L'IMPERATORE CHE SCOMPARVE IN AFRICA

(1088 - 1128 aUc = 335 - 375 d.C.)


Gli imperatori orientali e la conquista dell'Etiopia

Dopo il trionfo, Arrigo Olibrio entra a far parte del Consesso mantenendo il titolo di Caesar. Quattro anni più tardi, alla morte di Sergio Verbellio, il Consesso lo proclama imperatore, per cui egli è il primo degli Augusti romani a regnare due volte: una prima volta nel 320-321, una seconda nel 339, a diciotto anni dalla prima volta. Ha 56 anni ma, ancora una volta, regna per un anno solo, poichè l'anno seguente muore di peritonite (secondo alcuni avvelenato, ma non si è mai trovato un colpevole convincente per la sua morte). Prima della fine, egli ha indicato come suo successore Liborio, il decano del Consesso, il quale però accetta di malavoglia data l'età avanzata, e non sembra poter essere interessato alla morte di Arrigo per poter ascendere al trono. Comunque il regno di Liborio è debole ed incolore, egli si limita solo a ratificare con la propria firma le decisioni del Consesso, e dura solo due anni. Alla sua morte, nel 342 d.C., egli non nomina alcun Cesare ne' indica alcun successore, così la nomina del nuovo Augusto avviene per via elettiva. Dopo sette mesi di discussioni e dispute, simili a quelle di un Conclave, il Consesso elegge a maggioranza il generale mesopotamico Dario, che asserisce di discendere dagli Achemenidi, dinastia persiana estintasi sette secoli prima. Sotto il suo regno viene combattuta la guerra d'Etiopia.

La conquista del Corno d'AfricaInfatti la penetrazione romana nella valle del Nilo non si è arrestata con Lucio Vero e con Svetonio Magno. Anzi, i rapporti tra Roma e l'impero di Axum, floridissima città dell'Etiopia settentrionale, si sono fatti sempre più stretti, tanto che il re Ezana, colui che porta Axum al suo massimo splendore, è stato addirittura educato a Roma e ad Atene. Intanto, però, astuti commercianti senza scrupoli esplorano per conto loro le regioni del corno d'Africa, fondandovi basi commerciali nelle quali, subito dopo, fanno irruzione le legioni romane, estendendo lentamente ma inesorabilmente i confini dell'Impero. Il primo passo è lo stabilimento di una base commerciale nelle isole Dahlak, subito dopo occupate dalle navi da guerra provenienti dai porti sabei, e quindi colonizzate da tribù arabe. Nel 284 d.C. (1037 aUc) inizia invece la penetrazione romana nella costa di quella che sarà chiamata Aeritrea, con l'occupazione della strategica baia di Assab; successivamente viene fondata Asmara, sul luogo di un preesistente villaggio camitico, ma la provincia di Aeritrea viene organizzata formalmente solo nel 341. Prima di quella data, già nel 296 (in pieno ventennio nero, dunque) i mercanti arabi stabiliscono protettorati anche sulla costa somala, a partire dal già potente regno di Obbia. Le tribù somale offrono scarsa resistenza alla penetrazione delle legioni, e così ben presto il regno di Axum si trova circondato. Quest'ultimo viene ancora trattato come un regno formalmente indipendente, ma ormai ha a tutti gli effetti lo status di protettorato. Quando nel 340 d.C. (1093 aUc) sale al trono etiope il nazionalista Sholomon II, i ras (cioè i potenti feudatari locali) lo sobillano a scuotersi di dosso il giogo dell'oppressore, come essi lo chiamano, nonostante la contrarietà del clero locale, che mette in guardia il re dal ribellarsi a tanto soverchiante potenza. Abbagliato dall'idea di ritagliarsi un regno africano esteso fino all'Egitto, e considerando erroneamente i greci, i romani e gli arabi come dei decadenti crapuloni dediti alle orge ed all'omosessualità, il re dichiara guerra a Roma, ma con una guerra fulminea su tre fronti (dal Sudan, dal mar Rosso, dalla Somalia) egli viene rapidamente sconfitto ad Adua, detronizzato e deportato in India. E' l'anno 344, e l'imperatore Dario può annettere formalmente la provincia di Aetiopia. L'integrazione è comunque rapida, grazie alla saggia opera del comandante in capo della guerra d'Etiopia, l'egiziano Alessandro di Sais, che Dario nomina Caesar per il suo valore. Alessandro infatti conserva intatto il potere dei feudatari e nomina governatore della provincia il più potente di essi; anzi, si serve delle loro truppe per ultimare la penetrazione nel Corno d'Africa. Solo vent'anni più tardi però verranno annesse formalmente le provincie di Somalia e di Phutia (vedi cartina).

 

Verso l'Africa Nera

Abbagliato da questo successo, Dario decide di imitare i suoi predecessori e di conquistarsi la fama eterna di conquistatore rivolgendosi all'Africa. Del resto, la lunga opera di colonizzazione grecoromana dell'India assorbe tutta l'energia delle province orientali, e dunque rende impossibile un'ulteriore espansione in quella direzione in tempi brevi. Inoltre, l'invasione dell'Africa nera era già cominciata non solo lunga la costa dell'oceano indiano, ma anche lungo la costa atlantica. Infatti, il grande Valerio Balbo durante il suo regno cinquantennale ha già reso vassallo i deboli regni dei Mauri nell'attuale Marocco, spingendo l'influenza romana fin sotto il trentesimo parallelo; per ordine di Dario, ad Alessandro di Sais non resta altro da fare che annetterli con un'azione di forza, creando la provincia di Morroccus (la capitale omonima è l'odierna Marrakesh). Nell'estremo sud della provincia egli fonda la città di Dariana Morroccus (348), da usarsi come base militare per le future spedizioni nell'Africa Nera. Quindi Alessandro si spinge più a sud, tra i bellicosi regni dei Bafuri, nell'attuale Mauretania; egli sfrutta le loro divisioni interne e la loro incapacità di eleggere un unico capo per batterli separatamente a più riprese, organizzando nel 353 la provincia di Baphuria. Si impossessa anche della strategica città di Atar, nodo fondamentale per il controllo delle carovaniere che attraversano il Sahara da nord a sud.

 

Disastrosa spedizione contro il Malì

A questo punto egli giunge alle frontiere nord dell'Impero del Malì, vasta organizzazione statualeIl grande tempio di Timbuctù estesa sui bacini dei fiumi Niger e Senegal, dalle coste del golfo di Guinea fino all'arido deserto dei Tuaregh. Un esploratore romano, il mercante Aderbale di Cartagine, ha già attraversato il Sahara lungo le vie carovaniere alla metà del terzo secolo, raggiungendo i ricchi regni dell'Africa subsahariana, ed ha lasciato un dettagliato diario di viaggio che descrive minuziosamente l'impero del Malì, a quel tempo nel pieno del proprio rigoglio. Alessandro dunque sa quanto sia potente quella grande federazione di popoli, paragonabile sotto molti aspetti all'Italia dominata da Roma nel terzo secolo avanti Cristo. Dario invece, agendo in verità piuttosto stoltamente, pretenderebbe un'immediata e massiccia azione di guerra per annettere il ricchissimo impero, così come era accaduto per l'Etiopia, e permettergli di fregiarsi di qualche sciocco titolo come "Conquistatore dell'Africa". Dopo un lungo braccio di ferro tra il Cesare realista e l'Augusto utopista, quest'ultimo, scontento, ordina al primo di rientrare a Roma via terra, prendendo possesso delle vie carovaniere che dalla Bafuria portano in Numidia. Ma, mentre il fedele generale obbedisce, con l'appoggio del Consesso egli organizza una grande spedizione militare che costeggi le coste atlantiche dell'Africa, sulle orme del navigatore cartaginese Annone (V sec. a.C.). Egli stesso si pone al comando della spedizione, di nascosto dal Caesar, e varca le colonne d'Ercole convinto di coprirsi di gloria. Tuttavia la spedizione nasce subito male per i superstiziosi romani, se è vero che l'Augusto cade in mare a causa del beccheggio mentre sta percorrendo la passerella per salire a bordo della nave ammiraglia. I fatti sembrano dare ragione alla Cabala, poiché tempeste e naufragi affliggono la spedizione, che arriva decimata ed indebolita alla foce del grande fiume Senegal. Quando Alessandro di Sais giunge infine a Cartagine, è appena giunta la notizia che la flotta imperiale è stata attaccata e distrutta dalle veloci canoe dei nemici, e lo stesso imperatore è caduto prigioniero. E' il gennaio 357. Lo scalpore nell'impero è grandissimo, perché una cosa del genere non era mai successa! I popoli oppressi danno vita a ribellioni in ogni dove, convinti che la potenza romana stia per crollare, e gli Ebrei tentano l'ennesima sollevazione, provocando così l'ennesima, dura persecuzione anche contro Cristiani e Zoroastriani.

Alessandro doma le rivolte nell'Africa mediterranea, lasciando ai suoi luogotenenti il compito di domare quelle in Etiopia, Turkestan e India, quindi piomba a Roma come una furia, rampogna il Consesso per aver sventatamente assecondato le manie di grandezza di Dario, che per poco non hanno trascinato l'Impero al disastro, ed accetta la corona imperiale solo per compiere un estremo tentativo di salvare Dario, che è stato ridotto in schiavitù nella città di Niani, capitale dell'impero nemico. Con sole quattro navi ripercorre la via di Annone e si presenta in pace ai Takrour, popolo suddito del Malì, convincendoli a consentirgli di raggiungere la capitale. Nella grande città di Niani può incontrare di persona l'imperatore Sundyata Keita, detto "il figlio del bufalo" dai suoi sudditi che gli attribuiscono origini divine, e gli fa ricchi doni, nel tentativo di farsi restituire Dario. Il sire sembra acconsentire, ma Alessandro si vede consegnare solo la pelle di Dario imbottita di paglia.

 

Anche Alessandro preferisce l'astuzia

Superato l'orrore e la rabbia iniziali, Alessandro decide di giocare d'astuzia e, fingendosi sinceramente atterrito dalla potenza dell'Impero del Malì, accetta di pagare a Sundyata un tributo annuo. Ritornato a Roma attraverso le carovaniere di cui è ormai un esperto, egli si sente rampognare dal Consesso che lo accusa di scarsa energia e addirittura di sudditanza al nemico, e lo dichiara deposto. I suoi soldati però lo difendono occupando in armi la sala del Consesso nel tempio di Marte. La guerra civile è evitata perché, una volta calmati gli animi, egli spiega ai suoi colleghi militari che il tributo nasconde in realtà un astuto piano, volto a tenere buoni i ghanesi, convinti di essere usciti vittoriosi dallo scontro, ma in realtà ad aggirarli e a circondarli, così come era successo per il regno di Axum. Si tratta di un piano che apparentemente svilisce la potenza di Roma e richiede molto tempo, perciò esso viene approvato solo da una maggioranza molto risicata. Alessandro comunque si dimostra l'uomo adatto per metterlo in pratica. Egli infatti percorre di nuovo le carovaniere, stavolta verso sud, riducendo all'obbedienza il popolo dei Garamanti, già socii del popolo romano, più tardi organizzati in provincia; e si spinge nel regno di Timbuctù, del quale aveva avuto notizia dai resoconti di Aderbale di Cartagine. Esso è rivale del Malì, ma a differenza di esso è in decadenza, per cui Alessandro può sottometterlo (360 d.C., 1103 aUc) anche perché il popolo lo accoglie a braccia aperte, quando sa che egli vuole distruggere la potenza del Malì. Di vittoria in vittoria, egli esplora e conquista tutto il medio corso del Niger. Sta in campana perché teme una spedizione punitiva dei suoi avversari, ma riceve nuovo slancio dalla notizia che Sundyata è morto ed è in corso una lotta per la successione tra i vari clan tribali. Egli ne approfitta, conquista il regno del Benin che lo proclama spontaneamente suo re, e giunge così, per la prima volta nella storia di Roma, sulla costa del torrido golfo di Guinea. Mentre egli assoggetta il regno di Gao, già vassallo del Malì ed ora suo nemico, il suo luogotenente Cassandro risale la costa verso est, sottomettendo la Costa d'Oro, la Costa d'Avorio e la Costa degli Schiavi (oggi Liberia), fino ai confini con l'impero del Malì, che a questo punto si trova accerchiato.

Conquiste dei due augusti di nome Alessandro

Fine del regno del Malì

Alessandro, lui sì il Conquistatore dell'Africa, si spegne a Timbuctù nel 363, senza aver mai regnato da Roma in tutta la sua vita, in questo sostituito dal Consesso. Quando la notizia giunge a Roma, vi giunge accompagnata dall'indicazione dell'erede, cioè proprio il giovane Cassandro, che assume il nome di Alessandro II. Questi continua l'opera del predecessore, alimentando e sostenendo a guerriglia interna all'impero del Malì, soprattutto ad opera del Ghana che vorrebbe staccarsene per mettersi sotto la protezione di Roma, giudicata mite rispetto a quella dei vicini di stirpe nera. Intanto fonda nuove colonie sul golfo di Guinea, tra cui la più importante è Alessandria Guinaeana, destinata a divenire la capitale di tutta la regione; egli colonizza la regione con Berberi, Fenici, Arabi, Persiani e persino con Ebrei, nei confronti dei quali è tollerante, avendo sposato un'etiope di religione ebraica (falascià).

Nel 372 Kankan Moussa, l'ultimo re del Malì, decide di mettere fine all'isolamento dalle grandi vie carovaniere in cui i romani lo hanno costretto, e muove guerra di sua iniziativa come aveva fatto Sholomon II in Etiopia. A quel punto però l'impero è abbastanza indebolito per essere duramente sconfitto a Bamako. Moussa è catturato, ed Alessandro II lo fa scorticare vivo per vendicare Dario. Egli divide l'impero nelle cinque province di Diara, Senegal (quest'ultima con capitale nel porto di Dakar), Malinke, Bambara e Sosso, più il Ghana, costituito in regno vassallo per ringraziarlo dell'aiuto prestato (esso conserverà questo status per quasi cent'anni). Alessandro manda anche esploratori nella regione del lago Ciad, e comincia a preparare piani per una possibile ricongiunzione della Guinea all'Etiopia, ma questi progetti vengono interrotti dalla sua morte improvvisa per malaria, nel 375 ad Abomey. Ecco un altro sovrano che regna per dodici anni senza mai essere stato nella capitale: un paradiso per i membri del Consesso, che spadroneggiano senza rivali in Europa ed in Asia mentre gli Augusti sono tenuti impegnati dalle conquiste africane.


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