2 giugno 1946, la vittoria della Monarchia

di Enrico Pellerito

8 settembre 1943 - poco dopo le 19.10, il principe Umberto di Savoia, da poco rientrato a Roma, viene informato in merito agli ultimi sviluppi politici, apprendendo così del negoziato con gli Alleati e della firma dell'armistizio. Alla notizia che l'indomani deve lasciare la città, insieme ai genitori e ad altre autorità, mostra il proprio disappunto; gli viene fatto notare che la decisione è stata presa perché si è certi di un'azione tedesca tesa a catturare sia la famiglia reale che il Capo del Governo e, pertanto, l'allontanamento è necessario proprio per mantenere la continuità dello Stato. Alle 19.42, dai microfoni della sede romana dell'Eiar, il maresciallo d'Italia Pietro Badoglio comunica l'accoglimento dell'armistizio richiesto dal Governo italiano al generale Dwight Eisenhower.

9 settembre 1943 - all'alba, il Re e la Regina, insieme al Principe di Piemonte, al maresciallo Badoglio e al ministro della Real Casa duca Pietro Acquarone, accompagnati da ufficiali, attendenti e camerieri della famiglia reale, si dirigono, a bordo di vari automezzi, lungo la Tiburtina in direzione di Pescara. Il principe Umberto cerca più volte di convincere i genitori e Badoglio di permettergli di rientrare a Roma per guidare le truppe italiane colà rimaste, ma gli viene ordinato, anche dallo stesso Badoglio, gerarchicamente superiore come militare, di desistere da quanto manifestato, onde non esporsi a pericoli. Nelle stesse ore, l'apparato bellico italiano viene sottoposto alla violenta pressione della Wehrmacht tedesca, che grazie alla determinazione e alla superiorità dei mezzi riesce, quasi sempre, ad impedire agli ex alleati di reagire. I Tedeschi procedono ad occupare Roma, vanamente contrastati dalle forze militari, sostanzialmente senza ordini precisi o, quando vi sono, contraddittori; partecipano ai combattimenti gruppi di civili che sono riusciti ad armarsi. Alle 16.30, in via Carlo Poma a Roma, viene costituito da alcuni rappresentanti politici il Comitato di Liberazione Nazionale; sono presenti gli azionisti Sergio Fenoaltea e Ugo La Malfa, i comunisti Giorgio Amendola e Mauro Scoccimarro, il democristiano Alcide De Gasperi, i demolavoristi Ivanoe Bonomi e Meuccio Ruini, il liberale Alessandro Casati e i socialisti Pietro Nenni e Giuseppe Romita. Alle 23.00 il corteo partito dalla Capitale giunge ad Ortona e da lì gli occupanti s'imbarcano sulla corvetta Baionetta.

10 settembre 1943 - dopo esservi sbarcati, la Corte e il Governo si installano a Brindisi, una delle città della Puglia dove non sono presenti reparti tedeschi o alleati, risultando così, al momento, uno dei pochi lembi di territorio dove la sovranità italiana è rimasta intatta. Radio Bari diffonde un proclama di Vittorio Emanuele; il Re accentua sulla necessità del trasferimento per evitare sia sofferenze e sacrifici alla popolazione civile di Roma, sia la cattura da parte nemica dei vertici istituzionali, con il rischio di lasciare la Patria senza guida in un momento delicato, pertanto egli si è «...trasferito in altro punto del sacro e libero suolo nazionale». Nel frattempo la situazione militare è al disastro. A parte i successi ottenuti in Sardegna, le truppe italiane in Francia, nei Balcani e nell'Italia centro-settentrionale sono costrette, nonostante l'abnegazione e il coraggio che mostreranno, a dover cedere le armi entro pochi giorni, con qualche eccezione come a Cefalonia e nel Dodecaneso. Nella tarda serata, il principe Umberto ha l'ennesima discussione con il padre e con Badoglio; a nulla valgono le sue richieste di ritornare verso Roma per tentare di ricompattare le truppe italiane presenti nella zona e guidarle personalmente nella lotta contro i Tedeschi. Egli fa presente che solo tale gesto potrebbe porre un qualche rimedio a ciò che dai più viene, nonostante le dichiarazioni ufficiali, considerato una fuga; il Principe ritiene che quanto avvenuto pregiudichi l'immagine di casa Savoia e del Governo. Nuovamente gli viene imposto di attenersi agli ordini; fra l'altro, dice Badoglio, le notizie relative alle truppe italiane nei dintorni di Roma, danno queste ormai scompaginate dai Tedeschi. Sempre Badoglio conclude che l'apparato militare sta dando pessimi risultati. A questo punto Umberto mostra la propria contrarietà sul giudizio espresso; ritiene che le forze militari hanno avuto un insufficiente preavviso rispetto al precipitare della situazione e ciò è da imputare alla pessima gestione della crisi. Aggiunge, mentre inizia ad essere ripreso dal padre, che lo spostamento su Tivoli di alcune divisioni destinate alla difesa della Capitale è stato fatto solo ai fini di garantire l'allontanamento da Roma, cui egli stesso è stato costretto a partecipare. Il Principe viene bruscamente congedato ed egli manterrà la riservatezza sul colloquio intercorso, ma in breve si sparge la notizia (anche fra i responsabili militari angloamericani) che fra lui da una parte e il padre e Badoglio dall'altra, vi sono non indifferenti contrasti.

Settembre 1943 - nel giro di pochi giorni, ogni resistenza delle Forze Armate italiane stanziate a nord di Salerno e al di fuori del territorio nazionale viene sgominata, ad eccezione della Sardegna e della Corsica; in questa seconda isola sono pure giunte truppe della Francia Libera in appoggio contro i Tedeschi. A parte i caduti in combattimento o fucilati dopo essersi arresi, oltre 800.000 militari sono stati catturati e trasferiti in condizioni disumane nei lager tedeschi, con la qualifica di Imi (Internati militari italiani), senza le garanzie previste dalla convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra. Una parte del personale, di fronte al collasso delle strutture, è rientrata presso le proprie abitazioni, mentre un'altra ha dato vita, assieme a gruppi di civili, alle prime formazioni partigiane nazionali; simile scelta è stata fatta da chi, in zone al di fuori dell'Italia è riuscito a sfuggire ai Tedeschi e si è aggregato alle locali forze della resistenza. Ma vi sono anche coloro che vogliono proseguire la guerra a fianco della Germania.

23 settembre 1943 - Benito Mussolini, liberato undici giorni prima da un gruppo di paracadutisti tedeschi mentre era recluso a Campo Imperatore sul Gran Sasso, proclama la nascita della Repubblica Sociale Italiana.

28 settembre 1943 - i dirigenti comunisti Amendola e Scoccimarro s'incontrano con i socialisti Nenni, Sandro Pertini e Giuseppe Saragat per rinnovare il Patto d'unità d'azione fra Pci e Psiup.

29 settembre 1943 - Badoglio e Eisenhower firmano a Malta il cosiddetto "armistizio lungo"; viene sancito il totale controllo militare, politico ed economico degli Angloamericani sull'Italia.

30 settembre 1943 - il democristiano Giulio Andreotti invia una lettera agli esponenti del Partito della Sinistra Cristiana, dove esprime, «a nome del Papa», la contrarietà alla collaborazione tra cattolici e comunisti.

Ottobre 1943 - i rapporti tra gli Alleati e re Vittorio Emanuele si fanno sempre più tesi; il Sovrano mostra ritrosia a voler dichiarare guerra alla Germania, affermando che è un atto che necessita del voto del Parlamento (di fatto non in carica); medesima motivazione viene data al non voler abbandonare il titolo di Re d'Albania e Imperatore d'Etiopia. Il fatto che egli intende restare in sella e non abdicare, per estraniarsi dalla vita politica dopo gli errori commessi durante il ventennio di coabitazione tra Monarchia e fascismo, non viene accettato, specie dai Britannici. Nello stesso periodo la sinistra massimalista del Psiup chiede di formare un blocco di forze «incrollabilmente repubblicano», costituito da Pci, Pd'a, Psiup e dai movimenti Sinistra Cristiana e Bandiera Rossa, in modo da superare l'evidente freno politico rappresentato dai partiti moderati all'interno del Cln; la proposta non avrà, comunque, séguito.

13 ottobre 1943 - le pressioni angloamericane hanno successo e il Regno d'Italia dichiara finalmente guerra al Reich tedesco; gli Alleati riconoscono, però, solo il ruolo di nazione cobelligerante al Governo di Brindisi.

18 ottobre 1943 - il Cln di Roma, dopo varie riunioni tenute in clandestinità, approva una mozione chiedendo la costituzione di un governo diverso dall'attuale, influenzato dal Re e guidato da Badoglio, dove invece saranno rappresentate le forze antifasciste, per «condurre la guerra di liberazione a fianco delle Nazioni Unite» e «convocare il popolo, al cessare delle ostilità, per decidere sulla forma istituzionale dello Stato». Si tratta di una visione collegiale, ma alla quale si è giunti dopo settimane di confronto che hanno visto le sinistre marxiste e il Pd'a intenzionati a voler dichiarare decaduta la Monarchia, mentre la DC e i liberali si sono mostrati contrari a tale proposta.

19 ottobre 1943 - la direzione del Psiup delibera il proprio rifiuto a collaborare con il Re.

28 ottobre 1943 - il governo Badoglio si riunisce a Brindisi per la prima volta dopo l'arrivo nella città.

30 ottobre 1943 - a Mosca i ministri degli Esteri del Regno Unito (Eden), degli Stati Uniti (Hull) e dell'Unione Sovietica (Molotov) affermano, in una dichiarazione comune, che «al Popolo Italiano venga concessa ogni opportunità per instaurare una nuova forma di governo istituzionale fondato su principi democratici». Con l'adozione di regi decreti-legge promulgati dal Re, il governo Badoglio riprende la propria attività legislativa.

Novembre 1943 - mentre prosegue, piuttosto lentamente a causa della resistenza opposta, l'avanzata degli Alleati verso Roma, il principe Umberto cerca sempre di ottenere un qualche comando tra le truppe italiane rimaste in essere; al padre, con il quale si mostra sempre rispettoso e formale sebbene sempre più distaccato, ricorda di essere un Maresciallo d'Italia, ma di non aver mai ricoperto alcun incarico di responsabilità al fronte, anche perché lo stesso Mussolini ha sempre impedito che gliene venisse dato uno, in Grecia prima, in Africa e in Russia dopo, volendo evitare che potesse derivarne qualche merito ad un Savoia.

3 novembre 1943 - gli esponenti azionisti del Cln Ferruccio Parri e Leo Valiani s'incontrano in Svizzera con una missione alleata; relativamente alla posizione espressa dal Comitato che la lotta partigiana sia una guerra di popolo, viene loro detto che è preferibile vengano organizzati solo dei gruppi di sabotatori.

5 novembre 1943 - Palmiro Togliatti da Radio Milano Libertà si pronuncia per l'abdicazione del Re, la sospensione dei poteri della Corona e la formazione di un governo provvisorio. Riguardo la questione della futura forma dello Stato, propone l'elezione popolare di un'Assemblea Costituente alla fine del conflitto.

10 novembre 1943 - data l'assenza di non pochi dei Ministri per cause contingenti, essendo rimasti nel territorio occupato, un regio decreto-legge attribuisce ai Sottosegretari di Stato le stesse funzioni.

27 novembre 1943 - con il regio decreto-legge numero 11/B, il governo Badoglio abolisce di fatto i titoli di Imperatore d'Etiopia e Re d'Albania per Vittorio Emanuele III.

8 dicembre 1943 - nonostante non abbia avuto alcun incarico di comando, Umberto segue da vicino le operazioni delle forze di terra italiane riorganizzate, le quali, presso Mignano Monte Lungo, iniziano a partecipare alla campagna d'Italia a fianco degli Alleati. Durante gli spostamenti, Umberto non perde occasione di visitare i centri incontrati, piccoli o grandi che siano; in prima persona non può risolvere nulla ma si fa portavoce delle esigenze degli abitanti presso gli organi competenti.

Umberto di Savoia incontra gli abitanti delle zone della Campania prossime alla linea del fronte

Umberto di Savoia incontra gli abitanti delle zone della Campania prossime alla linea del fronte

13 dicembre 1943 - i responsabili della Commissione Alleata di Controllo, da poco instauratasi, ribadiscono a Vittorio Emanuele che egli è troppo compromesso con il fascismo e che sono in gioco i destini dell'Italia, della Monarchia quale forma statuale e della stessa dinastia; per il bene di tutto ciò egli deve allontanarsi definitivamente dalla scena politica e dall'Italia. I governi del Regno Unito e degli Stati Uniti pretendono che si giunga ad una svolta e, come si appurerà in seguito, non sono estranei alla formulazione della "proposta" alcuni esponenti politici come Benedetto Croce, Enrico De Nicola, Vittorio Emanuele Orlando e Carlo Sforza. Il Re torna ad esternare le obiezioni di carattere giuridico, relative all'assenza di un Parlamento in carica, con l'eccezione di nullità del giuramento del figlio come nuovo Sovrano, ma i vertici della Commissione le respingono; l'ordinamento italiano prevede la facoltà, per il potere esecutivo, di emanare atti aventi forza di legge, anche se la competenza è propria del potere legislativo. Sulla base delle legge numero 100 del 31 gennaio 1926, in casi straordinari, «laddove ragioni di urgente ed assoluta necessità» lo esigano, il Consiglio dei Ministri può deliberare attraverso il regio decreto-legge, per come il cosiddetto Regno del Sud ha già cominciato a fare. Essendo lo Statuto del Regno d'Italia una costituzione flessibile, esso può essere emendato con leggi ordinarie, non prevedendosi la necessità di leggi costituzionali. L'articolo 22 che recita «Il Re, salendo al trono, presta in presenza delle Camere riunite il giuramento di osservare lealmente il presente Statuto», dovrà essere modificato mediante l'aggiunta di una clausola, dove il il giuramento in questione abbia medesimo valore di fronte al Consiglio dei Ministri, quando le Camere non siano in essere per cause di forza maggiore. Vero è che la conversione in norma permanente è prevista presentando i decreti-legge ad una delle due Camere, ma la convalida, entro i termini stabiliti, non è necessaria; infatti qualsiasi decreto-legge rimane, comunque, efficace per due anni dalla sua pubblicazione. Gli Alleati riaffermano che le modifiche apportate saranno ratificate, prima delle scadenze naturali, da un nuovo Parlamento che, nel frattempo, verrà eletto. Re Vittorio e i suoi consiglieri sollevano la loro perplessità riguardo i tempi imprevedibili relativi al prosieguo del conflitto e alla sua conclusione, ma nulla fa desistere le autorità alleate da quelle che ormai non sono più delle richieste, avendo preso la forma di vere e proprie ingiunzioni, accompagnate dalla velata minaccia di soluzioni ancora più radicali. Il Sovrano è costretto ad accettare.

28 dicembre 1943 - Vittorio Emanuele III promulga il regio decreto-legge numero 28/B (nella realtà la materia dell'atto è stata il «Conferimento al Sottosegretario di Stato per l'Interno dell'esercizio dei poteri del Ministro della Cultura Popolare»). Viene così modificato, per come richiesto dagli Alleati, l'articolo 22 dello Statuto Albertino. Alle ore 12.00, il Re abdica in favore del figlio. L'evento avviene in presenza del maresciallo Badoglio, che nella qualità di Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato ha il compito di notaio della Corona. Partecipano anche il principe Umberto, i Ministri e i Sottosegretari componenti il Governo e alcuni rappresentanti della Commissione Alleata di Controllo. Il Principe ereditario, per come previsto dallo Statuto Albertino, succede automaticamente al padre nella funzione, assumendo il nome di Umberto II e di fronte al Consiglio dei Ministri giura subito fedeltà alle leggi dello Stato. Terminate le formalità, Badoglio presenta le dimissioni, convinto che verrà designato a formare un nuovo governo. Sono le 18.00 quando Vittorio Emanuele e la moglie Elena, insieme ad un ristrettissimo seguito, vengono segretamente trasferiti ad Algeri su un aereo britannico. Nei giorni successivi raggiungeranno Lisbona, sempre attraverso spostamenti aerei tenuti rigorosamente riservati, mentre il resto del seguito e dei bagagli giungeranno via mare. Alle 18.30 l'ufficio stampa del Ministero della Real Casa da la notizia dell'abdicazione e della partenza di Vittorio Emanuele per l'esilio e dell'insediamento del nuovo Sovrano. Quasi contemporaneo è l'annuncio che il Regno Unito e gli Stati Uniti riconoscono lo Stato italiano e il suo Governo. Un'ora dopo, quando le notizie stanno progressivamente raggiungendo gli Italiani, Umberto II parla alla radio; il suo discorso è rivolto al popolo italiano ed è deflagrante quanto le trasmissioni ascoltate già il 25 luglio e l'8 settembre. Non cita neanche una volta il padre, se non indirettamente. In maniera concisa e chiara, inquadra il proprio ruolo di monarca in uno stato di democrazia parlamentare. Parla della figura che deve avere un sovrano, rispettoso della volontà popolare manifestata attraverso il Parlamento e i governi, consapevole dei doveri di fronte alla Nazione, esprimendo l'unità della stessa al di sopra dei partiti e delle ideologie. E in questo senso si impegna affinché nel prossimo governo vi sia una consistente partecipazione delle forze politiche antifasciste, individuate nella cosiddetta "Esarchia", i sei partiti presenti nel Cln. Rivolge poi il pensiero a coloro che sono ancora soggetti al giogo e alla barbara ferocia dei Tedeschi e dei repubblichini; ricorda i tanti prigionieri in Germania e parla dei tragici avvenimenti che, neanche quattro mesi prima hanno travolto militari e civili. Non fa nomi, non accenna al padre o a Badoglio, ma si comprende che ascrive ad essi la responsabilità di tutto. Chiede infine scusa alla cittadinanza di Roma per non aver potuto agire come sarebbe stato giusto fare al momento dell'armistizio; il dovere che sentiva era di difendere la città dall'aggressione tedesca, ma gli obblighi derivanti dall'essere un militare glielo hanno impedito. Questo sta causando dolorose conseguenze, coraggiosamente sopportate dal generoso popolo della Capitale. Il discorso, attentamente seguito dai vertici Alleati in Italia, viene ascoltato nel territorio liberato ma raggiunge anche quello occupato. Re Vittorio ne verrà a conoscenza solo il giorno dopo, restandone amareggiato ma ormai senza più possibilità di intervenire. Badoglio è su tutte le furie e comprende che non soltanto non verrà incaricato di formare un nuovo gabinetto, ma che Umberto, in accordo con gli Alleati e probabilmente con parte del direttivo del Cln, lo ha definitivamente estromesso dalla scena pubblica.

29 dicembre 1943 - le prime reazioni degli esponenti dei partiti sono particolarmente infervorate e non vi è una linea comune a tutte le forze. Durante la notte vi sono stati contatti per confinare il dibattito all'interno del Cln e quindi esprimere un unico documento, ma in alcuni politici ha il sopravvento la volontà di pubblicare sulla stampa la propria aspra critica sui recenti eventi e sul discorso di Umberto. Pd'a, Pci e Psiup plaudono al definitivo allontanamento del Re fascista e fellone, ma nel contempo contestano la nomina di Umberto; questi deve immediatamente rinunciare al trono e il suo posto dovrà essere preso da un reggente civile, mentre la gestione politica della Nazione sarà compito del Cln che, in quanto rappresentante i partiti antifascisti, provvederà a costituire un governo con pieni poteri per proseguire nella conduzione della guerra. Più contenute nella forma le dichiarazioni dei democristiani e dei demolavoristi; neanche loro spendono parole di giubilo nei confronti di Umberto II, ma ritengono sia avvenuto un passaggio molto importante per il presente e per il futuro del Paese. Solo gli esponenti liberali mostrano una certa soddisfazione e rivolgono un messaggio di augurio al Re e alla Nazione. In mattinata re Umberto II convoca a Brindisi Benedetto Croce e nel pomeriggio, dopo un lungo colloquio, presente il nuovo ministro della Real Casa Falcone Lucifero, lo incarica di formare il prossimo governo.

La testata de "Il Tempo" del 29 dicembre 1943, all'indomani dell'abdicazione di Vittorio Emanuele III

La testata de "Il Tempo" del 29 dicembre 1943, all'indomani dell'abdicazione di Vittorio Emanuele III

Gennaio 1944 - Croce incontra alcune difficoltà nella formazione dell'esecutivo, proprio per le divergenti posizioni presenti fra i partiti. Il governo Badoglio resta in carica per il disbrigo dell'ordinaria amministrazione, ma il Re, affermando che «In un momento come questo, la Nazione deve andare avanti», intende promulgare alcuni dispositivi già in fase conclusiva di preparazione; fra questi le norme relative alla defascistizzazione delle amministrazioni pubbliche e parapubbliche. Da Radio Milano Libertà, a Mosca, Togliatti ribadisce la posizione sostenuta dalle sinistre riguardo gli ultimi avvenimenti, ma esponenti del Pci fanno sapere che gli Angloamericani considerano legittima la nomina di Umberto e pressano perché si crei un gabinetto con la partecipazione fattiva di tutte le componenti; c'è il rischio che, proseguendo nella chiusura, si arrivi a spaccare lo stesso Cln, con gli alleati occidentali che finirebbero per appoggiare democristiani e liberali non soltanto dal punto di vista politico, ma anche nella nascente costituzione delle formazioni partigiane. Togliatti discute la cosa con i vertici sovietici, paventando la possibile esclusione delle sinistre dalla guida del Paese, anche dopo la fine della guerra. Nel frattempo, Maria Josè, divenuta regina, nonostante sia in Svizzera sotto costante sorveglianza delle autorità elvetiche, riesce a riprendere i contatti con alcuni antifascisti italiani e addirittura a trasportare armi per i partigiani, i quali le offrono la carica di Ispettore Generale delle Forze Partigiane del Piemonte. La Regina accetta e si trasferisce clandestinamente in Italia.

5 gennaio 1944 - Umberto II viene intervistato dal corrispondente napoletano del "Times", ma alle domande di quest'ultimo sulla responsabilità dell'entrata in guerra dell'Italia nel 1940, il Re si limita a dire che chiunque si fosse opposto in quel momento alla volontà di Mussolini, avrebbe subito nefaste conseguenze, poiché nessuna forza, a differenza di tre anni dopo, si mostrava in grado di fare da contrappeso ad un probabile intervento militare della Germania a favore del dittatore italiano. Alla fine, dalle considerazioni del giornalista Lumbley esce fuori un'ottima immagine per il neo Sovrano.

20 gennaio 1944 - il governo Badoglio, dato che il dibattito per costituire un nuovo esecutivo è sempre in essere, continua l'amministrazione pro tempore; un apposito regio decreto-legge dispone il reintegro nei diritti civili e politici per coloro che ne erano stati esclusi in quanto considerati ebrei. Tutto ciò non può trovare che favorevoli i vertici del Cln e la popolazione in genere. Nello stesso giorno, gli esponenti comunisti Eugenio Reale e Paolo Tedeschi hanno un incontro a Brindisi con re Umberto e Benedetto Croce, dove si invita il Pci a partecipare ad un governo insieme a tutte le altre forze antifasciste. Benché critici sulla nomina del Sovrano, come tengono a precisare sin dall'inizio del colloquio, Reale e Tedeschi restano sorpresi dall'atteggiamento apparentemente costruttivo di Umberto; il Re dichiara di prendere atto che esiste una questione istituzionale, condividendo che vada risolta alla fine del conflitto tramite il suffragio popolare, ma non si addentra oltre sull'argomento. Numerosi contatti nei giorni seguenti avvengono tra la struttura comunista in Italia e Togliatti a Mosca. L'atteggiamento dei socialisti e degli azionisti risulta invece di totale chiusura.

29 gennaio 1944 - a Bari il Cln conclude un congresso dove il dibattito è stato frenetico; i delegati del Psiup hanno presentato una mozione chiedendo che il Re venga allontanato e lo stesso Cln prenda in mano l'esecutivo, ma trovano solo un tiepido appoggio da parte dei comunisti, anche quando parlano di costituire una repubblica socialista dei lavoratori; così l'opposizione dei partiti moderati respinge la proposta e si giunge ad una mozione finale condivisa, dove viene auspicata la formazione di un governo di vera unità nazionale al di là di ogni spirito di fazione, rappresentativo di tutti i partiti presenti nel Comitato stesso. Nessun accenno alla figura del Re, ma solo la conferma che il problema della forma dello Stato è rinviato a guerra finita. Restano fuori dal Cln, sebbene non manchino di collaborare nella lotta di Liberazione, gli esponenti del Partito Repubblicano, proprio per la loro preclusione a confrontarsi con la Monarchia.
31 gennaio 1944 - su delega del Cln centrale, il Cln di Milano assume i poteri di «governo straordinario del Nord», trasformandosi così in Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (Clnai).

10 febbraio 1944 - il governo Badoglio, che si è trasferito da Brindisi a Salerno (mentre il Re ha preso alloggio presso villa Rosebery a Napoli) ha la sua prima riunione nella nuova sede; su proposta di Umberto II, alla quale la stampa da notevole enfasi, vengono emanate norme precise per reprimere il contrabbando degli sfarinati e inasprite le pene per i responsabili, compresi gli incettatori e i cosiddetti "borsari". Un altro regio decreto-legge sostituisce i titoli del Capo del Governo con quello di Presidente del Consiglio dei Ministri.

14 marzo 1944 - anche l'Unione sovietica riconosce il governo Badoglio; grande sorpresa in tutti gli ambienti politici, ma fra azionisti e socialisti vi è anche un senso di smarrimento.

24 marzo 1944 - Ivanoe Bonomi, a causa delle divisioni interne sul tema della futura forma dello Stato, si dimette da presidente del Comitato Centrale di Liberazione Nazionale.

27 marzo 1944 - sbarcando a Napoli, dopo diciotto anni rientra dall'Unione sovietica il segretario del Pci Palmiro Togliatti. Quattro giorni dopo, durante il primo congresso del Partito Comunista nell'Italia liberata, comunica la propria linea «partecipazionista»; stante il conflitto, la primaria necessità e unire tutte le forze cui il fascismo si oppone, accantonando, temporaneamente, qualsiasi polemica.

31 marzo 1944 - Umberto II segue i combattimenti che vedono le truppe italiane impegnate a Monte Marrone, vicino Cassino. Comincia a girare la voce che sia lui un "Re soldato".

Aprile 1944 - alla scelta di Togliatti, che verrà ricordata come la "svolta di Salerno", sono contrari il Partito d'Azione e il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, ma i dirigenti comunisti mettono in guardia i colleghi dai rischi derivanti da una dannosa divisione delle forze antifasciste. Attriti si creano tra i vertici del Clnai e le strutture partigiane monarchiche in Piemonte, che intendono fare riferimento alla Regina, ma è questa stessa che, nell'intenzione di non dividere il fronte antifascista, si mette a disposizione del Comitato di Liberazione.

12 aprile 1944 - a seguito delle notizie pervenute di un devastante bombardamento statunitense effettuato su Treviso il 7 aprile, re Umberto II chiede ai vertici militari alleati in Italia di selezionare gli obiettivi strategici con molta più attenzione, in modo da evitare, se possibile, il coinvolgimento dei centri abitati; la risposta che riceve è, però, al limite dello sprezzante.

22 aprile 1944 - superate le difficoltà, giura a Salerno il governo Croce, primo gabinetto a cui partecipano tutti i partiti presenti nel Cln. Togliatti assume la carica di Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, mentre Sforza, indipendente vicino al Partito d'Azione, è il ministro degli Affari esteri. «L'Italia ha finalmente un governo di guerra, democratico, antifascista e di unità nazionale», titola "l'Unità". Rientra anche la crisi che stava lacerando il Cln e Bonomi ritira le dimissioni. Fra gli accordi previsti per giungere alla costituzione dell'esecutivo, vi è anche l'intesa che il primo atto legislativo dello stesso dovrà stabilire una modifica nei documenti di Stato, dove l'intestazione «In nome di Umberto II, Re d'Italia» non verrà più seguita dalla tradizionale formula «per grazia di Dio e volontà della Nazione». Nessuna obiezione viene espressa dal Sovrano, che provvede a restituire il regio decreto, debitamente firmato.

24 aprile 1944 - una "fuga di notizie" fa si che la richiesta fatta da Umberto II agli Alleati, in merito ad una più accorta valutazione degli obiettivi da bombardare nell'Italia occupata, diventi di dominio pubblico; in molti apprezzano il tentativo del Re di scongiurare vittime civili, ma la risposta ricevuta dagli Angloamericani resta riservata. Il Governo si affretta a fare propria l'istanza del Sovrano e questo fa irritare non poco la Commissione Alleata di Controllo. Ad ogni modo, i responsabili angloamericani della strategia aerea vengono indirizzati a tener conto, nei limiti delle esigenze militari, delle richieste italiane e la cosiddetta "Radio Londra" da pubblicità alla cosa.

26 maggio 1944 - le forze alleate che hanno sfondato a Cassino raggiungono la testa di ponte di Anzio.

3 giugno 1944 - il socialista Emilio Canevari, il comunista Giuseppe Di Vittorio e il democristiano Achille Grandi sottoscrivono il cosiddetto "Patto di Roma", fondamento alla costituzione della Confederazione Generale Italiana del Lavoro.

4 giugno 1944 - gli Alleati entrano in Roma.

5 giugno 1944 - il Quirinale ritorna ad essere la residenza del Re, ma in un suo proclama Umberto II focalizza l'importanza della liberazione della città, nuovamente Capitale d'Italia.

19 giugno 1944 - il Clnai costituisce ufficialmente il Corpo Volontari per la Libertà (Cvl), avente il compito di coordinare le forze antifasciste combattenti nell'Italia settentrionale.

25 giugno 1944 - a seguito delle pressioni statunitensi e nonostante il parere negativo dei consiglieri reali, Umberto II promulga un regio decreto-legge dove si stabilisce che, dopo la liberazione del territorio nazionale, il popolo italiano eleggerà tramite suffragio universale, diretto e segreto, un'Assemblea Costituente destinata a scegliere le forme istituzionali e deliberare una nuova Costituzione dello Stato.

30 giugno 1944 - il governo Croce si trasferisce da Salerno a Roma.

27 luglio 1944 - viene emanato un regio decreto-legge contenente le norme per l'epurazione e le sanzioni contro il fascismo; l'elaborazione legislativa ha provocato parecchi attriti tra le varie componenti politiche e si ritiene che l'effettiva applicazione comporterà ulteriori contrasti. Anche per questo Benedetto Croce presenta, nella stessa giornata, le proprie dimissioni, proponendo Sforza come nuovo Presidente del Consiglio. Il Cln indica, invece, in Bonomi il candidato e Umberto II provvede subito a dare a questi l'incarico di formare l'esecutivo.

28 luglio 1944 - viene costituito il II governo Bonomi (il primo era stato in carica dal luglio 1921 al febbraio 1922). Il Presidente del Consiglio assume anche l'interim degli Affari esteri, dell'Africa italiana e dell'Interno; non viene nominato alcun Vicepresidente del Consiglio, mentre De Gasperi, Saragat, Sforza e Togliatti entrano come Ministri senza portafoglio.

10 agosto 1944 - con regio decreto-legge viene abolita la pena di morte nel Codice penale, tranne per alcuni reati durante il tempo di guerra; un altro provvedimento abolisce la clausola che prevede la fedeltà alla Corona nella formula del giuramento di Ministri e Sottosegretari.

Estate 1944 - appena gli impegni del suo ufficio glielo permettono, il Re fa visita ai territori progressivamente liberati; non sempre l'accoglienza è delle più calorose, come a Firenze, dove viene sonoramente fischiato da buona parte della popolazione. In più occasioni, però, mostra di riscattarsi agli occhi della gente, come quando si reca presso i luoghi che hanno visto eccidi di partigiani e di inermi civili; non si limita a portare il proprio cordoglio, dichiarando il proprio impegno affinché i responsabili siano assicurati alla giustizia. L'aver anche ridotto ulteriormente il proprio appannaggio e le spese della corte, è motivo di plauso tra gli strati meno acculturati della popolazione.

Autunno 1944 - in varie riunioni a porte chiuse, esponenti del Pci e del Psiup discutono sull'evidente atteggiamento a favore del Sovrano che mostrano le autorità alleate; gli Statunitensi, che sembravano dall'inizio ostili alla Monarchia adesso sono perlomeno neutrali nei confronti dell'istituto e le posizioni filo occidentali del Re hanno fatto scemare la diffidenza verso quest'ultimo. I Britannici non manifestano eccessivo compiacimento per ragioni di opportunità, ma la loro posizione è palese. A questo si aggiunge il lento, ma progressivo, favore che Umberto II ottiene fra la popolazione dell'Italia liberata.

31 ottobre 1944 - il Re propone di risolvere la questione istituzionale attraverso un referendum; la proposta incontra l'opposizione dei due partiti della sinistra e degli azionisti ma viene accolta favorevolmente dagli ambienti angloamericani.

3 novembre 1944 - il generale del Regio Esercito Raffaele Cadorna assume il comando del Cvl, affiancato dai vicecomandanti Parri e Luigi Longo, quest'ultimo comunista; con la responsabilità della "sezione assistenza", alla regina Maria José viene affidata una branca logistica, ma al riguardo Pertini e altri esponenti partigiani mugugnano. Ne hanno motivo, perché l'operato della Sovrana e il fatto che, in almeno un'occasione, sia sfuggita combattendo alla cattura da parte dei Tedeschi, fa aumentare la sua popolarità e, di conseguenza, quella per la Monarchia.

13 novembre 1944 - il feldmaresciallo britannico Harold Alexander pronuncia dall'emittente radio "Italia combatte" un discorso, dove annuncia che con l'approssimarsi dell'inverno vengono sospese le operazioni militari alleate in Italia; pertanto chiede ai patrioti che combattono dietro le linee nemiche di modificare la strategia, evitando azioni di ampio respiro e di attendere la ripresa dell'iniziativa nella prossima primavera. Il proclama viene erroneamente interpretato come una sorta di invito alla smobilitazione e vi sono dure reazioni critiche da parte di molti esponenti del Clnai e del Cvl. Nei giorni successivi, a fronte delle diatribe sorte, Re Umberto interviene fornendo l'interpretazione corretta delle intenzioni del Comandante in capo delle truppe alleate nel Mediterraneo, ma questo non fa altro che esacerbare gli animi di molti dei partigiani appartenenti alle formazioni "Garibaldi" e "Matteotti".

14 novembre 1944 - a seguito dei contrasti che dividono i partiti sul tema dell'epurazione degli elementi fascisti negli apparati pubblici, l'ammiraglio Raffaele de Courten presenta le proprie dimissioni dalla carica di ministro della Marina.

20 novembre 1944 - con una lettera aperta da parte del Pd'a agli altri partiti presenti nel Cln, inizia il cosiddetto dibattito delle "Cinque Lettere" (in realtà i documenti effettivi saranno sei); gli argomenti toccati spaziano dai compiti dello stesso Comitato fino alla «ricostruzione dello Stato».

25 novembre 1944 - Bonomi presenta le proprie dimissioni al Re, causa i dissidi sorti tra le sinistre e i moderati in merito ai criteri di condotta dell'epurazione dal fascismo; Umberto II lo incarica di tentare di formare un nuovo governo.

26 novembre 1944 - il Pci risponde alla lettera aperta del Pd'a con un similare documento dove si esprime, sostanzialmente, la convergenza delle opinioni espresse sui temi trattati, ritenendo che il Cln vada istituzionalmente riconosciuto quale organismo democratico sempre più di massa e operante, anche dopo la Liberazione, come struttura portante del futuro Stato.

27 novembre 1944 - si svolge un incontro tra De Gasperi, Nenni e Togliatti; quest'ultimo propone di costituire un governo con i tre partiti di massa (DC, Pci e Psiup) a presidenza De Gasperi. Nenni esprime dei dubbi e lo stesso De Gasperi ritiene più opportuno appoggiare l'incarico a Bonomi.

7 dicembre 1944 - siglati dai delegati del Clnai e dagli Alleati i "Protocolli di Roma", con i quali viene sancito il riconoscimento da parte angloamericana delle formazioni partigiane italiane, a condizione che, finita la guerra, i combattenti della Resistenza riconsegnino le armi ed il potere passi all'amministrazione alleata.

10 dicembre 1944 - la direzione del Psiup rende pubblica una risoluzione dove vengono espresse le motivazioni a non partecipare al governo Bonomi; lo stesso Presidente incaricato viene accusato di «umiliare i nuovi organismi sorti nel Paese attraverso la lotta di Liberazione nazionale e di restaurare la vecchia Italia burocratica e monarchica», oltre ad avere proposto di liquidare il Commissariato per l'epurazione.

11 dicembre 1944 - Togliatti afferma che se non entrerà Nenni nel Governo non parteciperà nemmeno lui; «Quel che faranno i compagni socialisti faremo noi» sostiene fermamente lasciando palazzo dei Marescialli, sede dei Ministri senza portafoglio.

12 dicembre 1944 - il II governo Bonomi entra in carica, con l'esclusione, rispetto alla precedente compagine, del Pd'a e del Psiup. Bonomi mantiene anche i precedenti interim ad eccezione degli Affari esteri assegnati a De Gasperi; De Courten torna a dirigere il Ministero della Marina e Togliatti ad assumere la reintrodotta carica di Vicepresidente del Consiglio. Viene costituito il Ministero dell'Italia occupata, alla guida del quale va il comunista Scoccimarro. Su "l'Unità" si riporta che è stato dato scacco ai nemici del Cln e che il Pci è rimasto fedele alla linea di unità nazionale e di azione democratica costruttiva. Delusione e indignazione tra gli esponenti azionisti e socialisti.

13 dicembre 1944 - viene costituito l'Alto Commissariato per l'alimentazione alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri; avrà il compito di gestire l'approvvigionamento e la distribuzione dei prodotti nazionali e d'importazione, necessari al sostentamento della popolazione civile e delle Forze Armate.
16 dicembre 1944 - in Grecia prime avvisaglie della guerra civile dopo il rifiuto dei partigiani comunisti dell'Elas, contrari al ritorno della monarchia, di consegnare le armi alle strutture militari greche e britanniche. Nel contempo, l'attività repressiva nazifascista nell'Italia settentrionale si accentua nei confronti delle formazioni partigiane, specie quelle comuniste e socialiste, che in più zone hanno voluto proseguire la propria attività, disattendendo il "Proclama Alexander". Potendo sfruttare la stasi sul fronte, le risorse militari tedesche e repubblichine vengono indirizzate nei rastrellamenti e nella rioccupazione dei territori delle Repubbliche partigiane che si sono create. Per la Resistenza è un momento drammatico.

26 dicembre 1944 - viene firmato un accordo tra il Clnai e il Governo di Roma; il primo accetta di essere subordinato al comando supremo del Regio Esercito, mentre viene riconosciuto «organo dei partiti antifascisti nel territorio occupato dal nemico».

5 gennaio 1945 - Sforza si dimette dall'incarico di Alto Commissario per l'epurazione.

12 gennaio 1945 - la DC risponde con un proprio documento alle lettere aperte del Pd'a e del Pci, dichiarandosi contraria al proseguimento del ruolo del Cln dopo aver raggiunto la Liberazione e preferendo la ripresa della dinamica politica che non veda una sorta di partito unico ma una netta distinzione fra maggioranza e opposizione. Durante una riunione del Clnai, i socialisti Giorgio Marzola e Pertini manifestano le loro riserve sui "Protocolli di Roma" che a loro giudizio «minacciano di asservire il Clnai alla politica britannica».

20 gennaio 1945 - è la volta del Psiup ad intervenire nel dibattito delle "Cinque Lettere", pubblicando sul proprio quotidiano "Avanti!" una dichiarazione in merito alla politica del Cln; con motivazioni diverse da quelle della DC, anche i socialisti sono contrari ai progetti azionisti e comunisti riguardanti il Comitato. Il documento è occasione per esprimere una forte critica alla partecipazione del Pci al governo Bonomi. Il successivo 24 febbraio la DC integrerà la propria lettera del 12 gennaio con delle osservazioni a quanto dichiarato dal Psiup. Nuova riunione del Clnai dove Pertini si oppone alla proposta azionista e comunista di trasformare il Comitato in un corpo del Regio Esercito, con gradi corrispondenti a quelli militari; togliere la dipendenza dei partigiani dai vari partiti politici, sostiene il dirigente socialista, ne snaturerebbe la funzione che non è solo quella di combattenti contro il nazifascismo, ma anche di «forza efficiente per la conquista e il presidio delle libertà democratiche». L'impressione che se ne trae è che le sinistre marxiste e gli azionisti abbiano differenti posizioni politiche a seconda se si trovano nell'Italia liberata o in quella ancora occupata.

30 gennaio 1945 - il Consiglio dei Ministri delibera che già dalle prime elezioni previste, interessanti le amministrazioni municipali, voteranno anche le donne; due giorni dopo viene emanato il relativo regio decreto-legge.

Febbraio 1945 - anche i liberali che si trovano nel Nord occupato partecipano al dibattito delle lettere aperte, esprimendo una posizione vicina a quella democristiana con una dichiarazione pubblicata sul periodico clandestino "Libertà"; viene altresì difeso il comportamento del Re durante la crisi del II governo Bonomi, irresponsabilmente protrattasi a causa del tentativo di azionisti e socialisti di imporre, a priori, la loro soluzione al problema istituzionale.

Marzo 1945 - iniziano le prime manovre alleate, alle quali partecipano i nuovi gruppi di combattimento italiani, in previsione di una grande offensiva finale contro il dispositivo militare tedesco.

29 marzo 1945 - a Milano si tiene una riunione che vede i vertici del Clnai discutere con il Sottosegretario al Ministero dell'Italia occupata, il liberale Aldobrando Medici Tornaquinci. L'esponente governativo è stato paracadutato nel Settentrione otto giorni prima, per svolgere una missione sollecitata dagli Angloamericani; in pratica deve convincere i dirigenti partigiani a far consegnare le armi, una volta che la Liberazione sia compiuta e parimenti a far si che le locali strutture del Clnai cedano i poteri alla Commissione Alleata, limitandosi a svolgere una funzione consultiva. La discussione, che ha già avuta un aspro contraddittorio tre giorni prima in Piemonte, si protrae per 12 ore, con pesanti accuse da parte dei comandanti partigiani che ritengono il governo Bonomi troppo accondiscendente nei confronti degli Alleati; il Sottosegretario e i suoi collaboratori rischiano perfino di venire arrestati. Alla fine, di fronte alla considerazione che gli Angloamericani in caso di rifiuto di consegna delle armi, come fatto dall'Elas in Grecia, intendono reagire pesantemente, i responsabili del Clnai sono costretti ad accettare la richiesta.

5 aprile 1944 - è costituita la Consulta Nazionale, organismo cui il Governo può sottoporre provvedimenti legislativi ed avere pareri di merito.

9 aprile 1945 - l'8ª armata britannica scatta all'attacco lungo il fronte del Senio.

14 aprile 1945 - dopo vari ritardi dovuti al cattivo tempo, anche la 5ª armata statunitense si lancia all'attacco lungo il fronte tirrenico e appenninico.

21 aprile 1945 - truppe polacche e italiane entrano in Bologna che è già stata liberata dai partigiani, ma a costo di numerose perdite.

23 aprile 1945 - truppe statunitensi superano il Po nei pressi di Guastalla e di Luzzara. Genova insorge contro i nazifascisti.

24 aprile 1945 - il Cln ordina l'insurrezione generale nell'Italia settentrionale.

25 aprile 1945 - Milano e Torino vengono liberate dai partigiani; anche qui i nazifascisti cedono solo dopo aver inflitto un alto tributo di sangue.

28 aprile 1945 - catturato dai partigiani mentre si accinge ad abbandonare l'Italia, Mussolini viene giustiziato a Giulino di Mezzegra, presso Dongo, sul Lago di Como; con lui muore Claretta Petacci.

La testata dell'"Avanti!" del 29 aprile 1945, con la notizia della fine di Mussolini

La testata dell'"Avanti!" del 29 aprile 1945, con la notizia della fine di Mussolini

29 aprile 1945 - presso il Quartier Generale alleato di Caserta viene firmato il documento di resa incondizionata delle truppe tedesche in Italia e in Austria; la capitolazione avrà effetto a partire dalle ore 14.00 di mercoledì 2 maggio.

30 aprile 1945 - Hitler si suicida a Berlino.

7 maggio 1945 - a Reims viene firmata la resa definitiva della Germania.

8 maggio 1945 - medesima atto di resa viene firmato nel settore sovietico di Berlino.

Maggio 1945 - il governo Bonomi si trova a dover gestire delicati problemi, quali l'occupazione jugoslava della Venezia Giulia e quella francese della Valle d'Aosta; la seconda si risolverà grazie all'intervento angloamericano ma per quanto riguarda l'Istria e Trieste le difficoltà sono molto più grandi. Nel frattempo, i rappresentanti del Cln e del Clnai chiedono che venga costituito un nuovo governo che sia espressione di tutte le componenti presenti nei comitati. Umberto fa una visita a Bologna, immediatamente dopo la liberazione della città; una parte degli abitanti mostra una calorosa accoglienza nei suoi confronti. Immediata reazione da parte di alcuni vertici del Clnai che fanno intendere quanto la persona del Re non sia affatto apprezzata e non potrà certo essere la benvenuta nelle zone da poco liberate. Gli Alleati consigliano ad Umberto II di evitare prossime visite nelle suddette aree. Per questo motivo la Regina si trasferisce a Roma mediante un volo aereo appositamente organizzato. Con l'avallo della Commissione Alleata si costituisce il corpo della "Polizia ausiliaria", detta anche "Polizia del popolo", attraverso l'arruolamento di ex partigiani nei ruoli del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza.

Giugno 1945 - con un accordo tra Tito e il generale britannico Alexander, viene sancito il controllo jugoslavo di gran parte della Venezia Giulia, comprendente la quasi totalità dell'Istria, insieme a Fiume e Zara, mentre Trieste e Gorizia e l'enclave di Pola vanno sotto controllo delle forze angloamericane. Inizia un braccio di ferro dialettico tra le forze antifasciste in vista della composizione e dei ruoli all'interno del prossimo governo. Sia i socialisti che i democristiani chiedono la Presidenza del Consiglio, cercando rispettivamente di ridimensionare il ruolo dei moderati e della sinistra. Dopo che Bonomi da le dimissioni per consentire l'allargamento a tutti i sei i partiti politici presenti nel Cln, le divergenze impediscono il raggiungimento di una conclusione costruttiva; per superarle si cerca di convergere su una figura che trovi tutte le parti concordi e questa viene individuata in Parri. Nonostante le formazioni partigiane abbiano proceduto alla consegna delle armi, le autorità militari alleate ritengono che una parte di queste sia stata trattenuta e nascosta. Nei mesi successivi vengono eseguite parecchie operazioni destinate alla ricerca di eventuali depositi occultati; i risultati porteranno alla scoperta e al sequestro di numerose armi e all'arresto di alcuni ex partigiani, quasi sempre di orientamento comunista o socialista. Corre voce che per queste indagini gli Angloamericani utilizzino anche ex appartenenti alla Rsi.

17 giugno 1945 - il Re incarica Parri, che solo dopo lunghe e impegnative trattative riesce a completare con successo le consultazioni.

21 giugno 1945 - entra in carica il Governo a guida Parri, il quale gestisce anche l'Interno ad interim; Nenni è Vicepresidente insieme a Manlio Brosio del Pli, De Gasperi resta ministro degli Affari Esteri e Togliatti va a dirigere il Ministero di Grazia e Giustizia.

Estate 1945 - modifiche strutturali vengono fatte all'esecutivo, con la soppressione del Ministero dell'Italia occupata e la costituzione di quelli per la ricostruzione, per l'alimentazione, per l'assistenza post bellica, per la Consulta e infine quello per la Costituente. Ha inizio la reiterazione di molti dei regi decreti-legge promulgati nei due anni precedenti e prossimi alla scadenza, onde prorogarne gli effetti. Nel mese di agosto, il Re e la Regina si ricongiungono con i propri figli.

1 agosto 1945 - si conclude il Consiglio Nazionale del Psiup; l'ala massimalista incarnata da Lelio Basso, Rodolfo Morandi e Pertini presenta una mozione dove si chiede, appena le condizioni saranno favorevoli, la fusione con il Pci, onde addivenire al Partito unico della classe operaia; un quarto circa dei delegati si oppone, costituendo una minoranza a guida Saragat.

2 agosto 1945 - Pertini assume la carica di segretario del Psiup al posto di Nenni, impegnato nel Governo e che resta nel partito come uno dei vicesegretari.

3 agosto 1945 - termina anche il Consiglio Nazionale della DC, dove una risicata maggioranza si pronuncia per la Repubblica; De Gasperi, però, chiude il convegno affermando che sarà il Congresso del partito ad assumere decisione in merito e ai presenti dice: «Attenzione! Io non posso garantirvi una repubblica che rispetti i vostri sentimenti cristiani».

21 agosto 1945 - l'Italia è ammessa a beneficiare degli aiuti Unrra (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), l'agenzia che fornisce supporto economico ai paesi liberati dall'occupazione tedesca.

22 agosto 1945 - in una nota inviata a Washington, il Regno d'Italia propone di trattare sulle clausole territoriali relative al Trattato di pace in elaborazione: viene accettata la "linea Wilson" come confine orientale, rinunciando a Fiume, Zara e alle isole antistanti; si mostra disponibilità a trattative dirette con la Francia per eventuali rettifiche di confine, escludendo ogni discussione sulla Valle d'Aosta; offerta di concessione dell'autonomia per l'alto Adige/sud Tirolo e rinuncia del Dodecaneso a favore della Grecia. Si chiede, infine l'amministrazione fiduciaria per le colonie prefasciste di Eritrea, Libia e Somalia.

29 agosto 1945 - "L'Osservatore Romano" pubblica quanto espresso dalla Congregazione Concistoriale dei Vescovi in merito al voto politico dei fedeli; inizia una tutt'altro che sommessa campagna propagandistica, da parte della Chiesa cattolica, nei riguardi delle future scelte elettorali.

2 settembre 1945 - sulla corazzata Missouri, alla fonda nella baia di Tokyo, il Giappone firma la resa; il secondo conflitto mondiale è terminato.

12 settembre 1945 - il Governo inizia a discutere su tempi e modi delle elezioni politiche e amministrative, ma la Commissione Alleata di Controllo fa immediatamente presente che, innanzi tutto, va risolto il problema istituzionale. Pd'a, Pci, e Psiup (ma anche alcuni demolavoristi) criticano quella che ritengono un'ingerenza; però la realtà è sotto gli occhi di tutti: a comandare e decidere in Italia sono gli Angloamericani.

22 ottobre 1945 - la DC, sempre più politicamente appoggiata dagli Stati Uniti, sposa la proposta del Re di far stabilire la scelta tra Monarchia e Repubblica tramite un referendum.

Autunno 1945 - mentre si accentua in Sicilia l'allarme dovuto all'istanza separatista, il governo Parri entra in crisi; dopo un'estate di critiche da parte del Partito Democratico del Lavoro e di quello Liberale, arrivano anche le determinazioni democristiane sull'inadeguatezza a fronteggiare l'emergenza economica.

10 novembre 1945 - il primo ministro britannico Clement Attlee giunge a Washington per incontrarsi con il presidente Harry Truman. Viene accolto all'aeroporto dal Segretario di Stato James Byrnes, il quale, già durante il tragitto verso la Casa Bianca, espone il punto di vista degli Stati Uniti riguardo ad alcuni temi di carattere internazionale; fra questi vi è anche la futura forma di stato dell'Italia. Al riguardo Attlee ha una propria opinione, differente rispetto al precedente governo di Londra, ma la politica estera britannica in Europa deve ormai tenere in debito conto le linee del Dipartimento di Stato di Washington.

21 novembre 1945 - il Pli esce dalla compagine governativa dopo un crescendo di polemiche che hanno inizio a seguito di disaccordi sull'applicazione dell'epurazione.

22 novembre 1945 - Il Governo trasmette alla Consulta Nazionale lo schema di provvedimento legislativo sulla legge elettorale per l'Assemblea Costituente e quello relativo alle elezioni amministrative, con l'estensione del suffragio universale alle donne.

24 novembre 1945 - anche la DC abbandona il Governo. Parri annuncia le proprie dimissioni e si esprime molto duramente nei confronti dei partiti che hanno creato la crisi; De Gasperi replica altrettanto duramente, ricordando che fra gli accordi alla base della formazione del Governo erano previste le dimissioni, qualora anche una sola formazione si fosse ritirata.

26 novembre 1945 - iniziano le consultazioni al Quirinale; tutti i partiti ripropongono la cosiddetta "Esarchia", con la DC e il Pli che chiedono di incaricare una figura al di sopra delle parti, mentre Pci e Psiup rivendicano la scelta del nominativo al Cln. Alla fine Nenni proporrà De Gasperi che accetta.

3 dicembre 1945 - il Re incarica ufficialmente De Gasperi.

8 dicembre 1945 - l'incombenza relativa al Ministero dell'Interno è terreno di scontro tra i moderati e le sinistre; i liberali la rivendicano per se, ma i socialisti non intendono cedere e lo scoglio rischia di diventare un ostacolo alla formazione dell'esecutivo. Pressioni tutt'altro che morbide giungono dalla Commissione Alleata; ritorna la minaccia di escludere nuovamente il Psiup dal prossimo gabinetto. Molti dirigenti socialisti tuonano contro l'intollerabile interferenza, ma resta il fatto che, al di là delle proteste, tirare ulteriormente la corda sarebbe controproducente e non è certo il momento di lasciare ai moderati e alle destre il monopolio dell'esecutivo. Lo stesso Nenni invita Pertini a contenersi, dopo l'ennesimo appello a «difendere con le armi la libertà conquistata»; il quadro politico internazionale non è assolutamente favorevole. Alla fine la questione si risolve e il Psiup ottiene il Ministero della Guerra lasciando ai liberali quello dell'Interno.

Consiglio dei Ministri del I governo De Gasperi

Consiglio dei Ministri del I governo De Gasperi

10 dicembre 1945 - s'insedia l'ennesimo Governo con i sei partiti e dove, come consuetudine, il Presidente del Consiglio assume l'interim dell'Africa italiana, continuando, però, a gestire quello degli Affari esteri; Nenni resta l'unico Vicepresidente, oltre a guidare il dicastero per la Costituente. Ministro dell'Interno è il liberale Leone Cattani, alla Guerra va il socialista Morandi, mentre Romita viene confermato ai Lavori pubblici, come Togliatti al Ministero di Grazia e Giustizia.

12 dicembre 1945 - il responsabile della Commissione Alleata, ammiraglio statunitense Ellery Stone, incontra De Gasperi e gli comunica che entro la fine dell'anno l'intero territorio nazionale, ad eccezione della Venezia Giulia e dell'area orientale della provincia di Udine, facenti parte della cosiddetta "Zona A", ritornerà sotto la sovranità italiana. L'Ammiraglio aggiunge che non per questo la Commissione Alleata cesserà la propria attività in Italia, proseguendo a «collaborare» con le autorità italiane. Stone annuncia poi lo sgombero delle truppe alleate dal confine italo-francese e il loro «momentaneo» acquartieramento nella zona di Novara, insieme ad altre due divisioni dell'US Army provenienti dalla Francia; il che significa che il totale delle truppe angloamericane presenti in Italia supera le 15 divisioni. Il colloquio si conclude con un'appendice riguardo gli ultimi avvenimenti politici e con la «raccomandazione» di rinviare qualsiasi tornata elettorale a dopo la scelta istituzionale. Il contenuto del colloquio, in specie l'ultimo argomento trattato, irrita i vertici dei partiti di sinistra che denunciano l'ennesima intromissione degli Alleati nelle questione interne di uno Stato sovrano. Nei giorni seguenti l'"Avanti!" socialista, "L'Italia Libera" azionista e "l'Unità" comunista riporteranno articoli dove si contesta l'atteggiamento angloamericano ed un senso di insoddisfazione comincia a serpeggiare fra i militanti dei partiti che si riconoscono nel comune fronte repubblicano. Il Segretario comunista Togliatti ritiene improponibile aspettare ancora così a lungo l'elezione dell'Assemblea Costituente e denuncia il pesante clima dovuto al continuo intervento angloamericano nella politica interna del Paese. Gli fa eco Nenni: «A che è valso avere formalmente restituite le regioni liberate dal giogo della sedicente Repubblica di Salò e dall'occupante tedesco se poi, nella sostanza, l'Italia è ancora soggetta ad un'altra occupazione militare straniera? La si vuole dissimulare come una sorta di assistenza, di collaborazione, ma la quotidiana manifestazione della sua forza militare ne svela l'effettiva ragion d'essere».

13 dicembre 1945 - sulle pagine de "Il Popolo" De Gasperi risponde alle critiche di Nenni e Togliatti, sminuendone la portata e considerandole mera propaganda; riguardo la presenza militare angloamericana scrive: «Le Nazioni Unite non ci annoverano fra i loro alleati ma come una nazione cobelligerante che, però, ha combattuto contro di loro per tre anni prima di cercare di riscattarsi. Già è tanto che non ci ritroviamo nelle condizioni dell'Austria o della stessa Germania. Prima il trattato di pace verrà siglato e prima verrà tolta la presenza militare straniera dal nostro suolo. Mostrando alle altre nazioni questa nuova Italia democratica, che pazientemente persegue la propria rinascita anche nelle scelte di politica interna, potremo riottenere la fiducia e il rispetto che ci consentirà di sedere, nuovamente e con dignità, nel consesso internazionale».

15 dicembre 1945 - un incontro vede i dirigenti del Pci e del Psiup discutere sull'interferenza degli Angloamericani. Il neo ministro della Guerra Morandi, comunica di essere appena stato informato che reparti dell'esercito britannico, presenti in Africa e nel Medio Oriente, transiteranno in Italia prima di rientrare nel Regno Unito per essere poi smobilitati. La notizia è percepita come un ulteriore sgradevole avvertimento. Togliatti afferma che «Siamo assolutamente soli in questo frangente. Nessun appoggio politico ci arriverà da Mosca. Su questo punto, purtroppo, sono stati chiari. D'altra parte, guardate come si stanno comportando nei confronti dei compagni greci». Non per questo la lotta politica verrà certo meno, anche nel contenimento della reazione; si ritiene che i futuri risultati elettorali daranno ai partiti della sinistra la forza necessaria per raggiungere gli obiettivi auspicati.

18 dicembre 1945 - vento di crisi all'interno del Psiup; il segretario Pertini, insieme ai vicesegretari Basso, Luigi Cacciatore e Nenni danno le dimissioni. Si parla di fenomeni di disgregazione all'interno del partito, specie dopo che si dibatte sulla creazione di un unico partito della sinistra operaia. Su proposta di Nenni viene nominato segretario Ignazio Silone.

30 dicembre 1945 - con un editoriale sull'"Avanti!" Nenni afferma che «Il vento gagliardo del Nord si è affievolito e quasi spento».

Inverno 1946 - mentre in Sicilia formazioni banditesche, sedicenti separatiste, compiono attacchi a danno delle forze dell'ordine, di quelle militari e delle organizzazioni contadine, anche nel continente si vanno accentuando fenomeni di violenza politica: nel Centro-settentrione, persone già aderenti alla Rsi vengono uccise dalla cosiddetta "volante rossa" ed elementi di estrema destra assaltano e incendiano le sedi delle Camere del Lavoro e dei partiti di sinistra. Nonostante ciò, il ministro dell'Interno Cattani ha iniziato una progressiva smobilitazione di molti degli ex partigiani presenti nella cosiddetta "Polizia ausiliaria", facendone, nel contempo, trasferire parecchi altri in Sardegna e in Sicilia. A nulla valgono le proteste che ricordano come la criminalità stia diventando sempre più pericolosa, data la critica situazione economica del Paese. Cattani sostiene che la presenza delle forze militari alleate concorre al mantenimento della prevenzione contro la delinquenza; «Nel frattempo», aggiunge, «l'Arma dei Carabinieri Reali sta provvedendo ad aumentare il proprio organico attraverso gli arruolamenti». Il quotidiano "L'Uomo qualunque" diventa uno dei punti di riferimento per l'area che spazia trasversalmente ai partiti moderati.

7 gennaio 1946 - Pio XII fa un discorso ai laureati e agli universitari cattolici e dichiara che «È suonata l'ora della Chiesa». Il Re promulga le norme relative alla riedificazione delle amministrazioni comunali su base elettiva; le votazioni verranno indette dopo il referendum e prima dell'elezione dell'Assemblea Costituente. Riguardo quest'ultima, Nenni, in qualità di Ministro per la Costituente, chiede con decisione che essa venga accorpata con il referendum.

16 gennaio 1946 - la Cgil e la Confindustria siglano l'accordo che permette lo sblocco dei licenziamenti; entro il successivo aprile verrà tagliato il 21% degli occupati per consentire il recupero economico delle aziende. Umberto II chiede misure di intervento solidale da parte del Governo per gli esuberi che si creeranno; da parte della stampa di sinistra tale richiesta viene ritenuta strumentale e propagandistica.

31 gennaio 1946 - in ordine alle nuove nomine dei Prefetti, la DC si pronuncia a favore di funzionari di carriera, mentre le sinistre premono affinché la scelta avvenga anche tra i dirigenti del Cln.

8 febbraio 1946 - si conclude il congresso del Pd'a; anche questo partito è scosso da movimenti disgregatori, difatti si crea una scissione degli elementi più moderati, che guidati da La Malfa e Parri, fondano il Movimento della Democrazia Repubblicana.

14 febbraio 1946 - durante una riunione della direzione del Pci, viene evidenziato un incremento dell'attività delle parrocchie nel sostenere il voto alla DC; risulta anche che la figura di Umberto II viene sempre più vista come garante dei valori cristiani e delle tradizioni famigliari e culturali italiane. Al contrario, gli uomini della sinistra e il concetto stesso di repubblica vengono demonizzati.

15 febbraio 1946 - la Consulta Nazionale approva l'obbligatorietà dell'esercizio del voto; a favore si esprimono gli esponenti dei partiti moderati, mentre sono battuti i membri appartenenti ai partiti della sinistra. In Consiglio dei Ministri si torna a discutere sui criteri di scelta dei Prefetti; la Commissione Alleata fa pervenire il proprio orientamento in merito, "suggerendo" che venga adottato il criterio proposto dalla DC. Forte protesta da parte di Pci, Pd'a, Pdl e Psiup che, però, devono abbozzare.

20 febbraio 1946 - viene pubblicata dalla stampa la notizia che l'ambasciatore statunitense Korr ha consegnato al Presidente De Gasperi un memorandum di alcuni giuristi americani sui poteri della Costituente italiana, dove si "consiglia" che l'autorità di questa venga limitata alla sola formulazione della nuova Carta Costituzionale. Le critiche da parte delle sinistre sono veementi, ma non vanno oltre gli articoli sulla stampa di partito e le dichiarazioni pubbliche da parte degli esponenti politici.

28 febbraio 1946 - il Consiglio dei Ministri, dopo due giorni di dibattito, accetta la proposta di De Gasperi (cioè quella statunitense) sui poteri riguardanti la Costituente. Anche le nomine prefettizie verranno fatte tramite le regole formulate dalla DC. La richiesta di Nenni per abbinare sia le votazioni per l'Assemblea Costituente sia per il referendum viene ritenuta materia da discutere in sede di Consulta Nazionale.

5 marzo 1946 - Winston Churchill pronunzia il discorso dove per la prima volta si parla della «Cortina di Ferro».

8 marzo 1946 - le violente tensioni sociali in Puglia, che dopo mesi hanno portato ad una vera e propria rivolta ad Andria, cessano dopo che i tumulti nella cittadina vengono repressi in maniera molto dura. Il Re invita il Governo affinché siano prese idonee misure finanziarie per mitigare i disagi dei braccianti e dei reduci.

9 marzo 1946 - la Consulta Nazionale respinge la proposta di Nenni relativa all'accorpamento delle elezioni per l'Assemblea Costituente e il referendum; prevale la tesi di Francesco Saverio Nitti che, considerando la situazione critica dell'ordine pubblico nel Paese, ritiene preferibile far svolgere separatamente i vari momenti elettorali. Consapevole che DC, Pli, ma anche il Pdl, cercano qualsiasi pretesto per creare una crisi politica che si ripercuota anche sul Governo, dal cui rinnovo i partiti di sinistra potrebbero venire esclusi, Nenni evita di far precipitare la situazione e pazientemente accetta lo smacco, sperando che il responso del referendum e delle successive elezioni metta in chiara luce la forza del proletariato sul territorio.

16 marzo 1946 - Umberto II promulga il regio decreto-legge con il quale si sancisce che la forma istituzionale dello Stato verrà decisa tramite referendum. Qualora a prevalere sia la scelta popolare per la Repubblica, il Presidente del Consiglio diventerà Capo provvisorio dello Stato e dichiarerà immediatamente decaduto l'istituto monarchico. Dopo l'elezione dell'Assemblea Costituente, questa delibererà la nuova Costituzione e, a norma della stessa, eleggerà a sua volta il primo Presidente effettivo della Repubblica. Nel caso venga confermata la Monarchia, proseguirà la funzione dell'attuale Sovrano fino a quando entreranno in vigore le disposizioni relative alla nuova Carta Costituzionale e alla persona che siederà sul trono, per come decideranno i rappresentanti del popolo nell'Assemblea Costituente.

23 marzo 1946 - promulgato un altro regio decreto-legge che indice il referendum, fissandone la data per i giorni 2 e 3 giugno 1946.

28 marzo 1946 - vengono scelti i simboli che distingueranno sulle schede referendarie la scelta monarchica da quella repubblicana: per la prima scudo sabaudo sormontato dalla corona, per la seconda una testa di donna cinta da una corona turrita e circondata da foglie di quercia.

La scheda elettorale referendaria

La scheda elettorale referendaria

Aprile 1946 - altri casi di violenza politica in Puglia, severamente repressi dalle forze dell'ordine. Umberto II richiama i cittadini al rispetto della Legge e ribadisce che gli atti di violenza e di intemperanza non fanno altro che nuocere alla propria parte politica e favorire gli avversari. Sempre più massiccia la propaganda clericale a favore della Monarchia, ritenuta unico usbergo contro il comunismo; monsignor Montini convoca a Roma vari sacerdoti, invitandoli a raccomandare all'Azione Cattolica di votare per il mantenimento dell'attuale forma di Stato e di scegliere Democrazia Cristiana nelle successive tornate elettorali che interesseranno il Paese.

14 aprile 1946 - si chiude il 24° Congresso del Psiup; sono sempre più evidenti le fratture all'interno del partito che vedono una maggioranza (poco più del 46%) guidata da Nenni, una consistente frangia (oltre il 40%) che vede riunite varie tendenze, compresa quella di Pertini e una minoranza (11,40%) che si rifà a Saragat, appositamente rientrato da Parigi, dove svolge la funzione di ambasciatore, per partecipare al congresso.

28 aprile 1946 - anche il I Congresso della DC chiude i battenti. Riguardo la questione istituzionale, la relazione finale, letta dal vicesegretario Attilio Piccioni ha riportato i dati pervenuti dagli 86 comitati provinciali del partito: su 836.812 votanti, 418.758 hanno votato per la soluzione monarchica, 230.388 per quella repubblicana, mentre 187.666 hanno assunto una posizione di neutralità. De Gasperi propone una mozione dove si dichiara che la Democrazia Cristiana si pronuncia per la soluzione monarchica; la mozione viene approvata.

1 maggio 1946 - Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica rigettano definitivamente la richiesta austriaca di referendum per la determinazione dell'Alto Adige di staccarsi dall'Italia.

2 maggio 1946 - De Gasperi si reca a Parigi per partecipare alla seconda sessione della Conferenza dei Ministri degli Esteri.

Maggio 1946 - la campagna elettorale si infiamma, non solo verbalmente, sin dai suoi inizi: Nenni dichiara «O la repubblica o il caos» mentre Pertini non ha remore a reclamare pubblicamente la fucilazione di Umberto. Il delegato comunista alla Consulta, Emilio Sereni, durante una delle sedute sostiene che «Se la monarchia dovesse prevalere per scarsa maggioranza, si avrebbe la guerra civile e la monarchia stessa potrebbe resistere soltanto col sostegno delle baionette straniere». Da parte avversaria non mancano altrettante espressioni di sfida e di disprezzo e tutto questo comporta che i primi comizi di ambedue gli schieramenti diventino occasione di incidenti e scontri. Ancor più rigide misure a salvaguardia dell'ordine pubblico vengono attuate da Prefetti e Questori, collaborati in questo dalle autorità militari italiane e alleate. La presenza delle "baionette straniere" sta diventando sempre più una scomoda realtà. La campagna politica proseguirà all'insegna di una maggiore attenzione nella scelta dei termini e dei toni, pur restando combattiva; lo stesso Nenni sull'"Avanti!" scriverà che, nel caso di esiti sfavorevoli, «Nulla accadrà, nulla deve accadere!», cercando di smorzare la sua precedente perentoria affermazione. Il Re inizia una serie di viaggi che lo porteranno in varie zone d'Italia con esiti di accoglienza più favorevoli al Sud, in Piemonte e nel Veneto rispetto al resto del Settentrione.

Sfilata di truppe statunitensi in una città dell'Italia settentrionale. La scomoda realtà delle "biaonette straniere"

Sfilata di truppe statunitensi in una città dell'Italia settentrionale. La scomoda realtà delle "baionette straniere"

12 maggio 1946 - discorso di Pio XII alle giovani romane nella basilica vaticana; non nomina la Monarchia ma fa un chiaro discorso su quale istituzione si possa considerare più vicina ai valori cristiani.

23 maggio 1946 - il Consiglio dei Ministri proroga il blocco dei licenziamenti fino al 31 luglio; si parla di una pressione del Re in questo senso, ma comunisti e socialisti sostengono che è una bieca mossa politica di Umberto per ottenere voti favorevoli dalla classe operaia.

26 maggio 1946 - Pio XII, nel discorso pastorale della domenica, torna a denunciare ciò che per il mondo cattolico è il grave pericolo rappresentato dalle sinistre. «Dal suolo romano, il primo Pietro, circondato dalle minacce di un pervertito potere imperiale, lanciò il suo fiero grido d'allarme: resistere forti nella fede. Su questo medesimo suolo noi ripetiamo oggi con raddoppiata energia il grido a voi la cui nazione è ora teatro di sforzi incessanti, volti ad infiammare la lotta fra due schieramenti: o con Cristo o contro Cristo; o la sua Chiesa, o contro la sua Chiesa».

Papa Pio XII parla ai fedeli attraverso la radio

Papa Pio XII parla ai fedeli attraverso la radio. La considerevole pressione propagandistica della Chiesa Cattolica e del Vaticano, unita all'intelligente uso dei mezzi di comunicazione, incise notevolmente sulla scelta referendaria

30 maggio 1946 - la commissione Alleata conferma che per il 4 giugno è prevista una sfilata di truppe anglo-americane nell'occasione della ricorrenza della liberazione della città dai Tedeschi. Per alcuni esponenti della compagine a favore della Repubblica, il mese che si sta concludendo è stato segnato da alcuni fastidiosi atteggiamenti nei loro confronti: alle richieste del ministro della Guerra Morandi di delucidazioni sull'impiego dei Carabinieri Reali nel mantenimento dell'ordine pubblico, durante lo svolgimento delle manifestazioni politiche, il Comandante Generale dell'Arma ha risposto che tali aspetti sono di competenza esclusiva del Ministero dell'Interno; il ministro delle Finanze Scoccimarro, dopo che durante un comizio a Frascati ha dichiarato che «Nessuno in Italia potrebbe impedire la rivoluzione nel caso che il referendum fosse favorevole alla monarchia», ha avvertito una che più evidente ostilità da parte del Comandante del Corpo della Regia Guardia di Finanza. Ma molto più palese è stato il comportamento del generale britannico Maurice Stanley Lush, il quale ha pubblicamente puntualizzato in un comunicato stampa che, nell'eventualità di tumulti successivi alla proclamazione dell'esito referendario, è garantito l'intervento militare angloamericano a favore della parte che risulterà vittoriosa al referendum, qualunque essa sia. La voce di un'eventuale azione da parte di Tito, nel caso di una vittoria monarchica, viene ritenuta assolutamente inconsistente da parte delle autorità militari angloamericane attraverso un altro comunicato stampa, la cui pubblicazione è stata imposta a tutti i quotidiani, compresi quelli dei partiti di sinistra.

31 maggio 1946 - il Re si reca a Genova, accolto da una sparuta minoranza di simpatizzanti, mentre una folla di repubblicani lo fischia e urla invettive. Umberto II invia un messaggio alla Nazione, dichiarando: «Serbando la corona non vorrei che il numero degli insoddisfatti fosse tale da farmi sentire una profonda amarezza, anche perché, pur tra gli assertori delle istituzioni repubblicane, sono numerosi gli uomini di mente elevata e di cuore puro, che con onesta coscienza aspirano a un mutamento radicale nella forma dello Stato». Il Sovrano conclude dicendo che se vi sarà una vittoria marginale della Monarchia, si renderà necessario pensare ad un successivo referendum, affinché gli Italiani «insoddisfatti», dopo un certo periodo di tempo possano tornare ad esprimere il loro libero pensiero. A Washington, durante la consueta conferenza stampa alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman risponde affermativamente riguardo la domanda sulla concessione di una decorazione militare americana ad Umberto II.

1 giugno 1946 - Togliatti definisce il messaggio rilasciato dal Re a Genova «provocatorio e teso ad ingenerare confusione. L'ennesimo tentativo di insidiare i diritti della sovranità del popolo e di turbare la serena e tranquilla manifestazione della sua volontà». Viene radiotrasmesso il discorso che papa Pio XII fa al Sacro collegio e dove evidenzia la necessità di impedire «l'avvento di uno stato materialista, senza religione e senza Dio». In qualità di Capo dello Stato, Umberto II rivolge il seguente messaggio alla Nazione: «Italiani! Ormai alla vigilia della consultazione in cui dovrete scegliere Monarchia o Repubblica, desidero ancora una volta parlarvi a cuore aperto. Come ho già più volte dichiarato, io accetterò il responso del popolo liberamente espresso e aggiungo che chiederò ai fedeli sostenitori della Monarchia di rispettare anch'essi, senza alcuna riserva, la decisione della maggioranza».

2 giugno 1946 - si svolge il referendum istituzionale; il flusso ai seggi risulta ordinato e composto, non si segnalano disordini. I cinegiornali riprendono la partecipazione all'esercizio del voto delle varie autorità politiche e dei Sovrani; in proposito si sa che la Regina ha affermato che voterà scheda bianca, mentre Umberto II non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Notevole traffico di reparti militari angloamericani nelle province settentrionali e centrali d'Italia.

3 giugno 1946 - terminate le operazioni di voto si da inizio allo spoglio delle schede. Il Ministro dell'Interno non comunica la percentuale dei votanti, mentre il Presidente del Consiglio accenna ad un'affluenza massiccia. La stampa di entrambi gli schieramenti parla di propria vittoria con un margine abbastanza contenuto.

3 giugno 1946: Re Umberto alle urne

3 giugno 1946: Re Umberto alle urne

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3 giugno 1946: la Regina vota

3 giugno 1946: la Regina vota

4 giugno 1946 - ha luogo la prevista grande parata militare angloamericana, la preparazione della quale ha comportato, nei giorni precedenti, una notevole presenza di militari alleati nella Capitale. Al termine della sfilata, cui ha presenziato re Umberto, viene celebrata una cerimonia durante la quale l'ammiraglio Stone appunta sull'uniforme del Sovrano una decorazione statunitense al valor militare.

5 giugno 1946 - nel pomeriggio il ministro dell'Interno Cattani comunica i risultati non ancora definitivi del Referendum che vede la Monarchia vincente con quasi 13 milioni di voti contro più di 10 milioni e mezzo per la Repubblica. Grandi manifestazioni di gioia da parte dei monarchici, mentre i repubblicani vivono ore di amarezza e delusione. De Gasperi esprime approvazione per come la «parte soccombente» ha accolto la notizia della sconfitta, ma più di un esponente dei partiti e dei movimenti favorevoli alla Repubblica comincia a parlare di possibili brogli e di «pesanti pressioni» che hanno inciso sull'esito referendario. Il Sovrano invita, in modo anche piuttosto severo, i simpatizzanti della causa monarchica a contenere le manifestazioni di giubilo. Pone l'accento sul rispetto nei confronti di coloro che non sono riusciti a realizzare il proprio programma e ricorda che ancora non vi è stata alcuna proclamazione ufficiale. Come è stato fatto durante la campagna politica, cortei e festeggiamenti dei monarchici e assembramenti dei repubblicani vengono scrupolosamente controllati dalle forze dell'ordine, le quali provvedono anche, precauzionalmente, a presidiare le sedi dei partiti e delle organizzazioni che fanno riferimento ai due schieramenti.

La testata della "Nuova Stampa" che annuncia la vittoria della Monarchia

La testata della "Nuova Stampa" che annuncia la vittoria della Monarchia

6 giugno 1946 - a Roma si tengono riunioni fra i dirigenti dei partiti della sinistra e il clima, già molto burrascoso per la cocente sconfitta, è avvelenato dalle pesanti recriminazioni che vengono scambiate. Pertini accusa con veemenza Togliatti di essersi mostrato fin troppo tollerante nei confronti di Umberto II: «L'intransigenza è un dovere in politica e quando non la si attua questi sono i risultati!» afferma l'impetuoso socialista. Non mancano gli appelli alla rivoluzione, ad una sommossa che ribalti la situazione, ma tale opzione è già stata più volte discussa e infine scartata in considerazione della massiccia presenza di truppe angloamericane, che ne mettono a serio rischio la riuscita. Tutti i quadri di partito del Pci e del Psiup sono stati attivati per contenere qualsiasi iniziativa spontanea delle masse proletarie; sebbene l'indignazione sia forte, per il momento è meglio evitare un innalzamento della protesta, indirizzandola verso forme energiche ma non violente. Almeno per il momento, ripetono i più combattivi. Da parte dei militanti si mostra rispetto alla disciplina richiesta dalle direzioni dei partiti; sono in molti a mordere il freno, ma obtorto collo accettano le direttive. La prima misura sarà la proclamazione di una giornata di sciopero generale per lunedì 10 giugno. Nel frattempo vengono presentati reclami e contestazioni laddove vi sono supposti episodi di brogli; un gruppo di giuristi di orientamento politico repubblicano sta già istruendo le attività in tal senso.

7 giugno 1946 - notevoli discussioni in seno alla direzione della Cgil in merito alla proclamazione dello sciopero generale; si ha la prima seria rottura tra i dirigenti cattolici da una parte e quelli comunisti e socialisti dall'altra.

8 giugno 1946 - al Consiglio dei Ministri, il Guardasigilli Togliatti illustra il progetto relativo al provvedimento di amnistia per i reati commessi durante il periodo bellico, tranne quelli caratterizzati da «sevizie particolarmente efferate».

10 giugno 1946 - è il giorno dello sciopero generale che ha, di fatto, assunto un carattere spontaneo ed è stato indetto dalle singole strutture territoriali; proprio per questo i risultati sono a "macchia di leopardo" sull'intero territorio nazionale e interessano, prevalentemente, le categorie operaie e i braccianti agricoli. Si tratta, comunque di una dimostrazione abbastanza forte da parte delle sinistre, che non può venire ignorata. Le manifestazioni sono state abbastanza tranquille ma qua e là vi sono stati episodi posti in essere da qualche facinoroso, che gli stessi componenti dei "servizi di ordine" sindacali hanno cercato di sventare. Il presidente della Corte di Cassazione Antonio Pagano, dichiara che per l'indomani è prevista la seduta dell'organismo nella quale verranno resi ufficialmente noti i risultati del referendum e si avrà la proclamazione ufficiale, mentre i giudizi in merito ai ricorsi presentati verranno emessi successivamente.

11 giugno 1946 - alla seduta della corte di Cassazione si comunica che i votanti sono stati 24.946.878 su 28.005.499 elettori aventi diritto; sottratte 363.006 schede nulle e 1.146.729 bianche, i voti validi sono stati 23.437.143. Un totale di 12.800.705 preferenze, pari al 54,62% delle schede valide, è andato alla Monarchia, mentre i voti validi per la Repubblica sono stati 10.636.438, pari al 45,38%. Contenute maggioranze per la Repubblica si sono avute in Piemonte e in alcune zone della Lombardia e del Veneto. Nella Venezia Tridentina, patria di De Gasperi, la Repubblica ha avuto, abbastanza sorprendentemente, un alto numero di preferenze. Ampio consenso repubblicano in Emilia, in Liguria, nelle Marche, in Toscana e in Umbria. Ma ciò che impressiona sono le altissime percentuali a favore della Monarchia che hanno interessato il Meridione, già a partire dagli Abruzzi e Molise e dal Lazio. Tranne che in Lucania, dove si è sfiorato l'80% di preferenze per la Repubblica, tutte le altre circoscrizioni meridionali hanno superato quella percentuale, ma sempre a favore dell'istituto monarchico. Dopo la proclamazione, De Gasperi presenta le proprie dimissioni al Sovrano, ricevendo subito dopo l'incarico a formare un nuovo governo. Alle 13.00 radiomessaggio di Umberto II alla Nazione; ringrazia tutti gli Italiani per il comportamento esemplare tenuto durante e dopo le votazioni, ma sfiora appena l'argomento relativo alla vittoria della Monarchia. Afferma di voler essere il rappresentante dell'unità del Paese e che in questo momento tutti devono collaborare per far riemergere l'Italia dalla situazione nella quale versa.

11 giugno 1946: folla di monarchici davanti al Quirinale dopo la proclamazione dell'esito referendario

11 giugno 1946: folla di monarchici davanti al Quirinale dopo la proclamazione dell'esito referendario

12 giugno 1946 - De Gasperi inizia il giro delle consultazioni, ma il clima che ha portato alla logica dell'"Esarchia" si è non poco deteriorato a seguito del risultato referendario. Durante i colloqui con il Presidente incaricato, Togliatti afferma che il Pci, anche in un quadro istituzionale che non è certamente quello in cui il partito avrebbe voluto continuare ad operare, è pronto, nel superiore interesse del Paese, ad assumersi sino in fondo la responsabilità di proseguire il percorso e il lavoro fin qui svolti. Precisa, comunque, che obiettivo dei partiti progressisti e del Pci in particolare, è di contrastare il fascismo e la reazione in tutte le loro forme; né mai il Pci potrà rinnegare il suo obiettivo di essere strumento per il rinnovo e il riscatto della classe lavoratrice, difendendola dagli abusi del capitalismo e tutto questo sempre nell'ottica di salvaguardare la pace in Italia e nel mondo. Diverso nelle parole, ma uguale nella sostanza, è quanto dichiara Nenni in proposito. Il Segretario socialista sottolinea l'impossibilità di fare un'opposizione democratica, ancorché costruttiva, al di fuori del Governo, attualmente l'unico organo istituzionale in essere; l'assenza di un Parlamento, come l'Assemblea Costituente ancora non eletta, rappresenta una grave anomalia in una democrazia e la grave responsabilità di tutto questo va imputata alle imposizioni dettate dalle potenze straniere. Il solo modo per contribuire all'affrancamento dell'Italia è governare tutti insieme, ma deve essere chiaro che non verranno fatti sconti a coloro che vogliono mantenere e accrescere i propri interessi e privilegi a scapito dei lavoratori. Riccardo Lombardi del Pd'a, Bonomi per il Pdl e Giovanni Cassandro per il Pli, mostrano la disponibilità dei propri partiti a continuare l'esperienza nata con il Cln, esprimendo anche loro delle riserve, ma nessuna pregiudiziale. A sera, con un comunicato emesso dal Quirinale, Umberto II ringrazia tutti i Segretari dei sei partiti per l'alto senso di responsabilità mostrato nel frangente.

13 giugno 1946 - in un articolo a firma di Togliatti su "l'Unità", il Segretario del Pci ricorda al Re, fermo restando l'attesa del pronunciamento della Corte di Cassazione sui ricorsi, l'intenzione espressa nel proclama di Genova di far ripetere il referendum, per non conservare con «profonda amarezza» la corona, ora che più di dieci milioni di Italiani sono risultati «insoddisfatti». Alcuni giornali moderati riportano voci della prossima proclamazione di uno sciopero generale ad oltranza, con il fine di bloccare tutta la Nazione, ma fonti sindacali le smentiscono.

14 giugno 1946 - gli accordi con i partiti vengono conclusi; il nuovo esecutivo sarà, comunque, composto dai membri del precedente, confermati in toto.

15 giugno 1946 - si insedia il II governo De Gasperi. Viene illustrato il programma: in politica estera lo scopo è quello di rendere meno oneroso possibile il fardello delle riparazioni di guerra; limitare la perdita di parti del territorio nazionale; difendere l'italianità nella Venezia Giulia o, almeno, in alcune aree della stessa; rivendicare le colonie. Poi De Gasperi inizia a trattare le intenzioni in campo economico, affermando che sono necessarie misure d'emergenza poiché il Paese è di nuovo in guerra e i nemici sono la disoccupazione e l'indigenza. Risulta necessaria, secondo il Presidente del Consiglio, un'imposta straordinaria patrimoniale, «contributo purtroppo necessario e doloroso richiesto agli abbienti». Accanto alla razionalizzazione delle strutture destinate agli accertamenti fiscali, è anche prevista quella degli adempimenti burocratici, di modo da facilitare ed incentivare l'iniziativa privata a tutti i livelli e in tutti i campi. Verranno poi adottati provvedimenti atti a difendere il potere d'acquisto delle classi medie e popolari; stante la difficoltà di aumentare salari e stipendi, si agirà sui prezzi, contenendo quelli dei beni primari e aumentando le razioni dei generi alimentari. Il Governo intende poi agevolare la migrazione degli addetti dalle strutture industriali ormai non più redditizie, verso quelle palesemente produttive, con l'obbiettivo di aumentare le esportazioni. Fa quindi riferimento al possibile reperimento di ulteriori fondi per riequilibrare il bilancio statale, facendo ricorso a prestiti interni e al credito estero. De Gasperi prosegue parlando della non più rinviabile riforma agraria, ritenuta fondamentale fattore per incrementare l'occupazione e favorire la ripresa. Verranno espropriate le terre incolte e suscettibili di trasformazioni da parte di enti esistenti forniti di mezzi e di organizzazione tecnica; tali enti dovranno rapidamente eseguire le opere indispensabili per la messa a cultura delle terre e per il successivo trasferimento ai contadini. C'è anche un piano di trasformazione obbligatoria da parte dei proprietari di terreni a cultura estensiva; qualora non si ottemperasse all'obbligo, ciò comporterebbe il passaggio della proprietà agli enti coltivatori o a coltivatori diretti in grado di acquistare, anche grazie a concessioni creditizie da parte dello Stato. Tra gli impegni assunti dal nuovo esecutivo, vi è anche l'erogazione di 3.000 lire per i capi famiglia e di 1.500 lire per tutti gli altri lavoratori, come premio voluto dal Sovrano a seguito della conferma dell'istituto monarchico; le necessarie risorse finanziarie verranno conseguite anche attraverso l'alienazione di parte dei beni immobili nella disponibilità di casa Savoia. Relativamente al ripristino delle amministrazioni municipali, si prevede di procedere, a partire dal prossimo autunno, ad una serie di tornate elettorali che interesseranno progressivamente la Nazione, secondo un calendario che verrà determinato dalle Prefetture sulla base delle condizioni nelle quali versano i vari territori a seguito degli eventi bellici. Non si considererà solo l'aspetto della locale riorganizzazione infrastrutturale, ma anche la sequenza temporale che ha visto la graduale restituzione all'amministrazione italiana del territorio progressivamente liberato dall'occupazione nazifascista. Successivamente verranno fatte le elezione per l'Assemblea Costituente che si occuperà di redigere una nuova Carta Costituzionale e designare la persona del Sovrano, vista l'indicazione popolare sulla forma dello Stato.

18 giugno 1946 - la Corte di Cassazione esprime il proprio parere sui ricorsi presentati riguardo il referendum e che sono stati tutti respinti con motivazioni giuridiche; secondo gli alti Magistrati nessuna fondatezza su sospetti di brogli.

21 giugno 1946 - il Consiglio dei Ministri approva il regio decreto-legge sull'amnistia, mentre, attraverso un provvedimento collegiale dei partiti che ne fanno parte, vengono sciolti i Comitati di Liberazione Nazionale in tutta Italia.

25 giugno 1946 - a seguito dei diffusi malumori e delle proteste tra le truppe statunitensi per il perdurare del rallentamento dei congedi e i continui rinvii del loro rientro in patria, i vertici politici e militari di Washington provvedono ad una massiccia smobilitazione, ma in Austria, Germania e Italia resta ancora un nutrito numero di truppe.

15 luglio 1946 - a Parigi si apre la Conferenza della pace, detta "Conferenza dei Ventuno". In questa sede vengono decise le misure adottate nei confronti degli stati sconfitti; l'Italia è fra questi, nonostante la cobelligeranza e la lotta partigiana.

19 luglio 1946 - concluso a Roma il Comitato direttivo della Cgil; nonostante le dichiarazioni sull'unità sindacale, sono emersi contrasti e dissapori fra la componente cattolica e quella marxista.

5 agosto 1946 - come già avvenuto durante il mese precedente, in molte parti d'Italia si verificano scioperi e manifestazioni contro il carovita, ma a Caccamo, in provincia di Palermo, i contadini che dimostrano contro la requisizione del grano si scontrano per due giorni con la forza pubblica; alla fine si contano 20 morti tra i braccianti e 4 tra i Carabinieri Reali.

7 agosto 1946 - De Gasperi, in partenza per Parigi alla guida della delegazione che rappresenterà l'Italia alla "Conferenza dei Ventuno", rilascia un'intervista all'Ansa: «Non so nemmeno se parto come imputato. Direi che la mia posizione è per quattro quinti quella di imputato come responsabile di una guerra che non ho fatto e che il popolo non ha voluto, per un quinto quella di cobelligerante. La figura di cobelligerante è riconosciuta nel preambolo del Trattato come principio, ma nel testo si tiene invece conto dei quattro quinti, rappresentati dalla guerra perduta e non del quinto costituito dalla nuova guerra che abbiamo combattuto a fianco degli Alleati. Tutto lo sforzo che bisogna fare è ricordare agli Alleati che li abbiamo chiamati così perché li abbiamo creduti tali».

10 agosto 1946 - al palazzo del Lussemburgo De Gasperi interviene all'assemblea della Conferenza della pace: «Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me; è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato; è l'essere citato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni». L'inizio del discorso è lo specchio della realtà per come è stato deciso verrà trattata l'Italia: una nazione nemica sconfitta alla quale, nonostante si sia arresa incondizionatamente, vengono imposti oneri duri e non negoziabili. Nel prosieguo dei lavori De Gasperi chiede di rinviare la «questione Trieste»; la richiesta viene accolta provocando, però, critiche da parte della stampa di sinistra italiana che appoggia le tesi jugoslave.

Estate 1946 - in Italia continuano le proteste contro il carovita; manifestazioni e scioperi scuotono il Paese dal Nord al Sud in giorni diversi. All'interno della Cgil il dibattito si fa sempre più acceso, polarizzando su fronti contrapposti le correnti democristiane e quelle della sinistra. Anche il perdurare delle polemiche nelle trattative con la Confindustria, riguardo lo sblocco dei licenziamenti, non fa che aumentare la tensione.

2 settembre 1946 - il liberale Epicarmo Corbino, alla guida del dicastero del Tesoro, denuncia i contrasti sorti con i Ministri comunisti che, a parer suo, impedirebbero l'attuazione del programma del Governo per come esso è stato delineato e presenta le proprie dimissioni. Re Umberto si mette in contatto con De Gasperi a Parigi e gli chiede se non sia opportuno rientrare a Roma per scongiurare una crisi, ma il Presidente del Consiglio afferma che «ci stiamo giocando carte per il futuro dell'Italia» e declina l'invito; messosi a sua volta in comunicazione con Corbino gli chiede di soprassedere momentaneamente e il Ministro acconsente.

5 settembre 1946 - firmato a Parigi l'accordo tra il presidente del Consiglio De Gasperi e il cancelliere austriaco Karl Gruber riguardo il riconoscimento italiano dell'autonomia linguistica, culturale, amministrativa ed economica del Trentino-Alto Adige/Sud Tirolo.

6 settembre 1946 - rientra in Italia dal suo esilio negli Stati Uniti don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare.

7 settembre 1946 - varate dal Governo alcune misure economiche a favore dei reduci e degli ex partigiani; nel contempo si da disposizione ai Prefetti di intervenire per accelerare l'istituzione di magazzini annonari e ristoranti popolari, oltre ad imporre il calmiere ai prezzi.

18 settembre 1946 - ufficializzate le dimissioni di Corbino; della responsabilità del Dicastero del Tesoro viene investito il liberale Manlio Brosio.

21 settembre 1946 - terminano i lavori del comitato Centrale del Pci iniziato tre giorni prima; si è dibattuto sui gravi problemi che travagliano il Popolo italiano. Nella relazione finale Togliatti lancia la proposta di un «nuovo corso» dell'economia nazionale nel «quale sia lasciata ampia libertà all'iniziativa privata», ma al tempo stesso chiede con vigore che «lo Stato intervenga per impedire con ogni mezzo la speculazione che tende a provocare il crollo della moneta e affamare il popolo, e in pari tempo eserciti una funzione di guida su tutta la ripresa economica nell'interesse nazionale». La critica al liberismo che ha caratterizzato la politica dell'ex ministro Corbino si accompagna ad un complesso di iniziative proposte quali una politica fiscale per colpire le classi abbienti, un'azione pianificatrice del Governo, un efficace controllo dei prezzi, l'aumento delle razioni alimentari, la nazionalizzazione delle imprese monopolistiche, la riforma agraria a favore dei contadini senza terra. Togliatti pur denunciando la linea anticomunista della DC è fermo nella convinzione che la collaborazione al governo è «qualcosa di difficilmente evitabile». Non manca di sottolineare come anche nel Psiup ormai «sia stato dato diritto di cittadinanza» alla critica al Pci, un esplicito riferimento alla polemica con Saragat. Polemiche di fronte alle quali arriva a prospettare con DC e Psiup ad una sorta di «patto» per limitare gli attacchi reciproci e rasserenare «l'atmosfera fra i tre partiti». A Parigi viene approvata la proposta italiana sulla futura cessione del Dodecaneso alla Grecia da parte del Regno.

22 settembre 1946 - chiude i battenti il Consiglio Nazionale della DC; alla Segreteria viene eletto Attilio Piccioni.

30 settembre 1946 - il Governo stabilisce di erogare entro il successivo mese il premio voluto dal Sovrano a seguito del risultato del referendum. Le cifre stabilite per gli impiegati dello Stato, gli operai e tutti i lavoratori soggetti a contratto, verranno corrisposte pure ai disoccupati e ai reduci e, dopo l'intervento convergente sia delle esponenti femminili dei partiti, della Regina, della Chiesa cattolica e dell'Unione Donne Italiane, anche alle vedove di guerra e alle mogli dei prigionieri.

6 ottobre 1946 - vanno alle urne, per le prime votazioni municipali, gli elettori di molti comuni delle sole province di Calabria, Campania, Lucania, Puglia, Sardegna e Sicilia; nonostante i dubbi espressi dai partiti della sinistra, è stato adottato il criterio che vede interessati i territori in base al progressivo trasferimento dall'amministrazione militare alleata a quella italiana. Così come si verificherà, successivamente, anche nel resto del Paese durante le giornate designate per le elezioni, vi è una ostentata presenza di militari angloamericani, i quali collaborano con le forze dell'ordine italiane nel presidiare, per ragioni di ordine pubblico, i seggi.

9 ottobre 1946 - una manifestazione di operai edili a Roma, indetta a seguito della decisione del Genio civile di chiudere alcuni cantieri, degenera in scontri con la forza pubblica; 3 manifestanti restano uccisi e 141 feriti. Re Umberto deplora le violenze «da qualunque parte esse vengano».

10 ottobre 1946 - sostanziale vittoria della DC nella maggior parte dei comuni meridionali, ma non manca qualche successo per le liste uniche che vedono insieme i due partiti marxisti (Blocco del Popolo, Blocco Popolare Democratico o liste civiche di sinistra), insieme anche agli azionisti e ai repubblicani nel Fronte Democratico Progressista: Matera e Taranto, ma anche alcuni grossi centri, come ad esempio Corleone e Crotone vedono l'affermazione della sinistra. Singolarmente i socialisti si trovano quasi sempre al secondo posto nelle preferenze, superando di poco i comunisti; i liberali ottengono un apprezzabile risultato, collocandosi, generalmente, come quarto partito, mentre scarsi sono i consensi per azionisti e demolavoristi quando si presentano da soli. Poco votate le liste locali indipendenti e piuttosto contenuto il risultato dei separatisti siciliani, mentre più consistente è quello del Partito Sardo d'Azione. L'elettorato di opinione qualunquista (non essendosi costituito, così come per i monarchici, un vero partito) ha votato per la DC o per il Pli. I repubblicani, dato che il partito si è presentato alle amministrative, hanno ricevuto un responso abbastanza soddisfacente anche se spesso in coalizione con gli azionisti. All'apparentamento delle liste dei partiti di sinistra, la DC ha spesso risposto con analoghi blocchi con i liberali e, in qualche occasione, date le peculiari situazioni delle varie realtà locali, pure con i demolavoristi.

11 ottobre 1946 - il Consiglio dei Ministri approva l'emissione del Prestito della Ricostruzione; titoli e relativi interessi non potranno mai essere assoggettati ad imposte.

13 ottobre 1946 - seconda tornata elettorale che vede completare il voto nelle regioni meridionali. Si confermerà l'andamento del precedente 6 ottobre.

15 ottobre 1946 - dopo un comizio organizzato da un'associazione monarchica di Barra, a seguito della vittoria alle amministrative di Napoli, alcuni provocatori che inneggiano al Duce assaltano una sezione del Pci e la saccheggiano; un operaio militante comunista viene addirittura ferito a colpi di mitra. Immediata reazione delle forze di sinistra che chiedono provvedimenti nei confronti dei responsabili e misure a tutela della sicurezza dei lavoratori che vogliono esprimere il proprio dissenso, senza il pericolo di venire aggrediti. Dure accuse vengono indirizzate al ministro dell'Interno Cattani, anche da parte di esponenti comunisti e socialisti del Governo. Si parla di connivenze fra apparati dello Stato ed elementi espressione del rigurgito fascista.

16 ottobre 1946 - il liberale Cattani difende l'operato proprio e delle forze dell'ordine e assicura che i responsabili dei fatti di Barra verranno quanto prima assicurati alla Giustizia. Le varie associazioni monarchiche rilasciano un comunicato unitario, dove si dichiara la condanna di coloro che hanno provocato gli incidenti a Barra; nel documento si specifica che i metodi politici e gli scopi delle organizzazioni che fanno riferimento alla Monarchia sono distanti da quelli perseguiti e perpetrati dai sovversivi di qualsiasi tendenza, nei confronti dei quali si esprime la massima riprovazione. A Parigi si conclude la "Conferenza dei Ventuno", che ha sancito l'occupazione in quattro zone della Germania e dell'Austria, ma che ha visto anche aumentare il divario tra le posizioni dell'Urss e dei paesi ad essa vicini, nei confronti delle potenze occidentali.

18 ottobre 1946 - rimpasto nel Governo: Nenni assume il Dicastero dell'Estero, fino ad allora guidato ad interim da De Gasperi e lascia l'incarico per la Consulta al collega di partito Saragat. Il ministro degli Esteri britannico Ernest Bevin dichiara in un suo messaggio: «Il Regno d'Italia conti sulla piena simpatia del Regno Unito».

20 ottobre 1946 - terzo appuntamento per le amministrative; tocca agli elettori residenti negli Abruzzi e Molise, nel Lazio e nell'Umbria. Nei comuni delle prime due regioni tende a prevalere, la DC, salvo che a Rieti, città dove il Psiup ha la maggioranza relativa, mentre nei comuni dell'Umbria trionfano le sinistre.

27 ottobre 1946 - vanno al voto gli elettori dei restanti comuni delle regioni centrali. Anche qui non si avrà nessun cambiamento rispetto all'orientamento manifestato la domenica passata. In molti comuni, come ad esempio a Roma, il Blocco del Popolo è, comunque, buon secondo. Come già avvenuto al Sud e come si ripeterà nel resto del Paese, l'elettorato di orientamento fascista è polverizzato in varie liste indipendenti che non raggiungono risultati soddisfacenti; si conferma la preferenza di conservatori e qualunquisti a votare per la DC o il Pli.

29 ottobre 1946 - viene sancito tra Pci e Psiup un nuovo patto d'unità d'azione. Scalpitano le correnti interne al Psiup che si riconoscono in "Critica sociale" guidata da Saragat e in "Iniziativa socialista" di Mario Zagari.

30 ottobre 1946 - raggiunto un accordo tra Cgil e Confindustria: vengono aumentati i salari minimi, adottata la cosiddetta "scala mobile", riconosciuti dodici giorni di ferie retribuite e il pagamento della tredicesima.

31 ottobre 1946 - attentato dinamitardo all'ambasciata britannica a Roma; l'episodio terroristico, che procura solo danni materiali ma non vittime, viene deplorato da tutta la classe politica italiana e De Gasperi si rammarica con il governo di Attlee. Le indagini espletate non porteranno ad alcun risultato, né sugli autori né sui mandanti, lasciando nel limbo delle ipotesi lo stesso scopo dell'azione, ritenuta, comunque, opera di agenti stranieri.

3 novembre 1946 - quinto appuntamento che vede al voto Toscana e Marche. Si ribalta la tendenza; adesso ad eccellere sono i partiti marxisti, specialmente il Pci, salvo nelle province marchigiane di Ascoli Piceno e Macerata e in quelle toscane di Lucca e di Massa-Carrara, dove la DC ottiene una qualche affermazione.

4 novembre 1946 - a New York i Ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito, Urss e Usa si riuniscono per esaminare le questioni non risolte dalla "Conferenza dei Ventuno"; il Regno d'Italia, attraverso il ministro Nenni, fa pervenire una nota con la quale chiede un riesame della posizione italiana a seguito della cobelligeranza e il riconoscimento della partecipazione alla lotta contro il nazifascismo. Si chiede, fra l'altro, di considerare la possibilità di un plebiscito per l'Istria, l'assegnazione dell'amministrazione fiduciaria per conto delle Nazioni Unite dei territori già colonie italiane e, infine, uno sgravio delle spese di riparazione.

7 novembre 1946 - rientrato in Italia dopo un incontro avuto a Belgrado con il maresciallo Tito in qualità, sottolinea, non di Ministro del Regno ma di segretario del Pci, Togliatti comunica che la Jugoslavia è pronta a riconoscere la sovranità italiana su Trieste, a rilasciare i prigionieri di guerra italiani e ad avviare trattative commerciali con il Regno, a patto di aver a sua volta riconosciuta la sovranità jugoslava su Gorizia. Scoppia un'accesa polemica; la proposta viene considerata da De Gasperi «provocatoria e non sarà presa in esame». Da parte comunista e socialista dure critiche alla posizione manifestata; le parole del Presidente del Consiglio vengono definite «calunniose».

10 novembre 1946 - ennesima tornata elettorale amministrativa che interessa ancora comuni marchigiani e toscani; il Pci si attesta come partito di maggioranza sui territori in questione, a parte Arezzo e Perugia, dove prevalgono i socialisti. Anche nei comuni di queste regioni, Pd'a, Pdl e Pri non riescono ad ottenere esiti apprezzabili. Tranne che in pochi casi, la DC si ritrova a costituire l'opposizione nei Consigli comunali, nei centri più grossi, talvolta in compagnia di uno sparuto numero di consiglieri liberali eletti.

17 novembre 1946 - vengono chiamati al voto i cittadini di un primo consistente numero di comuni facenti parte del Centro-settentrione, con l'eccezione di quelli ancora soggetti all'amministrazione angloamericana o jugoslava; pertanto non partecipano coloro che risiedono nelle province di Bolzano, Fiume, Gorizia, Pola, Trieste e in buona parte di quella di Udine ad Est del Tagliamento, capoluogo compreso.

19 novembre 1946 - i risultati della penultima sessione elettorale vedono una netta vittoria del Pci in Emilia, ma anche sue importanti affermazioni in Piemonte e Liguria; il Psiup, quando non apparentato, ottiene la maggioranza relativa in molti comuni come Cremona, Milano e Rovigo. Nel Veneto e nella Lombardia orientale si ha, invece, una relativa maggioranza a favore della DC.

20 novembre 1946 - sul "Giornale d'Italia" Saragat e Zagari rilasciano entrambi interviste dove criticano la politica del Psiup, considerata troppo uniforme a quella del Pci, che di fatto imporrebbe la propria linea anche attraverso il nuovo patto di unità d'azione. Nei giorni successivi la polemica vedrà Nenni e Saragat controbattersi sulle pagine dell'"Avanti!".

24 novembre 1946 - ultima tornata elettorale; come già avvenuto, anche in quest'area le scelte dell'elettorato non presenteranno vistose discrepanze rispetto quanto emerso dalle votazioni effettuate nella precedente domenica.

26 novembre 1946 - si è delineato il successo comunista in tutta l'Emilia, sia nei capoluoghi che nei comuni delle province (anche se l'entroterra piacentino ha riservato qualche sorpresa, con un elettorato DC abbastanza presente); a Forlì e Ravenna il Pci si è presentato insieme al Pd'a e al Psiup, ma avrebbe vinto anche da solo, mentre, capoluogo a parte, la provincia di Parma ha mostrato una leggera prevalenza socialista. In tutti i capoluoghi della Liguria la maggioranza relativa va al Pci, così come nella quasi totalità dei comuni della provincia di La Spezia. Ad Aosta e in molti comuni della provincia si ha l'affermazione del Fronte Democratico Progressista (Pci, Pd'a, Psiup e che raccoglie anche i voti degli aderenti al Pri), superando la DC e l'Union Valdôtaine; il Pci è il primo partito ad Asti, Torino e Vercelli, mentre il Psiup raggiunge la maggioranza relativa ad Alessandria e Novara. A Cuneo vince, invece, la DC, che riesce, comunque, ad ottenere risultati favorevoli in molti municipi dell'entroterra piemontese e lombardo. I capoluoghi della Lombardia vedono solo a Mantova una robusta presenza comunista, mentre in quella provincia è il Psiup che prevale. Ai socialisti va anche la maggioranza relativa nelle città di Cremona, Milano e Varese; appannaggio della DC sono Bergamo, Brescia, Como, Pavia e Sondrio. Successo democristiano nelle provincia di Trento, nell'Udinese e nel Veneto, tranne a Rovigo città e provincia, dove il Psiup è il primo partito.

29 novembre 1946 - dopo la conclusione delle elezioni amministrative municipali, il mondo politico italiano (e non solo) compendia valutazioni e riflessioni che hanno accompagnato gli esiti delle otto domeniche di voto. Al responso delle urne si sono presentati oltre 150 partiti, ma quasi l'85% degli Italiani ha indirizzato il proprio voto verso le formazioni che già si riteneva avrebbero avuto la maggior parte dei consensi; la DC risulta maggioritaria a livello nazionale, seguita dal Psiup e dal Pci. La geografia elettorale italiana vede un Centro-meridione, già espressosi a favore della Monarchia, con una prevalenza della DC; rispetto al voto del referendum si intravede, però, un qualche cambiamento, con l'affermazione, in alcune zone, delle sinistre unite e un buon secondo risultato dei partiti marxisti in molti comuni. Emilia, Toscana e Umbria rappresentano quelle che vengono ormai definite le "regioni rosse", sebbene le province di Lucca, Massa-Carrara e Piacenza mostrano una rispettosa presenza democristiana. Zone rosse possono anche considerarsi le province di La Spezia, di Ancona e di Pesaro. Il Nord-Ovest vede le aree operaie simpatizzare per la sinistra, affermatasi in parecchi centri, compresi non pochi capoluoghi, ma in buona parte dei paesi contadini i consigli comunali sono in mano alla DC. Prevalenza democristiana nel Nord-Est. Fenomeno comune a molte zone dell'Italia (e prevalente proprio al Settentrione), chiunque ha vinto è tallonato dalla principale formazione avversaria. Fra i dirigenti del Pci e del Psiup, molti si vanno convincendo della convenienza di costituire un'unica forza proletaria; questo consentirebbe, nella prospettiva del prossimo appuntamento elettorale per l'Assemblea Costituente, migliori risultati, in specie in alcune zone del Centro-meridione, ma su questo aspetto Nenni nutre qualche dubbio. Lo stesso leader socialista ha coniato lo slogan «marciare divisi per colpire uniti», volendo puntualizzare l'autonomia formale e sostanziale del Psiup nel percorso politico intrapreso pur sempre a fianco del Pci, senza per questo rischiare l'appiattimento nei confronti di Togliatti, cosa che viene proprio contestata da Saragat e Zagari. In ragione dei risultati che mostrano i socialisti seconda forza politica della Nazione, superiore, anche se di poco, al Pci, logica politica vorrebbe il mantenimento separato dei due partiti della sinistra, partecipando con liste unificate solo in determinate aree; paradossalmente, però, il palesarsi di una possibile scissione da parte delle correnti che osteggiano l'attuale Segreteria del Psiup fanno nascere incognite, contraddittorie rispetto alla precedente riflessione, impensierendo ulteriormente Nenni. Nuovo argomento nelle riunioni del Consiglio dei Ministri di fine mese è la data delle votazioni per l'Assemblea Costituente; De Gasperi ritiene opportuno indirla prima della prossima primavera e glissa sulle battute che alcuni Ministri comunisti e socialisti fanno, in merito al benestare da oltre Atlantico riguardo la scelta.

12 dicembre 1946 - anche nella Democrazia Cristiana il dibattito interno si fa stringente; al Consiglio Nazionale i rappresentanti della corrente di sinistra, Dino Del Bo, Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani e Giuseppe Lazzati presentano una mozione di sfiducia nei confronti del Segretario Piccioni che, a sua volta, si dimette dalla carica, ma verrà rieletto due giorni dopo.

15 dicembre 1946 - a Washington il Dipartimento di Stato rilascia la notizia relativa ad una visita del presidente De Gasperi negli Stati Uniti, agli inizi del prossimo anno; l'invito è stato ufficializzato dopo che la rivista "Time" si è fatta promotrice del viaggio. Ad essere invitati sono stati pure re Umberto e Pietro Nenni. Il Sovrano preferisce declinare per non apparire troppo coinvolto nelle questioni politiche, altrettanto fa Nenni, che ha compreso l'intendimento statunitense di fare allontanare il Psiup dal Pci e teme possibili ripercussioni all'interno del proprio partito. Il Governo decide che la convocazione elettorale per l'Assemblea Costituente viene indetta per il 2 marzo 1947. Secondo i criteri adottati, viene erogato a disoccupati, reduci ed ex prigionieri di guerra il cosiddetto "premio della Monarchia".

26 dicembre 1946 - vari gruppi appartenenti al mondo neofascista si riuniscono nel Movimento Sociale Italiano, formazione politica che non nasconde «la naturale connessione» con la Rsi; da subito vengono prese misure di sorveglianza nei confronti degli appartenenti ed attuati controlli presso le relative strutture. Alcuni fra coloro che hanno aderito, infatti, sono latitanti in quanto ricercati per i loro trascorsi nella Repubblica di Salò.

31 dicembre 1946 - "l'Unità" pubblica un intervento di Togliatti sullo scontro interno al Psiup e critica pesantemente la posizione di Saragat e la sua, ormai evidente, volontà scissionistica.

1 gennaio 1947 - il nuovo anno si apre all'insegna dei problemi che ormai da tempo assediano l'Italia, dal carovita alla disoccupazione, dal razionamento dei generi alimentari, all'insufficienza energetica.

3 gennaio 1947 - De Gasperi parte da Roma per recarsi a Washington; è cosa nota che andrà a discutere di un prestito di 200 milioni di dollari che gli Stati Uniti sarebbero intenzionati a fare al Regno d'Italia. Si dice anche che un secondo acconto di circa 50 milioni di dollari verrà stanziato per pagare le spese di occupazione delle forze militari statunitensi, sostenute dal Governo italiano. La stampa dei partiti di sinistra denuncia il pericolo che potrebbe comportare l'erogazione di un prestito da parte degli Stati Uniti, il cui Governo ha deciso di non ripristinare l'isolazionismo d'anteguerra, intendendo essere più attivo e «determinante» nel panorama mondiale e non soltanto in termini di penetrazione commerciale. Si temono nefaste conseguenze per l'indipendenza politica dell'Italia, come già sta accadendo ad altre nazioni.

5 gennaio 1947 - De Gasperi giunge a Washington e iniziano i primi contatti con il segretario di Stato Byrnes.

7 gennaio 1947 - primo incontro tra De Gasperi e il presidente degli Stati Uniti Truman. Il segretario di Stato Byrnes presenta le proprie dimissioni; le motivazioni nulla hanno a che fare con il viaggio di De Gasperi. A Firenze, durante la III Conferenza nazionale d'organizzazione del Pci, Scoccimarro rivendica l'indipendenza dell'Italia come patrimonio intellettuale e ideologico dei comunisti, che non sono disposti a sacrificare la libertà e la sovranità nazionale e accettare vassallaggi economici e politici, a differenza di coloro che vogliono mantenere peculiari prerogative a danno delle masse. Nell'ambito dei lavori svolti nella riunione dei quadri comunisti, si discute di porre il partito come centro di gravità non soltanto nei confronti degli operai e dei braccianti agricoli, ma anche del ceto piccolo e medio borghese; la scelta politica espressa in più zone del Settentrione da molti appartenenti alla classe contadina, non sempre abbienti, è significativa e deve far riflettere. Fra i socialisti il clima si fa più rovente; la scelta scissionista pare ormai certa, ma Pertini tenta una mediazione fra Nenni e Saragat prima che avvenga la frattura.

9 gennaio 1947 - mentre De Gasperi e i suoi collaboratori prolungano il loro soggiorno negli Stati Uniti e si è ormai certi dell'accordo sul prestito al Regno d'Italia, si apre il XXV Congresso del Psiup presso l'Aula Magna dell'Università La Sapienza di Roma. Nonostante i tentativi di accordo dei giorni precedenti, la situazione è ormai precipitata. Saragat, che fino all'ultimo sembrava intenzionato a non presenziare, abbandona l'aula dopo una discussione polemica relativa all'ordine del giorno e si reca a palazzo Barberini, dove si verrà a costituire un vero e proprio "anticongresso", al quale partecipano alcuni degli aderenti alle correnti scissioniste, mentre altri faranno la spola tra le due riunioni. Nenni ribadisce, in un lungo discorso, che la scelta di politica interna è quella di collaborare con il Pci mentre in campo internazionale la posizione del partito è per il neutralismo. Si conclude la III Conferenza nazionale d'organizzazione del Pci; Pietro Secchia, nonostante gli iscritti siano aumentati, chiede si faccia di più per raggiungere quegli obiettivi numerici corrispondenti alla realtà dei lavoratori italiani che nel Partito Comunista vedono il proprio rappresentante. Nel suo intervento, Togliatti sostiene la necessità di «sviluppare la democrazia fino al limite estremo, che è quello del socialismo», per cui bisogna lavorare per incrementare e migliorare «capacità politica, organizzativa, ideologica» onde costruire la via italiana al socialismo.

11 gennaio 1947 - Saragat interviene al Congresso del Psiup e rimprovera agli attuali vertici il mantenimento di forti legami con l'Urss e l'asservimento alle posizioni del Pci, a differenza degli altri partiti socialisti europei che hanno una posizione molto più autonoma. La rottura è ormai fatta; nella stessa giornata il Psiup riprende il nome di Partito Socialista Italiano, così come era fino al 22 agosto 1943, mentre a palazzo Barberini gli scissionisti, definiti "saragattiani", fondano il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Segretario di questo viene proclamato lo stesso Saragat, mentre, due giorni dopo, Lelio Basso viene eletto Segretario del redivivo Psi.

16 gennaio 1947 - durante una riunione dove sono convenuti esponenti del Pci e del Psi, viene confermato il Patto di unità d'azione fra i due partiti.

17 gennaio 1947 - De Gasperi rientra a Roma e incontra re Umberto. Il viaggio ha "fruttato" un prestito immediato di 100 milioni di dollari concesso dalla Export-Import Bank sotto forma di crediti separati per specifici acquisti. Anche i 50 milioni di dollari ricevuti in conto spese per il mantenimento dei militari statunitensi in Italia, verranno spesi per comprare merci e prodotti negli Usa. Si parla pure di acquistare una cinquantina di navi da trasporto, le famose "Liberty", per garantire il costante flusso di rifornimenti dall'Atlantico al Mediterraneo; infatti gli Stati Uniti prevedono di garantire al Regno la fornitura di 220.000 tonnellate di grano e 700.000 di carbone al mese. Il Re e il Presidente del Consiglio discutono poi sul Trattato di pace, il cui contenuto, molto penalizzante per l'Italia, non ha avuto alcun "alleggerimento". Umberto II ritiene le condizioni imposte pesantissime per un paese che ha cercato di riscattarsi; De Gasperi condivide il pensiero ma la pressione internazionale è notevole e gli accordi economici stipulati con gli Stati Uniti potrebbero venire messi in discussione, per cui l'accettazione diviene dolorosamente necessaria. Entro il prossimo 10 febbraio il Governo dovrà recepire e sottoscrivere il Trattato, che la futura Assemblea Costituente sarà successivamente tenuta a ratificare. Nenni, pressato dai problemi dovuti alla scissione, presenta le dimissioni da Ministro degli Affari Esteri, volendo dedicarsi agli impegni di partito. A Bologna si apre il XIX congresso del Pri; dopo la chiusura dei lavori verrà confermata la scelta di non attivarsi nel quadro politico parlamentare nazionale, fintantoché non verrà mutata la forma dello Stato, nonostante tale prospettiva sia ormai compromessa.

18 gennaio 1947 - il Ministro per la Consulta Saragat e il Sottosegretario alla Marina Angelo Corsi presentano le proprie dimissioni, in quanto aderenti al Psli. De Gasperi, come già fatto con Nenni, invita per il momento a soprassedere, in attesa di un chiarimento politico che coinvolga tutto il Governo.

19 gennaio 1947 - all'interno della DC molti esponenti ritengono sia giunto il momento di cambiare la compagine che partecipa all'esecutivo. La Direzione comunista esprime la propria contrarietà all'apertura di una crisi di governo. Il Re invia un proprio messaggio al Governo, auspicando che le attuali difficoltà possano essere celermente superate per evitare ritardi nell'attuazione del programma teso alla ricostruzione e alla rinascita del Paese.

20 gennaio 1947 - conferenza stampa di De Gasperi in merito al viaggio negli Stati Uniti: il Presidente tende a minimizzare dubbi e timori paventati sulla stampa di sinistra in proposito a quanto ottenuto dagli Stati Uniti in concessione di prestiti, crediti e forniture; tutto questo non è vincolato a precise richieste dell'amministrazione Truman, come, ad esempio, l'assoluta indiscutibilità del Trattato di pace. De Gasperi aggiunge, infine, che «Gli obiettivi del viaggio sono stati pienamente raggiunti». Quando i giornalisti chiedono cosa s'intende fare per risolvere quella che appare una crisi politica, De Gasperi dichiara che si è resa necessaria una «consultazione generale» delle forze politiche, onde formare un nuovo esecutivo. La notizia coglie tutti di sorpresa e si saprà poi che nessuno dei componenti del Governo è stato preventivamente informato della decisione del Presidente del Consiglio, né tanto meno il Re, che accoglie le dimissioni di De Gasperi nel tardo pomeriggio.

21 gennaio 1947 - Umberto II inizia le consultazioni per la formazione del nuovo Gabinetto; i vari esponenti politici sembrano orientati a cercare di recuperare la situazione.

22 gennaio 1947 - Nenni, che ancora ricopre la carica di Ministro degli Affari Esteri, consegna agli ambasciatori di Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica, una nota nella quale il Regno d'Italia chiede la revisione del Trattato di pace dato che questo, specie riguardo le clausole territoriali, «urta la coscienza nazionale». Alla sera il Sovrano dà l'ennesimo incarico al Presidente dimissionario.

23 gennaio 1947 - da subito si evidenzia il tentativo di De Gasperi di escludere Pci e Psi dal prossimo esecutivo; ma le difficoltà sorte dapprima con i socialisti "saragattiani" e poi con gli azionisti e i demolavoristi non rendono agevole il raggiungimento dell'obiettivo. De Gasperi deve anche tenere in conto la posizione della sinistra democristiana. Anche la destra del partito si fa sentire, al momento di considerare le proposte programmatiche avanzate dal Pci, che prevedono la nazionalizzazione della Banca d'Italia e dell'industria elettrica. Appare dai più condivisa, invece, l'idea di De Gasperi sulla riduzione dei Ministeri, con l'accorpamento di Finanze e Tesoro e un unico Dicastero con competenza sulle tre Forze Armate.

24 gennaio 1947 - le polemiche fra i vari rappresentanti di vertice si fanno sempre più aspre. De Gasperi, intenzionato a non riproporre l'"Esarchia", ritenuta esaurita la spinta e la logica del Cln, ipotizza un monocolore democristiano, ma si trova presto costretto a fare una precipitosa marcia indietro e a valutare un governo DC, Pci e Psi, i "tre grandi partiti di massa". Togliatti afferma che il tripartito è una «risultante obiettiva della situazione politica e delle prospettive di sviluppo della democrazia italiana» e, a differenza del novembre 1944, stavolta Nenni è ben disposto ad appoggiare la soluzione. Nel pomeriggio, a causa di alcune dichiarazioni di Nenni, si ha un brusco irrigidimento delle trattative con il Presidente incaricato.

27 gennaio 1947 - la soluzione del tripartito pare essere la migliore e si parla già di schiarita, ma "l'Unità" pubblica un articolo di Togliatti che torna a domandarsi sulla vera ragione della crisi: «Lo stesso Re - puntualizza il segretario comunista - ha invitato ad una soluzione del problema, sorto a seguito delle dimissioni dei membri del Governo appartenenti al Psli, astenendosi, in maniera discreta e corretta, dal suggerire ciò che era chiaro ed evidente a tutti doversi fare: e cioè la sostituzione con esponenti del Psi delle figure dimissionarie. Invece si è voluto aprire una crisi che non ha alcuna spiegazione, a meno che essa sia stata dovuta ad una decisione, se non imposta, per lo meno suggerita con insistenza, dall'estero e precisamente dagli esponenti di quei circoli politici americani che si erano affollati intorno a De Gasperi durante il viaggio negli Stati Uniti».

28 gennaio 1947 - si rischia una recrudescenza delle polemiche e il naufragio degli accordi, ma i colloqui riprendono e i vari leader si chiariscono; ormai è necessario stringere i tempi per definire la questione del Trattato di pace e aprire la campagna elettorale per l'Assemblea Costituente.

29 gennaio 1947 - giura davanti al Re il III governo De Gasperi, costituito dai tre partiti maggioritari. Oltre alla Presidenza, De Gasperi ha l'interim dell'Africa Italiana e quello degli Affari esteri, mentre la responsabilità per l'Interno è stata assunta dal democristiano Mario Scelba; alla Difesa il demolavorista Luigi Gasparotto, alle Finanze e Tesoro il democristiano Pietro Campilli, alla Consulta il socialista Romita, mentre al posto di Togliatti, come Guardasigilli viene nominato il comunista Fausto Gullo. In una successiva conferenza stampa vengono illustrati gli obiettivi programmatici, che sono quelli già esposti con il II governo De Gasperi, puntualizzando che il calendario vede prossimi la firma del Trattato di pace e l'elezione dell'Assemblea Costituente. Il presidente De Gasperi conclude la conferenza augurando agli Italiani che questo sia l'ultimo Governo che non chiede la fiducia, poiché il prossimo lo farà presentandosi di fronte ad un organo parlamentare da loro liberamente eletto.

31 gennaio 1947 - dopo un lungo incontro tra i leader del Pci e del Psi, si è giunti alla decisione di partecipare alla campagna elettorale per la Costituente con un'unica formazione che raggruppi i due partiti, per come già attuato in alcuni collegi nelle precedenti elezioni amministrative; Nenni ha insistito per stringere questo patto, preoccupato che la scissione di Saragat possa privare il Psi di una parte dell'elettorato. Il simbolo di questa lista unitaria, battezzata Fronte Democratico Popolare, sarà il volto di Giuseppe Garibaldi.

2 febbraio 1947 - con un discorso congiunto a Roma, Nenni e Togliatti aprono la campagna elettorale per la Costituente, ma il comizio è disturbato da agitatori appartenenti al Msi e si verificano molti scontri tra questi e i militanti del Pci e del Psi; le forze dell'ordine finiscono per contrastare ambedue le parti nel tentativo di tenerle separate.

3 febbraio 1947 - riunione del Consiglio dei Ministri riguardo la situazione dell'ordine pubblico; a seguito di quanto accaduto il giorno precedente, i membri comunisti e socialisti, ma anche qualche democristiano, chiedono di attivare ancor più ferrei e stretti controlli su strutture, aderenti e simpatizzanti del Movimento sociale Italiano. Nonostante alcune polemiche con il Ministro dell'Interno, alla fine si giunge alla conclusione di far addirittura sospendere, attraverso un apposito regio decreto-legge, le attività del Movimento Sociale ed escluderne le liste elettorali, impedendone la partecipazione alla campagna per la Costituente.

4 febbraio 1947 - le disposizioni che estromettono il Movimento Sociale dalla vita politica del Paese creano forti tensioni sul territorio ma poco dibattito politico. Il Re si dichiara rattristato di dover promulgare un decreto che limita le libertà di alcuni cittadini, ma ne comprende appieno la necessità. Molti degli esponenti missini vengono sottoposti a misure restrittive, ma alcuni di essi decidono di entrare in "clandestinità".

6 febbraio 1947 - il Consiglio dei Ministri inizia la discussione relativamente alla questione della firma del Trattato di pace; De Gasperi dichiara «l'ineluttabilità» del compito che spetta al Governo e che non si può più rinviare. Assodato che richieste e note di protesta non hanno sortito alcun effetto e che non vi sono margini di trattativa, il Governo decide di firmare il Trattato, lasciando la ratifica alla futura Assemblea Costituente. Il ministro ai Lavori Pubblici Sereni e il ministro all'Industria e Commercio Morandi danno l'assenso rispettivamente a nome del Pci e del Psi; recalcitranti si mostrano i democristiani, con il ministro alla Pubblica Istruzione Guido Gonella e quello all'Interno Scelba che minacciano le dimissioni, ma De Gasperi riesce a farli recedere dal loro proposito. Viene nominato quale delegato alla firma l'ambasciatore Antonio Meli Lupi di Soragna, già Segretario Generale della delegazione italiana presso la Conferenza di pace di Parigi. Scelba ripropone nel pomeriggio le proprie dimissioni, ma il Presidente del Consiglio e lo stesso Re gli fanno presente il rischio che corre il Governo appena formato e che le implicazioni relative al prossimo appuntamento elettorale, impongono senso della realtà e disciplina politica; il ministro dell'Interno recede dal proprio intendimento.

Perdite territoriali del Regno d'Italia a seguito del Trattato di Pace del 1947

Perdite territoriali del Regno d'Italia a seguito del Trattato di Pace del 1947

10 febbraio 1947 - l'ambasciatore Lupi di Soragna, in qualità di funzionario statale e non di politico, firma a Parigi il Trattato di pace. I confini italiani tornano a quelli in essere alla data del 1° gennaio 1938, con ulteriori modifiche riduttive. Il Regno dovrà cedere alla Jugoslavia quasi tutta la Venezia Giulia (l'intera Istria, l'alta valle dell'Isonzo con l'entroterra fino al crinale delle Alpi Giulie, gran parte del Carso goriziano e triestino), le città di Fiume e Zara e le isole dalmate di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa; si tratta, in realtà, del riconoscimento formale di uno stato di fatto. Viene sancita la perdita di sovranità su Trieste e su un'area circostante che costituisce il "Territorio Libero di Trieste", il quale comprende due zone, temporaneamente e rispettivamente soggette all'autorità militare angloamericana e a quella jugoslava. Alla Francia va un'area di 770 kmq sul confine occidentale (comuni di Briga e Tenda, passo del Monginevro, Valle Stretta del monte Thabor, parte del Moncenisio con le centrali idroelettriche presenti, parte del Piccolo San Bernardo). La cessione del Dodecaneso alla Grecia viene imposta, nonostante sia stato il Regno d'Italia a proporlo. All'Albania andrà l'isola di Saseno. Imposta anche la rinuncia a tutti i possedimenti coloniali (Eritrea, Somalia, Libia, la concessione cinese di Tientsin e i diritti sulle concessioni internazionali di Shanghai e Amoy). Il Trattato prevede anche la consegna di parte della flotta militare e di molti beni italiani all'estero, la restituzione di beni sottratti e il pagamento di ingenti indennizzi ad Albania, Etiopia, Grecia, Jugoslavia e Urss, per un totale di 360 milioni di dollari Usa. Riguardo le Forze Armate, sono previste limitazioni nel numero degli effettivi e nella quantità e tipologia degli armamenti. Vi è poi la smilitarizzazione dei confini continentali per una fascia di 20 km, oltre a quella totale degli arcipelaghi del Canale di Sicilia e dell'isola di Pianosa nell'Adriatico; altre misure di smilitarizzazione interessano la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. Clausole specifiche riguardano l'applicazione di leggi a garanzia delle libertà fondamentali dei cittadini residenti nel Regno; la lotta al fascismo, prevenendone la sua rinascita; la collaborazione nell'arresto dei criminali di guerra italiani e la consegna alle Nazioni che ne facciano richiesta per portarli in giudizio; infine viene imposta la non perseguibilità degli Italiani che hanno, in qualsiasi modo, favorito la causa delle Nazioni Unite. In Italia si protesta per la durezza di molti dei vincoli del Trattato; la Cgil proclama dieci minuti di sospensione del lavoro e manifestazioni spontanee avvengono in tutto il Paese. A Roma una cerimonia al monumento al Milite Ignoto viene turbata da provocatori di matrice fascista; immediata reazione delle forze dell'ordine che ne arrestano la maggior parte. A Pola, una donna, in seguito identificata come Maria Pasquinelli, in atto di protesta a seguito della definitiva assegnazione della città istriana alla Jugoslavia, uccide con tre colpi di pistola il comandante britannico della guarnigione alleata, brigadiere generale Robert W. De Winton.

11 febbraio 1947 - in qualità di Ministro degli Affari Esteri, De Gasperi torna a chiedere la revisione del Trattato di pace.

23 febbraio 1947 - in tutta Italia si svolge la "giornata del contadino", una manifestazione con raduni, cortei e comizi dove i lavoratori della terra rivendicano l'attuazione della riforma agraria.

febbraio 1947 - l'ultima settimana di campagna elettorale è sconvolta da una serie di tentativi da parte di agitatori di estrema destra che vengono, comunque, contenuti dalle forze dell'ordine italiane, collaborate dalle polizie militari britannica e statunitense.

2 marzo 1947 - si svolgono, sotto attenta sorveglianza degli organi preposti alla pubblica sicurezza al fine di prevenire incidenti, le votazioni per la Costituente; non votano i cittadini della provincia di Bolzano e di parte di quella di Udine, ancora soggetti all'amministrazione militare anglo-americana. Il corpo elettorale, rispetto all'anno precedente, si è comunque incrementato con molti dei prigionieri e degli internati che sono, nel frattempo rientrati dall'estero; non ne fanno invece parte i sempre più numerosi profughi giuliani che, di giorno in giorno, giungono nel Regno d'Italia provenienti dall'Istria e dalle altre zone della Venezia Giulia diventate, ormai ufficialmente, territorio jugoslavo.

4 marzo 1947 - vengono dati i risultati ufficiali delle votazioni svoltesi nelle 31 circoscrizioni elettorali per eleggere i 556 deputati; su 28.561.502 elettori aventi diritto al voto si sono presentati alle urne 25.892.700 cittadini; 24.075.723 sono stati i voti validi, mentre le schede invalidate sono state 1.816.977, di cui 411.694 bianche. Suddivisi nelle varie formazione che hanno partecipato alla competizione, i seggi sono stati così distribuiti: Democrazia Cristiana 223; Fronte Democratico Popolare per la libertà, la pace, il lavoro 186; Unione Democratica Nazionale (coalizione liberale) 71; Partito Socialista dei Lavoratori Italiani 32; Partito d'Azione 19; Concentrazione Democratica Repubblicana 14; Movimento Indipendentista Siciliano 4; Partito Sardo d'Azione 2; un seggio ciascuno ottengono il Fronte Democratico Progressista (Pci, Pd'a e Psi nella circoscrizione della Valle d'Aosta), il Movimento Unionista Italiano, il Partito dei Contadini d'Italia, il Partito Cristiano Sociale e il Partito Democratico del Lavoro. Tutte le altre formazioni non hanno raggiunto voti sufficienti per eleggere deputati. La geografia politica italiana non ha subito evidenti cambiamenti rispetto alle precedenti elezioni amministrative. Il voto moderato si è concentrato nella DC e nel Pli. Il blocco marxista non ha raggiunto l'ambito traguardo di prima formazione politica del Paese, a causa anche della scissione dei "saragattiani", che hanno conseguito, invece, un discreto risultato. L'area laica di sinistra ha attirato le preferenze degli elettori che non potevano votare il Pri, non presentatosi per la pregiudiziale istituzionale, ma i repubblicani, che non si sono astenuti dall'esercitare il voto, si sono divisi tra gli azionisti e la Concentrazione Democratica Repubblicana di La Malfa e Parri. Marginali come quantità i delegati degli altri partiti; spiacevolmente sorpresi i demolavoristi, che ritenevano di poter aspirare autonomamente ad una rappresentanza alla Costituente un po' più numerosa, sebbene nell'ambito dell'Unione Democratica Nazionale sono riusciti a fare eleggere nove deputati. L'estrema destra neofascista era intenzionata a disertare le urne, ma è probabile che i suoi sostenitori siano gli autori di buona parte delle schede invalidate.

5 marzo 1947 - dopo un messaggio di congratulazioni da parte di Umberto II ai rappresentanti dei vari partiti e ai delegati all'Assemblea, il Sovrano esprime il più vivo augurio che, quanto prima, abbia inizio una feconda attività legislativa, supporto fondamentale nel poter contribuire alla risoluzione di alcune delle questioni che, fino ad oggi, hanno ostacolato la piena rinascita della Nazione.

7 marzo 1947 - vari articoli a firma di influenti personalità della sinistra italiana, giudicano e criticano la posizione mondiale che il presidente Truman intende fare assumere agli Stati Uniti d'America, forti del loro ruolo economico e militare; viene anche biasimata la declamata superiorità delle libertà economiche, considerate più importanti della pace stessa.

10 marzo 1947 - a Mosca ha inizio la Conferenza dei Ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica; si deve decidere riguardo l'assetto della Germania e dell'Austria.

11 marzo 1947 - prima seduta dell'Assemblea Costituente alla quale presenzia re Umberto. Vittorio Emanuele Orlando inaugura l'insediamento del nuovo corpo legislativo, alla cui Presidenza viene eletto Saragat con 290 voti su 468 votanti; subito dopo il Sovrano giura fedeltà alle leggi dello Stato, ottemperando al dettato che richiede tale atto di fronte al Parlamento.

12 marzo 1947 - De Gasperi presenta le dimissioni al Re, che subito lo incarica di formare un nuovo governo; l'opinione pubblica e parte della stampa pensano si tratti di un atto formale e che seguirà la riconferma dell'intero esecutivo così com'è, ma c'è chi invece subodora qualcosa di molto più eclatante. Di fronte alla sessione congiunta del Congresso statunitense, il presidente Truman sostiene che esiste una minaccia comunista nei confronti dell'Europa e dichiara che ovunque la libertà verrà minacciata gli Stati Uniti interverranno per contrastare tale pericolo. È l'enunciazione di quella che verrà definita la "dottrina Truman".

14 marzo 1947 - il Presidente incaricato inizia il giro delle consultazioni con gli esponenti dei vari partiti presenti nell'Assemblea Costituente. Sia i comunisti che i socialisti da subito comprendono l'atteggiamento di Togliatti che mira ad estrometterli dalla gestione del Paese. Il leader democristiano ritiene che essendo finalmente presente un organo parlamentare, liberamente eletto e legittimato, questo rappresenti lo specchio della volontà popolare e che si può, ormai, impostare la dinamica politica nell'ottica di maggioranza ed opposizione. Nei colloqui con Nenni e Togliatti, De Gasperi sostiene che è definitivamente terminata la stagione che ha visto i partiti antifascisti collaborare per fare fronte comune nel particolare frangente della guerra di Liberazione. Lo stesso tripartito, che ha caratterizzato l'ultimo scorcio temporale, non è altro che il prosieguo della logica nata con il Cln e, quindi, non più adeguato alle esigenze del Paese; esso non ha più ragione di essere mantenuto in vita, specie se si continua ad escludere, per pregiudiziali ragioni ideologiche, quello che il leader democristiano definisce il «quarto partito», composto dagli esponenti delle classi medie e del mondo economico. Questo "partito" può vanificare ogni sforzo ricostruttivo «attraverso il sabotaggio del prestito e la fuga dei capitali, l'aumento dei prezzi e le campagne scandalistiche», per cui è sostanzialmente vitale coinvolgerlo nell'attività di governo. A conclusione del Comitato Direttivo della Cgil, nonostante i contrasti tra le varie correnti interne, all'unanimità si giunge ad approvare il rinvio del Congresso nazionale a giugno e di non rinnovare la cosiddetta "tregua salariale", la cui scadenza è fissata per il successivo 31 marzo.

15 marzo 1947 - proteste e comizi spontanei si verificano in tutte le fabbriche italiane, dopo che è diventata di dominio pubblico la notizia che il prossimo governo non vedrà partecipanti i partiti della sinistra, genuina espressione delle masse lavoratrici.

17 marzo 1947 - l'Alto commissario per l'alimentazione annuncia la riduzione della razione quotidiana di pane da 225 a 200 grammi; la notizia viene immediatamente strumentalizzata sia dai partiti della sinistra, sia da quelli moderati. Per il Pci e il Psi, l'avvisaglia di nuovi problemi economici e sociali rende più che mai in questo momento necessaria la collaborazione di tutte le forze politiche, prima che si rischi l'insorgenza di tensioni nel Paese. Su "Il Popolo" Andreotti risponde che è stato proprio lo scollamento tra la realtà nazionale e la politica proposta dai partiti della sinistra a causare l'adozione di una tale misura; solo riforme equilibrate e che tengano conto di tutti gli interessi delle varie componenti sociali, potranno risolvere i problemi che attanagliano l'Italia. Sempre sul quotidiano democristiano viene pubblicata una lettera, a firma del segretario Piccioni, inviata ai dirigenti centrali e periferici della DC, dove il «tripartitismo» viene definito non una collaborazione, bensì una «coabitazione forzata».

20 marzo 1947 - "Il Popolo" pubblica un articolo di Andreotti, scritto su suggerimento dello stesso De Gasperi, intitolato «La volontà del Paese espressa nelle libere elezioni: il tripartito no». Il Ministero dell'Interno decide di attivare misure precauzionali per evitare il turbamento dell'ordine pubblico, impartendo specifiche direttive riguardanti la gestione dei reparti della "Celere" e nel controllo del territorio; anche i "Battaglioni mobili" dei Carabinieri Reali adottano le disposizioni in questione.

24 marzo 1947 - dopo una settimana di incontri e di colloqui, De Gasperi presenta al Re il suo quarto Governo: si tratta di una coalizione che vede il Pli a fianco della DC. Vicepresidente è il liberale Luigi Einaudi, Governatore della Banca d'Italia e designato a dirigere il Ministero delle Finanze e del Tesoro. De Gasperi prosegue a mantenere l'interim degli Affari Esteri e dell'Africa italiana; confermato Scelba all'Interno, mentre il democristiano Mario Cingolani va alla Difesa e il liberale Giuseppe Grassi viene nominato guardasigilli; tutti gli altri nove Ministri appartengono alla DC, seguendo una ripartizione in base alla forza delle varie correnti interne al partito. Per la prima volta Andreotti entra in una compagine governativa, in qualità di Sottosegretario alla Presidenza.

25 marzo 1947 - il IV governo De Gasperi giura davanti al Re.

26 marzo 1947 - all'Assemblea Costituente ha inizio il dibattito sulla fiducia al nuovo Gabinetto; durante l'esposizione del programma da parte di De Gasperi, numerose sono le interruzioni polemiche provenienti dai banchi della sinistra, in quanto il "Cancelliere", come viene polemicamente definito De Gasperi, ripropone quasi esattamente quanto da egli stesso enunciato nei discorsi relativi ai due precedenti insediamenti. Il leader democristiano ritiene questo esecutivo un «governo d'emergenza» teso ad evitare la rovina economica e finanziaria del Paese.

27 marzo 1947 - Togliatti su "l'Unità" è estremamente duro e pungente, affermando che «Il programma esposto dal Cancelliere De Gasperi suona falso e ridicolo. I liberisti sono dunque pronti a sposare il progresso? Eccoli marciare accanto alle grandi masse verso un promettente futuro, dove insieme combattono il carovita, insieme perseguono gli speculatori, insieme appoggiano i Consigli di gestione degli operai nelle industrie. Eccoli distribuire le terre incolte ai contadini. Eccoli pronti a rinnegare i principi capitalisti ai quali, fino ad ieri, erano legati. Tutto ciò è offensivo per i lavoratori e le classi meno abbienti. Perché c'è stato bisogno di fare una crisi? Perché è stato sconfessato il precedente Governo se ne viene ricopiato il medesimo programma? Programma che, si badi bene, era lo stesso concordato nel giugno dell'anno scorso al momento dell'insediamento del fu II governo del Cancelliere De Gasperi. Il Partito Comunista e il Partito Socialista, in quel frangente, giunsero ad accettare dei compromessi, richiesti dai democristiani e dai liberali in merito ad alcune misure di carattere sociale ed economico, ma ricevendo garanzie che non vi sarebbero state ulteriori ricadute negative sui lavoratori. Oggi si ripropone un elenco di provvedimenti dove, accanto a quelli di stampo liberistico di sicura attuazione, albergano intendimenti di natura riformista che mai vedranno luce, essendo oggi esclusi dal governo i rappresentanti del popolo lavoratore per lasciare libero campo ai rappresentanti dei profittatori. Quali risposte avranno i lavoratori e i disoccupati alle loro legittime domande di giustizia sociale? Come s'intende fronteggiare la disoccupazione? Attraverso, forse, un aumento di posti di lavoro che deriverebbero da una riforma agraria che è ben lungi dal divenire? Nel frattempo i consorzi agrari, dominio dei democristiani e complici dei grandi proprietari terrieri, gestiranno i braccianti a loro uso e consumo. Questa è la soluzione del cancelliere De Gasperi al prossimo sblocco dei licenziamenti nell'industria: far trasferire gli operai nelle campagne, a lavorare per salari molto meno che modesti. E quindi la risposta alla prima domanda è chiara: la crisi dell'esecutivo è stata voluta dai convergenti interessi locali e d'oltreoceano per far si che i partiti che rappresentano il proletariato e lo difendono, siano estromessi dall'esecutivo stesso. Ma coloro che perseguono tali fini s'illudono se pensano che ciò rallenterà lo sviluppo della democrazia in Italia». Non meno mordace è Nenni, che sulle pagine dell'"Avanti!" stigmatizza su quanto differirà, rispetto alle intenzioni dichiarate, la messa in opera dei vari punti programmatici, dei quali rivendica, insieme ai comunisti, la paternità. Anche l'imposta straordinaria sui patrimoni è oggetto di critica: «Forse è vera l'intenzione di applicarla, visto che il Re si sta disfacendo dei propri immobili, così non dovrà contribuirvi. Altro che venderli per erogare un premio agli Italiani!» Il leader socialista recrimina poi sulla massiccia presenza militare straniera in Italia e critica la permanenza della Commissione Alleata, definita «angloamericana», che prosegue nel suo «autoritario compito di consulenza e controllo del Governo italiano». Ancor più aspramente biasimata è la rotazione in Puglia delle truppe britanniche che, dopo aver «massacrato i patrioti greci, vengono a riposarsi in Italia».

31 marzo 1947 - l'Assemblea Costituente decide di istituire la Commissione per lo Statuto, composta da 75 membri e che per questo verrà in seguito definita "Commissione dei 75"; al suo interno saranno presenti, rispettando la proporzionalità dei gruppi parlamentari, i deputati incaricati di «elaborare e proporre il progetto del nuovo Statuto del Regno». Donato Menichella, che ha assunto le funzioni di Governatore della Banca d'Italia in sostituzione di Einaudi, ora Ministro delle Finanze e del Tesoro, presenta la relazione annuale dell'istituto, dove si denuncia la gravità della situazione economica del paese; vengono sollecitate misure per il contenimento dell'inflazione. Durante un comizio alla Basilica di Massenzio a Roma, Walter Audisio, il colonnello Valerio, ricostruisce la cattura e la fucilazione di Benito Mussolini; nell'occasione viene smentita la notizia che l'«oro di Dongo» sarebbe caduto in mano dei partigiani. Sul palco interviene anche Secchia che definisce l'esecuzione del dittatore fascista «una condanna al passato» e «un monito per l'avvenire».

3 aprile 1947 - a termine dei lavori del II Congresso nazionale del Partito d'Azione, è emersa l'intenzione di far confluire la formazione verso il Psi.

5 aprile 1947 - prima seduta della Commissione per lo Statuto, i cui membri sono stati nominati nei giorni precedenti; viene eletto Presidente il demolavorista Ruini.

8 aprile 1947 - l'Assemblea Costituente procede a costituire varie Commissioni parlamentari per svolgere i lavori sulla base delle distinte materie su cui intervenire.

10 aprile 1947 - a conclusione del dibattito sulla nascita del IV governo De Gasperi, l'Assemblea Costituente approva la mozione di fiducia con 274 voti a favore, 231 contrari e 4 astenuti su 509 votanti. Nella stessa giornata la Commissione per lo Statuto definisce la propria ripartizione in tre Sottocommissioni, nominando presidenti e segretari di ciascuna di esse e stabilendone le specifiche tematiche di competenza; la Prima Sottocommissione si occuperà di diritti e doveri dei cittadini, la Seconda dell'organizzazione costituzionale dello Stato, la Terza, infine, dei lineamenti economici e sociali.

11 aprile 1947 - il Consiglio dei Ministri inizia a discutere della situazione economica e finanziaria del Regno.

12 aprile 1947 - presso la Seconda Sottocommissione si hanno animate discussioni riguardo le prerogative dell'Assemblea Costituente sulla scelta della persona del Sovrano; i componenti che fanno capo alla sinistra (azionisti, comunisti, democratico-repubblicani e socialisti) ma anche i social-lavoristi, sostengono che la scelta monarchica del Popolo non può esimere i rappresentanti dello stesso, nel rispetto del risultato referendario, dalla prerogativa di stabilire chi dovrà rappresentare la Monarchia italiana. Da quel momento e nelle settimane a seguire, inizia una serie di discussioni che raggiungono spesso alti toni di contrasto; vengono avanzate sia le motivazioni inerenti al cambio della persona del Re o della dinastia stessa, sia le repliche riguardo le ripercussioni politiche e sociali che influenzerebbero il Paese, oltre alle implicazione di carattere internazionale. Per principio, gli stessi democristiani e i liberali non sono contrari alla facoltà dell'Assemblea di esercitare una tale prerogativa e ritengono opportuno precisarlo nel nuovo Statuto, ma la scelta di una persona diversa dall'attuale Sovrano in carica potrebbe rivelarsi fonte di una crisi istituzionale, di tensioni interne alla popolazione, di possibili infausti tumulti, che non sono certo necessari ad una nazione, meno che mai nel particolare momento di recessione. D'altra parte, la scelta referendaria è stata fatta dalla maggioranza della popolazione non soltanto nei confronti di un ideale monarchico vago e generico, ma per una determinata casa regnante che è quella in essere e che è personificata dall'attuale Re.

15 aprile 1947 - una serie di misure urgenti viene decisa e immediatamente resa esecutiva attraverso appositi regi decreti legge: imposta straordinaria sui patrimoni superiori ai tre milioni di lire, revisione della ricchezza mobile, acquisto di carne nelle sole giornate dal sabato al lunedì, divieto di costruzione di edifici di lusso. Si da inoltre l'avvio ad uno studio per eliminare sprechi nella spesa pubblica e un piano per colpire la speculazione.

20 aprile 1947 - si svolgono le elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, organo locale previsto a seguito della particolare autonomia concessa all'isola, onde stemperarne le istanze indipendentiste.

21 aprile 1947 - su richiesta della Commissione per i trattati, presieduta da Bonomi, De Gasperi, in duplice veste di Presidente del Consiglio e di Ministro degli Affari Esteri, si presenta per illustrare l'iter che ha comportato la decisione di firmare il Trattato di pace prima della ratifica da parte della stessa Assemblea, decisione presa dal precedente Governo che non godeva di un effettivo mandato del Popolo, in quanto non eletto; De Gasperi riferisce le motivazioni che hanno indotto l'esecutivo a compiere la scelta in questione, nell'interesse del Paese e assumendosene la responsabilità. Al temine della seduta è approvato un ordine del giorno, predisposto dal democristiano Giovanni Gronchi, dove i membri della Commissione, preso atto delle dichiarazioni ascoltate, «ribadiscono che l'Assemblea Costituente resta comunque pienamente libera e sovrana, secondo la sua legge costitutiva, di decidere in sede di ratifica».

23 aprile 1947 - i risultati delle elezioni regionali in Sicilia vedono come prima formazione politica il Blocco del Popolo, nel quale sono confluiti pure gli azionisti, che raggiunge il numero di 29 seggi. Subito dietro vi è la Democrazia Cristiana, con 25 seggi e il Partito Liberale con 19; 9 seggi ottengono gli indipendentisti, 4 il Psli, 3 il Pri, un solo seggio il Pdl. Sebbene l'alleanza fra DC e Pli costituisce una forza con la quale doversi confrontare, sostanzialmente la sinistra ha vinto le elezioni e questo da non pochi pensieri, sia a Roma sia a Palermo e non soltanto tra gli ambienti politici.

24 aprile 1947 - in una riunione congiunta delle quattro Commissioni legislative dell'Assemblea Costituente, il ministro delle Finanze e del Tesoro Einaudi relaziona sullo stato economico del Regno.

28 aprile 1947 - durante alcune manifestazioni contro il carovita, a Roma, a Messina e in molte zone della Calabria scoppiano tafferugli tra i manifestanti e le forze dell'ordine, degenerando subito in scontri. In un discorso alla radio, il presidente De Gasperi invita i cittadini ad avere fiducia nell'economia del Paese.

30 aprile 1947 - mentre si svolge una riunione del Consiglio dei Ministri, De Gasperi esorta i propri colleghi a guardare la realtà nazionale con responsabilità ma anche con ottimismo.

1 maggio 1947 - a Portella delle Ginestre, nei pressi di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, oltre 2.000 persone si radunano in occasione della festa dei lavoratori; oltre a questa celebrazione, si festeggia la recente vittoria del Fronte Democratico Popolare e si manifesta contro il latifondismo e la mancata attuazione della riforma agraria. Il comizio è appena iniziato, quando da uno dei monti che sovrastano la vallata vengono esplosi numerosi colpi di armi da fuoco automatiche; la sparatoria dura per un quarto d'ora e quando si conclude restano uccise undici persone fra adulti e bambini e ventisette sono i feriti. L'indignazione sconvolge l'intero Regno; la segreteria della Cgil si riunisce urgentemente e proclama uno sciopero generale per il successivo sabato.

2 maggio 1947 - l'Assemblea Costituente discute dell'eccidio avvenuto in Sicilia; il ministro del'Interno Scelba dichiara che tale azione delittuosa non ha alcun risvolto politico. La reazione di comunisti e socialisti, riuniti in quello che viene anche definito "Blocco del Popolo", è di forte sdegno e presto dalle parole di critica e di protesta si giunge a violenti contrasti fisici con gli esponenti più reazionari della maggioranza.

3 maggio 1947- a partire della 11.00 ha inizio lo sciopero generale in tutta Italia a seguito dei luttuosi fatti avvenuti in Sicilia. Al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana si ha un aspro dibattito tra le correnti dei "dossettiani" e dei "sindacalisti" a confronto con gli esponenti della destra del partito; i rappresentanti delle prime premono per recuperare un rapporto di governo con le sinistre, ma l'intervento di De Gasperi, che parla di portare avanti riforme nell'interesse di tutto il Paese e in primis delle masse, fa smorzare i toni.

4 maggio 1947 - Togliatti scrive su "l'Unità" che non solo la ripresa economica viene sabotata da coloro fanno parte di quella «piccola minoranza dei ceti più ricchi, degli speculatori, dei privilegiati», ma che questi ambienti usano ormai mezzi di pressione contro i lavoratori «facendo ricorso senza scrupoli all'arma del panico (insegni la Sicilia!) e persino a quella della provocazione». E su tutto questo, prosegue il leader comunista, «aleggia soffocante l'ingerenza dell'intervento straniero, che al pari della lotta dei ricchi contro i poveri è offesa e minaccia alla democrazia».

5 maggio 1947 - l'Assemblea Costituente approva a scrutinio segreto l'adesione dell'Italia agli accordi di Bretton Woods che definiscono norme e procedure per regolare la politica monetaria internazionale.

7 maggio 1947 - il dibattito sull'attribuzione alla Costituente di poter scegliere la persona del Re continua a rendere difficoltoso il clima nella Seconda Sottocommissione; assodato che il compito in questione è di diritto dell'organo parlamentare, si è entrati nel merito delle possibili opzioni di scelta. Scartata l'ipotesi di vagliare un rappresentante di una famiglia reale straniera o anche di origine italiana, ma diversa dai Savoia, la questione sollevata dagli esponenti delle sinistre è che l'attuale Sovrano è fin troppo compromesso con il concluso, ma sempre temporalmente vicino, capitolo storico che ha visto il fascismo dominare l'Italia, con il beneplacito di Vittorio Emanuele III. La tesi sostenuta è che Umberto II non si è mai realmente opposto alla dittatura, restando dietro le quinte e non impegnandosi neanche dopo i fatti del 25 luglio del 1943; per cui non può certo essere lui il rappresentante della nuova Italia democratica. I moderati, costituiti dalla DC (pur con dissidi interni a causa della corrente di sinistra) e dal Pli, rispondono che a parlare sono i fatti e se per motivi di rispetto famigliare e di ruolo l'allora principe di Piemonte non ha mai preso ufficiale posizione contro il fascismo, sebbene sia lui sia la consorte non si sono dimostrati fervidi sostenitori della dittatura, la loro partecipazione alla guerra di Liberazione ne evidenzia la posizione politica. Sin da quando è diventato Re d'Italia, viene affermato, Umberto II ha dimostrato di rispettare tutte le formazioni politiche senza pregiudizi ideologici o di qualsiasi altro tipo, evitando di interferire nelle questioni di merito e ciò gli da pieno diritto a rappresentare, al di sopra delle parti, l'Italia democratica e libera.

9 maggio 1947 - i componenti del Fronte Democratico Popolare all'interno della "Commissione dei 75", criticano aspramente i rappresentanti democristiani e liberali, loro colleghi nella preparazione della nuova Carta Costituzionale, affermando che vi è una netta chiusura alla maggior parte delle proposte innovative; gli aspetti democratici che vengono accolti e dibattuti sono meramente formali, anche se pur sempre importanti. Viene fatto poi presente l'impressione, affatto gradevole, che la versione dello Statuto sembra sia già stata preparata da tempo e in un qualche luogo piuttosto distante dall'Italia.

14 maggio 1947 - Alberto Tarchiani, ambasciatore del Regno d'Italia negli Stati Uniti viene ricevuto dal presidente Truman, che garantisce il pieno appoggio al Governo italiano nel caso di qualsiasi iniziativa sovversiva, anche se appoggiata da Mosca.

16 maggio 1947 - il comandante in capo delle Forze Alleate nel Mediterraneo, generale Lee, ha un incontro con re Umberto II.

20 maggio 1947 - Togliatti su "l'Unità" definisce «cretini» gli «americani anticomunisti», replicando all'accusa dell'ex segretario di Stato statunitense Benjamin Sumner Welles che aveva affermato che il Pci era pronto alla guerra civile, perché riceveva finanziamenti dall'Urss.

24 maggio 1947 - alla Conferenza dei giovani del Pci Togliatti afferma: «Vogliamo creare un mondo nuovo». Interventi di Di Vittorio, Secchia, Ruggiero Grieco e relazione conclusiva del segretario del Fronte della Gioventù Enrico Berlinguer.

1 giugno 1947 - ha inizio a Firenze il primo Congresso Nazionale della Cgil; nessuno (o forse qualcuno) immagina che sarà anche l'ultimo che vedrà riuniti sotto un'unica sigla i sindacalisti italiani. Il clima, anche a seguito dell'esclusione delle sinistra dal governo, non è dei più sereni e i lavori saranno palcoscenico di continue discussioni tra la componente socialcomunista e quella cattolica, giungendo spesso a momenti di aspra tensione. Oggetto delle polemiche sarà la richiesta da parte della componente democristiana affinché l'articolo 9 dello Statuto della Federazione, che riguarda gli indirizzi politici del sindacato e le azioni di lotta, venga modificato per evitare che il sindacato si trasformi in uno strumento di lotta contro il governo. La modifica non passerà e la separazione fra le differenti anime del sindacato diventa sempre più netta, rendendo difficoltoso mantenere l'unità della Federazione stessa.

4 giugno 1947 - il Ministero delle Finanze e del Tesoro cambia denominazione, diventando Ministero del Bilancio, Finanze e Tesoro; un super dicastero che accentra tutta la gestione economica della Nazione e alla cui guida c'è sempre Einaudi.

5 giugno 1947 - Il segretario di Stato statunitense Marshall annuncia un Piano di aiuti per i paesi dell'Europa occidentale, l'European Reconstruction Program, che sarà più comunemente conosciuto come "Piano Marshall". Circoli moderati e conservatori polemizzano con Di Vittorio per avere questi sostenuto, nell'ambito della terza Sottocommissione per lo Statuto, la necessità di riportare il diritto di sciopero nel progetto della nuova Carta Costituzionale.

6 giugno 1947 - presso la Seconda Sottocommissione, destinata allo studio dell'organizzazione costituzionale dello Stato, viene definitivamente respinta la proposta di designare quale nuovo Sovrano il Principe di Napoli, figlio decenne dell'attuale Re che verrebbe deposto. La principale contestazione nasce dalla strumentale interpretazione che i moderati danno sull'istituto della reggenza, evidente necessità nell'attesa che il principe raggiunga la maggiore età. I vari orientamenti vedono in questo ruolo la regina Maria José, da sola o affiancata dal Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, ovvero da altra, o altre, personalità politiche di riconosciuta integrità e prestigio; ma è proprio la personalità della sovrana che, inaspettatamente, democristiani e liberali sembrano non gradire. La motivazione è che la figura del Re avrà meno importanza nel nuovo assetto costituzionale e mentre Umberto II ha mostrato di adeguarsi a questa nuova veste, la consorte apparirebbe animata da una non celata ambizione. Il rischio di un decennio che comporti possibili crisi istituzionali, con conseguenti ricadute sulle opinioni e le reazioni dei cittadini, inizia a scompaginare il fronte che vuole la deposizione di Umberto II. Anche la scelta relativamente alla designazione delle cariche istituzionali, destinate al controllo sulla reggenza, diventa fonte di dissidio e divisione. Alla fine, il progetto di sostituire re Umberto viene accantonato, ma fra le critiche espresse dai deputati del Fronte Democratico Popolare c'è quella che siano gli Americani a volere che le cose vadano così.

7 giugno 1947 - il Congresso della Cgil termina con l'elezione di Di Vittorio a Segretario Generale, che, ben consapevole come sia diventato difficoltoso mantenere l'unità, cerca di lavorare da subito per evitare scissioni da parte dei sindacalisti democristiani.

17 giugno 1947 - il ministro degli Esteri britannico Ernest Bevin e il suo omologo francese Georges Bidault si incontrano a Parigi per discutere l'attuazione del Piano Marshall in Europa. Il giorno dopo Bidault propone di convocare una conferenza alla quale invitare anche il ministro degli Esteri sovietico Molotov.

23 giugno 1947 - dopo una serie di attentati a sedi del Pci e a Camere del lavoro in Sicilia, con la conseguenza anche di una vittima (cui va aggiunto il precedente decesso di tre dei feriti a seguito dell'eccidio di Portella della Ginestra) si ritiene che autori di questi delittuosi eventi sono il bandito Salvatore Giuliano e gli uomini da questo guidati. Il Governo dichiara di voler stroncare il fenomeno e prende iniziative in tal senso, compresa l'applicazione di una taglia di tre milioni di lire sul Giuliano stesso.

27 giugno 1947 - a Parigi comincia la conferenza sul Piano Mashall; presenti i ministri degli Esteri britannico Bevin, francese Bidault e sovietico Molotov.

1 luglio 1947 - si apre il Comitato Centrale del Pci; nella sua relazione Togliatti ritiene che l'esclusione dei comunisti dall'esecutivo non sarà, per come molti pensano, un breve intervallo, trattandosi invece di una scelta compiuta in un contesto internazionale che giudica con preoccupazione. Il Segretario comunista ribadisce il valore delle scelte compiute dal partito dal 1943 in poi e la validità in Italia della prospettiva della «democrazia progressiva», anche se non esclude che si possa arrivare a «degli urti violenti e anche armati».

2 luglio 1947 - conclusa la conferenza di Parigi sul Piano Marshall; Molotov, che all'inizio si è dichiarato interessato al programma, ritiene che l'Urss non può aderirvi, per non rischiare la propria indipendenza. Il Presidente Ruini comunica che la Commissione per lo Statuto ha adottato il termine Costituzione per definire la nuova legge fondamentale del Regno e, pertanto la stessa Commissione cambia la propria denominazione.

4 luglio 1947 - si chiude il Comitato Centrale comunista; l'ordine del giorno conclusivo dà mandato alla Direzione di sviluppare i contatti necessari con il Psi e con tutti i partiti democratici che vogliono aderire alla costituzione di un blocco di forze politiche il più ampio possibile, onde condurre un'opposizione unitaria, ma anche costruttiva. Parimenti si dovrà «coordinare l'azione necessaria per riportare il governo del Paese ad essere rappresentativo di tutte le forze popolari e democratiche».

23 luglio 1947 - inizia il dibattito sul Trattato di pace fra le Potenze Alleate e Associate e l'Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio; De Gasperi chiede che sia messo all'ordine del giorno la ratifica. Vittorio Emanuele Orlando propone, invece, di rinviare il tema, ma sebbene sostenuta dal Fronte Democratico Popolare e da una parte degli azionisti, la mozione viene respinta da DC, Pli e Psli con 232 voti contro 204. Il Presidente del Consiglio deve, però, constatare l'astensione di una trentina di deputati appartenenti al suo partito e di qualche rappresentante liberale.

24 luglio 1947 - ha inizio il dibattito con una relazione da parte di De Gasperi, in quanto Ministro degli Affari Esteri; il confronto si fa subito acceso, con la contestazione da parte del Fdp sul contenuto del testo del Trattato. Nei loro interventi, sia Nenni sia Togliatti criticano l'opportunità della ratifica voluta in questo momento dal Governo, considerando anche la politica estera da questo espressa, che considerano assolutamente sottomessa agli Stati Uniti. Seguiranno giorni durante i quali le sedute parlamentari saranno caratterizzate da animate discussioni.

30 luglio 1947 - nonostante i malumori espressi da non pochi deputati del Pli, l'Assemblea Costituente approva, a scrutinio segreto, il disegno di legge che conferma il regio decreto-legge sull'applicazione dell'imposta straordinaria progressiva sui patrimoni.

31 luglio 1947 - nuova votazione a scrutinio segreto, stavolta sulla ratifica del Trattato di pace; presenti 453 membri, i voti a favore sono 220, quelli contrari 58, gli astenuti ben 175. Fra questi ultimi, i deputati del Fronte Democratico Popolare, del Partito d'Azione e del Partito Sardo d'Azione, oltre ai rappresentanti di quasi tutte le formazioni minori. A favore votano la DC, il Psli e i "repubblicani" della Cdr; contrari i liberali. Durante il dibattito che ha preceduto la votazione, Togliatti è intervenuto per spiegare la posizione che intende assumere il Fronte: «Le disposizioni del regolamento impongono di addivenire allo scrutinio segreto quando una legge è composta da un solo articolo e, quindi, escludono le dichiarazioni di voto. Ma pur considerando fondati una parte degli argomenti a favore della ratifica, non possiamo accettare la ratifica del Trattato di pace quale atto disgiunto da quella che è la palese politica estera del quarto governo De Gasperi, governo di parte e di discordia che non ha saputo, neanche in questo campo, servire il Paese e i suoi interessi permanenti. Sarebbe stato doveroso dare al dibattito e al voto quella impronta di dignità che avrebbe, pur nell'amarezza, elevato l'animo degli Italiani. Non così si sarebbe dovuto giungere al voto, ma in una ben diversa atmosfera di alta coscienza nazionale, di unità e di concordia. Ed è proprio per l'incapacità dell'attuale esecutivo se non si è ottenuta la doverosamente più larga possibile unità parlamentare, preferendo dare corpo al sospetto che, sin da principio della discussione, l'Assemblea si trovasse di fronte a manovra di parte e a pressione straniera. Un governo che davanti a problema di tale portata come quello della ratifica, non riesce a raggiungere quelle altezze a cui l'unità politica e morale del Paese si realizza e si mantiene, è un governo che di per sé di esautora e si condanna». L'intervento si conclude con la dichiarazione di astensione dal voto da parte dei deputati del Fdp. Contrarie alla ratifica si levano anche le voci di molti illustri membri, come Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando; proprio quest'ultimo scatena una bagarre, accusando De Gasperi di «cupidigia di servilismo». Si è trattata dell'ultima sessione dell'Assemblea, prima di una breve pausa estiva, ma la tensione all'interno della maggioranza è foriera di una nuova crisi di governo, cosa che potrebbe consentire alle sinistre di chiedere il loro ingresso in un nuovo esecutivo.

1 agosto 1947 - Il cambio della valuta passa da 225 a 350 lire per un dollaro.

4 agosto 1947 - da giorni, ormai, i quotidiani della sinistra pubblicano articoli dove si mette in dubbio la solidità del governo De Gasperi, della crisi non dichiarata tra la DC e il Pli, della necessità di un nuovo governo di coalizione che veda rappresentati i lavoratori. Togliatti scrive che «è la Democrazia Cristiana a dover scegliere: o fattore di progresso sociale e politico o fattore di conservazione e regresso». Anche i liberali vengono posti di fronte alle loro responsabilità, in quanto mostrano di avere riserve non soltanto nei confronti della sinistra, cosa che risponde alla loro logica, ma pure verso i loro attuali alleati. Rappresentano la «reazione» contraria ad ogni politica innovativa e nei temi su cui confrontarsi risultano essere elemento di confusione e disordine. «Non sanno quello che vogliono» conclude il Segretario comunista. L'"Avanti!" invece denuncia i forti contrasti che all'interno delle sottocommissioni preposte alla redazione della nuova Carta Costituzionale, stanno rallentando il lavoro dei deputati. Ciò che fra l'altro si teme è il classico «topolino partorito dalla montagna», intendendo che il progetto possa risultare una delusione rispetto alle aspettative del Paese.

5 agosto 1947 - la stampa democristiana e liberale respinge accuse e dubbi espressi da quella dei partiti marxisti, affermando che talune divergenze insorte all'interno della maggioranza, anche se di non secondaria importanza, non pregiudicano la tenuta del Governo che, anzi, gode buona salute. Riguardo la nuova Costituzione, si garantisce che essa sarà l'equilibrato incontro del pensiero espresso dalle componenti cattoliche, liberali e socialcomuniste.

23 agosto 1947 - il presidente del Consiglio De Gasperi, in un discorso trasmesso a Radio Roma, parla della crisi economica in cui versa attualmente il Regno e ribadisce la necessità di aiuti e prestiti stranieri.

31 agosto 1947 - giungono a conclusione le trattative tra le delegazioni del Pd'a e del Psi per la confluenza del primo nel secondo.

4 settembre 1947 - Umberto II, sebbene come evidenzierà, «addolorato per le amputazioni territoriali cui il Paese è stato sottoposto», appone la propria firma sul documento di ratifica del Trattato di pace.

7 settembre 1947 - Pio XII parla a circa 300.000 fedeli riuniti in piazza San Pietro; agli oltre 50.000 partecipanti al Convegno degli uomini dell'Azione Cattolica che si svolge a Roma, il Papa indirizza un'esortazione a combattere, senza indugio, l'ateismo e il comunismo: «È giunta l'ora della grande prova» e pertanto non si tratta più di una lotta di «difesa», ma bensì di «conquista» per «penetrare nel mondo pagano con la forza della religione».

26 settembre 1947 - dopo la campagna di stampa che durante l'estate ha fortemente criticato la saldezza della maggioranza, il Fronte Democratico Popolare tenta di far cadere il Governo presentando una mozione di sfiducia avanzata da Nenni insieme a Togliatti e ad altri deputati del Fronte.

4 ottobre 1947 - dopo una settimana che ha visto lunghi e animati dibattiti, si passa alla votazione della mozione di sfiducia: su 512 presenti si astengono dal voto la Cdr e il Psli; dei 470 votanti, 199 sono a favore, 271 contrari e la mozione non viene approvata.

5 ottobre 1947 - polemica dichiarazione del sottosegretario Andreotti in merito alle attività nelle quali viene «infruttuosamente» impegnata l'Assemblea Costituente, che dovrebbe ormai passare a discutere la Carta Costituzionale.

10 ottobre 1947 - all'interno della direzione del Pci si creano due posizioni tra coloro che sono divisi riguardo le posizioni espresse nella recente conferenza di Varsavia, che ha visto la costituzione del Cominform, l'Ufficio d'informazioni dei partiti comunisti e operai; il segretario Togliatti ritiene doversi seguire una linea politica che tenga, però, sempre conto della particolare situazione italiana.

14 ottobre 1947 - l'onorevole Ruini presenta il progetto della Costituzione deliberato dalla "Commissione dei 75"; si tratta di un elenco di 112 articoli che dovranno essere valutati e approvati per votazione.

21 ottobre 1947 - il Consiglio nazionale del Partito d'Azione decide lo scioglimento del partito e la confluenza nel Partito Socialista Italiano; gli iscritti sceglieranno liberamente su ciò che intendono fare in proposito, ma i dissidenti non sembrano essere molti.

30 ottobre 1947 - 23 nazioni, compreso il Regno d'Italia, danno vita a Ginevra al Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade, Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio).

3 novembre 1947 - l'Assemblea Costituente inizia la discussione sulla Costituzione.

8 novembre 1947 - il dibattito sulla nuova legge fondamentale del Regno diventa una prova di forza tra maggioranza e opposizione; le varie formazioni politiche cercano di mantenere presenti a tutte le sedute i loro rappresentanti, onde cercare di raggiungere il numero sufficiente per poter approvare i vari articoli, che non sempre sono stati frutto condiviso delle diverse opinioni. Si crea una situazione da lotta campale, con deputati che a turno si alternano nel presenziare in aula, permettendo agli altri un attimo di riposo, ma pronti ad avvisare i colleghi nel momento che la discussione e le votazioni ricominciano. Diventa necessario non ammalarsi e stringere i denti per quest'ultimo scorcio di attività parlamentare, tralasciando qualsiasi altro impegno politico o personale. Proprio in previsione di questa eventualità sono stati rinviati sia il Comitato centrale del Pci, sia il II Congresso nazionale della DC, sia il IV Congresso del Pli, mentre sugli adempimenti dell'esecutivo, i parlamentari con incarichi di Ministro o Sottosegretario vengono tenuti al corrente da funzionari dei relativi Dicasteri che giornalmente si recano all'Assemblea per relazionare. Alla conferenza generale dell'Unesco (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) che si svolge a Città del Messico, l'assemblea plenaria vota all'unanimità l'ammissione del Regno d'Italia.
12 novembre 1947 - episodio di rischio per la maggioranza; l'articolo 7 della Costituzione, che rimanda la disciplina dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa ai Patti Lateranensi stipulati nel 1929, viene approvato per appena un pugno di voti.

Novembre-dicembre 1947 - i deputati dell'Assemblea Costituente si impegnano per completare l'iter di valutazione della nuova Carta Costituzionale.

4 dicembre 1947 - sciopero di 24 ore nelle zone dei Castelli Romani e delle periferie della Capitale, contro lo stato di abbandono in cui versano paesi e borgate; manifestazioni e cortei per denunciare lo stato d'indigenza causato dalla disoccupazione e dal carovita. La situazione economica del Paese sta diventando sempre più precaria e il Governo fa affidamento sull'incremento degli aiuti promesso dagli Stati Uniti. Il potere della valuta nazionale ha subito un ulteriore colpo, ora per un dollaro ci vogliono 575 lire, mentre le riforme stentano a decollare. L'ordine per la forza pubblica è di evitare assolutamente qualsiasi incidente con i manifestanti e consentire il deflusso ai cortei, ignorando eventuali provocazioni. Pare che vi sia stato un certo irrigidimento dei rapporti tra De Gasperi e Scelba, che avrebbe preferito un atteggiamento più duro nei confronti dei partecipanti allo sciopero, ma il Presidente del Consiglio non vuole che eventuali scontri di piazza possano nuocere al dialogo, ancorché conflittuale, che si sta intrattenendo con l'opposizione in merito al dibattito sulla Costituzione.

22 dicembre 1947 - all'Assemblea Costituente l'ordine del giorno reca: «Votazione finale a scrutinio segreto della Costituzione del Regno d'Italia». Dopo l'intervento dell'onorevole Ruini, il presidente dell'Assemblea Saragat passa ad indire la votazione; non tanto inaspettatamente, i deputati frontisti, gli azionisti e quelli della Cdr abbandonano l'aula per non partecipare al voto. Restano presenti 311 parlamentari appartenenti agli altri Gruppi; votano tutti a favore. Il presidente Saragat proclama l'approvazione della Costituzione del Regno d'Italia. Segue la lettura del messaggio che il Sovrano indirizza all'Assemblea, ringraziando il Presidente, per avergli comunicato la notizia dell'approvazione e l'Assemblea, nel suo complesso, per l'incomparabile sforzo legislativo.

23 dicembre 1947 - attraverso la stampa e la radio, crescono le polemiche a seguito di come si è svolta la seduta dell'Assemblea del giorno prima; insolenze e insulti sono appena velati, ma restano pesanti le accuse che reciprocamente si scambiano i vari rappresentanti politici. La sensazione è che l'anno in procinto di iniziare sarà politicamente burrascoso.

27 dicembre 1947 - re Umberto II firma la Costituzione; controfirmano il presidente dell'Assemblea Costituente Saragat, il presidente del Consiglio dei Ministri De Gasperi e vista il ministro di Grazia e Giustizia Grassi. Esce in edizione straordinaria la Gazzetta Ufficiale numero 298, che pubblica il testo della nuova legge fondamentale.

La Costituzione del Regno pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale

La Costituzione del Regno pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale

1 gennaio 1948 - entra in vigore la Costituzione.

3 gennaio 1948 - il presidente del Consiglio De Gasperi, nella veste anche di Ministro degli Affari Esteri, incontra l'ambasciatore statunitense James Clement Dunn per firmare gli accordi per gli aiuti del governo Truman al Regno d'Italia. È previsto l'invio, gratuito, di merci per 33 miliardi di lire, onde consentire, attraverso la loro vendita, di stabilizzare la lira. Dure critiche da parte dei partiti della sinistra che ritengono questi aiuti un atto di subalternità dell'Italia agli Stati Uniti.

Enrico Pellerito

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