Ucronie Presidenziali Americane

Nota: le ucronie riportate in questa pagina sono meri voli di fantasia e non esprimono posizioni o giudizi a carattere politico e ideologico.

Tanto per cominciare, ecco a voi quattordici ucronie elettorali americane dedicate ai "terzi partiti" da Generalissimus:

Tra i due litiganti il terzo gode.
Non è raro, spulciando la storia delle elezioni presidenziali statunitensi, scoprire che durante gli anni ci sono stati terzi partiti che sono riusciti con le loro prestazioni ad impensierire il Partito Democratico e quello Repubblicano.
La prima volta avvenne nel 1832, ad opera proprio del primo terzo partito fondato negli USA, il Partito Antimassonico.
Questi era un partito single-issue che si opponeva ferocemente alla Massoneria e sosteneva il protezionismo.
Alle elezioni presidenziali del 1832, vinte alla stragrande da Andrew Jackson, il suo candidato fu William Wirt, che in seguito si scoprì essere un Massone che aveva aiutato diverse volte l'associazione alla quale apparteneva.
Cosa sarebbe successo se al posto di Jackson avesse vinto a sorpresa il candidato Antimassonico? Wirt però morì nel 1834, quindi in quell'anno sarebbe salito al potere il suo vicepresidente, Amos Ellmaker.
E poi?

Ci mettiamo d'accordo o no?
Alle elezioni americane di metà mandato del 1834 il Partito Whig diventò il principale partito d'opposizione al Partito Democratico, ma alle presidenziali del 1836 si presentò diviso e con ben quattro candidati alla presidenza.
Fosse riuscito ad accordarsi su un candidato unico, probabilmente avrebbe avuto più speranze di battere Martin van Buren, il vincitore di quelle elezioni.
Ma chi? William Henry Harrison, che in questo caso sarebbe riuscito a portare a termine il suo mandato? Hugh Lawson White, che sosteneva i diritti degli stati e si opponeva alla banca nazionale, ai dazi e all'uso dei fondi federali per i lavori pubblici? L'elitista duro e puro Daniel Webster, che si era fatto portavoce della modernizzazione, dell'industria e delle banche a discapito della gente comune? Di certo non potrebbe essere Willie Person Mangum, che ottenne solo il voto elettorale del suo stato di provenienza, il South Carolina, senza passare per il voto popolare.
E cosa accadrebbe se fosse davvero uno di questi tre candidati a vincere?

Van Buren l'abolizionista.
Nel 1848 il Partito Suolo Libero, che si opponeva all'espansione della schiavitù nei nuovi stati degli USA e sosteneva l'abolizione di tutte le norme che danneggiavano gli schiavi liberati che abitavano negli stati del nord, candidò alla presidenza l'ex presidente Martin van Buren.
Van Buren sapeva che Suolo Libero non aveva la minima probabilità di successo, voleva semplicemente spaccare l'elettorato Democratico, nonostante una vita spesa per il suo ex partito, perché odiava il candidato Democratico, Lewis Cass, e perché, deluso dalla sua precedente esperienza alla Casa Bianca, aveva preso a odiare il concetto di sovranità popolare.
Alla fine a vincere le elezioni fu Zachary Taylor, ma cosa succede se è Martin van Buren a fare il colpaccio?

Chi vince? Non ne so nulla.
Nel 1856 il partito statunitense Know Nothing, letteralmente "Non so niente", così chiamato per le sue attività semi-segrete e l'omertà imposta ai suoi membri, repubblicano, nazionalista, anti-Cattolico, nativista, a favore del proibizionismo e incurante del problema della schiavitù, candidò alla presidenza l'ex presidente Millard Fillmore, all'estero al momento della presidenza, nonostante egli non fosse né un membro del Know Nothing né condividesse le idee politiche del partito, e senza prendere prima contatti con lui. 
A diventare Presidente degli Stati Uniti in quell'occasione fu James Buchanan, ma se Fillmore facesse il miracolo e lo battesse?

La secessione non è Bell.
Dai resti del defunto Partito Whig americano nacque il Partito dell'Unione Costituzionale, nazionalista e conservatore, e che sperava di allontanare la secessione semplicemente evitando di parlare del problema della schiavitù.
Il suo candidato alle elezioni presidenziali del 1860 era John Bell.
Cosa sarebbe successo se fosse stato lui a vincere quelle elezioni al posto di Abramo Lincoln?

Populist power!
Alle elezioni presidenziali USA del 1892 fu il Partito del Popolo a stupire con le sue prestazioni inaspettate: il partito, populista, ruralista, a favore della nazionalizzazione delle linee telegrafiche, telefoniche e ferroviarie, del bimetallismo, della progressività fiscale e della creazione di casse di risparmio postali, aveva scelto come candidato alla presidenza James B. Weaver.
E se fosse lui a venire eletto presidente al posto di Grover Cleveland?

Teddy bis.
Mantenendo una promessa fatta al tempo della prima elezione, Theodore Roosevelt rinunciò a presentarsi alle elezioni del 1908 e sostenne il candidato repubblicano William Howard Taft, che fu eletto grazie alla sua promessa di governare il paese "proprio come se fosse Roosevelt".
In seguito tuttavia, deluso dall'operato di Taft, Teddy Roosevelt decise di fargli opposizione al Congresso Repubblicano di Chicago nel 1912. Il partito si spaccò e Roosevelt fondò l'unico terzo partito statunitense nella storia ad avere una qualche importanza al di fuori del classico sistema bipartitico, il Partito Progressista. Con esso Roosevelt ottenne il 27 % dei consensi, sopravanzando i Repubblicani ma non i Democratici, ed il loro candidato Woodrow Wilson divenne Presidente.
Ma supponiamo che Theodore Roosevelt vinca la convention repubblicana di Chicago contro Taft, oppure che il suo Partito Progressista ottenga nel 1912 più grandi elettori anche dei democratici, per modo che egli viene rieletto Presidente. Roosevelt era un deciso interventista: gli USA interverranno nel conflitto già nel 1914 provocando la vittoria dell'Intesa ad inizio 1916. Come cambia la storia?

Io credo ai La Follette.
Nel 1924 Robert La Follette, fallita la corsa per la nomination Repubblicana alla presidenza degli Stati Uniti, decise di creare il Partito Progressista, così da poter correre alla presidenza in modo indipendente.
Populista, ruralista, a favore della riduzione delle spese militari, della distruzione dei monopoli, della nazionalizzazione dell'energia idroelettrica, delle ferrovie, delle fabbriche di sigarette e di altre grandi industrie, a una tassazione più elevata per i più abbienti e alla creazione di un contratto collettivo per i lavoratori dell'industria, La Follette si dimostrò un avversario eccezionale, ma, come è ovvio, non riuscì a diventare presidente.
Ma cosa succederebbe se riuscisse a battere Calvin Coolidge? C'è da dire però che La Follette era già malato di polmonite quando iniziò la sua campagna elettorale, e sarebbe morto nel Giugno 1925, e quindi gli sarebbe successo Burton K. Wheeler, pacifista, contrario alla coscrizione e alle grandi corporazioni.
Cosa altro accade?

Il primo Presidente (davvero) Americano.
Non tutti lo sanno, ma ci fu addirittura un Nativo Americano che riuscì a raggiungere la carica di Vicepresidente: sto parlando di Charles Curtis, Vice di Herbert Hoover, che aveva nelle sue vene sangue Kaw e Osage. Egli si scelse per la prima volta una segretaria donna, il che fa pensare che fosse sensibile al problema dell'emancipazione femminile. Purtroppo Hoover e Curtis si trovarono a governare nel peggior momento possibile della storia d'America, fra Grande Depressione, Proibizionismo, guerre tra gangsters ed impreparazione a svolgere il ruolo di grande potenza mondiale. Ma che succede se Hoover muore prematuramente, il discendente dei Grandi Capi ascende alla Presidenza e ha più fortuna del suo predecessore?

I Dixiecratici.
A vincere le elezioni presidenziali americane del 1948 non è né Truman né Dewey, bensì Strom Thurmond, rappresentante dei Dixiecratici, fazione di estrema destra del Partito Democratico che propugnava i diritti degli stati, il conservatorismo sociale e la segregazione razziale.
Come andrà a finire?

Segregazionismo mon amour.
Cosa sarebbe accaduto se al posto di Richard Nixon a vincere le elezioni presidenziali del 1968 fosse stato George Wallace, candidato alla presidenza del Partito Indipendente americano, paleoconservatore e segregazionista? C'è anche da considerare che il candidato alla vicepresidenza di Wallace, il generale in pensione Curtis LeMay, dichiarò di voler usare l'atomica in Vietnam...

Reagan presidente?! L'attore??!!
Nel 1980 John Anderson, sconfitto alle primarie repubblicane da Ronald Reagan, che poi avrebbe vinto le elezioni, decise di correre alla presidenza da indipendente.
Anderson, Repubblicano riformista, si poneva come un'alternativa moderata a Reagan, da lui considerato troppo conservatore.
Ma se riuscisse a fare il colpo grosso?

Però c'è Perot.
L'ultima persona che ottenne risultati fuori dal comune alle elezioni presidenziali americane con un terzo partito fu Ross Perot, e lo fece per ben due volte, nel 1992 e nel 1996.
Battere Bill Clinton si dimostrò ovviamente impossibile in entrambi i casi, ma cosa accadrebbe se compisse la sua missione?

Il Presidente Nader.
E se nel 2000 è Ralph Nader a vincere? Nader voleva riformare il finanziamento delle campagne elettorali, cambiare il sistema bipartitico, combattere le frodi elettorali e i crimini ambientali, garantire l'assistenza sanitaria a tutti, attuare misure per abbassare il prezzo degli immobili, rendere gratis tutte le scuole università comprese, aumentare i diritti dei lavoratori e i salari minimi, eliminare la regola dei tre reati e legalizzare la cannabis, ma ottenne pochissimi voti.
Quest'anno però Jill Stein, Ajamu Baraka e il loro New Deal Verde hanno qualche speranza in più.

Il Compagno Bernie.
Bernie Sanders non accetta gli esiti delle Primarie del Partito Democratico del 2016, e fonda il Partito dei Lavoratori Americani, correndo per la Presidenza contro Trump e la Clinton. Quante chances ha di farcela?

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Vediamo ora di sviluppare alcune di queste ucronie presidenziali americane. Partiamo dalle ucronie tradotte per noi da Generalissimus:

E se Henry Clay fosse diventato presidente?

È facile pensare che se un politico statunitense abbia abbastanza abilità e carisma per ergersi al di sopra dei suoi pari sia solo questione di tempo prima che diventi presidente: George Washington, Thomas Jefferson, Andrew Jackson, Abraham Lincoln, Theodore Roosevelt… Ma la storia americana è disseminata di esempi di leader politici brillanti, popolari, all’avanguardia e talvolta semplicemente interessantemente unici che non divennero mai presidenti per un motivo o per un altro.
Benvenuti a Presidenti Alternativi, dove in ogni episodio vi presenterò una figura che ha cercato di diventare presidente e considererò come la sua presidenza avrebbe potuto cambiare radicalmente la storia nel caso fosse stato eletto! Il presidente alternativo di oggi è il tre volte candidato alla presidenza, segretario di stato, senatore, speaker della Camera dei Rappresentanti e fondatore del Partito Whig Henry Clay.
La carriera politica di Clay iniziò in Kentucky, dove servì nella Camera dei Rappresentanti di quello stato, ritagliandosi l’identità di difensore dello sviluppo delle infrastrutture e di una prima forma di protezionismo.
Clay però era pragmatico e comprendeva i bisogni divergenti delle varie fazioni politiche dell’epoca: cercò un legame fra il potere federale e statale, un equilibrio fra gli interessi delle élite e delle persone comuni e un equilibrio fra i sempre più ostili stati abolizionisti e schiavisti, cercando sempre modi perché entrambe le parti raggiungessero un esito favorevole, e per questo, specialmente per il suo lavoro successivo riguardo il Compromesso del Missouri e la risoluzione della Crisi della Nullificazione, divenne alla fine noto come il Grande Uomo dei Compromessi.
Dalla rappresentanza del suo stato passò alle politiche nazionali, servendo per breve tempo come senatore prima di scegliere invece di perseguire un incarico nella Camera dei Rappresentanti, dove sarebbe stato immediatamente eletto speaker per il suo audace rifiuto di un incarico senatoriale più alto in favore di una posizione nel Congresso.
Durante i suoi primi anni nella Camera dei Rappresentanti fu uno dei principali istigatori della Guerra Anglo-Americana contro l’Inghilterra, riconoscendo il bisogno di prendere posizione contro l’interferenza dell’Inghilterra nel commercio sovrano statunitense.
Nel suo cuore Clay non poteva sopportare di vedere il suo paese soggiogato a potenze straniere, sia direttamente che indirettamente, e questo si sarebbe riflesso nelle sue seguenti politiche.
Ovviamente Clay non era uno che lasciava incompiuto quello che iniziava, in seguito avrebbe avuto una parte importante nei negoziati di pace.
Il presidente capì che il ruolo di Clay come falco principale del Congresso avrebbe permesso agli interessi statunitensi di essere fermamente rispettati, rassicurando al contempo che se Clay poteva essere soddisfatto allora poteva esserlo la maggioranza degli Americani.
Fu grazie a Clay che si ricavò una conclusione favorevole del conflitto tramite il Trattato di Gand, rifiutandosi di fare concessioni al Regno Unito nonostante l’impazienza dei suoi pari di fare velocemente una pace.
In seguito continuò col suo incarico di Speaker della Camera dei Rappresentanti e mise in azione la sua visione di sviluppo delle infrastrutture nazionali assieme alla promulgazione di dazi protezionistici.
La Guerra Anglo-Americana rivelò diverse debolezze dell’allora dominante filosofia Democratico-Repubblicana che aveva guidato gli Stati Uniti.
Il fondatore dei Democratico-Repubblicani, Thomas Jefferson, aveva varato un modello per la nazione che sottolineava la demilitarizzazione, la decentralizzazione e un’enfasi sul Ruralismo.
Questo aveva lasciato gli Stati Uniti logisticamente disorganizzati, incapaci di difendersi efficacemente da soli in caso di guerra su grande scala, e dipendenti dalle potenze straniere per l’accesso ai mercati e ai beni finiti.
Clay pensava che gli Stati Uniti come nazione dovessero essere avvicinati per incentivare l’efficienza e l’interdipendenza degli stati, che l’industria interna dovesse essere protetta dalla competizione estera così che potesse crescere più forte e che dovesse essere creata una banca nazionale per stabilizzare la moneta ed emettere prestiti tramite il governo invece che tramite le banche private.
Il piano di Clay sarebbe diventato il fondamento di quello che alla fine sarebbe diventato noto come il Sistema Americano, un piano per far diventare gli Stati Uniti una potenza autosufficiente capace di tenere alla larga le influenze straniere e asserire il suo dominio sulla sfera americana.
Il protezionismo avrebbe permesso all’industria statunitense di decollare e creare un’alternativa interna alla potenza industriale della Gran Bretagna, e le infrastrutture avrebbero reso il trasporto di beni più veloce e più economico aprendo al contempo nuovi mercati interni perché anche il sud agricolo e l’ovest avessero venduto i loro raccolti.
Una banca centralizzata avrebbe eliminato i rischi associati con le banche private, rimettendo nello stesso momento il controllo delle finanze nazionali nelle mani del governo.
Il Sistema Americano era un piano di sinergia fra l’industria, l’agricoltura e il commercio, un qualcosa che si sarebbe potuto descrivere in maniera adatta come il successore spirituale delle vecchie agende Federaliste e Washingtoniana di raggiungere la stabilità, l’autosufficienza e una rapida crescita.
Sotto la guida di Clay al Congresso venne creata la Seconda Banca degli Stati Uniti d’America, e vennero emanati dei dazi con grande sostegno da tutte le parti del paese tranne il sud, dove la fede nella creazione di nuovi mercati interni per il cotone era bassa e si preferiva mantenere un accesso senza restrizioni al commercio con l’Europa, cosa che Clay pensava avrebbe reso gli Stati Uniti sottomessi alle economie delle potenze straniere e avrebbe impedito al paese di essere veramente indipendenti.
I dazi vennero combattuti dal sud e vennero fatti dei compromessi, ma alla fine continuarono a rimanere in vigore.
Le infrastrutture furono l’unico pilastro del Sistema Americano che vide poco successo a causa delle preoccupazioni costituzionali che dei progetti simili organizzati in maniera federale non tengono conto dell’autorità degli stati.
Come conseguenza del mancato sviluppo infrastrutturale gli stati del sud persero il loro pilastro complementare del sistema, mentre nord e ovest divennero sempre più ricchi grazie a queste politiche filoamericane.
Clay avrebbe lanciato la sua prima candidatura presidenziale nel 1824, un’elezione che si trasformò in una corsa a quattro tra i Democratico-Repubblicani del nordest, del nordovest, del sud costiero e del sud interno.
Sfortunatamente per Clay, egli ricevette la penultima percentuale del voto popolare e l’ultima percentuale del voto elettorale, perfino meno del candidato che durante la campagna elettorale aveva avuto un ictus.
Clay semplicemente non poteva competere con i suoi pari più consolidati e più esperti del nordest e del sud costiero, né aveva il carisma del terzo candidato proveniente dal sud di frontiera.
Detto questo, nonostante non ottenne la presidenza ne ricavò una nomina a Segretario di Stato da parte del vincitore delle elezioni, John Quincy Adams.
Non prenderemo in considerazione una vittoria di Clay in questa elezione, considerate le grandi probabilità contro di lui se comparate alle sue altre candidature, ma anche perché gli effetti di ciò e l’elezione seguente plasmarono in maniera significativa Clay come l’uomo che la storia ricorda, non semplicemente perché gli permisero di servire nell’esecutivo di un altro presidente, ma anche perché sarà in questa elezione che il futuro rivale di Clay otterrà importanza quanto mai prima, e nell’elezione successiva questo rivale, il Generale Andrew Jackson, diventerà presidente con un messaggio che faceva appello allo Statunitense comune, attaccava l’establishment Democratico-Repubblicano profondamente radicato e denunciava l’abbraccio di alcuni Democratico-Repubblicani, Clay incluso, di alcuni ideali Federalisti.
Fin quasi dall’inizio Clay fu scettico di Jackson, credendo che fosse un pericolo per la repubblica a causa della sua retorica populista, della sua adesione intransigente alla democrazia, del suo passato militare e del suo carattere dominante.
Molti temevano che Jackson avrebbe costretto le masse a concedergli poteri costituzionali straordinari a spese del Congresso e usare alla fine questa oclocrazia per agire come un tiranno sotto spoglie democratiche.
Riferendosi a Jackson, Clay disse: “La Grecia ha avuto il suo Alessandro, Roma il suo Cesare, l’Inghilterra il suo Cromwell e la Francia il suo Bonaparte, noi dobbiamo evitare i loro errori”.
La vittoria definitiva di Jackson nelle elezioni del 1828 ispirarono Clay a prendere una rigida posizione contro di lui e a creare dai resti del Partito Democratico-Repubblicano l’Anti-Jacksonian Party, noto come Partito Repubblicano Nazionale, trasformandolo poi nel partito Whig, così chiamato dalla fazione inglese antimonarchica e filo-parlamentare.
Per cercare di impedire un consolidamento del potere all’interno del ramo esecutivo e confinarlo al ramo legislativo, Clay divenne un forte difensore della supremazia del Congresso e della leadership nazionale, rendendola un principio chiave della piattaforma Whig.
Jackson continuò e incentivò la visione Jeffersoniana originale di decentralizzazione, Ruralismo, espansionismo e democratizzazione.
Il suo Partito Democratico sarebbe diventato la forza dominante all’interno del paese e si sarebbe sbarazzato della banca nazionale, che Jackson considerava infestata dalla corruzione, restrinse ulteriormente i fondi per le infrastrutture, che egli pensava fossero una materia competente puramente ai governi statali, ma mantenne in gran parte al loro posto i dazi di Clay, comprendendo il bisogno degli Stati Uniti di diventare più autosufficienti.
Clay si sarebbe candidato di nuovo, questa volta contro il protetto di Jackson, James Knox Polk, nel 1844, ma ancora non ottenne la vittoria, perdendo di poco a causa della morte prematura di William Henry Harrison e del fallimento del suo vicepresidente nell’attuare l’agenda Whig, spingendo invece per politiche più in linea con l’ideologia Democratica, incluso l’inizio dell’annessione del Texas, che divenne un argomento caldo delle elezioni del 1844 e che Polk sembrò più determinato a perseguire di Clay, cosa che alla fine gli costò la presidenza.
Clay ritornò al Congresso e vi rimase in seguito alla fine del suo mandato come Segretario di Stato.
Adesso senatore, Clay osservò anno dopo anno mentre il paese scivolare apparentemente sempre più lontano da lui verso una divisione più profonda.
Clay e i suoi pari fecero il possibile per rammendare queste divisioni e risolvere i problemi nazionali mentre emergevano, ma alla fine le differenze sfuggirono di mano e gli sforzi di Clay per portare ad un compromesso fra nord e sud riuscirono a fare poco per fermare la futura guerra civile.
Ma se tutto questo cambiasse? E se in una TL alternativa Henry Clay diventasse presidente? Come già detto, il 1824 non sarebbe il miglior anno per Clay, né a quel punto si sarebbe sviluppata completamente la sua identità politica.
Il 1832 e il 1844 sarebbero le migliori opportunità per Clay, ma le probabilità contro Clay nel 1832 sarebbero ancora troppo alte.
Quella del 1844 sarebbe abbastanza combattuta da far sì che un singolo piccolo avvenimento possa far andare l’elezione in un modo o nell’altro, ma a quel punto Clay dovrebbe lottare contro un establishment Democratico già trincerato che renderebbe la presidenza e l’agenda di Clay tutte più complicate.
L’elezione del 1844 fu definita dall’amministrazione uscente Harrison-Tyler, i primi Whig a detenere l’incarico presidenziale, in maniera inefficace, aggiungerei, e dalla questione dell’annessione del Texas, a sua volta legata all’equilibrio del potere fra il nord e il sud e all’espansione della schiavitù.
Il Presidente Tyler fu quello che propose ufficialmente l’annessione del Texas, ma lo fece alla fine del suo mandato e utilizzando la vittoria di Polk su Clay come giustificazione al Congresso che il pubblico era in favore dell’annessione perché aveva eletto il candidato incline ad essa.
L’offerta di annessione al Texas passò per pochi voti al Senato, e mesi dopo il Texas accettò l’accordo, ma stavolta le cose sono diverse: attraverso un’attenta strategia Clay riesce ad avere la meglio su Polk e a vincere con un solo punto di margine, Tyler non riesce ad ottenere una maggioranza in Senato e la proposta di annettere il Texas non viene mai fatta.
La posizione di Clay sull’argomento era che lui avrebbe abbattuto qualsiasi tentativo di annessione del Texas a meno che non ci fosse stato un ampio consenso pubblico a favore della sua acquisizione.
Col nord determinato ad impedire l’espansione della schiavitù tramite l’ammissione di un nuovo stato schiavista, le possibilità che Clay dia seguito a questa annessione sono estremamente basse, e per il momento il Texas rimarrà indipendente e la Guerra Messico-Statunitense non avverrà mai.
Come conseguenza di ciò il futuro politico del Texas verrà riorientato.
Fin dall’indipendenza ci fu una divisioni tra le fazioni nazionalista e a favore dell’annessione, con la seconda che ovviamente cercava l’unione con gli USA mentre la prima cercava di continuare l’indipendenza texana e l’espansione verso ovest fino all’Oceano Pacifico.
Essendosi viste ancora una volta le sue aperture per un’annessione respinte dagli Stati Uniti, la fazione filoamericana di Sam Houston subirà una perdita di popolarità, specialmente quando, proprio come nella nostra TL, Houston, in uno sforzo per prevenire una guerra uno contro uno con il Messico, iniziò a considerare la rinegoziazione di un accordo per unirsi di nuovo al Messico come stato autonomo o la possibilità di ottenere lo status di protettorato del Regno Uniyo nel caso avesse abolito la schiavitù.
Questo riorientamento garantirà alla fazione nazionalista di Mirabeau Bonaparte Lamar uno slancio aggiuntivo negli anni seguenti, mettendo nel 1848 il Texas su una rotta espansionista, sempre ammesso che riesca a mantenere la sua indipendenza.
Il Texas all’epoca era un una situazione finanziaria tremenda, e gli uomini come Sam Houston credevano che l’indipendenza fosse insostenibile sul lungo termine.
Lamar era aggressivo, e istigò tensioni sia con il Messico che con le violente tribù comanche che risiedevano nei territori nordoccidentali rivendicati dal Texas.
Con tutta probabilità il diretto successore di Houston, Anson Jones, cercherà una qualche forma di accordo pacifico con la Gran Bretagna e il Messico per preservare l’autonomia texana e assicurare la pace lungo il confine.
Jones era una figura più pragmatica degli opposti Houston e Lamar, essendo stato in vari momenti da entrambe le parti del dibattito sull’annessione.
Se l’annessione sarà davvero fuori questione, anche se solo per il momento, raggiungere il riconoscimento messicano dell’indipendenza, anche se ad un costo, sarà necessario, perciò, in cambio del sostegno inglese come mediatore, il Texas abolirà la schiavitù, accetterà di non ricercare mai più l’annessione da parte degli Stati Uniti, stabilirà un’alleanza reciproca con l’Inghilterra nel caso di una guerra con gli USA o il Messico e stabilirà relazioni commerciali preferenziali con l’Inghilterra.
Gli Inglesi si concentreranno sul finanziare il Texas come forza per frenare un’ulteriore espansione statunitense verso ovest, e una volta che la repubblica si sarà stabilizzata, potrebbe incoraggiare il Texas a favorire la sua espansione verso il Pacifico.
Il ruolo del Texas in questa TL è particolarmente interessante, dato che senza la Guerra Messico-Statunitense e la seguente annessione di territori messicani, l’unico altro grande gruppo di coloni statunitensi in quelle terre sudoccidentali sarebbero i Mormoni.
Dato che la Guerra Mormone in Illinois scatenerà comunque l’esodo Mormone verso lo Utah, ed è ancora probabile che questi Mormoni perseguano la creazione dello stato del Deseret, è dubbio se cercheranno l’annessione da parte degli Stati Uniti o meno, portando potenzialmente ad una rivalità tra il Texas filobritannico e il Deseret filoamericano per il controllo del sudovest.
Vi ricordo che il Texas non era l’unico territorio in bilico all’epoca: nella nostra TL James Knox Polk risolse la lunga disputa sul Territorio dell’Oregon, ottenendo per gli Stati Uniti le parti più di valore di quel territorio.
Henry Clay però non prese una posizione chiara sull’Oregon durante la sua campagna, ma avrebbe potuto comunque cercare una risoluzione, dato il valore strategico di un porto sul Pacifico, gli sforzi passati del compagno Whig Daniel Webster di acquisire il territorio, il fermo desiderio di Clay di mantenere l’indipendenza dal dominio inglese sul continente e la mancanza di controversie relative all’Oregon diversamente dal Texas.
Nella nostra TL la Guerra Messico-Statunitense dominò la concentrazione di Polk mentre era in carica, ma al di fuori di questo abbassò i dazi per fornire una migliore stabilità finanziaria alla nazione attraverso la rifondazione di un tesoro indipendente invece di una banca nazionale per mantenere una separazione fra banche e stato.
Con Clay invece la banca nazionale verrebbe ricreata, ripristinando il controllo del governo sul commercio nazionale.
Il Dazio del 1842, che alzò i tassi dei dazi al 40% e che venne abolito da Polk, rimarrebbe in vigore e probabilmente sarà rinforzato da dazi aggiuntivi che porteranno la media al 50% o più, riducendo le importazioni statunitense e incitando le potenze straniere ad aumentare i loro dazi come risposta.
Capendo il bisogno di soddisfare il desiderio del sud di mercati di esportazione redditizi, Clay si metterà al lavoro per spingere per enormi programmi infrastrutturali finanziati dai ricavi generati dall’aumento dei dazi e da una vendita di mazza di terreni pubblici a prezzi alti.
Nella nostra TL Polk mise il veto sui progetti infrastrutturali propostigli dal Congresso, incluso il Rivers and Harbors Act, che avrebbe sviluppato i porti sui Grandi Laghi e i fiumi che li circondano, così come una legge riguardante il Territorio del Wisconsin.
Entrambi i progetti vedranno di certo l’approvazione di Clay, che spingerà per ulteriori sviluppi tra le città del sud e del nord, così da fornire loro l’accesso a mercati interni più ricchi.
Ovviamente Clay troverà sempre difficoltà a far passare parti della sua agenda, dato che i Democratici continueranno a dominare la Camera e il Senato durante i suoi primi due anni di incarico, e probabilmente manterranno il controllo della Camera negli ultimi due anni del suo mandato, ma per amore dello scenario presumeremo che riesca ad ottenere la maggioranza sulla sua piattaforma meno divisiva attraverso le sue comprovate abilità di negoziazione e compromesso.
Se presumiamo che l’agenda di Clay abbia successo e non affronti alcuna importante controversia, egli avrà già un secondo mandato assicurato, visto che il candidato Whig Zachary Taylor nella nostra TL vinse le elezioni del 1848 con un ampio margine, anche se l’ex candidato Democratico Martin Van Buren spaccò entrambi gli elettorati correndo con una candidatura antischiavista.
Se qualcun altro diversamente da Jackson sarebbe stato capace di assicurarsi un secondo mandato durante quest’era turbolenta, quello sarebbe stato sicuramente Henry Clay.
Clay non avrebbe avuto la necessità di affrontare le stesse conseguenze postbelliche di Taylor, dato che, ancora una volta, la Guerra Messico-Statunitense semplicemente non avverrà, ma dovrà affrontare una nuova moltitudine di questioni, inclusa l’esistenza di un Texas filo-britannico al confine sudoccidentale degli Stati Uniti, e il continuo bisogno di averla vinta sul sud riguardo l’aumento dei dazi e il blocco dell’espansione verso ovest della schiavitù.
Assicuratosi l’Oregon, inizierà in anticipo il lavoro sullo sviluppo di una ferrovia transcontinentale e l’espansione della rete ferroviaria fra il nord e il sud.
Con la produzione interna in ascesa verranno fatti più investimenti nelle flotte militare e mercantile statunitensi, e con il problema dell’espansione della schiavitù in gran parte risolto la concentrazione del paese verrà invece posta sul come eradicare gradualmente la pratica considerando i bisogni del sud e senza infiammare le tensioni nord-sud al punto da far scoppiare le ostilità.
La presidenza di Clay verrà definita dalle difficoltà in politica interna, ma l’obbiettivo sarà il ruolo sul lungo termine degli Stati Uniti nel mondo e in relazione con le potenze rivali.
Come conseguenza di ciò il Commodoro Perry non viene inviato in Giappone, non aprendolo mai ai commerci e permettendogli di rimanere isolazionista, il tentativo di Napoleone III di annettere le Hawaii probabilmente non incontrerà ostacoli, e il Messico mantiene quello che sarebbe diventato il sudovest degli Stati Uniti fino a quando non scoppierà il conflitto fra Deseret e Texas per il controllo della regione, che servirà essenzialmente come guerra per procura fra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
Attraverso la leadership di Clay lo sviluppo statunitense decollerà a razzo a passo accelerato, rendendo gli USA, alla fine della sua amministrazione, una potenza industriale capace di schiacciare con facilità l’Inghilterra e altri rivali in una guerra continentale e facendo diventare il paese il vero leader della sfera americana.

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E se Teddy Roosevelt avesse ottenuto un altro mandato?

Dei vari uomini che hanno reso onore all’incarico di presidente, pochi vengono visti come importanti e così ampiamente ammirati come Theodore Roosevelt, un presidente che bilanciò il carattere di conquistatore espansionista, promotore di pace, rude cowboy e mediatore fra le varie fasce della società.
Nato in una famiglia della classe benestante di estrazione olandese, Theodore Jr. fu allevato nella città di New York, dove suo padre, Theodore Sr., era un importante pilastro della comunità.
Le sue azioni ebbero un forte impatto sul giovane Theodore, spingendolo ad emulare quella che riteneva fosse la miscela di forza, coraggio, gentilezza e altruismo di suo padre, caratteristiche cha Theodore Sr. faceva applicare anche direttamente, facendo rispettare ai suoi figli uno standard di onestà e disciplina.
Tutto questo, assieme al bisogno di difendersi dai bulli, spinse Theodore a praticare la boxe e varie attività faticose, uno stile di vita che alla fine lo aiutò a sconfiggere la salute malferma che lo aveva afflitto fin dai primi anni.
Dopo essere diventato un giovane capace ed eclettico, Roosevelt andò a studiare ad Harvard, dove si laureò con tutti gli onori.
Riflettendo in seguito sul tempo passato lì, disse di essersi sentito come se tutto quello che stesse imparando non avesse valore e che quello che aveva imparato fosse ripetitivo e inutilmente stancante, cosa che getta luce su quanto fossero avanzate le capacità d’apprendimento di Roosevelt, che a quanto pare aveva una memoria eccellente, e sul metodo col quale preferiva imparare, sul campo e specializzandosi, quasi trascurando le materie che secondo lui contribuivano poco ai suoi interessi principali, geografia, storia e biologia.
Alla fine, ritrovandosi ad un bivio tra una carriera scientifica e una politica, Roosevelt optò per la seconda, vedendola come un giusto modo per onorare la memoria del suo ormai compianto padre, seguendo la sua filosofia del contribuire alla società attivamente e non diventare un ricco ozioso come suo fratello Elliott Bulloch.
Sapendo che lui era un membro dell’élite per via dei suoi studi, della sua ricchezza e della sua nascita, per lui divenne quasi una chiamata e un dovere mettere le sue abilità all’opera per migliorare la sua comunità.
L’entrata iniziale di Roosevelt nella politica dimostrò la sua opposizione alla corruzione e allo strapotere delle potenze corporative, ma scoprì poi che la politica era troppo esigente, e dopo la recente perdita di sua madre e sua moglie si ritirò anticipatamente da quel campo e si trasferì in North Dakota, dove fece sforzi per organizzare meglio i proprietari di ranch locali e promosse la conservazione della flora e della fauna del territorio.
Un inverno eccezionalmente rigido spazzò via l’Elkhorn Ranch di Roosevelt, costringendolo a ritornare a New York, dove si sarebbe risposato e sarebbe rientrato in politica, candidandosi a sindaco di New York ma uscendone con la posizione di commissario della polizia della città, ripulendola dal crimine e dalla corruzione ovunque li trovasse.
I suoi risultati gli avrebbero fatto guadagnare l’incarico di Assistente Segretario della Marina, un titolo al quale rinunciò appena scoppiò la Guerra Ispano-Americana, così che avrebbe potuto creare un reggimento di cavalleria volontario che sarebbe poi diventato noto come Rough Riders.
Le varie provenienze dei volontari, che variavano dai cowboy ai membri della classe alta agli atleti, diedero ai Rough Riders un ampio set di abilità e gli inferirono un versatile carattere coraggioso che rese il gruppo efficace dal punto di vista militare e attraente per i media.
Roosevelt utilizzò questa pubblicità al suo ritorno per diventare Governatore del New York, una posizione che ottenne con un ristrettissimo margine dell’1%.
Da governatore Roosevelt, che era noto al grande pubblico come Teddy Roosevelt anche se egli preferiva il soprannome Colonnello Roosevelt, raffinò la sua comprensione delle questioni politiche, economiche e sociali, mettendo in pratica politiche che tentarono di ottenere esiti più pragmatici e moralmente giusti, facendo compromessi fra i lavoratori e le aziende e resistendo al contempo alle tentazioni delle spinte popolari da una parte e degli interessi delle élite dall’altro, una virtù di chi fa parte della leadership ritenuta assolutamente indispensabile da molti dei padri fondatori.
Arrivato l’inizio del secolo Roosevelt venne preso fortemente in considerazione per la presidenza, ma si rifiutò di sfidare l’uscente William McKinley e di apparire una forza rivale all’interno del suo stesso partito.
La convention Repubblicana scelse invece il popolare Roosevelt come compagno di McKinley, spingendolo verso la vicepresidenza, un incarico che egli detestava per la mancanza di azione ma che comprese essere un prezioso trampolino di lancio per assumere il ruolo di presidente anni dopo.
L’opportunità arrivò molto prima di quanto previsto, dato che McKinley venne assassinato pochi mesi dopo l’inizio del suo secondo mandato, e così Theodore Roosevelt divenne Presidente degli Stati Uniti.
Da presidente Roosevelt si fece un’ottima reputazione: l’uomo di frontiera che era in lui lo fece eccellere nei suoi sforzi a favore della conservazione, dato che pensava che l’essenza del paese fosse profondamente connessa all’ambiente che occupavano lo stato e il popolo, oltre al fatto che le risorse fossero limitate e dovessero essere attivamente razionate e che l’inutile sfruttamento della natura ad opera delle grandi imprese era una sconsideratezza che doveva essere limitata; l’uomo forte imperialista che era in lui fece eccellere Roosevelt nella sua posizione contraria agli interventi europei nelle Americhe, così come nella sua rivendicazione della responsabilità statunitense di guidare le “nazioni americane meno civilizzate e delinquenti” del sud; il mediatore che era in Roosevelt riecheggiò sia nelle sue politiche interne che in quelle estere, mantenendo buone relazione con la potenziale minaccia crescente che era il Giappone, assicurando così il posto degli Stati Uniti nel Pacifico, mentre in patria Roosevelt lavorò per raggiungere grandi compromessi tra le grandi aziende e le masse lavoratrici, facendo tenere fede a entrambe a standard di condotta che egli riteneva che il popolo americano meritasse, facendo ottenere di conseguenza a Roosevelt un’immagine di distruttore di trust quando in realtà li stava semplicemente ripulendo, facendo notare i loro misfatti e difetti e chiedendo solo i migliori standard dalle imprese e dai lavoratori, emulando senza dubbio le alte aspettative e le virtù che da bambino suo padre teneva in conto più dell’egoismo, della codardia, della falsità, della pigrizia e della crudeltà.
Roosevelt avrebbe ottenuto un secondo mandato prima di rifiutarsi di correre per un terzo, nonostante il suo primo mandato non durò quattro anni completi, anche se per poco, e le circostanze lasciarono Roosevelt a disagio con l’idea di rompere la tradizione dei due mandati, pertanto egli istruì quello che credeva sarebbe stato un ottimo successore che avrebbe realizzato politiche identiche alle sue, William Howard Taft.
Taft però si allontanò da Roosevelt, che stava adottando un’ideologia sempre più Progressista.
Infuriato da questo apparente tradimento, Roosevelt decise di sfidare Taft alle elezioni successive, ma il tempo che Roosevelt aveva passato lontano dall’incarico gli era costato i suoi legami con l’establishment, e adesso i Repubblicani erano divisi fra Conservatori e Progressisti.
Pensando che avrebbe comunque potuto sconfiggere Taft se i Democratici non fossero riusciti a trovare un candidato popolare, Roosevelt creò un terzo partito che spaccò il voto Repubblicano.
Roosevelt e Taft ricevettero ognuno circa il 25% dei voti totali, mentre il candidato Democratico Woodrow Wilson ricevette il 41%, una percentuale che i Repubblicani avrebbero potuto facilmente superare se fossero rimasti uniti.
Le possibilità di Roosevelt di riprendersi l’incarico vennero spazzate via, ed egli morì solo qualche anno dopo, ma se questo cambiasse? E se in una TL alternativa Roosevelt avesse ottenuto un terzo mandato? La possibilità più popolare che viene considerata è ovviamente cosa sarebbe potuto accadere se Roosevelt avesse vinto le elezioni del 1912, sulla quale ci concentreremo, ma dovremmo anche esplorare cosa sarebbe potuto accadere se Roosevelt avesse immediatamente cercato un terzo mandato durante le elezioni precedenti, evitando così la presidenza di Taft.
Queste elezioni avrebbero messo Roosevelt contro William Jennings Bryan, un uomo visto come troppo Liberale dai Conservatori dell’epoca ma troppo Conservatore per i Liberali di oggi.
Bryan per esempio era a favore della pianificazione dell’economia ad un livello che Roosevelt riteneva radicale, mentre allo stesso tempo aveva vedute Creazioniste e Anti-evoluzioniste, mentre tra i più Progressisti l’evoluzione veniva considerata un dato di fatto, al punto che l’eugenetica stava diventando un punto fermo dell’ideologia Progressista, lo stesso Roosevelt credeva in quella scienza.
Detto questo, le politiche Progressiste di Roosevelt avrebbero facilmente messo in ombra quelle di Bryan, cosa che probabilmente si tradurrà in qualcosa di più della vittoria a valanga del nostro mondo, rubando ulteriori voti Liberali o Progressisti a Bryan.
Immediatamente, come risultato di questo esito, potremmo aspettarci ulteriori provvedimenti per rafforzare il limite di mandati e dare una soluzione a situazioni uniche come quella dei vicepresidenti che servono per il resto del mandato dei loro predecessori, impedendo alla fine i quattro mandati di presidenza di Franklin Roosevelt che avvennero durante la Grande Depressione del nostro mondo, sempre ammesso che i fattori che la causarono continueranno ad esistere in questa TL.
I cambiamenti più significativi probabilmente ci saranno in politica estera, soprattutto riguardo l’America Latina.
Fu durante la presidenza di Taft che scoppiò la Rivoluzione Messicana e iniziò l’occupazione statunitense del Nicaragua.
Considerata la storia di Roosevelt, egli potrebbe prendere un approccio più diretto per risolvere la Rivoluzione Messicana, utilizzando forse il conflitto per giustificare l’occupazione o l’annessione vera e propria di certi territori.
Come con Panama, potrebbero essere fatti sforzi per iniziare la costruzione di un secondo canale in Nicaragua, per impedire ai rivali europei di farlo per primi e bypassare il Canale di Panama.
I livelli delle azioni antitrust in patria potrebbero rimanere probabilmente gli stessi, anche se dirette contro bersagli diversi.
Taft aveva intrapreso azioni contro le imprese che egli credeva si fossero fatte beffe di Roosevelt o che avevano approfittato della sua bonarietà, accuse che Roosevelt negò apertamente e dalle quali si sentì insultato personalmente.
La conservazione rallenterà come durante la fine del mandato precedente di Roosevelt, ma senza il licenziamento ad opera di Taft degli elementi ambientalisti all’interno del governo, le terre vengono ulteriormente curate e salvaguardate da potenziali sfruttamenti o scappatoie politiche.
Questo mandato consentirà a Roosevelt anche di nominare sei nuovi giudici della Corte Suprema, un’opportunità per solidificare le politiche Progressiste e un rafforzamento delle regolamentazioni antitrust anche dopo la fine della sua presidenza, anche se Roosevelt potrebbe correre per un ulteriore mandato nel 1912 per un totale di quattro, ma anche presumendo che non sia stata ancora creata una politica di limiti al numero di mandati non sarebbe nel suo carattere farlo, il motivo per il quale si candidò nel 1908 è che il suo primo mandato tecnicamente non contava.
Se Taft rimarrà nelle grazie di Roosevelt questo porrà le basi per una presidenza Taft durante la Prima Guerra Mondiale.
Dato il successo di Wilson nell’ottenere la rielezione nella nostra TL e le possibilità di venire rieletto in assenza di Roosevelt, potremmo facilmente vedere due mandati presidenziali caratterizzati da una continua neutralità, dato che Taft non era interessato alle politiche europee.
Ovviamente nella nostra TL le posizioni di Taft sulla Grande Guerra cambiarono quando gli Stati Uniti vi entrarono, ma in seguito perse tutta l’importanza che gli era rimasta in entrambi i partiti per via della sua tendenza a cambiare spesso idea sugli argomenti relativi alla guerra, cosa che suggerisce che si sarebbe accodato alle idee che erano più popolari.
Nel caso Roosevelt vincesse le elezioni del 1912 possiamo supporre un esito semplice nel quale Taft perde la nomination a favore di Roosevelt o decide semplicemente di concedergli la nomination per non dividere il voto Repubblicano e non cedere la presidenza ai Democratici.
Di conseguenza Roosevelt, sotto la bandiera Repubblicana, sconfigge Wilson e assume un ruolo che lo trasporterà nell’era della Grande Guerra.
Prima di essa, comunque, Roosevelt porterà avanti un’agenda Progressista simile a quella di Wilson, e come lui inoltre farà un uso abbondante degli ordini esecutivi per promuovere le sue politiche, questo per dire che non ci saranno molti cambiamenti, se non una maggiore enfasi sulla conservazione.
Per quanto riguarda l’immigrazione, Roosevelt credeva in standard più meritocratici di quelli di Taft o Wilson, col primo che favoriva l’importazione di lavoratori non specializzati che andassero ad occupare i posti di lavoro più umili, mentre il secondo sosteneva la libera immigrazione per via del suo credo politico.
Con Roosevelt gli immigrati europei incontreranno gli stessi rigidi standard imposti a quelli provenienti dalle nazioni del Pacifico.
Agli analfabeti, a quelli poco qualificati, ai malati, ai criminali, ai deviati e ad altri indesiderabili verrà impedito l’ingresso negli Stati Uniti, inoltre ci si aspetterà che quelli che ce la faranno si integrino pienamente nella cultura americana, specialmente quando le tensioni in Europa inizieranno a scaldarsi.
Roosevelt credeva che “l’Americano con un trattino in mezzo” non era affatto un Americano e che non c’era posto per lui nel paese, ovvero gli immigrati che si identificavano come Tedeschi Americani, Irlandesi Americani o Italoamericani, piuttosto che semplicemente e del tutto come Americani.
Con lo scoppio della Grande Guerra e l’aumento dei sentimenti antitedeschi possiamo aspettarci che questi standard di integrazione verranno fortemente rafforzati, pena la deportazione, l’incarcerazione o il linciaggio, e non solo per i Tedeschi Americani, ma anche per gli Irlandesi, gli Italiani, i Russi e così via.
Con l’arrivo del 1914 è probabile che Roosevelt persegua politiche di sterilizzazione dei criminali e dei malati di mente, tenendo fede alla credenza che la mente, il corpo e lo spirito statunitensi devono essere forti e liberi da impurità degenerative.
Essendo un fautore della preparazione e della forza militari per difendere la sicurezza e il prestigio, Roosevelt avrebbe continuato a supervisionare l’espansione della potenza navale e il mantenimento in tempo di pace di un grande esercito ben addestrato.
Alla fine della sua presidenza le capacità navali statunitensi saranno quasi pari a quelle dell’Inghilterra.
Le relazioni con il Giappone continueranno ad essere costruite, e questo paese, assieme al Regno Unito, verrà visto come cruciale per mantenere la sicurezza e l’isolamento statunitensi, dato che forse le imponenti marine inglese e giapponese saranno l’unica minaccia estera all’egemonia statunitense nelle Americhe, ma poi arriverà un altro fattore, uno che apparentemente cercherà di sostituire il Regno Unito come principale potenza europea e che stava dimostrando un livello preoccupante di sviluppo e ambizioni espansioniste, e quel fattore era la Germania.
Nel nostro mondo Roosevelt fu un forte difensore dell’azione anticipata statunitense contro la Germania, e stava perfino preparando un’armata volontaria simile ai Rough Riders, ma ancora più grande, che servisse in Francia, ma Wilson si rifiutò di permettere tutto questo e costrinse Roosevelt a sciogliere il gruppo.
Stavolta però le cose sono diverse: Roosevelt rende chiare le sue intenzioni a Francia e Gran Bretagna che a breve arriverà il sostegno diretto statunitense.
Avendo mantenuto le forze armate statunitensi in uno stato di preparazione prima della guerra, tutta la manodopera disponibile non sarà solo poco più di una forza di difesa.
Roosevelt offrirà tutta la manodopera che è riuscito ad accumulare col tempo mentre in patria preparerà una forza ancora più grande per assestare il colpo mortale alla Germania, incluse quattro divisioni modellate sui suoi Rough Riders, guidando di persona questi uomini in Europa.
L’entrata anticipata degli Stati Uniti nel conflitto cambia rapidamente il corso della guerra ad occidente, ma ad un prezzo molto alto.
Le perdite statunitensi sono più alte che nel nostro mondo, anche se Roosevelt riuscirà a mantenere alto il morale sia dei suoi uomini che dei suoi cittadini oltremare dimostrando che sta sopportando le stesse condizioni dei suoi soldati per rendere sicura l’America dall’aggressione tedesca.
Detto questo, il movimento contro la guerra potrebbe diventare più importante in questo mondo alternativo, dato che sembrerà che Roosevelt abbia trascinato gli Stati Uniti in guerra senza che questi siano stati provocati.
La guerra termina intorno alla fine del 1916 e vede la Germania lasciata in una posizione molto più vulnerabile.
Il Kaiser non viene costretto ad abdicare e la rivoluzione non colpisce mai il paese, ma ora le forze combinate francesi, statunitensi e inglesi non sono affatto esauste come lo sarebbero state nel 1918, il che significa che la Germania può essere occupata e deve piegarsi alla volontà delle potenze dell’Intesa.
Senza la visione auto-determinista di Woodrow Wilson del mondo postbellico, verrà data seria considerazione ai piani francesi di una divisione totale della Germania nelle parti che l’hanno costituita.
Roosevelt, vedendo la Germania come una minaccia per la stabilità globale ed eccessivamente ambiziosa, sosterrà questa mossa, lasciando solo l’Inghilterra a guardare alla Germania come una pedina contro il dominio francese e russo ed opporsi alla proposta.
La Germania verrà divisa fra Prussia, Baviera, Sassonia e Baden-Württemberg, mentre i Francesi annetteranno, oltre alla regione della Ruhr, tutte le terre ad ovest del Reno per utilizzare quel fiume come confine più difendibile contro la Prussia e per privare i Prussiani dei principali centri industriali e di risorse all’interno della regione, che invece utilizzeranno per rafforzare loro stessi e diventare la potenza industriale del continente.
Dato che i Tedeschi avranno tentato di utilizzare la popolazione polacca contro la Russia durante la guerra questo porrà le basi per un nuovo regno polacco, ma senza il Trattato di Brest-Litovsk avvenuto nel 1918 la Polonia rimarrà l’unico ex territorio russo a separarsi e rimanere indipendente dopo la guerra.
L’Austria-Ungheria non verrà percepita come una minaccia importante come la Germania, sarà comunque costretta a concedere terre ai Cecoslovacchi, agli Italiani e ai Serbi, ma ne verrà fuori in condizioni migliori semplicemente perché nel 1916 sarà uno stato più forte di quanto lo sarebbe nel 1918, e lo stesso vale per Ottomani e Bulgari.
Francia e Stati Uniti cercheranno di isolare la Prussia dagli stati tedeschi confinanti attraverso delle guardie di confine per impedire viaggi e commerci non autorizzati e il contrabbando, e allo stesso tempo la Francia instaurerà relazioni con Baviera, Austria e Sassonia, appagando gli stati tedeschi meridionali negoziando con la Repubblica Ceca la separazione degli abitanti tedeschi dei Sudeti affinché formino uno stato indipendente, creando un ponte fra l’Austria e la Sassonia e dando vita ad una nuova sfera di cooperazione tedesca supervisionata dalla Francia che escluda la Prussia.
Dopo la guerra Roosevelt spingerà per un’alleanza a favore della preservazione della pace in Europa molto simile alla Società delle Nazioni di Wilson.
Gli sforzi più diretti di Roosevelt durante la guerra potrebbero dargli un’influenza maggiore nei negoziati per una cosa simile, ma come Wilson esiterà a far coinvolgere gli Stati Uniti nel progetto e compromettere così l’isolamento americano.
Detto questo, anche se riuscisse a portare a termine il suo mandato, Roosevelt intraprenderebbe azioni per assicurare la sovranità statunitense e la pace globale nel mondo postbellico mediando ulteriormente col Giappone, col quale avrà già instaurato legami positivi, incoraggiando riforme all’interno della Russia sia per arrestare il flusso di immigrati dell’Europa orientale verso gli USA sia per posizionare i Russi come rivali del Giappone, lasciando che si occupino gli uni degli altri invece che degli Stati Uniti.
Presumendo che la supervisione francese degli stati tedeschi del sud sia riuscita, il sostegno alle ideologie radicali che seguì nei decenni successivi potrebbe non avvenire mai.
La Francia, utilizzando le risorse delle regioni industriali della Germania, eviterà gran parte dei tumulti economici e sociali che emersero dopo la guerra.
La Prussia invece, amareggiata e piena di risentimento, potrebbe ritrovarsi a divergere verso il radicalismo, ma essendo da sola e priva di molte terre preziose potrebbe non essere una grave minaccia per i suoi vicini.
Per quanto riguarda Roosevelt, dopo aver raggiunto così tanti dei suoi obiettivi sia in patria che internazionali, potrebbe finalmente riuscire a ritirarsi comodamente dalla scena politica e dirigere i suoi sforzi verso le sue prime passioni, la scienza e la frontiera, lavorando con musei e altre istituzioni per esplorare, documentare e raccogliere nuovi esemplari esotici.

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E se Charles Evans Hughes fosse stato eletto Presidente degli Stati Uniti nel 1916?

Alcuni presumono che viviamo nella migliore della TL possibili, come se la nostra storia stesse progredendo verso una qualche futura utopia.
Forse è per questo che le ucronie tendono verso le distopie, ma io personalmente penso che questo presupposto sia scorretto.
A volte vengono prese le decisioni sbagliate, e il progresso viene ritardato o addirittura invertito.
Inoltre a volte viene scelta la persona sbagliata per guidare un paese in un periodo di guerra totale.
Salve a tutti, sono Matt Mitrovich, lo storico alternativo, e oggi ci faremo la domanda: e se Charles Evans Hughes venisse eletto Presidente degli Stati Uniti nel 1916? Prima di poter rispondere a questa domanda dobbiamo prima chiederci chi era Charles Evans Hughes.
Beh, nella nostra TL fu un avvocato, un professore di diritto, un Governatore di New York, un Segretario di Stato, un giudice della Corte Suprema e, cosa più importante per questo video, il candidato Repubblicano alla presidenza nelle elezioni del 1916.
Era noto per essere estremamente intelligente, uno scrittore prolifico, per avere una memoria fotografica e per essere un grande oratore.
Ottenne addirittura un punteggio di 99/100 all’esame di abilitazione alla professione forense, il che, in qualità di avvocato, devo dire che è piuttosto impressionante.
Era noto anche per essere generoso e gentile, specialmente nei confronti della sua famiglia, ciononostante prendeva il suo lavoro molto seriamente e chiacchierava raramente con gli altri, cosa che gli fece guadagnare la reputazione di uomo freddo e distaccato.
Hughes divenne famoso per aver indagato sulla corruzione tra i servizi di pubblica utilità e le compagnie che offrivano assicurazioni sulla vita nello stato del New York, cosa che alle volte fece venire alla luce le malefatte del suo stesso partito.
Per il suo lavoro ricevette la nomination Repubblicana a Governatore di New York, e, sostenuto dal Presidente degli Stati Uniti preferito dagli ucronisti, Theodore Roosevelt, sconfisse il famigerato editore William Randolph Hearst nel 1906.
Da governatore Hughes si fece campione di diverse riforme progressiste, incluso il miglioramento delle condizioni dei lavoratori.
Assegnò anche incarichi alle persone in base al merito, anche se questo volle dire scegliere dei Democratici.
Altri scoprirono anche che non era possibile persuadere il governatore con gli appelli emotivi o le promesse di guadagni finanziari, anzi, faceva ricerche meticolose su ogni argomento e decideva la linea di condotta migliore basandosi solo sui fatti.
Citando un politico del New York: “Non si può fare alcuno scambio con lui, non lo si può avvicinare proponendogli dei vantaggi personali, sembra che non si possa intaccare la sua ambizione politica. È oltre la mia comprensione, lo stupido fa semplicemente la cosa giusta per tutto il tempo”.
In seguito Hughes venne nominato giudice della Corte Suprema dal Presidente William Howard Taft nel 1910.
Durante il suo incarico Hughes votò per difendere i diritti dei lavoratori e a favore della capacità del Congresso di regolare il commercio interstatale.
Votò anche per difendere i diritti civili, stroncando pure sul nascere diverse leggi che discriminavano gli Afroamericani.
Nonostante tutto questo, Hughes veniva considerato un politico moderato, dato che credeva che le corporazioni fossero necessarie per l’economia statunitense e cose simili, e rifiutò anche altre proposte progressiste come un salario uguale per le donne, il che lo rese impopolare fra i progressisti come Theodore Roosevelt per non essere abbastanza progressista.
Secondo Edmund Morris nel suo libro Theodore Rex, Roosevelt considerava Hughes intelligente, ma privo di senso dell’umorismo e un moralista, il che fece sì che Roosevelt lo chiamasse Carlo il Battista.
Di fatto le lotte politiche di Roosevelt con Hughes mentre era Governatore di New York erano parte di una spaccatura sempre più larga tra le fazioni progressista e conservatrice del Partito Repubblicano all’inizio del 20° secolo.
Nel frattempo, gli eventi in patria e all’estero spinsero Hughes a cercare di arrivare alla Casa Bianca.
Nel 1914 la morte di un certo arciduca austriaco diede il via ad una guerra in Europa che minacciò il coinvolgimento degli Stati Uniti.
Nel frattempo Roosevelt corse come candidato del Partito Progressista alle elezioni presidenziali del 1912, spaccando il voto Repubblicano tra lui e il Presidente Taft e permettendo al candidato Democratico Woodrow Wilson di venire eletto presidente.
Anche se era egli stesso un progressista, Wilson era un uomo del sud, e incoraggiò la segregazione nel governo federale.
Tentando di far sì che Wilson fosse un presidente da un solo mandato, i Repubblicani offrirono la nomination presidenziale del 1916 a Hughes, sperando che potesse unire progressisti e conservatori.
Dopo essersi inizialmente rifiutato di candidarsi, accettò, diventando il primo e unico giudice della Corte Suprema in carica a servire come candidato di un partito importante.
Con l’arrivo delle elezioni, però, Hughes ebbe problemi a guadagnarsi il sostegno dei progressisti, perché si opponeva a riforme come la giornata lavorativa di otto ore e al XVI Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, che istituiva una tassa sul reddito federale.
Sostenne però un emendamento per il suffragio femminile, il futuro XIX Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, al quale Wilson si opponeva.
Ciononostante, i Repubblicani in generale pensavano che Hughes non fosse un candidato abbastanza entusiasmante… Perché quest’ultima parte mi sembra così familiare? Come ci si può aspettare, la Prima Guerra Mondiale fu un argomento importante durante la campagna elettorale, ma anche se la maggior parte degli Statunitensi aveva simpatie per la Triplice Intesa, erano poco interessati a partecipare alla guerra.
Wilson affermava che gli Stati Uniti non avrebbero dovuto farsi coinvolgere, ma Hughes, che osservava da vicino la guerra e che descrisse una volta gli sforzi bellici della Germania come “un assalto alla libertà e alla civiltà”, pensava che gli USA dovessero prepararsi militarmente ed economicamente nel caso fosse stata trascinata in guerra, cosa che non piaceva molto agli elettori.
Nonostante tutti questi handicap, Hughes veniva ancora visto come il favorito per la vittoria, ma fece un errore fatale snobbando Hiram Johnson, l’allora governatore Repubblicano della California ed ex candidato vicepresidente di Roosevelt nel 1912.
Mentre conduceva la sua campagna elettorale in California, Hughes non riuscì ad incontrarsi con Johnson.
Arrabbiato per questo, Johnson si rifiutò di dare a Hughes il suo sostegno completo, perciò, quando arrivò il giorno delle elezioni, Hughes perse la California in favore di Wilson per 3420 voti, il che fu uno shock per Hughes, che il giorno delle elezioni andò a dormire sicuro che il mattino seguente avrebbe ricevuto le congratulazioni per la vittoria, perché tutti gli stati nord-orientali e medio-occidentali più popolosi avevano votato per lui.
In seguito Hughes sostenne Wilson quando gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania nell’Aprile del 1917.
Più tardi cercò di elaborare un compromesso tra Wilson e i Repubblicani riguardo la Società delle Nazioni, nello specifico sull’articolo 10, che avrebbe richiesto che gli Stati Uniti entrassero in guerra per difendere i membri della società, ma non ci riuscì.
Hughes venne di nuovo considerato per una candidatura presidenziale Repubblicana nel 1920, ma la morte in quell’anno di sua figlia a causa della tubercolosi lo fece rifiutare di candidarsi.
Fu però Segretario di Stato del Presidente Warren G. Harding dopo che questi venne eletto nel 1920.
In qualità di Segretario di Stato gli venne data molta autonomia, ma non riuscì a convincere Harding o il senato ad unirsi alla Società delle Nazioni o alla Corte Permanente di Giustizia Internazionale.
Ciononostante, Hughes ottenne alcuni risultati importanti, inclusa la nomina di Charles Dawes alla guida del comitato internazionale di economisti che avrebbe dovuto studiare un modo per ridurre le riparazioni di guerra della Germania, cosa che risultò nel Piano Dawes del 1924.
Si rifiutò anche di riconoscere l’Unione Sovietica fino a quando questa non avesse riconosciuto i diritti di proprietà e altri elementi essenziali del capitalismo, e aiutò a creare anche un corpo diplomatico professionista.
Forse il suo traguardo più importante, però, fu il Trattato Navale di Washington, o Trattato delle Cinque Potenze del 1922, che limitò le dimensioni e il numero delle corazzate delle grandi potenze dell’epoca.
Hughes diede le dimissioni da Segretario di Stato nel 1925, e in seguito venne nominato Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America nel 1930.
La Corte Suprema da lui presieduta sostenne molti programmi del New Deal del Presidente Franklin Delano Roosevelt che furono progettati per combattere le difficoltà economiche create dalla grande Depressione, anche se Hughes a volte si schierò contro il governo, come quando Roosevelt propose l’ampliamento della Corte Suprema nel 1937, al quale Hughes lavorò con successo dietro le quinte per opporvisi.
Hughes si dimise dalla Corte Suprema nel 1941, dopo averne visto una deriva liberale, e in generale rimase fuori dalla vita pubblica fino alla sua morte nel 1948.
Nonostante la sua carriera variegata, penso che sia difficile trovare degli Statunitensi che riconoscano il nome di Charles Evans Hughes, e se si ricordano qualcosa di lui è per l’incidente che gli costò l’elezione, eppure forse la tragedia si trova in quell’evento stesso, perché esistono coloro che pensano che avrebbe dovuto vincere nel 1916.
Scott Bomboy, del National Constitution Center, ha scritto un articolo su Hughes, definendolo l’uomo più qualificato che non riuscì a diventare presidente.
Anche David Frum, scrivendo per il Daily Beast, considerò Hughes il presidente che avremmo dovuto avere, e se tutto questo è vero, e se Hughes battesse Wilson nel 1916? Cosa succede poi? Quasi tutte le fonti che ho letto indicano il mancato incontro con Hiram Johnson come il motivo della sconfitta di Hughes, perciò presumiamo che Hughes o qualcuno che lavora per la sua campagna elettorale si assicurino di incontrare o fargli incontrare Johnson.
L’incontro va bene e Johnson dà entusiasticamente il suo sostegno a Hughes, questo gli basterà a fargli vincere la California, i Collegi Elettorali e di conseguenza la presidenza con uno stretto margine, anche senza il sostegno dei Repubblicani progressisti.
Nel frattempo, avendo perso, Wilson lascerà l’incarico in anticipo.
Vedete, all’epoca i presidenti degli Stati Uniti iniziavano il loro mandato il 4 Marzo invece che il 20 Gennaio, e questo significa che ci sarebbero stati diversi mesi in cui gli USA avrebbero potuto avere un presidente senza poteri, che non è il massimo per un paese sull’orlo della guerra, perciò, secondo l’autore David Pietrusza durante un episodio della serie Presidential Contenders su C-SPAN, in caso di sconfitta Wilson aveva pianificato di nominare Hughes Segretario di Stato, poi lui e il suo vicepresidente si sarebbero dimessi, il che, secondo le regole della successione alla presidenza dell’epoca, avrebbe concesso la presidenza a Hughes prima che il suo mandato cominciasse ufficialmente.
Questo significa che Hughes potrà preparare gli Stati Uniti alla guerra in anticipo, ma le cose non saranno facili per il nuovo presidente: il Congresso sarà sotto il controllo dei Democratici, perciò su alcune questioni dovrà fare dei compromessi, ma come ha detto il reporter di NPR Andrew Snyder nel suo articolo su questa ucronia, la ripresa della Guerra Sottomarina Indiscriminata da parte dei Tedeschi e il Telegramma Zimmerman, nel quale la Germania offrì aiuto al Messico per reclamare il sudovest degli Stati Uniti, avrebbero costretto i Democratici a sostenere le proposte di Hughes, inclusa la coscrizione e il finanziamento di un enorme riarmo navale, perciò, quando gli USA dichiareranno guerra alla Germania o il 2 Aprile 1917 o prima, saranno meglio preparati a combattere rispetto alla nostra TL.
Prepararsi ad una guerra, però, non è la stessa cosa che combatterne una, perciò, come muoverà Hughes una guerra oltremare in Europa? In un discorso fatto all’American Bar Association nel 1917 sui poteri di guerra garantiti dalla costituzione, Hughes disse: “Il potere di muovere guerra è il potere di muovere guerra con successo”.
Questo significava, secondo Hughes, che in tempi di guerra la costituzione dava poche limitazioni per muovere guerra al ramo esecutivo del potere, perciò il Presidente Hughes avrebbe fatto di tutto non solo per prepararsi alla guerra, ma per vincerla.
Per esempio potrebbe scegliere il Maggior Generale Leonard Wood, che nella nostra TL fu un ex Capo di Stato Maggiore dell’US Army e comandò i Rough Riders di Teddy Roosevelt, come guida delle American Expeditionary Forces al posto del Generale John Pershing.
Nella nostra TL Wood fu la scelta dei Repubblicani per guidare le American Expeditionary Forces, e anche lui credeva che gli Stati Uniti dovessero essere meglio preparati per la guerra.
Forse Wood non avrebbe fatto gli stessi errori di Pershing e ordinato cariche di massa sulle posizioni nemiche trincerate, perciò delle American Expeditionary Forces meglio preparate e comandate avrebbero dato un contributo più grande alla vittoria della Grande Guerra rispetto a quello della nostra TL, il che potrebbe rafforzare la posizione degli Stati Uniti ai negoziati di pace.
Altri cambiamenti potrebbero includere il rifiuto di Hughes di far intervenire truppe nella Guerra Civile Russa, un evento che danneggiò le relazioni Sovietico-Americane negli anni a venire.
Inoltre, dato il sostegno di Hughes ai diritti civili e al suo ribaltamento degli ordini di Wilson di segregare la burocrazia federale e negare agli Afroamericano gli incarichi di alto rango, potrebbe desegregare l’esercito, cosa che in seguito potrebbe avere conseguenze di vasta portata.
Anche con tutti questi cambiamenti la Germania e la Triplice Alleanza perderanno comunque la guerra, ma Hughes avrà comunque grande voce in capitolo su come è stata vinta la guerra.
Per esempio, Hughes in politica estera non era un idealista come Wilson, perciò niente Quattordici Punti o promesse di clemenza per la Triplice Alleanza sconfitta, di conseguenza la Germania in questa TL ha combattuto più a lungo, perdendo più battaglie, persino sul suolo tedesco, il che potrebbe rendere difficile per l’alto comando tedesco e i nazionalisti affermare che l’esercito è stato pugnalato nella schiena dai politici e dagli Ebrei, perciò, quando verrà dichiarato l’armistizio, e la Triplice Intesa vittoriosa si incontrerà per discutere la pace, Hughes, spalleggiato da una delegazione bipartisan, vista la sua reputazione di scegliere le persone in base alla meritocrazia invece che in base all’affiliazione politica, e non avendo i problemi di salute di Wilson, potrebbe forse impedire alla Francia e all’Inghilterra di esigere una dura vendetta sulla Germania.
Perché penso questo? Beh, ho letto un editoriale del numero di Dicembre del 1916 del College Weekly scritto da William Allen White, un editore e leader progressista.
Nel suo editoriale White si lamenta del fatto che il tempo trascorso come giudice ha reso Hughes molle.
Hughes doveva, e cito: “Vedere entrambe le parti, non poteva avere clienti. Non c’era nessuno per cui combattere, nessuno da difendere. Doveva guardare le cose non come partigiano ma come giudice. A causa dell’inutilizzo i suoi organi di combattimento mentali si sono atrofizzati e li ha persi. Denti, artigli, corna, zoccoli, tutto il suo entusiasmo emotivo per la vittoria, la gioia per la ricerca della vittoria, ha perso tutto tranne la calma intellettuale e la tempra”.
Ok, sarò onesto, questo fa sembrare Hughes un pessimo politico, ma visto che ho il beneficio del senno del poi lo fa anche sembrare la persona migliore che vorreste per un negoziato di pace, giusto? Con la sua esperienza come giudice, Hughes avrebbe il temperamento per ascoltare le richieste di Regno Unito e Francia e rimanere irremovibile.
Voglio dire, Hughes dovette affrontare i migliori avvocati degli studi legali associati, i giudici della Corte Suprema e Theodore Roosevelt, perciò penso che possa gestire l’inglese David Lloyd George e il francese Georges Clemenceau, accidenti, potrebbe addirittura far sì che la Germania abbia un posto al tavolo dei negoziati piuttosto che dettarle le condizioni per la pace come avvenuto nella nostra TL.
Allora come sarà questa pace alternativa? Beh, Hughes potrebbe impedire alla Triplice Intesa di esigere forti risarcimenti dalla Germania.
La mia ipotesi è che la sua reputazione di fare intense ricerche e basarsi sui fatti gli mostrerà le pessime prospettive economiche per la Germania se i risarcimenti saranno o saranno visti dalla Germania come troppo duri, e come questo potrebbe portare ad una nuova guerra.
In cambio di un ammontare di risarcimenti della Germania più piccolo, potrebbe perfino accettare di condonare alcuni dei debiti di guerra degli Europei nei confronti degli USA, che fu uno dei motivi del perché la Triplice Intesa chiese alla Germania risarcimenti per poter pagare gli Statunitensi.
Questo significa che la Germania potrebbe stare economicamente meglio dopo la guerra, cosa che potrebbe tenere alla larga l’estremismo politico.
Inoltre, la minaccia del Bolscevismo potrebbe essere utilizzata per impedire alla Gran Bretagna e alla Francia di castrare completamente le forze armate tedesche, facendo notare che potrebbero essere usate come bastione contro l’Unione Sovietica.
Hughes potrebbe perfino rifiutarsi di includere una clausola che dà alla Germania la colpa della guerra, il che potrebbe eliminare altre condizioni nei trattati di pace, come la perdita di territori tedeschi ad est in favore della Polonia, la perdita delle colonie tedesche o l’impossibilità di unirsi all’Austria o ad altri territori germanofoni.
E per quanto riguarda la Società delle Nazioni? A Woodrow Wilson viene dato il merito della creazione della Società della nostra TL, ma all’epoca non era l’unica persona che propugnava un’organizzazione internazionale che mantenesse la pace nel mondo, cavolo, non fu nemmeno la persona che coniò il nome Società delle Nazioni, quel merito va a Goldsworthy Lowes Dickinson, uno scienziato politico inglese.
Perciò, non solo potrebbe esistere comunque un’entità come la Società delle Nazioni, ma potrebbe addirittura avere lo stesso nome, e, come sappiamo, Hughes voleva che gli Stati Uniti si unissero alla Società, quindi, se verrà comunque proposta una Società, penso che Hughes la sosterrà fin quando non ci sarà un articolo 10, cosa che potrebbe rendere l’associazione più accettabile ai Repubblicani, e così gli USA saranno un membro fondatore della Società, rendendo questi un attore più importante negli affari esteri del mondo postbellico.
Ciononostante, anche con questi cambiamenti, la situazione postbellica sarà lungi dall’essere rosea, per esempio l’Unione Sovietica esisterebbe comunque, e Stalin arriverebbe al potere lo stesso, con tutte le cose orribili e tristi che questo implica.
Anche l’Italia in generale sarebbe nella stessa situazione del dopoguerra della nostra TL, perciò anche Mussolini e i Fascisti potrebbero prendere lo stesso il potere.
Perfino i Francesi potrebbero pensare che la pace non valga il prezzo e il sangue che hanno pagato, perciò le politiche che ne potrebbero derivare sarebbero di fatto spaventose, inoltre non ci sono garanzie che un certo pittore austriaco non trovi terreno fertile per promuovere la sua ideologia di odio nella Germania postbellica.
Per quanto riguarda Hughes, correrebbe di nuovo per la presidenza nel 1920? Se il POD spazza via con l’effetto farfalla la morte di sua figlia, probabilmente si candiderà per un secondo mandato, se vincerà o meno dipenderà da quanto sarà impopolare dopo la smobilitazione postbellica e la derivante recessione, ma considerato che le elezioni del 1920 saranno le prime dove alle donne verrà permesso di votare per il presidente, le elettrici potrebbero ricordarsi del sostegno di Hughes al suffragio femminile, cosa che potrebbe assicurargli la vittoria.
Presumendo che vinca, la politica estera di Hughes da presidente sarà probabilmente la stessa di quando fu Segretario di Stato, ma lavorerebbe più da vicino con la Società delle Nazioni.
Continuerebbe anche a farsi campione del disarmo, dell’aumento della presenza degli Stati Uniti in America Latina e del disinnesco delle tensioni col Giappone nel Pacifico.
In politica interna avrebbe continuato a combattere la discriminazione degli Afroamericani, e potrebbe riuscire a promulgare la Dyer Anti-Lynching Bill nel 1922, che renderà il linciaggio un crimine federale, una cosa che nella nostra TL non avvenne fino allo stramaledetto 2018.
Inoltre durante il suo mandato diversi giudici lasceranno la Corte Suprema, cosa che darà l’opportunità a Hughes di riempire la corte con giudici che hanno opinioni simili alle sue.
E cosa succederà dopo che Hughes lascerà la Casa Bianca? Beh, potrebbe tornare alla Corte Suprema, presumendo che un presidente Repubblicano lo nomini, ma potrebbe finire la sua carriera alla Corte Permanente di Giustizia Internazionale, lavorando per sostenere il nuovo mondo che ha contribuito a creare.
Ma la Grande Depressione, l’elezione di Franklin Roosevelt e il New Deal ci saranno comunque? Onestamente è difficile da predire con certezza a questo punto.
Ma posso affermare una cosa con certezza: dopo tutte le mie ricerche devo concludere che Charles Evans Hughes doveva essere eletto presidente nel 1916.
Hughes era un leader che avrebbe avuto la possibilità di ottenere una pace migliore dopo la Prima Guerra Mondiale e migliorare le relazioni razziali negli Stati Uniti, ma a causa del fatto che Hughes non era abbastanza simile a Theodore Roosevelt da impressionare i progressisti e dell’ego ferito di un altro uomo, gli Stati Uniti ottennero come leader un segregazionista troppo idealista e dalla salute malferma, quando al suo posto avrebbe potuto esserci qualcuno molto più qualificato per il compito.
Anche se è troppo tardi per cambiare il passato, si spera che gli Statunitensi possano imparare dalle elezioni del 1916 e non fare lo stesso errore in futuro.

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E se l'Oggettivismo avesse avuto successo?

Quando l’inizio del 20° secolo vide il Comunismo mettere con forza la sua prima bandierina sul globo con il successo della Rivoluzione Russa, i riverberi di questa azione misero in moto l’ascesa di un contrappeso ideologico che avrebbe combattuto il suo sistema estremo sul suo stesso terreno.
Ayn Rand, in origine Alisa Rozenbaum, nacque in una ricca famiglia di San Pietroburgo nel 1905.
Da giovane vide in prima persona l’ascesa dei Bolscevichi in Russia, sopportando le condizioni pessime e spaventose del regime e assistendo al terrore e alle ingiustizie da esso commesso.
Non fu fino al 1926 che la Rand non si avventurò negli Stati Uniti, rimanendo affascinata dagli stupefacenti panorami e dai successi industriali delle città americane.
Qui, libera dal normale controllo, il suo scontento nei confronti del Comunismo iniziò a fiorire nei suoi primi scritti.
Le sue opere più famose, Antifona, La Fonte Meravigliosa e La Rivolta di Atlante, gettarono le fondamenta per un’ideologia che divenne nota come Oggettivismo, una filosofia costruita sul semplice principio che l’uomo è un essere eroico che ha come scopo morale della sua vita la propria felicità, i risultati produttivi come sua attività più nobile e la ragione come suo unico assoluto.
Essenzialmente poneva l’enfasi sull’individualismo, sull’importanza che gli individui raggiungessero il loro massimo possibile con i propri interessi come obiettivo principale, così come sul rifiuto della conformazione ad un collettivo che non faceva che ostacolare l’individuo.
Questa ideologia andava spesso di pari passo con una politica economica di assoluto capitalismo laissez-faire, e flirtava regolarmente con le ideologie politiche dei Libertari e dei Conservatori economici, ma più che dai politici e dagli economisti era stata progettata per essere adottata come filosofia personale dalla quale sarebbe derivato tutto il resto.
Prima che al capitalismo venisse data mano libera e che i diritti individuali venissero resi assoluti, l’uomo doveva imparare ad abbracciare la sua naturale natura egoista senza diventare un parassita sociale.
Permettetemi di chiarire: la Rand affermava che un sistema Oggettivista fosse ideale per ottenere il massimo livello di libertà personali, contribuendo allo stesso tempo a livelli senza precedenti sia all’economia che allo sviluppo tecnologico, permettendo ai migliori della società di arrivare fino in cima.
Questi migliori e più brillanti, perseguendo i propri obiettivi e interessi, avrebbero portato direttamente all’ascesa di imprese di successo, e quindi non solo a più posti di lavoro, ma posti di lavoro meglio pagati.
Quelli che si rifiutano di lavorare, violano le libertà degli altri o si avvantaggiano a spese eccessive degli altri vengono considerati dei parassiti.
Come detto prima, l’Oggettivista non ha obblighi verso nessuno che non sia sé stesso, e non si aspetta alcun aiuto da nessun altro.
Non deve fare la sanguisuga nei confronti degli altri per ottenere il suo obiettivo, deve guadagnarsi la sua felicità da solo.
Incanalando il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità dalla Dichiarazione d’Indipendenza, egli mette l’enfasi non sul diritto alla sola felicità e non sul diritto alla felicità degli altri, semplicemente sul diritto di ricercarla da soli, ed è per questo che l’Oggettivista continua a lavorare con orgoglio invece di permettere semplicemente agli altri di provvedere per lui.
Solo TU che completi il compito che è stato affidato a TE è quello che ti darà soddisfazione nella vita, ed è per questo che devi farlo al meglio che puoi e con orgoglio.
Ora, a quanto pare esiste un’eccezione a questo concentrarsi sul sé stessi quando si tratta della famiglia, degli amici e degli amati, ma qui è dove l’egoismo nell’Oggettivismo si dimostra un concetto non così frivolo come gli altri potrebbero percepire.
La visione della Rand sull’egoismo è che si tratta di un essenza universale in tutto quello che facciamo.
Dall’amare il nostro consorte, all’allevare i propri figli, al produrre oggetti di qualità, all’appoggiare un progetto nel quale si crede, si fanno tutte queste cose perché ad un certo livello da essi ne derivano un valore o una gioia.
Se non c’è alcun valore o gioia in un’azione, allora è apparentemente illogico farla, nessuno alla fine farebbe un lavoro che non ha uno scopo o un obiettivo se in qualche modo non fosse appagante.
Ovviamente qui seguono le argomentazioni a favore di significati più ampi di certi atti che non si conformano a questi criteri, che vanno spesso sotto le categorie della pratica religiosa, della moralità personale o di un’adesione a qualche filosofia, e riguardo a questi l’Oggettivismo asserisce semplicemente di essere una filosofia intensamente logica e laica.
I fondamenti basilari dei suoi ideali sono che esiste una realtà oggettiva, che cose che richiedono la fede e una resa di sé ad una forza o un dogma intangibile e indimostrabile sono irrazionali e immorali agli occhi di alcuni Oggettivisti, e che la supposta irrazionalità di queste pratiche allontanano dalla prospettiva Oggettivista sull’egoismo.
“Ma aspetta un attimo”, potreste dire, “ma l’Oggettivismo non ricade anch’esso nella categoria delle filosofie intangibili assieme al capitalismo?” Beh, nel caso del capitalismo no, semplicemente perché esiste come sistema funzionale che può essere dimostrato, e perciò non richiede fede.
Nel caso dell’Oggettivismo, esso si definisce come una filosofia strettamente basata sulla realtà e sulle tendenze umane realistiche che non fa affermazioni metafisiche irrealistiche sulla natura dell’universo e del genere umano, dice solo che:

1) L’universo esiste.
2) La ragione deriva dall’universo.
3) Abbiamo degli interessi in questo universo.
4) Il capitalismo è un mezzo per raggiungere questi interessi personali.

La Rand credeva che l’Oggettivismo fosse un’ideologia per l’intellettuale, una filosofia per il futuro, proprio come le opere Marxiste che avevano influenzato gli intellettuali che vedevano l’industrializzazione e il potere del collettivo come la via per il futuro.
La Rand, al contrario, vedeva il collettivismo, la superstizione religiosa e il sacrificio di sé come pratiche primitive che dovevano essere rifiutate e sostituite da individualismo, ragione e auto-epitomizzazione.
Nei decenni seguenti l’Oggettivismo avrebbe visto una crescita costante nelle sfere filosofiche e politiche, finendo sotto l’attacco soprattutto delle istituzioni educative sempre più filosocialiste e Marxiste che ridicolizzavano la filosofia come chiaramente avida e irrealistica.
Nonostante ciò ascese fino a ispirare la filosofia di molti all’interno dei circoli Conservatori e Libertari, diventando una delle ideologie più importanti del Partito Libertario.
Malgrado questo, il vero impatto dell’Oggettivismo della Rand sulla politica e l’economia del mondo reale è stato relativamente piccolo, ma se questo cambiasse? Gli anni ’50 furono un periodo importante perché l’Oggettivismo ascendesse a ideologia statunitense fondamentale.
La Guerra Fredda stava iniziando a prendere forma, col Comunismo come nemico principale del modo di vivere americano, e anche se gli Stati Uniti erano chiaramente fuori dalla depressione, alcune politiche Socialiste borderline del New Deal erano ancora portate avanti dalla Coalizione del New Deal, che nel nostro mondo dominò la presidenza fino alla fine degli anni ’60.
In questa TL alternativa potremmo proporre che una maggiore controversia intorno alla Coalizione del New Deal e le paure riguardanti il Comunismo emergente creino la tempesta perfetta di condizioni perché la Rand porti la sua ideologia al centro del palcoscenico, ma per amor di semplicità e senza tener conto della grande influenza della sinistra nei meccanismi sia educativi che culturali degli Stati Uniti dell’epoca, suggeriremo semplicemente che in questo mondo l’Oggettivismo ottenga una tremenda influenza sociale nel periodo postbellico.
La sua natura laica e la concentrazione sull’individualismo si mischieranno bene con quello che qualche tempo dopo diventerà noto come il movimento della controcultura, mentre la sua salda posizione anticomunista, filo-capitalista e utopista soddisferà i conservatori e i primi Libertari.
Probabilmente vedremo una spinta per un ritorno a politiche economiche più laissez-faire in risposta alle regolamentazioni proposte dalla Coalizione del New Deal.
Nell’immediato la storia rimarrà in gran parte quella che è stata, con i successori di Roosevelt che manterranno il sostegno pubblico, ma ad un tasso in continua diminuzione quando al dibattito economico si aggiungeranno presto i dibattiti sui diritti civili, sull’intervento estero sia in Corea che in Vietnam, sull’azione affermativa, sul governo mondiale e su molto altro.
Il regno della Coalizione del New Deal finirà probabilmente all’inizio degli anni ’60, quando il presidente in carica Lyndon B. Johnson sfiderà il candidato Repubblicano Barry Goldwater.
Nella nostra TL le elezioni furono a malapena contestate, Johnson, che era succeduto a Kennedy dopo il suo assassinio, aveva ancora le simpatie del pubblico, mentre Goldwater era il primo candidato alla presidenza Ebreo e aveva anche un insieme non ortodosso di ideali controversi che in seguito si evolvettero in una forma di Libertarismo più chiaramente definito, ma che all’epoca vennero semplicemente visti come estremismo conservatore.
La Rand era una sostenitrice di Goldwater, vedendolo come “l’unico politico che sembra riconoscere il diritto americano al proprio interesse e autostima”.
In questa TL alternativa Goldwater vince le elezioni sia grazie all’influenza in declino della Coalizione del New Deal che del sostegno più importante alla politica auto-determinista Libertaria, che ora sboccerà completamente fra gli elettori che hanno appena raggiunto l’età per votare.
Egli ridefinirà il partito in uno che, come sperava di fare nel nostro mondo, non sarà più il partito dei conformisti, ma un partito per gli uomini liberi, insieme in una nazione fiorente senza la stagnazione del collettivismo.
Un paese dove tutti quelli che possono saranno autosufficienti e nel quale il governo condurrà solo le sue funzioni più basilari e secondo la costituzione per assicurare una società libera.
Come detto prima, molti consideravano Goldwater un conservatore anomalo e addirittura un estremista, ma a tutto questo egli rispondeva semplicemente che l’estremismo nella ricerca della libertà non è un vizio e che la moderazione nella ricerca della giustizia non è una virtù.
Ora, la Rand non ha mai creduto che l’Oggettivismo dovesse essere fatto valere o raggiunto subito o attraverso una qualche genere di rivoluzione, doveva essere una graduale integrazione di politiche che avrebbero permesso a questa filosofia di fiorire e cambiare gradualmente le menti.
Goldwater sarebbe precisamente il primo passo necessario per spingere gli Stati Uniti in quella direzione, era un forte sostenitore delle libertà individuali e dei diritti degli stati, e credeva inoltre in un’economia meno regolata ma comunque mista, se fosse diventato presidente è molto probabile che avrebbe adempiuto ad alcune delle sue promesse innovative, la prima delle quali sarà l’osservazione stato per stato e individuale dei diritti civili.
Per gran parte della sua carriera politica Goldwater sostenne i diritti civili, ma era in disaccordo con i metodi coi quali i politici dell’epoca cercavano di farli rispettare, dall’uso delle forze armate federali da parte di Eisenhower per applicare l’integrazione alla promulgazione federale di leggi antidiscriminazione, che, secondo lui, violavano la libertà d’associazione e i diritti degli stati.
A lui sembrava davvero che gli Stati Uniti, sacrificando le libertà per la ricerca dell’uguaglianza, fossero sulla traiettoria verso lo stesso despotismo dell’Unione Sovietica.
Se Goldwater si fosse insediato col Civil Rights Act così fresco, è assolutamente possibile che avrebbe emendato o respinto la legge in quanto incostituzionale, facendo sì che la questione venga decisa e fatta applicare solo a livello di stato, non federale, una cosa che avrebbe senza dubbio aperto la strada ad un aumento dei diritti degli stati, erodendo l’egemonia che il governo federale si è costruito a discapito dei singoli stati e promuovendo un maggior senso di libertà in tutto il paese.
In secondo luogo Goldwater era fortemente anticomunista, e avrebbe intrapreso azioni sia in patria che all’estero, abbattendosi contro i sindacati con indagini sulla corruzione e facendo proposte allarmanti di usare piccole armi nucleari tattiche per far finire il conflitto in Vietnam a favore dell’occidente e per mandare anche un messaggio aggressivo ai Comunisti asiatici.
Per quanto rischioso potrebbe sembrare, questo rischio diminuisce quando consideriamo che i Vietcong erano sostenuti principalmente dai Cinesi, e non dai Sovietici.
Questo avveniva in un momento in cui le relazioni Sino-Sovietiche stavano diventando molto fredde, e, anche se la Cina aveva sviluppato le armi nucleari, era ancora incapace di schierarle a lungo raggio, perciò, mentre è improbabile che scateni una rappresaglia nucleare immediata, potrebbe stabilire un oscuro precedente per l’uso di piccole atomiche in una guerra convenzionale, anche se in alternativa potrebbe significare nessun coinvolgimento americano, dato che Goldwater aveva asserito che non si sarebbe risolto ad un’invasione terrestre e avrebbe intrapreso solo azioni che avrebbero fatto finire il conflitto in fretta.
In terzo luogo vedremo Goldwater ridurre le spese del governo, ridurre la tassa federale sul reddito e ridurre in generale le regole del governo, di fatto replicando le politiche della Reaganomics, alla quale lui stesso aveva contribuito, creando un mercato più libero nel quale gli uomini d’affari che sono cresciuti con la filosofia Oggettivista in mente potranno prosperare, aprendo la strada all’ascesa di alcune imprese che negli anni a venire raggiungeranno il livello di industrie di massa e faranno affluire più ricchezza al sistema statunitense, e c’è di più.
Anche se Goldwater era Ebreo, era notevolmente scettico nei confronti di Israele, nello specifico della lobby israeliana negli Stati Uniti, che vedeva come un problema tanto quanto i sindacati, perché sembrava avesse una propria agenda che differiva da quella del comune americano.
Se da presidente Goldwater avrà un approccio più freddo verso le relazioni Americo-Israeliane, questo potrebbe far sì che gli USA evitino di sostenere Israele nella Guerra del Kippur, e perciò eviterà la seguente crisi petrolifera fatta per rappresaglia dalle nazioni arabe.
Questo vuol dire più soldi nelle tasche statunitensi e un graduale distanziamento dal Medio Oriente, rivolgendosi al petrolio canadese o sudamericano, soprattutto per tenere a bada il Canada, che intorno a questo periodo stava iniziando a sviluppare relazioni con la Cina e Cuba, per il dispiacere degli USA.
Ora, Goldwater avrebbe potuto ottenere la rielezione se fosse riuscito a far uscire gli USA dall’ONU dopo l’ammissione della Cina Comunista, un’azione che avrebbe potuto fargli facilmente ottenere il sostegno degli Oggettivisti anti-internazionalisti, inclusa la stessa Ayn Rand.
Se la presidenza Goldwater fosse durata uno o due mandati avrebbe cambiato completamente il paradigma statunitense verso la ricerca della libertà oltre ogni cosa.
Il Partito Repubblicano sarà ora una salda coalizione di Dixiecratici, conservatori economici, Libertari, Liberali e Costituzionalisti, mentre i Democratici diventeranno il partito degli operai, dei diritti delle minoranze e dei Cristiani disamorati che rifiutano i toni laici che hanno iniziato ad adottare i Repubblicani.
Più in generale i Repubblicani sono diventati essenzialmente il partito dell’Oggettivismo, il partito del sé e dei traguardi personali, mentre i Democratici sono diventati il partito dell’altruismo, del collettivo, dell’uguaglianza e dell’internazionalismo.
Come ci si può immaginare, questo sistema porterà gli Stati Uniti a diventare un gigante industriale, commerciale e produttivo, uno capace di durare e produrre persino più dei Sovietici, incanalando lo spettacolo e l’eccitazione della corsa allo spazio perché diventino carburante per quelle che diventeranno imprese spaziali private e lo sviluppo di tecnologie superiori che faranno avanzare tantissimo la nazione.
In questo mondo la maggior parte degli Statunitensi gode di un lusso che si può solo immaginare nelle più utopistiche delle società, con in cima una élite ancora più impressionantemente ricca.
In fondo, però, molti si ritroveranno in condizioni tremende senza la sicurezza del welfare a proteggerli.
Sopporteranno asprezze sconosciute fin dai primi giorni della Grande Depressione, la loro unica consolazione saranno i Democratici, che attireranno queste anime abbandonate nei loro ranghi attraverso la fornitura di cibo e rifugio gratuiti, rendendo gradualmente questa sottoclasse un seguito fedele, risentito verso il governo che li ha delusi.
Mentre la maggioranza della nazione prospererà, questa minoranza della popolazione capirà che non ha speranza di cambiare le cose in maniera democratica.
Essa non ha affatto voce, non ha potere, tutto quello che può fare ora è agire.
Quasi certamente emergerà un risentimento violento nei confronti dei ricchi, e darà il via ad un periodo di conflitti interni lungo forse decenni.
Se a questo punto gli Stati Uniti abbracceranno completamente i principi dell’Oggettivismo, diciamo da qualche parte intorno al 2000, la soppressione di questi radicali da parte del solo governo sarà immensamente difficile, perciò le élite dovranno adottare una politica di guerra economica, ovvero taglio delle imprese gestite dai Democratici, licenziamenti e aumento dei prezzi perché siano completamente inaccessibili per i ribelli impoveriti.
Il risultato sarà il contrabbando e il saccheggio di beni, che saranno semplicemente rinforzati e resi sicuri in modo che i ribelli alla fine muoiano di fame, lasciando che la memoria di queste rivolte, una volta che alla fine si concluderanno, svanisca lentamente nell’oscurità.
Col tempo, anche se in anticipo rispetto al nostro mondo, questi Stat Uniti Oggettivisti decriminalizzeranno l’omosessualità e legalizzeranno diverse droghe per scopi sia commerciali che medici, permettendo alle compagnie di creare varianti più sicure e regolandone l’uso.
La ricerca scientifica, senza i pesanti regolamenti governativi, riuscirà a condurre più studi rivoluzionari, anche se, comprensibilmente, con più processi di prova ed errore.
La società statunitense diventerà in un certo senso più accogliente, ma sempre più fredda.
La realizzazione personale e la concentrazione solo sulla tua cerchia interna di persone amate e la tua rete di connessioni familiare lascerà la popolazione largamente disconnessa nelle proprie bolle d’esistenza, anche se non sarà molto peggio della situazione che abbiamo oggi con la natura isolante di internet e dei social media, inoltre non tutti gli stili e le scelte di vita verranno accettate, mentre molte altre verranno legalizzate.
I proprietari delle imprese potranno ancora scegliere di rifiutare i servizi e le assunzioni in base ad alcuni fattori, e ovviamente dovrai comunque affrontare le ripercussioni, siano esse fisiche, sociali ed economiche, di ogni tua azione.
Sì, la società diventerà forse libera quanto può esserlo una società civile, ma la libertà arriverà al prezzo della sicurezza.
Nessun altro si prenderà cura di te tranne te stesso, nessuno baderà a te tranne te stesso.
Da questa prospettiva può sembrare molto spaventoso, ma è una cosa che deve essere vista da un’angolazione differente, quella che solo tu controlli la tua vita, ed è questa la cosa importante.
TU controlli la TUA vita, e puoi andare fin dove ti spingono i tuoi limiti.
Possono essere basilari come, diciamo, voler fare bene il tuo lavoro per avere abbastanza soldi per vivere comodamente, oppure potresti avere ambizioni più grandi, come voler migliorare il tuo corpo per essere atletico o creare macchine da film fantascientifico o scrivere una storia che porti la gente in un’altra realtà, ma qualunque cosa sia non ti verrà regalata, né sicuramente vorresti che ti venisse regalata.
Alcuni ci arriveranno prima di te o potresti volare più in alto di chiunque altro, ma a discapito di tutto devi provarci, perché se non ci provi e ti arrendi sconfitta dopo sconfitta non ci sarà niente ad attutire la tua caduta, e questo è parzialmente vero anche nel nostro mondo.
Se tu semplicemente lasci perdere un’impresa nella quale credi davvero, niente farà sì che quell’impresa venga alla luce, solo tu sei in controllo di essa.
TU hai il controllo.

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E se Hoover fosse diventato presidente in anticipo?

Immaginate il vostro lavoro: immaginate di non aver mai avuto prima veri fallimenti.
Non siete mai stati offensivi, avete sempre preso la decisione giusta e poi, lentamente, avete salito la scala col vostro lavoro.
Finalmente raggiungete il pinnacolo della vostra carriera.
Siete il capo di tutto, voi siete al comando… E poi tutto prende fuoco.
Non sapete come le cose hanno preso fuoco, l’estintore non funziona, di fatto non funziona niente, e tutto quello che provate a fare per aggiustare le cose non fa che peggiorare l’incendio.
Ancora peggio, presto è tutto bruciato e l’unica cosa che è rimasta siete voi, il tizio al comando, quello che adesso tutti possono indicare e al quale dare la colpa.
Congratulazioni, adesso sapete come ci si sente ad essere Herbert Hoover! Quando pensiamo ai pessimi leader pensiamo ai corrotti, ai malvagi, ai vili, a quelli che hanno un’eredità duratura a causa delle loro decisioni malvage.
Sapete, a volte un pessimo leader può essere semplicemente debole, inefficiente, e poi c’è il pessimo leader che era semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Non sono dei capri espiatori ma non sono nemmeno del tutto innocenti, forse hanno preso un sacco di decisioni sbagliate.
Se fossero stati al comando durante un periodo meno difficile forse sarebbero stati ricordati molto meglio dalla storia.
Herbert Hoover fu uno di questi leader, fu un presidente terribile, ma in realtà era un uomo piuttosto buono, semplicemente non riuscì a spegnere l’incendio e di fatto lo rese parecchio peggiore.
Le baraccopoli presero presto il suo nome, il suo volto venne collegato per sempre ad un’epoca di disperazione e povertà, ma non è detto che debba andare in questo modo.
Immaginiamo uno scenario alternativo, uno dove Herbert Hoover non supervisiona mai la Grande Depressione, ma supervisiona invece uno dei periodi più prosperi della storia statunitense, il tutto perché ha deciso di correre per la presidenza nel 1920 invece del 1928.
Allora, giusto per un po’ di contesto, questo scenario mi è stato suggerito da Mr. B.
Probabilmente saprete chi è Mr. B, è Mr. Beat, colui al quale è stata conferita la conoscenza dei presidenti e degli stati, e di fatto ha persino creato la propria ucronia, una su Lincoln che non viene mai eletto nel 1860.
Chiedo scusa alla comunità storica, ho portato la maledizione della storia alternativa in questa terra.
Allora, quando Mr. Beat mi ha proposto questa idea di Hoover che corre nel 1920 invece che nel 1928 il mio pensiero iniziale è stato, come quello di chiunque altro vive nel 21° secolo, Herbert Hoover? Davvero? Nessuno ha davvero pensato ad Hoover dai tempi in cui il Kansas era al 90% polvere e il restante 10% era un catino, ma dopo ulteriori ricerche mi sono detto, oh! C’è qualcosa, qui! Se volete una disamina completa di tutto quello che ha fatto Hoover e perché è così dannatamente speciale Mr. Beat ci ha fatto un grande video, ma per risparmiare tempo facciamo un veloce riassunto.
Sul serio, andate a guardare il suo video.
Hoover nacque nel bel mezzo del nulla, in Iowa, e i suoi genitori morirono quando era ancora un ragazzino.
Divenne un orfano, e dovette iniziare più o meno dal fondo assoluto, a 13 anni abbandonò addirittura la scuola e il resto della sua istruzione lo ottenne semplicemente da autodidatta durante la scuola serale.
Nonostante questo riuscì comunque a entrare in una buona università, e in seguito decise di mettersi in affari dirigendo delle miniere d’oro in Australia.
Tutto quello che dovete davvero sapere è che Hoover ascese gradualmente, ottenendo sempre più ricchezza prima di diventare incredibilmente ricco in giovane età.
Tutti questi zoomer di oggi seduti davanti ai loro computer a fare mining di criptovalute mentre Hoover lo fece alla vecchia maniera, importando un mucchio di Italiani perché lavorassero nelle miniere d’oro.
Anche se è incredibilmente impressionante che abbia iniziato da orfano e poi si sia auto-istruito fino diventare un manager, il modo in cui arrivò in cima non fu comunque dei più etici.
Sapete come si dice, non si gestiscono alcune miniere d’oro in Australia senza calpestare qualche minatore.
Si trattò solo di piccole cose, come rifiutare il compenso ai lavoratori o essere razzista nei confronti dei Cinesi, e anche se il modo in cui ottenne quella fortuna fu macchiato da qualche decisione immorale, fu il modo in cui usò quella fortuna che lo definì davvero, e non voglio dire che schiaffò il suo nome su una biblioteca o contribuì alle belle arti, voglio dire che fece cose che contano davvero, come dar da mangiare alla gente.
Quando cominciò la Grande Guerra, Hoover smise di concentrarsi su quello che lo aveva reso ricco, disse semplicemente basta e decise di iniziare a lavorare sulla distribuzione del cibo.
Si scoprì che Hoover era un abile organizzatore, egli iniziò ad usare la sua ricchezza per pianificare delle vere azioni di soccorso in tutta l’Europa colpita dalla guerra.
Quest’esperienza lo fece entrare nell’amministrazione pubblica, venne nominato capo della United States Food Administration e iniziò programmi come i Meatless Monday.
Nel 1920 Herbert Hoover era un nome amato in tutta la nazione.
Immaginiamo un possibile scenario alternativo dove Hoover trova un po’ di ambizione in più per diventare presidente, o forse è semplicemente apprezzato di più, anche quello può funzionare, in entrambi i casi non aspetta fino al 1928 e si impegna completamente nel 1920.
Il 1920 sarà l’anno in cui brillerà.
Ora, sembra strano ai giorni d’oggi, ma Hoover, fino alle elezioni del 1920, non scelse un partito politico.
Mmm… Repubblicano o Democratico? Come mi sento, oggi? E quello che è ancora più folle è che entrambi i partiti lo volevano.
I Repubblicani, però, alla fine vinsero, Hoover aveva sempre teso verso il conservatorismo economico.
L’aspetto minarchico del partito stava diventando piuttosto prevalente.
Cosa abbastanza divertente, prima che Hoover scegliesse un partito, Franklin Delano Roosevelt, sì, quel Roosevelt, suggerì a Hoover di candidarsi insieme a lui, il che, anche se è un’idea molto interessante da immaginare, posso già predire che non avrebbe funzionato.
Come otterrebbe Hoover la nomination? Beh, il 1920 fu un periodo caotico per i Repubblicani, e tutti i pesci più grossi se le stavano dando di santa ragione.
Il Maggior Generale Leonard Wood era in realtà il contendente principale, ma altri come il Governatore Frank Orren Lowden e il Senatore Hiram Johnson gli impedirono di ottenere la maggioranza.
La convention era in stallo, così, come compromesso in un incontro segreto, tutti si accordarono su Warren G. Harding, perché non aveva mai fatto incazzare nessuno.
Warren G. Harding, uno degli uomini che diventarono presidente per caso.
Perciò, in questo scenario alternativo, e se fosse Hoover, suppongo, quel candidato di compromesso? È molto improbabile, lo so, Hoover aveva già perso in precedenza contro Hiram Johnson, e alla vecchia guardia non piaceva affatto, perciò, anche se a quel punto Hoover era un nome familiare, era comunque meno popolare nel partito del terzo uomo più popolare.
Pensate se Chris Christie o Marco Rubio avessero vinto la nomination nel 2016… È realistico? No, per niente! Ma è una di quelle cose improbabili che potreste veder accadere… Magari se strizzate gli occhi… Perciò, diciamo semplicemente che Harding rifiuti di candidarsi per qualche motivo, al partito non rimangono davvero altre opzioni e Hoover diventa magicamente abbastanza popolare entro il 1920 da essere il compromesso… Del compromesso.
E poi immagino che come candidato vicepresidente... Ehm… Beh, lasceremo Calvin Coolidge, e l’unico motivo per cui dico questo è che per qualche ragione durante la convention del 1920 i delegati continuarono semplicemente ad urlare a favore di Coolidge e lui venne eletto.
La democrazia funziona! Coolidge non sarà mai presidente, il che per voi non significa molto, perché tanto nessuno si ricorda che Calvin Coolidge fu presidente.
Hoover vince la nomination, e, togliamoci il dente adesso, ottiene anche la presidenza.
Nelle elezioni del 1920 i candidati non contavano davvero, il pubblico ne aveva semplicemente abbastanza di Woodrow Wilson, e i Democratici candidarono un uomo che era troppo vicino a Wilson, così persero.
Di brutto.
Fu la seconda vittoria a valanga più grande della storia statunitense, perciò congratulazioni Hoover, adesso ce l’hai fatta.
Harding non voleva davvero essere presidente e passò più tempo a giocare a golf che a lavorare per davvero, e anche se Coolidge era abbastanza competente passò parecchio tempo a riparare i danni che avevano fatto gli scandali di Harding, perciò se Hoover fosse presidente probabilmente sarebbe un miglioramento.
Se c’è una cosa importante che dovete sapere su Hoover è che odiava l’intervento diretto del governo, credeva nel Laissez-faire e che le azioni federali drastiche non dovessero essere usate per correggere l’economia.
Questo non significa che non avrebbe fatto nulla, è solo che aveva delle linee personali che non avrebbe oltrepassato, cosa che durante un periodo senza precedenti come la Grande Depressione forse non fu il miglior approccio, ma in un periodo di prosperità economica questa mentalità non sarebbe criticata.
Nel peggiore dei casi Hoover sarebbe un presidente tranquillo che supervisionerà un boom economico, nello scenario migliore per la sua reputazione Hoover potrebbe finire con l’essere visto come un Reagan degli anni ’20… Oppure un futuro Reagan alternativo potrebbe essere definito un Hoover degli anni ’80.
Potrebbe esserci una mentalità, almeno in alcuni dei circoli Repubblicani, che vedrebbe Hoover così.
Quest’epoca ottimista ed economicamente in boom viene attribuita ad un popolare presidente economicamente conservatore che limita l'intervento federale, e sì, presumerò semplicemente che Hoover vinca un secondo mandato, perché 1) l’economia andrebbe bene e 2) i Democratici stavano andando a fuoco.
Non c’è davvero molto che si può dire su qualsiasi cosa accada fra il 1924 e il 1928, non è che ci sarebbe un qualsiasi evento importante che Hoover avrebbe gestito diversamente da Coolidge, ed è prima di tutto per questo che nel 1928 vinse, perché lui era una continuazione di queste politiche, supervisionerebbe un periodo di prosperità, e questo sarebbe solo cementato di più dai tempi difficili che seguirebbero.
In qualche TL alternativa la gente sarebbe seduta nelle baraccopoli, sognando i giorni in cui Hoover era ancora in carica.
Chi sarebbe il probabile successore di Hoover nel 1928? Andiamo col Governatore dell’Illinois Frank Orren Lowden.
Lowden si candida nel 1928 e vince perché a tutti è piaciuta la precedente presidenza e odiavano Al Smith.
Congratulazioni Lowden, possa Dio avere pietà della tua anima! Qualcuno deve beccarsi la patata bollente, e proprio come Hoover nella nostra TL in questo scenario è Frank Orren Lowden.
Vorrei ricordare a tutti voi che nonostante Hoover fosse un filantropo, e umile, e un buon Segretario al Commercio degli Stati Uniti d'America, nella nostra TL fu comunque un presidente terribile, uno dei peggiori in assoluto, e non solo perché fu sfortunato con la Grande Depressione, ma perché ognuna delle sue decisioni sembrò rendere direttamente peggiore la situazione.
Non c’è affatto modo di sapere come Lowden avrebbe risposto alla Grande Depressione, trovare informazioni storiche su qualsiasi cosa fece durante la sua carriera politica in realtà è piuttosto difficile, in realtà non sembra che fece molto.
È come se si fosse ritirato dalla politica dopo il 1928, perciò non sappiamo nemmeno quale fosse davvero la sua opinione sulla Grande Depressione.
Possiamo presumere che probabilmente non sarà un presidente da due mandati, oltre a questo non si può davvero dire molto su Lowden o chiunque altro avrebbe preso il posto di Hoover, però posso predire che probabilmente non farà più casini di Hoover.
Il fatto è che la Grande Depressione in questa TL alternativa in realtà è meno grave semplicemente perché Hoover non è in carica.
Non sto dicendo che non accade o se ne va via prima, è solo che l’incendio non infuria così duramente o si espande così velocemente nel resto del mondo.
In questo scenario alternativo lo Smoot–Hawley Tariff Act non viene mai promulgato.
Probabilmente vi starete chiedendo che cosa sia, perché è importante.
Beh, è parecchio importante.
Pensate al recupero economico come ad una finestra, lo Smoot–Hawley Tariff Act fu come un masso che la mandò in frantumi.
Come soluzione rapida alla recessione economica, Hoover alzò i dazi, pensando di aumentare il costo dei beni statunitensi sui mercati stranieri.
Il problema qui è che aumentare il prezzo dei beni nei mercati esteri fece davvero arrabbiare tutti gli altri paesi.
Questo causò una reazione a catena, quello che avrebbe dovuto portare più soldi nel paese invece non venne più acquistato.
Il commercio statunitense verso l’Europa calò di due terzi, questo atto fu controverso anche all’epoca, e anche se era sostenuto da molti Repubblicani era stato promosso principalmente dallo stesso Hoover.
È sempre possibile che in una TL alternativa questo atto ci sarebbe comunque senza Hoover, ma i dazi non sarebbero così duri, o almeno questo è quello a cui sono arrivato.
Perciò, prima di tutto, senza Hoover la Grande Depressione è brutta, ma non estrema come lo fu nella nostra TL, e questo effetto a catena non si espande nel resto del mondo, e di questo parlerò dopo.
Non si trattò solo dei dazi, però, Hoover era fiducioso del fatto che le banche avrebbero potuto risolvere questo problema fra di loro, cosa che ovviamente non fecero.
Cercò di porre riparo a questo creando la Reconstruction Finance Corporation, che salvò alcune imprese, ma questa fu una di quelle situazioni troppo poco troppo tardi.
Temendo una rapida inflazione, Hoover non approvò mai spese in deficit, cosa che probabilmente neanche aiutò la situazione.
Ora, tutto questo potrebbe accadere lo stesso anche se in carica ci fosse un normale Repubblicano, solo dubito che avrebbe fatto tanto male quanto Hoover.
Lowden probabilmente avrebbe comunicato meglio col Congresso e tutto il pubblico nel complesso riguardo a quello che voleva fare, Hoover veniva visto come uno distaccato e che non stava facendo davvero qualcosa per risolvere la situazione.
Lowden potrebbe ispirare più fiducia nel governo federale, ma tutto questo è un grande se.
Hoover non fallì perché non espanse il governo federale, fallì perché affrontò male la situazione, perfino entro i confini dell’ideologia Repubblicana.
Io odio sempre le cose inevitabili negli scenari alternativi. Ma quando si arriva a Franklin Delano Roosevelt che vince le elezioni… Non lo so, mi sembra una cosa inevitabile.
I Democratici vinceranno sempre nel 1932 a discapito di tutto, ma aspettate! Questo è noioso! Gli Stati Uniti semplicemente vanno comunque avanti con Roosevelt? Questa è la fine dello scenario? Eh sì, lo sapete che avete ragione? Quello che vorrei iniziare a fare di più in questi video è essere più creativo con questi scenari, perciò sapete una cosa? Pensiamo ad alcuni modi stravaganti in cui si sarebbero potute svolgere le cose.
1) Forse Hitler non arriva al potere.
I dazi di Hoover tagliarono di due terzi il commercio con l’Europa, e questo ebbe importanti ramificazioni, alcuni sospettano addirittura che potrebbe aver aiutato a condurre all’instabilità politica nel continente e all’ascesa del totalitarismo.
Chissà, forse se Hoover avesse vinto nel 1920 allora il Fascismo non sarebbe un’ideologia così importante, visto che in Europa la Grande Depressione è meno estrema forse la Repubblica di Weimar in qualche modo è più forte, c’è da pensarci.
2) Niente Franklin Delano Roosevelt.
Ora, anche se Roosevelt in realtà era sempre all’orizzonte, forse Lowden fa così bene che Roosevelt non vince le elezioni.
Restate con me: di fatto Lowden vince nel 1932 perché in qualche modo ha le capacità che Hoover non ha, forse unisce il governo e le sue politiche funzionano.
L’assenza di Franklin Delano Roosevelt è un intero scenario a parte, di fatto eliminerebbe il New Deal dalla storia rendendo il governo federale incredibilmente minuscolo rispetto a come crebbe nella nostra TL.
Di fatto la nostra intera mentalità su come ha lavorato il nostro governo nel 20° secolo verrebbe interamente cambiata, in un’America postbellica gli stati avrebbero molto più potere.
Sapete, questa in realtà non è una cattiva idea, perché non ho fatto questo scenario, invece? Grazie Mr. Beat!
3) Niente Hoover significa meno radio e aerei (?).
Sì, dunque, all’epoca in cui Hoover era Segretario al Commercio degli Stati Uniti d'America egli favorì la standardizzazione federale delle radio e degli aerei, o almeno questo è il miglior modo in cui posso riassumerlo.
È una cosa che non sembra così importante, ma in realtà contribuì davvero a promuovere queste industrie nascenti, le aiutò a fiorire nei decenni successivi.
Forse senza Hoover come Segretario al Commercio degli Stati Uniti d'America le radio e i viaggi in aereo sono molto meno centralizzati e francamente più dilettanteschi, almeno all’inizio.
4) Niente Hoover vuol dire meno elettori neri che passano ai Democratici.
Fin da quando ottennero il diritto di voto, gli elettori neri sono sempre stati storicamente dalla parte del partito di Lincoln, ma nel 1920 questo stava cambiando.
Specialmente considerato che la Grande Migrazione Afroamericana stava spostando la popolazione nera a nord, il partito stava cambiando.
Questo veniva chiamato il Movimento Giglio Bianco (sì, questo era veramente il loro nome), e Hoover ne faceva parte.
Hoover fece molto poco per la popolazione nera, ed ebbe perfino il suo piccolo momento Uragano Katrina.
Ecco perché quando Franklin Delano Roosevelt entrò nel quadro i Democratici riuscirono per la prima volta da sempre a prendersi una fetta considerevole dell’elettorato nero.
Forse in questa TL alternativa il Movimento Giglio Bianco non diventa così importante negli anni ’20 e ’30, e continua ad essere il partito di Lincoln.
5) Molti Messicani non vengono deportati.
Aspetta, cosa? Eh, sì.
Allora, stavolta dirò che questa è una probabilità piuttosto sicura, quando iniziò la Grande Depressione Hoover provò ogni soluzione possibile, inclusa il dare la colpa agli immigrati.
E funziono! Durante l’arco della sua presidenza gli Stati Uniti deportarono da 400.000 a forse un milione di Messicani verso l’altro lato del confine.
I numeri in realtà non sono ben noti, e molte persone sono in disaccordo, perché immagino che nessuno abbia tenuto per bene i conti al riguardo.
In questa TL alternativa questo non accadrebbe.
In realtà non ho niente di… Ehm, interessante da dire, mi ci sono semplicemente imbattuto.
6) Hoover corre per un terzo mandato.
Prima di Franklin Delano Roosevelt servire per due mandati e poi ritirarsi era semplicemente un precedente, e non era una legge.
Forse Hoover si sentirà molto fiducioso nella sua presidenza dopo otto anni di successi, e decide di correre per un terzo mandato, poi, ironicamente, tutto finisce nello stesso identico modo: reputazione rovinata, Grande Depressione resa solo peggiore, le Hooverville… Non so, non sarebbe divertente se facesse semplicemente le stesse cose esatte? Potremmo andare avanti a parlare di economia e deportazioni per tutto il giorno, ma è chiaro che se Hoover non fosse mai stato eletto nel 1928 la Grande Depressione sarebbe stata gestita in maniera molto migliore letteralmente da chiunque.
Che sia Lowden o qualcun altro, questi verrebbe premiato per il suo duro lavoro con un solo mandato alla presidenza quando Franklin Delano Roosevelt lo caccerà fuori a calci dalla Casa Bianca.
Questo è uno scenario dove non cambia molto, o forse Hitler non arriva mai al potere, allora penso che tutto cambierebbe, ma credo che questo scenario alternativo abbia molti più effetti a livello personale, e in questo caso voglio dire l’eredità di Hoover.
Hoover viene visto come uno dei peggiori presidenti della storia statunitense, e non sono in disaccordo con questo, lo fu assolutamente, però fu anche un uomo con un sacco di buone qualità, al di là della cosa del razzismo.
Era umile e caritatevole, era un buon organizzatore, e anche dopo la sua caduta in disgrazia continuò a fare opere di carità e a dare consigli ad ogni presidente dopo di lui.
Eccetto Roosevelt.
Fanculo quel tizio! Herbert Hoover visse fino a raggiungere i 90 anni, come Jimmy Carter, un’età piena di vergogna e pentimento, come Jimmy Carter.
Era amareggiato per il fatto che Franklin Delano Roosevelt fosse piombato a salvare la giornata, e fu in disaccordo fino al giorno della sua morte su come il New Deal cambiò il governo federale.
Francamente Hoover non era destinato ad essere presidente nel 1928, e quello che è divertente è che se fosse stato presidente nel 1920 la storia avrebbe guardato indietro a lui in maniera molto più gentile, forse avrebbe potuto anche avere più influenza nel Partito Repubblicano, considerato quanto a lungo visse.
Herbert Hoover avrebbe potuto essere ricordato per generazioni come un intelligente filantropo che guidò gli Stati Uniti attraverso un periodo di pace e prosperità, ma invece viene visto come uno dei peggiori presidenti di tutti i tempi, e tutto perché si candidò nel 1928 invece che nel 1920.

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E ora, ecco la pensata del solito MorteBianca:

Charles Curtis, vicepresidente di Herbert Hoover, era nativo americano, ed è stato l'unico a raggiungere un livello così alto della politica americana. Se Hoover muore (assassinato), per legge il suo vice diventa presidente. In tutto il mondo la notizia diventa virale, un nativo americano è per la prima volta a capo della sua Terra (e di tutta la sua terra!).

Curtis inizia subito a mostrare un lato patriottico. Per il suo vero popolo, gli indiani d'America. Fa passare leggi che tutelano gli indiani d'America e criminalizzano virtualmente ogni forma di discriminazione nei loro confronti. Vengono decuplicati i loro territori (in larga parte cedendo suolo pubblico, ma in minima parte nazionalizzando e poi cedendo zolle di terra dei grandi latifondisti), gli viene concessa una enorme autonomia legale e gli viene permesso di battere moneta, avere un inno e una bandiera ufficialmente riconosciute e da esporre, avere una sezione separata dell'Esercito e, sfruttando il loro status autonomo, gli concede un wellfare molto più grande del normale.

Quando i Repubblicani cercano di silurarlo, Curtis ottiene a sorpresa il favore dei Democratici, formando una coalizione bipartisan di larghe intese e scegliendo come vicepresidente un emergente Franklin Delano Roosevelt. Oltre alle sue proposte pro-Nativi, Curtis combatte la Segregazione razziale ed introduce le prime forme di Wellfare a livello federale (a cui poi FDR si ispirerà, chiamando il suo nuovo corso "New Deal" nell'ispirarsi allo stato sociale delle riserve americane). Si arriverà al culmine quando, alla fine della sua carriera, il Presidente Curtis farà approvare l'esistenza di un nuovo stato, Navajo, che ingloba una serie di riserve attorno alla più grossa riserva indiana degli Stati Uniti, con la ratio che non sarebbe comunque lo Stato americano più piccolo. Infatti verranno in seguito creati altri quattro stati Indiani. I cittadini americani continuano a vivere naturalmente al loro interno e votare come sempre.

Il duo presidenziale Curtis-Roosevelt sarà di ispirazione a molti. Kennedy dirà: "da giovane ero un Curtisiano", Johnson affermerà: "Il mio modello di Grande Società si è sempre ispirato alla liberazione Indiana", mentre Barack Obama (sotto cui abbiamo la prima nota costituzionale che riconosce il carattere Indiano degli Stati Uniti) sarà il presidente più votato della storia, proporzionalmente, da nativi americani. Oggi Bernie Sanders proclama di voler redistribuire le terre nelle riserve indiane a favore delle famiglie più povere e di redistribuire la ricchezza dei miliardari americani per ripagare del danno fatto alle tribù dei nativi.

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Fabio Roman aggiunge:

Buona idea. Mi viene in mente il fatto che i Navajo usino l'ora estiva, nonostante l'Arizona non ne faccia uso. Questo malgrado talvolta si dica che tale artifizio sia frutto della società industriale e dei servizi fissata su orari precisi, tanto che gira l'immagine di un indigeno d'America affermare "ora estiva? solo l'uomo bianco può tagliare un pezzo del suo bastone, incollarlo dall'altra parte, e dire di avere un bastone più lungo..."

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E ora, la parola a William Riker:

Neil Armstrong era un uomo straordinariamente modesto: a chi gli chiedeva come si sentisse ad essere il primo uomo sbarcato sulla Luna, rispondeva: « Ho solo fatto il mio dovere ». Per questo, finita la carriera di astronauta, egli stette ben lontano dalle sirene della politica, e andò a insegnare Astronautica all'università. Eppure aveva sangue freddo da vendere: nel corso della Missione Apollo 11, accortosi che il LEM si avvicinava a una superficie troppo sassosa, prese manualmente i comandi e lo guidò verso un'area più sicura. Questo suggerisce una nuova ucronia. Supponiamo che qualcuno lo convinca a candidarsi, per il Partito Democratico alle Presidenziali del 1976, o per il Partito Repubblicano in quelle del 1980. Probabilmente in entrambe le occasioni vincerà a man bassa. Come segnerà la storia d'America un uomo modesto eppure forte d'animo come lui?

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Gli risponde Federico Sangalli:

Armstrong ricevette, come molti suoi colleghi astronauti (John Glenn per esempio), offerte di carriera politica da ambedue i partiti democratico e repubblicano ma declinò sempre. Se si fosse candidato comunque sarebbe stato per i repubblicani: sebbene infatti non abbia mai annunciato le proprie preferenze politiche, Armstrong era un sostenitore dei diritti degli stati rispetto al governo federale e si opponeva all'idea degli Stati Uniti come "poliziotto del Mondo", preferendo quindi una posizione più isolazionista. La sua migliore occasione sarebbe stata correre nel 1970 per un seggio al Senato del suo stato natale, l'Ohio, battendo il democratico Stephen Young come in HL fece Bob Taft Jr, oppure correre contro Glenn stesso in un epico Primo Uomo nella Spazio vs Primo Uomo sulla Luna, per poi correre alla Presidenza nel 1980. Oppure, subito dopo l'Apollo, dovrebbe accettare un posto di professore in un'università diversa da Cincinnati, per esempio in New Mexico dove il suo collega astronauta Harrison Schmitt venne eletto Senatore per i repubblicani nel 1976. Come vicepresidente mi aspetterei l'ex Presidente Gerald Ford, che in HL fu la prima scelta di Reagan ma che fu messo da parte dopo che pose delle condizioni che l'avrebbero reso quasi un co-presidente (oltre al ritorno di Henry Kissinger come Segretario di Stato): possiamo immaginare invece che l'umile Neil accetti di avere un ex Presidente al suo fianco, non ritenendosi adatto all'incarico, oltre a subire le pressioni del partito affinché si circondi di gente che sappia guidare un paese invece che un modulo d'atterraggio.

La Presidenza Armstrong sarebbe incredibilmente poco mediatica, dato che Neil rigetterebbe qualunque tentativo di mettersi in mostra, il che, forse, rappresenterà una battuta d'arresto per la tele-politica. Dato il suo scarso interventismo sarebbe anche piuttosto tranquilla: niente guerra civile in Nicaragua, niente invasione di Grenada, niente armi ai Talebani, niente sostegno al regime sudafricano, niente via libera alle aggressioni israeliane in Libano, niente esercitazioni di massa muscolari che fanno temere ai sovietici un attacco come l'Able Archer, niente corsa al riarmo. Anche la guerra Iraq-Iran sarà più breve senza il sostegno statunitense (a entrambi, tanto l'importante era che si scannassero fra loro). La vera battaglia sarà convincere Armstrong ad accettare un secondo mandato e altri quattro anni di pubblicità ma se ci riusciranno la seconda metà degli Anni Ottanta vedranno la Grande Distensione con il nuovo leader sovietico Mikhail Gorabciov, che senza Afghanistan e corsa al riarmo può sforzarsi di riformare l'URSS. Nel 1989 riuscirà finalmente a ritirarsi, ringraziando con tanto di offerte votive il 22esimo Emendamento della Costituzione, lasciando il posto a Ford, che a settantacinque anni diventerebbe il Presidente più anziano della Storia oltre al primo a servire due mandati non consecutivi dopo Grover Cleveland nel 1892. Probabilmente Ford si sceglierà un vicepresidente giovane che possa succedergli nel 1992 quando non potrà ricandidarsi, ma bisogna vedere se le tasse non saranno un problema anche per lui. Dubito inoltre che sarà Bill Clinton a sfidarlo: in HL i democratici reagirono alla percepita aggressione ai loro valori da parte del estroso Reagan premendo a sinistra. Dopo la sconfitta del centrista Carter, sia Mondale sia Dukakis furono infatti esponenti dell'ala più liberale e vecchio stile, figlia del New Deal e del sindacato, e ambedue persero disastrosamente, per cui nel 1992 i democratici se ne vennero fuori con un giovane centrista dell'Arkansas che inoltre era il più telegenico democratico dai tempi di JFK e dopo un Presidente attore essere telegenici era d'obbligo. Ma Armstrong sarà molto meno aggressivo, anzi suppongo lascerà gran parte delle decisioni ai suoi ministri e grande spazio al Congresso, e non si attribuirà un merito neanche quando dovrebbe, per cui i democratici saranno meno orientati al centrismo e alla ricerca di candidati televisivi, ma cercheranno un nome che possa pesare almeno quanto quello di Armstrong: Mondale probabilmente sarà comunque il candidato nel 1984 e perderà ancora più disastrosamente, nel 1988 potrebbero provare a giocarsi la carta John Glenn senza molto successo, ma il jolly potrebbe essere Lee Iacocca, il famoso manager della Chrysler, che nel 1988 arrivò molto vicino a candidarsi per la Presidenza. Se i democratici lo venissero a sapere potrebbero convincerlo a candidarsi e, anche se perdesse le primarie, sarebbe in un ottima posizione per correre poi nel 1992. Oppure ancora Ford potrebbe declinare la rielezione e Bob Dole potrebbe poi perdere contro Iacocca.

Particolare interessante: Armstrong sarebbe il primo Presidente Deista dai tempi di James Madison, il che, oltre ad aprire una parentesi di rinascita di questa confessione filosofica, impedirà la fondamentalizzazione religiosa del Partito Repubblicano che avvenne sotto Reagan e aprirà anzi un lungo dibattito sulla libertà di religione che, francamente, non credo faccia male agli Stati Uniti.

Neil Armstrong si ritirerà nella sua vita post-presidenziale nella sua fattoria e lì rimarrà, concedendo rare interviste, fino alla sua morte il 25 agosto 2012, cui seguirà un semplice ma enormemente seguito funerale di stato.

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La parola torna a Generalissimus, che ha tradotto per noi altre ucronie:

E se Richard Nixon non fosse mai diventato presidente?

Richard Milhouse Nixon! Conosciamo tutti Nixon, il vecchio “Tricky Dick”, la leggenda, il cattivo, l’adorabile piccolo furfante.
Pose fine alla Guerra del Vietnam, in che percentuale per sua scelta lo lascio decidere a voi.
Creò la United States Environmental Protection Agency, perché se qualcuno può parlare per gli alberi quello è Nixon.
Nixon diede perfino il via alla tradizione di mettere la parola gate alla fine di ogni scandalo che accade a Washington.
Fece anche parecchie cose cattive.
Gli anni ’70 non furono il… Ehm, miglior periodo della storia americana o di qualunque altro luogo in generale.
Non che la fine degli anni ’60 fu meglio, ma fu qui che la nazione stagnò davvero.
Gli eventi globali sono raramente influenzati da una singola persona, ma quello che le azioni di Nixon finirono per fare, perlomeno con tutta quella cosa dello scandalo, fu mostrare che nemmeno la presidenza poteva sfuggire alla corruzione.
Tranne che per tutti gli altri momenti in cui la presidenza fu corrotta, ma quelli erano tempi in bianco e nero, non contano.
Perciò ecco una domanda che probabilmente molte persone negli anni ’70 si facevano: e se Richard Nixon non fosse mai stato presidente? Diciamo che perde le elezioni del 1968 e che qualcuno prende il suo posto.
“Non so, tipo Hubert Humphrey?” Ha! No, Jimmy.
Come vedrete, questo video non è semplicemente su se Nixon non fosse mai presidente, ci fu una persona che quasi corse contro Nixon nel 1968, ma che non poté perché… Ehm… Per dei motivi.
Robert Kennedy, Bobby B, il fratello minore di JFK che subì lo stesso esatto destino.
Beh, non proprio lo stesso esatto, ma sapete quello che voglio dire, perciò chiedo scusa del fatto che il titolo del video sia un po’ una bugia, perché questo scenario in realtà si fa la domanda: e se Nixon non fosse mai presidente perché Bobby Kennedy non viene mai ucciso? Le elezioni del 1968 furono importanti.
Avevamo il Vietnam, i diritti civili, gli assassinii, rivolte, le cose stavano diventando piccanti ed erano ad un incrocio.
I risultati del ’68 in realtà furono incredibilmente ravvicinati, Nixon se la cavò a malapena con una vittoria di misura contro Hubert Humphrey.
Hubert Humphrey era il vicepresidente di Lyndon B. Johnson e sembrava che la sua politica sarebbe stata semplicemente una continuazione delle sue politiche: continuare la Guerra del Vietnam, continuare la guerra alla povertà, quel genere di cose.
E poi c’era George Wallace, che correva per un terzo partito.
La sua piattaforma era praticamente “Ehi, la segregazione non è magnifica?”, e poi ottenne il 13% del voto popolare, ma questa non fu l’elezione che molti previdero.
Nonostante Humphrey fosse il vicepresidente in carica egli fu la seconda scelta per la candidatura, dato che in origine ci si aspettava che il fratello di JFK, Bobby Kennedy, vincesse la nomination.
Bobby, nonostante venisse dalla famiglia più ricca, bianca e Liberale immaginabile era popolare in particolare tra gli elettori appartenenti a minoranze.
In qualità di Procuratore Generale degli Stati Uniti d’America era stato coinvolto in molte lotte contro la segregazione, specialmente quando schierò truppe federali nel sud.
Nel 1968 era diventato un uomo molto diverso da quello che voleva attaccare i Cubani durante i primi otto giorni della Crisi dei Missili di Cuba.
Nonostante combattesse contro la segregazione e fosse un difensore dei diritti civili, Bobby Kennedy non fu ucciso per nessuna di queste cose, venne ucciso nella cucina di un hotel da un Palestinese perché aveva detto di voler mandare caccia Phantom a Israele.
La vita è divertente.
Va bene, adesso parto un po’ per la tangente: so che ci sono un sacco di idee su cosa fece davvero morire come mosche tutti quei Kennedy, ma quando si arriva a Bobby non sono qui per dirvi chi lo ha ucciso davvero.
Alcuni testimoni oculari affermano che ci sono stati molti più colpi d’arma da fuoco di quanti ne fosse capace di sparare una piccola pistola calibro .22, apparentemente nemmeno i fori di proiettile sono molto allineati, perciò questo dà un po’ più di credito alla presenza di un secondo tiratore.
Detto questo, penso anche che Sirhan Sirhan volesse davvero uccidere Bobby Kennedy, oggi dice che non si ricorda nemmeno di aver sparato a Kennedy, ma ha anche detto molte cose, come in quell’intervista degli anni ’80 dove dice di essersi pentito per l’azione e poi fa un discorso di cinque minuti su come Israele stia uccidendo i Palestinesi.
Da una prospettiva statunitense questo sembra semplicemente campato in aria, ciò non fa parte della nostra narrativa, ma Sirhan Sirhan si sentì tradito.
Tenete in mente che Bobby Kennedy era molto popolare nelle comunità di minoranze, e Sirhan disse che pensava che Bobby fosse molto ipocrita a difendere il movimento nero dei diritti civili mentre allo stesso tempo dava anche armi agli Israeliani, perciò Bobby B venne ucciso perché era un Neoliberale.
Ops.
Ma se non venisse ucciso? Forse Sirhan Sirhan scivola comicamente su una pentola in cucina e manca il colpo.
Non so come appariranno queste elezioni alternative del 1968 se saranno fra Robert Kennedy e Richard Nixon, Kennedy stravincerà le elezioni solo perché è giovanissimo e Nixon è burbero e cattivo? Beh, no.
Anche se Kennedy era molto più popolare fra le minoranze e i giovani di quanto lo fosse Humphrey, questo sarà in realtà una cosa che negli Stati Uniti degli anni ’60 lo danneggerebbe.
Infatti questo gli alienerebbe una porzione di elettori bianchi che altrimenti avrebbero votato per Humphrey.
Per tutti voi appartenenti alla Generazione Z, fate un paragone con Bernie contro Biden.
Quanto verrebbe danneggiato, nessuno può dirlo, non sarei scioccato se l’opposizione principale contro Kennedy sarebbe che lui è un po’ troppo vicino alle minoranze, una cosa espressamente dichiarata da Wallace ma sottilmente accennata dalla campagna elettorale di Nixon.
Ora, Kennedy avrebbe potuto vincere? Probabilmente, per amore dello scenario, sicuramente sì, ma realisticamente queste sono delle elezioni del ’68 completamente differenti che probabilmente diventeranno molto più combattute riguardo ai rapporti fra le razze, ma… Diciamo semplicemente che Kennedy vince.
Come sarà questa nuova presidenza? Va bene, allora, c’è sempre un problema quando si arriva a immaginare presidenze che non sono mai avvenute, ed è che le promesse elettorali raramente vengono mantenute.
Di norma un politico è più rivolto verso la sua base durante le elezioni e poi diventa più centrista quando assume l’incarico.
Come esempio, immaginate se Obama non fosse mai stato presidente: ogni teoria di storia alternativa odierna immaginerà che avrebbe cambiato tutto.
Avrebbe fatto andare via gli Stati Uniti dal Medio Oriente entro il 2010, avrebbe chiuso Guantanamo, avrebbe sistemato la disuguaglianza nei salari o perlomeno avrebbe fatto più cose di quante ne fece, e ho tirato in ballo Obama perché Bobby Kennedy veniva visto in una luce più o meno simile, speranza, cambiamento, tutta quella roba.
Ora, il problema col fatto che venne ucciso così presto nella campagna elettorale è che in realtà non realizzò mai molte delle sue politiche, la maggior parte di esse sono idee generali.
Molta di questa roba era solo un pizzico più a sinistra di quella dell’amministrazione Johnson in carica, e la cosa principale sulla quale differiva era solo il Vietnam.
Tenete in mente che Johnson, a modo suo, stava ancora tentando di risolvere il problema della povertà, e aveva firmato un mucchio di leggi sui diritti civili che possono o non possono essere state efficaci.
Mentre facevo ricerche per questo video e ho visto le vecchie interviste di Bobby Kennedy su YouTube, i commenti erano sempre su come se fosse sopravvissuto gli Stati Uniti sarebbero stati molto diversi, non viene mai data nessuna ragione concreta sul perché le cose sarebbero andate in maniera differente.
Non è che Bobby avesse la risposta a tutto, di solito la gente vuole semplicemente dire che avrebbe cambiato l’“energia” degli Stati Uniti, e Nixon era energia negativa per via del Watergate.
Molti dei suoi fan sono del tipo vecchio hippie capellone, sapete quali.
Se Bobby avesse davvero ottenuto la presidenza avrebbe avuto dalla sua parte un Congresso controllato dai Democratici, uno che Nixon non fu così fortunato ad avere, perciò, riguardo alla politica interna, avrebbe continuato i programmi contro la povertà di Johnson, e quindi cosa avrebbe fatto Bobby? Se vogliamo avere una buona idea di quale fosse la mentalità di RFK sul Vietnam c’era la sua proposta del 1967 su come porre fine alla guerra assieme ad un discorso che fece a Chicago nel 1968.
È difficile dire se questa sarebbe stata la sua vera politica, questi sono solo discorsi da campagna elettorale, ma è il meglio che abbiamo.
Per riassumere entrambi, la sua idea era di porre gradualmente fine alla guerra sostituendo rapidamente le truppe statunitensi con truppe più internazionali.
In qualche modo.
Non so chi avrebbe firmato per andarci.
Gli Stati Uniti avrebbero inoltre fermato i bombardamenti del Vietnam del Nord.
Kennedy sapeva che la guerra non sarebbe stata vinta, dato che gli stessi Sudvietnamiti non si preoccupavano davvero di combattere la guerra, perché preoccuparsi di rimanere in un conflitto che non sarebbe finito in vittoria? E per noi di oggi questa mentalità sembra piuttosto ragionevole quando si guarda indietro al Vietnam, ma il motivo principale è perché nella nostra TL abbiamo avuto Nixon.
Gli anni ’70 videro un’enorme escalation nei combattimenti, più bombe, più truppe, ogni opzione disponibile venne utilizzata, eppure, nel 1973, gli Stati Uniti dovettero comunque scappare, Saigon cadde lo stesso e diede quest’idea di definitività al conflitto.
In questa TL alternativa con Bobby Kennedy che supervisiona la guerra, anche se ci saranno gli stessi risultati, la concezione comune, almeno nella destra statunitense, è che gli USA avrebbero potuto vincere la Guerra, ma Bobby Kennedy ci ha venduti.
Se questa politica verrà messa in atto è vero che ridurrà le perdite statunitensi in guerra solo per il fatto che non ci saranno molti Statunitensi rimasti lì a morire, e col senno di poi sappiamo tutti che il Vietnam era una causa persa, ma se RFK fosse andato davvero avanti con essa negli anni ’70 la sua amministrazione verrà vista come codarda da molti esponenti della linea dura.
Tutta la colpa di come è andato a finire il Vietnam verrà data a Bobby.
Certo, tonnellate di giovani sono già morti in Vietnam, ma quelle vite verranno addossate solo sulle spalle di Bobby perché ha perso la guerra, essenzialmente sono morti per nulla.
Uno degli effetti più grandi che avrebbe Bobby Kennedy sulla politica statunitense sarà rinvigorire la destra statunitense, che stava più o meno barcollando dopo uno scandalo e un Jerry Ford negli anni ’70.
Era praticamente senza meta fino a quando non arrivò Reagan, ma in questo scenario alternativo Bobby diventa l’uomo nero definitivo.
Se Bobby avesse vinto sarebbe famigerato quanto Jane Fonda per gli Stati Uniti degli anni ’70.
Ora, Lyndon Johnson era un vecchio Democratico del sud, un resto di quello che era il partito sotto Franklin Roosevelt, ma Bobby? Sarebbe un ricco Liberale mingherlino del New England, quello che ha fatto perdere agli Stati Uniti una guerra per la prima volta, e questo sarà uno di quei fastidiosi dibattiti storici che dovremo sempre sopportare.
La Guerra del Vietnam è stata veramente persa o Bobby ha mollato per la paura? Dipenderà letteralmente solo dalla vostra politica.
Ad essere franco gli anni ’70 non sarebbero stati un gran momento per rimanere in carica per qualsiasi leader, e spesso non conta quanto è carismatico un politico quando ha a che fare con una cattiva mano di carte.
In politica, Bobby Kennedy è uno di quei grandi “e se?”, ma nella realtà sarebbe sempre visto come il Kennedy più debole.
JFK viene guardato più o meno con così tanto affetto perché morì prima che le cose andassero male, viene visto come il presidente prima dei brutti tempi, prima del Vietnam, prima delle rivolte, ma Bobby sarebbe un presidente schiaffato nel bel mezzo di tutto questo, e non sarebbe ingiusto paragonarlo a JFK.
Bobby probabilmente lo farebbe per tutto il tempo, evocando sempre il lascito di suo fratello in ogni cosa, specialmente una volta che gli astronauti atterreranno sulla Luna e sarà Bobby a parlare con Neil Armstrong al posto di Nixon.
Probabilmente dirà di come il sogno di suo fratello sia stato finalmente realizzato, perciò la domanda è: Bobby Kennedy riuscirà a ottenere un secondo mandato? Eh… Questa è la mappa elettorale del 1972:

Sì, tutto questo è andato tutto a Nixon.
L’economia stava andando bene, perciò lui era buono, se l’economia andrà altrettanto bene con Bobby forse lui avrà una possibilità.
Una vittoria che Kennedy potrebbe ottenere è la riforma sanitaria.
Ora, per tutti i primi anni ’70 ci sono state richieste per un’assistenza sanitaria universale.
Nixon all’epoca espanse lo stesso l’assistenza sanitaria, ma le sue politiche non furono così… Beh, universali come richieste dai Democratici.
È molto probabile che se Bobby fosse stato al potere ci sarebbe stata un’adozione in anticipo dell’assistenza sanitaria universale negli Stati Uniti.
Quali saranno le ramificazioni di ciò o come sarà condotta nello specifico questa assistenza sanitaria universale lo lascio alla vostra immaginazione, tenete in mente che le specifiche del sistema saranno solo appianate da dibattiti e comitati alternativi di un’amministrazione e un clima politico alternativi completamente diversi.
Questo è un lungo ed elaborato modo per dire, chissà? Va bene, allora, Nixon funzionò per gli Stati Uniti perché veniva visto come il presidente della legge e dell’ordine dopo l’inquietudine degli anni ’60.
Bobby da alcuni veniva visto come una boccata d’aria fresca, ma da molti verrebbe visto come qualcuno che smuove troppo le acque.
Se Bobby Kennedy sarà un presidente da un solo mandato la sua eredità non sarà grande, sarà più vicino a Jimmy Carter che a Jack Kennedy, ma se andrà avanti e otterrà quel secondo mandato comunque non sarà davvero molto apprezzato.
C’erano troppi fattori contrari agli Stati Uniti negli anni ’70, e quella rabbia e delusione furono riflesse in tre presidenti che oggi non sono tenuti molto in considerazione.
In questa TL alternativa, per almeno sei degli anni ’70, Bobby Kennedy sarebbe il volto di tutti e tre, quello che promise molto e non ottenne risultati.
Perciò ecco qua, questa sarà la presidenza di Bobby Kennedy.
Bobby in realtà non avrebbe cambiato drasticamente molto, a meno che non avesse ottenuto l’assistenza sanitaria universale, quello sarebbe grande, ma in termini di grosse ramificazioni Nixon semplicemente non diventa presidente.
Per quanto l’eredità di Nixon, per lo Statunitense medio che probabilmente non sa trovare la Germania sulla cartina, sia stata solo il Watergate e niente altro, in realtà egli fece molte cose.
Da presidente promosse delle politiche che ebbero effetto, voi vi ricordate quando i presidenti lo facevano? Nemmeno io.
Se sapete abbastanza di Nixon non vi farò un riepilogo completo, ma per quelli che non lo sanno, ecco alcune cose che fece:
1) Creò la United States Environmental Protection Agency.
Questo è probabilmente l’aneddoto più noto, perché è semplicemente divertente immaginare Nixon che mette la sua firma su roba da hippie.
2) Ha lavorato per farci uscire dal Vietnam… Espandendolo.
3) Ha incontrato la Cina.
4) Ha eliminato il Sistema Aureo.
5) Ha dato il via alla Guerra alla Droga, e infine,
6) Si è dimesso.
Sì, il Watergate, lo so.
Un po’ tante cose per un presidente che non ha avuto due mandati completi.
Anche se i presidenti possono attuare politiche che altrimenti non sarebbero avvenute senza di essi, i trend generali e il corso della storia possono fare di più, sia che essi siano al posto di guida o meno.
Perciò, senza Nixon, un qualche tipo di agenzia ambientale sarebbe stata costituita senza tener conto di se fosse stato lì o no.
Se vivevi negli anni ’70 non potevi sfuggire all’inquinamento, un fiume prese addirittura fuoco.
Il governo federale avrebbe fatto comunque qualcosa per pulire l’ambiente, sigillo di approvazione di Bobby Kennedy o meno.
Senza Nixon andremo lo stesso via dal Vietnam, ma non lo avremmo espanso al livello che abbiamo raggiunto, in particolare la Cambogia.
Quando Nixon venne eletto per la prima volta disse di avere un piano segreto per farci uscire dalla guerra, e si scoprì che il suo piano segreto era oltrepassare i confini e riempire il culo di bombe ai Cambogiani.
Il motivo ufficiale era distruggere il sentiero di Ho Chi Minh e combattere i Khmer Rossi.
Se volete essere un po’ sfacciati, potete anche dire che furono in primo luogo i bombardamenti a spingere i Khmer Rossi a rovesciare il governo cambogiano e a condurre così al Genocidio Cambogiano, ma non sarò io ad aprire quel vaso di Pandora.
Ehm, sì, ehm… L’agenzia ambientale di Nixon, quella c’è lo stesso, torniamo a quella.
Nixon o meno, molto probabilmente avremmo anche eliminato lo Standard Aureo entro almeno un decennio o due.
Un sacco di persone sono molto arrabbiate perché ha fatto questo, ehm… Ma sarebbe successo comunque, non contradditemi al riguardo.
Le due decisioni principali che furono al cento per cento di Nixon e solo di Nixon furono l’idea di andare in Cina e l’inizio della Guerra alla Droga.
Il viaggio di Nixon in Cina fu enorme e probabilmente la decisione più influente di tutta la sua presidenza.
Prima di quella visita era disconnessa degli Stati Uniti fin dalla fine della sua guerra civile, ma Nixon sapeva che sarebbe stato importante riconnettere e ricostruire quella relazione, e sappiamo tutti come andò a finire.
Allora, senza Nixon Bobby avrebbe fatto lo stesso? Eh… Vedete, se Bobby Kennedy diventasse presidente probabilmente non avrebbe organizzato un incontro con la Cina, e sarebbe stata una mossa tremenda da un punto di vista oggettivo.
La visita di Nixon ai Cinesi Comunisti fu scioccante perché era un’importante figura conservatrice, uno dei più convinti anticomunisti adesso si avvicinava all’altra parte politica.
Il fatto che fu lui a tendere la mano fece sì che la mossa venisse accettata dai membri della linea dura, se Bobby Kennedy avesse fatto lo stesso, specialmente dopo il Vietnam, la sua amministrazione non sarebbe stata solo chiamata codarda, ma anche traditrice.
L’unica persona che avrebbe potuto visitare la Cina e farlo passare come un incontro diplomatico pacifico sarà sempre, ironicamente, un devoto Repubblicano, perciò, in questa TL alternativa, cosa implica ciò? Io… Io dico Reagan.
Sarà Reagan a visitare la Cina, perché probabilmente Reagan sarà sempre presidente, indipendentemente da se Bobby Kennedy sarà presidente o no.
Di solito in queste situazioni ci sono sempre sei o sette persone fra le quali scegliere, ma Reagan quasi batté Gerald Ford alle primarie del 1976, e questo mentre Ford era presidente.
Se Bobby fosse stato presidente per uno o due mandati avrebbe semplicemente portato ad una presidenza Reagan in anticipo.
Scusa, Twitter.
E questo è davvero uno dei problemi più grandi con un video come questo, se Bobby Kennedy fosse stato presidente, avrebbe fatto tutto bene, ma la reazione contro di lui avrebbe solo anticipato l’Era Reagan.
Nixon fu la reazione conservatrice a tutto questo, e se non ci sarebbe stato lui allora ci sarebbe stato qualcun altro.
Reagan.
Sarebbe stato Reagan.
E Reagan, per motivi nei quali non mi addentrerò, è stato molto più influente per gli Stati Uniti di oggi di quanto Nixon non lo fu mai, ma questo è un video per un’altra volta.
Oh, quindi questa è la risposta allora, eh? Non succede niente, le cose rimangono le stesse? Beh, no, e anche sì.
Il problema col vedere la storia come solo una serie di tizi che fanno cose, specialmente i presidenti, è che ci da la visione del grande uomo nella storia, e anche se i presidenti del 20° secolo sono stati influenti (incredibilmente influenti per gli affari globali, non fraintendetemi), essi erano anche influenzati dai grandi cambiamenti societari un po’ come tutti, e per gli Stati Uniti non ci fu davvero alcun cambiamento più grande di quello arrivato alla fine degli anni ’60, e purtroppo il lascito di Robert Kennedy ne pagherebbe il prezzo, egli verrebbe visto come il Kennedy cattivo, mentre suo fratello sarà per sempre il Kennedy buono.
JFK sarà sempre ricordato perché stava cavalcando gli strascichi degli anni ’50, mentre Bobby Kennedy sarà ricordato come un cattivo presidente perché subirà gli strascichi degli anni ’60.
“Ma Cody, che dire del Watergate?” Ah, sì, il Watergate! Immagino che senza un presidente che si dimette ci sarà molta più fiducia nell’istituzione della presidenza, io credo.
Ma quanto di questo sarà vero, in realtà? Direi che più giovani del pubblico generale saranno altrettanto disillusi nei confronti degli Stati Uniti grazie alla guerra piuttosto che per via di una presidenza avvolta dallo scandalo.
Per quanto ne sentiamo parlare fu una cosa molto localizzata a Washington.
Cosa abbastanza divertente, si potrebbe dire che l’impatto più grande del Watergate è che oggi, ogni volta che avviene uno scandalo, alla gente piace aggiungere gate alla sua fine.
Allora, so che non ho parlato di lui per tipo l’intero video, ma vorrei dire che l’impatto più grande in questo intero scenario è che Jimmy Carter non diventa mai presidente.
Adesso aspettate, aspettate, so che capirete che se Jimmy Carter non è mai presidente allora non sarà mai in grado di firmare gli Accordi di Camp David, un’azione che doveva portare la pace, ma finì col dividere gli Arabi l’uno contro l’altro.
Per riassumere il tutto, in un certo senso impedirono all’Egitto di attaccare di nuovo Israele.
Per quanto riguarda Bobby Kennedy nel complesso, potrebbe riuscire a promulgare una riforma sull’assistenza sanitaria universale, e questo potrebbe essere il suo risultato più grande.
Con il Congresso in suo sostegno potrebbe probabilmente fare molto in quattro anni, ah, inoltre tutto quello che farà verrà probabilmente disfatto da Reagan.

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Le elezioni degli anni '90 che avrebbero potuto cambiare tutto

Prima di Trump.
Prima di Bernie.
C’era già un mercato molto necessario e molto desiderato dagli Statunitensi per un presidente che non fosse il politico medio.
Pensavate che le persone abbiano iniziato ad odiare il nostro sistema bipartitico solo di recente? Oh, andiamo! Ma penso che questo particolare tipo di candidati anti-establishment abbia avuto inizio negli anni ’90, con un singolo uomo che nel 1992 corse come candidato di un terzo partito e ottenne il 19% del voto popolare solo utilizzando il suo denaro e alcune telepromozioni: Ross Perot.
Starete pensando, chi è Ross Perot? Dato che so qual è l’età del mio pubblico, molto probabilmente non sapete chi era Ross Perot.
Anche se la storia statunitense è piena di candidati di terzi partiti, nel bene o nel male, Ross Perot è diverso, perché penso che nessun politico sia più importante per gli argomenti e le discussioni degli Stati Uniti odierni di Ross Perot.
E se Ross Perot vincesse in qualche modo le elezioni del 1992? Perot era un miliardario texano che per la maggior parte della sua vita fu politicamente attivo.
Perot decise di gettarsi nella mischia per alcuni motivi chiave.
Le sue idee erano semplici: l’Economia Trickle-down non funziona; l’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio non deve essere promulgato, perché non farà che esportare più posti di lavoro statunitensi; dobbiamo ridurre il deficit tassando l’1% più ricco.
Ah! Sembra familiare.
Beh, abbiamo anche bisogno di confini più forti e di resistere a qualche paese asiatico che è una minaccia per la nostra economia.
Anche questo sembra familiare.
Partecipò ai dibattiti nazionali con Clinton e Bush e si creò una propria immagine pagando per telepromozioni di 30 minuti dove tirava fuori un grafico e spiegava in dettaglio la strada che avevano preso gli Stati Uniti, e questo in realtà ebbe un certo impatto.
Nonostante il fatto che provenisse da un terzo partito e che per qualche tempo addirittura abbandonò la corsa, ottenne il 19% del voto popolare.
Non vinse alcun Collegio Elettorale, considerato che ottenne risultati eguali in entrambi gli elettorati, ma comunque fu un risultato incredibile per gli anni ’90.
Va bene, storia finita.
Allora, è incredibilmente improbabile, ma ehi, in qualche modo Ross Perot ottiene la presidenza nel 1992.
Come è stato possibile? In realtà, visto come gestiscono il loro sistema gli Stati Uniti, buona fortuna nell’ottenere la vittoria di un qualsiasi terzo partito, ed è per questo che i candidati populisti provano a cambiare i due partiti dall’interno.
Ma, per divertirci, diciamo che Ross Perot vince tramite i Collegi Elettorali.
Un candidato di un terzo partito arriva alla Casa Bianca, questo sarebbe un grosso shock per l’equilibrio del potere nel governo.
È raro che un candidato riesca a fare tutte le cose che ha promesso durante la campagna elettorale, e specialmente per Perot questa sarebbe ancora una strada in salita.
Nel 1993, lui è da solo contro un Congresso dominato dai due partiti.
Ci sono alcuni esempi in cui lo stesso scenario si è verificato in alcuni stati, con un governatore indipendente che si ritrova in un’impasse governativa quando il Congresso dello stato si rifiuta di approvare qualsiasi cosa.
Ma cosa accade quando l’ideologia di un presidente è una specie di miscela tra i due? Se fossi ottimista, direi che forse con le sue qualità positive potrebbe portare dalla sua rappresentanti di entrambe le parti.
Potrebbe essere un candidato di compromesso, e dato che sono gli anni ’90 forse potrebbe vedersi passare qualche legge, non oggi, ma probabilmente all’epoca sì.
Come reagirà il ramo legislativo al presidente adesso è al di fuori delle linee politiche, ed è determinato dalle opinioni politiche individuali di senatori e rappresentanti, un terzo fronte, se volete considerarlo tale, e dato che c’è un terzo fronte questo potrebbe cambiare l’andamento delle elezioni di metà mandato: la Rivoluzione Repubblicana del 1994, quando i Repubblicani vinsero in entrambe le camere per la prima volta dopo 40 anni.
Se invece avesse vinto Perot, questa rivoluzione potrebbe avvenire comunque, ma in realtà sarà benefica per lui.
I Repubblicani vedevano Perot come la gente vede oggi i Libertari e i Verdi, dei guastafeste che non fanno altro che lasciare che l’opposizione vinca.
Nella nostra TL Perot creò il Partito della Riforma per il suo secondo tentativo nel 1996, ma se avesse vinto posso immaginare che, in un tentativo di non aver bisogno dei Repubblicani o perlomeno di non fare affidamento su di loro, incoraggi il suo nuovo partito a vincere seggi nelle elezioni di metà mandato.
Le elezioni di metà mandato non vedranno un’impennata di politici Riformisti, di fatto probabilmente otterranno solo alcuni seggi, ma il fatto che Perot sia nel quadro basta a modellare l’andamento delle elezioni di metà mandato del 1994, e quella che fu una rivoluzione Repubblicana potrebbe essere messa in ombra da una rivoluzione anti-establishment più piccola.
Anche se i Repubblicani otterranno comunque la maggioranza, almeno saranno meno ostili nei confronti di Perot rispetto ai Democratici, questo perché il Partito della Riforma è uno strano mix di capitalismo, economia progressista e anche di espansione della Guerra alla Droga.
Nella nostra TL il Partito della Riforma si trasformò praticamente in un porto sicuro per radicali di qualsiasi schieramento: Nazisti, Fascisti, Comunisti, centristi, centristi radicali, Liberali, tutti che si riunivano per dire non ci piace nessuna delle due parti ma questo è l’unico posto che ci accetta.
Era puro populismo, e dopo aver perso troppe elezioni perse slancio e cadde nell’irrilevanza.
Pensate ad esso come il brodo primordiale per i tipi di strategie che in seguito avrebbero proiettato persone come Bernie Sanders o alla fine Donald Trump sul palcoscenico nazionale.
Prima di tutto diciamo che Perot riesce durante il suo mandato ad abbattere l’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio, o perlomeno ad impedirgli di realizzarsi per un po’ più a lungo.
Quello che fece l’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio fu esattamente quello che Perot predisse che avrebbe fatto: permise alle compagnie statunitensi di portare via posti di lavoro dagli USA e impiantarli in Messico per salari più bassi.
Secondo l’Economic Policy Institute questo risultò in 850.000 posti di lavoro persi dalla metà degli anni ’90 al 2013 e in un abbassamento dei salari del 70% in Messico.
Questo era un piano che Clinton promise avrebbe creato 200.000 nuovi posti di lavoro, e invece ne fece perdere il quadruplo.
In aree come la Rust Belt, che stavano soffrendo dagli anni ’70, l’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio fu il colpo di grazia per molte comunità, e di fatto creò abbastanza fattori per la comparsa di qualcuno come Donald Trump, con una retorica anti-Accordo Nordamericano per il Libero Scambio che nel 2016 ebbe un impatto in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.
Questi anni ’90 alternativi vedono comunque un’industria automobilistica che muore lentamente, ma non c’è nessuna via di fuga che le compagnie statunitensi possono usare per chiudere le fabbriche e trasferire i posti di lavoro in Messico.
Tenete in mente, però, che questi sono solo i numeri, la faccenda è ancora ampiamente dibattuta.
Gli anni ’90 potrebbero, e dico potrebbero, vedere l’ascesa del Partito della Riforma, uno che non è semplicemente la tana di squinternati che era negli anni 2000, ma un vero partito legittimo che desidera rimanere equidistante e con chiare vedute politiche.
Perfino dopo che perse la sua prima campagna Perot ottenne comunque l’8% del voto popolare nel 1996, un’epoca in cui la mappa elettorale assomigliava a questa e alla gente in generale piaceva Bill Clinton.

Perciò, considerato che competerebbe con parecchie persone, io penso che avrebbe potuto avere una possibilità, presumendo che non ci siano scandali imprevisti.
Nel caso questo accadesse, beh, non si tratterebbe più di un colpo di fortuna, il sistema bipartitico degli Stati Uniti diventerebbe ufficialmente tripartitico, e il Partito della Riforma, almeno per ora, sarà lì per rimanere.
Considerato che erano gli anni ’90 e che Perot era contrario all’utilizzo dell’azione militare in Kuwait, posso dirvi di non aspettarvi che gli USA si avventurino in una qualsiasi guerra inaspettata.
Perot fu influente per parecchie persone anche quando corse come indipendente, di fatto le vedute di un miliardario arrivato a sfidare i politici medi ebbero risonanza in un certo uomo: Donald Trump.
Trump non è sempre stato come è oggi, almeno politicamente, oscillava tra il conservatore dell’era Reagan e il Neoliberale, ma le persone più importanti che influenzarono la sua ideologia non furono Reagan o Clinton, furono Ross Perot e Jesse Ventura.
Poiché era un entusiasta di Perot, scelse di correre col Partito della Riforma, anche se all’epoca stava andando in pezzi, diviso tra i sostenitori di Perot e i conservatori che pensavano che il Partito Repubblicano non fosse abbastanza conservatore.
L’ideologia di Trump era fermamente dalla parte di Perot, e la lotta nel 2000 riguardava la strada che avrebbe dovuto prendere il partito, e, oh ragazzi, lui aveva alcune opinioni su Pat Buchanan.
Guardando il libro di Trump, scritto per la campagna del 2000, lui delineò la sua politica.
Se il sistema bipartitico fosse stato sfidato e Perot avesse vinto almeno una volta, il Partito della Riforma avrebbe potuto essere abbastanza popolare perché Trump conducesse una campagna più di successo, non avrebbe mai dovuto salire sul carro dei Repubblicani o dei Democratici per promuovere le sue politiche, perché, leggendo in particolare il suo libro, non lo definirei il tipico Repubblicano, o semplicemente un Repubblicano.
Nel suo libro espone i suoi piani come presidente.
Tassare l’1% più ricco: “Il ricco strillerà. Solo l’1% della popolazione – quelli con un reddito medio di 10 milioni di dollari o più – verranno coinvolti dal mio piano. L’altro 99% otterrà forti riduzioni sulle sue imposte federali sul reddito”.
Il bando sui fucili d’assalto, come li chiama lui: “In generale mi oppongo al controllo sulle armi, ma sostengo il bando delle armi d’assalto e sono anche a favore di un periodo d’attesa più lungo per acquistare un’arma”.
E addirittura un sistema sanitario universale: “Alla gente viene impedito di ottenere le cure mediche di cui ha bisogno per via di un esercito di burocrati che osservano attentamente da vicino i dottori e gli dicono cosa fare. Il sistema sanitario canadese aiuta i Canadesi a vivere più a lungo e più in salute degli Statunitensi. Ci sono meno cause mediche, meno perdite di posti di lavoro a causa delle malattie, e costi inferiori per le compagnie che pagano per le spese mediche dei loro impiegati […] Dobbiamo, come nazione, riesaminare l’assistenza sanitaria a pagamento unico, come stanno facendo molti singoli stati. Il Medicare potrebbe certamente operare nella stessa maniera; come un’assistenza sanitaria universale a pagatore singolo”.
Ovviamente ci sono alcune cose chiave che Trump approverà comunque, rafforzare il confine, contrastare la Cina e la mentalità a favore delle piccole imprese, ma tutte queste piattaforme erano praticamente piattaforme Riformiste non esclusive dei Repubblicani.
In questa TL alternativa, se il Partito della Riforma sarà abbastanza grande, egli aderirà, cosa abbastanza strana, a quelle che erano le sue vedute originali, una miscela di idee molto liberali e leggermente conservatrici, con l’obiettivo principale di essere semplicemente sé stesso, e questa è la cosa più o meno divertente del sistema, il partito può modellarti, ma anche qualcuno che 16 anni fa non era nemmeno del tutto conservatore può rimodellare da solo il partito.
Detto questo, una campagna presidenziale del 2000 molto probabilmente non finirà con una vittoria di Trump, non otterrà l’incarico in anticipo di 20 anni con Oprah Winfrey come vicepresidente.
Questa non è una barzelletta, era chi voleva come vicepresidente, ma con Perot in carica per tutti gli anni ’90 questo definirà chi correrà alla fine e chi potrebbe essere il vincitore nelle elezioni del 2000.
Senza una presidenza Clinton dubito che Al Gore venga mai preso in considerazione, forse potrebbe tentare di candidarsi qualcuno come John Kerry.
Credo che Bush avrebbe potuto candidarsi a discapito di tutto, quei controversi risultati in Florida probabilmente non si sarebbero verificati se la corsa fosse stata a tre.
Anche se famoso negli anni ’80, questa campagna presidenziale del 2000 potrebbe essere la reintroduzione di Trump agli Stati Uniti.
Il suo riflettore non sarebbe uno spettacolo televisivo, ma invece una candidatura con le sue opinioni politiche ben note, opinioni che in realtà non si adattavano molto bene col Partito Repubblicano, il che potrebbe cambiare per sempre la sua immagine agli occhi del pubblico molto prima di qualsiasi futura campagna presidenziale che potrebbe voler condurre.
Un aspetto principale che probabilmente state pensando che sto tralasciando sono Bill Clinton e i Clinton.
Pur essendo stato presidente per otto anni, non avvenne nulla di drammatico, molto probabilmente anche Perot avrebbe fatto passare una legge contro il crimine e avrebbe esteso la Guerra alla Droga, niente di quello che fece Bill fu particolarmente folle o eccezionale, egli fu semplicemente presidente in un decennio più semplice prima che le cose andassero male.
A proposito, gli Stati Uniti probabilmente avrebbero intrapreso comunque la Guerra al Terrore a discapito di tutto, ma senza Bush probabilmente non saremmo andati in Iraq.
Se il Partito della Riforma fosse rimasto in giro sarebbe potuto essere un’alternativa ragionevole per molti Statunitensi una volta che i partiti avrebbero iniziato ad allontanarsi sempre di più, e se politicamente avrebbe potuto funzionare o meno avrebbe lasciato un segno abbastanza tangibile da poter modellare il modo di agire degli altri due partiti.
Per quanto riguarda l’oggi, il 2020, l’impatto principale che conosciamo tutti è Trump.
La retorica che avrebbe usato in questi anni 2010 alternativi non sarebbe davvero stata tutta questa novità.
Il populismo probabilmente sarebbe aumentato negli Stati Uniti, oppure persino i politici mainstream si adatteranno allo stesso linguaggio, se sarà di destra o di sinistra dipenderà dal corso degli eventi.
E quindi, qual era il punto di questo video? Mostrare quanto è imperfetto il nostro sistema? Che Ross Perot aveva previsto tutto in stile Ron Paul? No, penso solo che sia divertente che se Trump avesse vinto nel 2000 avrebbe voluto Oprah come sua vicepresidente.

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Passiamo al lavoro di Ipotetico Sole:

Nel novembre 1992 George H. Bush, vince contro il giovane Clinton. Come evolve la politica americana?

febbraio 1993: Vertice a Roma tra Boris Eltsin e Bush, dichiarazione del Campidoglio sulla pace in Medio Oriente.

marzo 1993: primo attentato al World Trade Center. Il Presidente americano inizia a prendere in mano il dossier sul terrorismo e la minaccia sul territorio americano.

giugno 1993: attentato alle linee ferroviarie Usa e alla rete elettrica della costa nord occidentale. Ufficialmente si parla di black-out ma non è così.

Muore per malattia repentina e improvvisa Yasser Arafat. le trattative segrete tra Rabin e l'Olp si bloccano. La presidenza Bush nn è informata ma riprende in mano la situazione e decide di scegliere in Saab Ereckhat, diplomatico palestinese nel suo uomo e lo sostiene economicamente.

Ereckhat è il nuovo presidente dell'Olp e nel settembre 1993 firma il primo accordo per il reciproco riconoscimento e per l'autonomia nazionale palestinese con Ytzakh Rabin, il Primo Ministro israeliano a Washington nel giardino della Casa Bianca.

George H. Bush nel gennaio 1994 decide di aprire un dialogo con la leadership iraniana ai più alti livelli scrivendo una lettera alla guida spirituale Ali Khamenei, in cui promette il riconoscimento del governo teocratico in cambio della fine del sostegno al terrorismo internazionale.

La guida spirituale iraniana avvia dei contatti informali con quello che in pubblico definisce ancora "Il Grande Satana". I risultati arrivano nel dicembre del 1994 quando Viene firmato una dichiarazione di reciproco riconoscimento tra Israele, Giordania, Iran e Siria.

La manovra di apertura iraniana si concretizza con la visita di James Baker a Teheran il 23 gennaio 1995. In Iraq, Saddam Hussein si sente accerchiato. Iniziano giorni di rivolta all'inizio repressi col sangue, ma che poi sfociano nella secessione curda. Turchia e Iran non fanno opposizione all'autodeterminazione curda. Saddam Hussein fugge in esilio in Cina.

Alle elezioni presidenziali francesi del maggio 1995, Lionel Jospin, socialista, batte il sindaco di Parigi, Jacques Chirac e avvia una mediazione per risolvere la crisi algerina. Ma gli integralisti islamici prendono il potere in Algeria.

Bush e Jospin pianificano un'operazione franco-americana che prevede una risoluzione comune di fronte all'Onu per risolvere l'impasse di uno stato terrorista nel Mediterraneo.

L'Algeria diviene un centro del terrorismo internazionale e inizia a lavorare per la costruzione della bomba atomica. Bombardamento francese il 30 ottobre 1995 in un centro di arricchimento dell'uranio.

Il 1996 è l'anno finale del mandato di Bush. Tra i repubblicani emerge la figura di John McCain come candidato per la Presidenza. Tra i democratici il senatore John Kerry. A Novembre vince McCain.

Il 20 gennaio 1997, Il 73enne Bush lascia la Casa Bianca all'ex veterano di Guerra ed eretico repubblicano McCain. Vicepresidente Repubblicano il generale di colore Colin Powell.

Come continuarla?

Ipotetico Sole

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A questo proposito, l'amica Annalisa ci ha raccontato questa gustosa barzelletta:

E se Joe Lieberman nel 2000 fosse diventato il primo Vicepresidente USA di religione ebraica?

Festa di insediamento per Gore e Lieberman. Tra gli ospiti d'onore ci sono anche le famiglie del ticket presidenziale. Solo la mamma di Lieberman, un po' in disparte, sembra alquanto freddina: seduta composta, sguardo impassibile, non pare esser toccata dal successo del figlio. Un giornalista prende il coraggio a due mani e la avvicina per farle qualche domanda.

"Mrs Lieberman, come commenta il risultato elettorale? Suo figlio è Vicepresidente degli Stati Uniti!"

"Vicepresidente, sì insomma, sarà anche una bella cosa, ma lei non sa quel che conta veramente... L'altro mio figlio è un bravissimo avvocato e guadagna un sacco di $$$$!"

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E ora, l'idea di William Wallace: l'ucronia irachena!

Premesse: non sono un esperto di geopolitica, né di politiche economiche, per cui mi perdonerete possibili macroscopiche incongruenze. quello che volevo mettere in evidenza è che per le idee che mi sono fatto il petrolio potrebbe davvero rappresentare l'unica "scusa plausibile" per un conflitto di dimensioni globali, e che il Medio Oriente rappresenta davvero una polveriera di odi e conflitti che durano da centinaia di anni e che non aspettano che una miccia per esplodere. Ho forse dato un ruolo minoritario a Cina e Corea ma l'ho fatto tenendo presente i media e le possibili immagini di un conflitto nucleare che certamente rappresenterebbero un deterrente, se non per i capi politici quantomeno per la popolazione. E poi il principale mercato di assorbimento dei prodotti cinesi è proprio l'Europa. Ah, magari il punto di rottura vi sembrerà strano, però credo che l'uragano abbia davvero rallentato quantomeno le mire imperialiste di Bush, che fino a qualche mese prima pareva convinto di dover portare la guerra in Siria, Iran e corea. Speriamo bene...

Estate 2005: L'uragano Katrina non devasta la costa pacifica degli USA ma perde d'intensità al largo di New Orleans, abbattendosi sulla città con venti che non superano le 70 miglia orarie, provocando danni trascurabili. Il consenso intorno a Bush non crolla e gli americani restano convinti (malgrado l'11 settembre) della loro invulnerabilità. Per tutta l'estate al centro delle cronache mondiali rimangono le votazioni in Iraq per l'emanazione della prima costituzione del paese. Le votazioni proseguono malgrado l'opposizione sciita, che vede nella costituzione il frutto di un'imposizione americana volta a valorizzare i sunniti e a promuovere l'unità di un paese che dalla sua formazione è sempre stato diviso in zone di influenza in mano a poche famiglie, salvo la parentesi rappresentata dalla dittatura di Saddam Hussein. Gli sciiti abbandonano definitivamente il tavolo delle trattative ritirandosi nei loro territori e imbastendone un altro con l'Iran: vengono pattuite forniture militari e il riconoscimento da parte dell'Iran di una regione e di un governo autonomi di matrice sciita in cambio del libero accesso a società di perforazione iraniane sul suo territorio. Gli Usa ammoniscono l'Iran, che intanto continua lo sviluppo di armi atomiche grazie anche ad un accordo di collaborazione tecnica con PyongYang.

Autunno 2005: primi attentati sciiti che culminano con l'esplosione, la notte del 1 ottobre, di alcune decine di pozzi petroliferi. Il prezzo del petrolio sale a quota 80 dollari al barile costringendo gli Usa ad accedere alle proprie riserve e ad invitare Mosca a fare altrettando nel tentativo di calmierare il prezzo del greggio. La risposta americana agli attentati non si fa attendere e si concretizza nell'invio di un contingente di altri 3000 uomini da utilizzare per la protezione degli altri pozzi. L'Iran diminuisce, adducendo non meglio precisate ragioni tecniche, del 50% le estrazioni destinate al mercato, causando un ulteriore rialzo del prezzo, a cui neppure l'aumento delle forniture arabe riesce a porre un freno. Gli attentati sciiti intanto continuano e si fanno sempre più cruenti, culminando col tentativo, fallito, di colpire la sede provvisoria del governo iracheno. Gli americani lanciano un ultimatum ai ribelli sciiti che però cade nel vuoto. 

Ottobre 2005: gli Usa tornano ad utilizzare gli aerei invisibili in un raid notturno i cui risultati consistono nella distruzione di alcune strade di collegamento tra la provincia autonoma non riconosciuta sciita e le principali città del paese, con l'intento di impedire o quantomeno rendere più difficili gli spostamenti dei terroristi. Osama Bin Laden torna a far sentire la sua voce in un comunicato in cui esprime solidarietà per i fratelli sciiti e parole di incoraggiamento verso l'Iran per la posizione assunta. Al-jazeera trasmette le immagini di un villaggio sciita colpito per sbaglio dai bombardamenti, e le immagini non fanno che aumentare le tensioni all'interno del paese, innescando una nuova ondata di attentati e rapimenti. La prima costituzione iraqena viene ratificata a seguito delle enormi pressioni esercitate dagli USA sul governo provvisorio. Non c'è menzione alcuna dei territori autonomi, che vengono pertanto considerati parte integrante del paese. Prosegue intanto il ritiro delle truppe europee, che viene salutato dagli sciiti come la vittoria della loro prova di forza. La ratifica della costituzione dà il via ufficiale alla guerra civile tra sciiti e sunniti, con l'invio di truppe appoggiate dagli americani nei territori autonomi. Osama Bin Laden torna a minacciare gli USA e l'Inghilterra, consigliandone il ritiro sull'esempio di quanto fatto dai paesi europei.

Novembre 2005: 10 ragazzi di colore di religione islamica si fanno esplodere nel cuore finanziario di New York. I morti sono più di 5000 e l'incubo dell'11 settembre torna più vivo che mai. Benedetto XVI interviene condannando l'attentato, ma allo stesso tempo non manca di appellarsi al mondo occidentale affinché non dimentichi la vera natura dell'Islam e di un libro, il corano, che non predica morte e distruzione, ma pace. Ovunque scoppia il panico e gli americani tornano a protestare contro il presidente Bush, affinché questi disponga il ritiro delle truppe dall'Iraq, utilizzando i soldati per la difesa del proprio paese dalla minaccia terroristica. Osama Bin Laden proclama l'inizio di una serie di attentati che cesseranno soltanto con il definitivo ritiro delle truppe americane dai paesi del medio oriente.

Dicembre 2005: Bush ordina, a seguito delle proteste dei suoi concittadini, il ritiro di 2000 soldati, nonostante l'opposizione ferma del governo iraqeno, che preferirebbe aspettare il completamento dell'addestramento delle reclute del suo primo esercito repubblicano. Intanto viene firmato il decreto che dà il via libera all'utilizzo di armi nucleari nella cosiddetta "guerra preventiva". Il fallimento di un nuovo attentato in California e l'immobilità in cui sembrano giacere le autorità americane dà il via ad una serie di ritorsioni nei confronti delle comunità islamiche americane. Diverse moschee vengono date alle fiamme in attentati incendiari firmati da neonazisti appartenenti ad un movimento che si fa chiamare New Ku Klux Klan. Il papa interviene ancora una volta con parole di condanna che però rimangono inascoltate. Gli incendi e le spedizioni punitive aumentano alimentando le radici dell'odio che gli USA speravano ormai sopite.

Gennaio 2006: l'Iran blocca le forniture di petrolio ai paesi europei e americani, stringendo invece accordi con la Corea e la Cina per una fornitura di greggio di durata ventennale. Gli Usa invitano l'Iran a rivedere la propria posizione, soprattutto per quanto riguarda il suo appoggio ai ribelli. L'Iran risponde ricordando agli americani di essere un paese sovrano, e mette fine alle relazioni diplomatiche tra i due stati consigliando loro di cercare un modo per garantire la sicurezza ai propri concittadini piuttosto che imporre ai paesi musulmani la politica degli infedeli. La Russia si offre come mediatrice, ma senza ottenere risultati significativi.

Febbraio 2006: rivoluzione islamica in Afghanistan che porta al potere un gruppo filo-iraniano: messa al bando dei mujahiddin e attuazione della legge marziale. I soldati occidentali presenti nella regione vengono fatti evacuare nel vicino Uzbekistan, dove sono ospiti dei militari russi. Il Tagikistan si prepara ad ospitare i mujahiddin scampati ai rastrellamenti del Nuovo Fronte per l'Islam, il partito che ha preso il potere. Primo attentato ad un paese musulmano: un'autobomba esplode in un villaggio turistico di Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, uccidendo un centinaio di turisti. a pochi giorni di distanza seguono due altre esplosioni in un mercato dell'Oman e a Doha, Qatar, stati tradizionalmente considerati filo occidentali. Siti internet estremisti invitano le popolazioni di emirati arabi uniti, Oman, Qatar a Arabia Saudita ad attuare una rivoluzione islamica sul modello afgano, cacciando i governanti "amici degli infedeli". scoppiano disordini in tutta la regione, la produzione di petrolio scende e il prezzo dell'oro nero sale a 87 dollari al barile, molto vicino a quota 90 dollari, considerata il limite di collasso dagli esperti. Gli Usa e la Ue dichiarano l'embargo all'Iran, considerato il regista occulto degli sviluppi mediorientali.

Marzo 2006: L'Iran blocca lo stretto di Hormuz, paralizzando definitivamente il traffico petrolifero del golfo Persico. Gli americani danno libero accesso alle proprie riserve petrolifere agli altri paesi europei, strappando loro il consenso per la seconda guerra preventiva del nuovo millennio. Carri armati russi viaggiano intanto verso il Tagikistan, dove si prpeara la controffensiva dei mujahiddin.

Aprile 2006: L'Iran minaccia l'uso dell'atomica in caso di invasione dei propri territori e promette di rimettere sul mercato il proprio petrolio in cambio di un riconoscimento internazionale di una lega araba che comprenda Iraq, Afghanistan, Kuwait e avente come stato guida lo stesso Iran. La situazione in Iraq, intanto, precipita: i ribelli sciiti sconfiggono le truppe della repubblica irachena e l'esercito si sfalda. Il governo democratico è costretto a fuggire in Turchia, da dove non smette di incoraggiare i propri soldati che però perdono una postazione dietro l'altra.

Maggio 2006: netto il rifiuto degli Usa e della UE al riconoscimento della lega araba, in quanto frutto di una politica del terrore messa in atto dall'Iran. Nuova ondata di attentati in Qatar mentre in Kuwait con un'altra rivoluzione islamica un gruppo di sciiti si impossessa del potere. I russi e i mujahiddin invadono l'afghanistan da nord arrivando fino a Faydzabad, dove vengono fermati dai rivoluzionari. L'alleanza dei mujahiddin con i Russi aliena ai primi le simpatie di molti Afgani, che adesso vedono davvero come attuabile una lega di paesi musulmani che possa opporsi allo strapotere euroamericano. Nuovo intervento del papa che auspica una ricomposizione pacifica dei contrasti, appellandosi al cuore degli uomini dei due schieramenti affinché si ravvedano ed evitino una nuova guerra.

giugno 2006: incontro a Kiev tre Putin, Bush e il presidente in carica dell'unione europea: all'ordine del giorno i provvedimenti da prendere nei confronti dell'Iran e dei paesi che oramai si definiscono appartenenti alla lega araba. Il re di Giordania viene assassinato. In Iraq il governo islamico abolisce i diritti civili, lo stesso accade in Kuwait e in Afghanistan, che intanto si prepara ad una durissima resistenza. La Cina sollecita gli occidentali a trovare una soluzione al conflitto diversa dalla guerra, proponendo l'accettazione della Lega Araba.

luglio 2006: gli USA, dopo aver spostato i loro soldati in Turchia e in Arabia Saudita, iniziano una serie di bombardamenti a tappeto in Iraq, Kuwait e Afghanistan. I morti stimati ammontano a 30.000 unità. i russi avanzano fino a Mozar i Sharif, portando sotto il loro controllo il nord del paese. Un nuovo attentato scuote l'europa: un kamikaze si fa saltare in aria in mezzo a 50000 persone durante Nigeria-Irlanda del Nord. Il boato è immenso e il mondo riceve le immagini in diretta tv. il portiere irlandese muore investito dalle schegge, i suoi compagni di difesa vengono feriti gravemente agli arti e al petto. i morti sono più di 20000, molti calpestati dalla stessa folla in fuga. Russi e americani decidono di ricorrere per primi all'atomica e il 4 luglio due missili di potenza medio-piccola vengono lanciati dal Turkmenistan su Teheran e Mashad. i morti sono 100000, Teheran rasa al suolo. Ai due missili nucleari seguono 4 giorni di bombardamenti continui su tutto il territorio iraniano, afghano, kuwaitiano, iraqeno. vengono sganciati più di 5000 tra missili e bombe, nel tentativo di evitare che gli eserciti avversari abbiano il tempo di riorganizzarsi. il Kuwait è il primo a cadere sotto il peso delle bombe: il governo rivoluzionario fugge, mentre Iraq e afghanistan sembrano riuscire a resistere. Bush e Putin ordinano la resa incondizionata sotto la minaccia di continuare a oltranza i bombardamenti. Dall'Iran non arrivano notizie, ma solo le immagini sconvolgenti delle due città distrutte. La Cina condanna i bombardamenti ma gli impegni economici stretti con europa e usa all'alba degli attacchi la convincono ad abbandonare qualunque velleità di belligeranza.

agosto 2006: i resti del governo iraqeno vengono consegnati dai sunniti agli americani.

settembre 2006: L'Afghanistan viene riconquistato dai russi che creano una repubblica democratica sotto il proprio controllo, con a capo i mujahiddin.

ottobre 2006: L'Iraq viene diviso in una federazione composta da diverse regioni autonome in mano a famiglie appartenenti alle diverse etnie religiose. In Kuwait viene creato un protettorato arabo sotto la sfera di influenza americana.

William Wallace

IRAQ WAR ENDS!

Con questa finta pagina del "New York Times" del 13 novembre 2008 (ma la pagina è datata 9 luglio 2009) alcuni newyorkesi espressero la loro speranza che la mattanza in Iraq finisse presto. Dio lo voglia!

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Questo è il commento in proposito di Sandro:

Come sempre, quando nostri militari in missione rientrano a casa in una bara, si fa una gran retorica e la parola EROE viene usata a gogo e a sproposito.

Sorvolo sugli aspetti etici di questo rito macabro e doloroso, questa dare in pasto ai media dolori privati e famigliari e i gesti teatrali della classe politica che assiste e si mette in mostra in questi dolorosi eventi.

Ma voglio ribadire che per me i morti di Nassirya, dell'Iraq e dell'Afghanistan sono vittime, ma non eroi.

Senza nulla togliere a chi fa il suo dovere a rischio della vita (ma lo fa anche il muratore o l'addetto alle presse e 5000 persone in italia muoiono al loro posto di lavoro e non sono eroi), con il massimo rispetto per loro ribadisco NON SONO EROI.

Sono morti per caso e per sfortuna, per imprudenza o perchè mandati allo sbaraglio, per un attentato o per un attacco a sorpresa. Sono morti inconsapevolmente, la loro vita è stata presa ma NON L'HANNO DONATA.

Un EROE muore consapevolmente, si sacrifica per il bene comune, per l'ideale, per i compagni, mette sul piatto la sua vita reputandola di valore inferiore alla spinta etica e morale (giusta o ingiusta, non si sindaca) che lo sospinge e lo motiva.
Un EROE è Salvo d'Acquisto, Pietro Micca e migliaia di altri.

Lo muove la rabbia, la fede, l'amore o la semplice disperazione, ma agisce e non subisce.

Un EROE è una persona speciale, un esempio o un faro, merita un ricordo anche se il suo gesto non ha comportato vittorie o risultati... un soldato morto nella esplosione di una mina un poveraccio sfortunato, lui c'è rimasto ma poteva capitare a nessuno o a qualsiasi altro suo commilitone o passante ignaro...

Una "guerra" come quella dell'Afghanistan non ha spazio per gli eroi... è sporca, confusa, non dichiarata. Ci siamo dentro per motivi squisitamente politici e di prestigio, a noi dell'Afghanistan non ce ne frega un beato cavolo di niente e Karzai è un bandito solo più elegante, educato ed istruito degli altri.

Ma andare via dopo un fatto del genere, dopo un attentato che ha visto tornare altre spoglie nelle bandiere, legate strette perchè sembrassero intere (come cantava de Andrè), quella sì è vigliaccheria, è vanificare e privare totalmente di significato morti e sacrifici. Ripensare la missione non deve essere conseguenza di perdite ma di una fredda analisi dei motivi e degli effetti della azione intrapresa. E poi, in un momento non di emotività ma tranquillo, si levano le tende e si torna a casa..!

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Diamo voce al contributo di AlternateHistoryHub, tradotto per noi da Generalissimus:

L'invasione dell'Iraq fu uno degli eventi più controversi della storia recente.
Gli effetti finanziari e morali del conflitto gettarono un'ombra sulla politica estera dell'Occidente, e anche se non ha avuto le dimensioni del Vietnam sono stati fatti molti paragoni tra le due guerre.
Parecchi paragoni.
Milioni di dollari spesi, migliaia di soldati americani e della coalizione uccisi e innumerevoli vite irachene perse durante l'ultimo decennio.
Il dibattito su se gli USA avessero dovuto invadere quel paese o meno infuria ancora oggi, perciò, come esercizio di storia alternativa, cosa sarebbe successo se la Guerra in Iraq non fosse mai iniziata? E se l'America non avesse mai spinto per un'invasione dopo aver già invaso l'Afghanistan? Come sarebbe cambiata la storia della regione? Come sarebbe cambiata la politica americana nella Guerra al Terrore? Ecco uno scenario: nella nostra TL, nel Marzo del 2003 USA, Inghilterra e altre nazioni invasero l'Iraq sulla base del fatto che quel paese aveva armi di distruzione di massa.
Baghdad e il regime di Saddam caddero molto rapidamente e gli USA si ritrovarono con una guerra in meno, ma con uno sforzo di ricostruire un paese in più.
Dopo lo scioglimento di alcune sezioni delle forze armate irachene iniziò una nuova ribellione contro l'Occidente, la nuova ondata di violenze spinse l'Iraq a diventare un nuovo teatro della Guerra al Terrore e l'Afghanistan passò in secondo piano sia nel ricevimento di risorse che tra il pubblico in generale.
In questa TL alternativa l'America non spinge sulla nozione delle armi di distruzione di massa in Iraq e il suo approccio con quel paese è simile a quello con l'Iran della nostra TL: gli USA sanno che l'Iraq è un avversario pericoloso e imprevedibile, ma comprendono che qualsiasi invasione sarebbe solo controproducente per la Guerra al Terrore.
Per amore della stabilità evitano di destabilizzare l'Iraq e non lo invadono.
Le tensioni sarebbero alte tra l'Iraq e gli USA, ma non oltrepasserebbero mai un certo punto.
L'Iraq potrebbe diventare una risorsa contro la crescente influenza dell'Iran.
Senza un secondo conflitto in Medio Oriente le risorse americane verrebbero usate direttamente in Afghanistan, e per questo gli sforzi americani nel paese sarebbero molto più estesi ed efficaci che nella nostra TL.
Forse questo avrebbe potuto ridurre l'influenza dei Talebani non solo in Afghanistan, ma anche nel vicino Pakistan, permettendo agli Americani di rafforzare il governo centrale di Kabul.
Dato che per rendere sicuro l'Iraq vennero usate molte truppe e rifornimenti, l'Afghanistan venne abbandonato per un considerevole periodo di tempo, in questa TL alternativa queste truppe e provvigioni verrebbero usate contro i Talebani invece che in Iraq.
Per quanto riguarda l'Iraq, il paese rimarrebbe controllato da un folle assassino, anche se il paese resterà per lo meno stabile, le tensioni tra Sciiti e Sunniti verrebbero sedate dal governo di Baghdad.
La presa sul potere di Saddam non verrebbe messa in discussione almeno fino agli anni 2000, quando scoppierebbe la Primavera araba, che avverrebbe a prescindere o meno da un'invasione americana dell'Iraq: le nuove tecnologie e la completa sfiducia nei governi arabi ci sarebbero in qualsiasi scenario alternativo, e questo potrebbe accadere anche in Iraq, ma quello che è incerto è se Saddam può sopravvivere o meno alla Primavera araba.
La sua presa sul potere era molto più forte di quella di Gheddafi o Assad e qualsiasi forma di protesta verrebbe rapidamente messa a tacere, ed è facile presumere che qualsiasi rivoluzione contro Saddam fallirebbe, ma questo non significa che egli non subirebbe alcuna conseguenza.
La Guerra Civile siriana coinvolgerebbe l'Iraq di Saddam, che vedrebbe la minaccia dei terroristi Islamici sui suoi confini.
Egli userebbe la forza o isolerebbe i suoi confini per fermare l'estendersi della guerra o, nel caso estremo, annetterebbe dei territori in Siria orientale, a prescindere da quanto sarà forte il governo iracheno stabile e a prescindere da quanto sia folle combattere l'ISIS.
La presidenza di George W. Bush sarebbe molto diversa, la politica estera americana sarebbe molto meno criticata e il mondo nutrirebbe qualche simpatia in più per gli USA a causa degli attacchi dell'11 Settembre.
La guerra in Afghanistan sarebbe più sotto controllo grazie alle risorse in più usate nella regione.
Un mondo in cui gli USA non invadono l'Iraq sarebbe un mondo in cui l'America avrebbe ancora molti sostenitori e molti meno critici.
Comunque, la Guerra in Iraq fu una sveglia per gli USA, e dimostrò che invadere dei paesi per poi ricostruirli non funziona nel mondo moderno, a meno di non dedicarvi fin troppe risorse.
Se l'America non avesse fatto quell'errore in Iraq è certo che avrebbe invaso qualche altro paese, il bersaglio più probabile sarebbe l'Iran, a causa del suo controverso programma nucleare, che lo portò sull'orlo dell'invasione alla fine degli anni 2000.
Non c'è un modo sicuro al 100% di sapere cosa sarebbe successo, questo è solo uno dei tanti scenari possibili.

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C'è anche spazio per questa proposta originale di Perchè no?:

Alessandro Magno fu un genio militare che riuscì nell'impresa di far crollare l'immenso impero persiano di fronte alla piccola Macedonia. Il piccolo vincitore del grande é cosa gia vista nella storia, ma sarebbe stato possibile in altre epoche ed altri luoghi?

Pensiamo al Venezuela contro gli USA: alla fine della presidenza Bush le relazioni tra i due paesi erano assai tese. Gli USA erano impegnati in Iraq e in Afghanistan ( e la loro economia era indebolita dal prezzo del petrolio, alcuni mesi prima dell'infuriare della crisi economica. Invece il Venezuela era in mano di Hugo Chavez che riceveva i benefici del suo petrolio e della sua propaganda bolivarista e di sinistra in tutta l'America latina. Chavez poteva permettersi anche di vendere a basso prezzo della benzina ai più poveri tra i cittadini americani.

Ora Davide attacca Golia: Chavez prepara un attacco a sorpresa contro gli USA approfittando della loro debolezza militare. Cosa avviene se in occasione di esercizi militari comuni con altri paesi sudamericani (Cuba ovviamente ed altri) il Venezuela lancia l'attacco e vince? Gli alleati sudamericani attaccano a sorpresa i siti petroliferi del Texas e del Golfo del Messico, paralizzando la borsa e l'economia americana. Delle truppe sudamericane sbarcare in Louisiana, portando generi di conferto ai cittadini di New Orleans, mai aiutati dopo la catastrofe di Katrina: alla TV si potrebbero vedere degli Americani accogliere con gioia l'aiuto bolivariano. I primi successi potrebbero convincere altri paesi sudamericani di entrare nel gioco come il Brasile, il Perù, l'America centrale e anche il Messico (e senza dubbio con un discreto appoggio logistico cinese).

Le operazioni seguenti sarebbero dirette contro l'alleato USA in Colombia e contro il canale di Panama (cosa che potrebbe paralizzare ancora di più l'economia USA, senza parlare dell'economia mondiale, facendo scoppiare la crisi con mesi di anticipo). In Florida però lo sbarco cubano fallisce e lo Stato resiste, ma il fronte avanza nel Mississippi e nel Texas mentre combattimenti di frontiera si registrano sul Rio Grande. La parte più attiva della guerra sarà pero combattuta sul mare tra le flotte USA e sudamericane (immagino la US Navy non sconfitta ma sicuramente messa in difficoltà per colpa dell'occupazione delle sue basi del Golfo).

Il problema sta nel sapere se Washington abbandona la partita e chiede la pace prima di provare a riorganizzare le sue forze facendo tornare truppe dal resto del mondo (come conseguenza si ha il crollo dei diversi fronti nel mondo), o se continua la lotta. Se continua la lotta siamo quasi al momento delle elezioni. Bush potrebbe decidere che lo stato d'emergenza necessita il rinvio delle elezioni e assume i pieni poteri, cosa che potrebbe provocare una ribellione interna. In questo caso l'invasione, la ribellione interna, la secessione di diversi Stati (come la California) potrebbero portare a una fine pura e semplice degli USA. Al posto gli alleati Sud Americani potrebbero creare una Repubblica indipendente del Grande Mississippi sul Golfo del Messico, mentre gli Stati dell'Ovest diventerebbero indipendenti, e il povero resto del paese diventerebbe un'alleanza lasca sotto il controllo di Washington conosciuta come Stati Alleati di Nuova Inghilterra.

Se le elezioni avvengono lo stesso, McCain vince sicuramente contro una Clinton più debole, mentre Obama é posto da Chavez alla testa di uno Stato fantoccio nel Sud degli USA. Chissà se McCain riesce a lanciare una controffensiva efficace: possiamo chiederci se avrebbe i mezzi militari ed economici per vincere questa guerra. In occasione del crollo americano l'Europa potrebbe o esplodere o avere l'occasione di assumere uno ruolo maggiore (vedo bene Sarkozy, presidente dell'Europa, che in questo momento prova ad approfittare del vuoto), mentre la Russia avrebbe l'occasione di riprendere il controllo delle sue ex-repubbliche sovietiche e dell'Europa dell'Est, e la Cina lancerebbe l'attacco contro Taiwan e prenderebbe il posto degli Americani come potenza maggiore in Africa. In Medio oriente la ritirata generale americana sarebbe il segnale per l'offensiva degli Islamici radicali in Iraq ma anche altrove, come in Arabia Saudita dove la famiglia reale é rovesciata, in Egitto dove é proclamata la repubblica islamica, in Pakistan (niente di buono); i paesi arabi potrebbero approfittarne per dichiarare la guerra a Israele. La Turchia potrebbe anche lei vedere l'occasione di occupare l'intero Kurdistan e anche l'Armenia.

E la NATO? Se gli USA sono colpiti alla testa e non possono più obbligare i loro alleati a intervenire al loro fianco, questa debolezza potrebbe diventare una buona occasione agli occhi di diversi membri dell'Alleanza (non ho bisogno di dire quali).

Alla fine il presidente McCain é costretto dall'opinione e dalla borsa, anche se la situazione militare non é disperata (ha ripreso il controllo del mare e di una parte del Texas), a chiedere una pace umiliante. Il territorio americano occupato é liberato (ma occupato dall'ONU), eccezione fatta per alcuni porti del Golfo del Messico con forze del Mercosur (diventato la forma legale dell'alleanza sudamericana); alcuni stati degli USA pero tornano al Messico. Il FMI viene abolito e l'economia americana é messa sotto controllo. Il Canale di Panama diventa proprietà comune dei paesi sudamericani organizzati in un Mercosur bolivarista controllato dal triumvirato Venezuela-Brasile-Messico. Gli USA devono ridurre le loro forze armate e cessare tutte le loro guerre nel mondo, gettando migliaia di veterani nella miseria. I vincitori incoraggiano diversi Stati americani all'indipendenza, come la California che secessiona. Secondo le condizioni di Chavez gli USA devono anche iniziare una serie di riforme socialiste e abbandonare le loro pretese alla direzione del mondo. All'inizio di 2009 la situazione umanitaria nel Sud degli USA é difficile e al Nord la devastante crisi economica é peggiore, difficile per il governo di Washington controllare l'inizio della nuova e preoccupante influenza sudamericana.

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Parodia di Sarah Palin alla Casa Bianca tratta dal sito palinaspresident.us

Parodia di Sarah Palin alla Casa Bianca tratta dal sito palinaspresident.us. Dietro la porta a sinistra c'è la giornalista televisiva Katie Couric, che ha intervistato la Palin mettendola in imbarazzo, sottoposta a waterboarding (il suo nome compare in una lista di persone da torturare dopo Matt Damon e Tina Fey, quest'ultima autrice di perfette imitazioni di Sarah in tv). Sotto la scrivania, l'immancabile bulldog con il rossetto e un corso di Scienze Politiche per Principianti. "Science" è finita nel cestino. Ovunque si vedono foto e poster di Maverick, mentre dalle finestre dello Studio Ovale si scorge una Washington plumbea completamente trivellata.

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Passiamo all'idea di Lord Wilmore:

Il 19 agosto 2012 la tensione tra le due superpotenze estremo-orientali, Cina e Giappone, sale alle stelle, dopo che attivisti nazionalisti di entrambi i paesi sono sbarcati su due isolette nel Mar Cinese che il Giappone chiama Senkaku, che la Cina chiama Diaoyu, e che entrambi i paesi rivendicano come parte integrante del loro territorio. Naturalmente le isole sono rocciose e inospitali, ma probabilmente il loro mare nasconde un tesoro in gas naturale e minerali preziosi per l'industria. Che accade se si arriva a un vero e proprio stato di guerra tra le due potenze, 67 anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale?

Siccome anche tra Giappone e Corea del Sud vi è un analogo contenzioso per le isole Takeshima, chiamate Dokdo dai coreani che le controllano de facto, che accade se la guerra "calda" scoppia invece tra queste due nazioni, entrambe alleate degli USA? Come farà Obama a sbrogliare la matassa?

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Gli risponde Massimiliano Paleari:

Sul piano strettamente militare attualmente un confronto tra la Cina e il Giappone (al netto di un eventuale intervento statunitense) vedrebbe almeno "sulla carta" il prevalere della prima. In giappone non vige la leva, l'esercito è relativamente piccolo (anzi, tecnicamente non si tratta di un esercito ma di "forze di autodifesa" a seguito della sconfitta subita nella II Guerra Mondiale). Penso (e spero) che nel caso di un primo confronto armato tra i due Stati, l'intervento mediatore questa volta congiunto degli USA e della Russia possa sortire l'effetto di riportare a più miti consigli i 2 contendenti.
Se invece è la Corea del sud ad affrontare il Giappone, occorre ricordare che l'esercito della prima (quantitativamente imponente se paragonato alla popolazione) è temprato da più di 60 anni di guerra calda/fredda con l'omologa del nord. In questo caso assisteremo ad uno scenario sul modello della guerra delle Falkland/Malvinas dell'82, vale a dire un conflitto aereo/navale territorialmente limitato all'arcipelago conteso, con gli Stati Uniti ad "assistere" discretamente alla scena. Gli eventi sarebbero in questo caso i seguenti:

  1. nazionalisti giapponesi sbarcano nell'arcipelago
  2. limitato intervento militare sudcoreano che procede all'arresto dei nazonalisti giapponesi
  3. le forze di autodifesa marittima del Giappone intervengono a loro volta
  4. scontro navale tra unità giapponesi e sudcoreane
  5. truppe giapponesi sbarcano nell'arcipelago
  6. i Coreani reagiscono e inviano una imponente forza navale verso l'arcipelago
  7. battaglia aereo navale al largo dell'arcipelago, vittoria sudcoreana
  8. sbarco di truppe sudcoreane, combattimenti terrestri
  9. i Giapponesi oppongono una resistenza inaspettata ma dopo 3 giorni di combattimenti sono costretti alla resa
  10. con la mediazione di Australia, Nuova Zelanda e Usa le parti sono indotte a firmare la pace prima che il conflitto degeneri
  11. l'arcipelago viene assegnato alla Sud Corea, i Giapponesi mantengono diritti di trivellazione su un'area adiacente.

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E ora, un'ucronia ispirata a questo sito e tradotta e integrata per conto nostro da Eduardo Saja:

 

Marito: Bill Clinton

Figli: Chelsea Clinton

Residenza: Casa Bianca (ufficiale)
Chappaqua, New York (privata)

Alma mater: Wellesley College,
Yale Law School

Professione: avvocato

Religione: Chiesa Metodista Unita

Firma:  

Hillary Diane Rodham Clinton (Chicago, 26 ottobre 1947) è la quarantaquattresima Presidente degli Stati Uniti d'America. È la prima donna ad aver ricoperto questo incarico. È la moglie di Bill Clinton, il quarantaduesimo presidente degli USA, in carica dal 1993 al 2001.

Prima di intraprendere l'attività politica, ha esercitato la professione di avvocato e docente di diritto penale, diventando la prima donna a essere ammessa come socio nel « Rose Law Firm », uno degli studi legali più antichi degli Stati Uniti; ha inoltre fatto parte dei consigli d'amministrazione delle multinazionali Walmart e Lafarge.

È sposata con Bill Clinton dal 1975; a seguito dell'elezione del marito alla carica di Presidente degli Stati Uniti d'America, è stata first lady dal 1993 al 2001. Successivamente è stata senatrice dello Stato di New York dal 2001 al 2008, venendo eletta per il suo primo mandato mentre era ancora first lady e diventando quindi la prima moglie di un presidente a ricoprire una carica elettiva. Il 10 febbraio 2007 ha annunciato ufficialmente la propria candidatura alle successive consultazioni presidenziali.

 

Elezione alla Presidenza

Fin dal marzo 2008 la signora Clinton ha ammesso di piacerle l'idea del “Dream ticket” con il suo principale rivale, il senatore dell'Illinois Barack Hussein Obama.

Dopo aver vinto facilmente le primarie in Ohio e in Texas, una striscia di vittorie la ha portata ad una schiacciante vittoria nelle primarie in Pennsylvania, da cui Obama non si è più ripreso. Il 20 maggio,  dopo che erano arrivati i risultati delle primarie di Kentucky e Oregon, Obama ha ammesso che i sondaggi avevano predetto giustamente che l'Oregon sarebbe stato l'ultimo stato nel quale Obama avrebbe corso. La notizia è stata data in un incontro comune con la senatrice Clinton, che ha subito dichiarato di aver scelto Obama come suo Vice nella corsa presidenziale.

Il 4 novembre 2008 Hillary Clinton ha sconfitto nelle elezioni generali John McCain, senatore repubblicano dell'Arizona, con 340 voti favorevoli contro i 198 di McCain, ed è diventata la prima presidente donna degli Usa. A sua volta, Obama è diventato il primo vicepresidente afro-americano. L'8 gennaio 2009 una sessione congiunta del congresso USA ha attestato i voti del Collegio Elettorale, dichiarando ufficialmente la Clinton nuovo capo dello stato.

La prima Presidenza Clinton

L'insediamento ufficiale di Hillary Clinton come 44° Presidente e di Barack Obama come suo Vicepresidente è avvenuta il 20 gennaio 2009. Il tema della cerimonia era: “Una nuova nascita per la libertà”, commemorando così la nascita di Abraham Lincoln, avvenuta esattamente 200 anni prima.

Il 24 marzo 2009 la Presidente Clinton ha parlato per la prima volta davanti al Congresso riunito in seduta comune per spiegare a tutto il popolo americano il suo piano per risanare l'economia in recessione. In questa occasione ha ricevuto delle critiche per aver insistito sulla questione dell'assistenza sanitaria e delle energie alternative.

Il 30 aprile 2009 il giudice della Corte suprema David Souter ha annunciato inaspettatamente le sue dimissioni. La presidente Clinton ha nominato giudice per il secondo grado della Corte d'Appello Sonia Sotomayor, che è diventata la prima giudice ispanica alla Corte Suprema nella storia americana.

Il 12 giugno 2009 il premier iraniano Mahmoud Ahmadinejad non è stato rieletto, sconfitto dal Presidente del Consiglio Iraniano delle Arti Mir-Hossein Mousavi, che ha ottenuto il 55% dei voti favorevoli contro il 25% di Ahmadinejad e il 24% di altri candidati. La presidente Clinton ha chiamato al telefono il neoeletto presidente iraniano Mousavi per congratularsi con lui.


Il Presidente Clinton e il Vicepresidente Obama nel gennaio 2009

Il 17 giugno 2009, di ritorno alla Casa Bianca dopo un incontro con il Segretario di Stato Joe Biden, la presidente è caduta e si è fratturata un gomito. È stata trasportata all'Ospedale Universitario George Washington, dove si è reso necessario un intervento chirurgico per ridurre la frattura.

Il 25 giugno 2009 la leggenda della musica Michael Jackson è morto per un arresto cardiaco a Los Angeles, all'età di 50 anni. La presidente Clinton ha rilasciato questa dichiarazione: « Bill e io siamo addolorati per la morte di Michael Jackson. È stato amato per 45 anni da milioni di giovani e anziani, in tutte le nazioni e i continenti. Ha infranto barriere razziali, ha aiutato a portare la musica in tutto il mondo. Ci mancherà moltissimo. La sua eredità durerà per sempre! Continuerà a cantare per gli angeli lassù. »

L'8 ottobre 2009 Hillary Clinton ha firmato il “Matthew Shepard and James Byrd, Jr. Hate Crimes Prevention Act”, una misura che allarga le leggi federali contro la discriminazione varate nel 1969, così da includere i crimini commessi contro gender, omosessuali e disabili.

Il 12 gennaio 2010 un terremoto ha sconvolto la capitale di Haiti, Port au Prince. Tanti edifici sono crollati, tra cui quello del Parlamento, il Palazzo Presidenziale, gli uffici governativi e la famosa cattedrale. La presidente Clinton ha dichiarato: « Haiti ha sofferto un disastro che non è niente di meno di una catastrofe. I nostri cuori e le nostre preghiere vanno al popolo di Haiti. » Ha aggiunto che cospicui aiuti umanitari sarebbero stati subito inviati nell'isola caraibica, e ha incoraggiato il popolo americano a donare quanto più possibile per aiutare il popolo haitiano.

Politica energetica

Dopo aver condotto tutta la campagna elettorale a favore delle energie sostenibili, all'inizio della sua presidenza la Clinton è stata chiara dichiarando che le energie più “verdi” non solo possono salvare il mondo, ma anche aiutare un'economia in difficoltà. Il 30 settembre 2009 l'amministrazione Clinton ha proposto nuove regole per le centrali elettriche, per le fabbriche e per le raffinerie del petrolio, tentando di diminuire i gas serra e di limitare il riscaldamento globale.

Politica estera

Vari nomi sono stati vagliati per la nomina a Segretario di Stato, tra cui Richard Holbrooke, Antonio Villaraigosa, Joe Biden e Bill Richardson. Nel dicembre 2008 la presidente Clinton ha scelto Biden come Segretario di Stato, e gli ha assegnato anche altri ruoli chiave nel Dipartimento di Stato e nel Gabinetto della sicurezza nazionale.


Il Presidente Clinton incontra la Regina Elisabetta II e il Presidente francese Nicholas Sarkozy

La presidente Clinton ha partecipato nell'aprile 2009 al G-20 a Londra e al quinto annuale summit delle Americhe a Trinidad e Tobago. Grazie al lavoro svolto dietro le quinte dal Segretario di Stato Biden, la Clinton durante il summit ha parlato a quattr'occhi con il presidente del Venezuela, Hugo Chavez. Dopo l'incontro, Chavez ha dichiarato che avrebbe riaperto l'ambasciata venezuelana negli USA.

Il 6 novembre 2012 il 61% dei cittadini di Porto Rico si è espresso in un referendum a favore dell'adesione agli Stati Uniti d'America come 51º stato federale. Dal 1 gennaio 2017 Porto Rico aderirà all'Unione come 51° stato; questo risultato è stato fortemente voluto dalla Presidente Clinton. Sempre grazie a lei Guam, le Marianne Settentrionali e le Samoa Americane hanno ottenuto l'indipendenza da Washington il 4 luglio 2015.

 

Non di minore importanza è stata l'adesione dell'Ucraina e della Georgia alla NATO, anch'essa voluta ad ogni costo dall'amministrazione Clinton.

Rielezione e secondo mandato

Hillary Clinton è stata rieletta alla Presidenza Il 6 novembre 2012, imponendosi sul candidato repubblicano Mitt Romney,  governatore dello Stato del Massachusetts dal 2003 al 2007.

Il settimanale statunitense TIME la ha prescelta come «persona dell'anno» nel 2008 e nel 2012; nel 2014 è stato insignita del Premio Nobel per la Pace « per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli », avendo mediato gli accordi definitivi di pace tra israeliani e palestinesi, firmati a Gerusalemme il 29 novembre 2013 tra il Primo Ministro Israeliano, il laburista Isaac Herzog, e il nuovo Presidente Palestinese Ali Abu Awwad. Il nuovo Stato di Palestina ha ottenuto il riconoscimento di quasi tutti i paesi del mondo ed è stato subito ammesso nell'ìONU.

Tra i successi del secondo mandato della signora Clinton si possono annoverare anche l'approvazione a livello nazionale del matrimonio omosessuale, la riapertura delle relazioni diplomatiche con Cuba grazie alla mediazione di Papa Francesco e la rimozione dell'embargo alla nazione caraibica. Particolarmente importante è stato il rapporto della Clinton con Papa Francesco, al secolo Sean Patrick O'Malley, Cappuccino, già Arcivescovo di Boston e primo Pontefice nato negli Stati Uniti d'America, eletto al Soglio di Pietro il 13 marzo 2013 dopo le inaspettate dimissioni di Papa Benedetto XVI. Il 23 settembre 2015 Hillary Clinton ha accolto Papa Francesco nel South Lawn della Casa Bianca, durante la sua visita pastorale negli Stati Uniti d'America, un vero ritorno a casa per lui, e in quell'occasione lo ha ringraziato per la sua preziosa opera di mediazione con il regime castrista. Hillary Clinton ha visitato Cuba nel marzo 2016, prima presidente statunitense dopo Calvin Coolidge nel 1928, e Raúl Castro ha ricambiato la visita a Washington nel giugno 2016, accettando di avviare le prime riforme in senso democratico.


Stemma pontificale di Papa Francesco

Per quanto riguarda la tragedia della guerra civile in Siria, scoppiata nel 2011, a seguito dell'uso di armi chimiche da parte del regime di Damasco nel settembre 2013, Hilllary Clinton e l'Unione Europea hanno accusato le forze governative di Bashar al-Assad di crimini contro l'umanità. Nonostante l'opposizione di Russia ed Iran che difendevano il governo e accusavano i ribelli dell'Esercito Siriano Libero, la Clinton, il Primo Ministro Britannico David Cameron e il Presidente Turco Recep Tayyip Erdoğan hanno rifornito di mezzi materiali, viveri e medicine i ribelli contro le armate di al-Assad, e la Turchia è intervenuta direttamente con le proprie forze armate sul territorio siriano. Ciò ha permesso ai ribelli di prendere Damasco e di proclamare la Repubblica Democratica di Siria, con Hadi al-Bahra nuovo Presidente, mentre Bashar al-Assad era costretto a rifugiarsi in Russia. Grande costernazione di Vladimir Putin, che perdeva uno dei suoi principali alleati nel complicato scacchiere mediorientale. L'appoggio militare americano al nuovo corso siriano è proseguito con la lotta contro lo Stato Islamico, proclamato nel nordest del paese dal "califfo" Abū Bakr al-Baghdādī.

Degna di nota è anche la visita di Hillary Clinton ad Hiroshima il 6 agosto 2015, in occasione del settantesimo anniversario del bombardamento nucleare su quella città; in quell'occasione la Clinton ha presentato le scuse ufficiali del governo USA per la morte di 150.000 giapponesi ad Hiroshima e di 80.000 a Nagasaki. Il Primo Ministro Giapponese Yukio Hatoyama, del Partito Democratico, ha poi ricambiato facendo visita a Pearl Harbor, sull'isola hawaiiana di Oahu, il 7 dicembre 2016, e presentando a sua volta le scuse per l'attacco nipponico a quella base militare, avvenuto esattamente 75 anni prima, che ha provocato almeno 2500 morti.

All'attivismo della signora Clinton si deve anche l'assegnazione a Los Angeles da parte del CIO dell'organizzazione dei Giochi della XXXII Olimpiade, sconfiggendo la concorrenza di Roma, Tokyo, Istanbul e Madrid. Ed è sempre grazie alla mediazione della prima Presidente degli USA se Papa Francesco potrà essere il primo Romano Pontefice a visitare la Repubblica Popolare Cinese, dal 14 al 19 febbraio 2017.

Infine, uno dei maggiori successi della Presidenza Clinton è stata l'approvazione del cosiddetto Hillary Clnton Act, con cui ha imposto severi limiti alla diffusione indiscriminata delle armi da fuoco negli Stati Uniti d'America, nonostante l'opposizione della potente lobby delle armi sostenuta dal Partito Repubblicano.

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MorteBianca a questo punto suggerisce:

E se Obama facesse approvare un nuovo emendamento e si candidasse per un terzo mandato?

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Gli risponde Lord Wilmore:

Forse è più semplice se si candida sua moglie Michelle.

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Sentiamo cosa ha da dirci il nostro Federico:

Votare un nuovo emendamento è praticamente impossibile: la procedura è così lunga e necessitante di maggioranze così ampie da risultare impraticabile senza un forte consenso bipartisan, che oggi è completamente assente. A maggior ragione i repubblicani, un partito il cui capogruppo al Senato, il viscido Mitch McConnell, dichiarò il 20 gennaio 2009 che il loro obiettivo a lungo termine era rendere Obama un "Presidente da un mandato" ("one-term President"), farebbero le barricate per impedire un terzo mandato di "Barack il Kenyota".

Anche dimettersi prima non avrebbe molto senso, perché nel 2016 Biden ormai sarebbe considerato il Presidente e sarebbe il favorito per la nomination: Obama non si candiderebbe mai contro il suo vice, con il quale c'è una storica e solida amicizia.

La migliore possibilità sarebbe che il 22esimo Emendamento non venga mai ratificato. Gli altri Presidenti non cambierebbero: Truman non si ricandiderebbe a causa dell'impopolarità della Guerra di Corea (fu l'unico che, essendo in carica al momento del ratifica, avrebbe potuto ricandidarsi per un terzo mandato e non lo fece), Eisenhower era vecchio e con problemi di cuore, Kennedy fu assassinato, Lyndon Johnson rinunciò alla rielezione per via del Vietnam, Nixon si dimise dopo il Watergate, Ford e Carter furono battuti per la rielezione, Reagan aveva l'Alzheimer, Bush Sr perse anche lui la rielezione. Bill Clinton sarebbe l'unico Presidente con una seria possibilità di correre per un terzo mandato nel 2000 e probabilmente lo farebbe: c'è un cinquanta per cento di possibilità che finisca per farcela ma poniamo che perda come Gore. Con Bush Jr impopolarissimo virtualmente impossibilitato ad un terzo mandato, Obama potrebbe correre senza problemi nel 2016, probabilmente opposto solo da Sanders, e vincere contro Trump.

A proposito invece delle dinastie politiche, è senza dubbio vero che gli americani hanno sempre provato un fascino per le grandi famiglie politiche: basti ricordare che vi sono ben otto presidenti imparentati tra loro (Adams, Harrison, Roosevelt, Bush), senza contare i molti altri la cui discendenza ha comunque avuto una carriera politica (Washington, Jefferson, Jackson, Lincoln, Grant, Taft, Kennedy, Carter, Reagan, Clinton), un record assoluto se confrontato con gli altri paesi occidentali. Tuttavia va anche considerato che proprio in reazione contro questa tendenza all'infatuazione per i cognomi "importanti" esiste una sorta di opinione generale, affondata nel concetto di "sogno americano" dell'uomo che si fa da sé, per cui devi dimostrarti adatto di un tal cognome. In altre parole nessuno dei suddetti eredi e parenti di Presidenti è mai andato alla Presidenza senza prima un'adeguata carriera politica. Prima bisogna candidarsi e dar prova della propria capacità di fare politica e poi ci si cimenta con l'agone nazionale. E tendenzialmente quando lo si fa non si fa mai campagna elettorale sul proprio cognome ma su temi elettorali normali, a dimostrare che si sta eleggendo qualcuno per le sue doti non per la sua famiglia.

Michelle Obama, posto che voglia candidarsi, cosa che ha sempre negato, dovrebbe quindi prima candidarsi ad una carica intermedia, cosa un po' difficile visto che in Illinois le cariche sono tutte già occupate da buoni democratici. Biden comunque ha detto che se dovesse decidere "di cuore", Michelle sarebbe la sua prima scelta, ma che l'ex First Lady gli ha confermato la sua indisponibilità. Va comunque considerato che i Trump all'opposto sembrano rifuggire da ogni cursus honorum, dunque non dovremmo stupirci se un giorno Donald Jr o Ivanka proveranno a candidarsi senza nessuna carica intermedia.

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Questo invece è il pensiero in proposito di Iacopo Maffi:

La grettezza, l'ignoranza e la balordaggine di Trump non spiegano l'apparente illogicità della politica da Superpotenza degli Usa: sotto l'amministrazione di un presidente idiota e teledipendente l'indirizzo strategico non passa attraverso il suo telecomando, ma attraverso gli apparati della burocrazia strategica e dell'aristocrazia di Stato. Il caos globale non riflette il caos mentale di Trump, ma il preciso disegno strategico americano, volto a impedire ogni forma di egemonia regionale in ogni singolo teatro. Questa strategia risale come minimo al voltafaccia di Bush verso l'Iran nel 2002 (al tempo di Rasfanjani i rapporti tra Usa e Repubblica Islamica erano al loro apice e era in atto una collaborazione in Afghnistan). La morbidezza ai limiti del masochismo degli americani verso i Sa'ud e Erdogan si spiegano così: sono favori agli attori più deboli dello scenario, volti a rendere meno solida la posizione delle possibili potenze locali, Iran e Israele.

Venendo alla Russia, il sussiego americano nei confronti di Mosca (a sua volta iniziato con Bush ai tempi dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud) non ha nulla che fare con il timore nei confronti di una Potenza rivale (gli Usa non ne hanno) ma piuttosto con la possibilità di contenere quasi senza costi Germania, Arabia e Cina. Da sola la Russia soccomberebbe rapidamente sia all'UE che alla Cina, è solo il suo ruolo organico al caos americano che le permette di essere indipendente (finché non dovesse davvero sviluppare le caratteristiche di una Potenza regionale, cosa che non pare all'orizzonte).

In questo quadro, cosa avrebbe potuto cambiare l'elezione di Hillary Clinton? Normalmente un Presidente non ha il potere di sovvertire gli indirizzi strategici di una Potenza... ma forse la Clinton avrebbe avuto qualche possibilità, grazie alla sua esperienza e determinazione. Sarebbe stata una vera rivoluzione strategica, e non è un caso che alla fine si sia preferita la candidatura di un (utile) idiota.

Se sei il pesce più grosso e puoi decidere in che vasca nuotare, hai due possibilità per evitare che tutti i pesci piccoli si coalizzino contro di te. La prima è metterti a capo di una banda di pesci capace di imporre la propria volontà su tutti gli altri, e usare la tua forza per rimanere capo di questa struttura. La seconda è dividere l'acquario i tante piccole vasche in modo da essere, in ciascuna, il pesce più grande in assoluto. Potremmo chiamare la prima strategia Iperimpero e la seconda Superpotenza.

La politica di Superpotenza (il cui ideologo è Kissinger) è stata storicamente scelta dagli Usa, perché si adatta alla frammentazione e alla competizione delle Agenzie che costituiscono lo Stato degli Stati Uniti, perché rispecchia lo spirito dell'eccezionalità americana e del Destino Manifesto e perché è informata da un pessimismo di fondo molto americano.
L'opzione imperiale non è francamente più disponibile, come minimo dal colpo di Stato mondiale post 11 Settembre (curiosamente portato avanti da una fazione dell'Amministrazione Americana avversaria dei kissigeriani, i neoconservatori), e forse non lo è stata d molto tempo. Hillary Clinton forse avrebbe potuto fare qualcosa per coordinare in maniera più efficiente gli sforzi di Agenzie e Dipartimenti, e di integrare e coordinare gli alleati più fedeli.

Il primo passo avrebbe dovuto essere la bonifica dei rapporti con Europa e Germania, ottenuti offrendo niente meno che la conquista della Russia, da ottenersi ovviamente solo e soltanto come estensione della sfera di coordinamento americana. Il primo passo avrebbe potuto essere un ampio accordo commerciale, seguito dalla creazione di un'Unione più stretta tra Germania, Francia e Italia, seguita da un ribilanciamento della autorità europee a favore del Parlamento. Scambi tra burocrati europei e americani sarebbero importanti. Nascerebbe una Difesa Europea come estensione del Dipartimento di Stato Americano. La politica energetica si muoverebbe su quattro linee: autonomia petrolifera americana, investimenti europei in Venezuela, apertura alle esportazioni iraniane, rivoluzione verde; lo scopo sarebbe ovviamente quello di strangolare Qatar e Sa'ud. La politica mediorientale si muoverebbe su questi assi: pacificazione dell'Africa Bianca a carico degli Europei, riduzione a più miti consigli della Turchia con qualunque mezzo, Confederazione Levantina tra Israele, Libano e Giordania e sostegno all'Iran in chiave anti-russa.

Inevitabilmente Russia, Arabia, Cina e forse India avrebbero formato un blocco antiamericano, e una cortina di ferro avrebbe diviso l'Asia entro la fine del secondo mandato della Clinton.

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Ecco ora a voi l'ucronia di Federico Sangalli, in cui cerca di immaginare un conflitto tra Corea del Nord e del Sud:

21 agosto 2015: Ripetuti scambi di colpi di artiglieria al confine tra Nord e Sud fanno salire la tensione tra le due nazioni. Kim-Jong Un invia un ultimatum a Seul chiedendo lo spegnimento degli altoparlanti posti al confine ma il Sud rifiuta.

22 agosto 2015: Viene annunciato che Nord e Sud Corea terranno colloqui d'alto livello a Pammunjon.

25 agosto 2015:  Si aprono i colloqui a Pammunjon. In una relazione dell'Alta Commissione dell'Esercito Popolare Coreano si specifica come sia ormai impossibile conquistare la Corea del Sud prima dell'arrivo dell'inverno, che è particolarmente rigido da quelle parti.

Autunno 2015-Primavera 2016:  Mentre gran parte dell'opinione pubblica è distratta a seguire le primarie americane e la lotta allo Stato Islamico, le trattative tra le due Coree si trascinano lungamente e senza nessun risultato.

1 giugno 2016:  Davanti al rifiuto nordcoreano di fare qualunque concessione, le trattative giungono ad un punto morto. Il Sud, sicuro della propria alleanza con gli USA, minaccia di abbandonare le trattative.

2 giugno 2016: Kim Jong-Un mette in massima allerta tutte le forze armate e le concentra al confine. Tuttavia molti analisti e politici, dopo oltre sessant'anni di finte, sottovalutano la minaccia. Tutti credono che si tratti dell'ennesimo bluff.

25 giugno 2016: In occasione del 66° anniversario della Prima Guerra di Corea, la Corea del Nord attacca di sorpresa la Corea del Sud. Oltre due milioni di soldati varcano il confine e puntano verso Sud. Tuttavia sia che i nordcoreani passino sopra le mine della Zona Demilitarizzata, saltandoci in aria, sia che la bombardino per eliminare i campi minati, questo avverte i sudcoreani e permette di organizzare le difese. "Oggi, 66° anniversario del tentativo vittorioso dei nostri padri e dei nostri nonni di far trionfare il popolo coreano, le nostre forze hanno passato il confine per completare l'opera e portare finalmente la libertà al proletariato dell'intera Corea!" dichiara Kim-Jong-Un in un discorso alla nazione in Piazza del Popolo a Pyongyang.

26 giugno 2016: Mentre l'invasione è in pieno svolgimento, la Presidentessa SudCoreana Park Geun-Hye, figlia di Park Chung-Hee, dichiara "Noi non ci arrenderemo a questo attacco proditorio alla nostra nazione! E combatteremo sempre! E comunque!". Da Washington il Presidente USA Barack H. Obama, sorpreso dalla notizia dell'invasione mentre giocava la sua immancabile partita di golf, aggiunge "Oggi una nazione sovrana e alleata degli Stati Uniti, abitata da un popolo da sempre amico e partner del popolo americano, è stata attaccata brutalmente e a tradimento da una nazione che si è sempre dimostrata nemica di ogni compromesso e della pace internazionale. Erano in corso trattative tra le due nazioni, trattative per raggiungere la piena pace nell'area. Appare ora chiaro che la Nord Corea ha progettato, ideato e portato avanti piani di guerra mentre parlava di pace. Sono qui per assicurare la Corea del Sud e il suo popolo: non sarete lasciati soli!".

27 giugno 2016:  Riunione d'emergenza delle Nazioni Unite e del Congresso Americano. Mentre i Repubblicani accusano la Cina di appoggiare Pyongyang, le Nazioni Unite votano per dichiarare la Corea del Nord paese aggressore. A sorpresa la Cina si astiene: la nazione asiatica sta da tempo cercando di creare una Pax Cinese nell'area per sottrarla all'influenza americana e un conflitto non può fare che danneggiare Pechino. In pratica Pyongyang viene sacrificata sul l'altare cinese delle pubbliche relazioni. Lo stesso giorno il Congresso Americano autorizza l'uso della forza in Corea, mentre Papa Francesco chiede di pregare per la pace in Estremo Oriente.

Agosto-Settembre 2016:  Gli americani fanno affluire oltre centomila soldati via Guam. Approfittando del conflitto, il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe abolisce l'emendamento della Costituzione che sancisce il pacifismo del Giappone: le Forze di Autodifesa del Giappone riprendono il nome di Forze Armate Imperiali del Giappone e partecipano attivamente alla Seconda Guerra di Corea. La forte resistenza dei giapponesi, degli americani e dei sudcoreani ferma i nordcoreani alla periferia di Seul. La Presidentessa Park Geun-Hye dichiara che non abbandonerà la capitale neppure in caso di caduta e ordina il trasferimento di buona parte del governo a Pusan. Le rispettive Convention incoronano Hilary Rodham Clinton per i democratici e Jeb Walker Bush per i Repubblicani. Nel suo discorso di accettazione Bush si dichiara favorevole ad un attacco preventivo anche nucleare contro la Corea del Nord. La Clinton viceversa esclude la possibilità di un attacco nucleare preventivo, ricordando l'incubo della guerra fredda e la strategia della Mutua Distruzione Assicurata.

Ottobre 2016: Con l'arrivo dell'inverno la guerra s'impantana nel ghiaccio e nel fango.

Novembre 2016: Al termine di una dura campagna elettorale, Hilary Clinton sconfigge Jeb Bush e promette di porre fine al conflitto.

Gennaio 2017: Il 20 Hilary Clinton giura come 45° Presidente USA.

Marzo 2017: Scatta l'Operazione Iron Bull: la Coalizione Alleata scatena un'offensiva generale lungo tutto il fronte menttre i Marines del Generale James F. Amos sbarcano a Wanso. La protezione è assicurata dalla 6° Flotta dell'Ammiraglio James A. Winnefeld e dalle forze aeree del Generale Mark Welsh.

Aprile 2017: Le forze alleate ripassano il 38° Parallelo.

Maggio 2017: Viene liberata Kaesong, dove viene forma un Governo Provvisorio della Corea della Nord, formata da gruppo di dissidenti e da militari che si sono ammutinati e hanno trattato con gli alleati. I Marines da Wanso si spostano fino al confine con la CIna sul fiume Yalu, distruggendo gran parte delle basi militari, in particolare aeree e missilistiche, dell'apparato militare nordcoreano. Davanti alla minaccia dell'uso del nucleare la PresidentessaClinton dichiara "Ed è politica di questa nazione ritenere qualunque attacco nucleare lanciato dalla Corea del Nord contro qualunque nazione alleata degli Stati Uniti un attacco agli Stati Uniti stessi da parte della Corea del Nord e in particolare del governo nordcoreano e che pertanto richiederà una risposta totale contro di esso".

25 giugno 2017: Con Pyongyang ormai accerchiata e non volendo finire linciato dalla folla, Kim Jong-Un ordina di mettere mano alla valigetta nucleare. Alle7:00 di mattina una raffica di missili a corto raggio, di fatto gli ultimi rimasti alla Corea del Nord, si leva in volo verso Kaesong. Alla notizia dell'attacco la Clinton ordina un contrattacco immediato, che sarà annullato nel caso l'attacco si riveli non nucleare. Alle 7:03 un esplosione nucleare viene registrata dai satelliti alla periferia nord di Kaesong: le vittime sono centomila, in gran parte profughi nordcoreani ospiti nei campi alleati. Quasi contemporaneamente il conto alla rovescia si esaurisce e il sottomarino USS Columbia, immerso al largo dell'Isola di Cheju, lancia un singolo missile balistico nucleare contro Pyongyang, che alle 7:05 svanisce dalla faccia della terra insieme a ciò che restava del governo nordcoreano. Il capo del Pentagono, il Generale Raymond "Ray" T. Odierno comunica laconicamente il secondo impiego delle armi nucleari dalla Seconda Guerra Mondiale "Alle 7 e tre minuti i nordcoreani hanno sferrato un attacco nucleare non provocato contro le nostre forze, quelle dei nostri alleati e contro i civili della città di Kaesong. Alle 7:05 le vittime di Kaesong sono state vendicate".

26 giugno 2017:  Le ultime forze nordcoreane si arrendono. Shin Dong-hyuk, dissidente nordcoreano, assume la presidenza ad interim della Repubblica Nordcoreana.

1 ottobre 2017:  Con un referendum la Corea viene riunificata sotto Seul. Shin Dong-hyuk diventa vice-presidente.

Giugno 2018: Viene terminata la ricostruzione di Kaesong che diventa la nuova capitale della Corea, a metà strada tra il Nord e il Sud. Shin Dong-hyuk viene eletto presidente della Repubblica di Corea.

Che ne dite?

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C'è anche la distopia ideata da Generalissimus:

Quali sarebbero stati i presidenti degli Stati Uniti d'America se essi fossero sempre stati retti da una dittatura militare? Ecco la mia proposta:

Tenente Generale George Washington, 1789-99.
Maggior Generale Arthur St. Clair, 1799-1818.
Maggior Generale Andrew Jackson, 1818-45.
Tenente Generale Winfield Scott, 1845-66.
Generale dell'Esercito William Tecumseh Sherman, 1866-91.
Tenente Generale Nelson Miles, 1891-1925.
Generale degli Eserciti John Pershing, 1925-48.
Generale dell'Esercito Omar Bradley, 1948-81.
Generale Jimmy Doolittle, 1981-93.
Generale Colin Powell, 1993-oggi.

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Federico Sangalli ha poi aggiunto un altro contributo:

Penso che Trump meriti di essere rimosso ed arrestato, per il semplice motivo che si deve dimostrare che un potente non può fare quello che vuole ma deve sottostare alla legge come tutti gli altri comuni mortali. I disastri che Trump sta causando (Gerusalemme, Corea, Accordi di Parigi, fine della Net Neutrality, sostegno a gruppi suprematisti, riforma fiscale e via dicendo) non gli hanno certo fatto guadagnare altri supporter ma hanno convinto molti moderati, indipendenti ed astenuti a mobilitarsi per contrastarlo, proprio mentre tra i repubblicani si registrano livelli di astensione più alti (paradossalmente lo stesso fattore che ha giocato a favore di Trump nel 2016, con molti democratici disillusi dalla Clinton che hanno preferito stare a casa e i repubblicani e molti estremisti di solito astenuti che si sono invece mobilitati). Se si ripetessero gli stessi risultati del 2016 ma semplicemente con poche migliaia di voti in più per i democratici in generale e qualche astenuto in più tra le file dei repubblicani, Arizona, Florida, Michigan, North Carolina, Pennsylvania, Wisconsin e Nebraska sarebbero blu invece che rossi e questo determinerebbe una grande vittoria per i democratici (i quali peraltro non devono neanche allargare il loro consenso, visto che hanno comunque vinto il voto popolare e dunque hanno dalla loro la maggioranza degli americani). Il Trend si è notato un po' ovunque, ove i repubblicani stanno perdendo contro i dems, ma in particolare in Alabama, stato ultrareazionario, primo firmatario della Secessione, ultimo ad "abolire" la segregazione, roccaforte repubblicana da quasi quattro decenni, che alle ultime elezioni per il Senato a premiato i democratici, grazie alla mobilitazione di neri e molti bianchi e all'astensione di diversi conservatori (tra l'altro con un candidato repubblicano accusato di molestie, ultraconservatore, sostanzialmente fascista, ex giudice espulso due volte per violazione della Costituzione e un talebano evangelico, in pratica una copia locale del duo Trump-Pence). Inoltre si rumoreggia di una possibile candidatura indipendente o Third Party da parte di un conservatore moderato (si parla del Governatore dell'Ohio John Kasich, del Senatore dell'Arizona Jeff Flake o del Senatore del Tennessee Bob Corker, tutti molto critici con Trump) in modo tale da poter dare una casa a tutti quegli elettori conservatori che non vogliono votare per Donald Trump. Tenuto conto di tutto questo, la mia previsione sarebbe qualcosa del genere:

Bernie Sanders è attualmente il politico più amato d'America ed è in testa in tutti sondaggi, sia interni ai democratici, sia in quelli contro Trump, per cui è probabile (tocchiamo ferro) che sarà lui il candidato. Bill De Blasio è molto popolare, ma da sindaco è difficile puntare subito alla Presidenza e non può candidarsi a Governatore nel 2018 perché quello uscente, Andrew Cuomo, democratico, si è ricandidato per un terzo mandato: De Blasio supporta comunque fortemente Sanders. Michelle Obama ha declinato ogni invito ad una partecipazione politica attiva e francamente dopo la Clinton rido che gli americani si siano stancati di dinastie e famiglie al potere. Un'altra cosa che mi dà grande speranza è che nel 2020 (e 2018) voteranno per la prima volta i Millennials, che, a differenza dei Baby Boomer, sono composti da minoranze per quasi la metà e sono a gran maggioranza progressisti e sostenitori di Sanders. In particolare un sondaggio allarmato dell'Istituto per le Vittime del Comunismo (un'organizzazione non proprio "rossa" quindi), alla richiesta, rivolta ai Millennials, di indicare in quale sistema economico vorrebbero vivere, il 44 % indica "Paese Socialista", il 42 % "Paese Capitalista" e il 7 % "Paese Comunista", la più alta percentuale di socialcomunisti di sempre e la prima volta in cui battono i capitalisti. Naturalmente potrei anche sbagliarmi e Trump e Pence potrebbero anche trasformarsi dei prossimi dittatori d'America, ma anche in quel caso non dubito che nascerebbe un Fronte Sandersista di resistenza. Per cui... Go, Bernie, Go!

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Questo invece è il suggerimento di Perchè No?:

Dopo il veto francese, progressivamente gli USA hanno lasciato perdere l'idea di ordine internazionale deciso all'ONU per ricorrere sempre più all'unilateralismo, che raggiunse il suo apogeo con Trump. L'ONU e le organizzazioni internazionali sembrano da quel momento in poi lavorare contro gli interessi USA o non attivamente per gli interessi USA (il che è la stessa cosa per loro). La guerra in Iraq é stata combattuta lo stesso, dunque cosa avviene se la Francia non si oppone agli USA nel 2003? Dopo il periodo di guerra fredda franco-americana (e l'attacco contro gli interessi diplomatici e strategici francesi durante i dieci anni seguenti), mi chiedo se gli USA sotto Bush, Obama e forse anche Trump non avrebbero continuato a rispettare l'ONU e le sue regole: forse avremo ancora oggi un'ONU più attiva e un mondo meno caotico.

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E Federico Sangalli specifica:

Il rapporto USA-ONU (anche OMS, WTO, NATO, eccetera eccetera) è l'unico caso al Mondo di superpotenza che sabota la struttura stessa dell'egemonia da essa creata. A dire il vero le tensioni erano già iniziate prima di Bush Jr (Clinton pose il veto alla riconferma del moderatissimo Boutros Ghali perché non era abbastanza filo-americano) ma effettivamente con Bush si raggiunse il culmine (a confronto il padre era ancora molto collaborativo, basti raffrontare come ha scrupolosamente seguito il mandato ONU contro l'Iraq nel 1990). Credo vada inserito nel fatto che la diplomazia USA, dopo la fine della Guerra Fredda, si aspettassero, da egemoni assoluti quali erano diventati, che appunto le organizzazioni internazionali fondati dalla loro egemonia ne fossero degli attivi strumenti di sostegno: per dirla come Paul Bremer, Governatore statunitense per l'Iraq post-Saddam e neocon convinto "La missione delle Nazioni Unite in Iraq è al servizio degli Stati Uniti". Sennonché l'ONU non si è prestata al gioco e sopratutto molti degli Stati che la compongono hanno altresì aggirato l'egemonia americana.

Temo che gli USA avrebbero continuato a ignorare l'ONU quando gli fa più comodo anche senza il veto francese: Trump avrebbe comunque spostato l'ambasciata a Gerusalemme e avrebbe denunciato la risoluzione di condanna contro gli insediamenti israeliani e avrebbe comunque abbandonato gli accordi sul clima e sul disarmo.

Sarebbe cambiata invece la percezione della Guerra in Iraq: con l'approvazione ONU, gli USA si sentirebbero molto meno in colpa perché inconsciamente si giustificherebbero dicendo "ce lo ha chiesto l'ONU", mentre mezzo mondo sarebbe irato ed imbarazzato per essere stato ingannato. L'istituzione delle Nazioni Unite avrebbe subito un danno d'immagine enorme, coi Caschi Blu visti come il braccio degli interessi petroliferi americani e oggi qualunque sua inchiesta, sui crimini chimici di Assad in Siria, sugli abusi di Israele, sull'aereo di linea malese abbattuto dai russi in Ucraina, sarebbe ridicolizzata dal primo minuto dal paragone con la disastrosa cantonata irachena, almeno quanto oggigiorno le mosse americane in Medio Oriente sono guardate con disprezzo e sospetto ad ogni passo.

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Diamo ora la parola ad Alessio Mammarella:

Samantha Smith era una bambina americana che divenne una celebrità nel 1982 dopo aver scritto una lettera a Jurij Andropov, leader dell'URSS. La piccola Samantha, con la sua lettera ed il suo successivo viaggio in Unione Sovietica, stemperò la tensione internazionale in quel delicato momento. Possiamo azzardarci a dire che fu lei, offrendo una comoda chance propagandista ai sovietici, ad evitare una guerra mondiale/nucleare in uno dei momenti di massima tensione della Guerra Fredda (ricordiamoci dell'attentato a Giovanni Paolo II, degli euromissili ecc...) L'Unione Sovietica si sentiva nell'angolo, il declino economico era palese e un leader come Andropov, proveniente dal KGB, era sospettato in occidente di volersi giocare il tutto per tutto scatenando la guerra.

Ora, che accade se Samantha Smith non muore precocemente in uno stupido (e per taluni sospetto) incidente aereo il 25 agosto 1985, ed è viva ancora oggi? Avrebbe potuto ricevere il Nobel per la Pace, come accaduto ad esempio Malala Yousafzai? Sarebbe entrata in politica? Avrebbe avuto l'età per entrare negli staff democratici di Clinton e Obama? Oppure sarebbe stata una democratica più "di sinistra" e magari Bernie Sanders si sarebbe fatto da parte lasciandola correre contro Hillary Clinton alle primarie del 2016?.

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Gli replica Federico Sangalli:

Samantha Smith potrebbe vincere il Premio Nobel per la Pace nel 1985, al posto dell'Organizzazione Internazionale dei Fisici contro la Guerra Nucleare (sarebbe comunque un messaggio contro la minaccia di un conflitto nucleare e sicuramente più popolare). Date le premesse potrebbe entrare sicuramente in politica, direi nella corrente più di Sinistra del Partito Democratico. La sua migliore chance di arrivare a una carica importante è farsi eleggere Governatrice del Maine nel 2010, sconfiggendo il repubblicano Paul LePage. A questo punto potrebbe essere lei a sfidare la Clinton nel 2016: in HL i progressisti chiesero prima alla Senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren di correre contro Hillary ma questa declinò e si rivolsero a Sanders. La Smith è sicuramente più vicina al profilo della Warren e potrebbe essere la seconda scelta, con Sanders come riserva. Se la Smith accettasse, potrebbe anche andar meglio di Sanders, magari strappando un po' di elettorato femminile alla Clinton, ma probabilmente perderebbe comunque. Ora sarebbe presumibilmente la frontrunner per diventare la candidata democratica nel 2020 e quindi presumibilmente giurare come 46° Presidente degli Stati Uniti d'America il 20 gennaio 2021, a 48 anni.

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E adesso, l'idea davvero originale di Alex Girola (tratta da questo sito):

Partiamo da questo articolo dell'ottobre 2016, tratto da Vanity Fair Italia:

« Secondo Maëlle Brun e Amelle Zaïd, autrici di "George Clooney: Un'ambizione segreta", l'attore americano che piace a tutti sogna di diventare presidente degli Stati Uniti. Ormai il curriculum perfetto quasi ce l'ha. E loro ce lo spiegano in sei punti. (...) Il nickname della famiglia Clooney è "i Kennedy del Kentucky". I genitori sono Democratici convinti, e hanno cresciuto George e la sorella Adelia a pane e politica. Il papà Nick, giornalista, nel 2004 si è candidato per i Democratici nella Camera dei rappresentanti perdendo contro l'avversario repubblicano. Ha sempre spinto il figlio ad alternare gli impegni cinematografici alle cause umanitarie, come quella del Darfur. La madre Nina faceva parte del consiglio comunale di Augusta, il loro paese d'origine. Clooney è preparato. » (il resto dell'articolo lo potete leggere a questo link)

Secondo molti Clooney sarebbe dunque pronto per correre alle presidenziali. Mettiamoci pure che è un grande amico di Obama, che potrebbe dunque supportarlo e sponsorizzarlo. Lo vedremo in corsa nelle prossime elezioni presidenziali? Chissà.

E se invece George avesse anticipato i tempi, sfidando Trump nelle recenti elezioni americane? Di sicuro – e non solo col senno di poi – sarebbe stato un contendente molto più valido della poco amata signora Clinton, che infatti ha perso contro l'avversario più clownesco e improbabile. Clooney avrebbe potuto vincere? Raccogliendo gli opportuni finanziamenti (compito non impossibile, in contesto hollywoodiano) possiamo ipotizzare una risposta positiva. Sì, avrebbe potuto vincere.

Inseriamo nel contesto una seconda ucronia, in una sorta di gioco di scatole cinesi. Come sapete George ha avuto una discussa storia d'amore con la nostra Elisabetta Canalis, durata dal luglio 2009 al giugno 2011. Poi l'idillio è finito, anche se tra i due i rapporti sono rimasti ottimi. Ora entrambi hanno una famiglia – la compagna di Clooney, Amal Alamuddin, è incinta di due gemelli, mentre Elisabetta è una felice mamma e moglie. E se invece George e Eli non si fossero mai lasciati? Se i due si fossero sposati, come per qualche settimana pareva quasi tutto già deciso e preparato?

A questo punto, nel nostro scenario di storia alternativa, avremmo la prima first lady di origine italiana. Elisabetta Canalis, appunto. E, se Melania Trump alla fine non sfigura a fianco di Parruccone, Eli sarebbe stata fantastica nei panni della première dame della Casa Bianca. Probabilmente qualche snob e quasi tutti i radical chic avrebbero avuto da ridire, ma probabilmente l'ex showgirl avrebbe pian piano conquistato un vasto consenso popolare. Basandomi su ciò che so di lei, Elisabetta avrebbe usato l'ampia visibilità della sua carica per sostenere la causa animalista della PETA e quella umanitaria dell'UNICEF, come del resto già fa nella HL.

Dal punto di vista politico, l'Italia avrebbe goduto del privilegio di avere una nostra concittadina a fianco dell'uomo più potente del mondo. Certo, anche il gossip sarebbe andato a nozze, scavando nella carriera giovanile di Elisabetta (cosa che già viene fatta a carico di Melania Trump), ma sono più che certo che la bella sarda sarebbe diventata un'icona pop moderna, dimostrando di non avere soltanto fascino, ma anche maturità e stile. Ma io sono un suo fan, quindi non posso che essere di parte.

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Così gli tiene dietro Enrico Pellerito:

Il film Bushwick (2017) di Jonathan Milott e Cary Murnion, con Dave Bautista e Brittany Snow, parla di una nuova secessione americana e di una conseguente guerra civile in chiave urbana.
Non credo che il film in se sia un grande prodotto, ma l'aspetto sollevato in esso sembra sentito negli Stati Uniti, per l'esistenza di alcuni fattori interni alla nazione e producibili di spinte centrifughe.
I fattori cui faccio riferimento non sono tanto le notizie di vari tentativi "secessionistici", verificatisi nel tempo, da parte di territori tesi a costituirsi in nuovi stati nell'ambito dell'Unione (se non ricordo male, gli Stati Uniti si considerano un'indivisibile unione di indivisibili stati), piuttosto dell'esistenza di alcune frange, socialmente trasversali, presenti nel Sud e che auspicano non tanto un'improbabile ritorno alla Confederazione ma un'autonomia legislativa dei singoli stati per ripristinare, in ottica retrograda, reazionaria e oscurantista, la segregazione razziale.
A questo va aggiunta una certa disaffezione del suddetto Sud e del Nord Ovest nei confronti del governo federale; poi vi è la destra populista identificata nel Tea Party e che ha una sua componente radicale dove la teoria libertariana ha una sua interpretazione molto classista e piuttosto liberticida, per non parlare dei gruppi suprematisti ariani e religiosi sparsi un po' ovunque, per finire ai gruppi terroristi dichiaratamente nazifascisti.
Tutti elementi di per se disgreganti, ma credo poco sinergici fra loro.
In vari momenti si è discusso, sia nella mailing list sia qui del rischio di una frammentazione degli USA, supportata a parte tutta la documentazione giornalistica e di analisi politica che esiste in merito.
E giungo alla mia proposta non tanto ucronica quanto riferita a una divergenza parallela delle nostra attuale realtà.
Se si volesse un momento di crisi, ad un tempo politica, istituzionale, economica e sociale, che possa oggi produrre un processo di disintegrazione degli USA, ritenete possibile che un ancor più accentuato muro contro muro (infelice ma opportuna figura retorica) da parte del presidente Trump e della sua amministrazione contro i parlamentari del Partito Democratico riguardo alla costruzione del muro al confine del Messico, implementi i danni provocati dal cosiddetto stuhdown fino ad un collasso e ad una presa di posizione da parte di molti governatori e parlamenti statali, fino a prodursi una catena di secessioni?
Diciamo che le agenzie federali sono ormai al tracollo, mentre c'è da gestire anche l'emergenza dovuta all'eccezionale ondata di gelo nel New England e nel Midwest.
Da più parti si sollevano cori ostili nei confronti del sistema politico nazionale, compreso un certo disinteresse alle problematiche derivanti dal maltempo invernale; a fare la voce grossa anche molti degli elementi riferiti alla su riportata elencazione, ma è proprio per garantire cose come la sicurezza del traffico aereo e quello alimentare, o delle procedure tributarie, vengono intraprese a livello di Stato o, addirittura, di Contea, certe misure ritenute urgenti.
Personale federale viene invitato a proseguire l'attività ma nell'ambito di strutture non più governative, mentre a garanzia dei nuovi capitoli di spesa, come i rimborsi fiscali dovuti dal governo di Washington ai singoli contribuenti (fisici e legali) o le iniziative a carattere assistenziale nelle zone soggette al gelo eccessivo, le amministrazioni locali provvedono a espropriare e requisire proprietà federali di ogni tipo presenti sul proprio territorio e sequestrare risorse finanziare depositate presso banche presenti in zona.
In alcuni stati dove è presenta una milizia separata dalla Guardia Nazionale, come in Texas, in Oregon o in Virginia, anche installazioni militari vengono sottoposte a questa "confisca".
Questa la base di partenza proposta; ovvio che se vi sono troppe implausibilità (e qui il giudizio e le critiche di chi conosce la realtà USA, come appunto Federico, sono importanti) la mia ipotesi viene meno.

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Che dire della domanda di MorteBianca?

Quali altri presidenti potrebbero in futuro (o in un presente ucronico) avere la propria faccia aggiunta all'iconico quartetto di Washington, Jefferson, Lincoln e Roosevelt sul Monte Rushmore? Propongo una lista, in ordine decrescente di "Merito":

J.F. Kennedy: uno dei presidenti più amati della storia, in diversi sondaggi supera addirittura alcuni dei quatto sopra-menzionati e si classifica sul podio. Il suo martirio lo ha consacrato ad una enorme popolarità, le sue politiche sono state viste molto positivamente in vita, il suo aperturismo verso Cuba (pur rimanendo fermo nel Blocco, così da non venire rimproverato da alcun repubblicano di lassismo), le sue opinioni sui diritti civili e le libertà personali e le sue politiche economiche. Kennedy era anche personalmente simpatico, carismatico, donnaiolo e primo cattolico a ricoprire la sua posizione. Non è difficile immaginare dunque che, se qualcuno dovesse ottenere la posizione, sarebbe proprio lui.

F.D. Roosevelt: Farebbe ottima accoppiata con il suo predecessore. Oltre ad essere un democratico (contando anche JF sarebbero così due repubblicani, due democratici e due democratico-repubblicani) è il fautore del New Deal, che secondo l'opinione di tutti gli economisti (meno PragerU ed Alex Jones) ha salvato l'America dalla crisi economica, ha introdotto le prime vere riforme di social wellfare in un paese liberista come gli Stati Uniti, è ricordato in maniera estremamente positiva ed in senso bipartisan.

Ulysses Grant: non è detto che non si debbano recuperare vecchie glorie del passato. Eroe di guerra, fascinoso, genio militare, politicamente esperto, Repubblicano Radicale, fautore della vittoria sul Sud e del proseguimento del sogno di Lincoln, grazie a lui è avvenuta la Ricostruzione (nel bene e nel male). E' ovvio che i Sudisti ed ironicamente molti repubblicani si rifiuteranno fino all'ultimo di concedere la sua faccia nella statua.

Lyndon B. Johnson: Nonostante sia una figura estremamente controversa, personalmente antipatico e vanaglorioso, fautore di interventismo in Vietnam, non si possono negare gli importanti contributi di questo presidente, uno tra tutti l'aver posto fine alla Segregazione (e posto fine anche alla posizione ambigua dei Democratici sulla razza, regalando però l'elettorato razzista ai Repubblicani, che alle elezioni successive si fecero sentire con Nixon).

Barack Obama: Qualcuno potrebbe proporre lui come simbolo (primo Afroamericano presidente), come merito (l'assegnazione di un premio Nobel è qualcosa di estremamente prestigioso), per la sua politica interna di stabilità, per le sue riforme in senso di Wellfare e per i diritti civili, per l'ambientalismo, per la fascinosità del carisma di Obama (uno dei pochi democratici dell'ultimo ventennio che alcuni Repubblicani non solo difendono ancora, ma hanno in certi contesti sostenuto).

Andrew Jackson: La cosa più vicina che gli USA abbiano mai avuto ad un Napoleone. Figura estremamente controversa, con aspetti sia indubitabilmente negativi, sia indubitabilmente positivi, sia una marea di aspetti grigi ancora oggi dibattuti, polemizzato tra accuse di Tirannia o di semplice Centralizzazione.

Ronald Reagan: Nonostante la sua politica estera discutibile ed imperialiasta, le sue politiche apertamente razziste, il suo aver demolito lo stato sociale economico, l'economia sotto Reagan ebbe una parziale ripresa, il presidente godeva di un enorme carisma ed è ricordato con enorme affetto, soprattutto nel profondo Sud, nella cultura popolare è uno dei presidenti più popolari di sempre, insieme alla Iron Lady si affida a lui il merito di aver "sconfitto i Russi".

George Bush: All'apice del loro potere i Bush avevano retto gli Stati Uniti per quattro mandati, con due presidenti, condotto guerre epocali (Iraq), traghettato gli Stati Uniti attraverso eventi di portata storica (11 Settembre), segnato leggi di importanza mondiale e fatto da mediatori con potenze (le barzellette su Bush, Sarkozy, Berlusconi, Putin e Gheddafi sono più numerose delle stelle). Con tutto questo potere e con una fama che solo a partire da Al Gore ha iniziato a venire demolita, non è inverosimile che qualcuno possa proporre la statua di Bush Jr.

Donald Trump: Al vecchio Donald non manca di certo l'autostima. Sappiamo che ama costruire cose grosse (Palazzi a punta con camere d'oro, Muri al confine con il Messico, Deficit pubblici) con sopra il suo nome, ha una portata mediatica che nessun precedente ha mai goduto (coadiuvata su tutti i media mai esistiti), i suoi seguaci sono decisamente moderati (i più sereni lo proclamano "Imperatore-Dio dell'Umanità"). Come può non figurare in questa lista dunque il suo faccione stampato su quella montagna? Inevitabile la barzelletta: chiede di rifare ogni volta la faccia perché "troppo deformato", anche se gli scultori sono precisissimi, alla fine per via di un temporale la sua faccia viene sfigurata con un orrido baffetto austriaco, mentre le facce degli altri presidenti assumono un'aria inquietata e disgustata.

Richard Nixon: Il più immeritevole della lista, corrotto fino al midollo ed irrispettoso della separazione dei poteri, ultra-conservatore e rappresentante il periodo più buio degli Stati Uniti. Praticamente un Donald Trump educato. Perché dunque figura in questa lista? Perché aveva un potere e (all'inizio) un'influenza mediatica enorme, quasi tutte le ucronie che vedono gli USA abolire il limite dei mandati iniziano con lui. Nixon ha effettivamente detenuto un enorme potere politico e civile nelle sue mani, e l'idea che si auto-premi con una statua non è inverosimile. D'altronde, in Futurama, il Presidente Eterno è proprio lui, in forma di testa...

Woodrow Wilson: Non ho idea del perché sia così popolare, ma è finito sulla banconota da 100.000 del 1934, quindi un posto d'onore lo merita.

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Gli replica Alessio Mammarella:

Certamente Kennedy è stato più amato, ricordiamo che comunque F.D. Roosevelt è stato l'unico ad essere eletto Presidente per ben 4 volte (record non più eguagliabile perché proprio dopo di lui fu stabilito il tetto dei 2 mandati) quindi agli americani della sua epoca piaceva tantissimo. D'altra parte Roosevelt, oltre che essere il Presidente del New Deal, è stato quello che ha sconfitto Hitler. Unico neo forse. la controversia questione di Pearl Harbor, il dubbio che la mossa giapponese fosse stata prevista ed "accettata" sacrificando vite americane per poter andare in guerra. Nel dubbio, io preferirei Kennedy.

Un gradino più in basso, lo "sconosciuto" Wilson è stato Presidente degli anni della Grande Guerra, cercò una pace rispettosa dei popoli e si adoperò per la nascita della Società delle Nazioni, progenitrice dell'ONU. Dunque io lo vedrei in lizza per il terzo posto insieme a Reagan, che potrà non piacere per ragioni ideologiche ma indubbiamente ha ottenuto grandi risultati. Tutti gli altri no:

- Grant non seppe gestire bene la ricostruzione degli USA dopo la guerra civile, e ci vollero poi decenni affinché le ferite venissero sanate;

- Johnson fu il Presidente dell'escalation in Vietnam (e tra le tante ipotesi sulla morte di Kennedy una delle più gettonate è quella che vorrebbe in Presidente assassinato "troppo morbido" sulla questione Vietnam, visto che sotto il suo successore ci fu "finalmente" l'incidente del Golfo del Tonchino);

- Obama e il suo predecessore Bush Jr. seppur con le ovvie differenze, soprattutto in politica interna (tra brutalizzare l'Iraq da una parte o la Libia e la Siria dall'altra difficile vedere differenze significative) hanno governato in un periodo di declino ed impoverimento della politica americana. Ormai le istituzioni procedono con il "pilota automatico" ed i presidenti sono personaggi che hanno solo quel "volto simpatico" che serve per ben figurare insieme a moglie, figli e cane d'ordinanza;

- Jackson come hai già specificato fu un Presidente accentratore, cosa sempre antipatica per una nazione a base federale;

- Trump non ha ancora terminato il primo mandato, aspettiamo... anche perché con l'aria che tira potrebbe anche fare (e ovviamente speriamo di no) la fine di Kennedy - una cosa che ho letto ai tempi dell'elezione, è che Trump è il primo Presidente a portare un figlio maschio alla Casa Bianca dopo tanti Presidenti che avevano solo figlie femmine... l'ultimo ad avere un figlio maschio è stato proprio JFK;

- Nixon... tutt'al più Cynthia Nixon!

P.S. Se volete vedere un Monte Rushmore alternativo con i quattro peggiori presidenti USA di sempre (Donald Trump, Herbert Hoover, George W. Bush e Richard Nixon), disegnato da Daniel Adel, cliccate qui! La troverete in questo sito.

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E ora, l'ucronia di aNoNimo:

I Presidenti cinematografici per davvero!

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1963-1968: Merkin Muffley, Democratico

Interpretato da Peter Sellers nel film "Il Dottor Stranamore" (1963)

Succedette a John Fitzgerald Kennedy, del quale era Vicepresidente, al momento del suo assassinio a Dallas il 22 novembre 1963. Promosse un ampio piano di riforme per migliorare le condizioni di vita delle fasce di popolazioni più deboli ed emarginate degli Stati Uniti, e divenne noto come "il presidente dei diritti civili" per la sua strenua lotta contro le discriminazioni razziali negli Stati del Sud. Inoltre, nonostante il Vietnam del Nord comunista minacciasse con sempre maggior forza il Vietnam del Sud alleato degli USA, rifiutò di lasciarsi coinvolgere in un conflitto di grandi proporzioni nella penisola Indocinese: ritornando su alcune decisioni già prese dai suoi predecessori, si limitò ad inviare scarse truppe e consiglieri militari nel Vietnam del Sud. In tal modo provocò la caduta di Saigon in mani comuniste già il 30 aprile 1967 e l'unificazione del Vietnam sotto il regime comunista di Ho Chí Minh, ma evitò che un'intera generazione di giovani statunitensi restasse segnata dagli orrori della guerra. Il movimento del "Sessantotto" e dei "Figli dei Fiori" nacque dunque non in opposizione alla Guerra del Vietnam, ma all'invasione della Cecoslovacchia da parte dei carri armati di Mosca, che stroncarono brutalmente la "Primavera di Praga". Accusato da molti alti ufficiali dell'esercito USA di aver sacrificato un alleato prezioso di Washungton nel sudest asiatico, il Presidente Muffley dovette affrontare la minaccia costituita dal generale Jack D. Ripper, comandante della base aerea statunitense di Burpelson, il quale scavalcò il Presidente e trasmise al suo stormo di 34 bombardieri strategici B-52 l'ordine di dare il via al piano "R", ossia il bombardamento nucleare di uno dei paesi del Patto di Varsavia, in questo caso la Polonia, allo scopo di regolare i conti una volta per tutte con l'odiata Unione Sovietica attraverso un fatale confronto nucleare. Il conflitto atomico e la probabile estinzione dell'umanità furono evitati solo grazie al decisivo intervento all'ultimo minuto dell'agente segreto britannico James Bond, meglio noto come 007. Comunque la vittoria comunista in Vietnam, l'inquietante opposizione degli alti quadri dell'esercito e le crescenti divisioni all'interno della sua amministrazione nel 1968 indussero Muffley a rinunciare ad una nuova candidatura e ritirarsi dalla vita politica.

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1968-1974: William Harrison Mitchell, Repubblicano

Interpretato da Kevin Kline nel film "Dave - Presidente per un giorno" (1993)

Dopo la vittoria dei Vietcong in Vietnam, William Mitchell (già sconfitto da J.F. Kennedy nel 1960) vinse a man bassa le elezioni presidenziali del 1968 e fu riconfermato nel 1972. Primo Presidente nato in uno degli Stati del Pacifico, fra le sue politiche si ricordano l'apertura alla Cina in chiave antisovietica e alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato, la libertà d'impresa, l'escalation proibizionista verso le droghe leggere, l'istituzionalizzazione delle prime politiche ambientali e il nuovo impulso dato alla Corsa allo Spazio. Infatti, dopo che Neil Armstrong ebbe posto piede sulla Luna il 21 luglio 1969, non dovendo spendere cifre faraoniche per la Guerra nel Vietnam, Mitchell decise di accettare il progetto di Wernher Von Braun che prevedeva di portare un Americano su Marte entro il 1990. Prese così il via il Programma Capricorn, iniziato con l'invio delle sonde automatiche Viking sul Pianeta Rosso e proseguito con spedizioni umane a distanza sempre maggiore dalla Terra. Molti sono però gli aspetti controversi della sua Presidenza. Infatti sostenne il colpo di Stato in Cile del generale Augusto Pinochet che tentò di abbattere il governo di Salvador Allende, fallito grazie all'intervento di truppe cubane e argentine. Si circondò di collaboratori fidati ma dal discutibile comportamento, come il consigliere Bob Alexander, infido personaggio che pare gli reggesse il sacco durante le sue numerose scappatelle extraconiugali ai danni della First Lady Ellen (che gli rimase al fianco solo per conservare le apparenze, ma interruppe ogni rapporto con lui). Per questo, sembra che lo sostituisse con dei sosia durante le cerimonie ufficiali mentre egli si appartava con l'amante di turno. Alexander inoltre lo avrebbe incoraggiato a compiere pressioni e interferenze anche illegali sia negli affari interni che nelle relazioni internazionali. Quando divennero di pubblico dominio i traffici illeciti ai fini del loro tornaconto personale portati avanti da Mitchell e Alexander d'intesa fra di loro, il 9 agosto 1974 il Presidente ammise davanti al Congresso le proprie responsabilità e annunciò le proprie dimissioni (unico presidente statunitense a dimettersi dalla carica), ma poco dopo fu colpito improvvisamente da ictus cerebrale e morì, lasciando la carica al suo Vice, l'integerrimo Gary Nance, la cui onestà era stata dimostrata dallo stesso Mitchell poco prima di morire. Alcune tesi complottiste sostengono che in realtà Mitchell fosse stato colpito da ictus durante una scappatella con una segretaria, e il sosia di turno chiamato a sostituirlo in quell'occasione (si fa il nome dell'onesto Dave Kovic, titolare di un ufficio di collocamento che gli assomigliava come una goccia d'acqua) sarebbe stato convinto da Bob Alexander e dal resto del suo staff a prendere il suo posto, così da diventare una docile pedina nelle sue mani; scoperti gli illeciti, Kovic si sarebbe autodenunciato e poi avrebbe finto un malore per tornare nell'ombra alle sue vecchie occupazioni. Ma si tratta di voci indimostrate e indimostrabili.

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1974-1980: Gary Nance, Repubblicano

Interpretato da Ben Kingsley nel medesimo film.

Membro del Congresso dal 1949 e per 24 anni per il Partito Repubblicano, dichiarò più volte di non aver mai voluto correre per la Presidenza prima della morte di William Mitchell. Aveva fatto parte della Commissione Warren, che indagò sull'assassinio di John Fitzgerald Kennedy, avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963. Fu anche il leader del partito repubblicano alla Camera dei Rappresentanti, carica che detenne dal 1965 al 1973. Nance divenne presidente suo malgrado il 9 agosto 1974, allorquando Mitchell dovette rassegnare le dimissioni a seguito del cosiddetto scandalo Alexander, per poi morire poco dopo. Onesto e dal carattere mite, dotato di insospettabile carisma, il nuovo presidente scelse di mantenere un profilo basso e cancellò molte delle più discutibili decisioni prese dal suo predecessore. Alle Elezioni Primarie del 1976 Nance venne sfidato dall'ex attore e governatore della California, Ronald Reagan, ma lo batté e fu rieletto Presidente, sconfiggendo il Democratico Jimmy Carter. Sotto la presidenza Nance furono istituiti il Dipartimento dell'Energia e il Dipartimento dell'Istruzione: egli promosse una politica energetica nazionale che includesse il controllo dei prezzi ed incentivasse le nuove tecnologie, ma dovette affrontare l'emergenza ("Sindrome Cinese") seguita al pauroso incidente nucleare di Three Mile Island, in Pennsylvania. I suoi più grandi successi in politica estera furono gli Accordi di Camp David, con i quali si arrivò a un accordo di pace duraturo fra Giordania ed Israele, e il fallimento della Rivoluzione Iraniana, terminata con la morte in esilio dell'Ayatollah Ruhollāh Khomeinī, ma anche con l'abdicazione dello Shah Mohammad Reża Pahlavī, accusato di autocrazia e di corruzione, a favore del figlio Reza II Ciro Pahlavi. Dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan si rifiutò di boicottare le Olimpiadi di Mosca del 1980, affermando che lo sport è di tutti e non deve avere niente a che fare con la politica. Sotto la Presidenza Nance Buzz Aldrin, il secondo uomo ad aver messo piede sulla Luna, comandò la Capricorn 7, la prima missione umana a sorvolare con successo a distanza ravvicinata le nubi del pianeta Venere. Nonostante questi successi, disgustato dai compromessi politici a cui era costretto, nel 1980 si ritirò dalla vita politica e lasciò campo libero al proprio rivale dentro il Partito Repubblicano, Andrew Sheperd.

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1980-1988: Andrew Sheperd, Repubblicano

Interpretato da Michael Douglas nel film "The American President" (1995)

Famoso per il suo stile oratorio persuasivo che gli fece guadagnare la fama di grande comunicatore, fu governatore della California per due mandati e venne considerato il campione del conservatorismo made in USA. La sua politica economica basata sull'offerta (detta Sheperdnomics) fu caratterizzata dal taglio del 25% dell'imposta sul reddito, dalla riduzione dei tassi d'interesse, dall'aumento delle spese militari e anche del deficit e del debito pubblico. Sotto di lui l'economia statunitense conobbe una rapida ripresa, e per questo venne rieletto in maniera trionfale nel 1984, vincendo in 49 stati su 50. Spostò a destra l'asse del sistema giudiziario federale, nominando giudici conservatori alla Corte Suprema, e fece promulgare leggi restrittive in tema di aborto, ma è ricordato per le sue innovative politiche ecologiste. In politica estera rialzò il livello della sfida tecnologica e militare all'Unione Sovietica, con la quale aveva ingaggiato una seconda corsa allo spazio dopo quella alla Luna, stavolta per raggiungere Marte. L'obiettivo fu centrato il 4 luglio 1987 con lo sbarco su Marte dell'equipaggio della Capricorn 15, mentre i sovietici dovettero accontentarsi del primo sbarco umano su di un asteroide. Fortemente voluta da Sheperd fu anche la realizzazione della "Strategic Defense Initiative" o "Scudo Spaziale", per difendersi da un eventuale attacco nucleare sovietico, ultimato dal suo successore nel 1989. Sostenne inoltre la battaglia del Papa polacco Giovanni Paolo II in favore delle libertà civili in Polonia. Il tentativo di arrivare su Marte prima degli americani e i costi esorbitanti della Guerra in Afghanistan intanto accelerarono la fine dell'URSS, guidata dall'ultraconservatore Viktor Grišin che era subentrato a Konstantin Černenko sconfiggendo il progressista Michail Gorbačëv. Secondo alcuni storici, Sheperd con le sue politiche avrebbe direttamente causato il collasso dell'Unione Sovietica, mentre secondo altri il crollo sovietico era inevitabile e Sheperd lo avrebbe solo accelerato. Rivoluzionò le strategie di marketing politico, proponendosi come uomo nuovo, cittadino tra i cittadini, vicino alla gente, e fu abilissimo nel passare attraverso momenti economici negativi, sconfitte nelle votazioni del Congresso, crisi internazionali e scandali conservando tassi d'approvazione relativamente alti. Fu il primo Presidente USA a rimanere vedovo durante la Presidenza. Rimasto solo con la figlioletta dodicenne Lucy, conobbe Sydney Ellen Wade, volitiva avvocatessa ambientalista ingaggiata per sostenerlo nella campagna elettorale del 1984, e se ne innamorò. La love story però provocò le manovre del senatore Democratico Bob Rumson, il quale scoprì che dieci anni prima la Wade durante un corteo di protesta aveva bruciato la bandiera americana, e utilizzò questo fatto per screditarne l'immagine. Quando Shepherd si trovò costretto a dimezzare la portata del trattato sull'ambiente, per il quale Sydney si era battuta con forza, quest'ultima si infuriò e abbandonò Sheperd. Gli attacchi sempre più pesanti di Rumson e l'abbandono della donna amata scatenarono tuttavia l'orgoglio del Presidente che, in un discorso in diretta televisiva, ordinò di riportare il decreto alla stesura originaria. La stampa, l'opinione pubblica ed il Senato reagirono in modo entusiasta, e Sydney tornò dal Presidente e lo sposò dopo la fine dei suoi otto anni alla Presidenza, restandogli accanto fino alla morte.

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1988-1992: Thomas J. Whitmore, Repubblicano

Interpretato da Bill Pullman nel film "Independence Day" (1996)

Già Vicepresidente di Andrew Sheperd per due mandati, fu membro della Camera dei Rappresentanti e direttore della CIA. Nato a Hornell, Contea di Steuben, nello Stato di New York, e figlio di un Senatore, da giovane si trasferì con la famiglia nel Texas occidentale per entrare nel business del petrolio, diventando così milionario. Grazie alla sua fortuna poté finanziare la campagna elettorale per la successione a Sheperd e sconfiggere l'avversario, il Democratico Michael Dukakis. Whitmore assistette alla caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e alla fine anticipata dell'URSS, causata dalle politiche reazionarie e dalla mancanza di una "Perestrojka" da parte di Viktor Grišin, che dovette lasciare il posto a Boris Petrov. Quest'ultimo avallò la disgregazione dell'URSS nelle quindici repubbliche che la componevano e permise il viaggio a Mosca di Papa Giovanni Paolo II. Nel 1990 il dittatore iracheno Saddam Hussein invase il Kuwait, stretto alleato di Whitmore, e lo annesse; di conseguenza il Presidente USA formò una coalizione militare cui parteciparono anche Regno Unito, Francia, Italia, Arabia Saudita ed Iran, che liberò il Kuwait ed invase l'Iraq. Il carismatico generale Teddy Bridges, futuro Presidente USA, entrò trionfalmente a Baghdad, accolto come un liberatore, e catturò Saddam Hussein, che in seguito fu processato e impiccato per crimini contro l'umanità. L'Iraq fu trasformato in uno stato federale, retto dal Presidente curdo Jalal Talabani, fedelissimo di Whitmore; l'intromissione americana negli affari arabi provocò la ribellione del miliardario saudita Osama Bin Laden, che fondò l'organizzazione terroristica Al Qaeda. Whitmore diede anche nuovo impulso all'esplorazione spaziale inaugurando la Base Lunare Alpha, prima base spaziale permanente sul nostro Satellite sempre occupata da almeno tre astronauti. Primo comandante della Base Lunare fu John Koenig. Secondo alcune voci complottiste, gli astronauti che fondarono la Base Alpha avrebbero scoperto che una flotta di astronavi aliene si stava avvicinando alla Terra per conquistarla, e la avrebbero respinta dopo una serie di vere e proprie "Guerre Stellari" sulla faccia nascosta della Luna, conclusesi il 4 luglio 1992, da cui il nome di "Independence Day Operation"; in pochi però danno credito a questa storia. Nonostante i successi in politica estera, Thomas J. Whitmore non mantenne la promessa di non inasprire la tassazione (aveva dichiarato in pubblico: « Read my lips: no new taxes! »), e per questo perse le elezioni presidenziali del novembre 1992, superato dal democratico James Marshall.

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1992-2000: James Marshall, Democratico

Interpretato da Harrison Ford nel film "Air Force One" (1997)

Nato a Chicago, è stato uno dei Presidenti più popolari di sempre. All'Università di Yale conobbe la moglie Grace, ed entrambi si laurearono in Legge in quell'Ateneo. I due hanno avuto una figlia, Alice. Marshall è stato descritto come un "New Democrat" e le sue scelte politiche hanno seguito la cosiddetta "Third Way" di centro, che concilia le tradizionali posizioni di destra sull'economia con una politica sociale progressista. Governatore dell'Illinois, revisionò il sistema scolastico statale e fu Presidente della National Governors Association. Eletto Presidente nelle elezioni del 1992 dopo 24 anni di dominio Repubblicano, durante il suo mandato gli Stati Uniti d'America hanno vissuto uno dei più lunghi periodi di pace e prosperità economica di sempre. Per la prima volta il Suo Vicepresidente fu una donna, la saggia e riflessiva Kathryn Bennett. Nel 1993 egli ottenne un grandissimo successo diplomatico negoziando un trattato di pace e di mutuo riconoscimento tra Israele e Palestina. Tra i suoi provvedimenti più importanti ricordiamo il North American Free Trade Agreement (NAFTA), vasta area di libero scambio con Messico e Canada sul modello della UE, e un grandioso tentativo di riforma del sistema sanitario. Sotto la sua Presidenza inoltre la NATO e l'ex Patto di Varsavia si fusero in un'unica organizzazione militare di mutua difesa contro le minacce terroristiche che venivano dai nostalgici del comunismo e dagli integralisti di ogni religione. Tale nuova organizzazione è conosciuta col nome di Trattato di Mosca, avendo sede nella ex capitale sovietica. Siccome il dittatore del Kazakhstan, generale Ivan Radek, si rifiutò di aderire al trattato e cercò di restaurare nel suo paese un regime comunista monopartitico, nel 1994 forze speciali americane e russe attaccarono la capitale kazakha Alma Ata e catturarono e deposero il Generale. Tre settimane dopo, mentre tornava da Mosca (dove aveva celebrato l'evento, parlando in un fluente russo) a Washington, l'Air Force One del Presidente Marshall subì un tentativo di dirottamento da parte del terrorista comunista Egor Korshunov, fedelissimo di Radek, ma lo stesso Presidente reagì con grande energia ed uccise Korshunov scaraventandolo fuori dall'Air Force One, mentre Radek, che aveva tentato di evadere, venne ucciso in combattimento dagli uomini del Presidente russo Boris Petrov, amico personale di Marshall. Questo successo è ricordato dagli storici con il nome di "Air Force One Affair", e fece schizzare alle stelle la popolarità del Presidente battagliero, che venne rieletto a valanga nelle elezioni del 1996. Durante il suo secondo mandato riuscì a far passare una riforma del welfare e lo "State Children's Health Insurance Program", che fornì assistenza sanitaria a milioni di bambini, e gli Americani compirono un secondo sbarco umano sul Pianeta Marte, ma dovette anche confrontarsi con gli attacchi terroristici condotti contro obiettivi americani e russi da Osama Bin Laden.. Negli ultimi tre anni del suo mandato, il bilancio federale ha avuto un avanzo primario positivo. Marshall ha lasciato la carica con il più alto indice di gradimento mai ottenuto da un presidente dopo la seconda guerra mondiale, è riuscito a far eleggere dopo di lui il suo Vicepresidente Tom Beck, subentrato nel 1996 a Kathryn Bennett che dovette lasciare la carica per motivi di salute, e ha creato la James Marshall Foundation con lo scopo di sensibilizzare la popolazione su questioni d'interesse mondiale come la prevenzione dell'AIDS e il riscaldamento globale.

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2000-2008: Tom Beck, Democratico

Interpretato da Morgan Freeman nel film "Deep Impact" (1998)

Già Vicepresidente di James Marshall, in gioventù amico e collaboratore di Martin Luther King, fu il primo Presidente di colore degli Stati Uniti d'America, risultato ottenuto sconfiggendo il petroliere texano George W. Bush, già Vicepresidente di Thomas J. Whitmore. Sotto di lui la lotta per i diritti umani conobbe un notevole impulso. Iniziò un forte sostegno economico e politico all'America Latina, specialmente al Messico, ridusse i coinvolgimenti statunitensi in azioni militari di "esportazione della democrazia" e firmò il protocollo di Kyōto, che prevede la riduzione nelle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera, che contribuiscono al riscaldamento globale del pianeta. L'11 settembre 2001 la CIA riuscì a sventare il peggior attacco terroristico di tutti i tempi, arrestando venti militanti di Al Qaeda prima che riuscissero a salire su aerei di linea che intendevano dirottare per farli schiantare contro obiettivi civili, in primis le Twin Towers di New York. Come conseguenza le truppe del Trattato di Mosca invasero l'Afghanistan e rovesciarono il regime integralista dei Talebani, che davano ospitalità ad Osama Bin Laden. Quest'ultimo fu ucciso in un'azione militare, e Hamid Karzai, alleato dell'Occidente, divenne nuovo Presidente della Repubblica Islamica dell'Afghanistan. Lo stato asiatico aderì al Trattato di Mosca, ma gli attacchi terroristici di Al Qaeda, ora guidata da Abu Musab al-Zarqawi, non cessarono ed anzi aumentarono di intensità. Tom Beck inoltre fu in prima linea per il riconoscimento dei diritti ai LGBT e portò avanti una politica molto attenta ai temi ambientali. Il 13 agosto 2004 fu presente di persona alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici di Roma. Nel 2007 si diffuse la notizia che un nucleo cometario avrebbe potuto schiantarsi con la Terra causando quello che è conosciuto in gergo come "Deep Impact" e un conseguente inverno nucleare con conseguenze catastrofiche per l'umanità, ma il Presidente Beck utilizzò lo "Scudo Spaziale" del Presidente Andrew Sheperd per bombardare con missili nucleari e disintegrare il nucleo cometario prima che la sua traiettoria potesse diventare pericolosa per il nostro Pianeta. Purtroppo fu accusato dai suoi detrattori di non aver saputo affrontare con altrettanta energia il disastro causato negli Stati del Sud dall'Uragano Katrina, e per questo non riuscì a far eleggere dopo di lui il suo Vicepresidente James Sawyer, di colore come lui.

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2008-2010: Teddy Bridges, Repubblicano

Interpretato da Will Lyman nel telefilm "Una donna alla Casa Bianca" (2005-2006)

Ex Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, nel 1991 conquistò l'Iraq deponendo e catturando il dittatore Saddam Hussein. Siccome gli USA hanno spesso eletto Presidente un grande generale dopo una guerra vittoriosa, vinse (seppur di stretto margine) le elezioni del 2008, scegliendo un Vicepresidente di sesso femminile, Mackenzie Allen. Fin da subito prese decisioni impopolari, come la decisione di non ratificare il trattato che istituiva la Corte Penale Internazionale, il taglio di tutti i fondi al Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) ,asserendo che l'UNFPA sosteneva l'aborto e la sterilizzazione in Cina, e l'invasione in armi di Haiti per porre fine alla guerra civile che infuriava nel paese più povero delle Americhe. Fece anche salire la tensione con la Corea del Nord a causa dei test nucleari eseguiti da quest'ultima. Cancellò inoltre i diritti in favore dei LGBT introdotti dal suo predecessore. Gli scienziati hanno ripetutamente criticato l'amministrazione Bridges per la riduzione di fondi per la ricerca scientifica, le restrizioni nella ricerca sulle cellule staminali, l'ignorare l'opinione scientifica su problemi critici come il riscaldamento globale e l'ostacolo alla cooperazione con scienziati stranieri mediante l'applicazione deterrente di pratiche burocratiche di immigrazione e la concessione di visti. Egli inoltre cancellò il progetto di una missione con equipaggio umano diretta verso le Lune di Giove. Erano molto diffuse su Internet le raccolte di "bridgesismi", citazioni del Presidente che avrebbero dimostrato i suoi problemi nell'uso del linguaggio e le sue gravi lacune culturali. Colpito da aneurisma cerebrale, morì improvvisamente il 30 novembre 2010.

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2010-2016: Mackenzie Allen, Repubblicana

Interpretata da Geena Davis nel medesimo telefilm.

Prima Presidente donna degli Stati Uniti d'America, nonché Rettrice dell'Università di Richmond, dovette affrontare l'ostilità e a tratti l'opposizione del suo stesso staff, che avrebbero voluto le sue dimissioni per sostituirla con il Presidente della Camera, Nathan Templeton, rappresentante dell'Ultradestra. Come primo atto della Presidenza, dietro minaccia di un'invasione militare costrinse il governo della Nigeria a consegnarle una donna condannata a morte per lapidazione per aver avuto una relazione extraconiugale. Del suo staff faceva parte anche suo marito Rod Calloway, primo First Gentleman della storia d'America. Dopo cinquant'anni di ostilità, e nonostante l'opposizione di una parte del suo Partito, la Allen concluse un trattato di pace con il regime castrista di Cuba, con il quale ripresero le relazioni politiche e commerciali, e per questo fu insignita del Premio Nobel per la Pace nel 2009. Si batté per i diritti LGBT e portò avanti una politica più restrittiva dei suoi predecessori riguardo alla vendita di armi, per ridurre la violenza diffusa nel paese, ma mettendosi così in urto con la potente lobby delle armi. Per combattere la recessione economica iniziata già sotto la Presidenza di Tom Beck, Mackenzie Allen firmò l'American Recovery and Reinvestment Act, un pacchetto di stimolo economico di 787 miliardi di dollari per aiutare l'economia a recuperare dall'incremento della recessione mondiale. L'atto includeva una maggiore spesa federale per l'assistenza sanitaria, l'infrastruttura, l'istruzione, varie tassazioni fiscali e incentivi, e l'assistenza diretta agli individui. Tutto questo le permise di essere rieletta il 4 novembre 2008. Portò avanti una politica energetica incentrata sulle energie rinnovabili, dopo che il 20 aprile 2010 un'esplosione distrusse un impianto di perforazione offshore nel Golfo del Messico, causando una forte perdita di petrolio in mare e una catastrofe ambientale; per questo la Allen ordinò un'indagine federale e formò una commissione bipartisan per studiare nuovi standard di sicurezza. Intervenne militarmente in Siria per rovesciare il dittatore Bashar al-Assad, che aveva dato ordine al suo esercito di sparare contro il suo stesso popolo, che manifestava a favore della democrazia, e proseguì il braccio di ferro con la Corea del Nord. D'intesa con il nuovo Presidente Russo Dmitrij Kharkov, inoltre, portò avanti una dura battaglia contro l'ISIS, nato da una costola di Al Qaeda e nuovo portabandiera del terrorismo islamico internazionale. Non riuscì invece ad arrivare ad un accordo di pace definitivo tra israeliani e palestinesi. Il settimanale "TIME" la prescelse quale "persona dell'anno" nel 2008 e nel 2012, ma la crescente opposizione alle sue politiche in seno al Partito Repubblicano la indussero a rinunciare a correre per una seconda candidatura.

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2016-in carica: James Sawyer, Democratico

Interpretato da Jamie Foxx nel film "White House Down" (2013)

Senatore del Texas, già Vicepresidente di Tom Beck, sconfisse a sorpresa il candidato del Partito Repubblicano, il magnate Donald Trump, che tutti i sondaggi davano per vincitore, e divenne il secondo Presidente di colore degli Stati Uniti d'America. Suo Vicepresidente fu John John Kennedy, figlio del leggendario John Fitzgerald Kennedy. Riprese le politiche progressiste di Mackenzie Allen, soprattutto in tema di diritti LGBT, e accolse alla Casa Bianca il primo Papa della Chiesa Cattolica nato negli Stati Uniti, il Cardinale Arcivescovo di Boston Sean Patrick O'Malley OFM, eletto il 13 marzo 2013 con il nome di Francesco, dopo le inaspettate dimissioni di Papa Benedetto XVI. Sotto la sua Presidenza venne ucciso Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell'ISIS autoproclamatosi Califfo. Il 23 maggio 2019 un gruppo paramilitare assoldato da Martin Walker, capo dei servizi segreti e noto suprematista bianco, irruppe nella Casa Bianca per catturare e deporre il Presidente Sawyer: un atto, questo, davvero senza precedenti. Tuttavia John Cale, agente di polizia di Washington che si trovava per caso alla Casa Bianca, riuscì a salvare il Presidente dall'attacco terroristico fuggendo e nascondendosi tra i numerosi cunicoli della magione presidenziale. Grazie a Emily, figlia di John Cale che, prima di essere catturata dai guerriglieri, postò sul suo canale YouTube un video che ritraeva i terroristi, l'intelligence riuscì scoprire i piani dei paramilitari: il gruppo manovrato da Walker voleva infatti lanciare un attacco contro la Corea del Nord per vendicare gli americani morti durante i periodici scontri a fuoco con l'esercito di quella nazione, tra cui il figlio di Walker; in combutta con lo speaker del Congresso, il suprematista bianco intendeva anche favorire lo scoppio di una nuova guerra per interessi legati alla vendita delle armi da parte dell'industria bellica americana. Alla fine John Cale riuscì a salvare il Presidente e a sabotare il piano che vedeva coinvolte le più alte cariche della nazione. Il primo a congratularsi con James Sawyer per il successo dell'operazione di salvataggio fu il Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Falcone.

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Così ha commentato Enrico Pellerito:

Un'idea GE-NI-A-LE!!!
Certo ce ne sono stati di "immaginari" presidenti USA portati sul grande schermo, come Jordan Lyman (Fredich March) di "Sette giorni a maggio" (1964), il mai nominato (Henry Fonda) di "A prova di errore" (1964), il presidente Harris (Leslie Nielsen) di "Scary Movie 3" (2003), Thomas Wilson (Danny Glover) di "2012" (2009), e chissà quanti altri che ora non ricordo.
In Italia, invece, questa figura istituzionale è stata poco considerata dal mondo del cinema; mi sovviene l'attore Alberto Plebani in "Colpo di stato" (1969) di Luciano Salce, Claude Dauphin in "Vogliamo i colonnelli" (1973) di Mario Monicelli e poi Claudio Bisio che interpreta il presidente Giuseppe Garibaldi in "Benvenuto Presidente!" (2013) di Riccardo Milani.

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Allora Tommaso ha voluto lavorarci su di fantasia:

Ecco un mio divertissement sui Presidenti USA tratti dal Folklore, dal cinema, dalla letteratura e dalla cultura pop:

1) Robert Rogers (pur essendo un personaggio storico è anche una figura leggendaria, cui sono dedicati racconti e film) 1789-1797
2) Ichabod Crane (Protagonista del Racconto di Irving, del film di Burton, e della serie del 2015, Sopravvissuto per miracolo all'incontro con il Cavaliere senza testa, da lui ucciso durante la rivoluzione Americana) 1797-1801
3) Johnathan "Johnny" Tremain (protagonista del romazo di Esther Forbes del 1943, dopo aver risolto il problema alla mano è diventato un eroe dell'Indipendenza ) 1801-1809
4) Samuel Wilson (secondo alcuni, il modello su cui è basata la figura dello Zio Sam) 1809-1817
5) Rip Van Winkle (Protagonista del racconto di Washinghton Irving, solo che di anni ne ha dormiti 40 senza invecchiare).(1817-1825)
6) John Chapman (Anche conosciuto come Johnny Semedimela, realmente esistito ma anche lui figura leggendaria, qui considerato uno dei presidenti più amati) (1825-1829)
7) Patrick (Za-gor-te-nay) Wilding (Il primo presidente degli Stati Uniti allevato dagli indiani ) 1829-1837
8) David "Davy" Crockett (Personaggio storico ma anche lui figura leggendaria: qui non è morto ad Alamo) 1837-1841
9) Paul Bunyan (Gigantesco boscaiolo del Montana, dopo aver vinto la sfida con la motosega ha fatto carriera nell'esercito, e poi in politica, ma ahimè muore d'indigestione all'indomani della vittoria) 1841
10) Antony "Tony" Beaver (Suo cugino, molto piccolo di statura, ma incredibilmente forte) 1841-1845
11) Johnathan "Johnny" Kaw (Agricoltore del Kansas grande quanto Paul Bunyan) 1845-1849
12) Christopher Houston "Kit" Carson (altro personaggio storico, leggendario trapper, ma questo è la versione immortalata nel Tex della Bonelli) 1849-1850; non muore, si dimette
13) Jackob "Jack" Robinson (Avvocato dalla proverbiale parlantina e velocità, tanto che il suo stesso nome è sinonimo di rapidità) 1850-1853
14) Alfred Bulltop Stormalong (Gigantesco Capitano del Massachussets, e terzo Presidente Gigantesco della storia degli states) 1853-1857
15) Samuel Hide (Leggendario bugiardo spaventosamente longevo, considerato il peggior presidente della storia) 1857-1861
16) Abraham Lincoln (Come nella nostra Timeline, in più qui è un Cacciatore di Vampiri, come descritto nel romanzo di Seth Graham Smith) 1861-1865
17) Henry "Hank" Morgan ( brillante ingegnere e viaggiatore nel tempo, come descritto in "Un Americano del Connecticut alla Corte di re Artù") 1865-1869
18) Tex Willer ( Ranger del Texas nativo dell'Arizona, amico del Presidente Carson ed eroe della Guerra di Secessione immortalato dai fumetti Bonelli) 1869-1877
19) John Reid (Anche conosciuto come il Ranger Solitario, avvocato e giustiziere) (877-1881
20) Kenneth "Ken" Parker (Eletto Dopo essere stato assolto dall'accusa di omicidio di un poliziotto corrotto, ma sarà assassinato da un altro poliziotto corrotto) 1881
21) Mattew Leibowitz Hawk (Noto come Kid Due Pistole, brillante avvocato e giustiziere del West) 1881-1885
22) William "Pecos Bill" Wild (Leggendario Pistolero Texano, unico presidente eletto in due mandati non consecutivi) 1885-1889
23) William Cody "Buffalo Bill" (Personaggio storico e leggendario pistolero del West) 1889-1893
24) William "Pecos Bill" Wild (1893-1897)
25) Jonah Woodson Hex (Leggendario Cacciatore di taglie reso immortale dai fumetti DC, sceriffo e governatore dell'Arizona, famoso per l'ustione su parte del volto, sarà assassinato da un vecchio nemico) 1897-1901
26) James Butler "Wild Bill" Hickok (personaggio storico, sopravvissuto all'assassinio da parte di  John "Naso Rotto" McCall) 1901-1909
27) Johnathan Luther "Casey" Jones (Sopravvissuto eroicamente all'incidente del 1900) 1909-1913
28) Thomas "Tom" Sawyer (Diventato famoso per una serie di avventure giovanili, e poi per una carriera eccezionale nella Pinkerton) 1913-1921
29) George Washington "G.W." Mc Lintock (Odiatissimo dalle femministe ma apprezzato sia dai lavoratori che dagli imprenditori, morirà di Spagnola in carica) 1921-1923
30) James Wellington Wimpy (Astuto e acculturatissimo magnate della gastronomia, dopo la fine della sua carriera politica divenne un faccendiere perennemente in cerca di finanziamenti. Immortalato come personaggio a fumetti del Thimble Theater e poi di Popeye) 1923-1929
31) Randolph Carter (Che non ha mai scambiato la sua mente con un alieno come supposto dal suo biografo non autorizzato H.P. Lovecraft, e che ha fondato l'Ente per la Risposta e la Difesa dalle Minacce Aliene e Soprannaturali) 1929-1933
32) Joseph "Joe" Magarac (Primo Presidente Cattolico degli Stati Uniti, noto per il potere di trasformarsi in acciaio vivente, di estrazione operaia, fu ucciso dal Teschio Rosso al termine della Seconda Guerra Mondiale) 1933-1945
33) John Lamont Cranston (Detto l'Uomo Ombra, dotato di poteri mistici di natura psichica e reso celebre da un Serial radiofonico) 1945-1953
34) Henry "Indiana" Jones Jr (Archeologo, avventuriero ed eroe della seconda guerra mondiale) 1953-1961
35) Steven Grant "Steve" Rogers (Capitan America, Supersoldato ed eroe nella II Guerra Mondiale e nella Guerra di Corea, scampato all'ibernazione nel 1945, ma non nel 1963) 1961-1963
36) Nicholas Joseph "Nick" Fury (Eroe di Guerra, Marine, agente segreto e fondatore dello Strategic Hazard Intellefence Espyonage Logistic Directorate, SHIELD. Tuttora, l'ex presidente più longevo della storia degli States) 1963-1969
37) Jefferson Davis "J.D." Hogg (Detto Boss Hogg, Ricco faccendiere georgiano, fino alla morte padrone assoluto della Contea di Hazzard, considerato allo stesso tempo uomo molto capace ed estremamente corrotto, caratterizzato da un profondo disprezzo per l'uso della violenza e da una grande avidità; le sue vicende prima e dopo la presidenza sono descritte nella serie "the Dukes of Hazzard", è l'unico presidente costretto a dimettersi) 1969-1974
38) Rosco Purvis Coltrane (Incompetente Sceriffo della contea di Hazzard, cognato di J.D. Hogg, succedutogli disastrosamente dopo le dimissioni) 1974-1977
39) Hollis Travis Mason (Detto il Gufo Notturno, eroe Anticrimine della New York degli anni '40, Sindaco e scrittore di successo, autore dei libri "Sotto la Maschera" e "Watchmen", dai quali hanno tratto serial e Graphic Novels di successo) (1977-1981)
40) Adrian Alexander Veidt (Detto Ozymandias, geniale scienziato multimiliardario e vigilante, che, come si è scoperto recentemente, si macchiò di svariate nefandezze al fine di poter vincere ed implementare le sue politiche) 1981-1989
41) Norman Osborn Jr (Geniale scienziato e spietato uomo d'affari, Osborn non riuscì a tenere a freno il suo lato psicotico divenendo il supercriminale Goblin in seguito ad un incidente) 1989-1993
42) Anthony "Tony" Stark (Brillante scienziato, miliardario e filantropo, Tony ha costruito l'armatura di Iron Man, e ha interrotto la produzione d'armi delle Industrie Stark) 1993-2001
43) Harold "Harry" Osborn (Figlio di Norman con un passato di tossicodipendenza, riscattatosi, almeno in apparenza; in realtà ha ereditato il ruolo di Goblin dal padre) 2001-2009
44) Bruce Wayne (Miliardario e filantropo, proprietario delle Imprese Wayne, è in segreto il vigilante Batman, il più grande detective del pianeta, e un maestro del corpo a corpo) 2009-2017
45) Alexander Joseph "Lex" Luthor (Scienziato e miliardario psicotico che è riuscito ad ottenere il potere cavalcando le paure della classe rurale) 2017-in carica

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Andrea Mascitti a questo punti ci domanda:

Ma nelle primarie é mai accaduto che il vincitore una volta eletto presidente, abbia scelto come vice il candidato sconfitto nelle primarie?

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E Federico gli risponde:

Faccio notare che la possibilità di scegliere il proprio principale sfidante, battuto in regolari primarie/metodo della convention che si usava prima delle primarie, non è così remota. Dal 1900 ad oggi, in trenta elezioni e sessanta convention, è accaduto 6 volte, cioè 1 su 10, tre per i Repubblicani e tre per i democratici: nel 1928 Herbert Hoover scelse il capofila degli anti-Hoover, il capogruppo al Senato Charles Curtis, come proprio vicepresidente; nel 1944 il repubblicano Thomas Dewey accettò il suo principale sfidante, il Senatore dell'Ohio John Bricker, come proprio running mate; nel 1956 il candidato democratico ed ex governatore dell'Illinois Adlai Stevenson non si oppose alla nomina del suo grande avversario, il Senatore del Tennessee Estes Kefauver, alla vicepresidenza; quattro anni dopo, nel 1960 JFK diede il posto di vice al texano Lyndon Johnson, che era stato il suo grande concorrente per la nomination ma era stato battuto e pensò inizialmente ad uno scherzo; nel 1980 Ronald Reagan pianificò di offrire la vicepresidenza all'ex Presidente Gerald Ford ma quando questo non fu possibile a causa delle richieste di Ford il vecchio cowboy reazionario, che aveva il terrore di perdere a casa delle sue posizioni destrorse, offrì la vicepresidenza al suo rivale George HW Bush, la cui carriera politica dopo la sconfitta appariva al capolinea, inaugurando una longeva dinastia repubblicana; infine nel 2004 John Kerry fu convinto dai suoi consiglieri a non offrire la vicepresidenza a Dick Gephardt, ex capogruppo della Camera e suo vecchio avversario, in favore del secondo classificato John Edwards, che accetto, anche se poi persero.

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Ora la parola va a Dario Carcano:

Una storia impossibile

“Sì, pronto? Parlo con la redazione della rivista People? Avrei uno scoop per voi. Sì esatto, vorrei che lo pubblicaste, magari in prima pagina. Di che si tratta? Che il Presidente T. è il più grande presidente nella storia di questo paese. Chi sono io? Il mio nome è… ehm, Ajeje! Sì, Ajeje Brazorf. Quindi lo pubblicherete? Pronto!?”

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Entrò nello Studio Ovale il consigliere Milton, che chiese al Presidente se avesse letto il report della Sicurezza Nazionale.

Presidente T.: “Non sono stato eletto per leggere report, riassumimelo in trenta secondi.”

Milton: “Certo, signor Presidente. In breve, si parla dell’eventualità che i segnali captati dal SETI il mese scorso siano effettivamente provenienti da un pianeta alieno abitato da vita intelligente.”

Presidente T.: “E a noi di questo cosa importa? Posso usarlo per guadagnare voti alle prossime elezioni?”

Milton: “Beh, signor Presidente, ce ne importa perché sono state avvistate navi aliene al largo di Giove che sembrano dirette verso la Terra, e alla velocità attuale saranno qui tra una settimana.”

Presidente T.: “Allora licenzia il capo delle nostre Forze Spaziali.”

Milton: “Ehm... Signor Presidente, non abbiamo delle Forze Spaziali.”

Presidente T.: “Allora fondale, assumi qualcuno per guidarle e poi licenzialo. Poi indici una conferenza stampa e chiama i segretari per una riunione di Gabinetto. Non credevo che sarebbe successo, ma sarò il primo Presidente a guidare una guerra interplanetaria. E ho sensazioni molto buone a riguardo, vero Milton?”

Milton: “Certo, signor Presidente.”

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Presidente T.: “Americani e americane, oggi mi rivolgo a voi per fare un annuncio che cambierà la storia della nostra nazione. Mi sono consultato con gli esperti, con le migliori menti di questa nazione, ossia il mio gabinetto presidenziale, e sembrerebbe che non siamo soli nell’Universo. C’è vita al di fuori della Terra.
Alcuni buonisti liberali e fan dell’accoglienza potrebbero dire che è una grande occasione per venire a contatto con una civiltà tecnologicamente più avanzata, ma io non sono d’accordo. Ho avuto un nonno scienziato, e questo fa di me uno scienziologo, e in quanto tale io ritengo che tra noi e loro non ci può essere pace né cooperazione.
Anche se noi non sappiamo nulla di loro, non sappiamo nulla della loro cultura o della loro religione, essi rappresentano senza alcun dubbio la negazione di tutti i valori in cui noi Americani crediamo. Noi Americani siamo il più grande popolo al mondo, e siamo tornati ad esserlo grazie alla mia presidenza, nonostante i complotti dei liberali e un virus cinese. È tempo di mantenere grande l’America, perciò a novembre vi invito ad andare al seggio elettorale e votare per altri quattro anni del vostro attuale Presidente.
Dio benedica l’America e grazie a tutti.”

Giornalista 1: “Mi scusi, signor Presidente, ma quindi concretamente quali misure avete preso?”

Presidente T.: “Io non mi occupo di questi particolari, se ne occupa il Presidente.”

Giornalista 1: “Ma è lei il Presidente.”

Presidente T.: “Allora mi hanno informato male. Comunque, devo andare a giocare a golf e non voglio arrivare in ritardo, quindi lascio al Vicepresidente P. il compito di rispondere a eventuali vostre domande.”

Vicepresidente P.: “Buonasera a tutti, come ha giustamente detto il Presidente non è possibile una convivenza con questi alieni. Mi rendo conto che ciò che sto dicendo implica un drammatico cambiamento nelle vite di tutti noi, ma insieme ce la faremo. Noi siamo americani, il popolo che ha sconfitto l’Asse del male formato da Hitler, Mussolini e Saddam Hussein, Dio ha fatto di noi i guardiani della Libertà nel Mondo, Dio ci ha reso grandi, Dio ci ha reso il popolo più prospero al Mondo, ma nonostante tutto questo ci siamo allontanati dal suo messaggio! Abbiamo iniziato ad adorare i falsi Dei della Scienza quali l’Evoluzione, e ci siamo allontanati dalle Chiese!
Non voglio spaventare nessuno, ma ciò che sta accadendo significa una sola cosa. [Prende in mano una Bibbia] DIO È IN COLLERA CON NOI! DIO CI STA PUNENDO E C’È SOLO UNA COSA CHE POSSIAMO E DOBBIAMO FARE: DOBBIAMO PENTIRCI, LA FINE DEL MONDO È VICINA! PENTITEVI! PENTITEVI!”

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Giornalista 2: “Come potete vedere, siamo qui nelle strade di Washington per sentire l’opinione degli uomini della strada su quest’avvenimento. Ed eccone uno, adesso lo fermiamo. Lei come si chiama?”

Passante a caso: “Mi chiamo Johnny Walker, sono venuto qui dal Mississippi per vedere Washington e, si spera, vedere T.”

Giornalista 2: “E lei cosa ne pensa di T.?”

Johnny Walker: “Le dico la verità. Ho visto tre guerre, dieci elezioni presidenziali, ma credo che T. sia il miglior presidente che questo paese abbia avuto. E non lo penso solo io, lo pensano anche le mie quattro mogli, e non lo pensano perché sono mie cugine. Io e loro lo pensiamo perché ha smontato le follie comuniste dei suoi predecessori, come la sanità gratuita o i sussidi di disoccupazione, e perché ci ha restituito la nostra libertà più grande: la libertà di possedere armi. L’opinione mia e del popolo americano, è che se vivi in un paese dove non puoi entrare in un armeria e uscirne dieci minuti dopo con un fucile d’assalto militare, allora non vivi in un paese libero. E se fra gli spettatori di questo programma c’è qualche liberal radical-chic, ringrazi di vivere in un paese libero. Se vi piace così tanto il comunismo, andate in Cina!”

Giornalista 2: “Grazie. Come potete vedere questa crisi, ancora una volta, ha tirato fuori il meglio degli Americani.”

Finta copertina di "Time" apparsa sui social network

"C’è un culto dell’ignoranza negli Stati Uniti, e c’è sempre stato. Una vena di anti-intellettualismo si è insinuata nei gangli vitali della nostra politica e cultura, alimentata dalla falsa nozione che democrazia significhi: la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza." (Isaac Asimov)

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La parola ritorna a Federico Sangalli:

Quando studiavo geopolitica si diceva a un certo punto che una superpotenza, una volta diventata tale, iniziava lentamente ad erodersi in modo quasi fisiologico (la tecnologia che l’aveva avvantaggiata veniva copiata, altre nazioni creavano colonie, fine del monopolio di una risorsa, apertura di nuove rotte commerciali, coalizioni di reazione contro di lei) finché di solito a un certo punto perdeva il suo ruolo egemonico. Tale processo però poteva avere più sbocchi, solitamente tre (o combinazioni di questi tre):

- sconfitta manu militari: la superpotenza si indebolisce piano piano ma rifiuta di riconoscerlo e accetta la sfida militare posta da una potenza emergente, talvolta alla guida di una coalizione, che la sconfigge e la sostituisce. Finale più frequente, dagli Assiri ai nazisti.

- rinuncia/ sconfitta per forfait: tenere in piedi la struttura che garantisce l’egemonia, in particolare pagare per la protezione degli alleati sulla cui alleanza si fonda l’egemonia stessa, unito ai progressivi svantaggi tecnologici ed economici, si rivela troppo costoso e sfibrante. La popolazione non comprende la necessità di questi costi o non è più disposta a pagarli e pertanto la logica più burro e meno cannoni porta allo smantellamento e alla rinuncia volontaria (isolazionismo, fine degli imperi coloniali, crollo dell’Unione Sovietica).

- devolution: la potenza egemone inizia a percepire il logoramento del secondo caso e, intuendo di non essere più in grado di mantenere il potere che aveva prima sugli altri stati, punta sul multilateralismo per trasformarsi da solista in capitano di una squadra. Gli alleati vengono rafforzati con l’incoraggiamento a prendere decisioni autonome nelle rispettive aree, col sottotesto di responsabilizzare gli alleati regionali per farli sentire inclusi in un network più ampio e con interessi comuni, in base ai quali possono partecipare alle decisioni dell’alleanza. L’Impero Romano ha abbozzato qualcosa di molto vagamente simile verso la sua fine e l’evoluzione dei rapporti interni al blocco, dalla potenza unica e “sacra” al suo dover cooperare davanti ad un’assemblea di sottoposti autonomi, ricorda la relazione tra sovrano e feudatari all’interno del Sacro Romano Impero.

Secondo il mio professore di geopolitica Obama (motivando gli alleati ma incoraggiandoli ad aumentare le spese per la difesa per renderli più autonomi, preferendo puntare su negoziati multilaterali, lasciando gli alleati liberi di perseguire linee di politica estera su cui non era concorde, come la Libia, allargando i trattati commerciali di libero scambio) aveva puntato sulla terza soluzione, riconoscendo gli scricchiolii che l’egemonia USA ormai dimostrava e preparandosi in tal senso a porsi come leader di una vasta alleanza con cui prepararsi alla sfida con la Cina. Trump, posto che possa essere troppo presto per giudicare, sembra un miscuglio delle prime due, tra rifiuto di ammettere la fine di un “eccezionalismo” americano che giustifica un’egemonia assoluta nelle relazioni estere e un rifiuto di accollarsi le spese e le coerenze almeno verbali che questa pretesa comporterebbe, con il conseguente degradamento della leadership USA nell’immaginario collettivo ad uno dei tanti Caudillos arroganti.

Vorrei spendere due parole anche su QAnon, quella spazzatura cospirazionista con toni da fede religiosa stile Scientology che immagina tutti i nemici di Trump come degli ebrei pedofili che stuprano bambini in sacrificio a divinità sataniste: nel 2020 ben 81 sostenitori pubblici di QAnon si sono candidati alle primarie e tra essi meritano una menzione speciale Majorie Taylor Greene, che verrà quasi sicuramente eletta deputata della Georgia, Angela Stanton King, una lontana nipote di Martin Luther King, arrestata per furto d’auto ma perdonata da Trump poche settimane prima di vincere la nomination per un altro seggio in Georgia, liberatosi dopo la morte dell’icona dei diritti civili John Lewis (fortunatamente sembra che perderà), Jo Rae Perkins, candidata al Senato per l’Oregon, e Lauren Boebert, che è testa a testa per un posto da deputato in Colorado dopo aver sconfitto il deputato repubblicano uscente alle primarie. Ma anche candidati minori come Mike Cargile, che corre in California opponendosi ai “rituali satanisti di Rihanna e Beyoncé”, Tracy Lovvorn, che spera di battere un deputato democratico del Massachusetts dimostrando come sia un agente di Fidel Castro che media la vendita di bambine dall’harem del leader cubano a quello dei Coniugi Clinton, o Theresa Raborn, candidata al consiglio comunale di Chicago secondo cui Katie Perry e Oprah Winfrey praticherebbero il cannibalismo dietro le quinte. Tra costoro la Greene e la Boebert sono le uniche con qualche possibilità di essere elette al Congresso e non perdono tempo nel dimostrare cosa potrebbero fare se elette. Nel 2019 la Greene si era trasferita a Washington per condurre meglio la propria crociata personale e si fece notare: aggredì David Hogg, sopravvissuto del massacro al liceo di Parkland, per fargli confessare come i massacri per armi da fuoco siano organizzati dalle associazioni contro le armi, tentò di costringere le deputate musulmane Ilhan Omar e Rashida Tlaib a giurare sulla Bibbia, dichiarò che l’11 settembre era stato fatto dal Governo, che Soros è un nazista, che Nancy Pelosi si ciba di carne umana, che un impiegato del Partito Democratico di nome Seth Rich sia stato assassinato da una gang salvadoregna su ordine di Obama per coprire i traffici sessuali della triade Soros-Clinton-Epstein. Durante le primarie ha promesso di proteggere statue di Hitler e di Satana stesso perché i bambini potessero apprendere di più su questi personaggi. In generale sembra che QAnon serva solo da catalizzatore di un calderone di gruppi che si sostengono a vicenda: cospirazionisti ufologi che raccomandano intrugli inventanti dagli antivaccinisti, antisemiti che appoggiano Photoshop che dimostrerebbero come Michelle Obama sia un uomo e dunque Barack Obama sia gay (e pedofilo e musulmano e nato in Kenya naturalmente), gente che millanta di avere le prove di come una giovane Angela Merkel, agente dormiente della STASI, abbia assassinato la Principessa Diana per favorire la propria scalata alla Cancelleria obiettivo islamizzare l’Europa (che Diana stesse per risposarsi con un musulmano non viene citato) che ritwitta teorie secondo cui Diana sarebbe in realtà sopravvissuta e combatterebbe nell’ombra assieme a Trump contro l’ordine pedofilo mondiale (sopravvissuti e parte del novello A-Team, dove A sta Aryan suppongo, sono anche Michael Jackson, John Fitzgerald Kennedy ed Elvis Presley). L’establishment repubblicano sta in parte reagendo: il Senatore del Nebraska Ben Sasse ha definito QAnon “un mucchio di pervertiti paranoici” mentre un gruppo di deputati guidati dal rappresentante dell’Illinois Adam Kinzinger e dal collega newyorchese John Katko hanno promosso spot televisivi che mettono in guardia dai pericoli del cospirazionismo. Considerando che sia Sasse sia Hogan sono dati in predicato per una candidatura presidenziale nel 2024, resta da vedere se tutto questo si rivelerà solo l’ultimo sussulto di un establishment conservatore ormai trumpizzato oppure se sono le prime avvisaglie di una guerra civile tra repubblicani.

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Inuyasha Han'yō gli domanda:

Dopo l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, quante sono le possibilità che gli Stati USA del Sud si sollevino e diano vita a una Seconda Guerra Civile?

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E Federico non si fa certo pregare a rispondergli:

Io non penso si possa rischiare una guerra civile, salvo gesti inconsulti di Trump: come visto, manca una direzione e un accordo generali su chi fa cosa e perchè. In altre parole se l'attacco al Campidoglio è stato un atto glorioso ordinato dall'eroico Trump oppure se è stato un atto glorioso compiuto nonostante Trump oppure se è stato un atto glorioso ma che poi è stato tradito da Trump che è solo un politico come gli altri oppure se è stato un atto glorioso che Trump sta criticando solo per finta in vista della battaglia finale oppure se è stato un atto glorioso e le critiche di Trump sono un falso frutto di un complotto dei media oppure se è stato un atto riprovevole di cui sono responsabili solo pochi esagitati e di cui Trump è assolutamente innocente oppure se è un atto ripugnante compiuto da Antifascisti infiltrati e coperti dai poteri forti oppure se è stato riprovevole ed è stato compiuto da agenti del governo al servizio di Trump che così sperava in un colpo solo di scaricare i miliziani (perché un politico come gli altri) e contemporaneamente tenersi il potere con un auto-golpe stile Erdogan. Tutte queste idee sono in contraddizione tra loro e finché litigheranno fra loro non sarà possibile che si organizzino a livello nazionale in un fronte comune perché questo richiederebbe alleanze tra loro e ciò non può avvenire se prima non si stabilisce se i suddetti alleati (Trump, QAnon, apparati statali deviati, politici repubblicani, varie milizie, fanatici cristiani, neonazisti, pseudo-confederati,...) hanno o no delle responsabilità. Paradossalmente quattro anni a pane e non-verità/non fidatevi di nessuno lascia ora la galassia fanatica impantanata nel loro stesso pantano di, perdonate il termine, seghe mentali da pessimo film horror di serie Z. Probabilmente la violenza politica aumenterà ma sarà disorganizzata: attentatori solitari, sparatorie, assalti di gruppi o bande a edifici pubblici, tentativi di assassinio di personaggi pubblici accusati di quella o quell'altra accusa, marce violente, aggressioni. Ma nessuna vasta sollevazione in stile 1861. Anche perché i rivoltosi di destra risolvono la contraddizione tra l'essere sovversivi e l'essere rigidamente per la legge e l'ordine solo quando hanno un leader di una certa statura che solitamente detiene già il potere, tutto o in parte: i confederati dichiararono la secessione sotto la guida dei loro politici regolarmente eletti, i nazisti occuparono la macchina statale quando Hitler venne nominato Cancelliere, i golpisti di tutto il mondo hanno il consenso dei loro vertici militari o politici o di entrambi, Mussolini prese il potere solo perché il Re era d'accordo e fu con quella mossa che fascistizzo lo stato. Altrove, senza questo assunto fondamentale, il tentativo è sempre fallito (Golpe Borghese, Golpe Tejero, analoghi tentativi dell'Action Francoise e della BUF negli Anni Trenta,...). E, come detto, dovrebbero almeno prima mettersi d'accordo su chi sia il leader (Trump? il capo dei Proud Boys? Q?) sennò il peggio che potrebbero fare sarebbe un incrocio tra una grande Jacquerie dei Redneck e delle specie di Brigate Rosse in salsa suprematista. Che non è poco, ma è ben lontano da una nuova guerra civile.

Piuttosto, io vorrei attirare la vostra attenzione su questa notizia. É sorprendente e quasi ironico che essa emerga poco dopo la discussione aperta da Inuyasha qualche giorno fa sulla possibilità che Nixon ubriaco scatenasse un attacco nucleare in Estremo Oriente. Come vedremo, almeno Tricky Dicky aveva la scusa dell’alcol.
Dunque, Bob Woodward è uno dei più noti giornalisti investigativi americani, soprattutto quando si parla di Presidenti: con Carl Bernstein costrinse Nixon stesso alle dimissioni con la sua inchiesta sul Watergate nel 1974 e da allora ha pubblicato periodicamente libri dettagliati ma ben narrati su ogni Presidente successivo. Di solito pubblica un libro per mandato presidenziale ma su Trump ne ha pubblicato due, sostenendo scherzosamente ma non troppo che Trump gli desse troppo materiale per un libro solo. Il suo primo libro, “Paura“ (“Fear”), copre i primi due anni di presidenza di The Donald. Per chi fosse interessato, glielo consiglio: è una lettura affascinante e uno spaccato di come funziona un’amministrazione USA e quella Trump in particolare, il tutto ben corredato da fonti, documenti e intervista ai vari protagonisti, compreso Trump stesso.
Il secondo libro, “Pericolo” (“Peril”), uscirà settimana prossima e coprirà invece gli ultimi due anni, compresa l’elezione del 2020 e le sue conseguenze. Come accade di routine, giornalisti e critici letterari hanno potuto visionarlo in anteprima per prepararne le recensioni e ciò ha permesso anticipazioni a mezzo stampa sul contenuto del libro.
La notizia bomba sembra riguardare proprio le ultime settimane del regno di The Donald. Secondo quando riporterebbe Woodward infatti, nel 2020 il Capo di Stato Maggiore Mark Milley stava vivendo uno dei periodi più brutti della sua vita: Trump diventava sempre più fanatico all’avvicinarsi dell’Election Day e contemporaneamente si isolava sempre di più con i suoi consiglieri sicofanti che lo incoraggiavano ad andare sempre più oltre. Aveva apertamente detto alle milizie di estrema destra di tenersi pronte a un colpo di stato, contestava a priori la validità delle elezioni pur gestite dalla sua amministrazione e passava ore a ripetere teorie complottiste. Via che i risultati pro-Biden iniziarono ad affluire diventò anche peggio: fece quel discorso ridicolo in diretta mondiale in cui annunciò di avere vinto, rifiutò di riconoscere la vittoria di Biden e di collaborare con lui alla transizione di potere, continuò ad aizzare i suoi sostenitori più fanatici sostenendo di aver il potere di annullare le elezioni, minacciò i controllori del voto di vari stati (celebre la telefonata incriminante con Brad Raffensberger, il controllore elettorale della Georgia che vuotò il sacco sull’operazione) per spingerli a dichiarare invalidi i voti dei democratici, effettuò una raffica di improvvisi licenziamenti ai vertici del Pentagono, rimpiazzandolo con fedelissimi radiati dalle forze armate perché troppo fanatici. Sappiamo come andò a finire: i trumpisti marciarono sul Campidoglio per impiccare Pence e i membri del Congresso con tanto di forca già allestita fuori dal palazzo, una mezza dozzina di persone ci lasciarono la pelle, i membri del governo furono evacuati per un pelo e Trump la fece franca.
Quello che svela Woodward è l’atteggiamento di Milley durante questo periodo di crisi politica nazionale.
Milley aveva già avuto scontri con Trump: non ne condivideva la politica estera raffazzonata e aveva cercato di limitarne i danni, specie durante la crisi con l’Iran seguita all’assassinio del Generale Suleimani; in primavera si era rifiutato di applicare l’Insurrection Act e di dichiarare la legge marziale per usare le forze armate contro i manifestanti delle proteste post-George Floyd, costringendo così Trump a fare retromarcia ad annuncio già fatto. A fine ottobre 2020 Milley era allarmantissimo per l’escalation estremista imboccata da Trump e si convinse che il Presidente fosse in preda a un declino mentale che lo rendesse pericolosamente prossimo a intraprendere azioni inconsulte tali da minacciare la sopravvivenza stessa della nazione americana. In particolare, Milley temeva temeva che Trump potesse usare armi nucleari per causare un conflitto tanto inedito e devastante da poter restare on della come Presidente o scatenare un’aggressione militare contro un’altra potenza straniera, in primis la Cina, senza neanche un pretesto, come aveva già fatto con l’Iran, oppure tutte e due insieme. Milley decise quindi di attuare un piano di contingenza per prevenire questa possibilità. Egli ne parlò coi suoi colleghi dello Stato Maggiori e questi condivisero i suoi timore, così ordinò ai servizi segreti militari e alla CIA di monitorare tutte le comunicazioni presidenziali. Non solo, diede ordine al suo collega, il Generale Paul Nakasone, direttore dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA), di “sorvegliare passo per passo ogni mossa del Presidente”. Woodward non va più nello specifico, almeno nelle indiscrezioni, ma penso sia implicito il significato di piazzare qualche uomo fidato nell’entourage e probabilmente, dato il carattere molto esclusivo di chi veniva ammesso alla sua “corte”, anche nella scorta di Trump per tenerlo d’occhio giorno e notte.
A questo punto quattro giorni prima delle elezioni informò la Speaker Nancy Pelosi, terza e unica non repubblicana in linea di successione, unica leader del Congresso di cui potesse fidarsi ed eventuale Presidente in caso di rimozione in toto dell’Amministrazione Trump, delle sue attività, nel tentativo di muoversi il più possibile in aderenza della Costituzione. Quindi sollevò il famigerato telefono rosso e chiamò il Capo di Stato Maggiore cinese, Generale Li Zuacheng, per metterlo al corrente e chiedergli che Pechino non reagisse a un’eventuale colpo di testa di Trump perché, disse in sostanza Milley, ci avrebbero pensato loro. Li lo ringraziò, confermandogli i diffusi timori tra i vertici militari di tutto il mondo circa la transizione in corso in America, e acconsentì a quanto richiesto dal capo del Pentagono.
Infine, Milley diede ordine ai suoi sottoposti di “congelare” i codici nucleari di Trump, rendendoli praticamente inutili senza una sua previa autorizzazione al lancio e praticamente commissariando in segreto il comandante in capo delle forze armate.
Va detto che il comportamento successivo di Milley sembra deporre a favore di quanto sostenuto da Woodward: già in estate erano emerse indiscrezioni, non smentite dal diretto interessato, secondo cui Milley avrebbe detto ai suoi collaboratori di tenersi pronti alla possibilità che Trump avesse il suo “Reichstag moment”, cioè un tentativo di compiere un attacco diretto alle istituzioni americane al fine di dichiarare lo stato di emergenza e restare al potere con poteri assoluti (ironia della sorte, Milley ci azzeccò non solo la metafora ma anche l’obiettivo), e affermando che “Non permetterò di dovermi vergognare quanto i miei nipoti mi chiederanno cosa ho fatto per salvare la nostra democrazia in quel momento!”.
E in effetti durante l’attacco al Campidoglio il Generale, non appena informato che il Vice Presidente Pence era sano e salvo, lo chiamò per chiedergli quali fossero “gli ordini” e suggerendogli (suggerimento subito accolto da un Pence appena scampato al linciaggio) di dispiegare finalmente la Guardia Nazionale a sostegno della Polizia cittadina affinché riprendesse il controllo della sede del Congresso, tagliando virtualmente fuori dalla catena di comando la persona formalmente intitolata alla decisione, cioè il Presidente Trump stesso (la cosa non è illegale di per sé, Cheney introdusse una clausola che permette al vicepresidente di dare ordini validi “salvo ordine contrario del Presidente”, ma è indicativo dell’atteggiamento di Milley).
Al momento i repubblicani e Fox News (per i quali, ricordiamolo, l’attacco al Campidoglio è stato una “gita turistica” e Trump non ha commesso alcun reato, anzi è tutt’ora il legittimo Presidente) chiedono a gran voce che Milley venga rimosso con disonore, sottoposto alla corte marziale e giustiziato per alto tradimento ma, se è vero che tecnicamente il comportamento del militare sia stato tutto fuorché corretto e probabilmente legale, dobbiamo anche ammettere che durante i gli ultimi quattro anni tutti noi abbiamo prima o poi e spesso più volte sperato che qualcosa del genere (un’intesa segreta dei vertici dello stato per disubbidire ed eventualmente neutralizzare Trump qualora i suoi ordini avessero mirato a mandare a donnacce il mondo) avvenisse nell’ombra dell’estabilishment USA.
Ma noi siamo soprattutto ucronisti quindi devo fare le fatidiche domande:

- E se Trump avesse agito davvero e Milley non fosse riuscito a impedirlo per tempo? E se il 45esimo Presidente degli Stati Uniti, dopo la sconfitta elettorale, avesse ordinato di attaccare la Cina, magari con armi nucleari? Come sarebbe andata a finire?

- E se al contrario Trump tentasse qualcosa di folle (scatenare la Terza Guerra Mondiale, dichiarare invalide le elezioni e proclamare la legge marziale o semplicemente l’attacco al Campidoglio stesso) e il piano di Milley scattasse? E se i militari (sembra piuttosto evidente come almeno nei vertici co fosse un consenso generale su cosa fare in caso di pazzie del comandante in capo) rimuovessero Trump con un pronunciamento in piena regola? Che accadrebbe dopo il primo golpe (giustificato dalla situazione emergenziale e dalle spaventose lacune del sistema americano in casi del genere quanto volete ma pur sempre un golpe) della storia statunitense?

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Alessio Mammarella aggiunge di suo:

Ci aggiungo una domandina mia: e se dal momento che l'opinione pubblica (anche grazie al resoconto del libro) considerasse "giusta e doverosa" l'azione di Milley, Nakasone e Pelosi, i militari si potrebbero considerare implicitamente autorizzati a farlo ancora in futuro, con qualunque altro Presidente? (Ricordiamoci che gli USA sono il paese dei "precedenti").

Forse più che riflettere su "quando un golpe può essere considerato giustificato?" sarebbe ora di pensare alla dottrina nucleare. Se la dottrina prevede che gli USA si riservano di utilizzare l'arma per primi e a piacimento, il rischio di un Presidente "pazzo" ci sarà sempre. Se invece passassero a una politica di "no first use" come quella cinese (utilizzo solo come ritorsione dopo aver subito un attacco), il problema non si porrebbe più. Ma figuriamoci se i militari accetterebbero una cosa del genere. Meglio correre certi rischi che ridimensionare il potere militare.

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E Federico gli replica:

Alessio ha centrato una delle mie maggiori preoccupazioni, e cioè l’idea che un colpo di stato militare in assenza di parametri legali oggettivi possa fungere da pericoloso precedente per le future amministrazioni a stelle e strisce: chi decide se il Presidente è folle? Chi decide che la sua strategia é fallimentare e volta a causare una distruzione immane oppure al contrario ostacoli la buona riuscita del piano mettendo a rischio la vita di migliaia di americani? Chi stabilisce che il Presidente si è macchiato di un più o meno evidente tradimento del suo giuramento alla Costituzione?
MacArthur e LeMay avrebbero volentieri fatto fuori i loro comandanti in capo per “vincere” la guerra con armi nucleari, Reagan fu sospettato di essere malato di Alzheimer e di venire manipolato dalla moglie a sua volta succube di un’eccentrica astrologa, JFK condusse il paese in un braccio di ferro atomico, sempre coi generali che scalpitavano affinché sparasse per primo, Nixon tentò di sovvertire l’ordine costituzionale, il vice presidente Henry Wallace consultava periodicamente un medium, FDR era in sedia a rotelle e nell’ultimo anno di vita le sue condizioni di salute erano piuttosto deteriorate, Eisenhower ebbe un paio di infarti mentre era in carica, Clinton fu accusato di prendere soldi dalla Cina durante la rielezione del 1996, Carter fu giudicato un comandante in capo incapace, Obama fu accusato pubblicamente dal Generale Mike Flynn di essere una spia islamo-marxista e un traditore dell’America. Insomma, si potrebbe trovare un pretesto per quasi ogni Presidente d’America, lasciando ai militari la tremenda libertà di poter decidere quali ordini seguire e quali no.
Il peggio è che le procedure per casi del genere esistono (il famoso 25esimo Emendamento e ovviamente l’impeachment), quindi non si può dire che in assenza di norme precise Milley o chi per lui possono legalmente prendersi la responsabilità di intervenire, però allo stesso tempo queste procedure sono praticamente impossibili da usare, perché richiedono il consenso anche degli alleati del Presidente stesso (vicepresidente, membri del gabinetto, parlamentari sufficienti a raggiungere la maggioranza dei due terzi al Congresso). In pratica funzionano solo se il Presidente ha un problema clinico evidente, tipo un ictus, ed è palesemente incapacitato a governare. L’assenza di un adeguato sistema di contrappesi come in Italia (dove il Premier, come capo del governo, decide la linea ma i poteri militari sono in capo al Presidente della Repubblica, il quale a sua volta li delega al Ministro della Difesa che può prendere decisioni solo col sostegno del Comitato Nazionale di Difesa con dentro i vertici delle forze armate), ironicamente una lacuna fondata sul fatto che i Padri Fondatori non prevedevano affatto di dare grandi poteri militari al Presidente che avrebbe solo dovuto ubbidire al Congresso, permette alla Presidenza Imperiale americana di oscillare pericolosamente verso situazioni molto rischiose.
Milley ha palesemente cercato di supplire a queste carenze facendo riferimento ad alti esponenti del governo (Pence e la Pelosi), così da poter eventualmente far passare l’idea di aver agito dietro loro ordine e non di sua iniziativa: il titolo “Il Presidente impazzisce, il Vicepresidente lo fa arrestare e rassicura la nazione sconvolta” suona molto meglio di “La Giunta di Salvezza Nazionale manterrà il potere fino al termine della situazione di crisi”. Ma gli eventi avrebbero potuto togliergli anche questo strapuntino di legittimità.
Immaginiamo per esempio che l’attacco al Campidoglio abbia successo. É il “Reichstag moment” di Trump, che fa Milley?
Il Presidente ha di fatto commesso un reato, dovrebbe essere rimosso via impeachment. Ma il processo durerebbe giorni e inoltre l’organo che dovrebbe svolgerlo, il Congresso, è appena stato massacrato e ci vorranno mesi prima di poterne eleggere un altro. Anche aspettando quel momento e immaginando che Trump non abbia fatto fucilare tutti i superstiti e abbia lasciato l’incarico pacificamente, il Senato sarà sostituito da Senatori nominati da Governatori, in accordo con la legge, e i governatori repubblicani sono in numero sufficiente a evitare la maggioranza dei due terzi necessaria per condannare Trump.
Allora forse si potrebbe invocare il 25esimo Emendamento, usando la forzatura che Trump è infermo di mente per rimuoverlo. Ma la procedura richiede che sia il Vicepresidente a proporlo, che il Gabinetto voti a maggioranza a favore e che l’atto sia poi confermato dal voto dei due rami del Congresso e Pence e la maggioranza dei parlamentari sono morti mentre i poteri presidenziali permettono al Presidente di licenziare i suoi ministri su due piedi, cosa che Trump farà senz’altro al minimo odore di slealtà.
A questo punto Milley non potrebbe fare altro che ordinare ai suoi uomini di tagliare tutte le comunicazioni tra Trump e il resto del mondo, isolarlo e quindi marciare sulla Casa Bianca mentre i suoi colgono di sorpresa gli agenti dei servizi segreti e li disarmano. Trump verrebbe arrestato in forza del 14esimo Emendamento, che proibisce ai colpevoli di alto tradimento e sedizione di ricoprire alcun incarico pubblico ma senza specificare quale procedura vada adottata in questo caso (i precedenti sono che spetta al Congresso dichiarare l’ineleggibilità ma così torniamo al punto di partenza).
Dopo si aprirebbe un circo mostruoso: Trump dovrebbe essere processato? E da chi? Dal Congresso? Ma così facendo si ammetterebbe che era competenza del ramo parlamentare agire contro di lui. Dalla Corte Suprema? Ma questa, a maggioranza reazionaria, non potrebbe non rilevare l’incostituzionalità dell’atto dei militari, anche solo per non stabilire un precedente. Da una corte marziale? Ma questo vorrebbe dire che l’arresto è avvenuto sotto legge marziale e questa può essere dichiarata solo dal Presidente. Bisognerebbe forse dire che il 14esimo Emendamento fa decadere automaticamente dalla carica in caso di flagranza di reato, permettendo al prossimo in linea di successione di avvallare legalmente l’intervento dei militari, e che questo fosse un caso unico (in nessuno degli esempi infatti i Presidenti si macchiavano di sedizione o alto tradimento o almeno non a un livello così oggettivo come gridare a una folla di pazzoidi di massacrare i tuoi oppositori politici) ma probabilmente servirebbe una Corte Suprema compiacente per poter salvare capra e cavoli.

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Diamo la parola a William Riker:

E se Anthony Fauci, stanco di essere preso a pedate nel sedere da Trump, avesse deciso di correre contro di lui alle Presidenziali del 2020 come candidato del Partito Democratico? Quante probabilità avrebbe avuto di farcela?

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Generalissimus gli risponde:

Non ce lo vedo molto come politico, a quanto sembra ha dedicato tutta la sua vita ad un'unica cosa: la medicina. Però sarebbe ottimo per il Partito Democratico.

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E Federico commenta:

Sarebbe stata una scelta interessante, ma anche un’incognita: Fauci non è registrato ad alcun partito politico e non ha mai espresso un’opinione personale su un qualsivoglia tema, quindi nessuno avrebbe idea di cosa farebbe da Presidente.
La sua candidatura dovrebbe essere incentrata sul suo essere uomo di scienza capace di prendere le decisioni giuste per affrontare il Covid, anche davanti alla sua inesperienza politica (potrebbe sempre dire: “In passato abbiamo eletto dei generali per vincere guerre, oggi eleggete uno scienziato per battere la pandemia!”)
Dovrebbe essere comunque affiancato da un vicepresidente più giovane (avrebbe infatti ottant’anni e sarebbe più vecchio anche di Biden) ma con ampia esperienza politica, magari di colore. Penso che Cory Booker e Marcia Fudge sarebbero in cima alla lista.
Sono convinto che avrebbe fatto meglio di Biden, vincendo probabilmente la North Carolina, anche se Trump seguiterebbe a ripetere a reti unificate che il Covid è stato creato in un laboratorio cinese con la supervisione di Fauci (cosa che in realtà diceva già nel 2019) per assecondarne le ambizioni politiche.

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Il solito Lord Wilmore aggiunge di suo:

Dedicato al nostro Webmaster: ci sono anche le ucronie presidenziali che non ti aspetti...

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Chiudiamo per ora con quanto ha scritto Federico Rampini su "Il Venerdì di Repubblica" (tratto da questo sito):

« Da noi non può succedere »  è l'unico romanzo di Sinclair Lewis che abbia la profondità dei suoi capolavori « Main Street » e « Babbit ». È un romanzo sulla fragilità della democrazia e una previsione allarmante, sinistra, di come il fascismo - o meglio, il populismo - possa prendere piede anche negli Stati Uniti. Scritto durante la Grande Depressione, quando gli Stati Uniti poco si curavano dell'aggressività di Hitler, « Da noi non può succedere » immagina che dopo il primo mandato di Roosevelt vinca l'elezione un fascista: a rileggerlo, quel personaggio è davvero un ritratto impressionante di Donald Trump. Tale opera unisce una visione satirica della politica allo spaventoso e possibile avvento di un Presidente che si fa dittatore per "salvare" la nazione dai nemici, dalla criminalità e dalla stampa libera. Presidente che ricorda molte delle posizioni di Donald Trump. Pubblicato nel 1935, questo romanzo preveggente e scioccante rimane ancora attuale non solo per gli Stati Uniti, ma anche per tutto l'Occidente, dove il populismo sta avanzando. Romanzo quindi 'politico', ma godibile per narrazione, personaggi e descrizioni secondo i più alti parametri dei grandi autori e della migliore narrativa americana degli anni Trenta che ha creato il romanzo moderno. Sinclair Lewis (1885-1951) è stato il primo scrittore americano a vincere il Premio Nobel nel 1930 « per la sua arte descrittiva vigorosa e per la sua abilità nel creare, con arguzia e spirito, nuove tipologie di personaggi ». Nel suo discorso per il Nobel disse: « In America, la maggior parte di noi, non solo i lettori, ma anche gli scrittori, ha ancora paura della letteratura che non è glorificazione di tutto ciò che è statunitense, un'esaltazione dei nostri difetti così come delle nostre virtù. Oggi gli Stati Uniti sono il più contraddittorio, deprimente, emozionante Paese al mondo. »

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