LA CHIESA PARROCCHIALE DI SANT'AMBROGIO

Le origini - Nascita della Chiesa - Cenni di storia architettonica - Cronologia - I dipinti in S.Ambrogio - Cristo Re - Organo e organisti


Le origini di Sant'Ambrogio

(da "La Nona Campana", febbraio 1987)

Pur non esistendo alcun documento sulla prima evangelizzazione del territorio lonatese, la presenza a Lonate, probabilmente dal VII secolo, di una chiesa dedicata ai santi Nazaro e Celso, sull'area dell'attuale piazza Mazzini, lascia supporre l'esistenza già in tale periodo di una comunità cristiana nella parte meridionale del paese, che e quella più antica. La conformazione della porzione settentrionale dell'abitato, con tessuto viario più caotico e con presenza di pozzo e piscina, ricorda la successiva occupazione di Lonate da parte dei Longobardi, inizialmente ariani, e la loro conversione al cristianesimo e attestata anche a Lonate dalla chiesa di San Giovanni in Campagna, ubicata a metà distanza fra l'abitato e la valle del Ticino.

È improbabile che ad officiare nelle chiese del luogo ci fossero dei sacerdoti stabilmente residenti. Fuori città il clero viveva concentrate nei capoluoghi di pieve, raggiungendo i villaggi del distretto solo per la domenica e per le feste più importanti: Lonate dipendeva allora da Arsago Seprio o da Dairago. La residenza stabile di un sacerdote in un luogo comincia quando gli abitanti di esso sono in grado di mettergli a disposizione un beneficio (case e terreni), dal cui reddito egli potesse trarre i mezzi di sostentamento. Di conseguenza, spettava alla popolazione scegliere il proprio prete, diritto che venne tranquillamente esercitato fino al Concilio di Trento. Il primo beneficio o « rettoria », che venne costituito a Lonate presso la chiesa di San Nazaro, e da ritenersi non anteriore all'anno 1200.

Nel X secolo, certamente ad iniziativa della nobile famiglia « Lunati », feudataria del luogo, era stato eretto il "castello" (cioè una dimora fortificata), sull'area dell'attuale chiesa di Sant'Ambrogio, nel cui perimetro fu anche costruita una piccola chiesa ad uso dei nobili e del personale di servizio. Tale chiesa di forme romaniche, forse ampliata, divenne successivamente sede della seconda « rettoria » (cioè parrocchia) di Lonate.

L'Abside e il campanile della chiesa di S.Ambrogio

L'Abside e il campanile della chiesa di S.Ambrogio. Questa foto ci aiuta
a capire come doveva apparire la primitiva chiesa a pianta ottagonale

 

Nel 1319 in paese troviamo due « rettori », Giovanni Maridati in Sant'Ambrogio e Tommaso Ferrario in San Nazaro, circostanza dalla quale si deduce l'importanza e il benessere di Lonate che, in quel periodo, viene denominato « borgo », l'equivalente attuale di "piccola città".

Dopo il 1200 compaiono i primi monasteri femminili, dell'ordine degli Umiliati, dediti alla lavorazione della lana; essi sono quattro nel 1270, dieci nel 1335, tutti di piccolissime dimensioni e posti ai margini dell'abitato, verso l'aperta campagna. Nel 1330 troviamo in attività a Lonate tre « ospizi », per dare assistenza (vitto, alloggio e vestiti) ai poveri e ai viandanti, che si reggevano soprattutto sulle generose off erte e sui lasciti dei ricchi: fare l'elemosina era infatti considerata condizione indispensabile per salvarsi l'anima. Nel 1341 si riscontrano a Lonate tre « consorzi » con propri statuti, composti da laici ed aventi scopi soprattutto spirituali; tra i fini vi erano l'aiuto reciproco, la garanzia di un funerale decoroso alla morte e la pratica dell'elemosina, mediante distribuzione di viveri ai poveri in particolari ricorrenze.

Nel 1499, abbattuta la piccola chiesa romanica, Sant'Ambrogio venne riedificato a pianta ottagonale di ispirazione bramantesca, forse su progetto di Antonio da Lonate, architetto operante anche a Milano e altrove; di quella chiesa è sopravvissuta una parte, che costituisce l'abside della chiesa attuale, il cui catino è decorato con affreschi del Cinquecento di cui riparleremo più avanti. Nel 1560 la chiesa fu prolungata con l'aggiunta della navata, e ne risultò un edificio di dimensioni rilevanti per quei tempi (38 x 13 metri).

L'ampliamento della chiesa di Sant'Ambrogio determinò il rapido abbandono di San Nazaro, che già nel 1583 aveva cessato di funzionare come chiesa parrocchiale. I due parroci porzionari, che avevano ciascuno giurisdizione e cura d'anime su metà del territorio della parrocchia, vennero così ad avere l'abitazione in due case attigue, ma distinte, a nord della chiesa di Sant' Ambrogio, e svolgevano a turno, una settimana ciascuno, la funzione di parroco. Di tale situazione è rimasta traccia nel coro di Sant'Ambrogio che presentava, fino a pochi anni fa, due scranni centrali adiacenti. Va notato che la chiesa di Sant'Ambrogio era contornata sui restanti lati (est, sud e ovest) dal cimitero e che nella stessa chiesa si trovavano oltre 50 tombe dei nobili e delle autorità del luogo, clero compreso.

La chiesa parrocchiale era uno dei poli (l'altro era il Comune) attorno ai quali gravitava la vita dei lonatesi: qui si celebravano le feste più solenni dell'anno, si amministravano i sacramenti che distinguevano le varie tappe della vita, si invocava la clemenza del clima e la fecondità della terra, si scongiuravano le pestilenze e le guerre, qui erano sepolti i padri.

Eppure, a partire dalla meta del secolo XV, la fede e la morale del clero e del popolo erano progressivamente decadute, tanto da rendere indispensabili le riforme introdotte dal Concilio di Trento. In tale opera di moralizzazione e di riorganizzazione fu attivo San Carlo Borromeo, vescovo di Milano dal 1565; e nel 1567 era in visita pastorale al borgo di Lonate, che nel frattempo era stato incorporato nella pieve di Gallarate. Egli concentrò la decina di monasteri del luogo nei tre più grandi di Santa Maria, Sant'Agata e San Michele, riunì i tre consorzi medioevali nella « scuola della Carità», rivide gli statuti delle confraternite e ne fondò di nuove (Disciplini, SS. Sacramento, SS. Rosario, Dottrina Cristiana), diede disposizioni circa la morale, i sacramenti e il culto, disponendo infine l'avvio della periodica compilazione degli « Stati d'anime », oggi tanto utili per ricostruire la storia antica e recente di Lonate.

Da quelli del 1574, che rappresentano il primo censimento lonatese di cui rimane la documentazione, effettuato dai curati Giovanni Setticelli e Giovanni Maria Frotti, la parrocchia di Sant'Ambrogio (Sant'Antonino era parrocchia e Comune autonomo) risultò composta in quell'anno da 1590 abitanti, del quali 1480 vivevano in paese suddivisi nelle 6 contrade, mentre i rimanenti erano sparsi nei cascinali (Tornavento contava 31 abitanti e la Cascina Maggia 26). I dati lasciano intendere una fortissima mortalità infantile (un nato su due moriva entro i 10 anni), la presenza di pochissimi celibi e nubili sopra i 30 anni, un elevato numero di vedove sopra i 40 anni, una media di 5 persone per famiglia e la mobilità di molte famiglie che, per San Martino, cambiava la casa e i terreni in affitto. Delle 306 famiglie, 185 erano infatti dedite all'agricoltura.


La Chiesa di Sant'Ambrogio ha 500 anni

(da "La Nona Campana", gennaio 1999)

 

"È di tanta grandezza e bellezza ch'io ardisco di affermare che in tutto lo Stato di Milano non si trova il più degno, né pari a quello, per essere egli d'una nave sola, tutta in volta". Queste parole riguardano il tempio di Sant'Ambrogio di Lonate Pozzolo. Le incontriamo con sorpresa nella "Historia delle antichità di Milano", grosso volume di Paolo Moriggia stampato a Venezia nel 1592. Chiesa grande, a navata unica, voltata: cosi, dunque, la coglieva lo storico milanese che probabilmente conosceva Lonate per via della famiglia Gennari, cui, nell'opera, riserva particolare attenzione.

Anche il santo arcivescovo Carlo Borromeo, durante la visita pastorale del 1567 della quale si conservano atti e decreti, trovava che la chiesa era una bella costruzione a volta continua; la diceva dotata di sei cappelle laterali in aggiunta alla cappella maggiore, di un'ampia sacrestia e di un campaniletto con tre campane; ordinava però di compiere diversi lavori, che sono chiaramente indicativi di una edificazione incompleta; per esempio costruire la porta d'ingresso e l'altare maggiore, dipingere le cappelle laterali ed anche - ma solo dopo aver fatto tutto ciò - costruire un campanile vero e proprio. I visitatori ecclesiastici che gli fecero seguito, ci danno le misure del tempo: cubiti 24 x 26 cioè metri 10 x 11 per la cappella maggiore, 68 x 30 cioè metri 29 x 13 per la navata, le stesse misure che compaiono negli atti della visita pastorale del 1750 e che si riscontrano nella planimetria dell'abitato di Lonate del 1856, nella quale si colgono aggiunte e modificazioni sul fianco meridionale costituite dalla cappella del Rosario e dall'edicola del mortorio, mentre il fianco settentrionale presenta la linea dell'impianto antico. Nell'anno seguente, 1857, la sagoma della chiesa sarebbe stata fortemente modificata se non addirittura stravolta dalla costruzione delle nuove cappelle laterali, diversamente strutturate e diversamente collocate rispetto alle preesistenti.

               La chiesa di S. Ambrogio nel 1499 (a sinistra) e nel 1560. Assonometrie di Augusto Spada

La chiesa di S. Ambrogio nel 1499 (a sinistra) e nel 1560. Assonometrie di Augusto Spada

 

Benché S. Ambrogio di Lonate non sia il duomo di Milano che, secondo il detto popolare, non e mai finito, anche la chiesa lonatese non nacque, dunque, tutta in una volta, essendo frutto di progetti, ripensamenti, ristrutturazioni, ritocchi e soprattutto di tanti sacrifici di varie generazioni di borghigiani.

Le dimensioni sopra riportate non sono quelle dell'edificio di partenza, ma dell'edificio cosi come risultava dopo l'ampliamento effettuato nel 1560 o poco tempo prima. "Nell'anno 1560 [..] la chiesa di S. Ambrogio, parochiale, che già era picciolina nell'anno 1499, fu fatta maggiore"; si legge in una dichiarazione del parroco presentata alla Curia arcivescovile prima del 1580. Vi si motivava la consacrazione della chiesa a febbraio del 1560, compiuta da Melchiorre Crivelli, suffraganeo del vescovo di Milano, in quanto la parte nuova non era stata consacrata: "doppo la nova fabrica non era il spacio compreso dalle nove mura stato consecrato." Vi si soggiungeva perché non la si era riconciliata nonostante un delitto compiuto: "il versamento d'esso sangue avvenne nel spacio che prima non era compreso nella chiesa vecchia, ma delle nove mura".

La data 1499 non era inventata. Essa compare, anche, in rilievo in una formella di granito, da ritenersi la cosiddetta prima pietra, oggi visibile sulla facciata dellas chiesa a lato della porta di sinistra, in posizione tale da far credere che tutto della chiesa che ci rimane sia di quell'epoca: la cappella maggiore, l'ampia navata, le sei cappelle minori. Ma l'impianto della navata unica con cappelle laterali simmetriche, inusitato prima del Concilio di Trento, e le informazioni del tempo di S. Carlo costringono ad abbandonare tale idea.

Il 1499 come anno d'inizio della costruzione viene confermato e contestualizzato da una serie di atti notarili, recentemente individuati dal sottoscritto presso l'Archivio di Stato di Milano. Sono atti dei notai Donato Gennari (de Januario) e Giovannantonio Cane (de Canibus), che avevano studio in Lonate.

La preesistente chiesa di S. Ambrogio era in condizioni precarie nel 1477, quando un testatore dispose un contributo per ripararla. Si preferì ricostruirla. Alla fine del 1498 erano in azione i fabbricieri di S. Ambrogio, cioè gli amministratori della fabbrica desiderata, eletti dalla comunità: il 30 novembre incassarono quanto spettava per un legato Perotti. L'8 aprile 1499 furono nominati alcuni procuratori pro ecclesia S. ti Ambrosii, il 29 ottobre anche il Comune rilasciava una procura speciale ad ampio spettro di operatività (ad multa negotia). I lavori iniziarono, proseguirono per diversi mesi, ma furono interrotti durante l'anno 1500 quando truppe straniere sottoposero Lonate a pesante saccheggio; nel 1502-3 poi, in Lombardia, serpeggiò la peste e nel 1511 Lonate poté subire un altro passaggio di mercenari svizzeri. E' importante, nella vicenda edilizia, l'atto datato 1 maggio 1508 con il quale la comunità di Lonate, rappresentata dai due consoli reggenti e da 120 capifamiglia, elesse sei uomini capaci, incaricandoli di fare gli opportuni contratti con maestranze dell'arte muraria entro un tutto di spesa di 1000 lire imperiali, per portare a termine nel miglior modo possibile la costruzione della chiesa dedicata al patrono S. Ambrogio che - e scritto nell'atto - era iniziata nove anni prima (ut veneranda ecclesia divi Ambrosii patroni nostri que iam annis novem principiata est, finiri possit... in illa meliori pulchritudine seu forma... ).

Difatti i lavori ripresero e la fabbrica arrivò al punto di essere agibile come chiesa, così che nel maggio del 1510 il vescovo di Laodicea poté benedire il cimitero allora formato intorno ad essa secondo la tradizione medievale, concedendo indulgenza a chi visitando la chiesa di S. Ambrogio faceva congrua elemosina: segno che occorreva altro danaro o per pagare debiti o per affrontare altri lavori. Con testamento in data 15 maggio 1512 Giovanni Guidi (de Guida) lasciava 10 lire imperiali agli amministratori delta chiesa di S. Ambrogio "in fabricando et ordinando ipsam ecclesiam", cioè per le necessità ulteriori di costruzione e decorazione delta chiesa. Per ragioni puramente stilistiche gli studiosi dell'arte generalmente collocano la decorazione a fresco dell'abside intorno alla metà del Cinquecento.

Ma com'era la chiesa "picciolina" costruita negli anni 1499-1510? Nessuno dei documenti d'archivio finora rintracciati ce lo dice. Ma quel che non dicono le carte, lo dice l'intreccio compositivo dei materiali edilizi.

Poco più bassa dell'attuale ma sicuramente più alta della preesistente, era una chiesa a pianta ottagonale, di tipo bramantesco, tutta in mattoni e non più in ciottoli di fiume, intonacata solo di dentro, con cupola ad otto spicchi sovrapposta al prisma di base, con porta d'ingresso sul lato ovest, con un vano in ciascun lato sormontato da un finestrone capace di molta luce, con una finestra tonda sopra il marcapiano in ciascuno degli spicchi della cupola, forse con una lanterna al centro della copertura in tegole, forse con uno o due campaniletti perimetrali a detta copertura.

La sua scansione spaziale, le caratteristiche strutturali, le misure la imparentano ad altre chiese costruite in area lombarda da Antonio da Lonate, maestro muratore prima e ingegnere ducale poi, cui anche questa può essere attribuita.

Di questa chiesa, nell'ampliamento del 1560, si conservarono i cinque lati della cupola con i relativi spicchi, mentre in luogo dei rimanenti tre, demoliti, si costruì l'attuale navata, che venne raccordata alla parte preesistente mediante l'arcone che si trova all'inizio del presbiterio.

Augusto Spada, architetto e cultore di storia dell'architettura, che ha minutamente studiato la chiesa parrocchiale di Lonate, conforta le affermazioni precedenti con alcuni riscontri effettuati:

- tra la muratura dell'abside e quella della navata antistante esiste discontinuità al di sopra delle volte lungo il perimetro esterno;

- all'interno, una vistosa fessurazione corre lungo la linea di intersezione tra l'arcone e la cupola;

- l'abside e la navata non sono perfettamente coassiali;

- le nervature della cupola che finiscono troncate contro l'arcone non hanno una plausibile giustificazione statica.

Con la ristrutturazione del 1560 si sacrificò una parte degli affreschi della cupola, qualora fossero già eseguiti.

Come si vede, a dispetto degli studi compiuti, rimangono ancora lacune e incertezze nel ricostruire la storia dell'edificio. L'anno 1499 risulta invece saldamente confermato come tempo d'inizio della costruzione, la quale pertanto si propone oggi cinque volte centenaria.

La chiesa parrocchiale ripresa da nord (foto del 1984)

La chiesa parrocchiale ripresa da nord (foto del 1984)

 


 

La chiesa di S. Ambrogio prima della ricostruzione

del 1499, e dopo: cenni di storia e di architettura.

(da "La Nona Campana", febbraio 1999)

 

La chiesa iniziata nel 1499, per la quale si accendono quest'anno 500 candeline, non é la prima chiesa intitolata dai lonatesi a Sant'Ambrogio. Sulla stessa area e con la stessa dedica sorgeva un'altra chiesa, più piccola, probabilmente preceduta da un'altra ancora, inserita nel castello. Cerchiamo di chiarire brevemente, documentando.

Il 12 maggio 1303, con atto stilato dal notaio Giovanni Bonalanza, il sacerdote Giovanni Maridati, "beneficiario delle chiese di sant'Ambrogio e di san Nazaro", acquistava dai fratelli Carcano un sedime di casa nell'area del castello di Lonate presso la porta del mastio (ubi dicitur in Castelo prope portam Castri). Il 24 febbraio 1337, alla porta del castello, lo stesso Maridati stipulava il contratto per l'acquisto di un campo in Lonate (rogito Bariolo Bodio). Sono noti, dopo il Maridati, per il Tre e Quattrocento, una decina di rettori, equamente divisi tra le due chiese del borgo: sant'Ambrogio e san Nazaro.

Il castello (castellum), un recinto fortificato di mura o di palizzata, contenente nella zona più sicura il mastio (castrum) e altri corpi di fabbrica, é costruzione tipica del Medioevo, sita ai margini di ogni centro abitato, generalmente sopra un rialzo, edificata dal signore del luogo per proteggersi dai nemici. Il castello di Lonate doveva sorgere sul dosso corrispondente all'area dell'attuale chiesa di sant'Ambrogio. Scriveva Cesare Cantù nel 1858: "Due anni fa, vicino al campanile fu trovata la base d'un torrione del castello". Non si sa quando precisamente il castello era sorto e fino a quando si mantenne in efficienza, via via arricchito di abitazioni e costruzioni interne, tra cui una chiesetta, se già non esistente fin dall'inizio, officiata da un cappellano a servizio del signore, mentre giuridicamente la comunità cristiana locale continuava a dipendere dal clero del centro capopieve (Lonate dipendeva da Gallarate). Nel secolo XI o XII, al sorgere dei comuni, i Lonati, da ritenersi signori del luogo e costruttori del castello, come tanti altri nobili del contado si trasferirono in città. I documenti citati lasciano intendere che all'inizio del Trecento il complesso castellano era ormai smembrato ed i Carcano vendevano le quote o parti di cui erano entrati in possesso. Intanto, da qualche decennio, la comunità di Lonate, denominata borgo nel 1234, aveva istituito un beneficio per un sacerdote stabilmente residente, officiante nella chiesa di sant'Ambrogio, che la comunità aveva quindi sottratta ad eventuale uso privato e che, con l'erezione del beneficio, aveva ristrutturata o ricostruita a misura delle 300-400 persone abitanti nel quartiere settentrionale del borgo (al quartiere meridionale serviva la chiesa di san Nazaro, sita in fregio all'attuale piazza Mazzini).

Purtroppo i documenti non dicono nulla di esplicito in merito alla configurazione architettonica della chiesa di sant'Ambrogio. La dobbiamo pensare simile ai tanti edifici sorti in epoca tardo-romanica nel Milanese: edifici bassi in pietra o mattoni, con aula generalmente ad abside unica, copertura a capriate, finestre strette nelle pareti e tonda nella facciata, campaniletto quadrato, piccola sagrestia.

Nel Quattrocento la chiesa di sant'Ambrogio, come altre del circondario, per fronteggiare le esigenze di culto connesse alla istituzione di cappellanie da parte di benestanti, dovette dotarsi di altari minori, lungo le pareti laterali dell'aula: nel 1372 il sacerdote Beltrame Carcano fondò la cappellania di san Bartolomeo, nel 1450 donna Agnese Canziani quella della Madonna della Rosa; nel 1461 i fratelli Gabriele e Giacomo Piantanida la cappellania di san Pietro Martire. Atti notarili del tempo chiariscono che ciascuna di queste cappelle con altare era "costruita" dentro la chiesa. Della cappella Carcano ovverosia dell'altare di san Bartolomeo sono giunti sino a noi un tondo in arenaria con l'effigie del santo ed una lapide che ricorda la sistemazione della cappella nell'anno 1481.

A quel punto anche la chiesa di sant'Ambrogio, carica di secoli di vita, aveva bisogno di una sistemazione. Alla riparazione si preferì la ricostruzione in tutti mattoni che, iniziata nel 1499, interrotta dalle guerre per il dominio del Milanese e da una pestilenza intermedia, andò a compimento soltanto nel 1510, nella forma di un edificio che attente analisi recenti consentono di pensare a pianta ottagonale di gusto bramantesco. Il risultato raggiunto non fu pienamente soddisfacente, se Giovanni Guidi, testando nel 1512, disponeva per i fabbricieri di sant'Ambrogio una oblazione in fabricando et ordinando ipsam ecclesiam, come già detto in quel che precede.

Le relazioni descrittive e le ordinazioni dei visitatori ecclesiastici, numerose a partire dal 1566, chiariscono, se dettagliatamente raffrontate, sia la configurazione raggiunta dalla chiesa di sant'Ambrogio nel 1560, sia la sua evoluzione successiva. Dai lavori conclusi nel 1560 usciva una costruzione a volta continua, dotata di cappella maggiore (o presbiterio) con abside affrescata e di sei cappelle laterali, della sagrestia e di un campaniletto con tre campane. La cappella maggiore misurava cubiti 24 x 26 (m 10 x 11), l'aula o navata cubiti 68 x 30 (m 28 x 13). La cappella maggiore aveva tre finestre grandi in basso e cinque piccole in alto, l'aula tre finestre per ogni lato. Le cappelle minori, tre in ogni parete laterale, simmetricamente contrapposte, più piccole le ultime due, avevano forma di nicchia. La sagrestia, coperta a volta, aveva una stanza sopra, per il custode. La torricella campanaria gravava sull'arco del presbiterio. Il cimitero circondava la chiesa su ogni lato, settentrionale escluso, perché occupato dalle case parrocchiali.

Fra tutte le operazioni elencate meritano, in questa sede, attenzione i lavori compiuti a meta Ottocento, dal quali la chiesa usci con le forme e in parte con i colori che presenta oggi. Le sei nuove cappelle laterali, più alte e profonde di quanto fossero le sei nicchie antiche, allargando l'edificio venivano ad alterare la netta e slanciata sagoma cinquecentesca, lodata dallo storico Moriggia. Nell'aula riservata ai fedeli, articolata in sei campate, le nuove cappelle sono collocate in serie, una per campata, a partire dal presbiterio, lasciando libera la prima campata. Le antiche nicchie invece, occupando anche la prima campata, si accostavano, si ancoravano al presbiterio. E' recentissima, del 1997, la scoperta delle due simmetricamente contrapposte nicchie cinquecentesche più vicine al presbiterio, ancora affrescata quella del fianco nord. Lo scarto di posizione tra le cappelle laterali del 1857 e le nicchie cinquecentesche spiega e giustifica il passaggio dell'altare del Rosario, con i lavori del '57, dal secondo al primo posto nell'ordine delle cappelle del fianco sud. Per l'altare della Madonna del Rosario, di forte richiamo devozionale, si era voluto fin dal Seicento trasformare la sobria nicchia primitiva in cappella ampia, adorna di marmi preziosi; il che deve avere sconsigliato nel 1857 di trasferire l'intero impianto ad altro sito. L'antico accostamento delle nicchie in serie alla cappella maggiore, che peraltro torna gradito alla nostra immaginazione, solleva il dubbio ed alimenta l'ipotesi che la chiesa "picciolina" di cui é attestato l'ampliamento nel 1560, non fosse più a pianta ottagonale ma gia comprendesse il tratto di navata con le sei nicchie: d'altronde il travagliato decennio bellico in cui l'edificazione andò a realizzarsi fra interruzioni e riprese, può ben aver maturato l'abbandono del progetto a pianta ottagonale e l'inserimento, in corso d'opera, di una navatella nell'ottagono iniziale. Il diverso colore dei mattoni tra la prima e la seconda metà del fianco settentrionale della chiesa (vedi figura sottostante) sembra incoraggiare questa nuova ipotesi.

L'abside della Chiesa Parrocchiale fotografata il 26 giugno 2011

L'abside della Chiesa Parrocchiale fotografata il 26 giugno 2011

 

Cronologia

Raccogliamo in ordine di anni i più  importanti interventi di integrazione, perfezionamento, restauro o risistemazione generale compiuti dopo il 1560.

1567-70: formazione del fonte battesimale in apposita cappella, a sinistra dell'ingresso;

1570-83: integrazione dell'altare con un tempietto di legno dorato ad otto colonne, con figure scolpite;

1570-85: posa di inferriata di recinzione alle cappelle maggiore e minori;

1570-96: formazione del portale e del rosone in facciata; completamento del cornicione esterno;

1583-96: installazione di un piccolo organo sulla parete settentrionale;

dopo il 1622: apertura di portine laterali in facciata e recinzione del sagrato con balaustra di colonnine;

1632-39: ampliamento della cappella del Rosario, seconda sul lato sud;

1635-36: costruzione del campanile, interrotta dall'invasione francese (battaglia di Tornavento);

1776-78: costruzione del chiostrino, detto "Via Crucis";

1785: posa del pavimento della chiesa in mattoni e lastre di pietra;

1795: sistemazione della cella campanaria, con l'aggiunta del 5° scomparto della torre;

1810 (?): istallazione del coro ligneo a 26 seggi (recuperato da un convento soppresso?);

1828: costruzione in marmo dell'altare maggiore e del soprastante tempietto;

1833: installazione del grande organo sulla controfacciata e dei relativi mantici sopra il battistero;

1852-57: ristrutturazione generale della chiesa: costruzione di nuove cappelle laterali, rivestimento delle pareti, rifacimento del cornicione interno, installazione dei due pulpiti;

1860:  realizzazione della penitenzieria lungo il fianco meridionale;

1902-04: riordino della chiesa, decorazione della volta, introduzione della luce elettrica (clicca qui per saperne di più);

1930: isolamento della chiesa sul fianco settentrionale a seguito dell'apertura di una strada pubblica;

1948:  sistemazione e decorazione di tutte le cappelle minori;

1954:  rifacimento della facciata;

1960:  posa di nuovo pavimento, con stravolgimento del sottosuolo (50 sepolcri antichi);

1997-2000: scoperta e recupero delle cappelle Carcano e Piantanida (clicca qui per saperne di più).

Una delle candelabre dell'abside

Una delle candelabre dell'abside


 

I dipinti della chiesa di Sant'Ambrogio

(da "La Nona Campana", marzo 1999)

 

Come la casa, cosi la chiesa: una volta costruita, viene arredata e abbellita. Arredano la parrocchiale altari, acquasantiere e vasca battesimale, confessionali, organo e armadi; la abbelliscono le statue e i dipinti. In questo articolo considereremo esclusivamente le principali figurazioni pittoriche, e più a lungo le più antiche, più difficili da capire oggi.

Gli affreschi che coprono interamente l'abside furono il primo ornamento vistoso della chiesa costruita negli anni 1499-1510. Si sviluppano entro cinque vele o spicchi separati da lesene che si riuniscono al centro sotto l'orifiamma lignea del Padre Eterno, convergendo nella lanterna dell'edificio ottagonale, progettato e almeno in parte realizzato, come s'e detto in quel che precede. Ognuna delle vele contiene sopra la finestra tonda una figura risultante dalla sovrapposizione di elementi geometrici e vegetali che tecnicamente si chiama candelabra, la quale ospita, in corrispondenza dei suoi vari ripiani, ora animali fantastici, ora angeli musicanti; sotto la finestra tonda compaiono figure sedute appaiate di Evangelisti e di Dottori della Chiesa occidentale, vestiti di paramenti liturgici i dottori, di vesti arcaiche classicheggianti gli evangelisti, ciascuno con i suoi tradizionali simboli di riconoscimento e tutti con un libro ai piedi o sulle ginocchia pesche tutti scrittori, tutti con l'aureola perché tutti santi.

Nella prima vela sono dipinti due dottori: papa Gregorio con il triregno in testa e Ambrogio con la mitria ma senza l'usuale flagello. Nella seconda gli evangelisti Giovanni e Marco, rispettivamente con la simbolica aquila ai piedi l'uno, con il leone l'altro. Nella quarta vela gli evangelisti Luca e Matteo, con i distintivi simbolici del toro e dell'angelo. Nella quinta gli altri dottori dell'Occidente cristiano, Girolamo ed Agostino, quest'ultimo con la mitria, il primo senza, perché secondo una tradizione avrebbe preferito agli onori la vita eremitica.

Gli evangelisti Giovanni e Marco

Gli evangelisti Giovanni e Marco (dal "Tacuín da Luná", 1994)

Diversa é la figurazione nella vela terza o centrale. Qui troviamo dipinto sopra la finestra tonda un sant'Ambrogio in piedi, che impugna il pastorale con la sinistra ed agita con la destra lo staffile contro gli eretici ariani, figura statuaria e imponente, vestita di una grande casula a foggia di scudo triangolare, con sopra il disegno vistoso della croce. Sotto la finestra tonda compaiono due santi, in piedi, vestiti da guerrieri, che noi riteniamo i martiri Gervasio e Protasio, normalmente associati al vescovo Ambrogio nella tradizione milanese.

I colori, raccordati all'ocra di fondo, che oggi sembrano piuttosto spenti, in origine brillavano, poiché la chiesa era meglio illuminata per luce naturale filtrante dalle finestre e dalla facciata, più vicine di oggi all'abside, quindi funzionali alla lettura dei suoi dipinti. Il restauro del 1986, compiuto dall'équipe del prof. Carli, ha reso meglio leggibili tutte le figure, svelato nel cosiddetto "bianco di san Giovanni" il motivo del brillare dei tantissimi puntini disseminati in tutta l'abside come fossero d'oro, cancellato perchè aggiunti nel 1857 i due ariani ai piedi di sant'Ambrogio destinatari delle sue frustate.

Viene spontanea qualche domanda. Chi e quando ha realizzato i dipinti? Perché delle cinque la vela centrale ha un'impostazione diversa? Quali figure avevano le tre vele troncate dell'ottagono originario?

I documenti d'archivio non aiutano a rispondere. Sono generiche e tardive le descrizioni delta chiesa lasciate dai visitatori ecclesiastici. Il primo accenno alla cappella maggiore "dipinta" é del 1585, nella relazione descrittiva del 1622 si definiscono santi e dottori i soggetti dell'abside e si citano altre figure dipinte sopra l'altare (quando tolte poi, non si sa): precisamente una Madonna in trono con bambino tra i santi Ambrogio e Nazario, patroni delle due chiese principali del paese. Tenuto conto delle figure oggi presenti e di quelle che si ritrovano nei cicli pittorici del Cinquecento, si potrebbero ipotizzare effigiati nelle vele troncate gli apostoli Pietro e Paolo, i quattro profeti maggiori (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) oppure qualcuna delle tante sibille, che venivano intese come profetesse.

Gli esperti d'arte che si sono occupati di questi affreschi (Pacciarotti, Bottini, Marani), li ritengono realizzati nel secondo quarto del Cinquecento: chi dice intorno al 1540, chi dieci anni dopo. Queste date si intrecciano bene con l'ipotesi della chiesa progettata ottagonale ma arricchita di navata breve durante la fase costruttiva conclusasi nel 1510, ipotesi che rende inutile pensare alla decorazione delle vele abbandonate perché mai realizzata. Gli studiosi si sono guardati bene dall'affacciare nomi di pittori, limitandosi ad invocare i modelli proposti da maestri celebri come Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari, e da pittori minori apprezzati nell'Alto Milanese come Giovan Pietro Crespi di Busto e Giacomo Lampugnani di Legnano. Si aspetta qualche idea nuova dalla tesi di laurea che Giovanna Melara ha recentemente discusso all'Università Statale di Milano.

Nella sua valutazione critica Giuseppe Pacciarotti parlava di "spunti anche notevoli" attinti dai modelli sopra citati, banalizzati pero "in un insieme pasticciato" e guastati da un ostentato intellettualismo umanistico. Intellettualistiche cioé astruse per noi, ma certamente anche per i lonatesi illetterati del passato, non sono tanto le figure dei santi e dei dottori, quanto le candelabre con gli elementi ad esse intrecciati: moduli pittorici che i dotti del tempo e chi voleva apparire tale, andarono ripetendo per qualche decennio dopo la scoperta, a Roma, della villa di Nerone affrescata con giochi decorativi analoghi.

La grande figura del patrono dominante nella vela centrale sotto una candelabra più ricca, era richiesta dopo l'aggiunta della navatella. Tale figura, capace di attrarre lo sguardo dei fedeli e dei visitatori, si conferma posteriore alle altre anche perché relativa ad un santo gia effigiato, seppure in altra posa, pochi metri più in là.

Sant'Ambrogio nell'abside (dal "Tacuín da Luná", 1994)

Sant'Ambrogio nell'abside (dal "Tacuín da Luná", 1994)

Un discorso meno problematico comporta il dipinto di fine Cinquecento conservatosi nella prima nicchia del fianco settentrionale, dipinto che, come potete leggere cliccando qui, fu riscoperto casualmente dietro un confessionale nel 1997. Rappresenta in affresco, a colori piuttosto netti, la Madonna con il bimbo, seduta tra i santi Bartolomeo e Girolamo. Questa nicchia con l'altare interno era sotto il patronato della nobile famiglia Carcano. Dalla relazione del visitatore ecclesiastico del 1622 si apprende che sulle pareti interne della nicchia, a fianco dell'altare, erano dipinte altre due figure, di san Giovanni Battista e di sant'Ambrogio, che oggi non si vedono più perché distrutte o coperte con calce.

Gli altri affreschi presenti nel 1622 andarono distrutti parte nel Sei-Settecento, parte durante la "rivoluzione architettonica" della chiesa compiuta negli anni 1852-57. In tale occasione si sentì il bisogno di vedere dipinta la volta dell'aula, fino ad allora assolutamente bianca. Quanto fece Noè Turri nel 1857 venne "raschiato" nel 1903 da Carlo Gasparoli al quale si commissionò di dipingere nel vertice della volta grandi candelabri e motivi eucaristici, in ogni fianco una serie di cinque figure di santi. Il pittore usò colori chiari. Mancando note d'archivio, le figure dei santi vanno decifrate sulla base degli attributi simbolici che offrono, in aggiunta agli indizi di età e sesso, del vestito e della condizione sociale, fatto salvo che la palma contrassegna i martiri. Così in un fianco riscontriamo Agnese adolescente con un agnello in braccio, un re martire (forse Edoardo), un frate con libro e croce (Ignazio di Loyola?), Savina presso l'urna dei martiri Nabore e Felice, Antonio abate con barba bianca, bastone e campanella; nell'altro fianco Nazario e Celso effigiati in un sol quadro l'uno incatenato e l'altro come bambino, Lucia con i suoi occhi su un piatto, Agostino vescovo con mitria, libro e crocifisso, Perpetua in veste scura con una stella in fronte, Luigi Gonzaga in bianca cotta con giglio e croce.

Che dire dei dipinti della volta? Sono molto semplici, i simboli sono decorazioni geometriche, le figure dei santi ricalcano le immaginette della devozione popolare circolanti ad inizio Novecento.

Il pittore Angelo Galloni (1902-1954)

Il pittore Angelo Galloni (1902-1954)

Il motivo delle candelabre color ocra torna nelle cornici delle grandi figurazioni dipinte sulle pareti delle nuove cappelle laterali, costruite nel 1857 nel quadro del generale rinnovamento della parrocchiale voluto dal curato Regalia. Le cornici a candelabre sono opera del pittore lonatese Marino Vizzolini, le figurazioni sono invece opera di Angelo Galloni. Questi era nato a Fara d’Adda (BG) nel 1902 e la sua passione per la pittura lo portò a frequentare Brera. Nel 1950 fu chiamato a Guanzate dove realizzò dodici affreschi, ma prima di allora aveva lavorato nella Cattedrale di Crema, nelle chiese di San Michele a Busto Arsizio, Sant'Ambrogio a Vanzaghello, S. Redentore a Milano, oltre che in tante abitazioni private del Gallaratese, sua area di adozione. Abitò per anni a Sant’Antonino, dove morì nel 1954. Non è un caso che lo storico Gian Domenico Oltrona Visconti approfondì lo studio della sua opera con un saggio ("Gli affreschi a soggetto religioso nell’opera di Angelo Galloni") pubblicato sulla "Rassegna Gallaratese di Storia Patria" nel 1954. Qui sopra vedete una sua fotografia.

Le figurazioni di Angelo Galloni nella nostra Parrocchiale risalgono agli anni 1947-48, e sono quasi tutte "sponsorizzate", cioè sono finanziate da associazioni e privati, i cui nomi sono ricordati nei cartigli sottostanti. Per avere un'idea di come esse sono disposte nella chiesa ho realizzato la piantina qui sotto. Le miniature degli affreschi sono cliccabili: cliccando su ciascuna si può ammirare la corrispondente versione ingrandita.

 

Cappella di San Giuseppe. È la prima sulla sinistra entrando nella chiesa. In essa si trova una statua di Sant'Anna e si vedono:
1) sulla sinistra, la morte di San Giuseppe, circondato da Gesù, Maria e due angeli, soprastata dalla scritta « San Giuseppe, Patrono della Buona Morte », mentre sotto sta scritto « Dono Fam. Tacchi Gaspare », il committente dell'opera;
2) sulla destra, la Sacra Famiglia con la scritta « San Giuseppe patrono del lavoro », ed infatti il santo è intento al suo lavoro di falegname. Sotto si può leggere « Dono Circolo di San Giuseppe ».

Cappella di Sant'Antonio da Padova. È la seconda sulla sinistra entrando nella chiesa; dal 1939 al 1948 fu per breve tempo dedicata a San Giuseppe. In essa si vedono:
3) sulla sinistra, Sant'Antonio rapito in contemplazione, sopra il quale è leggibile il cartiglio « Il Santo della Pietà », ed è stata donata dai coniugi Ida e Severino Mora;
4) sulla destra, il Santo nell'atto di distribuire il pane ai poveri, sopra il quale è leggibile il cartiglio « Il Santo della Carità ». Sotto l'affresco si può leggere: « L'Azione Cattolica al Parroco Don Antonio Tagliabue nel suo XXX di Messa. ».

Cappella del Sacro Cuore di Gesù. È la terza sulla sinistra entrando nella chiesa. Inzialmente dedicata a San Giuseppe, venne rititolata nel 1906. In essa si vedono:
5) sulla sinistra, il Buon Pastore, con la dedica « Dono della Signora Ester Cerati Bosisio »;
6) sulla destra, l'apparizione del Sacro Cuore a santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690). Il cartiglio sottostante recita « Dono del Parroco Don Antonio Tagliabue », che pagò di tasca sua l'opera essendo un grande devoto del Sacro Cuore.

Cappella del Rosario. È la terza cappella sulla destra entrando nella chiesa, cioè sul fianco sud di essa. Leggiamo nel "Liber Chronicus" della parrocchia che l'8 dicembre 1947, festa dell'Immacolata Concezione, fu inaugurato l'altare di questa cappella, il primo ad essere dipinto dal Galloni. In essa si vedono:
7) sulla sinistra, la Presentazione di Maria Bambina al Tempio, tema tratto dai Vangeli Apocrifi, nonché « Dono Fam. Carlo Cavestri »;
8) sulla destra, l'Annunciazione, « Dono dell'Oratorio Femminile », come ricorda il cartiglio sottostante.

Cappella del Crocifisso. È la seconda sulla destra entrando nella chiesa. Inizialmente era decorata con i 15 misteri del Rosario, ma nel 1857 fu ridedicata a Gesù in Croce; è in questa cappella che, il Venerdì e il Sabato Santo, si allestisce nella Chiesa il Sepolcro di Cristo (il popolare "Scurolo"). In essa si vedono:
9) sulla sinistra, il Tradimento di Giuda, sovvenzionato dalle Consorelle del SS. Sacramento;
10) sulla destra, il Pentimento di Pietro, dono di Pietro Soldavini fu Stefano.
Di tale cappella parleremo più diffusamente nel seguito.

Cappella di Sant'Ambrogio. È la prima sulla destra entrando nella chiesa; subì varie ridedicazioni, passando dallo Spirito Santo al Crocifisso e poi all'Immacolata; in tale veste ospitava una riproduzione della grotta di Lourdes, mentre oggi una copia della grotta di dimensioni maggiori si trova all'esterno della Chiesa, nel sito dell'antico cimitero. In essa si vedono:
11) sulla sinistra, la Conversione di Sant'Agostino, « Dono del Signor Lindelli Francesco Ambrogio », come recita il cartiglio sottostante;
12) sulla destra, la Proclamazione a vescovo di Sant'Ambrogio.
La Cappella di Sant'Ambrogio nella sua sistemazione attuale fu inaugurata il 7 dicembre 1948 dal prevosto di Gallarate Antonio Simbardi; la statua in legno massiccio del Santo Patrono, lavorata in Val Gardena su disegno di Walter Pizzi, è contenuta in una nicchia con finestrelle per illuminarla. Ai lati della nicchia Galloni ha ritratto i santi Gervasio e Protasio, le cui reliquie furono ritrovate da Sant'Ambrogio: questa è dunque l'unica cappella che conserva quattro affreschi di Galloni.

Realizzate con colori di tonalità varia, ineccepibili nel disegno complesso e realistico, le dodici scene sopra descritte presentano figure classiche dell'iconografia cristiana di ogni tempo. Nelle figurazioni c'erano in passato e ci sono oggi alcune ripetizioni: una spiegazione va cercato nel fatto che certi soggetti, vivendo di devozione duratura, furono rinnovati perché i dipinti antichi non si leggevano più o non piacevano più.

Nessuno dei dipinti considerati ha il valore di un Raffaello; eppure per i lonatesi valgono molto, non solo per ragioni affettive nei confronti della loro chiesa, ma anche come eloquenti testimonianze di tendenze artistiche diffuse nell'intera regione. Purtroppo i lonatesi stessi non li conoscono abbastanza, ed io spero con questa mia descrizione di aver colmato la loro lacuna, affinché li stimano adeguatamente e si soffermino ad ammirarli al termine della Messa. mentre escono dalla Parrocchiale.

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Uno dei santi della volta (foto del mio amico dottor Franco Barzaghi)

Uno dei santi della volta (foto del mio amico dottor Franco Barzaghi)


L'ossario nel cimitero di Sant'ambrogio

(da "La Nona Campana", febbraio 2011)

 

Nel febbraio dell'anno 1903 venne distrutta per ordine del sindaco Ulisse Bosisio una cappella-ossario in mattoni, che "stava a destra della chiesa parrocchiale" e che si presentava pericolante, con vistose crepe e abbondanti cadute di calcinacci. Il sindaco dispose che le ossa contenute nell'edicola fossero portate al cimitero comunale. La notizia non ha avuto modo sinora di essere verificata.

È noto che a sud della chiesa si estendeva l'antico cimitero, rimasto in funzione fino al 1817, quando cominciò ad essere usato il cimitero fuori borgo (oggi Parco delle Rimembranze). Nel cimitero di Sant'Ambrogio i defunti erano seppelliti nella nuda terra, e i corpi si decomponevano nel giro di pochi anni; periodicamente l'area cimiteriale veniva sgombrata delle ossa per fare posto alle nuove sepolture. Sull'angolo sudovest di quest'area venne costruito nel 1635 il campanile. Un muro di recinzione collegò il campanile alla chiesa e delimitò, a sud, il cimitero rispetto alla strada adiacente che dalla piazza conduceva alle abitazioni dei vicini. Poi, nel 1776, al posto del muro perimetrale venne costruito il chiostro a colonne ed archi, costituito da 14 scomparti, affrescati con le 14 scene della Via Crucis, aventi ciascuno sotto il pavimento di granito una camera sepolcrale. Questi sepolcri non erano per la gente comune, ma erano riservati alle famiglie benestanti che prima vantavano il diritto di sepoltura all'interno della chiesa, diritto invalidato verso il 1770 dalle nuove norme igieniche imposte dalle riforme illuministiche.

Pianta di Piazza Sant'Ambrogio, anno 1856

Chiostro, campanile, chiesa sono ben disegnati nella pianta di Lonate del 1856 riprodotta qui sopra, che rappresenta l'area di Sant'Ambrogio. Era l'anno in cui la chiesa cominciava ad andare soggetta a trasformazioni lungo i fianchi con l'inserimento di cappelle profonde in luogo delle nicchie cinquecentesche. Il fianco sud della chiesa, che nel 1856, a differenza del lato nord, non era stato ancora toccato dalla trasformazione, presenta nel disegno due sporgenze preesistenti: al centro, la cappella del Rosario, già resa profonda qualche decennio prima sotto l'impulso della devozione popolare, ma anche una costruzione a pianta trapezoidale, contrapposta al campanile, che fino ad oggi rimaneva misteriosa, ed alla quale finalmente possiamo dare un nome e una giustificazione.

Quella costruzione trapezoidale era l'ossario. Lo voleva San Carlo presso tutte le chiese parrocchiali fin dalle Instructiones fabricae ecclesiasticae del 1570: un'edicola espositiva di teschi, per mettere sotto gli occhi del pubblico « l'efficacissimo per mai peccare novissimo della morte », oltre che per incentivare la preghiera per i defunti.

Nei paesi, dai più grandi ai più piccoli, le chiese, a poco a poco, si dotarono di cappelle-ossari, benché queste, forse per le loro ridotte dimensioni, non siano talora menzionate negli atti delle visite pastorali. L'ossario di Lonate, come indica la pianta, doveva essere invece piuttosto grande.

San Carlo, nella sua visita a Lonate del 1570, aveva fissato la tabella di marcia per completare di quanto necessario la chiesa di Sant'Ambrogio, che era stata costruita tra il 1499 e il 1520: vestibolo, rosone e portine laterali nella facciata, sagrato davanti, campanile a lato, organo dentro. A tutti questi desideri la comunità lonatese soddisfece entro il 1622; ultimo il campanile, che fu costruito dopo la peste, nel 1635. L'anno seguente l'invasione franco-sabauda, connessa alla battaglia di Tornavento, mise in ginocchio il paese. Seguirono tristi anni di carestie e di crisi sussistenziali.

La cappella-ossario di Lonate dev'essere stata edificata in seguito, nell'ultimo Seicento, forse nel contesto diocesano di un rilancio pastorale generalizzato del tema della morte, se anche a Busto Arsizio l'edicola dell'ossario (o mortorio) venne costruita nel 1690. All'ossario presso la parrocchiale di Lonate si fa cenno per la prima volta negli atti della visita di monsignor Corradi nel 1706. Allora presso l'ossario era collocata una capsula pro mortuis, una cassetta per le offerte. Queste offerte erano amministrate da due laici, un Carcano e un Bollazzi, e venivano utilizzate per la manutenzione dell'ossario e per la celebrazione di uffici e messe per i defunti. È possibile che i pittori che nel 1778 affrescarono la Via Crucis mettessero elementi decorativi o figurazioni opportune sulle pareti dell'ossario, se già non ve n'erano. Demolita l'edicola dell'ossario, nelle vecchie fotografie rimane traccia sulla parete esterna della chiesa delle cornici di fondo dell'edicola, che ce ne suggeriscono l'altezza e la struttura a scomparti. Tali cornici sono, per esempio, ben visibili nella foto del 1934 riprodotta qui sotto, che ritrae i funerali dell'ex sindaco Ulisse Bosisio (il carro funebre apparteneva ad Enrico Mismirigo, bisnonno materno dell'autore di questo sito). Nulla sappiamo per ora di come fosse la parte anteriore dell'ossario, cioè la facciata, e come fossero collocati i teschi in esposizione dentro l'edicola. L'area dell'ossario venne poi incorporata nel magazzino costruito nel 1954.

Il funerale dell'ex sindaco Ulisse Bosisio, anno 1934


 

La posa del Cristo Re

(da "La Nona Campana", ottobre 1994)

 

31 OTTOBRE 1954: la maestosa statua di Cristo Re domina su Lonate Pozzolo dal culmine del Tempio.

Decidemmo di porre per il 31 ottobre, sul culmine della Chiesa, la maestosa statua di Cristo Re (alta tre metri, dal peso di 4 quintali, fatta in ottone, opera dello scultore Walter Pizzi, fusa nella fonderia artistica dei fratelli Perego di Milano), vero capolavoro di arte, e di farne la posa alla presenza di tutta la popolazione. Disgraziatamente il tempo non ci fu propizio e nella giornata del 31 ottobre la pioggia ci impedì di realizzare il nostro sogno, ma la giornata del 1 novembre ci apportò un cielo sereno e la meravigliosa manifestazione venne resa possibile. Quando, poco prima di mezzogiorno, gli altoparlanti del campanile ne diedero l'annuncio alla popolazione, la corsa agli addobbi divenne frenetica ed ogni contrada assunse il tono delle grandi solennità. Alle ore 14 partiva poi dalla piazza centrale del paese una lunga e solenne processione comprendente le Confraternite, le Associazioni Maschili e Femminili di Azione Cattolica, il Corpo Musicale, il Circolo di Cultura con la nuova bandiera, il Clero e gli Amministratori Comunali con a capo il Sindaco e preceduti dal Gonfalone. A San Mauro avveniva l'incontro con la nuova statua di Cristo Re, splendida nella sua maestosa bellezza, circondata da fasci di fiori e posta su di un carro ben addobbato, al giogo del quale vi si trovavano tre vigorosi cavalli bianchi, bardati lussuosamente. Quanta commozione si leggeva sul volto di tutti, mentre si riprendeva la via del ritorno, attraverso la contrada Matteotti, piazza Mazzini e via Roma!

E tutta la popolazione lonatese si era riversata nelle strade, si trovava sui balconi, era alle finestre per rendere omaggio di fede e di venerazione alla Regalità di Cristo.

Posa della statua di Cristo Re sul colmo della facciata il 1 Novembre 1954

Posa della statua di Cristo Re sul colmo della facciata il 1 Novembre 1954.

All'arrivo della processione, piazza S. Ambrogio presentava un fantastico aspetto: completamente gremita di folla. Dovunque gente, gente e gente: persino sui tetti. Anche i vecchi e gli invalidi avevano voluto essere presenti, facendosi portare o trainare sul posto della indimenticabile manifestazione. Il carro si ferma ai piedi del sacrato ed a lui fanno corona e cordone i giovani del Circolo Culturale. Il Clero e le Autorità salgono sul sacrato, dove sono in funzione particolari microfoni. Dalla Chiesa frattanto viene portato Gesù Eucaristico e deposto sull'altare appositamente preparato.

Il M. Rev. Sig. Parroco va al microfono e parla con voce commossa e vibrante. "L'atto - egli dice - che noi stiamo per compiere, non sarà transitante ma passerà definitivamente alla storia religiosa del nostro paese e rimarrà, attraverso i secoli, per dire a coloro che verranno dopo di noi tutta la grandezza della nostra Fede, che non è minore di quella lasciataci dai nostri padri. Ponendo sul culmine del nostro amato Tempio la statua benedetta di Cristo Signore, noi intendiamo porre sotto la Sua Regalità i singoli individui e le singole famiglie perché, fattici spontaneamente cittadini del Suo Regno qua in terra, si abbia a meritare la grazia di non perdere mai più tale cittadinanza e di vedersela continuata anche nella beata eternità del Cielo".

Tra silenzio sepolcrale e profondo raccoglimento, segue la Benedizione Eucaristica data dal sacrato stesso ed accompagnata dai cori della nostra Schola Cantorum.

Va poscia al microfono il Sindaco nostro Sig. Rag. Angelo Turri e la pregiata sua parola fa presa su ogni cuore.

"Sono appena quindici giorni, dice, che sul Sacro Monte di Varese venne fatta solennemente la consacrazione della Provincia e dei Comuni alla Madonna nel suo Anno Mariano ed anch'io volli essere presente per rappresentare la nostra Lonate cattolica e credente. In questo momento, accettando l'invito rivoltomi dal Sig. Parroco, mi sento orgoglioso di partecipare, con tutta l'Amministrazione, ad una cerimonia tanto solenne e di leggere la consacrazione di noi e delle nostre famiglie a Cristo, Re sommo ed universale".

Ed il Sindaco ne legge, a voce nitida e chiara, la consacrazione, ascoltata e ripetuta da tutti i presenti inginocchiati. Prima però il Sig. Parroco aveva solennemente benedetta la statua stessa, delegato a ciò da Monsignor Schiavini, Vicario Generale della nostra Diocesi.

Ultimata cosi la funzione strettamente religiosa, la gigantesca statua iniziava la sua ascesa verso l'alto, tra scroscianti applausi della folla. Alla esultanza tennero dietro istanti di viva commozione e misticità, in special modo quando venne piazzata sul culmine della Chiesa Parrocchiale a 23 metri di altezza da terra. Veniva allora salutata da nuovi battimani, da sventolio di fazzoletti e dal suono dell'inno Pontificio. Tutto era ultimato ma, sino a sera inoltrata, la gente ha sostato a capannelli a rimirare la grande statua, che verrà poi dorata con l'oro che i lonatesi hanno offerto ed offriranno per il loro Protettore e Signore.

un testimone oculare

 

La statua di Cristo Re prima della posa

La statua di Cristo Re prima della posa


 

Organo e organisti di Sant'Ambrogio

(da "La Nona Campana", dicembre 2023)

 

Fu San Carlo Borromeo nella visita pastorale dell'anno 1570 a invitare i lonatesi a dotare di organo la chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio, che, completata alcuni decenni prima, andava via via dotandosi della suppellettile necessaria. L'arcivescovo proponeva organo e torre campanaria. I lonatesi diedero la precedenza all'installazione dell'organo, al campanile (operazione più costosa) misero poi mano nel 1635. Della presenza dell'organo nella chiesa parrocchiale ci dà testimonianza nel 1595 il visitatore regionario Luigi Bossi, che ci riporta anche il nome dell'organista: Don Michele Repossi. A Lonate c'erano gli organari Bonalanza. Mario Manzin, studioso della materia, ideatore della serie annuale dei concerti d'organo per la provincia di Varese, ritiene i Bonalanza i più antichi artigiani organari della provincia. Viene spontaneo pensare che siano stati loro a costruire l'organo per la chiesa del paese.

Dagli atti della visita pastorale del 1622 apprendiamo che lo strumento era collocato sulla parete settentrionale della chiesa. Era il posto giusto, ben illuminato, per la gioia dell'organista. La chiesa presentava su ogni lato quattro nicchioni con altare interno nei siti delle odierne cappelle. Il terzo nicchione era occupato non da un altare ma dall'organo, posto non a piano terra ma rialzato di vari metri. L'organo era raggiungibile dalla sagrestia mediante una scala e un corridoio alle spalle dei primi due nicchioni. A Lonate, come altrove, organo e organista erano pagati dal Comune. Nel 1681 il consiglio comunale nominò (o confermò) organista per cinque anni Francesco Bonalanza. Nel 1706 il visitatore Monsignor Mario Corradi confermava che l'organo era posto sulla parete settentrionale, precisando che era ampio, con cantoria.

Dalle informazioni intrecciate degli archivi comunale e parrocchiale risulta che nel 1756 venne aggiunto un secondo organo "con più registri di canne a lingua", che nel 1784 l'organo venne "riattato", che nel 1789 intervenne a restaurare il "vecchio" organo l'organaro Biroldi di Varese. Conosciamo il nome di due organisti in carica nel secondo Settecento: prima Don Cipriano Candiani per molti anni, poi Padre Carlo Orianí negli anni 1783-1790. Il salario dell'organista era di 212 lire nel 1769, quando il Comune pagava 270 il regio cancelliere, 230 lire il chirurgo, 480 il fisico. Seguì un balzo dei compensi: nel 1787 al medico si diedero lire 1.000 annue, al chirurgo 600, all'organista 400.

Grandi innovazioni in chiesa si ebbero con il curato Ambrogio Regalia. Nel 1833 fu impiantato il grande organo, che vediamo oggi, dei fratelli Antonio e Gaetano Prestinari di Magenta: 66 tasti nel manuale e 24 nella pedaliera, 41 registri, 6 mantici, 1500 canne, con cassa cantoria e sottostante bussola realizzate dal falegname lonatese Giacomo Agnelli. Date le dimensioni, l'organo fu collocato sulla controfacciata della chiesa, venendo a sottrarre luce ad essa, perché il rosone fu parzialmente murato. Per l'alimentazione manuale dei mantici si costruì un locale sopra il battistero.

Nei primi trent'anni del Novecento il parroco Don Antonio Martignoni era appassionato di musica, (sue parole e musica dell'inno natalizio "Oggi di gioia o popoli"). Egli assicurò all'organo tutte le riparazioni necessarie: nel 1900, nel 1912, nel 1914, nel 1922, nel 1925. Si succedettero in quegli anni diversi organisti: Nestore Tadini nel 1900, dal 1903 Aristide Ghilardi, nel 1905 Attilio Fusari, nel 1906 un certo Pinciroli, dal 1915 Ernesto Nerviani. Nel 1927 l'organista prendeva 350 lire all'anno, il sagrestano 300, l'alzamantici 170. Il successore don Tagliabue spese tutto il possibile per restaurare e abbellire la chiesa, e ce n'era bisogno. I più anziani ricordano come organista intorno al 1950 Giuseppe Bertolli (detto Pinìn Galét), fratello di Emilio, la voce più potente della cantoria.

A poco a poco l'organo, trascurato, diventò inservibile. Don Eraldo Colombini, mediante una specifica colletta popolare, sostenne il restauro dello strumento nel 1984, ffettuato dalla ditta Mascioni. Del 1986 è l'incisione e pubblicazione, su disco di vinile e su musicassetta, del concerto a quattro mani dei quotati maestri Parodi e Sacchetti, iniziativa voluta con passione dall'indimenticabile Rino Garatti unitamente all'organizzazione dei primi concerti annuali della serie provinciale che prosegue tutt'oggi. Dal 1984 ad oggi ad accompagnare dall'organo le liturgie furono Anna Soldavini, poi Laura Bottarini (1985-2005), indi Claudio Veronese dal 2005.

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

 

Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla storia antica di Lonate; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.


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