LE DUE "CROCI" DI LONATE

(da "La Nona Campana", agosto-settembre 2006)


Perché a Lonate si trovano due monumenti, la statua di San Dionigi e la cosiddetta colonna di San Nazaro, identici quanto al supporto di granito, massiccio e ben squadrato? Perché sotto la statua di San Dionigi si leggono incisi motti relativi alla Croce? Sono domande che rimanevano irrisolte da tempo.

Le due Croci di Lonate (foto dell'autore di questo sito)

Per rispondere a queste domande occorre spostarsi da Lonate a Busto Arsizio, e studiare cosa sono quelle che a Busto popolarmente si chiamavano "crocette", tanto che attorno all'anno 1740 ce n'erano almeno quattro. Erano colonne o monumenti con croce incorporata, oppure erano confraternite impegnate a onorare la Santa Croce, oppure erano l'una e l'altra cosa insieme? Infatti alcuni passi di una cronaca bustese del Settecento raccontano di soste durante le litanie triduane o rogazioni, nelle chiese e in corrispondenza delle crocette di Pessina, di San Carlo, di San Barnaba, dei Re Magi, che dovevano essere dei monumenti; in altri passi della stessa cronaca si accenna sotto il nome di crocette alla nomina di "ufficiali elettivi", ad un popolo di associati cioè a tanti individui, ad un assistente ecclesiastico denominato conservatore, a riunioni per le quali ogni crocetta aveva bisogno di raccogliersi in una chiesa.

Nell'archivio di San Giovanni si può leggere un documento in apparenza secondario, ma in realtà illuminante nella sostanza. Si tratta di un bifoglio a stampa del 1728, motto slavato, che nella prima parte insegna che cosa fossero le compagnie della Santa Croce, e nella seconda dove esse, sotto il nome di croci, erano localizzate entro la diocesi di Milano. Queste compagnie o croci le aveva istituite san Carlo, il quale ne precisò lo spirito e dettò le regole. Egli, individuata nella Croce di Cristo "la nostra salute, virtù e gloria", dedusse la necessità di "onorarla e spesso rimirarla con divozione". Volle sodalizi strutturalmente simili alle confraternite; visitatori per la città e per le pievi forensi, che visitassero spesso le compagnie e dessero all'occorrenza le istruzioni opportune; la Congregazione Generale, come organo supremo di vigilanza sulle compagnie; e naturalmente la figura del Priore Generale. Previde e disciplinò l'erezione di nuove compagnie: "Non s'intenda esser legitimamente eretta alcuna Compagnia o Congregazione, né esser partecipe delle Indulgenze e Privilegi concessi alli Fratelli della Compagnia della Santa Croce, se non sarà eretta o confirmata per Lettere o Patenti dell'Illustrissimo Arcivescovo e scritta nel Libro della Congregazione Generale, ed ordinata sotto il governo particolare d'essa".

Gli arcivescovi di Milano successori del Borromeo ebbero a cuore e raccomandarono queste compagnie e, impossibilitati a visitarle personalmente, diedero ad alcuni "operarii" la facolta di visitarle e di erigerne di nuove. Nell'anno 1728 le compagnie di Santa Croce presenti in diocesi di Milano erano 80. Allora il priore generale diocesano, l'oblato Carlo Maria Facino residente a Milano nel collegio del Santo Sepolcro, diffuse una lettera circolare ai sacerdoti assistenti delle compagnie, che in genere erano una per parrocchia, chiedendo ragguagli sulla condotta degli iscritti, confratelli e consorelle, attraverso una serie di quesiti: "frequentano l'orazione della sera? Si comunicano una volta al mese? Vanno processionalmente ogni venerdì alla visita della chiesa parrocchiale? Attendono alla correzione delle parole sporche e disoneste? Portano al collo la crocetta benedetta che consente di fruire di speciali indulgenze? eleggono ogni anno i loro ufficiali segnalandone i nominativi alla congregazione generale per l'aggiornamento del catalogo?" Nell'elenco delle compagnie forensi del 1728, riportato nella circolare, tra le località della "terza regione" (pievi di Busto Arsizio, Dairago, Nerviano), subito dopo Busto Arsizio si trova inaspettatamente Lonate Pozzolo: "le due Croci di Lonate Pozzolo, erette l'anno 1721". Naturalmente nell'elenco la parola Croce vale per "Compagnia della Santa Croce".

Nonostante nulla si sappia oggi sull'opera pastorale dei due parroci porzionari del tempo, Giuseppe Antonio Gasparoli e Camillo Canetta, che furono presumibilmente i conservatori e, prima ancora, i promotori delle due compagnie lonatesi, questa scoperta ci spiega di colpo, in linea con l'esistenza di due parrocchie e di due chiese parrocchiali a Lonate (Sant'Ambrogio e San Nazaro) e con la consueta rivalità dei quartieri d'in sü e d'in giô, la presenza in paese di due monumenti, collocati simmetricamente nell'abitato, perfettamente simili tra di loro. Entrambi hanno un massiccio parallelepipedo di base in granito rosa di Baveno, circondato da gradini di sarizzo e decorato su ogni lato da una croce in rilievo, sovrastato nel quartiere d'in sü dalla statua di San Dionigi, nel quartiere d'in giô dalla colonna detta di San Nazaro (dal nome del quartiere), con in cima la statua di San Giovanni Battista bambino. Da notare che entrambe le statue impugnano una croce di ferro. Inoltre, il cuscino quadrilatero che sta sotto alla statua di San Dionigi reca incisi, uno per lato, motti in onore della Santa Croce, i quali, non avendo esplicitamente nulla a che fare con il santo della statua, erano finora privi di una spiegazione. Ecco il loro testo:

"O crux, ave, spes unica; In hoc signo vinces; Cruci Christi..."

Sul lato anteriore vi è invece la dedica Divo Dionisio. Dunque nell'uno e nell'altro monumento, oggi ammirabili il primo nella piazza principale e l'altro nell'attigua "Via Crucis" retrostante al campanile, i riferimenti alla Santa Croce sono piuttosto evidenti. Nel tessuto urbano della vecchia Lonate non abbiamo altre realtà monumentali più convincenti di queste, da rapportare alle due compagnie della Santa Croce. Come si vede nelle foto in questa pagina, su entrambi i basamenti a forma di parallelepipedo, al centro di ciascuna delle quattro facce, si trova infatti una croce in rilievo, simbolo conforme al nome e perfettamente allineato allo spirito delle compagnie. Nulla di più facile che le compagnie si chiamassero rispettivamente di San Dionigi e di San Giovanni Battista; l'una doveva effettuare le riunioni dei propri associati nella chiesa di Sant'Ambrogio, l'altra in quella di San Nazaro.

La croce chiaramente effigiata sulla base della colonna di San Giovanni

L'altra novità della scoperta archivistica consiste nella vicinanza delle date: il 1721 è l'anno dell'erezione canonica delle Compagnie della Santa Croce lonatesi; il 1722 è la data incisa nel cuscino sotto la statua di San Dionigi. Nella prima data si riscontra la ragione per cui si è pensato di alzare l'uno e l'altro monumento, la cui simmetria ed analogia fa pensare che siano stati costruiti insieme. Erette le Compagnie, si creò insomma per ciascuna una realtà di riferimento. Come a Busto, cosi a Lonate ma anche altrove: non entro le chiese ma nelle contrade e sulle piazze, come desiderava san Carlo. Viene in mente, favorita dall'omonimia, la croce di San Dionigi di Milano, ai piedi della quale il Renzo manzoniano che entra guardingo nella città deserta per via della rivolta del pane, trova sorprendentemente un pane tondo e bianco. Ecco il testo in questione:

« Quando Renzo entrò per quella porta, la strada al di fuori non andava diritta che per tutta la lunghezza del lazzeretto; poi scorreva serpeggiante e stretta, tra due siepi. La porta consisteva in due pilastri, con sopra una tettoia, per riparare i battenti, e da una parte, una casuccia per i gabellini. I bastioni scendevano in pendìo irregolare, e il terreno era una superficie aspra e inuguale di rottami e di cocci buttati là a caso. La strada che s'apriva dinanzi a chi entrava per quella porta, non si paragonerebbe male a quella che ora si presenta a chi entri da porta Tosa. Un fossatello le scorreva nel mezzo, fino a poca distanza dalla porta, e la divideva così in due stradette tortuose, ricoperte di polvere o di fango, secondo la stagione. Al punto dov'era, e dov'è tuttora quella viuzza chiamata di Borghetto, il fossatello si perdeva in una fogna. Lì c'era una colonna, con sopra una croce, detta di san Dionigi: a destra e a sinistra, erano orti cinti di siepe e, ad intervalli, casucce, abitate per lo piú da lavandai. » (capitolo XI)

Ma come spiegare la mescolanza a Lonate della statua di San Dionigi insieme con gli elementi attinenti alla Croce? La risposta viene da Busto, dove una delle crocette, cioè delle Compagnie della Santa Croce, era intitolata a san Barnaba, santo che diede nome alla contrada in cui la statua era installata. Barnaba e Dionigi avevano in comune l'essere stati vescovi di Milano, l'uno nel primo secolo, l'altro nel terzo secolo, anche se gli storici moderni escludono Barnaba dalla serie dei vescovi di Milano, facendola iniziare soltanto nel terzo secolo con Sant'Anatalone. Fu ancora san Carlo, seguito poi da Federico Borromeo, a raccomandare alle popolazioni il recupero della memoria dei primi vescovi della diocesi. Che cosa meglio di una statua aiuta a ricordare un personaggio? Nel monumento sulla piazza di Lonate si trovano così intrecciati nella realizzazione due proposte del grande Borromeo.

A corollario dell'istituzione a Lonate delle due compagnie della Santa Croce si ebbe sicuramente l'istituzione della festa della Santa Croce, celebrata fino a pochi decenni fa a inizio maggio come vuole la liturgia; ai tempi era questa la più grande festa del paese dopo la patronale di Sant'Ambrogio. Da notare che, negli elenchi del '500 e '600 delle feste celebrate a Lonate, la festa della Santa Croce non figura ancora; essa compare invece nell'elenco delle feste elemcate al cardinal Pozzobonelli durante la visita pastorale del 1750.

Le compagnie della Santa Croce, a carattere popolare, dovevano avere un alto numero di associati, uomini e donne, ma purtroppo i registri degli iscritti non sono stati conservati, né a Lonate né a Busto. Non si sa fino a quando durarono. queste compagnie: probabilmente scomparvero, insieme con altre confraternite, in epoca napoleonica. Già prima, la sconsacrazione della chiesa di San Nazaro decretata dal governo austriaco di ispirazione massonica nel 1783, non giovò in Lonate al prosieguo della distinzione degli associati in due gruppi. Nonostante questo, ormai ben radicata nel solco della tradizione locale, a Lonate la festa della Santa Croce poté praticarsi ben più a lungo, fin quasi a ridosso del presente, cioè fino alla ventata di laicizzazione portata con sé dal benessere del boom economico.

E ora, prima di chiudere, una galleria di fotografie scattate nel 1966 ed inviatemi dall'amico dott. Franco Barzaghi, che testimoniano il trasferimento della statuetta di San Giovanni Battista dal demolito oratorio di San Giovanni in Campagna al chiostrino posto dietro al campanile della Parrocchiale, sulla colonna di cui si è parlato.

Il Gruppo Alpini di Lonate procede al trasferimento della colonna
di San Giovanni. Il secondo in alto da sinistra è Cesare Barzaghi

 

Ricomincia

Le fotografie soprastanti, scattate nel 1966, mi sono state inviate dall'amico dott. Franco Barzaghi, e testimoniano la rimozione delle radici di una pianta d'alto fusto che cresceva nel chiostro dietro al campanile di Sant'Ambrogio, onde collocarvi la colonna di San Giovanni di cui si è parlato in questa pagina. Durante l'estirpazione si è scoperto che le radici trattenevano un gran numero di ossa umane, testimonianza del fatto che tale sito era un cimitero fino all'epoca napoleonica!

 

I MISTERI DELLA COLONNA DI PIAZZA SANTA CROCE

(da "Il Lonatese", luglio-settembre 2022)

Ma attenzione: le due "croci" di Lonate, in realtà, sono tre!

Sono molti coloro che per varie ragioni transitano per Piazza Santa Croce, a due passi dallo spazio del mercato settimanale. Hanno modo di vedere come l'edificio che fa da fondale alla piazza sia in cattive condizioni e necessiti di una sistemazione, necessaria perché la piazza, anch'essa da riqualificare, ha bisogno di un fondale decoroso. Ma probabilmente sono pochi coloro che prestano attenzione alla colonna con croce in cima che è posta ai piedi del fondale, dalla quale la piazza prese nome dopo la parentesi fascista quando fu rinominata Piazza XXVIII Ottobre, a ricordo della famigerata Marcia su Roma.

Fino a non molti decenni fa questa non era una piazza, bensì era la grande piscina dove si raccoglieva tutta l'acqua piovana del paese che, come si può notare, è in lieve declivio da nord a sud. Da secoli questa piscina si chiamava Valletta, perché in latino medievale si dice valle qualunque ricettacol,o, anche non grande, di acqua fluente o stagnante. Secondo il Catasto di Maria Teresa del 1722 il paese terminava in contrada dell'Olmo, oggi Via Novara, con i due vicoli laterali: Repossi ad est, Valletta ad ovest. Che cosa c'era tra i due vicoli e le antiche strade per Sant'Antonino e per Turbigo (già Comum-Novaria, oggi Via XXIV Maggio)? A sud di vicolo Repossi stava la piscina, con due case distanti da essa ad est e un piccolo campo, nessuna casa ad ovest ma solo piccoli campi. La mappa del 1856 aggiunge altre case e presenta la piscina ampliata per avere inglobato il campo suddetto. La revisione del 1886 presenta finalmente il fondale intermedio tra le strade per Sant'Antonino e per Turbigo. Interessante il progetto del 1841 dell'ingegner Mariani, finalizzato a indicare i tracciati della fognatura a cielo aperto da realizzare, con la "riana" al centro delle contrade, selciate o riselciate per l'occasione: interessante perché a sud della piscina colloca nel terreno intermedio tra le due strade il disegno simbolico di un monumento identico al disegno che indicava nelle piazze Sant'Ambrogio e San Nazaro la presenza dei monumenti in onore di san Dionigi e di san Giovannino dei quali abbiamo parlato qui sopra. Un disegno dell'archivio comunale del 1815 firmato dall'ingegner Marzoli riguardante la sistemazione della piscina di Valletta presenta anch'esso per lo stesso sito il segno del monumento con l'aggiunta di una scritta importante: colonna di vivo con croce. È spontaneo pensare che quando nel sito si costruì il fondale della piazza sul finire dell'Ottocento, la colonna sia stata collocata dove e come si presenta oggi. E qui cominciano i misteri.

Il primo riguarda l'eterogenea composizione del monumento: colonna di granito chiaro a grana fine, con capitello a cappello, vistoso parallelepipedo di supporto di granito scuro a grana grossa, massiccio basamento costituito, sembra, da ghiaietto legato con malta, rivestito di cemento. Il crocifisso di ferro sulla cima ha sostituito in anni recenti la croce originaria. Sul parallelepipedo è scolpita in modo nitido la data 1577. L'anno 1577 è con il 1576 l'anno della peste milanese detta di San Carlo. Questa peste, sappiamo da fonti contemporanee affidabili, oltre a Milano colpì Gallarate, Samarate, Castano, Gorla, Saronno, ma non Busto Arsizio. E a Lonate?

Sta qui il secondo mistero: non sappiamo se e quanto la peste colpì Lonate. Il registro dei matrimoni, l'unico registro anagrafico parrocchiale conservato di quegli anni, offre un indizio: l'assenza totale di matrimoni nei mesi da maggio ad agosto del 1577. In mancanza dei registri parrocchiali del tempo, è stato necessario fare un giro più lungo e faticoso attraverso le carte dei notai. I notai allora attivi a Lonate erano tre: Carlo Antonio Piantanida, Baldassarre Spezia, Giovanni Paolo Repossi. Ebbene, il signor Giuseppe Borroni di Bienate, assiduo frequentatore dell'archivio di Stato di Milano, ha appurato che in questa ricerca può essere utile soltanto il Repossi. Nella rubrica di quest'ultimo leggiamo che gli amministratori comunali di Lonate nell'ottobre del 1576 diedero incarico ai nobili del borgo di provvedere a proteggerlo dall'epidemia ("pro conservatione sanitatis ab epidemia"). Ma si dispone fortunatamente anche dell'atto notarile corrispondente, ricco di nomi e di dettagli: il 12 ottobre 1576 si radunarono nella "casa del comune", convocati con suono di campana, i due consoli e 11 dei 12 consiglieri, per deliberare come proteggere il borgo dal morbo che lo insidiava ("a morbo epidemiae tam calamitoso et hodiernis temporibus imminente"). Il consiglio fissò le seguenti norme, con annesse penalità in scudi d'oro a carico degli inadempienti:

Agli individui messi di guardia alle porte del borgo era richiesta la massima diligenza nel controllo e conservazione delle bollette dei forestieri che giungevano in esso. A governare dal pericolo furono designati una dozzina di personaggi autorevoli: seinobili (2 Piantanida, 2 Modoni, Perotti, Repossi), un console e sei consiglieri. A costoro fu data ampia facoltà di aggiungere altre provvidenze se ritenute necessarie. Infine, si fece obbligo ai consoli di pubblicare tutte queste deliberazioni.

L'atto notarile si compone di nove fogli. Nel primo di essi, a margine, il notaio appuntò di averne dato copia al feudatario Coriolano Visconti il 16 gennaio 1577 e, poi, il 18 febbraio ai commissari designati. Sono postille importanti: significano la subentrata necessità di osservare quanto deliberato, e quindi l'incipiente diffusione del contagio nel borgo. Lonate (allora senza Sant'Antonino) contava 1.700 abitanti. A tutt'oggi non conosciamo l'incidenza del morbo e la mortalità, che dovette essere alta se ricordata con un monumento!

Quanto alla storia della colonna, ricordiamo l'apporto favorevole della cartografia. In una mappa del 1815 dell'area di Valletta (che poi diventerà piazza S. Croce) la colonna è chiaramente indicata con simbolo e scritta ("colonna con croce di vivo") in sito diverso ma poco distante da quello attualmente occupato dalla colonna; nella mappa catastale del 1722 di Lonate troviamo il simbolo (un quadratino) indicativo dei monumenti. Quanto ai documenti, si coglie il filo che lega le vicende, costituito dalla presenza attiva a Lonate dei nobili Repossi. Tra i commissari designati nel 1576 c'era il nobile Giovanni Pietro Repossi, di professione notaio. Il terreno in cui stava la colonna nel 1815 era del benefico Repossi. Il terreno è segnato nel catasto allora in vigore come mappale n. 1948, prato avitato di pert. 1.23 (dello stesso beneficio era l'adiacente aratorio n. 1810 di pertiche 16.09, ampio, esteso fino a comprendere il chiesuolo di S. Antonio). Il beneficio Repossi (all'altare del Rosario nella parrocchiale) fu istituito intorno al 1685 con beni della famiglia. Si può perciò fondatamente assegnare ai Repossi l'idea e la realizzazione della colonna memoriale su un terreno di loro proprietà al margine dell'abitato, probabilmente uno dei luoghi di raccolta degli appestati. Questo monumento, sicuramente importante, perché testimonia purtroppo una vicenda dolorosa del paese, meriterebbe di sicuro un'adeguata riqualificazione.

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

 

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