Attacco all'Occidente


Siracide rientra da Cartagine nel luglio del 319 a.C., ed Alessandro il Macedone si trattiene ad Alessandria d'Egitto fino al settembre dello stesso anno, dedicandosi all'organizzazione del suo stato, ad opere civili (viene avviata la costruzione del grandioso Faro sull'isola omonima, la cui luce sarà visibile da 300 Km di distanza!) ed alla apertura della rotta commerciale con l'India. Cassandro, giovane figlio di Antipatro, insieme al grande ammiraglio Onesicrito, già braccio destro di Nearco, viene infatti messo a capo di una flotta commerciale che, partendo dalla città di Eliopoli appena fondata sulla punta della penisola del Sinai (oggi è nota come Sharm el Sheik), dovrà circumnavigare l'Arabia e costeggiare la Persia, raggiungendo l'Indo e le grandi città indiane sottomesse dal grande generale. La spedizione è appena partita quando Alessandro lascia la sua capitale egiziana a bordo della nave ammiraglia, insieme ad una grande flotta di triremi da guerra ateniesi, tebane, cretesi e persiane, guidata dall'ammiraglio Nearco; esse puntano la prora verso ovest, mentre un grande esercito formato da soldati egizi, persiani, arabi ed etiopi, ma da nessun greco, marcia lungo le coste africane verso Cirene per aggredire Cartagine via terra. A capo di questo poderoso esercito ci sono Antigono, Peuceste ed Olcia.

Ricostruzione di Cartagine prima della sua distruzione

Le truppe di terra si impadroniscono facilmente di Cirene e della costa libica, ma la loro marcia è rallentata dagli attacchi delle tribù libiche alleate di Cartagine. La flotta grecopersiana, dopo essersi facilmente impadronita di Creta, sbarca in Sicilia per farne una testa di ponte verso la capitale punica, ed occupa Agrigento. A questo punto però Cartagine gioca d'anticipo e, alleatasi con Siracusa, attacca le truppe di Alessandro in Sicilia. Nearco riesce a disimpegnarsi una prima volta, ma le forze cartaginesi e siracusane lo incalzano, anche perché molti marinai greci erano stati convinti a partecipare alla spedizione con la promessa di aprire nuove redditizie vie commerciali una volta che i concorrenti cartaginesi sono stati spazzati via, ma si rifiutano di combattere contro i loro fratelli siracusani. Per fortuna Callistene, nipote di Aristotele che NON è stato giustiziato dopo la "congiura del Paggio" nel 327, odia i siracusani perché non perdona loro la sconfitta inflitta ad Atene durante la guerra del Peloponneso, novant'anni prima, e continua a guidare le sue navi a fianco di quelle di Nearco. Inoltre Alessandro ha attraversato la Sicilia cattivandosi la fiducia dei Sicani, primitivi ma valorosi guerrieri abitanti nell'interno, e con il loro aiuto ha espugnato Panormo (Palermo); qui giunto ha mandato ambascerie agli Etruschi ed a Roma, affinché lo aiutino contro Cartagine. A Romani e Tirreni non pare vero di poter porre fine all'egemonia cartaginese sul Mediterraneo occidentale, ed accorrono subito in aiuto di Alessandro; a loro si aggiungono anche i cumani ed i sanniti, trascinati da Roma. Con il loro aiuto determinante, Nearco e Callistene riportano due decisive vittorie sui cartaginesi alle isole Egadi e a Drepano (1 - 5 ottobre 318). E' la fine del predominio punico sui mari.

Intanto Antigono si è fatto strada fin nel cuore del territorio cartaginese; siccome Peuceste ed Olcia litigano tra di loro in continuazione sulle strategie belliche, spedisce il primo a debellare i Numidi, altri fieri alleati di Cartagine, ed il secondo verso la Spagna, dove si trovano le più ricche colonie della città fondata da Didone. Egli stesso punta sulla capitale, ma si trova di fronte truppe fresche e superiori di numero. Alessandro però ha deciso di portare la guerra sul territorio africano: sbarca ad Adrumeto, si unisce ad Antigono, affronta l'esercito cartaginese guidato da Amilcare Barca nella pianura di Zama, e lo annienta. La via di Cartagine è spianata.

Vista attuale delle rovine delle mura di Cartagine

Siccome la città rifiuta di arrendersi, Alessandro la assedia per un anno per terra e per mare; quando essa capitola, contrariamente alle sue abitudini la fa radere al suolo (novembre 317), forse per vendicarsi della lunghissima rivalità commerciale che ha opposto i Greci ai Fenici. La popolazione è venduta come schiava ed il suo impero marittimo e coloniale passa interamente in mano macedone. Antigono è nominato viceré d'Africa, e Alessandro fonda sulla costa tunisina la città di Utica, affinché sia la nuova capitale della satrapia ex cartaginese, oltre ad altre tre Alessandrie sulla costa libica ed una (oggi Trapani) in Sicilia. Organizza poi (marzo 316) una spedizione in Spagna. dove i celtiberi tengono seriamente impegnato il generale Olcia: Siracide, che lo segue come un'ombra, va con lui in qualità di storico e geografo. Dopo uno scalo in Sardegna (che gli spalanca le porte) e nelle Baleari, sbarca a Sagunto (fine di aprile 316) e si spinge nell'interno, battendo i celtiberi a Becula e poi ad Ilipa (settembre 316). Dopo questa vittoria, Alessandro può finalmente raggiungere l'Atlantico, impresa che si compie un mese dopo; la caduta di Cadice segna la completa conquista dell'ex impero cartaginese.

A questo punto però Etruschi e Romani si tirano indietro dall'alleanza, essendosi accorti che Alessandro ha semplicemente sostituito lo strapotere cartaginese nel Mediterraneo occidentale. Essi compiono un vero voltafaccia e, assieme ai Siracusani ed alle altre colonie greche dell'Italia meridionale, guidate da Crotone e da Taranto, formano una lega in funzione antimacedone. A ciò si aggiunge una rivolta delle poleis greche, deluse dal fatto che tutti i vantaggi economici della guerra marittima, di cui hanno sostenuto quasi interamente il peso, sembrano finiti in mano macedone e persiana. Olimpia, madre di Alessandro, è assassinata da partigiani greci (fine 316). Rossane, sposa reale di Alessandro, che si trovava a Rodi con il figlioletto, fugge precipitosamente a Cipro e da lì Efestione, il reggente dell'impero, riesce a metterla in salvo a Babilonia, ma la rivolta scoppiata nell'occidente rischia di tagliar fuori Alessandro dal suo stesso dominio. Quando gli giunge la notizia dell'assassinio della madre, Alessandro decide di desistere dalla conquista della Lusitania, che stava per avviare, lascia quel compito ad Olcia e a Peuceste che ha debellato i Numidi, fonda la città di Olimpia (oggi Granada) in onore della madre morta e poi ritorna precipitosamente in Italia. Intanto Antigono, Antipatro e Tolomeo convergono sulla Grecia ribelle e sull'Italia per stringerle in una morsa. Nel maggio 315 Demetrio Poliorcete (= conquistatore di città), figlio di Antigono, assedia e conquista Atene, che si era posta a capo della rivolta, mentre Lisimaco, già nominato da Alessandro governatore della Tracia e delle regioni danubiane, rioccupa la Macedonia menando strage del partito filogreco.

Tolomeo espugna ad una ad una le isole ribelli dell'Egeo, poi riconquista l'Epiro (giugno 315) e passa in Italia, dove assedia Taranto. Intanto Alessandro non è rimasto con le mani in mano: ripresa la Sicilia, ha assediato vittoriosamente Siracusa, che resiste fino al luglio 315. Manda quindi un'ambasceria a Roma offrendo la pace, ma il Senato, istigato dal console Decio Mure, respinge la proposta, e la coalizione italica - cui aderiscono Romani, Sanniti, umbri, Volsci, Sabini, Lucani, Etruschi e Celti stanziati nell'Emilia - assedia Capua, città rimasta fedele ad Alessandro. Allora il Macedone, che è stato raggiunto da Antipatro e Tolomeo, si sposta in Calabria e poi in Campania. L'esercito di Tolomeo è accerchiato dai Sanniti alle Forche Caudine; i nemici concedono al suo esercito di ritirarsi, ma sotto condizioni ignominiose, tra cui la cessione di ostaggi ed il famoso passaggio sotto il giogo (si dice che Tolomeo sia tornato da Alessandro piangendo di vergogna). Alessandro ed Antipatro reagiscono duramente, liberano Capua e conquistano Boviano, la capitale sannita (novembre 315). Svernano in Puglia, ma permettono ai Romani di riorganizzare la coalizione stringendo patti anche con gli Illiri ed i Galli Insubri dell'Italia del nord. Siracide convince Alessandro a fargli tentare un'ambasceria di pace a Roma, ma il Senato rifiuta di riceverlo, lo oltraggia perché giudeo e respinge tutte le sue proposte, nella certezza di una rapida vittoria militare sui macedoni.

Intanto Nearco occupa Massilia (Marsiglia), altra importante colonia greca, per impedirle di aderire alla coalizione capeggiata da Roma; Peuceste dal canto suo occupa la Lusitania, dopo la caduta in battaglia di Olcia, che ha voluto fare di testa sua affrontando il nemico in condizioni di manifesta inferiorità. Meno bene vanno le cose in Macedonia, dove nell'ottobre del 315 Demetrio e Lisimaco si affrontano in battaglia a Curupedio (Asia Minore) per regolare i conti tra di loro e decidere a chi vada la signoria della madrepatria greca, della Tracia e della Lidia, proprio come se Alessandro fosse già morto ed essi ne fossero i successori (i Diadochi, appunto). Lisimaco ha la peggio perché accanto a Demetrio si schiera Seleuco, inviato da Efestione a porre fine alla guerra dei Diadochi (ma soprattutto a limitare lo strapotere di Lisimaco, che si comporta ormai come il sovrano di un regno indipendente). Seleuco è compensato con il titolo di viceré d'Anatolia, mentre Demetrio vede rafforzato il suo potere sulla penisola ellenica.

Decio Mure racconta il suo sogno ai Romani, Pieter Paul Rubens, 1616

Passato l'inverno, Decio Mure decide di rompere gli indugi ed attacca l'esercito macedone, rafforzatosi con l'arrivo di alcune divisioni inviate dal vittorioso Demetrio. Ma, in Oriente come in Occidente, Alessandro è sempre il più forte in una battaglia campale, e neppure le legioni di Roma possono nulla contro di lui. Nella pianura di Canne (1 aprile 314) l'esercito romano ed i suoi alleati subiscono il peggior rovescio militare della loro storia: l'accerchiamento dell'esercito da parte della cavalleria iranica e degli opliti macedoni, egiziani e nubiani porta allo sterminio di oltre 50.000 soldati su 86.000. Tra i morti c'è anche il console Decio Mure. A questo punto il Grande marcia su Roma ("Alexander ad portas") e la occupa il 15 aprile dello stesso anno, trovandola quasi deserta giacché molti cittadini sono fuggiti in Etruria per paura di fare la fine dei cartaginesi. Tuttavia Siracide, mostrando una magnanimità davvero inaspettata, visto come i patrizi romani lo hanno trattato, convince il suo imperatore a risparmiarla per farne la capitale dei suoi domini occidentali. Il saggio giudeo è nominato governatore (dictator) della città. Antipatro procede verso nord e a Sentino (24 giugno 315) infligge una nuova, terribile sconfitta a ciò che resta dell'esercito romano ed ai suoi alleati Etruschi, Umbri, Piceni e Celti. L'Etruria si sottomette e tutta l'Italia peninsulare passa nelle mani di Alessandro.

Guerrieri sanniti in un affresco rinvenuto in una tomba etrusca

Intanto Siracide a Roma dà il via a tutta una serie di riforme sociali che attribuiscono gran parte del potere civile ai plebei, tra cui l'abolizione del consolato e l'attribuzione di tutto il potere dei consoli ai due Tribuni della Plebe. Il popolo di Roma perciò lo considera un eroe e gli tributa quasi un culto divino (e dire che è un Ebreo monoteista...) Il patriziato, che pure è stato perdonato da Alessandro, evita invece di ritornare nell'Urbe e fonda diverse colonie in Italia (Fregellae, Arpinum, Interamna, Suessa, Luceria, Hadria, Venusia...) Parte dell'antica nobiltà romana si fonde con quella etrusca nelle città storiche di questo popolo (Veio, Populonia, Vetulonia, Volterra...) L'Italia esce così completamente rimaneggiata dalle guerre macedoniche. Ma la penisola non è ancora al sicuro, perchè i Galli e gli Illiri, già alleati di Roma, premono ai suoi confini settentrionali per avere spazio e per prendersi una fetta della grande torta italica. E così, dopo un anno impiegato a riorganizzare le proprie nuove conquiste, Alessandro il Grande riparte per una spedizione contro questi popoli. A Casteggio, nell'Oltrepò pavese, il 10 agosto 314 a.C. riporta una decisiva vittoria contro i Galli Insubri e conquista la loro capitale, Mediolanum. Non resiste naturalmente alla tentazione di fondare un'altra città con il suo nome, che poi diverrà l'attuale Alessandria. Intanto Tolomeo sottomette gli Illiri, mentre Nearco ed Antigono riportano un'altra fondamentale vittoria sui pirati dalmati presso l'isola di Lissa., e Callistene debella i rivoltosi dell'Epiro. A questo punto Alessandro non si accontenta e vuole proseguire la sua marcia. Richiama perciò Siracide da Roma e lo incarica di un'ambasceria lungo la via dell'ambra, fino alle lontane rive del mar Baltico; ordina quindi al vecchio Nearco di varcare con una flotta le Colonne d'Ercole e di esplorare il mondo sconosciuto posto al di là, mentre Callistene è nominato ammiraglio del Mediterraneo. Innalza inoltre Antipatro al rango di viceré d'Italia, con sede a Roma, la cui plebe ne appoggia totalmente la politica dopo le accorte concessioni fatte da Siracide, poi varca le Alpi e si ricongiunge con le guarnigioni rimaste a Massilia. Da qui passa in Spagna, si ricongiunge con le truppe di Peuceste ed assedia Numanzia, l'ultima grande piazzaforte dei Celtiberi che gli resiste: è l'inverno 314-313. Eliminata anche questa minaccia, lascia Peuceste a sedare le numerose ribellioni antimacedoni delle tribù ispaniche, poi raggiunge capo Finis Terrae dove l'apparizione di una cometa viene da lui interpretata (contrariamente a quanto fanno quasi tutti i suoi contemporanei) come un segno fausto, che lo sprona a proseguire. Da allora in poi quel luogo è chiamato Campo della Stella (oggi Santiago de Compostella). Là si ricongiunge con l'ammiraglio Nearco che ha compiuto la circumnavigazione della penisola iberica, perdendo tuttavia gran parte delle sue navi a causa delle tempeste oceaniche, e fonda la città di Corona di Rossane, oggi nota come La Coruña.

Le conquiste di Alessandro Magno in Occidente

Passa poi in Gallia, sempre con l'appoggio di Nearco che costeggia faticosamente le coste francesi, si ricongiunge con Tolomeo e in due anni di dure campagne sconfigge i Galli Pittoni, gli Arverni, i Senoni, gli Edui e gli Elvezi, stabilendo il confine sul Reno. Ai Galli Boi, che gli si sono sottomessi, dà il permesso di stanziarsi nell'Italia settentrionale, dove Antipatro fonda per loro la città di Bononia (Bologna). Dopo aver costruito una nuova flotta in Armorica durante l'inverno 313-312, Nearco continua a costeggiare l'Europa settentrionale e raggiunge le coste della Danimarca e della Scandinavia. Penetrato nel mar Baltico, libera Siracide che era stato preso prigioniero dai Goti, tribù germaniche stanziate su quelle remote coste, durante la sua missione esplorativa verso il nord d'Europa. Ritorna quindi indietro con l'ebreo fino alla foce della Senna, dove si ricongiunge con Alessandro. Nearco muore si lì a poco sull'isola di Jersey, ed Alessandro decreta per lui una settimana di lutto: il grande ammiraglio ha navigato, durante le sue campagne, dalla foce dell'Indo a quella della Vistola, e ciò basta per assicurargli un posto tra i più grandi esploratori del mare di tutti i tempi. Al comando della flotta gli succede Callistene, giunto con dei rinforzi lungo la rotta costiera atlantica.

Intanto, durante la sosta nei campi invernali nel dicembre del 312, quest'ultimo è stato raggiunto da Demetrio Poliorcete. Se la cosa vi sembra strana, sappiate che, mentre l'imperatore supremo era impegnato nelle sue campagne alla conquista dell'occidente, Efestione, sempre occupato a governare al suo posto da Babilonia, ha deciso di mettere un freno al pericolo costituto da Demetrio che, dopo la sua vittoria su Lisimaco, ha cominciato ad assumere i suoi stessi atteggiamenti da sovrano indipendente. Anche per sfruttare la sua ambizione e la sua intraprendenza, e forse nella segreta speranza che cada in battaglia, gli ordina di compiere delle spedizioni al di là del Danubio contro i Sarmati. Nella primavera del 314 Demetrio dà il via alla sua spedizione, con la quale intende emulare le gesta di Alessandro, e sottomette la Dacia. Si sposta poi in Pannonia, dove affronta i Cimbri in migrazione dallo Jutland ed infligge loro una dura sconfitta, pur perdendo gran parte delle proprie forze. Rientra allora in Macedonia, ma solo per ripartire alla carica nel maggio 313: sconfigge di nuovo i Cimbri, li costringe a divenire stanziali nell'attuale Ungheria, poi sottomette la Mesia, la Pannonia meridionale e l'Illirico. Dopo aver trascorso l'inverno 313-312 in Italia settentrionale, ospitato da Antipatro, Demetrio riprende la corsa ed assoggetta la Rezia, il Norico e la Germania meridionale. Si ricongiunge infine con Alessandro e Tolomeo, ed i tre affrontano tutto ciò che resta delle forze dei Celti, coalizzatisi contro i Greci sotto la guida del re Ambiorige, infliggendo loro la sconfitta di Alesia (15 marzo 311 a.C.) Ma ad Alessandro ciò non basta ancora: dopo aver lasciato Demetrio e Tolomeo in Gallia, a sedare gli ultimi focolai di rivolta (ma Tolomeo deve partire per la Spagna dove Peuceste è caduto in combattimento), con l'aiuto di Callistene varca la Manica e fa sua anche la Britannia meridionale. La campagna dura poco: dopo aver lasciato nell'isola il generale Stasanore per completare la conquista delle tribù britanne, e dopo aver celebrato un grande sacrificio al dio Sole in compagnia dei druidi presso il cerchio di pietre di Stonehenge, ripassa la Manica, attraversa la Gallia e l'Italia e s'imbarca di nuovo per l'oriente. Perché tanta precipitazione? Perché gli è giunta la notizia che la moglie Rossane è morta, e i Diadochi orientali minacciano la vita di suo figlio, che si chiama Alessandro come lui, ormai è un giovanotto ed è cresciuto senza mai vedere il padre sotto la tutela di Efestione, preparandosi a diventare imperatore. Callistene dal canto suo, dopo aver esplorato le coste dell'Ivernia (Irlanda), riprende la via del ritorno, rientra nel Mediterraneo, naviga sino a Siracusa e poi a Tiro. Anche Tolomeo e Demetrio lasciano in Spagna e in Gallia i rispettivi luogotenenti, Eraclide ed Asandro, e fanno rientro nei propri viceregni. E' l'autunno del 311.

Mappa del mondo conosciuto alla vigilia delle spedizioni alessandrine verso l'estremo oriente


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