SAN GIUÁN IN CAMPAGNA

(da "La Nona Campana", settembre 1984)


 

La chiesetta di San Giovanni, da diversi anni ormai abbattuta perché cadente, era detta « in campagna », perché fino agli anni venti del secolo scorso tutt'intorno non c'erano boschi di robinia, come possiamo osservare oggi, ma era circondata da un'enorme distesa di compagne.

Che fosse stata costruita poi in aperta campagna è da attribuirsi al fatto che essa fungeva do lazzaretto per gli appestati prima e poi per i colerosi del nostro pause (lazzaretto, dal nome del biblico lebbroso Lazzaro, era un ospedale per la segregazione e la cura dei malati di morbi infettivi e contagiosi).

Questo pilastrino era posto a lato del Sagrato della vecchia Chiesa di San Giovanni e rappresenta uno dei suoi ultimi resti ancor oggi visibiliPer inciso va ricordato che gli ultimi due lonatesi ricoverati in suddetto luogo, perché affetti da vaiolo (variö negar), furono un certo Carlö Gambarot (ossia Carlo Regalia) e Santin Ferari (Santino Ferrario). Quest'ultimo, a differenza del primo, riesci a superare la malattia. A prestar loro assistenza ed opera infermieristica sembra sia stato un certo Gustin Merlin, mentre è accertato che a trasportarli a San Giovanni con una carrozza, la stessa usata dal Comune per il trasporto dei malati gravi in ospedale a Milano, fu Pietro Milani (Pedar Milan).

La chiesetta ed il cortiletto circostante erano cintati da un muricciolo alto circa due metri, fatto con materiale di recupero (sassi e mattoni cementati fra di loro con calce e terra creta) e ricoperto di tegole.

Su tale muro, evidentemente all'interno, era sistemata una « Via Crucis ». Nel muro che stava di fronte alla facciata della Chiesetta erano praticati due fori dove venivano infilati altrettanti travi che servivano a sostenere un pulpito in legno, in talune occasioni allorquando la predicazione veniva fatta all'aperto. Su tale tratto di muro (quello appunto alle spalle del pulpito) sembra si potesse osservare un affresco che ritraeva i Santi Apostoli Giacomo e Giovanni.

L'ingresso, costituito do un cancello in ferro battuto, era sito sul lato nord del muro di cinta, laddove scorreva la stradicciola che dal Moncucco andava a finire sulla « provinciale ».

Nel mezzo del cortile, di fianco alla chiesetta, si ergeva la colonna sormontata da un San Celso, qui collocata nel 1882, proveniente da piazza S. Nazaro, da dove era state tolta per facilitare la viabilità, la stessa che ancor oggi possiamo osservare nel cortile della « Via Crucis » di fianco alla Chiesa parrocchiale.

Accanto alla sagrestia v'era un pozzo di acqua freschissima, e in un angolo del cortile due latrine che erano servite per i malati.

La chiesetta non aveva nulla di artistico: un portone al centro della facciata sormontato da un finestrone circolare sopra il quale pare si potesse osservare un affresco ritraente la « pesca miracolosa ». Ai fianchi del portone altre due finestre circolari di dimensioni più piccole, l'una con grata in ferro, l'altra con un serramento in legno attraverso il quale pare fossero introdotte nella chiesetta le cibarie per i malati ivi degenti.

L'altar maggiore in legno apparteneva alla parrocchiale di S. Ambrogio e fu messo in opera nel 1814. Sopra di esso vi era un simulacro della Vergine. L'interno del tempio era rischiarato, oltre che dalle finestre della facciata, anche da un grosso finestrone circolare sul lato nord (o sinistro) e da due finestroni rettangolari su quello sud (o destro). Su questo stesso lato sul fondo della Chiesetta sorgeva la sagrestia, mentre dalla parte opposta v'erano due locali l'uno sopra l'altro, comunicanti con una scala di legno (probabile residenza per il custode-infermiere). Nel localino a pian terreno c'era un caminetto.

Sopra questi due locali, addossato alla chiesetta, troneggiava un piccolo campanile provvisto di una campanella.

Nel giorno di San Giovanni, il 24 giugno, i lonatesi facevano gran festa. Di buon'ora, a piedi, ci si recava alla Chiesetta per partecipare alla Messa delle cinque e trenta (la "messa prima"): il luogo sistematicamente era già presidiato da un gruppo di giovani che avevano passato la notte là, all'aperto.

Se la ricorrenza capitava di domenica, dopo il canto dei Vesperi in Chiesa parrocchiale, ci si recava nuovamente là, questa volta processionaImente, per la benedizione eucaristica.

Lungo il muro di cinta, sulla stradina, c'erano bancarelle dove si potevano acquistare frutta, caramelle (bùmbom), gelati, palloncini e girandole...

La devozione popolare per « San Giuàn in Campagna » era grandissima: passando davanti o nelle vicinanze della Chiesetta, i lonatesi erano soliti farsi un segno di croce e recitare « un requiem par i poar mort » ivi sepolti. Anche al termine del quotidiano Rosario era previsto un ricordo per suddetti morti, per l'intercessione dei quali pare che molti lonatesi ricevessero delle grazie, per non dire miracoli. Sempre a San Giovanni si tenevano pure giornate di ritiro per gli uomini di Azione Cattolica; ed in periodi di particolare siccità si svolgevano tridui di preghiera per chiedere acqua per i raccolti. L'invocazione ricorrente era la seguente: « Giacomo e Giovanni, date acqua a questi poveri contadini ».

In occasione poi d'improvvisi e forti temporali, San Giovanni diventava luogo di riparo per i contadini che si trovavano nei campi circostanti, lontani dall'abitato.

 

La chiesa di S. Giovanni in Campagna negli Anni Cinquanta. La colonna si trova ora nella "Via Crucis" di S. Ambrogio

La chiesa di S. Giovanni in Campagna negli Anni Cinquanta. La colonna si trova ora nella "Via Crucis" di S. Ambrogio.

 

Ciò che resta oggi della chiesa di S. Giovanni in Campagna: a sinistra l'abside e la sagrestia, a destra l'ingresso

Ciò che resta oggi della chiesa di S. Giovanni in Campagna: a sinistra l'abside e la sagrestia, a destra l'ingresso.

 


CRONOLOGIA

(da "La Nona Campana", ottobre 2003)

 

Questa Chiesa compare in prima citazione documentaria nel catalogo del Bussero dell'anno 1300.

1570: S. Carlo Borromeo la trova senza tele alle finestre, con altare irregolare, non soffittata. Considerata luogo di rifugio per i passanti.

1622: la ritrovano con affreschi scrostati su tutte le pareti. Non c'è né torre, né campana, né acquasantiera.

1625: Il Cardinal Federico Borromeo ne decreta la demolizione; a meno che non si sopralzino le pareti laterali della Chiesa, la si illumini con nuove finestre, ecc.

1630: Si procede difatti, dopo la peste, all'abbattimento e alla ricostruzione: grazie a donazioni di campi, di soldi e di giornate lavorative.

1639: Risulta ricostruita la cappella, cioè l'area dell'altare, mentre stanno ancora in piedi le vecchie pareti. Monsignor Visconti data tre anni di tempo perché si faccia la ricostruzione dell'aula.

1682: La Chiesa viene portata a termine. Pareti imbiancate, collocata nella cappella una figura del Battista, una campana sul campaniletto.

1689: Diventa titolare della Chiesa di San Giovanni il Sac. Marc'Antonio della Croce. Sono dipinte sulle mura le figure dei Santi Giovanni e Giacomo ed un quadro che, stando alla voce degli anziani, rappresentava la Madonna degli Appestati.

1722: Viene situato il lazzaretto.

1747: Viene costruito il muro di recinzione. Un frate minore osservante erige una Via Crucis con le 14 stazioni sul muro medesimo.

1750: Si celebrano parecchie funzioni per i defunti ed anche per implorare la pioggia o il bel tempo, oltre alle dodici Messe annue a carico della comunità.

1782: vengono effettuate riparazioni nella Chiesa, muro di cinta e pozzo (appaltate alla Ditta Ambrogio Bollazzi, per £. 375).

1814: Si sistema (o si rinnova)  la Via Crucis nel muro di cinta.

1824: Si installa l'antico altare in legno dorato, proveniente dalla Chiesa Parrocchiale di Sant'Ambrogio, sopra il quale viene posto il simulacro della Vergine incoronata dal Cardinal Pozzobonelli nel 1763.

1886: Si colloca nel lazzaretto la colonna di San Nazaro, recante in cima la statua del Battista bambino. Vengono accolti i colerosi.

1919: Finiscono nel lazzaretto di S. Giovanni i colpiti dall'epidemia detta "spagnola".

1935: Fino a quest'anno sono regolari i tradizionali rapporti di devozione del popolo lonatese con l'oratorio campestre. Gli anziani ricordano la strada di accesso, come ricordano l'acqua freschissima del pozzo attiguo alla sacrestia.

1937: Da qui in poi, il sito è trascurato e ridotto a rifugio di sbandati.

1966: La Chiesa viene abbattuta perché estremamente pericolante, e perché è diventata luogo abituale di prostituzione. La colonna riprende la strada del paese, finendo nel Chiostrino attiguo alla Chiesa di Sant'Ambrogio.

1967: Resta solo il basamento della colonna, malmesso. Boscaglia e sterpi fanno da indegna cornice.

1993: Si aggiunga l'opera dei soliti "incivili" che vi depositano ogni genere di rifiuti: materassi, infissi di legno, lavatrici ed altro che non si menziona.

1994: Ad un gruppo di volontari balena l'idea di recuperare almeno a parco quanto resta del pavimento in cotto della Chiesa di San Giovanni. Sono le stesse persone che hanno voluto e realizzato il rifacimento completo della Chiesetta di Santa Savina, rispettando fedelmente le iniziali strutture. 17 Marzo: Agli organizzatori si associano altri volontari "della terza età". In possesso di regolare permesso del Parco del Ticino, grazie anche all'interessamento dell'Assessore Marino Carmelo si dà inizio al taglio delle piante esistenti. Viene effettuato il recupero della zona con la recinzione mediante siepe od altro, l'asportazione delle piante e sterpaglie, l'individuazione della superficie dove si trovava il pavimento della Chiesa. Lo scopo è stato quello di recuperare un'area antica di una struttura ecclesiastica: chiesa, lazzaretto, può diventare meta di gite culturali individuali, familiari e di scolaresche.

Lo stemma del Comitato Pro San Giovanni

Il Comitato Pro San Giovanni (cliccate qui per accedere al suo sito) è un Sodalizio che si impegna a preservare l'area sacra archeologica di San Giovanni dalle insidie del tempo, dalla scelleratezza dei vandali e a glorificare il Precursore il 24 Giugno di ogni anno, facendo celebrare una Santa Messa nel giorno della Nascita. Vari volontari si occupano da diversi anni di curare lo svolgimento della funzione religiosa in occasione della Nascita del Santo e, spulciando vari libri e carteggi in suo possesso, ha ritrovato articoli riguardanti tradizioni congiunte al culto sia in Lombardia che nel vicino Piemonte. Si è scoperto così che, nella data del 24 giugno, è uso in Piemonte far benedire del pane durante l'Eucarestia (il Pane di San Giovanni, appunto), e offrirlo ai fedeli intervenuti. Se volete potete scaricare da qui un file in formato .pdf, contenente una fascetta sul quale viene descritta una selezione di erbe odorose da preparare e far benedire durante la medesima funzione. Perchè tutto ciò? La tradizione religiosa contadina prevedeva che, una volta confezionato questo mazzetto di erbe e benedetto durante la Messa, lo si esponesse sulla soglia di casa per allontanare gli influssi malefici. Si tratta evidentemente di un culto pagano precristiano, poi accolto nella tradizione popolare cattolica quando agli dei campestri (Silvano, Diana, ecc...) si è sostituito il culto del Precursore. Una cultura contadina ormai dimenticata, che però ha fatto parte della nostra stessa storia.

Il Battesimo di Gesù, vetrata nel Battistero della Chiesa Parrocchiale di Sant'Ambrogio

Il Battesimo di Gesù, vetrata nel Battistero
della Chiesa Parrocchiale di Sant'Ambrogio

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi al Comitato pro San Giovanni.

 

Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla storia antica di Lonate; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.


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