Dopo Alessandro


Alessandro III eredita dal suo grande nonno un impero talmente vasto ed eterogeneo, che per poterlo governare era comunque inevitabile attribuire ai Diadochi un potere tanto grande, da sfiorare quasi la dignità regale, e per di più ereditario. Comprendendo anche il territorio imperiale, cioè il cuore delle conquiste di Alessandro, rappresentate dalla Mesopotamia e da parte della Siria, il più esteso impero della storia risulta diviso in dodici ripartizioni (si sa che gli Orientali hanno sempre attribuito al dodici i caratteri di un numero perfetto!); gli undici vicereami sono:

1) Anatolia e Persia Occidentale (capitale Ecatompilo di Partiene, affidato agli Arsacidi di etnia partica)

2) Persia Orientale, Battriana e Turkestan (capitale Samarcanda, affidato ai Pitonidi di etnia greca)

3) Egitto e Nubia (capitale Alessandria d'Egitto, affidato ai Tolemaidi di etnia greca)

4) Etiopia e Corno d'Africa (capitale Axum, affidato ai Salomonidi, nobili etiopi che si proclamano discendenti niente popò di meno che da re Salomone)

5) Macedonia, Grecia, Balcani e Pannonia (capitale Pella, affidato agli Antigonidi)

6) Italia ed Africa (capitale Roma, affidato ad un tribuno eletto dal popolo romano)

7) Occidente (Spagna, Gallia e Britannia, capitale Lugduno, oggi Lione, affidato agli Origidi di etnia celtica)

8) Arabia (capitale Marib o Alessandria Sabea, affidato ai Meleagridi di etnia greca)

9) India (capitale Palibothra, affidato ai Seleucidi di etnia greca)

10) Indocina (capitale Alessandria del Bengala, affidato agli Eumenidi di etnia greca)

11) Cina (affidato a filosofi locali di volta in volta scelti tra i maggiori sapienti del paese; la capitale verrà spostata più volte dai vari governanti)

A questi vanno poi aggiunti vari regni vassalli: quello dei Goti, degli Scoti, degli Avari, il Tibet, la Zungaria, Chola, lo Yunnan, la Corea, ecc...

Moneta indiana di chiara ispirazione greca, coniata da Alessandro III

Come si vede, Roma e la Cina sono gli unici viceregni a non affidarsi a dinastie ereditarie; questo a causa della lunga tradizione repubblicana della prima, rafforzata da Siracide che ha attribuito tutto il potere ai plebei, ed a causa della lunga litigiosità dei regni in cui era suddivisa la seconda: vista la ricca tradizione culturale di quel popolo, è sembrata una soluzione logica affidare a questi saggi "super partes" il governo dei rissosi regni combattenti, artificialmente riunificati dal Grande Macedone. Naturalmente le poleis greche e vari principati indiani non ci stanno, forti della loro tradizione di indipendenza campanilistica, e scatenano varie rivolte che vengono represse nel sangue. Il giovane Alessandro III usa il pugno di ferro ed ordina esecuzioni sommarie dei ribelli, tanto che, come suo nonno era stato chiamato Alessandro il Grande, lui verrà chiamato Alessandro il Sanguinario (o, ironicamente, Filolao).

Alessandro III vuole inoltre che gli vengano attribuiti onori divini, come aveva fatto il nonno, che provvede a far deificare subito dopo la sua morte; ma, a differenza del nonno che era piuttosto tollerante in materia religiosa, egli pretende che tutti i sudditi brucino incenso in suo onore, e perseguita duramente i Monoteisti, cioè gli Ebrei e gli Zoroastriani, che si rifiutano di farlo. Fa distruggere i templi dedicati ad Ahura-Mazda sulle montagne della Persia, e fa collocare una statua di Zeus Olimpio con le sue fattezze nel Tempio di Gerusalemme; la leggenda dice che egli fa ricercare l'ormai vecchissimo Siracide per decapitarlo pubblicamente e dare un esempio ai Giudei, ma che egli si sottragga miracolosamente alla cattura, poichè i soldati macedoni venuti a cercarlo nel monastero di Betulia non si accorgono della sua presenza in mezzo a loro nonostante cerchino in ogni dove. Anche volendo fare la tara a questo racconto, sta di fatto che quello di Alessandro III è un dispotismo non certo illuminato: il Basileus vuole accentrare ogni potere nelle sue mani e pretende di avere l'ultima parola su tutto, in campo giuridico, amministrativo, economico e persino ludico, pur non possedendo certo le qualità organizzative e la genialità politica e militare dell'illustre avo.

Se però questa mia descrizione vi ha fatto accarezzare per un momento l'affascinante ipotesi di un megaimpero bizantino ante litteram, sono costretto a deludervi: come già il Primo, anche il Terzo Alessandro tende sempre di più ad adottare costumi orientali, e con il trascorrere del tempo egli accentua ulteriormente questa tendenza. Dalla madre ha infatti ricevuto un'educazione basata sulla cultura del subcontinente indiano, e così, come il nonno era affascinato dall'Iliade, egli resta colpito dal Ramayana e dalle gesta degli antichi eroi delle origini, da lui ritenuti assai più grandi e sapienti dei vari Ercole ed Achille. La conseguenza di questo fatto è lo spostamento del baricentro dell'Impero verso oriente, ed in particolare verso l'India, dove egli si trasferisce nel 365 a.C., spostando la capitale nella città santa di Benares; Babilonia è affidata al governo dei Parti. Egli ordina tuttavia che anche in India si adottino i costumi ellenistici, e soprattutto la koinè dialektos che, avendo ben pochi rivali per via della politica di ellenizzazione portata avanti dai Diadochi, va affermandosi come lingua franca praticamente ovunque.

Questo fatto ha però conseguenze enormi sull'organizzazione dell'Impero. Infatti Babilonia era distretto imperiale, e lì il Basileus era indipendente da qualunque dei Diadochi, mentre invece a Palibothra regna Antioco I Sotere, ben poco propenso a sopportare l'ingombrante presenza del sovrano-dio. Inizia così un conflitto di interessi tra i due governanti che porta Alessandro III ad ordinare l'avvelenamento di Antioco nel 261 a.C. In tal modo egli può assumere direttamente il controllo della satrapia indiana e spadroneggiarvi senza ingerenze di sorta. La bella riconoscenza avuta da Alessandro Junior nei confronti del vincitore degli Unni rimarrà proverbiale nei secoli.

D'altro canto, lo spostamento del baricentro verso est produce un progressivo affrancamento dell'estremo Occidente, cioè dell'Europa, dal controllo imperiale. Il giovane Attilio Regolo, acclamato dai Concilia Plebis Tributa in qualità di viceré di Roma, nel 262 a.C. prende spunto dall'affondamento di una nave mercantile romana al largo delle coste spagnole da parte di alcuni predoni celtiberi per invadere la Spagna. Vercingetorige e suo figlio Vitige reagiscono duramente, ma le legioni romane varcano le armi e prendono Lione, la capitale. Il viceré celta invoca l'aiuto del Basileus, ma questo, come sappiamo, è troppo impegnato a regolare i suoi conti con Antioco, e così non fa una piega, anche a causa del tipico disprezzo greco contro i barbari celti. Così Attilio Regolo ne approfitta per allearsi con i Goti di Ataulfo, eterno rivale dei Celti, e con il loro appoggio militare schiaccia gli avversari alle Aquae Sextiae, oggi Aix-en-Provence, assoggettando il vicereame d'Occidente. Alessandro III, che non vuole noie, accetta che i due viceregni siano uniti nella persona di Attilio, e così Roma estende il suo dominio praticamente su tutta l'estremità ovest dell'Impero, e senza neppure bisogno delle Guerre Puniche. Così facendo però Alessandro III crea un pericoloso precedente: nel suo Impero diventa possibile conquistare cariche usando la forza delle armi anziché il diritto delle nazioni.Scultura della Battriana raffigurante una testa di filosofo (III sec. a.C.)

Vista la sorte toccata ai Celti, le città greche decidono di ribellarsi nuovamente al dominio di Antigono Gonata, invocando proprio l'aiuto di Attilio. Ma questi conclude invece un trattato di amicizia con il despota macedone, praticamente sancendo la spartizione dell'Europa tra Roma e Pella. La disperata guerra di liberazione delle poleis guidata da Atene (guerra cremonidea) si conclude con il definitivo assoggettamento della Grecia ad Antigono (260 a.C.) Atene è semidistrutta e su quel che rimane viene istituito un regime di tipo oligarchico. E' questa la fine della democrazia ellenica.

Antigono si imbaldanzisce per la vittoria e scatena a sua volta una guerra di espansione contro i Parti di Mitridate I, figlio di Arsace, per il controllo della penisola Anatolica. Anche Tolomeo Filadelfo ed Attilio Regolo vengono a conflitto a causa della città di Cirene. Durante una battaglia navale presso Drepano, Attilio è catturato dalla flotta tolemaica e portato ad Alessandria. Secondo la tradizione, Attilio Regolo viene rimandato in patria a condizione che avvii trattative di pace, ed invece esorta il Senato a proseguire la guerra; tornato ad Alessandria per onorare i patti e sprezzante del pericolo, Attilio viene giustiziato dentro la famosa botte irta di chiodi (o, secondo altri, venendo tenuto sveglio finché non muore). Questa tradizione, vera o falsa che sia, adombra il fallimento delle trattative di pace, che porta come naturale sviluppo uno scontro tra gli eserciti romano ed egiziano sotto le mura di Cirene, scontro che si risolve in un sostanziale pareggio. Nel frattempo, a Lisimachea avviene un grave scontro tra l'esercito macedone di Antigono ed i Parti, con il quale il primo estende i propri possedimenti in Anatolia (257 a.C.) I Parti preparano la rivincita e propongono ai Romani un'alleanza, che però incendierebbe in modo irrimediabile un'intera metà dell'impero greco. 

A questo punto, però, accade un fatto nuovo: Antioco II Teo, figlio di Antioco I Sotere, avvelena a sua volta Alessandro III per vendicare il padre, con uno stratagemma rimasto famoso: durante un banchetto a Palibothra taglia in due un frutto con il suo coltello e ne offre metà al Basileus, ma una metà della lama è impregnata di veleno, ed il vanitoso Alessandro muore tra atroci spasimi. Subito Antioco se ne proclama successore, agitando un (falso) testamento a suo favore del nipote del Conquistatore; ma, onde prevenire contrasti con gli altri viceré, li convoca tutti nel Concilio di Antiochia (256 a.C.), città fondata dal padre sulla foce del Gange. Per conto dei Romani va il nuovo viceré, Gneo Cornelio Scipione il Vecchio, iniziatore della dinastia degli Scipionidi. I Diadochi riconoscono ad Antioco II il titolo imperiale, il controllo sul vicereame d'India ed il titolo divino (da cui il soprannome di Teo); in cambio Scipione vede confermata la fusione nelle sue mani dei due vicereami più occidentali, Antigono vede avallate le sue conquiste in Anatolia, Tolomeo II riottiene Cirene ed i Parti sono compensati con l'Iran orientale tolto a Pitone III Filadelfo, che ha compensazioni territoriali nel Kashmir, pagate di tasca sua da Antioco con parte del proprio territorio. In tal modo i Parti controllano tutta la Persia fino ai confini della Battriana, oltre alla Mesopotamia e a parte dell'Anatolia. Gli altri vicereami non vengono modificati, ma dieci anni dopo Antioco accuserà di tradimento l'ultimo signore della dinastia eumenide, lo sconfiggerà in Birmania ed incamererà l'ex viceregno indocinese dentro quello indiano. In tal modo le grandi suddivisioni dell'Impero Greco diventano nove (altro numero perfetto, comunque).

Antioco II Teo, nonostante il suo attributo, restituisce la libertà di culto agli Ebrei ed agli Zoroastriani, ma per convenienza, non per pietà religiosa, visto che questi ultimi rappresentano il fior fiore della casta mercantile e degli intellettuali dell'Impero. Antioco tenta comunque di fondere tra di loro il pantheon grecoromano e quello indiano, con risultati a volte esilaranti (il dio Ganesa, dalla testa di elefante, viene identificato con una metamorfosi di Ermes, che in questo modo avrebbe tentato di salvarsi da Tifone, il mostro alto come una montagna che diede l'assalto all'Olimpo prima della comparsa degli uomini).

Sotto il regno di Antioco II, inoltre, avviene l'invasione dei Galati, nome grecizzato di una tribù di Celti che, in fuga dal dominio di Roma sull'Occidente, attraversa senza incontrare resistenza il vicereame antigonide e si stanzia in Anatolia: per loro viene creata la satrapia di Bitinia, con capitale Nicomedia.

Galata morente, statua ellenistica

Antioco II muore nel 246 a.C. e gli succede il figlio Seleuco II Callinico, il quale convoca un nuovo concilio, stavolta a Nicomachea (nuovo nome del porto di Girnar) per avallare la propria successione al padre, onde accreditarsi come un "primus inter pares" anziché come un despota stile Alessandro III. Sotto il suo regno, durato fino al 223 a.C., i Romani si scontrano con Tolomeo III Evergete e riescono a togliergli Cirene. Intanto la Cina cresce come nazione: dei regni combattenti non c'è più traccia, il viceregno è al sicuro dopo l'ultimazione della Grande Muraglia, e le varie etnie (Han, Ch'in, Chu, Liao...) si stanno fondendo in una sola, comprendente anche sangue delle tribù Yue del sud, degli Indiani e dei Greci invasori. A questa nuova etnia mista viene dato il nome di Chung (secondo altre grafie Chong o Zong), ovvero "cinese". Ciò pone le basi per la futura espansione inflazionaria che la Cina conoscerà a partire dal principio dell'era cristiana.

A Seleuco II succede il fratello Seleuco III Cerauno, anch'egli per mezzo di una conferenza tra i satrapi; ma già nel 221 a.C. Antioco III il Grande, figlio di Antioco II, gli usurpa il trono e si proclama Basileus, stavolta senza bisogno di investiture. Il suo lungo regno durerà fino al 187 a.C., e vedrà tra l'altro:

1) l'annessione della Battriana all'India, dopo aver sconfitto a Khotan (217) l'ultimo esponente della dinastia Pitonica, Pitone IV il Glabro, con l'aiuto del viceré partico Fraate II. Di conseguenza il Turkestan viene spartito tra Parti ed Indiani, ed i vicereami scendono ad otto.

2) la ripresa delle persecuzioni contro i Giudei, a cui viene proibita la circoncisione e l'osservanza del Sabato. Si tornano a porre idoli pagani nel Tempio gerosolimitano.

3) la conquista dell'isola di Sumatra e di parte del Borneo. Tale conquista verrà consolidata sotto il suo successore, il figlio Antioco IV Epifane, definito "la radice perversa" dalla Bibbia, per aver infierito contro il popolo giudaico per puro odio razziale (famoso l'episodio dei "sette fratelli Maccabei", anche se in realtà Maccabei non si chiamavano affatto).

4) l'assurgere a grande potenza dello stato romano.

Publio Cornelio Scipione l'Africano, busto conservato ai Musei CapitoliniInfatti sotto Publio Cornelio Scipione Senior, detto l'Africano per aver ripreso e distrutto Cirene che si era ribellata al dominio romano, e per aver sconfitto il capo numida Massinissa che cercava di ritagliarsi uno stato indipendente dal dominio greco, Roma entra in aperto conflitto con Filippo V di Macedonia, discendente di un ramo collaterale degli Antigonidi, a causa della presa della Dalmazia da parte della flotta romana. Dal 215 al 205 a.C. si trascina la "prima guerra macedonica" che vede Roma alleata con la lega Etolica formata in chiave antimacedone dalle città di Elide, Messene, Sparta e Corinto, oltre che dal satrapo di Pergamo. Dopo la morte in battaglia dell'Africano, il Senato invia in Grecia Publio Cornelio Scipione Junior, venticinquenne, con il titolo di Proconsul privatus cum Imperio, cioè senza aver percorso il normale cursus honorum. Dopo che questi ha concluso una prima pace con Filippo V, Rodi, Atene e Pergamo gli chiedono aiuto contro le vessazioni del viceré macedone, il quale stavolta pensa di cautelarsi le spalle alleandosi con il viceré partico Mitridate IV. La flotta romana protegge il Pireo dagli attacchi dei Parti ed espugna Eretria (198 a.C.), mentre il tribuno Tito Quinzio Flaminino si apre la strada via terra verso la Tessaglia. A Cinocefale (197 a.C.) l'esercito romano sbaraglia Filippo e lo costringe a rinunciare all'egemonia sulla Grecia, nonostante Flaminino durante i giochi istmici di Corinto proclami l'autonomia delle poleis elleniche. Il viceré partico tenta la riscossa ma viene duramente battuto alle Termopili. Poichè non vuole arrendersi, i romani passano in Anatolia e gli infliggono ulteriori rovesci fino alla grande battaglia di Magnesia (190 a.C.), con la quale Scipione si impossessa dell'Anatolia togliendola ai Macedoni ed ai Parti, costretti a ritirarsi più a est. Ormai Roma è padrona del Mediterraneo orientale.

Infatti l'Egitto tolemaico è in parabola discendente, ed i Giudei si ribellano all'egemonia Partica ed alla persecuzione ordinata dagli Antiochidi sotto la guida del loro grande condottiero Giuda Maccabeo (= Martello). Con l'aiuto di Roma egli riesce a scacciare i Parti dalla Palestina e a ricostruire il regno d'Israele sotto forma di nuovo vicereame che Antioco IV è costretto dai Romani a riconoscere (172 a.C.). Le gesta di Giuda e dei fratelli Gionata e Simone sono narrate nel due libri biblici dei Maccabei, scritti per l'appunto in greco.

Dal 171 al 168 a.C. è combattuta la Seconda Guerra Macedonica: Perseo, figlio di Filippo V, tenta di ristabilire il vicereame dei suoi antenati, dopo che i Romani gli hanno tolto pure la Pannonia, lIllirico e l'Epiro. Il 22 giugno 168 a.C. a Pidna il tribuno Lucio Emilio Paolo sconfigge e fa prigioniero Perseo, con il quale si chiude la dinastia antigonide. Tutta la Macedonia, incluse la Tracia e la Dacia, passa sotto il controllo romano. Le città greche si ribellano, resesi conto che all'oppressione macedone si sta sostituendo quella latina, ma vengono duramente battute (Corinto è addirittura rasa al suolo) e ridotte a provincia romana con il nome di Acaia. Scompare così un altro viceregno, anzi quello che era stato il cuore dell'Impero Greco. Nel 163 a.C. Publio Cornelio Scipione l'Emiliano conquista la Siria, l'Armenia ed il Ponto e stabilisce con i Parti il confine dell'Eufrate. Anche Tolomeo IV Filopatore è sconfitto a Pelusio (160) e deve accettare il protettorato romano sul suo vicereame.Bireme romana su cui salgono alcuni legionari

Ma intanto la situazione precipita anche in India, dove alla morte di Antioco IV Epifane (163 a.C.) si succedono quattro esponenti senza importanza della dinastia Seleucide, finchè l'ultimo di essi, Antioco VIII, viene detronizzato da Asoka, discendente di Chandragupta, il quale sposa Cleopatra, sorella del deposto re, e si proclama Imperatore. Cinesi e Romani lo riconoscono subito senza problemi, mentre Arabi, Etiopi e Parti si mostrano più freddi. Asoka, sconvolto dal bagno di sangue provocato a Kalinga dai suoi soldati che hanno represso le ribellioni dei paesi nel sud dell'India, ridotti a satrapie da stati vassalli che erano, decide di convertirsi al Buddismo e si fa uno dei massimi propugnatori di questa religione, combattendo in ogni modo il politeismo induistico ed olimpico. Egli rispetta invece gli Ebrei, che creano numerose comunità ricche ed organizzate nelle principali città indiane ed indocinesi. E' di quest'epoca il grande concilio buddista da cui esce la redazione definitiva del "Canone Meridionale".

L'imperatore pacifista, fedele alle sue convinzioni buddiste, non interviene mentre i Romani fanno un sol boccone anche dell'Egitto, dopo che Cleopatra, sorella di Tolomeo V Epifane, ha invocato il loro aiuto per scacciare il fratello di cui è anche la sposa (i Tolomei sono adorati come dei dagli Egizi, e gli dei non possono mescolarsi ai comuni mortali: devono perciò sposarsi tra di loro). Scipione l'Emiliano caccia Tolomeo e la mette sul trono ma, quando questa tresca con gli Arabi, con gli Etiopi e con i Parti per allargare il suo regno, riuscendo a tirare dalla sua alcuni ufficiali romani della guarnigione lasciata a Pelusio, invade il regno d'Egitto e lo annette (146 a.C.) Cleopatra, che si è asserragliata nel suo palazzo di Alessandria, dopo aver tentato inutilmente di sedurre Scipione l'Emiliano, si suicida facendosi mordere da un aspide, introdotto nel suo palazzo dentro un cesto di fichi (così almeno narra la leggenda). Scipione l'Emiliano, deluso dalla scarsa riconoscenza che i Romani a suo dire hanno avuto nei suoi confronti, si ritira a vita privata in una villa nelle Gallie ("Ingrata patria, non avrai le mie ossa").

Alla morte di Asoka (131 a.C.) suo figlio viene assassinato dal generale Pasyamitra che si proclama imperatore con il nome di Antioco IX. Poichè i Parti premono ad occidente per cercare di ricostruire il loro originale vicereame, e ad oriente per riprendersi la Battriana, costui dimentica il pacifismo del suo predecessore, stringe alleanza con i Romani e nel 123 a.C. assieme ad essi invade il vicereame partico che, preso in una morsa, si dissolve. Il tribuno romano Tiberio Sempronio Gracco prende Babilonia e poi la capitale partica Ecatompilo, catturando l'ultimo viceré partico Osroe, che finirà i suoi giorni in prigionia; suo fratello Caio occupa tutta la Persia e poi dilaga in Arabia, cancellando in breve tempo anche quel vicereame. Antioco IX invece invade la Battriana ed il Turkestan e spinge le sue frontiere sino al Mar Caspio, mentre Caio Gracco gli offre l'Oman. L'usurpatore convoca infine un concilio a Taxila (Penjab), durante il quale viene sanzionato il nuovo assetto dell'Impero, ripartito in pratica in tre soli vicereami: quello romano ad ovest, quello Indiano (incluse l'Indocina e l'Asia centrale) al centro, quello Cinese (inclusi Tibet e Corea) ad est. Sopravvivono veramente altri due vicereami: quello etiope e quello ebraico, ma si trovano rispettivamente nella sfera d'influenza romana ed indiana: gli Asmonei, discendenti grecizzati dei Maccabei, governano Gerusalemme solo grazie a Roma, ed altrettanto si può dire per i Salomonidi di Axum.

La Cina sembra disinteressarsi di ciò che succede nel resto dell'Impero e continua a "vivacchiare" sotto la protezione della Grande Muraglia, ma il fuoco cova sotto la cenere, mentre a fare la parte del leone sembrano essere i Romani e gli Indiani. Dopo il concilio di Taxila, è Caio Mario, il vincitore dei Goti importante segnalare la vittoria di Caio Mario contro i Goti che hanno invaso la Gallia, nel 102 a.C., con la quale Roma annette la Germania e spinge la frontiera fino ai confini della Russia, ed un nuovo tentativo degli Unni Bianchi di sfondare le difese dell'Impero e penetrare in India, contro i quali si para Chandragupta II, altro discendente di Asoka che ha eliminato Antioco X, figlio di Antioco IX (97 a.C.) Dopo di ciò, Roma deve affrontare prima una rivolta degli schiavi condotta da Spartaco, che finisce crocifisso con migliaia di seguaci (70 a.C.), poi un cinquantennio di guerre civili, causate prima dallo scontro tra il plebeo Caio Mario e l'aristocratico Lucio Cornelio Silla (91 - 79 a.C.), poi tra i rispettivi luogotenenti, Caio Giulio Cesare e Gneo Pompeo (63 - 46 a.C.) Il vicereame romano è scosso ed impoverito da queste guerre, ed anche l'India entra in una parabola discendente, sotto imperatori indegni dei loro predecessori. Questo stato di cose favorirà l'ascesa della Cina.

Intanto, al di là del limes settentrionale dell'Impero, lo scontro storico con le popolazioni nomadiche del Settentrione ha conosciuto una lunga successione di Imperi delle Steppe, prevalentemente dominati dall'etnia Turca. In ogni caso, la storia dell'Asia mostra senza residui di dubbio che l'unica condizione per garantire la sopravvivenza dell'Impero sarebbe l'assoggettamento di tutta la fascia delle steppe, unica alternativa alla conquista dell'Impero da parte di una popolazione nomade che si sia prima assicurata l'egemonia su tutta la fascia fino ai limiti settentrionali confinanti con le popolazioni Paleosiberiane di cacciatori-raccoglitori. La scelta tra le due opzioni (la prosecuzione dell'Impero Greco Eurasiatico oppure la sostituzione di un'egemonia Altaica all'Impero) sarebbe dipesa in larga misura dal carattere della politica estera dell'Impero: se si fosse concentrato su sé stesso in una politica di sviluppo interno e di difesa verso l'esterno, come il Basso Impero Romano, sarebbe stato destinato al collasso, schiacciato dall'insostenibilità delle spese per il mantenimento dell'unità (in epoca antica l'unità politica è naturalmente molto relativa, poco più che la conoscenza reciproca da parte delle varie comunità locali). L'alternativa consiste in una politica di conquiste fino al punto decisivo dell'assenza di nemici (= coste oceaniche, deserti, tundra). Ed è questo che comprendono Caio Mario e Giulio Cesare, autore di fortunate spedizioni contro gli Slavi e i Bulgari, ma soprattutto i Cinesi.

La situazione dell'Impero Greco al principio dell'Era Cristiana

Quanto invece alla politica interna dell'Impero nel I secolo a.C., il Buddismo e l'Ebraismo nonché i culti iranici hanno avuto spazî enormi di diffusione: il primo grazie all'opera evangelizzatrice di Asoka e di alcuni dei suoi successori, gli altri grazie all'ansia di rinnovamento spirituale che pervade gli abitanti dell'Impero dopo le lunghe guerre tra i Diadochi, divoratisi l'un con l'altro. In tal modo tutta l'India, l'Indocina e la Cina diventano buddiste, mentre i monoteismi dilagano nell'Occidente e in Arabia. L'Ellenismo inoltre si è fuso non solo con la cultura egizia e caldea, ma anche con quella iranica, più profondamente di quanto avvenuto nel nostro ergocronotopo, e soprattutto con quella indiana, fornendo il tessuto culturale di una civiltà che parla il greco ed usa l'alfabeto greco dalla Spagna fino alla Cambogia. Anche a Roma il latino è usato solo dal popolo: nelle relazioni ufficiali e nella letteratura la koinoné è l'unica lingua ammessa. Il reclutamento militare e il commercio degli schiavi hanno poi contribuito a distribuire su più vasta scala le popolazioni balcaniche e dell'Asia anteriore, accelerando il rimescolamento culturale e la formazione di una nuova coscienza culturale e spirituale. Ad esempio, una delle più lampanti conseguenze del nuovo Ellenismo è l'introduzione del concetto di metempsicosi nella religione tradizionale olimpica, come si ritrova anche nel VI canto dell'Eneide di Virgilio, scritta in... greco tra il 27 e il 19 a.C.; la reazione naturale dell'Ebraismo consiste nel rifiuto di tale teoria e la sua sostituzione, sotto la spinta della grecità, con le nozioni di Immortalità dell'Anima, di premio per i buoni e di castigo per i dannati, di Purgatorio e addirittura di Risurrezione dei Corpi e di Giudizio Finale. Il tutto è compendiato nella cosiddetta "Apocalisse di Daniele", parte dell'omonimo libro (capitoli 10-12) attribuito al profeta Daniele, vissuto quattro secoli prima, ma in realtà scritto verso il 120 a.C. da un redattore ignoto. Sulla scia del libro di Daniele si sviluppa il cosiddetto filone dell'Apocalittica, ancora fiorente nel I secolo d.C., al punto da suggestionare San Giovanni e convincerlo alla redazione della sua Apocalisse in chiave antipagana e più schiettamente antiromana (il Numero della Bestia 666 si può ottenere sommando il valore numerico delle lettere ebraiche che compongono la scritta "Nerone Cesare"). Tutta questa concezione dell'Oltretomba e del Giudizio Divino influenzerà in maniera determinante il Cristianesimo primitivo.

Rubens, Daniele nella fossa dei leoni


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