cassio.
Nella pace che fu costretto a firmare cedette l'Illirico ma ottenne una pace duratura cementata da matrimoni dinastici.
Alla sua morte il potere resta nelle mani della dinastia Giulio-Claudia.
Sotto Augusto viene conquistata la Dacia mentre sotto Claudio e Nerone viene conquistata Siria e la Palestina fino al Sinai.

Le successive conquiste romane sono l'Armenia e la Mesopotamia, che impegneranno l'impero fino al 200 d.C.

L'impero persiano, privato della Mesopotamia, si espanderà in oriente, mentre la conquista della Britannia e della Germania impegneranno l'impero Etrusco fino alle invasioni barbariche.

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Le invasioni barbariche: Amazzoni, Gul e Unni

Le amazzoni, dopo le vittorie sugli Achei avevano sottomesso le altre tribù nomadi degli Sciti.
Alcune amazzoni stanche della loro solitudine femminista si erano unite ad alcune tribù Scite dando origine al popolo misto dei Sarmati, popolo bellicoso e barbaro ma con pari opportunità tra uomini e donne.
Altre amazzoni invece avevano sottomesso l'Armenia fondandovi città a imitazione delle poleis greche.
Queste città avevano importato il sistema politico di Sparta inventato da Licurgo copiandolo pari pari (due regine, una di pace ed una di guerra, una gherusia, l'apella, i sissizi, l'agoghè) ma invertendo i ruoli di maschi e femmine (Chissà cosa ne avrebbe pensato Licurgo?)

Quando i Romani tentano la conquista dell'Armenia se la vedono parecchio brutta e tale conquista li terrà occupati per secoli.
Quando finalmente credono di aver vinto si sbagliano di grosso.
Le Amazzoni civili, quelle nomadi ed i Sarmati Sostituiscono in questa timeline i goti e nel III° secolo invadono la Romania e conquistano l'intero impero romano fino al Sinai.
Le amazzoni abbandonano le loro abitudini nomadi e si sedentarizzano definitivamente facendo delle città romane delle vere piazzeforti.
Della cultura grecoromana sopravvive moltissimo:
gli anfiteatri, la politica, la disciplina militare, la legione, la falange, le istituzioni politiche spartane ma gli uomini diventano poco più che schiavi.

Cartagine, nei secoli, non ha abbandonato la propria religione politeista, i propri dei mostruosi ed i sacrifici umani.
(Tali costumi, nella nostra timeline, vennero eliminati brutalmente dai romani) 
Anzi a Cartagine vennero importati dall'oriente culti misterici ed orfici con riti orgiastici.
D'altro canto Cartagine è il paese più sviluppato economicamente e scientificamente.
Anche in epoca imperiale i commerci di Cartagine e le esplorazioni marine non si fermano ed i Cartaginesi scoprono l'Islanda e commerciano con gli Irlandesi.
Dall'archimedeo escono gli inventori più abili del mondo che scoprono la polvere da sparo ed il tappeto volante (deltaplano) e persino dei prototipi di carro armato.
La società è però decadente e mollacciona e nel II° secolo D.C. l'impero cartaginese è invaso da una coalizione di tribù berbere provenienti sia dal deserto sabbioso che dal deserto di roccia. 
Essi, su imitazione dell'architettura Cartaginese, hanno costruito grandi città sotterranee o nella roccia simili a Petra o ai sassi di Matera
I nuovi dominatori si danno il nome di Gul e nel III°secolo conquistano anche l'Egitto.
Da li si espandono nel medio oriente e la città di Petra li affascina così tanto che diventa la loro terza città santa. 
Dai Cartaginesi sottomessi importano la tecnologia, la filosofia e la religione orgiastica e sanguinolenta.
Quando amazzoni e Gul si incontrano si superano senza scontrarsi perchè i Gul sono interessati al dominio dei deserti di roccia mentre le Amazzoni sono interessate a conquistare le città, soprattutto quelle in riva ai fiumi.

A metà del 400 circa, Attila arriva in Europa, impone un tributo alle amazzoni, conquista la Germania, poi l'impero etrusco, in fine la Spagna dove stanno i Cartaginesi scampati ai Gul e fonda una grande capitale per il suo regno che chiama Vienna.
Alla sua morte il suo impero è diviso tra i suoi figli ed i suoi generali in un gran numero di regni indipendenti.
Suo nipote Cubalai riesce a riunificare il canato Unno e si stabilisce a Tarquinia ma alla sua morte l'impero è nuovamente diviso.

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Da Maometto a Carlo Magno

Nel 600 circa, Maometto diventa Califfo degli Arabi ed invade l'Asia minore ed il nord Africa.
Conquista la Mesopotamia, l'Anatolia e il nord Africa, ma le città Amazzoni risultano imprendibili ed i beduini non si avvicinano alle città sotterrane dei Gul che considerano maledette.
Poi consolida il suo impero scrivendo un codice di leggi che raccoglie le usanze e le tradizioni del popolo Arabo.
Alla sua morte i beduini tornano nei deserti ed il suo impero si sfalda.

Nell'800 circa, Carlo Magno, riunifica nuovamente Italia, Francia Germania e Spagna dando origine al Impero Unno Germanico.

E poi…?

(Nota: Per la seconda parte dell'ucronia mi sono ispirato al videogioco "Persian Wars" dove compaiono i tre popoli dei Gul, Amazzoni e Beduini)

Jeck86

Se volete fornirmi suggerimenti o commenti, scrivetemi a questo indirizzo.

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Ed ecco le considerazioni in proposito di Iacopo:

Ho letto e apprezzato l'ucronia di Jeck86. Credo sia un lavoro ben fatto, abbastanza generico da essere aperto a nuove idee che non ne snaturino lo stile e una fonte di spunti interessanti. Vorrei proporne alcuni:

1) Matrimoni Greci. Cosa significa il matrimonio fra Oreste e Cassandra? Probabilmente, l'instaurazione definitiva di Apollo come dio del Genos, delle sue leggi e della supremazia maschile. Argo potrebbe diventare per Apollo ciò che Tebe è per Dioniso. La ridotta influenza della Dea e del Dio del Mare potrebbe portare Atena al declino. Un modo per salvarla sarebbe postulare che il matrimonio fra Teseo e Ippolita si consolidi. Atene sarebbe dunque protetta dalle Amazzoni, alleate dei Troniani, e non si avrebbe il matrimonio fra cultura attica e cultura minoica rappresentato dalle nozze con Fedra (in sostituzione di Arianna). Forse l'Atena dell'Acropoli sarebbe armata di arco, o a cavallo, o a seno nudo. Fedra potrebbe sposare così Giasone: ciò rappresenterebbe il sorgere di  Corinto come potenza marina e casa degli elementi dionisiaci (fra cui il teatro e la musica).

2) I due dentro a un foco. Mi spiace che Odisseo sia eliminato così brutalmente: non costa molto lasciare che vagabondi verso verso casa, malgrado la sconfitta dei greci. Forse potremmo limitarci a sostituire i Proci con invasori Troiani o loro scagnozzi - naturalmente prendendo atto del significato di questa variazione nel mito. Innanzitutto dunque, l'empietà dei pretendenti potrebbe essere legata alla loro condizione di barbari, aggiungendo all'Odissea un elemento etnocentrico. Inoltre Penelope sarebbe quasi di certo resa schiava, e i canti del ritorno di Odisseo potrebbero rappresentare la versione ellenica del Va Pensiero. La Telemachia potrebbe contenere un elenco di città devastate e popoli sconfitti dai Frigi. Odisseo sarebbe un eroe triste e solitario, un figura tragica. Diomede dovrebbe giustamente avere un ruolo prominente rispetto alla nostra TL. Specialmente lo sviluppo imperiale degli Etruschi porterebbe ad avere ghiotti mercati in Val Padana: l'Adriatico sarebbe un campo di battaglia strategico.

3) Impero Ittita. Ricordiamo che Troia non era la capitale degli ittiti, ma un nucleo del tutto periferico nell'estremo occidente di un impero la cui unità non dovrebbe essere sopravvalutata. La conquista della Grecia prelude alla conquista o alla riforma dell'Impero Ittita: in questo caso i popoli del mare responsabili della caduta degli Ittiti sarebbero i Troiani! L'impero conquistato da Enea avrebbe dunque un nome diverso, forse Impero Teucro. Inoltre non bisogna sottovalutare l'influenza ellenica sull'impero appena nato: spostare la capitale a Pella (o a Larissa, perchè no?) significherebbe in effetti riconoscere il debito che l'impero ha nei confronti dei greci.

4) Area Iranica. Se gli Achemenidi non sorgono come potenza, perchè Alessandro dovrebbe conquistare il loro impero? Personalmente credo che sia impossibile evitare che un qualche tipo di nazione iranica sorga e si sviluppi nel cuore dell'Antichità. Potremmo però immaginare un impero persiano più influenzato da Ittiti e Teucri che da Babilonesi e Assiri, e basato in Media piuttosto che in Persia.

5) Roma. Mi piace invece un sacco l'idea di veder emergere Roma dal cuore delle lotte fra i Diadochi piuttosto che nell'estrema periferia del mondo greco. Avevo avuto questa idea per la seconda parte dell'ucronia sui Galati in Oriente.

6) Infine, la questione linguistica. Se non mi sbaglio, il Latino, fra le lingue indoeuropee è eccentrico per il sistema nominale poco sviluppato. Credo che questa parlata differente abbia costituito, se non proprio l'origine di una diversa (e vincente) psicologia, almeno quella di una netta percezione di differenza. Sarebbe secondo me un peccato lasciar passare la bella idea di riposizionare Roma, senza reimmaginarne la lingua. Che caratteri avrebbe una lingua che presentasse le stesse peculiarità del latino, ma applicare ad una parlata daco-trace piuttosto che ad una italica? Come suonerebbero per esempio i termini della guerra e della politica, o i nomi di città e famiglie importanti?

Se volete dirmi che ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.

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Ed ecco la versione di Lorenzo Anteri circa una guerra di Troia del tutto alternativa:

E se Elena avesse scelto Ulisse?

Ὕβριν ἄειδε θεὰ… (Hýbrin áeide theà…)
Canta, o dea, la tracotanza d’Atride Agamennone,
rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei,
gettò in preda all’Ade molte vite gagliarde
d’eroi, ne fece il bottino di cani,
di tutti gli uccelli - consiglio di Atena si compiva -
da quando prima si divisero contendendo
l’Atride signore di Micene e Odisseo poliforme.

Così inizia la Spartiade di Omero, il poema più famoso dell'Antichità, insieme all’Ettorea, che narra del lungo nóstos di Ettore, eroe troiano che si trovò a vagare a lungo nel Mar Mediterraneo prima di tornare a casa in Dardania, dopo aver combattuto a Sparta.

Ma partiamo dall’inizio.

Tindaro, Re di Sparta e Argonauta, aveva quattro figli: i Dioscuri, cioè i gemelli Castore e Polluce, Argonauti anch’essi, Clitemnestra (andata in sposa al Principe ereditario di Micene Agamennone) e la bellissima Elena. Quando fu giunta l’ora di maritarla, fece convocare tutti i principi dell’Ellade per farle decidere chi sarebbe stato il suo sposo. La bellezza di Elena era leggendaria e ognuno di quei principi l’avrebbe voluta come sposa, giungendo anche a scendere in guerra contro tutti gli altri pur di esserne il marito: Odisseo Laerziade, Principe di Itaca, ne era consapevole e per questo suggerì a Tindaro di far giurare a tutti i presenti che avrebbero rispettato la scelta di Elena e che avrebbero protetto lei e il suo futuro marito da ogni possibile attacco. Tutti accettarono, anche il bellicoso Achille, figlio di Peleo Re di Ftia.

Alla fine, Elena, colpita dalla sua astuzia, scelse Odisseo. Poco dopo il matrimonio, nacque Perimaco, il loro primogenito, ma la gioia per la nascita del piccolo fu presto interrotta dalla tristezza per la morte di Tindaro.

Siccome Castore e Polluce erano scomparsi da molti anni e Tindaro non aveva altri figli maschi, i contendenti per il trono spartano erano Odisseo e Agamennone, i mariti delle due figlie; il primo battè sul tempo il secondo, essendo già presente a Sparta quando il suocero si era ammalato del male che l’aveva portato alla morte, e si fece quindi incoronare Re di Sparta. Quando il neo-Re ritornò ad Itaca, il padre, Laerte, comunicò all’assemblea dei nobili del Regno che aveva intenzione di lasciare il trono al figlio; nonostante l’opposizione di Odisseo, questo avvenne, ma, secondo l’intenzione del Laerziade, Sparta ed Itaca restarono due Regni separati nonostante avessero lo stesso Re.

Il matrimonio di Elena e Odisseo (immagine realizzata con BING)

Agamennone non avrebbe mai perdonato questo affronto ad Odisseo e quindi iniziò a bramare vendetta contro di lui. Per fare ciò, aveva bisogno di alleati, quindi impose al fratello Menelao di sposarsi con Laodice, figlia del Re di Troia Priamo.

Ma non per molto ancora: infatti, approfittando dell’assenza di Odisseo, Agamennone, forte delle truppe troiane (al comando del Principe Ettore) sue alleate, occupò Sparta e si fece proclamare Re Odisseo cercò di trattare, ma dall'Atride ottenne solo rifiuti: la Guerra di Sparta era cominciata.

Odisseo non era stolto e sapeva che le sue truppe non avrebbero potuto nulla contro le forze congiunte di Micene e Troia. Sotto consiglio di Atena, decise di mandare suo padre Laerte, che era stato Argonauta, presso le corti di tutti gli altri Re che avevano navigato sulla nave Argo alla ricerca del vello d’oro, affinché mandassero delle truppe a sostegno del figlio.

Così giunsero ad aiutare Odisseo Achille Pelide con i Mirmidoni e il fedele Patroclo, Aiace Telamonio, Aiace Oileo, Diomede, Re di Argo, figlio di Tideo, che, nonostante non fosse figlio di un Argonauta, volle aiutare Odisseo, di cui riconosceva l’intelletto e con cui aveva stretto amicizia prima che Elena lo scegliesse come sposo, e molti altri.

Tuttavia, tutti questi eserciti non riuscirono a vincere i miceneo-troiani e Sparta fu assediata per ben dieci anni.

Al decimo anno, qualcosa cambiò. Infatti, durante una battaglia, i miceneo-troiani avevano avevano rapito delle donne achee, tra cui anche una ragazza che si diceva figlia di Odisseo, ma in realtà questi l’aveva adottata perché l’aveva trovata abbandonata per strada; lui l’aveva chiamata Soteche (da Σωθήκη, Sōthḗkē, salvata). Questa ragazza era stata riconosciuta come geras ad Agamennone; tuttavia, poco dopo, una violenta pestilenza si era abbattuta sull’esercito miceneo-troiano che occupava Sparta e lo stava decimando: è qui che inizia la Spartiade.

Agamennone chiese a Calcante, suo indovino, il motivo della pestilenza e lui rivelò che la fanciulla era in realtà figlia di Apollo e di una ninfa, che l’aveva abbandonata, speranzosa che fosse cresciuta da un uomo saggio che l’avrebbe salvata. Apollo era furioso per l’oltraggio subito dalla figlia e pretendeva la sua restituzione al padre adottivo. Ettore suggerì all’Atride di obbedire, ma questi s’infuriò, pretendendo che gli fosse consegnato un’altro bottino di guerra in cambio. I due si affrontarono in un violento litigio, al termine del quale Agamennone decise che avrebbe sì restituito Soteche, ma avrebbe preso in cambio Penelope, cugina di Elena e schiava di Ettore (che però l’amava e da cui aveva avuto anche il figlio Telegono). Adirato per l’offesa subita, Ettore si ritirò dai combattimenti e impose di fare lo stesso anche a buona parte dell’esercito troiano.

Entrambi gli eserciti erano ormai allo stremo: con una solenne cerimonia, Soteche venne restituita ad Odisseo e in quell’occasione il Re di Itaca si accordò con Agamennone per risolvere tutto con un duello tra loro due: se Agamennone avesse vinto, si sarebbe potuto tenere Sparta, se invece avesse trionfato il Laerziade avrebbe dovuto concedergli di restare come Re e rinunciare ad ogni futura pretesa. Il giorno dopo il duello ebbe luogo, ma, quando stava per essere sopraffatto dalla forza fisica di Agamennone, Odisseo scomparve e riapparì nelle ultime fila degli Achei grazie ad Atena. Furioso, il Re di Micene ordinò che riprendessero gli scontri.

Per questo Odisseo, che detestava la guerra, si adirò con la dea, ma la sua collera fu compensata dall’aver avuto la vita salva.

Senza Ettore, l’esercito miceneo era sempre più debole. Una volta, le truppe della coalizione panachea arrivarono a lambire le mura di Troia; Deifobo, notando la situazione, cercò di convincere Ettore a tornare in battaglia, ma non ci fu verso; tuttavia, Ettore concesse al fratello di scendere in campo con le truppe troiane indossando le sue armi.

Appena i soldati achei lo videro, lo credettero Ettore e cominciarono a scappare, terrorizzati; tuttavia, Achille riconobbe Deifobo e li esortò a tornare in battaglia. Deifobo, intanto, stava uccidendo molti nemici, ma venne ferito prima da Atena, poi da un altro soldato acheo e infine si trovò davanti Achille, gli diede il colpo di grazia.

Il Pelide prese le armi di Ettore e le indossò, vantandosi di aver ucciso Deifobo, ma Odisseo (che sapeva, attraverso degli informatori, della collera di Ettore), lo invitò a restituirle al Principe di Troia insieme alla salma del fratello. Achille, seppur sbuffando, accettò.

Ettore fu grato al Principe di Ftia e al Re di Itaca e questo fu l’inizio delle contrattazioni tra loro.

Con i funerali di Deifobo si conclude la Spartiade, ma non la guerra.

Odisseo però concepì un piano: lui e gli altri Achei avrebbero costruito un gigantesco cavallo di legno e lo avrebbero lasciato fuori dalle mura di Sparta, mandando un ambasciatore ad Agamennone dicendogli che era un dono come segno della loro resa; in realtà, lui e molti altri eroi erano nascosti dentro il cavallo e, mentre tutti erano ormai a dormire, ubriachi dopo la festa, sarebbero usciti da esso e avrebbero aperto le porte della città, facendo entrare il resto dell’esercito. Nonostante qualche protesta da parte di Achille, che avrebbe voluto ottenere una vittoria sul campo, la proposta venne accettata e il piano venne messo in atto.

Solo, Odisseo avvisò Ettore del piano e gli consigliò di segnalare le porte delle case dove abitavano i troiani e gli spartani innocenti con una croce di sangue di agnello, cosicché gli Achei non avrebbero ucciso chi abitava in quelle case.

Agamennone cadde nel tranello e fece portare il cavallo in città e diede una festa, a cui Ettore e i Troiani però non parteciparono (stavano infatti banchettando a base di carne d’agnello e avevano iniziato a segnare gli ingressi delle loro case, come stabilito dall’accordo del Principe con Odisseo).

Quando, attraverso degli spioncini nel cavallo, gli Achei videro che la festa stava finendo ed entrambi gli Atridi erano ubriachi, uscirono dal cavallo e iniziarono a sterminare i nemici. Achille corse verso le porte e le aprì, facendo entrare il resto dell’esercito.

Odisseo, fuori di sé, uccise Agamennone e Menelao, mentre Achille (ed Ettore insieme a lui) dava fuoco alle abitazioni dove si erano stabiliti i soldati micenei.

Tuttavia, Paride, figlio di Priamo, non era al corrente del piano concordato dal fratello con Laerziade e quindi anche la sua casa fu data alle fiamme. Protetto da Era, riuscì a salvarsi e a scappare verso il Lazio, la terra indicatagli dagli dei: infatti, la moglie di Zeus gli aveva promesso, dopo che l’aveva premiata con il pomo d’oro come dea più bella, che sarebbe diventato un sovrano potente e saggio in quelle terre.

Finita la battaglia, Ettore si riprese Penelope, mentre Achille pretese come schiava Clitemnestra, moglie di Agamennone. Laodice, figlia di Priamo e moglie di Menelao, tornò con i suoi conterranei. La guerra era finalmente finita.

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L’Ettorea

Narrami, o Musa, dell’eroe virtuoso, che tanto
vagò, dopo che conquistò la rocca maledetta di Sparta:
di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,
molti dolori patì sul mare nell’animo suo,
per riacquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni.
Ma i compagni neanche così li salvò, pur volendo:
con la loro empietà si perdettero,
stolti, che mangiarono le cerve della dea
vergine: ad essi tolse il dì del ritorno.
(basato sulla traduzione di Giuseppe Aurelio Privitera)


Subito dopo la riconquista di Sparta, molti troiani e achei ripartirono per le loro case, mentre un gruppo di volontari, capeggiato da Ettore, restò a Sparta per aiutare Odisseo nella ricostruzione e sostenere i nuovi Re eletti ad Argo e Micene. Dopodiché, anche lui ripartì.

L’Ettorea, però, si apre a Troia, dove il Principe (anche se ormai era da considerare Re data l’avanzata età di Priamo) manca da vent’anni e sua moglie (l’ex-schiava Penelope, tornata in tempo da Sparta) è assediata nella reggia da tutti i nobili del Regno (inclusi anche alcuni fratelli del marito) che la corteggiano, ambendo al trono. Il figlio Telegono è ormai sulla soglia dell’età adulta e non ha mai conosciuto davvero il padre (aveva solo due anni quando la guerra era finita): consigliato da Apollo e stufo dei pretendenti che abusano la madre (e la accusano della rovina del Regno), Telegono decide di intraprendere un viaggio alla ricerca di notizie del padre. Giunge così da Re Enea dei Dardani, il cui popolo sta celebrando sacrifici a Poseidone; Enea gli dà poche e vaghe informazioni sul padre, ma manda con lui suo figlio Ascanio e gli fornisce una nave per accompagnarlo fino a Sparta, alla corte di Re Odisseo.

Telegono giunge lì mentre si sta celebrando il matrimonio tra Ermione, figlia di Odisseo e di Elena, e Neottolemo detto Pirro, figlio di Achille, diventato nel frattempo Re di Ftia. I due Re accolgono Telegono e Ascanio e Achille racconta loro del suo viaggio di ritorno e svela a Telegono che, mentre era bloccato in Egitto, un oracolo gli aveva rivelato che Ettore era vivo, ma era trattenuto dalla ninfa Calipso sull’isola di Ogigia.

Avute queste notizie, Telegono ringrazia Odisseo e Achille, dopodiché rientra in patria.

Questa narrazione occupa i primi Libri I-IV dell’Ettorea e prende il nome di Telegonia.

Il libro V si apre con un Ettore sconsolato sulle rive di Eea, l’isola dove la maga Circe lo trattiene da sette anni ormai, volendolo come sposo. Tuttavia, il concilio degli dèi (approfittando dell’assenza di Efesto, che odia Ettore poiché ha accecato il gigante di bronzo Talo durante i suoi viaggi) ha deciso: Ettore deve rientrare a casa dopo 20 anni. Zeus, dunque, invia Ermes alla maga imponendole di lasciar partire il Principe troiano. Lei, quando il Priamide rientra per mangiare, glielo comunica e fa un ultimo tentativo di convincerlo a restare con lei, promettendogli l’immortalità, ma l’eroe rifiuta, dicendo:

«Dea possente, non ti adirare per questo con me:
lo so bene anche io, che la saggia Penelope
a vederla è inferiore a te per beltà e statura:
lei infatti è mortale, e tu immortale e senza vecchiaia.
Ma anche così desidero e voglio ogni giorno
giungere a casa e vedere il dì del ritorno.
E se un dio mi fa naufragare sul mare scuro come vino,
saprò sopportare, perché ho un animo paziente nel petto:
sventure ne ho tante patite e tante sofferte
tra le onde ed in guerra: sia con esse anche questa».
(Ettorea V, 215-224, trad. it. di G. A. Privitera)


A questo punto, Circe si arrende e lascia partire Ettore. Tuttavia, Efesto, ancora di più adirato perché gli dei hanno deciso il ritorno dell’eroe senza di lui, danneggia la sua imbarcazione e fa naufragare l’eroe. Quando Apollo, suo protettore, lo sveglia, sente degli schiamazzi in lontananza e vede delle fanciulle giocare a palla. Siccome è nudo, si copre “le vergogne di uomo” con delle foglie e si avvicina alle ragazze; scappano tutte alla vista di quell’uomo spaventoso seminudo e incrostato di salsedine, tranne una, che si presenta come Nausicaa, Principessa dei Feaci e figlia del Re Alcinoo, che governa su quell’isola (oggi identificata con Agiostrati), che non è neanche troppo distante da Troia. Dopo che l’eroe le ha chiesto aiuto con un lungo discorso, muovendola a pietà accennando alla sua storia e alla nostalgia che ha della moglie e del figlio, Nausicaa lo fa lavare dalle sue ancelle (qui Apollo lo trasforma rendendolo ancora più bello) e lo porta con sé al palazzo del padre. Il magnanimo Alcinoo lo accoglie e, durante il banchetto, Ettore sente l’aedo Demodoco cantare l'aristia di Deifobo, si commuove pensando al coraggio del fratello morto a causa della sua ira. Allora Alcinoo, incuriosito, gli chiede chi sia e lui si presenta; Alcinoo gli chiede dunque di narrare le sue avventure/sventure ed Ettore inizia a raccontare.

Lui e i suoi compagni, partiti da Sparta bisognosi di provviste, si erano fermati sull’isola di Lemno a fare razzia, ma avevano scoperto che le donne dell’isola avevano massacrato gli uomini, quindi, temendo di fare la stessa fine, così avevano deciso di ripartire.

Tuttavia, Efesto (che per il momento lo odiava solo perché troiano) aveva convinto i venti a scatenargli contro una tempesta ed erano quindi sbarcati in Egitto, dove i suoi uomini avevano mangiato dei fiori di loto che avevano tolto loro la memoria. Accortosene, Ettore li aveva fatti reimbarcare a forza sulle navi e, sulla via di casa, era stato costretto a fermarsi a Creta, protetta dal gigante di bronzo Talo, costruito proprio da Efesto, che lo amava come un figlio; il gigante, temendo che i Troiani fossero una minaccia, li aveva rinchiusi in una grotta, ma Ettore, con un inganno, riesce a mettere fuori uso i suoi occhi artificiali e a scappare con uno stratagemma che il poeta definisce “degno del multiforme Odisseo.”

Ettore combatte contro Talo nel libro IX dell'"Ettorea" (immagine realizzata con BING)

Erano dunque sbarcati sull’isola di Poseidonia (ancora oggi non identificata dai filologi), dove Poseidone, da sempre protettore di Troia, li aveva accolti con la moglie Anfitrite e gli aveva donato un barile in cui sono rinchiuse tutte le correnti marine contrarie al loro viaggio. Ormai giunti a Troia, gli uomini di Ettore, per curiosità, avevano deciso di aprire il cratere, liberando così le correnti, che li riportano a Poseidonia, dove però il dio, indispettito, li scaccia.

I troiani si erano così trovati di nuovo a vagare nel mediteranneo, finché non erano giunti su un’isola dove Medea, la ex moglie di Giasone, li aveva inizialmente accolti, ma poi, al rifiuto di Ettore, sempre fedele a Penelope, di unirsi a lei, li aveva imprigionati e aveva ucciso alcuni compagni del Priamide. Infine, dopo un anno, mossa a pietà da Ettore che con un discorso commovente sulla nostalgia che lui e i suoi uomini hanno di Troia, aveva deciso di lasciarli andare, consigliando anche al Principe di consultare lo spirito della profetessa Cassandra –defunta sorella di Ettore, uccisa da un soldato degli Atridi durante la guerra perché aveva resistito alle sue avances– per capire che dio fosse irato con Ettore. Ettore accetta e quindi giunge presso il Vesuvio e discende negli Inferi, dove Cassandra lo visita e gli comunica che il dio adirato con lui è Efesto, poiché Ettore era troiano (Efesto durante la Guerra di Sparta parteggiava per la coalizione panatenaica), ma soprattutto perché il Priamide aveva ucciso Talo, il gigante di bronzo costruito da Efesto. Il principe, prima di andarsene, tenta di abbracciare la sorella, ma questa sparisce perché solo spirito.

I troiani poi ripartono, ma incontrano una serie di ostacoli: in primis i Ciclopi, che, vedendo le navi da lontano, sollevano dei massi e li lanciano addosso alle varie navi, che vengono tutte distrutte, tranne quella di Ettore, che riesce a scappare a tutti i massi; poi le Sirene, dalle quali il Principe e compagni riescono a salvarsi grazie a dei tappi di cera nelle orecchie; infine, attraversano lo Stretto di Messina, dove scampano ai due mostri Scilla e Cariddi.

Giunti poi su un’isola, trovano delle cerve, ma Cassandra aveva avvertito Ettore di non toccarle, poiché sacre ad Artemide; tuttavia, i compagni non ascoltano gli avvertimenti del Priamide e le mangiano, attirandosi le ire della dea, che chiede al padre di distruggere la nave di Ettore con una saetta. Il Principe riesce a sopravvivere e, ormai naufrago,arriva sull’isola di Eea, dove la maga Circe lo tiene con sé per 7 anni. E così, Ettore finisce il suo racconto.

Alcinoo dunque acconsente a far ripartire Ettore verso Troia accompagnato da delle navi dei Feaci, che sono abili navigatori. Così, dopo 10 anni di viaggi, Ettore ritorna a casa. Tuttavia, consigliato dal sempre fedele Apollo, non si rivela subito, ma si camuffa da mendicante; va subito dal porcaro Eumeo, che lo accoglie pur non conoscendo la sua identità. Subito Ettore chiede informazioni sul Regno da quando se n’è andato e così scopre che suo padre Priamo è ancora vivo e attende il ritorno del figlio arando un campo e vivendo di sussistenza; la madre Ecuba, invece, è morta di dolore (ma questo il Priamide lo sapeva già, avendola incontrata negli Inferi); ma la sorte più crudele è quella dell’amata Penelope, assediata dai nobili troiani e anche da alcuni fratelli di Ettore. Il principe vorrebbe subito intervenire, ma, in quel momento giunge da Eumeo Telegono. Quando il porcaro si allontana, Ettore si fa riconoscere dal figlio ed insieme elaborano il piano per riprendere il potere alla reggia.

Il Priamide dunque, dopo aver reso omaggio al sepolcro della madre, giunge dunque a palazzo, ancora mascherato da mendicante, ed entra nel megaron, dove i nobili stanno banchettando con il suo cibo. Attira così la loro attenzione e, mentre questi lo scherniscono, Telegono fa rimuovere dalle pareti della sala le varie armi lì appese.

Poi il mendicante propone a Penelope –che non l’ha ancora riconosciuto– di indire una gara: chi riuscirà a lanciare l’asta di Priamo attraverso una serie di dieci anelli potrà sposarla. I pretendenti lo deridono, ma Penelope, sorridendo sorniona, accetta perché sa che quell’asta può essere sollevata solo da due persone, cioè suo marito e il di lui padre.

Tutti i vari nobili non riescono a sollevare l’asta, ma, quando tocca al mendicante, non solo questi la scaglia attraverso tutti gli anelli, ma la impugna anche in modo da uccidere tutti gli altri nobili. Mentre corre ad abbracciare Penelope, Apollo gli ridà le sue normali sembianze e la moglie, emozionata ricambia il suo abbraccio. Tuttavia, vuole un’ultima conferma della sua identità: ordina ai servi che venga trasportato il loro letto nuziale nel megaron, ma il marito capisce l’inganno e le risponde che non hanno alcun letto nuziale, dato che non si sono ufficialmente sposati. La donna allora capisce che quello è davvero suo marito e lo bacia.

Così si chiude il poema.

Lorenzo Anteri

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Invece Federico Sangalli ha ideato quanto segue:

Il decennale stallo tra Achei e Troiani non s'interrompe, Ulisse riesce ad evitare di partire o ritorna in patria prima dopo un'allarmata lettera di Penelope sulle avance dei Proci o non ha l'idea di costruire il famoso Cavallo. Gli Achei continuano l'assedio ma le mura di Troia non cedono. L'esercito acheo si mantiene coi saccheggi delle città vicine (come nella vicenda di Criseide) e molte donne vengono rapite per soddisfare i soldati achei. Dopo altri cinque anni, molto soldati iniziano a sposare le loro schiave e ad avere figli con loro. Il loro accampamento sempre più fortificato inizia a sviluppare anche edifici abitativi un po' più complesso ma i sempre minacciosi raid Troiani inducono i comandanti a costruire un nuovo avamposto oltre gli Stretti: inizialmente dovrebbero starci solo le donne e i bambini, assieme a vettovaglie e logistica, ma alla fine gli uomini superstiti, sempre più vecchi, scelgono di difendere le loro famiglie e si trasferiscono dall'altra parte in pianta stabile. Questa "Acheopoli" rimarrà l'acerrima nemica di Troia, se non in maniera continuata almeno nella mitica, un po' come Roma e Cartagine: una serie di brutali conflitti si susseguirà nella Storia con alterni vincitori, le due città saranno più volte incendiate e ricostruite, proprio come accade a Troia nella nostra Storia. Pian piano, ad ogni ricostruzione le due città muterebbero un po' e cambierebbero posizione in modo da assicurarsi la zona migliore per controllare le ricche tratte commerciali con la Colchide, vera ragione della Guerra di Troia. Alla fine, dopo secoli di conflitti, i discendenti degli Achei si unirebbero ai coloni greci nel frattempo sopraggiunti, formando l'aristocrazia locale e stabilendosi sul lato europeo del Bosforo, a Bisanzio/Acheopoli, mentre i Troiani si piazzerebbero dirimpetto sul lato asiatico. I loro conflitti attirerebbero i romani: le due città saranno conquistate e cristianizzate ma Costantino, non trovando nessuna delle due sufficientemente grande da servire come capitale, sceglierà Edessa o Alessandria d'Egitto per creare Costantinopoli. L'Impero Romano d'Oriente così sarà ancor più ferocemente impegnato con la Persia e cadrà prima contro gli Arabi quando questo faranno breccia sul Nilo o in Siria. Le potenze europee indirizzerebbero allora i loro sforzi verso gli Stati anatolici per frenare l'avanzata islamica: Bisanzio e Troia rinascerebbero come capitali di nuovi regni indipendenti col sostegno crociato, uno sponsor di Venezia, l'altro di Genova. Dandolo saccheggerà l'avversaria ma le due città dovranno unire le forze all'arrivo dei Turchi e, grazie al sostegno degli Stati balcanici (in primis l'Impero Serbo sviluppatosi in assenza dei bizantini), a fermarli in vista del Corno d'Oro. Istanbul sarà la Costantinopoli scelta da Costantino in alternativa a Bisanzio. Nel mentre la Russia sarà cattolica, non si rivolterà al tentativo di unione con la Polonia-Lituania di Ladislao IV, per poi unirsi anche alla Svezia (e alla Danimarca così conquistata). Grazie a Bering, tale Impero giungerà fino in Alaska. Nel 1830 Muhammad Pascià rovescia la dinastia regnante e prende il potere nell'Impero Ottomano, iniziando un processo di modernizzazione, riuscendo a mantenere i territori africani, Libia compresa. Acheopoli e Troia continueranno a contrapporsi nei vari conflitti del XIX e XX Secolo. Oggi la prima sarebbe la capitale della Repubblica Achea di Tracia, a carattere più europeo, ellenico, circasso, nata dalla rivoluzione che rovesciò la dittatura filo-monarchica dopo un tentativo di Enosis alla Grecia negli Anni Settanta e guidata oggi dal Presidente comunista Alexis Tsipras, e l'altra sarebbe la capitale della Repubblica Anatolica di Troia, più asiatica, più turca, più anatolica, nata dalla guerra di liberazione condotta assieme a Mustafa Ataturk contro le forze d'occupazione greche e i loro sogni di Megali Idea è guidata oggi dal Presidente nazionalista Recep Tayyip Erdogan.

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Never75 ha voluto aggiungere:

Anch'io voglio sottoporvi le mie proposte di guerre di Troia alternative:

1) La Guerra di Tebe
Secondo una tradizione post-omerica (riferita tra gli altri da Erodoto) Elena e Alessandro (Paride) in fuga da Sparta approdarono in Egitto dove il faraone li trattenne a lungo, lasciando ripartire Elena di malavoglia.
Poniamo il caso che il faraone in carica (Horemheb o Seti II a seconda della datazione della vicenda) cada pure lui innamorato di Elena, come pare sia accaduto a tutti gli uomini che ha incontrato, e che finga di lasciarli partire, salvo poi farli inseguire dalla sua flotta. Elena viene rapita (per la terza volta!) e riportata in Egitto, mentre Alessandro muore nello scontro.
A questo punto i sovrani achei che sono già a Troia alla corte di Priamo pronti per dichiarargli guerra vengono raggiunti da questa notizia.
Urge vendicare l'onore dei sovrani troiani e greci. La maggior parte degli eroi di entrambi gli schieramenti (ora alleati) partono per l'Egitto. Tra di essi si possono annoverare tutti gli eroi omerici: sarebbe divertente vedere Achille ed Ettore, o Enea e Odisseo combattere dalla stessa parte.
Dopo un anno i greci e i troiani più i loro alleati arrivano alle cento porte di Tebe e pongono assedio alla città. Il faraone, ovviamente, di rilasciare Elena non ne vuole certo sapere e la guerra va molto per le lunghe.
Come nel videogioco "Age of Mithology" ora ad affrontarsi sono gli dei olimpici contro quelli egizi. Anubi contro Ades, Zeus contro Ra, Atena contro Iside, Hermes contro Thot ecc.
Ciò porta inevitabilmente a perdite enormi da entrambi le parti ed è pressoché inevitabile che il fior fiore degli eroi perisca comunque (Patroclo, Achille, Ettore, Aiace, ecc.).
Alla fine è il solito Odisseo a trovare una via d'uscita. Fa inscenare un finto litigio fra troiani e achei nei quali entrambi si rifiutano di proseguire la lotta.
Abbandonano quindi l'assedio e ripartono sulle loro navi mentre in realtà approdano su un'isoletta del Nilo poco lontana.
Lasciano però sulla spiaggia un'enorme Sfinge di legno, come dono per gli dèi egizi allo scopo di propiziarsi il viaggio di ritorno.
Nonostante qualche sacerdote di Ra proponga di bruciare il manufatto, il faraone e i suoi ministri lo vedono come buon auspicio e lo fanno entrare in città.
Tutto succede poi come da copione. Tebe viene distrutta, il faraone ucciso e l'Egitto entra nel caos.
Il ricchissimo bottino egizio viene equamente ripartito fra i sovrani alleati.
Per accontentare entrambi gli eserciti, sul trono d'Egitto vengono messi un troiano e una greca: immagino Troilo ed Ermione.
Troilo però preferisce abbandonare Tebe ormai distrutta per fondare una nuova capitale nel centro del Mediterraneo, più vicina sia all'Asia che alla Grecia.
Viene così fondata Alessandria, chiamata in onore del fratello ucciso.
Alcuni guerrieri egizi ce la fanno a fuggire da Tebe in fiamme che raggiungerebbero, dopo varie peripezie, la penisola italica, fondando varie città. Da qui la leggenda di Torino fondata da un principe egizio.
A voler essere perfidi si può ipotizzare che i capi greci alla fine non vogliano condividere il bottino coi troiani e che abbandonino l'Egitto prima di loro. Vanno quindi a Troia, praticamente indifesa, e la conquistino. In questo caso ai troiani superstiti non resta che rimanere in Egitto. Fatto sta che per l'Egitto i sovrani greci rimarranno per sempre un nemico.

2) Mosè nella guerra di Troia.
Difficile una datazione scientifica dell'Esodo, anche se oggi la maggior parte di storici e biblisti protendono per il regno di Merenptah.
Tutto si svolge come nel caso 1: i "Popoli del Mare" che invadono l'Egitto sono da identificare proprio nei greci e troiani che assediano Tebe perché il faraone ha rapito Elena.
A intrecciarsi con queste vicende c'è Mosè, impegnato a portare gli ebrei fuori dall'Egitto.
Inevitabile un'alleanza di Mosè con greci e troiani. Questi ultimi assediano l'Egitto dal di fuori, mentre Mosè scatena le Dieci Piaghe combattendo dall'interno. Anche qui, su suggerimento di Odisseo, a un certo punto troiani e achei fanno finta di ritirarsi.
Intanto, dopo l'ultima piaga, Merenptah acconsente che gli ebrei vengano liberati.
Mentre le porte di Tebe vengono aperte, alcuni soldati greci e troiani (vestiti da egiziani) penetrano all'interno.
Il faraone non ci rassegna e fa inseguire i fuggitici mettendosi a capo dell'esercito.
A questo punto scatta la trappola.
Mentre gli ebrei passano il Mar Rosso (o Mar delle Canne) senza problemi, gli egizi vengono assaliti alle spalle da greci e troiani. In pratica non hanno scampo e vengono tutti massacrati.
Greci e troiani poi raggiungono Tebe, le cui porte vengono aperte dalle spie intrufolatesi precedentemente, e la saccheggiano.
Tutto si svolge più o meno come nell'ucronia precedente solo che qui sia i greci che i troiani, assai colpiti dai prodigi di YHWH, lo considerano assai più potente delle loro divinità e si convertono quasi tutti alla nuova fede.
Troilo, diventato nuovo faraone, concede agli ebrei la Terra Promessa e obbliga tutto il suo popolo alla conversione al Dio unico.
Così fanno la maggior parte di greci di ritorno alle loro città.
Solo i transfughi egizi rimangono politeisti e quindi anche le loro città fondate in Italia lo restano.

3) Il Faraone Odisseo.
Nel XIV Canto dell'Odissea, in uno dei brani forse più belli dell'intero poema, il protagonista in incognito incontra il guardiano di porci Eumeo e gli racconta la propria vicenda, infarcendola di verità e menzogne, come suo solito.
Descrive che, durante il viaggio di ritorno da Troia, lui e i suoi compagni arrivarono in Egitto ("al quinto giorno arrivammo all'Egitto bella corrente, / ancorai nel fiume Egitto le navi ben manovrabili") e i suoi compagni compiono stragi nella Terra dei Faraoni.
Coinvolto personalmente nella battaglia, Odisseo si salvò soltanto arrendendosi al faraone. Fece comunque carriera e accumulò ricchezze, ma alla fine volle ritornare a casa sua.
Poniamo invece che Odisseo rimanga in Egitto. Con la sua astuzia potrebbe addirittura divenire lui stesso faraone, magari legittimandosi impalmando una principessa reale. In questo caso assisteremmo a un'ellenizzazione anticipata di mille anni. Come cambierebbe la Storia futura con un Egitto già grecizzato?

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Gli replica Bhrg'hros:

In tutti e tre i casi (che poi dal punto di vista linguistico sono riducibili a due) è cruciale calcolare la misura dell'Ellenizzazione o Troianizzazione dell'Egitto. Da Alessandro Magno alla Conquista Musulmana, a parte le nuove fondazioni come Alessandria (che non faceva propriamente parte dell'Egitto), l'Ellenizzazione non ha mai cancellato la lingua egizia, superando perfino la prova epoca della Conversione al Cristianesimo, che invece ha provocato una frattura più sensibile e notevole a livello culturale.

Comunque, riguardo a Troia la questione fondamentale è sempre quale lingua parlasse: sicuramente indoeuropea, ma anatolica (in tal caso luvia o etrusca) o no (quindi misia)? Tutto sommato propendo per il misio.

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Paolo Maltagliati si informa:

Posso saperne il motivo? Te lo chiedo perché non conosco abbastanza i dati storici per immaginare le dinamiche delle migrazioni di popoli della penisola anatolica occidentale.

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E Bhrg'hros non si fa certo pregare a spiegargli:

Il luvio ha come principale argomento il fatto che a Troia l'unico documento scritto mai trovato è un sigillo in luvio geroglifico; purtroppo però si tratta, a quanto pare, di un pezzo d'importazione. L'etrusco ha come ragione più forte di essere sicuramente connesso al lemnio, di cui si discute ferocemente se sia indigeno oppure introdotto da Etruschi in epoca tarda (romana): se il lemnio è originario (ma gli idronimi di Lemno suggerirebbero di no) e l'etrusco è importato in Italia (come suggerirebbero gli idronimi toscani, che sono italici e non etruschi), allora gli Etruschi devono essere venuti da Lemno o suoi dintorni e, siccome da un lato esiste la Tradizione Erodotea dell'origine lidia degli Etruschi e dall'altro l'etrusco presenta realmente la stessa fonetica storica del lidio (che, purtroppo, è ancora meno documentato dell'etrusco, ma in compenso è sicuramente riconoscibile come lingua indoeuropea anatolica), allora la spiegazione più semplice è che gli Etruschi siano arrivati da una zona dell'Anatolia vicina a Lemno e il fenomeno storico più noto che può aver prodotto questo risultato è la fuga da Troia.

Il guaio è che i Dardani di Enea e in generale gli Eroi Troiani (N.B. non solo e non tanto i Traci di Reso, che ovviamente sono appunto traci) presentano nomi traci o dacomisî (il nome di Priamo è però luvio). In epoca classica, la lingua anellenica della Troade è il frigio, tradizionalmente ritenuto di provenienza balcanica (anche questo è discutibile); l'altra lingua preellenica della zona, appena più a Sud, è il misio (non il lidio, anatolico, ma più meridionale, anche se si pensa che venga da Nord), anch'esso fornito di note connessioni nordbalcaniche (il dacomisio di Mesia, di cui abbiamo parlato nell'ucronia gotogallotracia).

Che cosa ci dicono i nomi di luogo? Sappiamo che i Greci hanno assunto il nome di Efeso come minimo da epoca tardoindoeuropea (invece quello di Lesbo dal protoluvio o dal misio, non si può decidere). Il nome di Troia ha, in greco, sia /ŏ/ breve (omicron) sia /ō/ lunga (omega): il fonema indoeuropeo */ŏ/ breve è diventato ⁽*⁾/ă/ in tracio, dacomisio (nell'antroponimia troiana è sia /ă/ sia /ŏ/) e luvio (ma era ancora */ŏ/ in protoluvio), generalmente (tranne che in vicinanza di consonanti labiovelari) anche in lidio, in posizione non accentata pure in etrusco (c'è un caso di /u/, ma potrebbe essere una resa del greco, perché il termine può essere mutuato dal greco); il fonema indoeuropeo */ō/ lungo è rimasto tale in dacomisio (dove poi è passato a /ö/ e infine /e/), tracio e frigio (nei quali poi è passato a ⁽*⁾/ū/) e in protoluvio (per poi diventare /ā/), mentre in lidio l'unica attestazoine presenta /ā/ e in etrusco notoriamente manca /ō/, che viene reso graficamente con <u> (anche se gli etruschismi in latino distinguono alcune /u/ etrusche, che in latino sono rese con /ō/, da altre /u/ etrusche, che sono rese con /ū/, quindi forse l'etrusco conservava l'opposizione fra */ō/ e */ū/, senza però renderla graficamente; altrimenti, gli esonimi latini preservano una condizione arcaica dell'etrusco poi semplificatasi con la fusione di */ō/ e */ū/ in /u/).

Se i Greci hanno assunto il nome di Lesbo esattamente a quota cronologica protoluvia oppure misia (né prima né dopo), anche il nome di Troia deve risalire a quell'epoca (o magari dopo, ma non prima). In tal caso, il nome – con /ŏ/ e /ō/ – può essere protoluvio o frigio (non tracio né dacomisio né etrusco né lidio); se è frigio e i Frigi non sono originarî della zona, allora il frigio deve averlo mutuato dalla lingua precedente, che poteva essere il protoluvio (o il suo antenato protoanatolico) o l'antenato del dacomisio (in cui */ŏ/ esisteva ancora), mentre se i Frigi sono originarî della zona (anche se non proprio della Troade; basta l'Ellesponto) possono aver conservato il nome direttamente da epoca indoeuropea. Ora, siccome l'unico appiglio per un'origine balcanica dei Frigi è l'etnonimo Bríges, davvero troppo poco per giustificare la Migrazione di un intero popolo con la sua lingua, è più economico lasciare i Frigi in Frigia Minore (presso l'Ellesponto), per cui il nome greco di Troia può essere tratto dal frigio (che a sua volta lo conosce da epoca indoeuropea) oppure dal protoluvio.

I Greci classici ovviamente ritenevano che la lingua di Troia fosse il frigio, perché alla loro epoca era quella la lingua preellenica della Troade. I Greci devono aver assunto il nome di Troia al più tardi all'epoca della Guerra di Troia; il protoluvio è invece anteriore al luvio, che è attestato già parecchio prima della Guerra di Troia. Se dunque i Greci hanno assunto il nome di Troia all'epoca della Guerra di Troia, l'hanno preso dal frigio (e quello di Lesbo quindi dal misio), se invece la conoscevano già prima possono averlo preso (sia quello di Troia sia quello di Lesbo) dal protoluvio (non direttamente dall'indoeuropeo né dal protoanatolico, perché quello di Lesbo non può essere anteriore alla fase protoluvia o misia). Tenuto conto di tutto questo, che i nomi dei Troiani sono traci o dacomisî (il tracio era parlato in Bitinia, il dacomisio in Misia; nella città di Bisanzio sono presenti entrambi, il tracio a Nord e il dacomisio a Sud) e che il sigillo luvio geroglifico di Troia è fortemente sospetto di importazione, opterei per una mutuazione del nome di Troia in greco dal frigio (e quello di Lesbo dal misio), anche se certo la datazione dell'esonimo greco di Efeso all'indoeuropeo permetterebbe anche una mediazione protoluvia (non si capisce però perché allora non lidia, visto che Efeso era in Lidia; ipoteticamente si potrebbe risalire a una fase protolidia per il nome di Troia, ma quello di Lesbo non si spiega né col lidio né col protolidio né col protoanatolico e, da Efeso, si conosce prima Lesbo che Troia).

I Dardani balcanici sono dacomisî; i nomi dei Dardani troiani sono in accordo con la stessa lingua, quindi Enea parlava più verosimilmente misio (e così pure potevano altri Troiani oltre ai Dardani). Il nome di Priamo è luvio (in teoria può essere anche di altre lingue, ma in luvio è attestato ed è trasparente); questo significa che a Troia almeno l'onomastica luvia doveva essere nota, se non anche la lingua (ciò spiegherebbe ancora meglio l'importazione del sigillo in luvio geroglifico). Altri nomi di Troiani sono traci e nel caso di Reso abbiamo la conferma della Tradizione che così fosse (ce ne possono essere stati altri casi). I nomi troiani che presentano il fonema /ŏ/ breve non possono essere né traci né dacomisî né lidî né etruschi né luvî (né, per ragioni cronologiche, protoluvî), quindi quando non sono greci devono per forza essere frigi; per contro, i nomi troiani che presentano /ă/ da /ŏ/ breve indoeuropea possono essere di tutte le altre lingue, ma non frigi, quindi per economia saranno anzitutto dacomisî (come i Dardani) o traci o luvî (niente ci obbliga a ipotizzare che siano anche – come pure in teoria possibile – etruschi o lidî).

Il quadro è quindi di un'onomastica troiana perlomeno tracia, misia, frigia e luvia; il toponimo greco nelle due varianti può venire (tenuto conto anche di Lesbo) dal frigio o dal protoluvio. Qual era la stratificazione cronologica di queste quattro lingue? Il luvio è l'unica che poteva essere tanto prestigiosa da essere usata (nell'onomastica) senza essere parlata; il tracio è la più lontana e infatti Reso è un alleato (anche altre famiglie troiane potevano essere arrivate come Reso); frigio e misio (se il dardanico è misio) devono essere indigene, ma quale c'era prima? La norma areale per cui, quando un fenomeno linguistico è attestato su due lati e un altro in mezzo fra i due, quello in mezzo è più recente ci impone di considerare più recente il frigio, poiché il misio risulta attestato sia sùbito a Nord di Troia sia naturalmente a Sud (in Misia). Perciò, alla fine, concluderei che la lingua indigena di Troia sia originariamente il misio, cui si è successivamente sovrapposto il frigio, con apporti etnici traci e superstrato luvio.

Priamo ed Ettore accettano la resa di Agamennone e Menelao (immagine creata con openart.ai)

Priamo ed Ettore accettano la resa di Agamennone e Menelao (immagine creata con openart.ai)

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Ecco invece il parere di Never75:

Non so voi, ma io ho sempre tifato per i troiani: penso che sia normale stare dalla parte dei più deboli. Il più odioso tra gli Achei per me è Agamennone: lo trovo irritante, violento, irresponsabile e stupido. Infatti è per colpa sua che Achille non vuole più combattere e per poco gli Achei non ritornano a mare. Diciamo che si è più che meritata la fine che farà ritornato in patria. Mi spiace che per colpa sua ci vada di mezzo anche la povera Cassandra...

Del resto, la lite stessa tra Achille e Agamennone che dà origine all'Iliade sembra più un bisticcio tra ragazzini figli-di-papà e viziati più che tra prodi guerrieri, con Achille che mette il muso e non vuole più giocare. Quello che vedo con più palle è Patroclo: alla fine il suo è praticamente un sacrificio. Sa di non aver speranze contro Ettore, ma lo sfida lo stesso. Menelao mi fa pena non solo perché cornuto, ma perché è quasi sempre succube del fratello maggiore. In pratica non conta nulla di per sé, anche se Omero ha un debole per lui. Il mio preferito tra gli Achei è Odisseo, ma è una scelta ovvia...

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Non può mancare l'intervento di William Riker:

Durante il regno del re ittita Muwatalli II, durato dal 1295 al 1272 a.C., il non meglio identificato Piyama-Radu, re degli Ahhiyawa (quasi certamente gli omerici Achei), con un colpo di mano improvviso marciò contro il regno di Wilusa, vassallo di Hatti, rimuovendone il sovrano filoittita. Questo evento bellico, datato circa al 1280 a.C., è narrato nella cosiddetta "Lettera di Manhapa-Tarhunta", una tavoletta ittita giunta quasi intatta sino a noi. L'episodio narrato, per coincidenza cronologica quasi assoluta con i testi classici e per lo svolgimento dei fatti, è probabilmente alla base dell'epopea della Guerra di Troia (Wilusa è da identificarsi con la omerica Ilio). La reazione di Muwatalli non si fece attendere: il sovrano inviò immediatamente un contingente agli ordini del generale Kassu che riconquistò Wilusa, installando su quest'ultima un nuovo re-vassallo, Alaksandu, identificato da alcuni con l'omerico Paride, chiamato anche Alessandro. Ora, supponiamo che il colpo di mano di Piyama-Radu non riesca, e che Wilusa/Troia resti sempre in mani ittite. A questo punto la leggenda dell'epica guerra combattuta dagli Achei contro la città di Priamo non nasce; come cambia la storia della Grecia, senza un riferimento storico così importante alla base della sua civiltà? E quale leggendaria epopea canterà Omero per i nobili greci dell'ottavo secolo avanti Cristo? Io propongo l'impresa degli Argonauti:

« Cantami, o diva, del possente Giàsone / l'eccelsa impresa, che infiniti addusse / lutti a li Colchi... »

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Cui replica immediatamente Bhrg'hros:

Bellissima ucronia! Fra tutte, è quella più vicina al lavoro che sto svolgendo in questi ultimi anni (la toponomastica troiana). Gli Argonauti sono manifestamente il nucleo epico che ha preceduto il Ciclo Troiano (ce n'è ancora l'eco nei Poemi Omerici; il riferimento si ricava dal fatto che gli avvenimenti sono posti nella “generazione” eroica anteriore), quindi la proposta coglie perfettamente nel segno. Se vogliamo cercare ancora più in là, l'Odissea recupera citazioni da miti noti ma non più ‘di moda', anzitutto i Feaci, più vaghi di tutti i Lestrigoni. Una vera e propria censura riguarda invece gli Iperborei (Omero, incredibilmente, non li cita mai): si discute se fossero completamente obsoleti oppure, al contrario, una ‘nuova moda' incompatibile col resto. La seconda ipotesi è seducente, ma il fatto che comunque poi non abbiano avuto séguito e che, d'altra parte, le scarse testimonianze in materia siano immersi in contesti quanto mai arcaici fa propendere per la prima.

Poi, naturalmente, sarebbero venute le Guerre Persiane, con possibile ricaduta epica in mancanza di Omero (storicamente l'hanno avuta solo nella Tragedia). Come al solito, Atlantide anche in questo caso rimane un mistero: Platone forse cerca di spiegarlo indicando nella Tradizione Egizia la fonte di Solone, ma siccome i fatti sono indoeuropei e in Egitto non se ne è finora trovata traccia è molto più logico concludere che si tratti di una tradizione aristocratica di famiglia (come tante altre in Platone, segnatamente il Mito della Caverna, un racconto dimostrabilmente indoeuropeo conservato genuinamente da Platone).

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Iacopo aggiunge:

E chi fonderebbe Roma? Medea in fuga da Iolco? Un Eraclide? E soprattutto, come morirebbe Achille? (Se Achille non fosse mortale, come nota Kerenyi, l'intera esperienza religiosa greca non avrebbe senso).

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Subito gli risponde Bhrg'hros:

Per Roma abbiamo la risposta sicura e completa grazie alle ricerche di Emilio Peruzzi: la Tradizione pone proprio sessant'anni prima della distruzione di Troia l'insediamento arcadico di Evandro sul Palatino (il mito era ben conosciuto nell'Antichità e certamente senza Enea sarebbe stato adottato come fondante, anche perché oltretutto risulta storicamente perfino più veridico – e ribadisco che considero affidabile anche quello troiano).

Invece per Kerényi sparo la mia boutade meridiana: senza l'Archetipo di Achille, la Religione Greca sarebbe molto più platonica (concretamente intesa come imbastita sui Miti di Platone, che in realtà erano appunto indoeuropei).

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Interloquisce Never75:

Oppure, secondo Graves (la dea bianca) e Frazer il substrato della Dea Madre sarebbe ancora più preponderante.

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Bhrg'hros continua, entusiasta:

Hai proprio citato due Autori memorabili. Oggi si può aggiungere che lo Strato ‘Matriarcale' non era un sostrato etnico, ma una fase indoeuropea (quindi, in Grecia, non un popolo preellenico, ma il retaggio dell'epoca neolitica degli stessi Greci, che per l'evidenza genetica scoperta negli ultimi quindici anni sono in schiacciante maggioranza i Discendenti dei primi Agricoltori arrivati in Europa per onda demica). Un corollario è che tale fase è diventata residuale all'interno della Comunità stessa, per cui le modalità di riemersione sarebbero comunque identiche a quelle storicamente osservabili, con o senza Ciclo Troiano.

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Tommaso Mazzoni obietta:

Beh, però la proposta testualmente non è che la Guerra di Troia non avvenga, ma che Piyama-Radu /Agamennone fallisca il colpo. Il poema epico della gloriosa vittoria Troiana ci sarebbe comunque, sarebbe Ittita, invece che Greco...

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E Never75 aggiunge:

Tra l'altro Piyama-Radu ha assonanze con Priamo. Magari, nella verità storica, la guerra di Troia fu un conflitto intradinastico tra padre e figlio?

Oltre agli Argonauti, sarebbero state molte altre le vicende greche che potrebbero essere state "tradotte" in poemi epici (orali): la materia prima non mancava di certo. E magari alcune di esse lo sono anche state, peccato non si siano tramandate fino a noi. Pensiamo alle vicende di Teseo, Perseo, Eracle o alla vicenda dei Sette a Tebe che per certi versi può essere interpretata quasi come una premessa generale alla Guerra di Troia. Anche lì si affrontarono fior fiore di eroi, anche lì gli dèi entrarono in gioco, anche lì si assistette a drammi familiari (Eteocle vs Polinice, Creonte vs Antigone).

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Anche Iacopo ha qualcosa da aggiungere:

Ho delle remore ad accettare il testo di Graves come storico, perché lo ascrivo a un genere diverso: la letteratura religiosa in senso stretto. Comunque, senza l'esperienza religiosa della commozione di fronte alla mortalità, non avremmo la Riforma Dionisiaca (niente Ciclo Tebano, Zeus lascia morire il figlio di Semele), e dunque la religione dei Misteri sarebbe puramente materna e dunque etnica. Senza ecumenismo misterico niente Secondo Cristianesimo

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E ora, l'idea contraria di Enrica S.:

Che succede se avviene il viceversa? Se cioè se gli Ahhiyawa conquistano l'impero ittita in decadenza, e Agamennone o Menelao o chi per esso si trasforma in un Alessandro Magno ante litteram? L'ellenismo in salsa micenea nascerà prima... la Bibbia sarà scritta in Lineare B?

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A risponderle è il solito Bhrg'hros:

Perbacco! È una sfida seducente.

Di primo acchito verrebbe da dire: degli Alessandri Magni ante litteram sono esistiti veramente, soltanto non erano ellenofoni come Agamennone o Menelao bensì Misî e Frigi. Invece dell'Ellenismo c'è stata l'egemonia frigia. Certo non è arrivato nel Canaan, ma forse a Cipro sì (il 'Frigismo' intendo). Quindi la domanda riformulata è se l'ucronico Micenoellenismo sarebbe stato diverso dallo storico Frigismo. L'unico aspetto sicuro - perché ovvio - della risposta è che dal punto di vista linguistico sarebbe stato diverso; greco e frigio sono, va ricordato, così vicini che ognuno dei due rappresenta la lingua più simile all'altro, ma naturalmente nell'ultimo quarto del II. millennio a.C. erano diverse senza se e senza ma (benché questo valga anche, *all'interno del greco*, per l'antico macedone: un dialetto greco così diverso dagli altri dialetti greci che tuttora molti studiosi non lo considerano nemmeno greco - è un puro fatto di classificazione, la sostanza non cambia). Teniamo comunque presente che il greco che si sarebbe diffuso col Micenoellenismo non è la koiné (ionico-)attica, bensì una forma di arcado-ciprio e che l'espansione in Anatolia avrebbe prodotto una varietà che possiamo immaginarci come un panfilio senza, di quest'ultimo, gli elementi tipicamente greci di I. millennio (come la labializzazione di /kw/ in /p/ &c.). Ne consegue che il Micenoellenismo avrebbe diffuso una sorta di cipro-panfilio e che la Storia seguente sarebbe stata - dal punto di vista linguistico - come quella di Cipro e della Panfilia, non come Atene e Sparta.

Diversa è la questione grafica. Qui si può affermare con una certa sicurezza che la stesura della Bibbia - ammessa un'estensione del Micenoellenismo (che chiamerei 'Acheismo') fino al Canaan - perlomeno nelle forme che conosciamo come postesiliche sarebbe stata in un alfabeto anziché in Lineare B, sia perché tutte le altre scritture della regione sono state sostituite entro quell'orizzonte cronologico - se non lo erano già - da abjad (scritture solo consonantiche) o veri e proprî alfabeti sia perché la stessa Grecità attesta in modo lampante l'introduzione dell'alfabeto, tutto ciò con l'unica significativa ma parziale eccezione della stessa Cipro.

Quanto al rapporto col territorio, l'Ellenismo - persino con l'inclusione della fase greco-romana - dimostra che il greco si è impiantato nelle città (più in quelle di nuova fondazione che nelle precedenti), ma che le aree rurali sono in grandissima maggioranza rimaste preelleniche, persino in Anatolia fino in età bizantina. Un anticipo dell'Ellenismo di un millennio scarso non avrebbe avuto maggiore successo, anzi più probabilmente ne avrebbe avuto meno, perché per mutare il panorama linguistico bisognerebbe retrocedere almeno al Neolitico; è però innegabile che il frigio e forse il misio potrebbero essere stati introdotti dall'esterno dell'Anatolia proprio tra II. millennio a.C. e inizio del primo.

La questione più importante riguarda la cultura: l'Acheismo avrebbe prodotto una civiltà diversa dal Vicino Oriente che conosciamo per i primi tre quarti del I. millennio a.C.? Una grande Panfilia, oltretutto più ciprizzante e più lontana dalla Grecità del I. millennio rispetto a quella storicamente nota, sarebbe stata diversa dalle varie Cilicia, Licia, Caria, Lidia, Frigia &c. storiche? Dati i profondi legami culturali degli Achei del II. millennio a.C. con l'Anatolia, viene da pensare che l'Acheismo ucronico sarebbe stato altrettanto anatolizzante di quanto lo sono state la Cappadocia, Cilicia, Licia, Caria, Lidia, Frigia &c. storiche.

Per tornare alla Bibbia, l'Acheismo avrebbe prodotto qualcosa di simile al Giudeo-Ellenismo e ai Settanta? A parità cronologica, l'acheo (panfilio) avrebbe ricoperto il ruolo dell'aramaico nella cultura ebraica? Qui sta il nuovo punto di divergenza ucronico, che però è una costellazione: dall'affiliazione linguistica dell'Anatolia alla fine del II. millennio a.C. non consegue di necessità alcuna opzione precisa per la storia politica del I. millennio, quindi tutti gli sviluppi sono possibili...

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E l'esperto Perchè No? aggiunge:

Un momento! Eccezion fatta per il regno di Muwatalli II, l'impero ittita non era in decadenza; al contrario é il suo momento di gloria, con la vittoria a Qadesh contro Ramesse II; gli Assiri costituivano una minaccia ma poteva ancora essere controllata, e lo stesso dicasi per i loro nemici locali, i Gasgas.

Però dopo Muwatalli c'é un periodo di guerra civile tra suo figlio Mursili III e il fratello di Muwatalli, Hattushili III, che potrebbe rappresentare un momento di debolezza. Dopo di esso, Hattushili III riprende tutto in mano e restaura la potenza del paese (anche se ha subito una sconfitta senza conseguenze contro Salmanassar I) e firma uno trattato di pace con Ramesse II. Non me li vedo gli Achei, un popolo marinaio, che arrivano sulle loro navi ed avanzare cosi lontano nelle montagne dell'Asia minore per distruggere uno dei più potenti imperi dell'epoca, difeso dalle sue immense fortezze di pietra (basta vedere le rovine della loro capitale). Potrei giocare però sull'esito della guerra civile tra gli Ittiti.

a) Mursili III interviene: Gli Achéi assediano Ilio, la città luvia alleata degli Ittiti, mentre Mursili III riesce a prendere e a giustiziare suo zio. Mursili é pero un "piccolo re" (come é definito dai testi ittiti) e un pessimo guerriero. Le sue decisioni permettono all'Assiria di Salmanassar I e all'Egitto di Ramesse II di riprendere la guerra contro gli Ittiti, che sono vinti. Questa sembra agli Achei una buona occasione per espandersi, bruciando le coste sotto dominazione ittita fino alla Siria e a Cipro, oltre ad assediare Ilio. Questo convince Mursili ad ingaggiare battaglia, arriva lui stesso in aiuto di Ilio. La battaglia é terribile e vede Achille tagliare la testa all'imperatore ittita dopo un astuto movimento di Ulisse. Ilio cade lo stesso ma più rapidamente, dopo la fine delle sue speranze. Gli Achei sono ancora abbastanza in gamba per conquistare le coste e inviare spedizioni di pirateria in tutto il Medio Oriente. La morte di Mursili provoca il crollo dell'impero ittita e permette agli Assiri di sorgere più rapidamente, lottando in Siria contro gli Egiziani.

b) Hattushili III interviene: Gli Achéi assediano Ilio ma la città luvia chiede l'aiuto di Hattushili III, che ha impedito a suo nipote di salire al trono. Hattushili sembra essere stato un guerriero forte e un vero bastardo capace di astuzia sottile (e sua moglie Puduhepa aveva una fama simile). Hattushili III decide di intervenire per dare una dimostrazione di potenza agli altri popoli orientali. L'intervento massiccio di Hattushili III si conclude con la morte di Agamennone, rovesciato dagli immensi reggimenti di carri ittiti. Gli Achei sono vinti ma non accettano di arrendersi. Hattushili non vuole un bagno di sangue perché ha altre gatte da pelare in seguito, e offre agli Achei l'alleanza e l'occasione di una gloria ben più alta. Ilio diventa una provincia ittita vera e propria, e il suo re Aleksandu (Paride) è sostituito con il fratello del re, il principe Kurunda. Gli Achei sono inviati a conquistare Cipro alleati con gli Ittiti, a bruciare le coste di Canaan sotto controllo egiziano e persino ad attaccare il Basso Egitto. Per terra Hattushili fa movimento con Achille, designato come capo degli Achei e con Ulisse (lui e Hattushili sono fatti per intendersi). Gli Achei guadagnano una fama gloriosa di mercenari terribili, permettono ad Hattushili di vincere i barbari Gasgas ma anche di uccidere Salmanassar nella battaglia di Karkemish (Achille riporta con le sue mani la testa del re Assiro). Gli Assiri non sorgeranno mai come impero. Hattushili riprende anche la guerra contro l'Egitto, nella seconda battaglia di Kadesh Ramesse II perde un'altra volta e deve firmare un trattato che attribuisce agli Ittiti tutta la Siria e Canaan; gli Egiziani si ritirano in Egitto. Come ricompensa, Hattushili permette agli Achei di fondare regni e città nelle terre conquistate, sopratutto sulla costa dell'attuale Palestina, dove avranno problemi con gli indigeni locali...

Achille... combatte con gli Egiziani contro gli Ittiti!

Achille... combatte con gli Egiziani contro gli Ittiti!

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Allora Enrica S. riprende la parola:

Complimenti per la tua perfetta conoscenza della storia ittita, Perchè No? ! Gli scenari da te proposti sono davvero affascinanti. Questo mi porta a pensare a tre possibili spin-off:

1) Sia che tagli la testa del re Assiro, sia che decapiti il sovrano Ittita, è evidente che Achille non è stato colpito da Paride al tallone. Ciò ci porta dunque ad immaginare cosa avrebbe fatto Achille Piè Veloce se fosse sopravvissuto alla Guerra di Troia e se ne fosse tornato nella natia Ftia. Forse vivrà peripezie simili a quelle di Achille, e verrà scritta una Achilleide. Forse, dopo la morte di Agamennone per mano di Clitemnestra, sarà lui a diventare il re più potente della Grecia.

2) In Canaan si stanziarono effettivamente i Filistei, popolo indoeuropeo e quindi parente dei Micenei, che diedero parecchio filo da torcere agli Ebrei, uccidendo tra l'altro Re Saul nella Battaglia di Gelboe (1010 a.C.) Essendo i Micenei più potenti, gliene avrebbero dato ancora di più. Te lo immagini un libro biblico che racconta le guerre combattute da Achille e dai suoi discendenti contro Gedeone, Sansone, Davide?

3) Dopo la Seconda Battaglia di Kadesh e la disfatta egiziana, un generale ambizioso come Horemheb (che fece avvelenare Achenaton) potrebbe emergere nel Paese di Kem approfittando della morte del primogenito del Faraone nella decima e più terribile piaga d'Egitto (forse una pestilenza portata in patria proprio dai reduci della guerra con gli Ittiti: si sa che i movimenti di truppe portano sempre alla diffusione delle pestilenze, come ci racconta il Manzoni) e prendendo il potere, detronizzando i Ramessidi della XIX Dinastia. Suo scopo di vita sarebbe quello di riprendere Canaan e la Siria. Questo potrebbe portare a una vera e propria guerra mondiale dell'evo antico, con i Micenei alleati degli Ittiti e gli Assiri e il Mitanni alleati degli Egiziani. Inter arma enim silent leges...

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E Perchè No? ribatte:

Non é una perfetta conoscenza della storia ittita, ma solo informazioni che puoi trovare dovunque su internet e molto (moltissimo!) di interpretazione e drammatizzazione. Ma ormai gli eventi dell'impero sono abbastanza ben conosciuti, sopratutto Hattushili III ha lasciato un lungo racconto biografico dove narra perché ha dovuto rovesciare l'incapace figlio di suo fratello.

Comunque, é vero che ho fatto sopravvivere Achille senza spiegare il perché, però mi sembrava che un intervento ittita nella guerra di Ilio avrebbe cambiato completamente il suo esito. E poi vedere Achille sopravvivere é anche una bella ucronia letteraria. Così mi viene in mente anche che Ulisse potrebbe essere lanciato in una vera odissea terrestre sulle vie dell'Oriente come un Senofonte ante litteram per la sua anabasi!

Inoltre pensavo a uno scambio Filistei/Micenei con tutti i cambiamenti nel testo nella Bibbia che ne conseguono. Quale potrebbe essere il racconto della lotta tra Davide e il Golia miceneo di turno, raccontato dal punto di vista miceneo sotto forma di epopea? Sansone potrebbe diventare proprio un eroe alla greca!

Per l'Egitto immaginavo anche una morte prematura di Ramesse II nella seconda battaglia di Qadesh. Allora possiamo immaginare il racconto omerico della lotta tra Achille e i cento figli del Faraone (un numero proprio eroico ma provato dall'archeologia, che ha scoperto nella Valle dei Re la tomba comune di questi figli). Ma proprio questa abbondanza di eredi può garantire che la dinastia non finisca così presto (forse una guerra tra figli? Ma ho i miei dubbi): al posto di Ramesse II sale sul trono Ramesse III, conosciuto come il generale e defunto principe erede Ramesse, o il sapiente Khâemouaset, chiamato tra l'altro il primo egittologo; Merneptah veniva solo in 13esima posizione nella linea di successione.

Dunque possiamo riscrivere tutta la storia del Medio Oriente in salsa omerica!

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Interviene il solito Lord Wilmore:

Per i miei canoni la tua E' una perfetta conoscenza degli Ittiti. Comunque hai pensato che i serpenti inviati contro gli Ebrei durante l'esodo nel deserto potrebbero essere collegati al serpente Pitone? I Greci lo avrebbero evocato e mandato contro gli Ebrei per vendicare la morte del figlio primogenito del Faraone, ma Miriam, sorella di Mosè, lo avrebbe sconfitto diventando la prima Sacerdotessa con il titolo di Pizia, introducendo questo ruolo presso gli Ebrei, mentre Mosè su consiglio divino avrebbe innalzato il serpente di bronzo capace di guarire dai morsi delle serpi, in seguito preso come metafora della crocifissione di Gesù. Hai ragione tu, si potrebbe riscrivere così tutta la Bibbia!

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Perchè No? allora torna alla carica:

Peccato che far sopravvivere Achille annienti la leggenda della scelta di Achille, che preferì una vita breve ma gloriosa ad che una vita lunga ma oscura. Ma comunque, anche se lasciamo perdere il ruolo degli Ittiti a Ilio possiamo immaginare un'altra conseguenza dello "sciopero del massacro" di Achille quando si offende dell'indelicatezza di Agamennone, che si è preso Briseide. Se Achille, piuttosto che ritirarsi, diserta con i suoi uomini e parte verso l'Est a cercare la gloria come pirata? Achille condottiero dell'età del bronzo?

A proposito, gli Ittiti erano più avanzati di tutti gli altri nella metallurgia del ferro, e avevano armi di ferro a quell'epoca. Possibile che i nostri eroi mettano la mano su qualcuna di queste armi divine create da Efesto stesso?

Ottima l'idea dei serpenti dell'Esodo; il legame sembra logico, ancora di più se pensi che il Greco Pitone é stato identificato più tardi con il dio egiziano Apophis. Ma una Pizia ebrea in Palestina, questo sarebbe un cambiamento enorme! Quale ruolo vedi per lei nella religione degli Ebrei? Con loro tantissimi profeti avranno bisogno di lei?

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Lord Wilmore risponde a stretto giro di posta:

Sì, avevo pensato a quella leggenda, ma potrebbe essere intesa in un altro modo. Le acque dello Stige davano l'immortalità, perciò se Teti avesse immerso completamente Achille, questi sarebbe diventato un dio della guerra. Ma Achille sceglie di non essere immortale per condividere la gloria dei suoi amici e morire in battaglia, un po' come i Klingon di Star Trek (proverbiale il loro grido di battaglia: "It's a good day to die!") E così Teti lascia fuori il tallone, Achille è mortale ma senza limiti di tempo.

In questo caso Achille può sopravvivere, convince Patroclo (suo amante, oltre che suo amico) a seguirlo, questi non è ucciso da Ettore, e i due baldi giovanotti se ne vanno a zonzo per il Mediterraneo a vendersi al migliore offerente, Ramesse II incluso. Potrebbe essere il testardo Achille a convincere Ramesse a non lasciar partire Mosè nonostante infurino le piaghe d'Egitto, alla fine anche il primogenito di Achille muore, l'eroe cede e Mosè se ne va con il popolo ebraico. Poi però in cerca di vendetta evoca Pitone/Apophis e lo invia contro gli Ebrei. Anche stavolta il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe si dimostra più forte di Apollo e di tutti gli déi egizi, e i serpenti sono liquidati. I Filistei potrebbero essere discendenti di Achille, e ciò spiegherebbe l'attrito che li divide dal popolo ebraico!

In realtà non credo che il profetismo femminile cambierebbe in modo così sconvolgente il Giudaismo. Certo, la Pizia non sarebbe una prostituta sacra, ma una donna dotata di un "telefono rosso" con il Cielo come Elia, Isaia, eccetera. Quando Gesù Bambino è portato al Tempio per la circoncisione, il vecchio Simeone e la profetessa Anna lo riconoscono come il Messia, dunque donne dotate del carisma della profezia c'erano già. Prima di ingaggiare battaglia a Gelboè, anziché dalla Negromante di Endor, Re Saul consulterà una di queste Pizie per farsi evocare lo spettro di Samuele e conoscere in anticipo l'esito (disastroso) della battaglia. E Davide durante la sua fuga da Saul potrebbe essere rifocillato da queste sacerdotesse, poi fatte ammazzare da Saul per vendetta. Non è escluso allora che anche alcuni Apostoli di Gesù possano essere donne!

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Allora prende la parola Massimiliano Paleari:

Gli storici (anche se non vi è l'unanimità a riguardo) ritengono che le donne nella civiltà minoico-cicladica godessero generalmente di una posizione invidiabile per gli standard dell'epoca e anche di quelle successive, sia per quanto riguarda la sfera privata/familiare, sia in relazione a quella sociale. Vi sono diversi, anche se piccoli, indizi a riguardo. La civiltà minoica fu però "sommersa" definitivamente nel XIII-XII secolo a.C. da quella micenea (oltre che da una serie di devastanti terremoti e maremoti). I rozzi conquistatori giunti dal nord maneggiavano il ferro, mentre i minoici erano fermi al bronzo, e questo diede ai primi un incolmabile vantaggio militare. Le donne dei Micenei (e più in generale dei popoli indoeuropei invasori), si sa, erano relegate ad un ruolo di assoluta sudditanza nei confronti degli uomini. La civiltà greca risentì non poco di questo dato di partenza, così come il mondo antico più in generale (la civiltà greco/romana per intenderci). La "staffetta" tra questa e il Medioevo cristiano non fece che confermare la posizione subordinata della donna.

Immaginiamo ora che una delle città stato della Creta minoica del periodo neopalaziale faccia propria l'arte della lavorazione del ferro (estratto magari da una miniera posta in una piccola isola delle Cicladi). Grazie a ciò questa città riesce rapidamente a sottomettere tutta l'isola di Creta e a consolidare un impero unitario che si estende anche alle Cicladi e ad alcune posizioni strategiche della nostra Grecia continentale (Eubea, parte dell'Attica, alcune aree del Peloponneso). l'arrivo dei Micenei non trova quindi disarmato questo raffinato Stato minoico, che malgrado qualche arretramento sul continente riesce sostanzialmente a reggere l'urto. Le navi minoiche, munite di rostri di ferro, colano a picco le imbarcazioni micenee che tentano l'invasione di Creta. Nei secoli successivi sono i Minoici al contrario ad assorbire parte dei nuovi venuti, che finiscono per adottare la lingua e i costumi dei primi. Lo stesso accade per le successive ondate di invasione che si abbattono sull'estremità meridionale dei Balcani. L'impero minoico continua a controllare Creta, le Cicladi, il Peloponneso, l'Eubea, l'Attica e le nostre isole Ionie. A partire dall'VIII secolo i Minoici iniziano una forte espansione marittima verso le coste dell'Italia meridionale, le sponde dell'Adriatico, la Sardegna,la Corsica, le Baleari, l'Africa settentrionale etc., soppiantando i Fenici e sul nascere anche la stessa Cartagine. Nel VI secolo i Persiani diventano una grave minaccia, ma vengono infine battuti nel corso di alcune battaglie navali. I Minoici finiranno alla fine per scontrarsi con Roma per l'egemonia nel Mediterraneo. Anche se alla fine saranno sconfitti dai Romani, questi ultimi attingeranno a piene mani dalla società e civiltà minoica, vista come il "top" della raffinatezza del mondo antico. I morigerati e tradizionali costumi romani finiranno alla fine per uscirne travolti. Tra questi il ruolo della donna, che diventa molto più autonomo e importante grazie all'influenza minoica. Nel II secolo a.C. il Senato e le altre cariche pubbliche romane che non prevedono espliciti ruoli militari sono aperti alle donne . Nel I secolo d.C. avremo delle imperatrici della dinastia Giulio-Claudia. Con l'avvento del Cristianesimo nessuno si sogna di disquisire sul possesso dell'anima da parte delle donne, mentre le funzioni sacerdotali, anche apicali, continuano ad essere ricoperte indifferentemente da donne e da uomini... In questa timeline non avremo la Santa Inquisizione (perlomeno non nelle forme da noi conosciute) e migliaia di donne non saranno accusate di stregoneria e scamperanno al rogo...

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Paolo Maltagliati però gli fa notare:

Interessante questa tua nobilitazione della civiltà minoica! Volevo comunque proporti alcuni punti di riflessione personale su quanto hai scritto:

1) Penso che sull'emancipazione femminile i romani, almeno dal I secolo a.C., non dovessero prendere lezioni proprio da nessuno, ma è un'idea mia...

2) Non dimenticare l'influenza delle popolazioni germaniche sul complesso imperiale; anche quello ha influito parecchio sulla visione della donna.

3) Il fatto che ci fosse una disputa teologica sul fatto che le donne avessero o no un'anima è una leggenda metropolitana basata sugli scritti di certi apologeti del III secolo come Origene od Arnobio, che comunque non erano troppo ortodossi. E' vero che certi soggetti del IV-V secolo sono decisamente bigotti (anche a me disturba un attimo il capitolo delle Confessioni, “I peccatucci di Monica giovinetta”), ma ultimamente la posizione che va per la maggiore negli studi (non parlo per gli studi di storia del cristianesimo femminista) è che siano bigotti perché l'ambiente intorno a loro non è che lo fosse troppo...

4) Con Santa Inquisizione quale intendi, quella medievale o quella moderna? Se la seconda, quale intendi, quella spagnola o quella romana? Occhio, che le differenze sono veramente enormi. Ad ogni modo ricorda che l'Inquisizione nel mondo latino era mirata soprattutto contro soggetti potenzialmente filo-protestanti e, in Spagna, contro i giudaizzanti ed i criptomusulmani. Va detto inoltre che la stragrande maggioranza delle persecuzioni contro le streghe si situano nel mondo protestante. Cosa, che, a parer mio, ma parlo a titolo personale, va abbastanza a braccetto con il punto 2...

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Vi è poi la proposta di Generalissimus:

Il cosiddetto "Disco di Festo" è un eccezionale nonchè misterioso reperto archeologico di epoca minoica rinvenuto a Creta nel 1908, e ancora oggi non è stato decifrato. L'unica cosa certa è che i segni che sono stati impressi su di esso quando l'argilla di cui è composto era ancora fresca, forse una specie di alfabeto sillabico, furono ottenuti per mezzo di quarantacinque caratteri mobili, simili nel principio a quelli usati in tipografia: questo significa che già nel II millennio a.C. qualcuno, molto prima di Gutenberg, aveva immaginato un sistema per stampare. Ma come cambia la storia se questo metodo, invece di venire perduto, viene perfezionato e si diffonde?

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Cui replica Paolo Giusti:

E qui sorge la solita domanda: è l'offerta di walkman a fare la domanda o è la domanda di ascoltare Madonna ovunque che fa l'offerta? Ovvero xilografare-stampare-ciclostilare basta a creare un mercato di lettori? Se questo POD è ambientato in epoca micenea credo non cambi nulla. Ma se lo portiamo in età ellenistica risponderemmo ad un dubbio che ho sempre avuto: perché la civiltà ellenistica, scientificamente progredita e ricca tanto che i suoi cittadini avevano il tempo di consumare romanzi d'amore come Dafni e Cloe non ha industrializzato la xilografia?

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aNoNimo ha voluto aggiungere questa curiosità:

Racconta Plutarco che Omero interrogò l'oracolo di Apollo per sapere chi erano i suoi genitori e quale fosse la sua patria. Il dio rispose: "Patria di tua madre è l'isola di Io, che ti riceverà da morto, ma guardati da un enigma di ragazzi". Dopo molto tempo, navigando verso Tebe, Omero giunse nell' isola di Io. Seduto su uno scoglio, vide avvicinarsi una barca di giovani pescatori e chiese loro cosa avessero preso. E quelli, che non avevano pescato nulla ma si stavano spidocchiando, risposero: "Indovina un po'. Quanto prendemmo lo lasciammo, quanto non prendemmo lo portiamo con noi." E se ne andarono. Dice Plutarco che Omero, incapace di risolvere l'enigma dei pescatori, morì di dolore, lui che era ritenuto il più saggio degli uomini. Povero Omero, se avesse saputo che la risposta giusta erano... i pidocchi! I pescatori infatti alludevano ai pidocchi che avevano ucciso e lasciato cadere in acqua, e a quelli che non avevano preso e che portavano nelle vesti.

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Una postilla di Bhrg'hros:

Due parole sulla campagna di scavo del 2023 da parte della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale del sito anatolico di Uşaklı Höyük (Büyüktaşlık, distretto di Sorgun, provincia di Yozgat, noto dal 1926, ca. 45 km a Sud-Est di Boğazkale = Ḫattuša). Esso fu abitato dal Tardo Calcolitico, cioè dalla fine del III millennio a.C. Gli scavi hanno fornito ulteriori indizi archeologici a favore dell’identificazione, corrente dal 1995 e alternativa a Çadır Höyük, con il centro amministrativo e religioso eteo-ḫattico di zi-ip-pa-la-an-da-aš (vedasi questo aricolo del 28 novembre 2023) < indoeuropeo *Tĭp(ŏ)-lŏndɦŏ-s < *Tĭp-(ŏ)-lŏm[hx]-dɦh1-ŏ-s ‘che ha la terra (cfr. germ. *lăndă-n, celt. lăndā) delle aspersioni (antico indiano √tĭp-)’ (meglio di Zip-l-anda-). Zippalanda, l'antica città santa degli Ittiti, fu centro del culto a un potente dio della tempesta, sede di un santuario e di una residenza reale menzionata in diverse feste a cui prendeva parte il re in persona.

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Generalissimus ha poi tradotto per noi questa ucronia:

E se il Collasso dell'Età del Bronzo non fosse mai avvenuto?

Per darvi un po’ di contesto, il gioco Humankind mi ha sfidato a creare uno scenario ucronico per il suo concorso di storia alternativa, perciò ecco il mio: le città sono rimaste abbandonate, dei razziatori sono venuti dal mare, tutti i sopravvissuti fuggono sulle montagne e i loro discendenti alla fine dimenticano la parola scritta.

Ci sono sempre stati momenti nella storia in cui gli imperi sono collassati, ma di solito c’è sempre stato qualcosa a prendere il loro posto.
Questo non fu uno di quei momenti: un millennio prima degli antichi greci il Medio Oriente fu la patria di una complessa rete di imperi che muovevano guerra e commerciavano tra di loro fino a quando all’improvviso, alla fine del 13° secolo a. C., tutto alla fine semplicemente collassò, e per molte importanti civiltà semplicemente non ci fu alcun rimpiazzo, caddero in un’epoca oscura.
Questo fu il Collasso dell’Età del Bronzo, un reboot morbido per quasi metà del mondo antico.
Non sappiamo con certezza cosa causò nello specifico il collasso, da dei cambiamenti ambientali, alle invasioni dei Popoli del Mare, al crollo del commercio essenziale, e più probabilmente fu una combinazione di tutto questo.
Quello che voglio immaginare è un mondo dove il Collasso dell’Età del Bronzo semplicemente non è avvenuto.
Con così tanti fattori in gioco è assolutamente probabile che il Collasso fosse inevitabile, e inoltre stiamo teorizzando su culture che sono esistite 3000 anni fa, alcune delle quali hanno un resoconto storico nebuloso nel migliore dei casi, perciò, se mi prendo alcune libertà con lo scenario, beh, sapete perché, quindi facciamo gli stravaganti.
I Micenei erano il massimo della civiltà, dei navigatori che commerciavano e guerreggiavano con i loro vicini e tra di loro, in molti modi come i Greci classici di millenni dopo, solo che il potere, invece di essere organizzato da una singola città era concentrato attorno a delle singole fortezze, o palazzi, governati da un re.
In questa TL alternativa il sistema si evolverebbe più o meno come nella nostra Grecia: ci sarebbe un afflusso di popolazione dalle aree rurali e questo farebbe ascendere le città e farebbe diventare i palazzi il centro di una nuova città-stato.
Perché accadrebbe questo? Beh, perché è esattamente così che iniziarono Atene e molte altre.
Molto di quello che sappiamo sui Micenei è confuso, non perché non avessero una tradizione scritta, perché ce l’avevano, ma perché il collasso cancellò la civiltà così in profondità che la scrittura scomparve del tutto e passarono generazioni prima che la scrittura tornasse in Grecia.
In questa TL senza il collasso dei Micenei questo originale sistema di scrittura chiamato Lineare B continuerebbe ad essere insegnato e raffinato.
L’alfabeto che fu la base per il Latino, il Greco e il Cirillico non verrebbe mai adottato e il sistema si diffonderebbe proprio come fece l’alfabeto, diventando una base alternativa per tutte le scritture del mondo occidentale.
Il nostro alfabeto utilizza simboli per rappresentare i singoli suoni, che letti insieme formano nuovi suoni per recapitare i messaggi.
Prendete ad esempio la lettera W: we, wi, wa, e il tipo di suono prodotto cambia.
Abbastanza semplice, ma la Lineare B non funziona così: era basata invece su due cose, le sillabe e i caratteri, rappresentazioni di sillabe invece che di un singolo carattere, perciò per rappresentare we, wi, wa tutti e tre i suoni avranno un simbolo diverso, e c’è ancora un altro aspetto del sistema, i caratteri, o simboli che rappresentano un’idea o una singola parola.
Questa sarà la forma di scrittura più influente per gli Etruschi, gli Italici e gli Slavi, il sistema di scrittura dell’Europa assomiglierà molto di più alle scritture dell’Asia orientale, e in quanto sistema di scrittura sillabico dovranno essere cambiati, modificati o abbandonati nuovi caratteri per ogni lingua diversa.
Pensatela così: diciamo che volete imparare il Tedesco, ma invece di aver bisogno di imparare solo cosa significano le varie parole dovete invece memorizzare una nuova lista di caratteri e simboli solo per capire le diverse parole.
Tutte le future diffusioni di informazioni nel continente sono più lente e richiederanno più tempo.
Più a nord si va nel continente più i caratteri diventeranno diversi dall’originale Lineare B.
Per quanto riguarda i Micenei, se fossero andati avanti molto probabilmente sarebbero stati proprio come le città-stato greche della nostra TL, colonizzando altre parti del Mediterraneo come la Sicilia, l’Anatolia e l’Italia meridionale.
Posti come Micene, Tirinto e Navarino potrebbero diventare città importanti come Atene, Tebe o Sparta.
La città di Troia, anche se non era questo il suo nome, in realtà esisteva, e la sua distruzione avvenne molto probabilmente in qualche guerra micenea dimenticata da tempo.
Nel 500 a. C. questa Grecia alternativa non avrà una storia velata dal mito, senza il collasso adesso ci sarebbero altri 1000 anni di storia greca continua, e anche se ci sarebbero comunque abbellimenti e parzialità ci sarà almeno una linea continua.
Storici come Erodoto vivrebbero in una civiltà che è cambiata continuamente nel corso dell’ultimo millennio, con una prospettiva migliore su chi sono stati i suoi vicini, l’origine delle loro città e una civiltà che risale a molto prima.
Dopo l’epoca dei Greci classici si credeva spesso che il mito di Re Minosse e del Minotauro mezzo uomo e mezzo toro non avesse vere fondamenta storiche, almeno fino al 19° secolo, quando venne fatta una scoperta sull’isola di Creta… No, non le prove dell’esistenza del Minotauro, ma venne scoperto un vasto arazzo di rovine di palazzi, ognuno con affreschi decorati in maniera elaborata e strade intricate che assomigliavano a labirinti.
Il simbolo più comune all’interno di queste rovine era la raffigurazione di un toro.
Questa civiltà perduta venne chiamata dagli archeologi Civiltà Minoica.
Diversamente dai Micenei, che fornirono più prove sulla loro organizzazione grazie al deciframento della Lineare B, la Lingua Minoica è andata perduta, e solo l’archeologia ci fornisce qualche indizio.
Detto questo, per quanto ne sappiamo erano organizzati più o meno come i Micenei della terraferma, con palazzi, il più grande dei quali era chiamato Cnosso.
Ci sono prove che i Minoici crearono colonie nell’Egeo, punteggiando le isole dell’attuale Grecia, e al massimo della loro espansione usarono queste colonie per influenzare culturalmente e militarmente i Micenei della terraferma.
Se non fossero stati colpiti da un disastro, sia causato dall’uomo che naturale, forse i Minoici si sarebbero potuti espandere anche oltre, con avamposti sulla costa come quelli greci o fenici, colonizzando avamposti in Nord Africa, Sicilia e forse perfino in Anatolia occidentale.
Una di queste colonie potrebbe perfino diventare ricca e prospera, creando col tempo un proprio stato autonomo, e sarebbe facile che accada, considerarlo che uno stato come Cartagine molto probabilmente non esisterebbe nemmeno, ma ne parlerò presto.
Anche prima del Collasso dell’Età del Bronzo il regno minoico sull’Egeo stava arrivando ad una fine, ed era relegato a nota a piè di pagina prima di quel colpo decisivo, ma diciamo che gli venga dato abbastanza tempo per ricostituirsi, potrebbero espandersi lontano dai Micenei, creare un arazzo di colonie minoiche che continuino il lascito della loro patria e competere con i Greci.
L’Impero Ittita, o Impero Neo-ittita, governava l’Anatolia centrale.
Chissà fino a quando sarebbe potuto durare se il collasso non avesse sferrato il colpo decisivo? Ma gli Ittiti hanno sempre avuto periodi di declino e rinascita, e anche quando sembrava che fossero sull’orlo della morte trovarono un modo per recuperare.
Un’alternativa che sarebbe potuta derivare da una maggiore sopravvivenza degli Ittiti è la loro relazione con l’Egitto: i due erano spesso in guerra l’uno con l’altro e feroci rivali, ma c’era uno strano equilibrio di potere.
Nessuna delle due parti sopraffaceva l’altra, e c’era anche una relazione unica che solo loro avevano, ricordandosi l’un l’altro che erano fratelli.
In questo mondo alternativo questa relazione unica rimane senza rivali, forse se avessero avuto abbastanza tempo ci sarebbe potuto essere un periodo di accordo.
Una volta ci fu un’offerta per un matrimonio speciale per trasformare un principe ittita in faraone egizio, cosa che non funzionò e portò alla guerra, ma ci sono altri casi in cui ci furono matrimoni tra le famiglie reali, e quindi, nel caso fossero rimasti le potenze dominanti del Vicino Oriente forse l’Egitto e gli Ittiti alla fine si sarebbero uniti tramite matrimonio, facendo squadra per impedire a imperi come quello assiro e ad altri stati mesopotamici di ottenere troppo controllo.
Con una maggiore stabilità sul loro confine meridionale gli Ittiti potrebbero concentrarsi molto di più sulle ribellioni ad occidente, specialmente contro i Micenei, incoraggiando i Greci a colonizzare ancora di più l’Italia o la Sicilia invece dell’Anatolia.
Ḫattuša non verrebbe distrutta e abbandonata, e anche se alla fine l’impero si ridurrà drasticamente di dimensioni, senza quel rapido periodo di guerra e saccheggi Ḫattuša potrebbe esistere ancora oggi.
Oggi chiunque reclamerà l’Anatolia userà l’ex capitale come leva politica.
Senza questa enorme distruzione la cultura degli Ittiti rimane importante quanto quella egizia o greca lo sono state nel periodo classico, perciò potrebbe esserci un’Anatolia che non è né greca né turca o con una miscela di culture, bensì distintamente ittita, con quella cultura che continuerà anche se l’impero non esiste più.
Ma anche se la caduta degli Ittiti pose fine ad un impero fornì anche una finestra ad altri, perciò facciamo un passo indietro e guardiamo al Vicino Oriente nel suo complesso: senza quella caduta non c’è mai una nuova ascesa.
Nuovi giocatori che hanno dato forma al mondo classico semplicemente non esistono, perciò cosa significa questo per il futuro se a cambiare è solo il periodo storico? Vecchie potenze cadono e nuove potenze riempiono il vuoto.
Per esempio, quando gli Ittiti collassarono, una raccolta di città-stato nel Levante nota come Fenicia riuscì ad ascendere senza la minaccia di un impero.
Dato che erano dei navigatori si espansero nel Mediterraneo per creare nuove colonie.
Ho già menzionato come il loro alfabeto definì il Vicino Oriente, ma sapete già che cosa dirò dopo: Cartagine.
Sì, se il Collasso dell’Età del Bronzo non fosse mai avvenuto è molto probabile che Cartagine non esisterebbe mai, ma non pensatela solo in questo modo: l’epoca oscura fece tabula rasa per una nuova ascesa di stati in quella che divenne l’Antichità Classica.
Diciamo che gli Ittiti e gli Egizi rimangono al potere nel Vicino Oriente: gli Assiri non hanno l’opportunità per ascendere dal caos e fare conquiste, senza un Egitto indebolito il Levante meridionale rimane una raccolta di tribù che versano tributi all’Egitto, non c’è l’opportunità per le tribù di Israele di creare un proprio breve regno, e senza gli Assiri, e di conseguenza la loro caduta per mano dei Neo-babilonesi, che poi saccheggeranno Gerusalemme, gli Israeliti non vedranno una porzione del loro popolo inviata a Babilonia intorno al 600 a. C., creando il bisogno di mettere per iscritto la loro storia dopo essere stati portati via dalla loro patria.
Questo shock iniziale e il ritorno alla loro terra grazie a Ciro il Grande fu quello che portò alla costruzione del primo tempio e alla raccolta fondamentale di quelli che divennero la Tōrāh e l’Antico Testamento.
Senza gli Assiri i Medi, un popolo iranico, non si ribellano in un’alleanza con i loro vicini per difendersi.
I Medi stabilirono un precedente di costruzione di un impero in Persia, che venne poi rovesciato da Ciro il Grande, il cui impero, che aiutò gli Ebrei, arrivò anche ai confini dell’Anatolia.
Questi sono solo due esempi, ma molti degli eventi più antichi ai quali pensa la nostra società, come la creazione dell’Antico Testamento e la Battaglia delle Termopili, ebbero origine tutti da un singolo vuoto di potere di 3000 anni fa.
Dato che questi sono eventi avvenuti così tanto tempo fa, non posso dire con certezza come sarà esattamente il Vicino Oriente nel 500 a. C., forse gli Ittiti attraverseranno un altro periodo di indebolimento, permettendo ad uno stato mesopotamico come quello degli Assiri di ascendere al potere, o forse, grazie all’alleanza con gli Egizi, riusciranno con successo a difendersi da qualsiasi futuro impero che proverà ad ascendere.
Ci sono prove che Roma e gli Etruschi fecero nascere dei propri stati in parte a causa del commercio con i coloni greci, se i Micenei non fossero caduti in un’epoca oscura questo progresso potrebbe raggiungere l’Italia secoli prima che nella nostra TL.
Se c’è una cosa da ricavare da tutto questo è che la civiltà è molto più antica di quanto pensi la maggior parte delle persone.
I nostri calendari possono dire 2020, ma l’Età del Bronzo fu un periodo di città, imperi e commercio complicato e ricco tanto quanto qualsiasi anno arrivato dopo il nostro anno 1.
Forse se la scrittura e la storia non fossero andate perdute lingue e culture non sarebbero state dimenticate, avremmo una prospettiva diversa sul come siamo arrivati fin qui, e anche se non abbiamo percorso questa TL alternativa forse potete avere quella prospettiva voi stessi.

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Alessio Mammarella commenta:

Gli ittiti conoscevano il ferro. Se il loro regno non fosse caduto, avrebbero attaccato loro la Grecia (in luogo dei persiani)? Come sarebbe andata a finire?

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A questo punto interviene William Riker:

Sono sempre stato affascinato dalle vicende dei Popoli del Mare. Avete idea di come si possa leggere il loro nome in geroglifico?

Gli replica Bhrg'hros:

La vocalizzazione non solo è ipotetica, ma addirittura varia da scuola a scuola. Io seguo Giulio Farina dove si è espresso, e Farina ha proposto la vocalizzazione di una parte della sequenza, ḫes.wt "stranieri": /ḫeʾ sŏ́we/; il Prof. Antonio Loprieno, Egittologo (nonché Rettore) dell'Università di Basilea e Presidente dei Rettori delle Università Svizzere, pensa a */ḫsḗwe/ da un più antico */ḫVʾsū́wVt/ (dove "V" indica una vocale imprecisabile; il simbolo <ḫ> indica la fricativa velare sorda [x], il cosiddetto ach-Laut del tedesco).

Una lettura sicura è quella della parola finale, che è il semitico yamu "mare", regolarmente reso <yʿmw> nella scrittura sillabica (consonante forte y + consonante debole ʿ = consonante + vocale ya; consonante forte m + consonante debole w = consonante + vocale mu) del geroglifico (ieratico). Propongo dunque: *ne' sēwe en pi' yam (da un più antico *năj hĕ'sôwĕt năj păj yămŭ), "gli Stranieri del mare".

Glossatura:
*ne' "questi"
*hsēwe "stranieri"
*en "quello"
*pi' "questo"
*yam "mare".

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Enrica S. prende spunto da questa domanda per porre un'altra questione:

Nel 1159 a.C. il vulcano islandese Hekla subì una catastrofica eruzione che liberò nell'atmosfera terrestre sette chilometri cubi di polveri e ceneri. Il clima nell'emisfero settentrionale si raffreddò, le paludi irlandesi si inaridirono, la Scandinavia fu ricoperta di ceneri vulcaniche e in Egitto si susseguì una serie di carestie che, insieme alle invasioni dei Popoli del Mare, contribuirono a sferrare il colpo di grazia al già decadente Nuovo Regno egiziano. Secondo alcuni, i Popoli del Mare si misero in moto tutti insieme proprio perché le loro (incerte) terre d'origine erano diventate improduttive a causa dell'eruzione dell'Hekla. Ma se il vulcano islandese non erutta in quell'epoca? Come cambia la storia dell'Egitto e del Mondo, se il Nuovo Regno con tutto il suo splendore non incappa in una fine ingloriosa e tutto sommato prematura?

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Le risponde Iacopo Maffi:

In questo caso resisterebbero anche gli Ittiti e i loro consimili... Il Medio Oriente potrebbe polarizzarsi in una sorta di Guerra Fredda lunga secoli che culminerebbe con l'assorbimento dei due contendenti in una nuova entità politica -Israele? i Persiani?

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E Lord Wilmore esclama:

Quella dell'Israelismo al posto dell'Ellenismo è una grandissima idea!!

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Iacopo Maffi torna alla carica:

Potrebbe iniziare con una missione anti-ittita affidata dai Faraoni alle Tribù (che non si sono unite in un Regno, perchè i continuo cambiamenti di fronte richiedevano una maggiore "flessibilità" politica). I Giudici guidano Aser, Neftali, Zabulon e Issacar (con nutriti alleati Aramei) contro gli Ittiti, travolgendoli. A questo punto sorgono dei Profeti in Giuda che danno un'interpretazione del tutto diversa della conquista, interpretandola come una Guerra Santa. Giudei e Filistei, alleati e destinati a fondersi, completano la conquista dell'Anatolia, quindi conquistano l'Egitto e la Babilonia. Gerusalemme diviene la meta di pellegrinaggi di proseliti da tutto il mondo.

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Perchè No? tuttavia scuote il capo:

Il Nuovo Regno sarebbe decaduto lo stesso, al movimento dei Popoli del Mare si deve aggiungere l'esaurimento delle miniere d'oro della Nubia e anche la penetrazione sempre più forte di popoli libici nel Delta (sono proprio loro a dominare il Terzo Periodo Intermedio con la XXI e la XXII dinastia), senza contare la presenza sempre più opprimente e conservatrice del clero di Amon, che si rende indipendente dal potere politico alla fine della XX dinastia. Si tratta di una decadenza lenta, dunque più difficile da evitare in qualsiasi un'ucronia: il POD dovrebbe risalire almeno al sorgere della XX dinastia. Inoltre le relazioni tra Egitto e Hatti erano ben più pacifiche in questo periodo che all'epoca delle guerre di Ramesse II. Non me la vedo qualche tribù, anche se sostenuta dall'Egitto, distruggere la superpotenza ittita e la sua superiorità tecnica con le armi di ferro. E i Filistei non esistano, se i Popoli del Mare non emigrano. Senza parlare del ruolo delle nascenti tribù d'Israele con il loro monoteismo.

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Lasciamo spazio alla domanda di Paolo Maltagliati:

E se in Anatolia si imponesse una lingua iranica, cosa cambierebbe nella storia?

Immaginiamo una serie di iranizzazioni successive: Cimmeri (supponendo che rimangano e creino un regno duraturo in Anatolia, invece di essere subito distrutti dai lidi), Medi, Persiani.

La grecizzazione, naturalmente, non deve progredire più rapidamente dell'iranizzazione, anzi, i romani dovrebbero scegliere di puntare (anche) sull'iranico autoctono come lingua veicolare della regione. Il punto decisivo, però, sarà naturalmente l'affermazione, durante il cristianesimo, di una liturgia in lingua (magari l'identificazione della liturgia iranica con una particolare eresia, come il monofisismo o il nestorianesimo, potrebbe essere vincente in un primo momento). Quale rapporto potrebbe avere tale situazione con la diffusione del cristianesimo nell'impero Sassanide e, in generale nel rapporto tra Bisanzio e la Persia?

Quindi, ammesso e non concesso che da un punto di vista storico non cambi nulla(anche se ne dubito fortemente), cosa accadrà nel dopo Mantzikert? i turchi riusciranno a scalzare la lingua iranica anatolica e imporre la propria?

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Gli replica il solito Bhrg'hros:

La variabile cruciale potrebbe essere la Conversione o meno all''Islām: se avesse luogo potrebbe cambiare davvero molto, altrimenti penso che sussisterebbero le medesime condizioni che storicamente hanno determinato la Turchizzazione.

Come etnia opterei per i Zāzā, che per quanto è emerso nell'ultimo trentennio potrebbero essere nelle proprie sedi anatoliche orientali almeno dall'epoca dei Medi (e sono pure Musulmani, per il bene di questa ucronia). Non posso sfruttare i Cimmeri, perché per ragioni generali, indoeuropeistiche e germanistiche sono costretto ad aderire all'interpretazione anīrānica (o anērānica) dei loro resti linguistici; non riesco a utilizzare i Medi per ragioni di cronologia sociolinguistica (il loro regno, come del resto l'Impero degli Achemenidi, sembra non essere stato in grado di provocare la sostituzione di lingua presso le popolazioni suddite), mentre nel caso dei Persiani temo che, se il dialetto zāzākī è sopravvissuto (bene) fino a oggi è soprattutto perché - oltre a essersi i suoi parlanti convertiti all''Islām - l'Impero Sāsānide non li ha conquistati stabilmente (altrimenti avrebbero fatto la fine dei Medi).

Come compagine geopolitica sceglierei invece il Ponto e quale catalizzatore del Punto di Divergenza Mitridate VI. Eupatore il Grande, solo che in questo modo l'ucronia rischierebbe di chiamarsi... "Ucronia Pontica", con grave rischio di omonimia (data anche la coincidenza dell'Ideatore)!

La scelta fra Monofisismo e Nestorianesimo è ardua, perché il primo comporterebbe verosimilmente un pessimo rapporto con i Sāsānidi, ma il secondo potrebbe perfino, in caso di inclusione organica del Ponto nell'Ecumene Romano-Bizantina, far preferire ai Sāsānidi un'altra Confessione Cristiana in funzione antiromana. Per garantire alla lingua zāzākī lo statuto di codice liturgico, senza al contempo postulare l'indipendenza del Ponto da Bisanzio, mi sembra indispensabile che Sinope diventi per tempo Patriarcato, anche se col tempo sempre meno in comunione con Costantinopoli. Infine, ammessa per definizione l'identità con la Storia reale per quanto riguarda l'Impero Ottomano, il massimo di divergenza in un contesto ucronico fortemente conservativo (tutto ciò è il mio ideale metodologico) mi sembrerebbe un Kurdistān esteso a quasi tutta l'Anatolia - forse con l'eccezione dei territorî di più antica colonizzazione greca e in ogni caso della Bitinia (propriamente ottomana) - sotto il nome neoclassico di "Ponto" e con Capitale ancora Sinope.

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E ora, la domanda postaci da Generalissimus:

Nel 1531 a.C. il re degli Ittiti Muršili I si rese protagonista di una marcia senza precedenti di 2000 Km verso sud fino al cuore della Mesopotamia, che si concluse col saccheggio di Babilonia.
Non è chiaro perché lo fece, forse Muršili voleva semplicemente impadronirsi di risorse alimentari rese scarse dall'Eruzione Minoica, oppure voleva davvero espandere la propria sovranità sulla Mesopotamia, rendendosi però conto che quelle terre erano troppo lontane dai centri di potere ittiti in Anatolia e che ulteriori conquiste avrebbero messo a rischio quelle appena fatte in Siria.
Ma cosa accadrebbe se Muršili I si impadronisse davvero dell'Impero Babilonese?

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Gli risponde Enrica S.:

Se gli Ittiti costituiscono un impero esteso dal Bosforo al Golfo Persico, hanno più chance di schiacciare gli Egiziani a Qadesh e quindi possono porre un loro fantoccio sul trono dell'Alto e del Basso Egitto, oppure annettere direttamente la Valle del Nilo, costituendo in anticipo un impero vasto come quello assiro di Assurbanipal. All'arrivo dei Popoli del Mare, la potenza ittita in Anatolia potrebbe crollare e l'Egitto tornare indipendente (Quarto Regno?), ma la potenza ittita potrebbe sopravvivere in Mesopotamia, e oggi l'Iraq potrebbe essere indoeuropeo come la Persia.

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A questo punto, Lord Wilmore ci ha domandato:

Scusate il disturbo, ma qualcuno di voi ha idea di cosa possa significare il nome "Cnosso", dato alla capitale della civiltà Minoica? Ed Eea, l'isola di Circe, può essere in connessione con Eos, "l'aurora", ad indicare una località dell'estremo oriente?

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A soddisfare la sua curiosità non può che essere Bhrg'hros:

Nessun disturbo: per i toponimi (specialmente antichi) coincide col mio stesso lavoro, quindi è il miglior argomento possibile! Κνωσ(σ)ός (femminile), in miceneo ko-no-so = /*Knōssós/, dovrebbe continuare un antecedente indoeuropeo *Knōs-s-ó-s ‘che pertiene alla cima del colle' (altrimenti, da *Knōt-ió-s o *Knōt-s-ó-s si avrebbe †Κνωττός o †Κνωθθός in cretese; da *Knōk⁽ʰ⁾-ió-s si avrebbe †ko-no-zo = †/*Knō(t)ʦós/in miceneo) formato dalla variante ampliata √*knĕs- ‘punta, vetta' della radice ¹√kĕn- ‘inarcare', da un suffisso *-(e)s- di nome neutro (*knés-os- ‘cima del colle'?) e dalla vocale tematica *-ó-, che deriva aggettivi secondarî di appartenenza nel senso più ampio (quindi appunto ‘che pertiene alla cima del colle', denominazione del sito almeno neolitico se non anteriore), anche se ci si attenderebbe che le due *-s-s- si riducessero a una sola *-s- (la stessa difficoltà, oltretutto senza neppure una spiegazione per la prima /s/, si avrebbe con la radice √*knĕh₄- ‘raschiare': *Knōh₄-s-s-ó-s ± ‘che pertiene alla superficie lisciata'?)

Riguardo alla seconda questione: ʼĔ́ōs (Ἔως) deriva dall’indoeuropeo *H₂ău̯sōs ‘Aurora’.
Eea è in greco ʼĂi̯ắi̯ā (Αἰαίᾱ) o anche solo ʼẮi̯ā (Αἴᾱ), che è pure il nome di una regione in Tessaglia, della sorgente dell’ʼẮxĭŏs/Vardar in Macedonia e il nome antico di Dioscuriade ossia Sochumi =Аҟəа (in cirillico) / Aqwa (in traslitterazione latina), Capitale dell’Abchazija.
A questo proposito, ho fatto anch’io un’identificazione (toponimica, non topografica) ed è addirittura più a Oriente di Cipro, ma è... Ahhiyawa
Αἴᾱ continua un antecedente indoeuropeo *Hₐăhₐĭi̯ăhₐ (dove */hₐ/ = */h₂/ o */h₄/).
Il nome anatolico di A-aḫ-ḫi-ya-wa-a ha a sua volta una variante più breve A-aḫ-ḫi-ya-a, che continua un antecedente indoeuropeo *H₁/₄ăh₂ĭi̯ăhₐ.
Il nome (breve) anatolico A-aḫ-ḫi-ya-a e quello (breve) greco Αἴᾱ sono quindi passibili di essere identificati sotto un unico antecedente *H₁/₄ăh₂ĭi̯ăhₐ ‘quella (o l’insieme [di territorî]) che ha una curva’ (appropriata descrizione di Dioscuriade).
Dunque Αἰαίᾱ è un derivato di Αἴᾱ, che continua *H₄ăh₂ĭi̯ăh ‘quella (o l’insieme [di territorî]) che ha una curva’, continuato anche da A-aḫ-ḫi-ya-a, di cui A-aḫ-ḫi-ya-wa-a è un derivato. In breve, Eea e Ahhiyawa sono due (diversi) derivati dello stesso toponimo, che significa ‘quella (o insieme [di territorî]) che ha una curva’.
Non basta a localizzare Eea (se non genericamente in collegamento con la Colchide – ma non per forza in sua prossimità – come del resto è ovvio data la parentela di Circe); è inoltre incompatibile con l’identificazione fra Ahhiyawa e gli Achei (che, nonostante le apparenze, sul piano fonologico non è del tutto regolare).

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C'è anche la proposta di MattoMatteo:

Idea che mi è venuta improvvisamente: prendiamo le antiche popolazioni dell'Europa, e invertiamo di posizione quelle del nord con quelle del sud (e viceversa). Così avremo:
Greci in Britannia e Irlanda; Britanni ed Irlandesi in Grecia.
Etruschi nella Francia meridionale; Celti e Veneti in Svizzera, Austria e Germania.
Romani nella Francia settentrionale; Reti nella penisola Italiana.
Iberici nella penisola Scandinava; Scandinavi nella penisola Iberica.

Come cambia la storia del mondo?

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Basileus TFT però vuole andare oltre:

Io propongo un'nversione ancora più radicale. Se i greci sono in Gran Bretagna, in Francia c'è l'Impero Persiano, in Iberia i Parti, i romani nell'attuale Olanda, Iberi in Germania, Galli in Austria e limitrofi, Tolemaici in Italia, Seleucidi in Grecia e Balcani, Germani in Asia Minore, Palestina ed Egitto, punici in Danimarca, scandinavi in Libia o Tunisia, slavi in Iran, caucasici e armeni in Mauretania.

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Concludiamo per ora con quanto ci ha scritto Perchè No?: Ulisse in Giappone!

Questa non é un'ucronia ma una vera teoria in Giappone. Si tratta di immaginare il re di Itaca arrivare fino in Giappone... sotto forma di mito.

Ho scoperto l'esistenza del mito del ministro Yurikawa, la sua storia é quasi identica a quella di Ulisse. Ulisse-Yurikawa avrebbe combattuto contro i Mongoli nel Kyushu prima di attraversare il mare per combattere in Corea. Al suo ritorno, sarebbe stato tradito dal vile Beppu e abbandonato su un'isola. Sua moglie Kasugahime-Penelope avrebbe allora dovuto respingere le offerte di Beppu di sposarla. Per miracolo Kasugahime e Yurikawa riescono a riprendere contatto per mezzo del falco dell'eroe, Midorimaru (che alcuni hanno voluto identificare con Minerva, che disponeva di una Civetta messaggera). Infine Yurikawa, dopo numerose avventure, riesce a tornare nella sua terra natale sotto l'aspetto di un vagabondo chiamato Kokemaru. Sarebbe stato riconosciuto dal servitore Kadowaki e invitato a partecipare a una gara di tiro con l'arco usando il mitico arco di ferro di Yurikawa. Come avrete indovinato, la storia finisce male per Beppu e Yurikawa ritrova la fedele Kasugahime.

I Giapponesi sono divisi sul mito, ma l'idea più verosimile é una trasmissione attraverso i Gesuiti durante il XVI secolo. Il problema é che si trova anche un riferimento al mito prima del loro arrivo. Alcuni pensano a una coincidenza ma senza crederci troppo, altri pensano a una trasmissione più antica lungo la Via della Seta da parte di mercanti (Marco Polo, cosa hai combinato ancora?), anche se non si trova un mito simile in Cina.

All'inizio del XX secolo non era raro vedere i Giapponesi che cercavano di far corrispondere la loro mitologia con la mitologia occidentale. Il dio del vento Fuujin é stato legato a Eolo, l'imperatrice Jingu a Cassiopea, c'é anche un mostro chiamato Deidara analogo ai nostri Giganti, eccetera. Alcuni dicono anche che la vita del principe Shotoku Taishi è ispirata ad elementi cristiani. E se i Giapponesi fossero andati oltre, riconoscendo gli déi ed eroi greco-romani come dei kami a pieno diritto e costruendo degli altari ancora in uso oggi per questi dei?

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Gli risponde Generalissimus:

Direi che questa è una scoperta interessante. A me hanno sempre detto che i Giapponesi si sganasciano dalle risate quando leggono l'Iliade, l'Odissea e l'Eneide, credo per via del modo in cui agiscono gli dei (e infatti Pollon è un anime comico, non serioso)

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Ma Perchè No? dissente:

Amico mio, non so chi ti ha detto questo ma si sbagliava, o non conosceva la mitologia giapponese. Il dio del mare Susanoo ha un caratteraccio peggio del nostro Poseidone e Amaterasu é simile ad Atena per la sua capacità di offendersi rapidamente. I miti giapponesi sono spesso orribili: Izanagi scende negli Inferi per ritrovare sua moglie Izanami, solo per trovarla già mangiata dai vermi, lei si incazza di essere stata vista cosi e lancia contro di lui sette vecchie demoni per massacrarlo (a proposito, questo mito é chiaramente di ispirazione orfica)! Del resto, più che a Pollon, pensate alla produzione franco-nipponica "Ulysse 31"...

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