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Matematica ed esperienza - Il calorico - Il calcolo delle probabilità - Fourier e la conduzione termica

- Rapporti fra matematica e realtà - Dubbi sul calorico - I paradossi - Come cambia la visione scien-

tifica del mondo - Il problema del metodo - E finalmente... la termodinamica


“La vita quotidiana e il linguaggio d’ogni giorno tendono con tenacia a offrirci una illusione rassicurante e filosoficamente confortevole: l’illusione secondo la quale il mondo delle cose ha una struttura unica che si ripete sempre, sia che si vada verso l’infinitamente grande (verso le stelle, le galassie e le zone più remote del cosmo), sia che si vada verso l’infinitamente piccolo (e cioè verso le molecole, gli atomi, i nuclei e le particelle elementari).

Si tratta di una illusione che ha una lunghissima storia e che è una potente fonte di errori. È merito della prima rivoluzione scientifica, legata a nomi di studiosi quali Copernico, Galilei e Newton, l’aver dimostrato che il mondo delle cose è conoscibile con le armi della razionalità: ma è merito soprattutto della seconda rivoluzione scientifica, avviatasi sul finire del Settecento, l’aver scoperto, gradualmente e tra le numerosi contraddizioni, che il mondo delle cose e delle teorie è molto più complesso di quanto non apparisse agli scienziati del Rinascimento. […]

La lezione galileiana ha dato frutti in ogni campo del sapere, dimostrando che è possibile, con la forza della ragione, penetrare il mondo. Ma proprio penetrando il mondo, al di là di ciò che ci dicono i sensi e di ciò che ci narrano le fiabe e le superstizioni, abbiamo trovato un universo di oggetti e di leggi che mettono in crisi la stessa immagine galileiana del libro della natura. Non si tratta infatti di un libro che si possa sfogliare pagina dopo pagina, seguendo l’idea che ogni pagina passata rappresenti una conoscenza sicura e definitiva. Al contrario, ogni pagina nuova che si affronta ci obbliga a rileggere le pagine precedenti, a reinterpretarne il senso, a modificarne il significato. In altre parole: la realtà in cui viviamo e di cui facciamo parte non si lascia conoscere per accumulazione di certezze, e la scienza non viene costruita come le case: le leggi scientifiche non sono mattoni con cui edificare l’edificio del sapere. La scienza è, invece, un processo storico: ogni nuovo fatto getta una luce diversa su quelli che lo hanno preceduto e dei quali credevamo di avere dato una spiegazione definitiva.”

E. Bellone

[in "Le leggi della termodinamica dal Boyle a Boltzmann", Loscher, 1978 ]


La termodinamica è un esempio che mette in luce queste difficoltà: studiandola si sono presentati, sin dall’inizio, problemi che avevano carattere sia scientifico, in quanto si trattava di legare nuove idee e forme di pensiero a dati raccolti in laboratorio, sia filosofico, in quanto era necessario discutere sul ruolo da assegnare alla matematica e all’esperienza nell’elaborazione di una teoria scientifica, sulla conoscibilità del mondo e sul primato assegnato alla meccanica per la descrizione della realtà fisica.

Lo studio della termologia si svolse soprattutto nel periodo tra l’età galileiana e la fine del 1800 ed affrontò una serie di difficoltà legate allo studio dei fenomeni irreversibili e alla loro descrizione attraverso le leggi della dinamica, invece reversibili.

Galileo fu il primo, nel Saggiatore (1623), ad esplicitare dei criteri per distinguere tra la sensazione di caldo e la spiegazione scientifica di ciò che produce tale sensazione. Galileo, infatti, chiamò qualità primarie quelle inseparabili dalla materia (“le figure e i numeri e i moti”), e qualità secondarie quelle che, invece, si manifestano solo nel “corpo sensitivo” , come gli odori, i sapori e i suoni e che non sarebbero più apprezzabili se si eliminassero “gli orecchi le lingue e i nasi”. Per Galileo, dunque, la spiegazione dei fenomeni che noi associamo alle sensazioni provate è possibile solo se li riduciamo a qualità primarie associate alla mat0eria, quali quelle aritmetiche, geometriche e meccaniche. È una conseguenza di questo pensiero la tesi secondo cui il calore non è una proprietà essenziale dei corpi, ma il risultato di un movimento di particelle non osservabili direttamente che, con il loro moto, stimolano il nostro corpo.

MATEMATICA ED ESPERIENZA

Negli anni successivi a Galileo e fino alla fine del 1700, in seguito allo studio del comportamento macroscopico dei gas, dovuto, tra gli altri, a Boyle, Mariotte, Bernoulli, e all’affinarsi della strumentazione nei laboratori (termometri e barometri), si continuarono a studiare le teorie sul calore e sulla struttura corpuscolare della materia. I risultati ottenuti posero il delicato problema su quali rapporti dovessero instaurarsi tra matematica ed esperienza. In particolare, la necessità di costruire un’immagine del calore  legata a ipotesi sulla struttura corpuscolare della materia determinò l’introduzione in fisica teorica di principi e regole provenienti dal calcolo delle probabilità, dal momento che nel mondo delle molecole dominano i grandi numeri e di conseguenza le leggi sui valori medi.

IL CALORICO

La famosa comunicazione scientifica Memoria sul Calore (1780), dovuta a Lavoisier e Laplace, sorse dopo la realizzazione da parte dei due scienziati del primo calorimetro a ghiaccio, che permetteva di compiere una serie di misure di calore specifico. L’esigenza di interpretare i dati sperimentali ottenuti spinse Lavoisier e Laplace a esporre due ipotesi alternative sulla natura del calore: secondo il primo modello il calore (o calorico) è un fluido imponderabile, mentre secondo la seconda tesi il calore è energia cinetica molecolare. I due scienziati suggerirono che le due ipotesi fossero solo apparentemente alternative, ma che in realtà i due modelli fossero traducibili l’uno nell’altro e che potessero essere usati di volta in volta per spiegare fenomeni diversi.

 IL CALCOLO DELLE PROBABILITÀ

Laplace introdusse ragionamenti basati sulla probabilità e pose in questo modo in crisi la rassicurante immagine filosofico-scientifica secondo cui era possibile spiegare l’Universo in termini di equazioni newtoniane del moto, facendo riferimento al determinismo e alla correlazione tra causa ed effetto. Conscio di questa situazione, egli attribuì al calcolo delle probabilità il ruolo di strumento in grado di aiutare l’uomo a costruire il suo sapere,  influenzando notevolmente il successivo evolvere degli studi sul calore e i dibattiti sulla teoria cinetica dei gas e sull’irreversibilità dei fenomeni naturali che caratterizzarono la fine dell’Ottocento.

Nasceva dunque un forte contrasto tra la tesi filosofica secondo la quale tutti gli atomi seguivano le stesse leggi che spiegano i moti planetari e la struttura stessa della teoria dei gas, che invece implicava necessariamente ragionamenti validi solo in ambito probabilistico.

FOURIER E LA CONDUZIONE TERMICA

Nei primi decenni dell’Ottocento la domanda se le leggi della dinamica fossero in grado di spiegare i fenomeni termici coinvolgeva dunque una gran parte della comunità scientifica.

Laplace, con i suoi modelli, non era in grado di risolvere la questione della conduzione termica. Questo problema fu affrontato in particolare da Fourier; egli sosteneva che, poiché nei fenomeni termici si ha una tendenza verso situazioni finali nelle quali non si ha memoria delle condizioni iniziali, gli effetti che il calore produce nei corpi non possono essere giustificati facendo ricorso ad una spiegazione meccanica: era perciò necessario costruire una nuova teoria del calore che fosse svincolata da qualunque modello; essa non doveva far riferimento a ipotesi incerte sulla struttura non osservabile del calorico, ma, basandosi su dati sperimentali, doveva condurre lo scienziato a equazioni matematiche che descrivessero il fenomeno.

L’opera di Fourier ha un aspetto doppiamente innovativo per l’epoca: da un lato spinge la ricerca verso orizzonti diversi dalla meccanica razionale, dall’altro sottolinea il ruolo direttamente conoscitivo che spetta all’indagine matematica nella spiegazione del mondo, dal momento che essa rappresenta il migliore linguaggio razionale in possesso dell’uomo: per Fourier la matematica non è  uno strumento per fare calcoli o previsioni, ma un riflesso della natura stessa delle cose.

RAPPORTI FRA MATEMATICA E REALTÀ

La soluzione suggerita da Fourier faceva scaturire però altre domande: qual è il rapporto tra matematica e realtà? La matematica è una teoria in grado di far conoscere i fenomeni naturali? Fourier risponde così: “L’analisi matematica ha dei rapporti necessari con i fenomeni sensibili; il suo oggetto non è creato dall’intelligenza dell’uomo, ma è un elemento preesistente dell’ordine universale, e nulla ha di contingente e di casuale; esso è impresso entro tutta la natura”. A conferma di ciò, il motto latino utilizzato da Fourier come premessa della sua Teoria Analitica del Calore (1822) è: “Et ignem regunt numeri”.

Altri scienziati, tra i quali Laplace e Poisson, non condividevano la linea indicata da Fourier, ritenendo fondamentale che ogni teoria matematica dovesse partire da ipotesi sulla natura del fenomeno che doveva essere spiegato dalla teoria stessa: la matematizzazione doveva essere uno strumento per dedurre in modo chiaro le conseguenze dell’ipotesi già posta.

Nella Teoria matematica del calore (1835), Poisson sottolineò che la matematica era indispensabile nella descrizione del mondo, ma che la sua funzione consisteva unicamente nell’estrarre dalle ipotesi tutte le conseguenze possibili, non nel produrre nuove conoscenze. Questo compito spettava, nel caso specifico, alle ipotesi sulla natura del calore.

Poisson, in particolare, studiò il carattere probabilistico che caratterizza la spiegazione dei fenomeni termici e la validità dei ragionamenti probabilistici, in quanto riferiti a un numero molto grande di molecole o di particelle di calorico.

DUBBI SUL CALORICO

Fu proprio in quegli anni in cui si dibatteva animatamente sul primato della meccanica e sul valore strumentale o conoscitivo della matematica, che si inserì l’opera di Sadi Carnot, tesa da una parte a dare una base fisico-matematica alla progettazione delle macchine termiche, sino ad allora fondata sul più assoluto empirismo, dall’altra a far nascere dubbi radicali sulla teoria del calorico, a metterne in luce le contraddizioni, di cui cercare le soluzioni nella teoria corpuscolare.

Non fu semplice, però, abbandonare l’idea di calorico, fino ad allora protagonista assoluto nella descrizione dei fenomeni termici. Fu Clausius il primo a intuire quale potesse essere la strada per salvare le conoscenze già acquisite, utilizzando il concetto di calorico, spiegandole però alla luce di una nuova teoria. Egli propose una reinterpretazione della teoria di Carnot, in termini di movimenti molecolari non osservabili, e una matematizzazione di tale reinterpretazione. Il tentativo di Clausius fu quello di ricavare in maniera esplicita le leggi dei gas e i principi della termodinamica da un insieme di ipotesi sulla struttura del gas perfetto e sugli urti tra molecole.

I PARADOSSI

Quando, però, si confrontavano le affermazioni della nuova fisica molecolare con i dati dell’esperienza quotidiana, nascevano dei paradossi, difficili da spiegare. Per esempio, come si fa a giustificare, nonostante la grande velocità con la quale si muovono le molecole, la propagazione abbastanza lenta del fumo o del profumo?

Clausius riuscì a trovare una risposta soddisfacente a quesiti di questo tipo grazie all’introduzione, in una fondamentale memoria del 1858, di un nuovo concetto, quello di libero cammino medio molecolare. In questo modo i paradossi erano risolti, ma la teoria guadagnava in astrazione.

COME CAMBIA LA VISIONE SCIENTIFICA DEL MONDO

La visione scientifica del mondo elaborata dalla scuola illuminista e presente nella scuola francese di Laplace, Fourier e Poisson cominciava a cambiare, anche sotto l'influsso della Natürphilosophie. L’universo era adesso visto come un mondo pervaso da conflitti e contraddizioni, nel quale, incessantemente, le varie forze si trasformavano le une nelle altre: Clapeyron parla di trasformazioni mutue di energia cinetica e potenziale, e ipotizza una analoga possibilità per calore e lavoro meccanico, Faraday si pone il problema dell’interazione tra forze elettriche, magnetiche e chimiche. Anche Joule, Mayer ed Helmholtz seguono impostazioni dello stesso tipo, ponendo le basi per una rinnovata spiegazione dei fenomeni termici: Joule effettuò esperimenti relativi ai fattori di conversione tra forze di varia natura e a giunse alla determinazione dei primi valori dell’equivalente meccanico della caloria, Mayer, indipendentemente da Joule, lavorò intorno a temi analoghi ed Helmholtz intuì il principio di conservazione dell’energia. Contemporaneamente si svilupparono teorie altamente innovative anche nell'ambito della biologia, ed in particolare della genetica.

IL PROBLEMA DEL METODO

Un ulteriore sviluppo della teoria del calore e delle sue relazioni con i principi fondamentali della termodinamica nacque dall’ipotesi che il calore fosse una forma di energia dovuta al movimento delle molecole, costituenti fondamentali di tutti i corpi materiali. Tale idea venne negli stessi anni a Boltzmann (vedi lettura), Gibbs e Maxwell.

Contemporaneamente si accesero grandi dispute filosofiche sul metodo della ricerca scientifica. È lecito ricorrere ad ipotesi su ciò che non è direttamente osservabile, come ad esempio la molecola? Si aveva il timore di tradire lo spirito newtoniano di una scienza basata sull’esperienza come unica fonte di conoscenza e per cui la matematica aveva l’unico scopo di essere uno strumento per trarre le conseguenze di leggi note solo per via induttiva.

E FINALMENTE... LA TERMODINAMICA

Ma gli studi proseguivano: a partire da Clausius si enunciarono i principi della teoria meccanica del calore, nacquero concetti nuovi, come quello di cammino libero medio molecolare, si ottennero grandi informazioni sulle grandezze caratterizzanti il moto molecolare, quali la velocità o la frequenza delle collisioni e si divenne consapevoli dei legami con l’energia, si pose il problema delle conseguenze del secondo principio, che prevede che i fenomeni termici si sviluppino secondo una direzione privilegiata, e risultino quindi irreversibili, si discusse della tendenza dell’universo verso la dissipazione dell’energia meccanica e, quindi, della sua morte termica.

Successivamente Clausius affrontò lo studio della struttura formale del modello cinetico molecolare e della seconda legge della termodinamica, che sembrava indicare qualcosa di non spiegabile attraverso la meccanica. Ogni passo di Clausius verso una più profonda comprensione di questa legge portava a nuove difficoltà, in quanto il contesto della legge diventava sempre più astratta e sempre meno collegabile con i principi della meccanica; egli introdusse, infine, il concetto di entropia e formulò la seconda legge in termini di aumento di entropia.

 

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