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La seconda legge della dinamica F = m a è uno strumento perfetto per descrivere lo stato e il moto di un sistema. Grazie ad essa, se conosciamo le forze agenti sulla particella in considerazione e le condizioni iniziali, possiamo determinarne il moto, cioè trovare le equazioni che permettono di determinare la posizione della particella in ogni istante. Teoricamente ciò, almeno quando si ha a che fare con un numero limitato di particelle, è sempre possibile; tuttavia, a volte, può essere necessario l’utilizzo di strumenti matematici non elementari. Dunque, attraverso l’uso delle leggi della dinamica, lo stato del sistema in un istante fissato determina in maniera assolutamente sicura la sua evoluzione successiva.

All’aumentare del numero delle particelle che compongono il sistema, diventa sempre più difficile risolvere il problema del loro moto. Lo studio di questi tipici problemi di meccanica fu affrontato con impegno e rigore dai matematici del 1700 e dell’inizio del 1800; essi dimostrarono che, per un sistema costituito da n corpi interagenti, se sono note le condizioni iniziali, è sempre possibile determinare la completa evoluzione del sistema, non solo relativamente al futuro, ma anche al passato.

Scriveva Laplace alla fine del Settecento: “Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’Universo come l’effetto del suo stato anteriore; e come causa di quello che seguirà. Una intelligenza che ad un dato istante conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se fosse anche abbastanza vasta da sottomettere i suoi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’Universo e quelli dell’atomo più leggero: niente sarebbe incerto per essa, e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.” (P.S.Laplace, Saggio filosofico sulla probabilità, in Opere, UTET, Torino, 1967, pag. 243)

Questa visione della meccanica e delle sue conseguenze viene ben esplicitata dal termine determinismo. Del resto, i numerosi successi della dinamica, (come la descrizione del moto dei corpi sulla Terra e la previsione del moto dei corpi celesti) e il suo consolidarsi come paradigma favorirono l’estendersi della visione deterministica a tutti i rami della scienza. Grazie all’uso spinto della dinamica che da quel momento fecero gli scienziati e ai tanti successi ottenuti, si cominciò ad adottare una visione deterministica in tutti i rami della scienza.

Tornando al nostro sistema, quando, però, il numero dei componenti del sistema inizia ad essere molto grande, dell’ordine del numero N di Avogadro, diventa impossibile una descrizione dettagliata: dunque, se usciamo dal mondo rigorosamente determinato in cui è possibile una descrizione certa del moto, è necessario limitarsi a considerazioni probabilistiche.

La meccanica statistica è quel ramo della fisica che, utilizzando le tecniche e i metodi della statistica, studia il moto e le proprietà dei sistemi costituiti da un gran numero di particelle. Essa si sviluppò nel corso del XIX secolo soprattutto per merito degli studi di J. C. Maxwell, di L. Boltzmann e di J. W. Gibbs. Essi infatti, convinti dell’inapplicabilità delle leggi della dinamica per lo studio dei sistemi materiali microscopici, costituiti da un enorme numero di atomi e molecole, svilupparono metodi statistici grazie ai quali era possibile sia descrivere la dinamica delle singole particelle in termini di valori medi delle variabili macroscopiche (cioè che caratterizzano una singola particella), sia dedurre da questi le caratteristiche termodinamiche macroscopiche (cioè visibili su vasta scala) dei sistemi.

All’inizio del XX secolo, in particolare nei primi venti anni, a causa della nascita delle nuove teorie quantistiche, fu necessario riformulare la meccanica statistica. Infatti, secondo la fisica classica, due particelle di uguale massa ed eventualmente carica, sono teoricamente distinguibili: basterebbe, a tale scopo, per esempio, porre su di esse un’etichetta. Secondo la nuova fisica quantistica, invece, due particelle sono teoricamente indistinguibili. Fu questo motivo a rendere inevitabile una modifica dei principi su cui si basava la meccanica statistica e ricorrere a metodi statistici diversi per descrivere le proprietà fisiche di sistemi diversi di particelle quantistiche. Per le particelle classiche rimase valida la già nota statistica di Maxwell-Boltzmann, per i fermioni (particelle dotate di spin semi-intero) era necessario applicare la statistica di Fermi-Dirac, per i bosoni (particelle a spin intero) era necessaria l’applicazione della statistica di Bose-Einstein.

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